Consigli utili







La diagnosi clinica in patologia venosa degli arti inferiori

La semeiotica fisica nel campo delle varici degli arti inferiori si presenta ricca e multiforme nei suoi vari aspetti più che in ogni altro distretto corporeo.
L'efficacia della terapia, come del resto in ogni altro ambito di studio della Medicina, risente in modo profondo della correttezza diagnostica per indicazioni e metodi.
Ogni diagnosi, in generale, dipende da una approfondita anamnesi.

Anamnesi. Andrà, prima di tutto, indagata la familiarità per varici. A questo dato bisogna assegnare importanza capitale in quanto nei pazienti varicosi la familiarità è un dato pressoché costante.
Nell'anamnesi fisiologica andranno ricercate le eventuali gravidanze. E' noto, infatti, che molte varici esordiscono in gravidanza e nel post-partum come conseguenza dell'ostacolato ritorno venoso da un lato e delle modificazioni dei livelli ormonali dall'altro.
Tra le varici essenziali degli arti inferiori, per quelle esordite in corso o in conseguenza della gravidanza si ritiene in generale possibile la remissione clinica anche se la loro manifestazione comporta una insufficienza venosa latente che con gli anni non tarda a manifestarsi compiutamente.
Sarà, inoltre, importante indagare l'eventuale assunzione di estroprogestinici sulla deleteria azione dei quali nell'estrinsecarsi delle malattie venose non esistono attualmente dubbi.
Importanza fondamentale ha la professione svolta dal paziente. Infatti, individui costretti a lavorare in posizione eretta fermi in piedi per tutto il giorno (es. baristi, cuochi, ecc.) presentano oltre ad un aumentato rischio di insorgenza di malattia anche una maggiore probabilità di incorrere in complicanze associate alla malattia varicosa.
Nella anamnesi patologica remota andrà indagata la presenza di cardiopatie capaci di procurare una stasi venosa che si intrica con la malattia varicosa determinandone un aggravamento, andranno ricercate eventuali epatopatie croniche (l'ipertensione portale peggiora la stasi e ne rende più confusa l'interpretazione clinica), broncopneumopatie croniche ostruttive, ipertensione arteriosa e diabete (importanti concause di ulcere), pregresse patologie osteo-articolari che alterando la deambulazione aggravano la sintomatologia flebostatica.
L'anamnesi patologica prossima verterà sui sintomi riferiti dal paziente.
Tra questi i principali sono:
- sensazione di peso. E' un sintomo praticamente di costante natura flebostatica, di solito serotino, peggiora con la stazione eretta prolungata e recede con il riposo antideclive, migliora con la deambulazione. La eventuale diagnosi differenziale deve essere fatta con alcune miopatie ma in queste l'attività motoria tende piuttosto all'aggravamento della sintomatologia.
- dolore. E' un sintomo ingannevole. Ove sia flebogeno se ne possono distinguere due forme: la cruralgia flebostatica di Martorell e la flebodinia non cruralgica. La forma di Martorell provoca un dolore che inizia a livello della fossetta inguinale, in corrispondenza della crosse, e si irradia verso il piede lungo la faccia interna della coscia e della gamba con associate parestesie. La presenza di questo dolore è ascrivibile alla compressione della crosse sul nervo femorale. La diagnosi differenziale si pone con le cruralgie neurogene molto più frequenti.
Il carattere distintivo è dato dalla regressione della sintomatologia con il riposo a letto ad arti sollevati nell'arco di una quindicina di minuti (le cruralgie ordinarie non regrediscono in tempi così ridotti). La flebodinia non cruralgica interessa solitamente le varici della gamba sottoposte ad una pressione idrostatica maggiore. E' un dolore continuo, spesso urente, che sopravviene dopo stazione eretta prolungata soprattutto in periodo premestruale o mestruale. Il riposo in posizione declive provoca un miglioramento rapido e significativo della sintomatologia mentre la sua persistenza o la comparsa in clinostatismo è indice di una origine neurologica del dolore.
La diagnosi differenziale va posta, inoltre, con i dolori da radiculopatie lombosacrali. La radice L4 ha la stessa distribuzione dei vasi collegati alle perforanti di Cockett, la radice L5 divide il proprio territorio con la collaterale anteriore, la radice S1 con i rami della piccola safena.
Anche in questo caso le variazioni posturali della sintomatologia algica renderanno conto della loro attribuzione a causa venosa o neurologica.
Va sottolineato che spesso la sintomatologia algo-parestesica è presente in territori dove non ci sono varici o solo telangectasie (ad esempio faccia esterna della coscia) oppure è a partenza dal gluteo o dalla colonna.
- prurito. E' quasi sempre legato all'instaurarsi di una dermoepidermite, comune complicanza delle varici, la diagnosi differenziale va posta con la neurodermite ma in quest'ultima il prurito insorge alla sera a letto nei periodi ansia o depressione.
- edema. E' un sintomo cardine. E' sempre di natura vascolare. Un edema perimalleolare, vespertino, insorto lentamente nel tempo, unilaterale in un arto che presenta varici ci orienterà verso un edema flebostatico. La bilateralità, specie in arti in cui il paziente non presentava varici evidenti, deve far pensare ad un linfedema, un edema discrasico, cardiogeno, nefrogeno o un lipedema che in questo ultimo caso non subisce variazioni volumetriche con il decubito.
- parestesie. Le parestesie in corso di insufficienza venosa degli arti inferiori sono comunque un sintomo neurologico e non vascolare. Esistono due casi di neuralgia flebogena e sono la già citata cruralgia flebostatica di Martorell e la sindrome della crosse isolata di Van der Molen in cui la parestesia è provocata dalle varici ma per compressione su un nervo non già per opera della stasi venosa.
L'anxietas tibiarum ovvero sindrome delle gambe senza riposo non viene considerata più patologia ad etiopatogenesi vascolare ma neurologica o psicosomatica tanto che la sua terapia si basa sull'utilizzo di benzodiazepine e meprobamato. 
Il fatto che il paziente affetto da varici possa avvertire parestesie nel territorio affetto dalla flebopatia è legato ad alcuni ordini di fattori non ultimo la casualità (un radicolopatico può essere affetto da varici come ogni altro soggetto), la distribuzione dei territori delle varie radici nervose lombosacrali possono coincidere come già riportato con la presenza di varicosità. La stasi venosa, in ultimo, provocando la liberazione di chinine, radicali liberi, serotonina, istamina, prostaglandine, può peggiorare qualsiasi sintomatologia parestesica. 
- simpatalgie. Sono disestesie, sensazioni di pizzicamento, puntura, bruciore, avvertite in maniera diffusa sulla gamba durante l'ortostatismo e regrediscono con il riposo ad arti inferiori sollevati.
Sono legate alla stasi venosa tronculare ma possono anche essere legate a lipedema.
- crampi. E' stata dimostrata la presenza di aree di fibrosi muscolare in portatori di insufficienza venosa cronica e questo può giustificare mialgie e crampi. Inoltre l'edema muscolare delle gravi sindromi post-trombotiche può essere causa di alterazioni muscolari di tipo metabolico tali da ingenerare l'insorgenza di crampi. Sono da considerare di natura flebopatica quei crampi che intervengono durante la stazione eretta prolungata, a livello della coscia (varici della grande safena o della collaterale anteriore) o del polpaccio (varici della piccola safena).
- claudicatio intermittens venosa. E' tipica delle sindromi da ostacolato scarico venoso degli arti inferiori e delle sindromi post-trombotiche ostruttive.
Il paziente, dopo un tragitto più o meno lungo, avverte un dolore crampiforme, tensivo, al livello del polpaccio o della coscia, spesso con aumentato volume dell'arto. Il dolore recede lentamente con il riposo. A volte il dolore dura per giorni, impedendo al paziente di espletare la propria attività lavorativa. 
Sarà in questo caso necessario escludere la presenza di una trombosi venosa profonda che, peraltro, può complicare questo quadro clinico.

 

 

Esame obiettivo. Ispezione: è il primo tempo di un esame obiettivo di qualsiasi branca della Medicina. Nella flebologia assume importanza capitale in quanto fornisce informazioni utilissime sui danni microvasculo-tessutali indotti dalle varici e sulla estensione e possibile origine delle stesse. Va quindi eseguito un esame ispettivo delle varici contestualmente ad una ispezione cutanea.
Sono importanti: a) calibro delle varici - possono essere voluminose e tortuose, tipiche delle sindromi inveterate con aumento volumetrico della gamba che simula un edema ma che è determinato dal formarsi di una rete venosa vascolare complessa che si adagia sui muscoli dell'arto inferiore conferendo ad esso un quadro caratteristico: il polpaccio è notevolmente aumentato di volume come pure la caviglia, mentre il piede, pure solcato da molte, voluminose varici, difficilmente appare aumentato di volume.
Potremo avere, invece, varici di calibro più modesto e meno tortuose o, talora, pressoché rettilinee.
Tale aspetto è proprio delle varicosi di insorgenza recente, spesso in donne, nullipare o con storia di esigua parità.
Le collaterali appaiono come varici lunghe e più o meno tortuose che circondano parte o l'intera circonferenza dell'arto; il calibro è, in genere, piccolo o medio anche se esiste una notevole variabilità.
Le varici reticolari sono varici di piccolo calibro spesso diramantesi in complessi arabeschi di colorito caratteristico blu tendente al verdastro. Sono pressoché caratteristiche del sesso femminile e prediligono l'età giovanile.
Le telangectasie sono piccole varicosità arborescenti o rettilinee di colorito rossastro fino al blu. Caratteristico è l'aspetto a "corimbo" che esse assumono sulla faccia esterna della coscia.
Esse si distribuiscono, infatti, in tale sede, seguendo un arco di cerchio quasi perfetto con l'estremità distale pressoché allo stesso livello per tutte le varicosità. Tale aspetto ricorda quello delle fioriture a corimbo, che formano un semicerchio quasi perfetto.
Altre volte le telangectasie assumono aspetti più bizzarri.



Ultimo Aggiornamento: 27/07/2008 20:14