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Come combattere le false notizie sui vaccini per il Covid. 24/01/2021 16:57
Questo articolo è stato leggendo vari studio fatti come FAD con superamento esame per ECM e leggendo vari articoli di medici e di virologi sia in Italia che in Europa e si sono messi assieme in ordine le idee con aggiunte personali Si discute da dove viene e se è vero o costruito il VIRUS del Covid 19 ( uno dei tanti Coronavirus presenti negli animali e uno degli otto che sono presenti nell’uomo) Nel febbraio 2020 ( ma alcuni dicono che era presneta già in novembre ne 2019 e forse prima) arriva in Europa (dalla Cina) un virus nuovo, nei confronti del quale nessuno ha difese immunitarie. Ha una letalità abbastanza bassa, ma è piuttosto contagioso. Quindi si diffonde rapidamente: in Italia, poi in Europa, poi nel Mondo. I Paesi (tutti, chi più chi meno) adottano l’unica strategia possibile: quella delle chiusure, e si cerca di spiegare ai cittadini che le cose che funzionano sono 3: lavarsi le mani, indossare la mascherina e stare lontani . La cosa più probabile è che si tratti di una zoonosi, cioè un virus che è saltato di specie: da un animale all’uomo come è successo altre volte Non si hanno studi scientifici ma si fanno milioni di ipotesi (il laboratorio di Wuhan, l’esperimento, il complotto internazionale, Soros, Bill Gates che già lo sapeva e si era organizzato e così via). Accuse che si fanno 1. Non si sa cosa c’è dentro. Si sa benissimo (vedere sito AIFA pe l’Italia o il FRDA per gli USA o la EMA per Europa), e certamente non ci sono 5g, feti morti, metalli pesanti e altre cose più o meno strane: in pratica ci sono particelle di grasso che includono l’mRNA , colesterolo, sali, saccarosio e acqua. E basta. Quindi tutte cose naturali e nulla di quanto gli anti VAX vogliono farci credere 2. La sperimentazione è stata troppo breve e quindi non completa No, è stato sperimentato in tempi molto rapidi perché i Paesi e le istituzioni hanno contribuito con molti sodi permettendo una velocità maggiore. Ma sono state rispettate le tre fasi dei trial clinici che sono OBBLIGATORIE per qualunque nuovo farmaco, e che vengono monitorate da FDA ed EMA. E i dati sono pubblicati e quindi di pubblico dominio. E tutti i vaccini approvati sono stati sperimentati su almeno 30-40 mila soggetti. Al momento altri vaccino e in particolare russo e cinese non hanno una documentazione totale da essere approvata dall’EMA. 3. Il vaccino con l’RNA messaggero può modificare il DNA. Una delle Bufale che viene portata avanti da molti NO VAX. L’mRNA serve per trasferire le informazioni dal DNA e produrre le proteine. Dire che l’mRNA (che tra l’altro ha vita molto breve) può modificare il DNA è come dire che se ho un dado di carne per il brodo posso farmi la carne in casa. 4. Molti dicono che è pericoloso. Qualunque sostanza introdotta nel nostro organismo può scatenare imprevedibili effetti. Basta leggere il bugiardino di una cosa qualunque o di un farmaco che si ha a casa anche la tachipirina. I vaccini sono come tutti farmaci e forse sono tra i più sicuri . I vaccini correntemente in uso hanno effetti molto severi (fino alla morte) nell’ordine – quando va male – di qualche unità per milione di somministrazioni. Il tema, come per qualunque farmaco, è il rapporto tra rischio ipotetico e beneficio certo: la copertura dei vaccini per la Covid-19 è superiore al 90%. C’è un abisso tra il beneficio (enorme) e il rischio (remotissimo). 5. Ma molti dicono di avere paura. Vaccinarsi è pericoloso più o meno come attraversare la strada. Consiglio: verificate le notizie e considerate che il rischio zero non esiste, nella vita, per nessuna attività. Ma quello per vaccino è basso, bassissimo. . 6.Una delle fake news è quella che è tutto in mano al BIG Farma e cioè le case medicinali che mentono perché devono guadagnare Non ci dicono la verità, non mi fido degli scienziati, sono tutti al soldo di Big Pharma. È come dire che non mi fido degli ingegneri aeronautici che progettano l’aereo su cui voliamo perché sono al soldo della Boeing o della Airbus. Ma l’aereo lo prendono alcuni miliardi di persone ogni anno. 7 Lasciamo che si vaccinino gli altri, non si sa nulla degli effetti a lungo termine. Li conosciamo gli effetti a lungo termine delle vaccinazioni del secolo scorso e sono stati la scomparsa del Vaiolo (eradicato nel 1980), e il contenimento ai minimi termini di almeno altre sette-otto malattie contagiose che facevano morti e invalidi a MILIONI (poliomielite, morbillo, difterite, rosolia, parotite, pertosse, tetano, epatite B, etc.).. Certamente non sappiamo alcuni effetti a lungo termine perché se non passano 10-20 anni alcuni effetti ma improbabili non si possono sapere prima 8. Ma sui siti AIFA ed EMA e FDA ci sono un sacco di dubbi. I dubbi relativi che si leggono come “i dati sono insufficienti” vuol dire che non si dispone ancora di un volume di dati che consenta affermazioni categoriche, cosa che abbiamo visto in passato e che vedremo in futuro Quindi è ovvio che non si conoscano ancora gli effetti, per esempio, su gravidanza e allattamento, semplicemente perché non c’è ancora una casistica sufficientemente ampia per trarre conclusioni definitive, ma gli studi proseguono e presto avremo risposte anche a queste domande. Così come non possiamo sapere con certezza (anche se i dati preliminari sono incoraggianti) quanto durerà la protezione: è ovvio che per saperlo deve trascorrere del tempo. Lo stesso non abbiamo dati certi sui giovani sono i 16 anni in quanto non testati ma attualmente non si fanno questi vaccini sotto i 16 anni. Sono cominciati gli sperimenti e forse nel giro di un anno si potrà vaccinare tutti. 9. I vaccini fanno venire l’autismo.! È una bufala spaventosa, smentita da decenni, Qualcuno potrà tirare fuori qualche correlazione (crescita vaccini-crescita casi autismo) allora cerchiamo di capire e fare capire che CORRELAZIONE NON SIGNIFICA CAUSALITA’ 10. Alcuni dicono che i medici e gli infermieri fanno finta di iniettare il vaccino, in realtà è solo acqua distillata. Ma pensate se è possibile che Milioni di medici e infermieri si stanno facendo iniettare in tutto il mondo acqua distillata. 11. Avete visto l’infermiera che è svenuta? E poi è morta, Ma non ce lo dicono che non è vero. Hanno messo online il video che mostra l’infermiera che cade a terra subito dopo il vaccino e chiudono dicendo che è morta ma non mostrano il video che la infermiera ha fatto 10 minuti dopo per spiegare che stava benissimo. L’infermiera è svenuta per quel fenomeno fisiologico noto come sindrome vagale: è effetto dell’ago, dello stress e di molti fattori concomitanti: ho visto pazienti svenire quando mi avvicinavo con l’ago in mano. E non è morta, naturalmente, come ha dovuto (!) confermare l’ospedale dove lavora e lei stessa in un video. Lei ha dichiarato che ogni volta che le fanno un prelievo di sangue sviene un attimo 12. In Russia e in Cina hanno fatto prima d noi i vaccini. Come mai ?. In quei Paesi hanno iniziato le somministrazioni prima della fine della fase 3. Da noi EMA ha controllato e TUTTI I DATI GREZZI di TUTTI i casi del Trial e in Europa si è deciso di rispettare le decisioni dell’EMA 13. Avete visto il curriculum di Pfizer? Hanno fatto ogni sorta di nefandezze. E adesso ci fidiamo di questi?. Se in questo caso hanno fatto un buon lavoro perché non accettarlo ?. E comunque quando hanno sfornato il Viagra non ho visto tanta gente preoccupata. 14. Perché i politici si vaccinano per primi, questi privilegiati? Perché non si vaccinano i politici, così fanno da cavie?. E allora se li fanno pe primi sono privilegiati, se lo fanno prima dopo allora non si fidano e fanno fare ai cittadini le cavie . Lo hanno fatte la Regine di Inghilterra, il Papa e molti altri e non certo per pubblicità 15. Non vorranno mica metterlo obbligatorio? È anticostituzionale ( in Italia almeno) L’articolo 32 dice che “Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge.” Quindi è sufficiente una legge, come per altre vaccinazioni – in tutto il mondo – o come con i TSO . Perché (sempre la costituzione) sancisce che la tutela della salute è “fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività”. Quindi, se fosse interesse della collettività vaccinare l’intera popolazione, si potrebbe fare. Che è quello che ha riaffermato proprio la Corte costituzionale (sentenza 307/1990): al fine di preservare l’interesse della collettività alla incolumità e alla salute, il soggetto non ha il diritto bensì il dovere alla salute. La società cambia Perché siamo nella società globalizzata, dove merci, persone e idee viaggiano velocissime. E che viaggino le idee è una bella cosa, perché è una delle ragioni che ci ha portato ad avere il vaccino in tempi così straordinariamente brevi. Ma le idee che viaggiano non sono tutte “solide”, basate sui fatti, sulle prove. Molte sono idee che originano dalla paura, dall’ignoranza, dalla fragilità emotiva, dall’opposizione preconcetta all’altro, dalla strumentalizzazione politica. E quindi spesso volano le notizie false che fanno comodo per vari motivi ai NO VAX e No COVID Un altro effetto dei social e del web è la scomparsa della intermediazione: agli esperti non viene più riconosciuto il loro ruolo Caso di un medico di Borgaro che su You Tube dice “ Il vaccino antiinfluenzale arriva il Covid” viene segnalato all’Ordine dei medici e sospeso Altri come il Prof Montagner e la moglie che hanno un gran seguito ma parlano su basi pseudoscientifiche sono stati segnalati e sospesi dall’Ordine dei medici e si è scoperto che hanno interessi commerciali in altri vaccini e farmaci E altri casi simili sono frequenti su YouTube E o su F.B o Instagram perché come spiegato nei corsi ECM i NO VAX usano specialmente Instagram e Youtube meno F.B. Adesso sono nati da mesi altri due canali di media usati di solito dai NO Vax e da quelli di extra destra italiani, americani e tedeschi

TRAINING AUTOGENO by Drssa G. Zorzenoni 20/01/2016 17:46
TRAINING AUTOGENO -Definizione, origine e principi fondamentali del Training Autogeno Il Training Autogeno è una tecnica di rilassamento usata in ambito clinico nel controllo dello stress, nella gestione delle emozioni e nelle patologie con base psicosomatica. Viene utilizzata anche in altri ambiti quali lo sport e in tutte quelle situazioni che richiedano il raggiungimento di un alto livello di concentrazione. Il T.A. venne sviluppato negli anni trenta da Johannes Heinrich Schultz, psichiatra tedesco. I suoi studi avevano come precedenti quelli sull'ipnosi, in particolare di O. Vogt, del quale Schultz fu allievo. Di primaria importanza, in questa tecnica, è rendere i propri pazienti indipendenti dal terapeuta per sviluppare il proprio benessere. Mentre infatti nell'ipnosi è sempre necessaria la presenza dello psicoterapeuta, salvo particolari casi piuttosto rari di auto-ipnosi, nel T.A. il soggetto diviene del tutto autonomo (metodo autogeno). Il T.A. di Schultz è una tecnica di rilassamento e concentrazione universalmente conosciuta ed è da molti anni oggetto di studi e ricerche a livello mondiale per le varie applicazioni alle quali si presta. È una tecnica di rilassamento che parte dal corpo, si attua attraverso un'attività mentale e porta i risultati al corpo (psiche+soma=ORGANISMO=unità psiche-soma). La bionomia è la teoria di Schultz secondo la quale l'uomo sviluppa la propria individualità secondo le leggi della vita, l'equilibrio tra mente e corpo è ritrovato con il T.A. Gli ambiti di applicazione sono molteplici, può servire ad incrementare lo studio o il lavoro; può migliorare le nostre capacità di controllo e curare i disturbi più comuni su base psicosomatica. È molto seguito nella pratica clinica dove risulta particolarmente indicato per i seguenti disturbi: disturbi d’ansia, disturbi di somatizzazione, insonnia, stress. Con il T.A. si impara ad avere più sicurezza e fiducia, ad essere più calmi e distesi ed a scaricare meno le tensioni sui vari organi, infatti si hanno efficaci interventi sui disturbi psicosomatici. A causa di disagi psicologici, spesso si hanno i seguenti disturbi: gastro-intestinali (ulcera, colite, gastrite, stitichezza, diarrea, calcolosi); respiratori (asma, rinite, bronchite); della pelle (irritazione cutanea, eczema, psoriasi); dell'attenzione (cefalea muscolo tensiva, emicrania, insonnia); cardiocircolatori (tachicardia, ipertensione); sessuali (frigidità, impotenza, eiaculazione precoce, difficoltà al concepimento). In un'ottica preventiva e di promozione della salute, il T.A. costituisce uno strumento molto utile per perseguire i seguenti obiettivi: controllo e gestione dello stress, controllo delle reazioni emotive eccessive, autoinduzione di calma, autodeterminazione, introspezione, miglioramento delle prestazioni mentali. Il concetto fondamentale del Training Autogeno è la calma, o per meglio dire il rilassamento psicofisico, essendo mente e corpo due entità fortemente collegate. Questo stato si raggiunge progressivamente e gradualmente attraverso i sei esercizi del T.A. di base, ed eventualmente gli esercizi del T.A. Superiore. I primi e principali sono detti esercizi somatici perché l'attenzione mentale viene rivolta a particolari sensazioni corporee e producono effetti in prima istanza sul corpo (soma) ed in particolare sui muscoli, vasi sanguigni, cuore, respirazione, organi addominali e capo. Nei secondi l'attenzione viene rivolta a particolari rappresentazioni mentali. Il Training degli esercizi superiori, proprio perché rivolto alla mente ed all'inconscio, richiede la presenza di un terapeuta, mentre gli esercizi inferiori possono essere eseguiti anche da soli. Le cose di importanza fondamentale, sono REGOLARITA’ e COSTANZA nell’eseguire gli esercizi, i risultati non si faranno attendere. L'allenamento (training) deve essere quotidiano, almeno una volta al giorno, fino a tre volte al giorno di circa 10/15 minuti l'una. I sei esercizi di base o somatici sono: 1- esercizio della PESANTEZZA, che agisce sul rilassamento dei muscoli; 2- esercizio del CALORE, che agisce sulla dilatazione dei vasi sanguigni periferici; 3- esercizio del CUORE, che agisce sulla funzionalità cardiaca; 4- esercizio del RESPIRO, che agisce sull'apparato respiratorio; 5- esercizio del PLESSO SOLARE, che agisce sugli organi dell'addome; 6- esercizio della FRONTE FRESCA, che agisce a livello cerebrale. Il processo di autogenerazione prodotto dal T.A. avviene per stadi successivi. E’ quindi necessario che ogni stadio sia raggiunto e mantenuto prima di passare al successivo. Durante il periodo di apprendimento, inizialmente si percepiscono delle sensazioni di benessere diffuso, successivamente si raggiungerà la capacità di controllare alcuni processi fisici come la respirazione, l’attenzione, le emozioni, gli stati d’animo, ecc. Non bisogna aver fretta perché l’efficienza del T.A. dipende esclusivamente da “come” lo si fa e non dal tempo che si impiega per farlo. Il T.A. non richiede nessuno sforzo fisico, solamente un costante allenamento nella pratica degli esercizi che dovrebbero alla fine rientrare nelle nostre abitudini quotidiane. Prima di iniziare qualsiasi esercizio di T.A. è bene accertarsi che l’ambiente sia silenzioso e bisogna evitare di essere disturbati durante l’esecuzione degli esercizi. Nella stanza ci deve essere una luce molto soffusa; Non bisogna avere né caldo né freddo e la temperatura deve restare costante; Non bisogna indossare niente che stringa o che dia fastidio durante l’esecuzione degli esercizi; E’ preferibile svolgere gli esercizi con calma e ad occhi chiusi ed iniziare eseguendo delle respirazioni lente e profonde; Alla fine di ogni allenamento bisogna eseguire sempre gli esercizi di “ripresa”, per riprendere il tono muscolare. Le posizioni da adottare possono essere supina, a poltrona o a cocchiere. -Indicazioni e controindicazioni Il T.A. è stato definito da Schultz come “un metodo di autodistensione da concentrazione psichica” che consente di modificare situazioni psichiche e somatiche. Fondamentalmente con il T.A. si può raggiungere tutto ciò che può essere prodotto da distensione e immersione. Con l’apprendimento dell’atteggiamento psichico passivo si sviluppano spontaneamente modificazioni psichiche e somatiche di senso opposto a quelle provocate nella nostra mente e nel nostro corpo da uno stato di tensione, di ansia e di stress. Di fronte a una situazione stimolo che, sia a livello psicologico che somatico, superi una certa soglia di tolleranza, l’unità biopsichica reagisce, a seconda dell’intensità dello stimolo, con tensione muscolare, spasmo viscerale, sensazione di freddo, alterazione funzionale nei meccanismi neurovegetativi, endocrini, umorali. Si può inoltre avvertire sensazione di calore al capo, l’impressione di essere sopraffatti dalle proprie emozioni e dai pensieri che si affollano nella nostra mente. L’allenamento alla realizzazione di uno stato di sempre maggiore passività consente all’unità biopsichica di reagire gradualmente in senso opposto. Non soltanto da quando veniamo alla luce, ma già dalla vita prenatale, è un continuo susseguirsi di stimolazioni fisiche e psichiche che colpiscono la nostra unità biologica. A queste stimolazioni si reagisce: il loro incessante susseguirsi provoca innumerevoli stati di tensione realizzati dal nostro apparato psichico e dal nostro apparato somatico, allo scopo di poter mantenere il più adeguato adattamento alle situazioni ambientali. Attraverso gli anni ci alleniamo inconsapevolmente e fatalmente a queste modalità di reazione in autotensione. Non sempre però si riesce a riportarsi a uno stato di equilibrio funzionale, anche se la causa che lo aveva alterato è venuta a mancare. La tecnica di autodistensione di Schultz ci consente di realizzare, sia a livello psicologico che a livello somatico, uno stato di per sé del tutto opposto alle reazioni in autotensione, tale da migliorare, modificare, risolvere o normalizzare funzioni psichiche o somatiche che si fossero allontanate dal loro equilibrio originario. In soggetti normali si avrà: uno smorzamento della risonanza emotiva (autosedazione), un recupero delle energie fisiche e psichiche personali, catalessia, modificazioni del vissuto cenestetico, regolazione vasomotoria, modificazioni delle capacità mnemoniche, introspezione e presa di coscienza di sé. Per quanto riguarda le applicazioni in medicina si nota che il T.A. riesce a normalizzare i fattori stressanti collegati alle patologie dell’apparato digerente, tramite l’autoregolazione delle funzioni motorie, vasomotorie e secretive dell’apparato gastrointestinale. Occorre usare con prudenza le formula del calore. In pazienti emorragici è sconsigliato l’allenamento autogeno. Il T.A. agisce smantellando l’ansia e le preoccupazioni “se applicato con buona critica e con metodo”, migliora la circolazione periferica, assesta i valori pressori, induce uno stato di calma. E’ fondamentale una attenta valutazione clinica, sia prima dell’allenamento sia per la scelta degli esercizi, sia durante l’allenamento. E’ opportuno comunque usare con prudenza la formula del cuore. Gli esercizi standard ed eventuali formule d’organo specifiche influiscono sui meccanismi fisiologici del disturbo e sulle implicazioni psicodinamiche dello stesso. Nei casi cronici può essere utile associare il T.A. alle abituali terapie farmacologiche. Nelle applicazioni in psicoterapia il T.A. si presta da solo o in combinazione con altre metodiche psicoterapeutiche a spezzare quello che Kohnstamm definì il “circolo nevrotico”, producendo invece uno stato di sedazione emotiva, una riduzione dell’ansia, un ripristino del ritmo veglia-sonno, l’attenuazione della sintomatologia tipica, una maggiore sicurezza in se stessi. Quando la paura trasforma in realtà ciò di cui si ha paura, il T.A. esercita un' influenza specifica su sintomi anche già stabilizzati e, quindi, difficilmente, modificabili. Si possono ottenere buoni risultati anche nei disturbi della sfera sessuale nei quali ha un ruolo importante l’ansia da attesa. Le fobie rispondono bene all’allenamento autogeno prolungato nel tempo. Possono risultare utili le formule intenzionali, l’abreazione autogena, le visualizzazioni desensibilizzanti. Il T.A .può dare buoni risultati nelle situazioni iniziali piuttosto che in quelle avanzate. Può comunque essere inserito in un programma psicoterapeutico multifunzionale. In ogni caso è opportuno ridurre il T.A. a brevi esercizi iniziali con ripetizione limitata delle formule. L’applicabilità di questa tecnica dovrà essere decisa dopo una attenta valutazione clinica e non prima di un adeguato programma farmacologico. Si possono ottenere alcuni risultati positivi nel trattamento dei primi segni sintomatici indicanti una potenziale dinamica orientata in senso psicotico. Utile il T.A.-Group nei soggetti con buona motivazione a collaborare, il T.A. riduce la tensione, ripristina il ritmo sonno-veglia regolare, rinforza la sicurezza di sé e la motivazione. In gruppo si rinforza il sostegno reciproco. La tecnica contribuisce a ridurre l’eccessiva eccitazione e l’intensità emotiva. Può dare buoni risultati nelle forme di narcolessia e cataplessia. Favorisce una rieducazione del sonno, riduce il dolore nelle cefalee e nelle emicranie, può indurre analgesia. Il T.A. produce uno smorzamento degli affetti disturbanti, vengono eliminati il comportamento intenzionale e la conseguente predisposizione al disturbo. Alcune formule intenzionali possono risultare utili in alcune forme specifiche di tali disturbi. Il T.A. può essere applicato anche a situazioni definite non cliniche, infatti può favorire lo scaricamento dell’ansia e dell’emotività, un recupero della capacità di concentrazione, una riduzione dei riflessi psicosomatici, una maggiore serenità e distacco dai problemi. Nella scuola il T.A. può consentire un miglioramento nei casi di ansia scolastica. Al lavoro, esercitando una sedazione generale, favorisce il recupero di energie, permette la riduzione dell’aggressività, favorisce i rapporti interpersonali, migliora l’efficienza riducendo gli infortuni. Per lo sport la tecnica del T.A. può permettere il superamento della paura che precede la competizione, scarica la tensione, favorisce il recupero di energie fisiche, migliora l’affiatamento tra compagni di squadra, rende equilibrato il sonno. Possono essere utilmente previste formule intenzionali ed esercizi di visualizzazione. Il T.A. è consigliato anche come preparazione pre-parto, l’apprendimento graduale di una serie di esercizi di concentrazione psichica e tecniche di respirazione permettono il rilassamento e facilitano il controllo della situazione. Il T.A. resta comunque una tecnica che se utilizzata al fine di mantenere o ritrovare un po' di benessere viene consigliato senza problemi. Dr.ssa Giulia Zorzenoni Psicologa Specializzat

Considerazioni ed Elementi essenziali per la costituzione di un presidio ambulatoriale dedicato alla prevenzione e cura delle complicanze diabetiche 14/01/2015 22:31
Pubblichiamo un lavoro che ci ha mandato il Dr Bellavere, nome internazionale per quanto riguarda il Diabete e specialmente " Il Piede Diabetico " Considerazioni ed Elementi essenziali per la costituzione di un presidio ambulatoriale dedicato alla prevenzione e cura delle complicanze diabetiche. Il diabete mellito una malattia determinata da carenza (nel Tipo 1) o alterato utilizzo (nel tipo 2) dellormone che principalmente regola il livello di glicemia: linsulina. Esso (sia nel tipo 1 e, soprattutto, nel tipo 2) viene considerato oggi, a buona ragione, malattia epidemica risultando ora la sua prevalenza stimata a oltre il 10 % nelle popolazioni occidentali con valutazione di incremento di prevalenza a oltre il 50% nei prossimi 5 anni nelle popolazioni in via di sviluppo. Tra le motivazioni di tale diffusione di malattia, appunto considerata ora epidemica, si annovera il cambiamento di stile di vita delle popolazioni (non pi portate ad esercitare lavoro fisico) la globalizzazione alimentare, la aumentata spettanza di vita (diabete della senescenza). Pure le caratteristiche epidemiologiche tra i vari tipi di malattia diabetica sono profondamente cambiate negli ultimi 30 anni cosicche la prevalenza percentuale del diabete tipo 2 (particolarmente correlato ai fenomeni individuali appena citati), rispetto alla prevalenza percentuale del tipo 1 (determinato invece principalmente da cause infettive e/o infiammatorie), cambiata da un rapporto 30/50 a un rapporto 90/10. In pratica la quasi totalit dei diabetici attuali, contrariamente al recente passato, non insulino dipendente, obesa, presenta steatosi epatica, ipertensione arteriosa, macroangiopatia, cardiopatia, neuropatia mista, quando invece si era fino a poco tempo fa abituati a considerare la microangiopatia come maggiore complicanza di malattia perch appunto correlata al tipo 1, in passato preponderante . Il quadro clinico della malattia diabetica quindi ora del tutto mutato e divenuto assai pi complesso rispetto a prima sicch , ad esempio, si definisce in USA il diabetico CHE ( Coronary Heart Equivalent) dato che, secondo recenti studi, in circa il 50% dei diabetici si sottende una malattia coronarica significativa (nel 30 % dei casi silente!! ). Cos pure il fatto che il diabete tipo 2 sia tipicamente correlato allet pi avanzata e allobesit, lo rende pi esposto a complessit diagnostica e terapeutica non essendo pi lipoglicemizzante il solo o principale farmaco ad essere considerato nel trattamento ma, anzi, dovendosi collocare esso nel pi nutrito corollario di altri farmaci: coronarici, antiipertensivi, neurologici, spesso da introdurre con cautela per possibili interazioni negative con i presidi ipoglicemizanti (vedi il caso sulfaniluree in cardiopatici). In proposito, ci si dovuti recentemente arrendere allevidenza, emersa da accreditati studi, persino della scarsa (se non nulla) efficacia dei farmaci ipoglicemizzanti nel prevenire complicanze cardiovascolari nei diabetici tipo 2 (vale a dire in quasi il 90% dei diabetici!) quando non associati ad altri presidi terapeutici sopra citati; e si dovuto persino contemplare linefficacia dello stesso trattamento insulinico e addirittura la potenziale nocivit di alcuni ipoglicemizzanti orali (sulfaniluree) nel trattamento del diabete tipo 2 oggi , come detto di gran lunga prevalente cos da configurare un radicale capovolgimento dei canoni terapeutici che fino a poco tempo fa prevedevano come trattamento ottimale uno stretto controllo glicemico (tight control) a favore ora di un pi blando controllo basato su esigenze individuali (tailored control) ove il livello di glicemia da raggiungere viene tarato in base a una molteplice serie di valutazioni di ordine clinico. Alla citata nuova complessit clinica si associa quindi, intuibilmente, una altrettanto nuova complessit diagnostica e terapeutica della malattia tale da portare spesso il curante a un vero e proprio disorientamento professionale o a una sorta di rassegnazione nel limitarsi al trattamento alla sola glicemia (ahim, i vituperati glicemologi!) con danni anche irreparabili per la salute di questi pazienti. In effetti, il paziente diabetico assume le caratteristiche sempre pi marcate di un soggetto affetto da polipatologia in cui il dimenticato ruolo dellinternista viene spesso rievocato proprio perch, in qualche modo, rappresenta il sanitario con competenze polispecialisiche che uso a trarre sintesi da molteplici valutazioni di specialistiche aventi per grado di valenza da porre in ordine di priorit nel trattamento. Inoltre, paradossalmente, nella cura pi moderna del diabetico si ripescano antichi valori diagnostici (proprio antichi?) quali laccurata anamnesi e obiettivit, piuttosto che raffinate soluzioni tecnico-diagnostiche spesso costosissime e altrettanto poco concludenti dal punto di vista diagnostico. Qualche esempio? Una accurata anamnesi ha valenza di molto superiore a qualsiasi tecnica strumentale diagnostica nel caso di ischemia coronarica silente, che si ritiene essere presente in ben il 20% dei diabetici. Una accurata obiettivit in grado di fornire attendibile diagnosi e grado di gravit di neuropatia, principale complicanza invalidante nel diabetico, pi di qualsiasi EMG. E ancora, un recentissimo studio (DIAD Study) ha dimostrato che la semplice valutazione di variazione di ritmo cardiaco durante manovra di Valsalva standardizzata pi discriminante della costosissima scintigrafia cardiaca da sforzo nella valutazione di cardiopatia ischemica silente. Quanto le considerazioni sopra esposte vadano a riflettersi su una adeguata terapia della malattia cosa del tutto intuibile Nella buona cura del paziente diabetico occorre quindi tradurre in pratica le novit prodotte dalle dagli studi recenti sopra citati e fornire una dimensione risolutiva alla complessit raggiunta da detta patologia con un approccio diagnostico-terapeutico finalizzato alle poliedriche complicanze della malattia evitando di limitarsi al pedissequo (e vorrei dire dannoso) controllo della sola glicemia In sostanza, per costituire un servizio ambulatoriale qualificato per la diagnosi e complicanze del diabete occorre: In primis operatori di grande esperienza clinica con nozioni di varia patologia correlata al diabete che abbiano confidenza con strumentazione relativamente semplice ma essenziale ( o afferenze a dati strumentali) quale a seguito riportata: a) ECG (impensabile oggi che un buon diabetologo non abbia nozioni di Elettrocardiografia) b) Oftalmoscopio (impensabile oggi che un buon diabetologo non abbia nozioni di retino grafia) c) Ecografo con sonda addominale, per small parts e per indagini vascolari (se non utilizzato direttamente dal diabetologo egli deve avere comunque chiara confidenza con le interpretazioni dei dati provenienti da detta strumentazione) d) Set per valutazione di Neuropatia Periferica (diapason e/o biotesiometro che il diabetologo deve sapere usare personalmente con chiara affidabilit) e Autonomica (Finapres per misurazione pressoria battito a battito, Telemetria per valutazione test cardiovascolari, con relativo software, che il diabetologo, quando non coinvolto personalmente nelle procedure diagnostiche, deve saper interpretare con sicurezza). e) Strumentazione chirurgica minimale di base e strumento per termovalutazione e disposizione di microflusso zonale per cura e trattamento di piede diabetico. Qualora il diabetologo non sia in grado di soddisfare nelle procedure diagnostiche i punti sopra elencati difficilmente sar in grado di poter fornire adeguata assistenza clinica al paziente che gli si rivolge. Tale affermazione potr forse ancora sorprendere alcuno ma, invero, essa oggi incontestabile e in tutti i migliori centri di diabetologia divenuta principio inderogabile. Per altro, come pu essere notato, limpiego economico totale per costituire in ambulatorio diabetologico dedicato che ottemperi ai punti sopra esposto assi modesto dato che i relativi costi possono assumersi approssimativamente in: a) 2000 euri b) 80 euri c) 7000 euri d) 1000 (biotesiometro) + 34000 (Finometer) + 6000 (telemetria) + 0 (software nel caso di quello di propriet Thomaseth con inf. Bellavere) e) Imprecisata e comunque inferiore a 10000 n.b Quanto in c) pu essere successivamente eventualmente corredato di Tilt Test Utile anche in cardiologia) con software dedicato e necessita di uno spazio relativamente limitato ( attorno ai 10 m2) . Federico Bellavere

Terapia deldolore 15/08/2014 22:58
TERAPIA DEL DOLORE Articolo scritto dal Dr Della Pupa INTRODUZIONE La medicina del dolore una branca medica specialistica che cura il dolore come malattia e non solo come sintomo. Il dolore una manifestazione di un danno al nostro fisico, prodotto da numerose cause, per esempio traumi, ustioni, infezioni, fratture etc.. In molti casi il dolore presente anche senza una causa evidente o in assenza di danni al nostro organismo. Molto spesso, il dolore persiste anche quando si curata la patologia che lo ha generato come, per esempio dopo plastica inguinale per ernia o dopo discectomia per ernia discale. Altre volte il dolore pu ripresentarsi dopo un temporaneo periodo di benessere. In questi casi il dolore diventa una malattia a s stante, persistente e/o cronica, con importanti risvolti psichici e affettivi e invalidante in molti casi. A CHI E RIVOLTA LA TERAPIA DEL DOLORE? La cura del dolore e rivolta a tutti i pazienti per i quali il dolore diventato la caratteristica principale del loro stato di salute. Possiamo distinguere, anche se non deve essere la distinzione limitante, alcune grandi categorie di patologia dolore a cui va lattenzione del nostro ambulatorio: 1. Mal di schiena, di origine muscolare, articolare (artrosi vertebrale), dopo chirurgia vertebrale e per ernia del disco 2. Sciatalgia 3. Dolore cervicale e brachiale 4. Dolore alle grandi articolazioni, anca, ginocchio e spalla 5. Cefalee 6. Dolore da ipoperfusione degli arti inferiori e superiori 7. Dolore da danno nervoso (Herpes Zoster, trigemino, deafferentazione nervosa) Queste tipologie di algie ed altre , in passato definite, impropriamente, dolore benigno, per differenziarle dal dolore oncologico, trovano risposte e trattamenti dallo specialista di terapia del dolore. OBIETTIVI DELLA MEDICINA DEL DOLORE Limportanza della diagnosi patogenetica del dolore e fondamentale per la corretta scelta terapeutica e la messa a punto di nuove metodiche di cura. Nel 1998 Wolf C.J. ed altri eminenti Algologi , in una Consensus Conference ( PAIN editoriale) definirono il concetto che la terapia analgesica ottimale quella che contrasta i meccanismi di produzione del dolore, quindi la scelta terapeutica devessere subordinata alla diagnosi che identifica quei meccanismi ed alla conoscenza dei mezzi per contrastarli. Dopo 12 anni da questo editoriale si comincia solo ora a capire che il dolore persistente non pu essere affidato alle cure palliative e che esiste una sostanziale differenza tra questa disciplina e la Medicina del Dolore. Una diagnosi patogenetica del dolore indispensabile per unefficacie terapia, ma, purtroppo, non sempre ad essa viene attribuito il valore che le spetta. La distinzione in dolore nocicettivo, disnocicettivo e non nocicettivo non ha una valenza semantica ma prognostica e terapeutica. Cosa altrettanto importante che la medicina del dolore non una branca a s stante, ma piuttosto una disciplina che coinvolge diverse figure professionali, che tramite una collaborazione integrata possono arrivare ad una cura efficace e duratura del dolore. Pertanto specialisti quali Fisiatri, Neurochirurghi, Neurologi, Ortopedici, assieme al terapista del dolore, possono accompagnare il paziente attraverso un percorso, che, avendo alla base una diagnosi patogenetica del dolore, risolve in modo completo e soddisfacente la problematica. Diversamente, si pu creare il caso, purtroppo frequente, del paziente, che non avendo risolto il dolore, per esempio dopo un intervento chirurgico, viene abbandonato al suo destino, non essendo approfondita la diagnosi e quindi la cura del dolore stesso. La multidisciplinariet rappresenta dunque la chiave vincente della medicina del dolore. ATTIVITA DELLA MEDICINA DEL DOLORE La Medicina del dolore svolge la propria attivit erogando varie prestazioni specialistiche. 1) Visite atte a determinare la diagnosi e la possibile cura del dolore 2) Trattamenti che riguardano direttamente la cura del dolore I trattamenti sono numerosi e possono variare molto in complessit operativa. Di seguito elenchiamo la serie di prestazioni attuabili nel nostro centro. TERAPIA INFILTRATIVA In questo ambito ci sono varie metodiche. 1) mesoterapia 2) infiltrazione articolare semplice 3) infiltrazione articolare eco guidata 4) infiltrazione articolare rx guidata. 5) Infiltrazione delle faccette articolari rx guidata MESOTERAPIA E un trattamento rapido, quasi indolore e per il quale non esistono limiti di et. Tale metodica caratterizzata da piccole iniezioni di soluzione fisiologica associata a farmaci in quantit minima che determinano la riduzione completa o quasi del dolore in caso di patologie osteoarticolari (ad esempio lombalgie acute e croniche) La M. pu essere eseguita utilizzando i multiniettori (cio piastre rotonde o rettangolari, collegate ad una siringa, sulle quali si possono collocare dai 3 ai 18 aghi) oppure effettuando un certo numero di iniezioni singole. I farmaci, iniettati nella cute per mezzo di appositi aghi (aghi di Lebel), si distribuiscono nei tessuti sottostanti. Il vantaggio di tale tecnica consiste nel poter utilizzare ridotte dosi di principio attivo, che diffondono nei tessuti sottostanti l'inoculazione e persistono per pi tempo rispetto alla via di somministrazione intramuscolare, con vantaggi quali un effetto prolungato nel tempo, un ridotto coinvolgimento di altri organi e riduzione del rischio di eventi avversi o effetti collaterali. INFILTRAZIONI Le infiltrazioni riguardano in primo luogo la patologia periarticolare, tendinopatie (tendiniti infiammatorie calcificanti e no, tenosinoviti, tendiniti degenerative, tendinopatie traumatiche) ; borsiti( acute o croniche), lesioni capsulari e dei ligamenti. Le infiltrazioni intra-articolari si impiegano preferibilmente nelle artriti infiammatorie (acute o croniche: per es. artriti microcristalline ,reumatismi infiammatori cronici, anche lartrosi ,in certi casi pu beneficiare delle infiltrazioni intra-articolari. La terapia infiltrativa suppone, una diagnosi precisa sia per lesatta natura sia per la topografia della lesione da trattare. Per far s che il trattamento si meno invasivo possibile, ma che sia applicato esattamente sulla parte da trattare utilizziamo strumenti come la scopia e lecografia. BLOCCHI NERVOSI PERIFERICI La metodica prevede liniezione terapeutica e/o diagnostica perineurale di anestetici locali per determinare il blocco antalgico del nervo, o del plesso nervoso che viene individuato come fonte del dolore neuropatico. Il sito di iniezione viene individuato seguendo lanatomia e i punti di repere che rendono possibile lapproccio al plesso o fascio nervoso da trattare. L utilizzo di un neurostimolatore garantisce di non ledere il nervo ma nello stesso tempo di iniettare il farmaco nella fascia aponeurotica per ridurre al minimo la quantit utilizzata con maggior beneficio. La tecnica eco guidata, permette di individuare anche i fasci nervosi pi piccoli e garantisce un miglior confort al malato. Con queste tecniche si possono trattare i nervi periferici somatici e simpatici. Questa tecnica trova la sua indicazione principe nel trattamento del dolore da vasculopatia periferica, come la sindrome di raynaud; nella diagnostica differenziale, per stabilire se un trattamento pi radicale, come per esempio la termoablazione a radiofrequenza, potrebbe risultare efficace; nei casi in cui si renda necessario la manipolazione di un arto bloccato; nel trattamento di alcune forme di cefalea. INIEZIONI EPIDURALI Lo spazio epidurale, compreso tra il ligamento giallo vertebrale e la dura madre, uno spazio che varia cranio caudalmente da circa 1,5-2 mm fino a 5-6 mm a livello della prima vertebra lombare . In questo spazio, con la tecnica che prevede linserimento di una ago di Tuohy di 18G, possibile iniettare piccole quantit di anestetico locale o cortisonici. Questa tecnica rappresenta il primo approccio nel caso di lombo sciatalgie acute, senza deficit motorio. Rimane il trattamento di elezione nel caso di nerve trunk pain. RADIOFREQUENZA DEI NERVI PERIFERICI E DEI GANGLI SPINALI Trattamento avanzato e di scelta nelle patologie dolorose dovute a dolore persistente, con componente neuropatica. La Radiofrequenza pu avvalersi di due tipi di metodica: 1. Radiofrequenza termo ablativa, con la quale si produce una termolesione di un nervo, o di una radice nervosa sensitiva, allo scopo di interrompere la trasmissione degli stimoli dolorosi, per esempio nelle nevralgie del trigemino e nella sindrome delle faccette articolari. 2. Radiofrequenza pulsata, nuova metodica messa a punto per garantire una maggior sicurezza e duttilit della metodica, per poter trattare nervi misti, sensitivo- motori, senza produrre termolesione, che in questi casi potrebbe comportare la perdita di funzione. Questa tecnica pu essere applicata in tutti i casi in cui, dopo un blocco nervoso test, ci sia indicazione ad un trattamento che produca un effetto prolungato nel tempo, come nella sindrome della spalla congelata. Lombalgie croniche da irritazione delle faccette articolari; sindrome della spalla congelata; nevralgie di varia natura, come per esempio dopo infezione da herpes zoster, sono esempi di patologie che rispondono molto bene a questa procedura. CEFALEA La cefalea, in pazienti gi in terapia farmacologica, pu essere curata con tecniche innovative. Lutilizzo di infiltrazioni nervose specifiche eco guidate, della radiofrequenza e della tossina botulinica, rappresentano il futuro nel trattamento di questa patologia . IMPIANTO DI NEUROSTIMOLATORI SPINALI.

Un esempio di Prevenzione. L'Ictus so pu evitare 16/02/2014 20:36
Serata di eccezione sabato 15 febbraio nelle Serate della Prevenzione. Le serate da anni sono organizzate da Artiano Bodi che Presidente della Associazione Uso e Costumi del Litorale. Questa associazione che viene gestita da Artiano Bodi con tutta la famiglia mantiene vive le tradizioni della zona ma non si dimentica della salute di tutti. Da anni organizza nei periodi autunno, inverno e primavera delle serate nella sua casa Ca Bodi. Tale serate vedono la partecipazione di circa 100 persone in modo da riempire la sua sala. Questo sabato passato le persone presenti sono state 104 ma ben 35 persone non hanno potuto entrare per mancanza di posti disponibili. Le serate sono sempre piene ma ieri si avuto un pienone. Forse grazie allOspite o forse grazie allargomento era atteso, importante e attuale Grazie al fatto che in questo mese si parlato molto per lictus che ha colpito Bersani , forse la gente era incuriosita o forse aveva avuto persone in famiglia colpiti da tale patologie. Artiano Bodi offra una cena e organizza una conferenza nella quale un medico parla di una patologia frequente ponendo laccento su come si possa prevenire tale patologia Naturalmente con una prevenzone primaria o secondaria anche in questo caso La sala sempre piena; non ci sono mai posti liberi come ieri e spesso si deve dire di no a gente che vorrebbe venire ma i posti sono limitati a 100. Purtroppo spiace ma non vi era posto nemmeno a lato dei tavoli. Il Dr Paladin ha parlato in maniera semplice seguendo le regole della PREVENZIONE. In primis conoscere di cosa parliamo e poi come si fa la Prevenzione primaria e la Prevenzione secondaria. Con delel diapositive semplici ed efficaci ha mostrato come si pu evitare per quanto possibile lIctus e se non si riesce almeno a riconoscerlo nella primissima fase in modo che la terapia abbia successo in modo che i danni non ci siano o siano limitati. Non posso riportare tutto quello che ha detto. Vi sono siti che lo fanno per istituzione. Voglio solo riportare quelli che sono i consigli pert la Prevenzione I fattori di rischio possono essere classificati in: a) non modificabili, b) modificabili e c) intermedi. a) Non modificabili. Ad esempio: Et: la possibilit di avere un ictus raddoppia ogni decade di vita dopo 55 anni, sebbene lictus sia comune tra le persone pi anziane, molte persone sotto i 65 anni possono essere colpite ed anche persone ancora pi giovani. Ereditariet e storia familiare: la probabilit di avere un ictus aumenta se un genitore, un nonno, una sorella od un fratello hanno avuto un ictus. Etnia: la popolazione di colore ha un maggior rischio di avere un ictus rispetto alla popolazione caucasica. Questo dovuto al fatto che i neri hanno un alto rischio di ipertensione arteriosa, diabete, obesita; Sesso: lictus piu comune negli uomini che nelle donne, ma pi della met dei decessi per ictus si verificano nelle donne. Luso delle pillole contraccettive e la gravidanza contribuiscono a dare alle donne un rischio maggiore di sviluppare un ictus. Lo stress e lambiente in cui si vive b) Modificabili: quelli su cui pu agire efficacemente una corretta prevenzione, cio il fumo, la dieta scorretta e lassenza di moto. Ben l80% di queste morti potrebbero essere evitate se si prestasse pi attenzione ai fattori di rischio come il tabacco, lalimentazione scorretta e linattivit fisica. c) Fattori di rischio intermedi:prendono origine dal protrarsi nel tempo dei fattori di rischio modificabili, cio le cattive abitudini, e sono pertensione, diabete, obesit, aumento dei trigliceridi ed ipercolesterolemia. Ma cone fare prevenzione ? Certaente seguire i consigli del proprio medico Ma qualcosa possiamo fare noi per limitare i fattori di rischio modificabili Innanzitutto curare la dieta: mangiare almeno 400-500 g di frutta e verdura al giorno perch ,grazie al loro contenuto di anti-radicali liberi, proteggono i vasi e i tessuti del cuore e del cervello. Diminuire luso di sale da cucina: lOMS ha stimato che riducendo la quantit di sale giornaliera di 3 g farebbe scendere del 22% la mortalit da infarto e del 16% quella per malattie coronariche. Consumare pi fibre. Limitare luso dei cibi grassi e fritti: i grassi saturi e quelli idrogenati sono pi pericolosi perch aumentano il colesterolo LDL. Consumare pesce almeno 2 volte alla settimana perch contiene i grassi omega 3 protettori delle arterie, eventualmente si possono assumere integratori alimentari. Limitare il consumo di alcool, bere cio non pi di 2 bicchieri al giorno. Non meno importante tenere sotto controllo il peso sia con una dieta corretta che facendo attivit fisica. Lindicatore primario per capire se si in sovrappeso o no lindice di massa corporea (BMI) che il rapporto tra il peso ed il quadrato dellaltezza espresso in metri. Se il BMI maggiore di 25 si in sovrappeso, se maggiore di 30 si parla di obesit. Risulta essere molto pericoloso il grasso addominale: il girovita per luomo non dovrebbe oltrepassare i 120 cm e nella donna gli 88 cm. Lattivit fisica molto salutare in quanto riduce la glicemia, la pressione, i grassi nel sangue, lo stress e migliora la circolazione sanguigna e lossigenazione dei tessuti oltre a contribuire a tenere sotto controllo il peso. E sorprendente constatare che linattivit fisica porti ad accrescere il rischio cardiovascolare fino ad un 150%: sufficiente spendere 30 minuti della propria giornata in attivit fisica anche moderata come camminare, salire e scendere le scale ecc. sono i comportamenti che permettono una riduzione del rischio di ictus! importante fare ogni giorno una passeggiata con una velocit moderata per almeno circa mezzora. Lalimentazione deve essere equilibrata: la dieta deve includere soprattutto pesce (almeno 2 -3 volte alla settimana), verdura e frutta, limitando il pi possibile luso del sale e il consumo di cibi grassi, utilizzando come condimento lolio extravergine di oliva, soprattutto a crudo. La carne deve essere limitata a 2-3 volte alla settimana. Lassunzione di vino deve essere limitata ad un bicchiere al giorno nella donna e a 2 bicchieri al giorno nelluomo. necessario controllare la pressione arteriosa (che deve essere mantenuta al di sotto di 140 / 80 mmHg) e se questa alta bisogna assumere dei farmaci che labbassano. Le persone che hanno la glicemia alta devono sottoporsi a controlli periodici e assumere medicine come linsulina o altre che riducono gli zuccheri nel sangue. I soggetti che invece hanno il colesterolo alto devono seguire una dieta particolare, oltre che assumere medicine, come le statine, che abbassano i livelli dei grassi nel sangue. Se il cuore batte con un ritmo irregolare necessaria una valutazione medica per poter scegliere quale trattamento fare. Queste e altre notizie il Dr Paladin ha detto che si possono trovare sulla pagina Face Book di alice venezia e sui siti dedicati allictus e in modo su alice allindirizzo http://www.aliceitalia.org che abbiamo consultato per riportare meglio quello che il Dr Paladin ci ha detto Mi ha promesso che mi mander un suo lavoro che sar pubblicato su questo sito e sul sito www.lasalute.org che si occupa della Prevenzione. Numerose sono state le domande che hanno seguito la relazione fino a mezzanotte . Sempre in allegria Bisogna anche fare i complimenti al Dr Paladin che riumasto fino a tardi e sempre con il sorriso come piace a noi tutti e a me in partioclare E un ringraziamento al Artiano Bodi perch senza di lui non ci sarebbe nulla e nemmeno la serata di ieri

Perch gli anziano di fratturano e come prevenire il problema 05/02/2014 16:16
Presentiamo un interessante articolo del Dott. Alessandro Francescon, che prendendo spunto da un Simposio Osteoporosi e fratture nellanziano svoltosi nellambito di un recente Congresso Nazionale di Geriatria organizzato dalla Societ Italiana di Geriatria e Gerontologia (SIGG), espone alcune riflessioni sulla malattia Osteoporotica analizzandone aspetti epidemiologici, terapeutici e gestionali, condividendo anche quanto riportato dagli Autorevoli Cattedratici Relatori del Simposio. Perch lanziano si frattura? Quali le possibilit di terapia e di prevenzione? A cura di: Dott. Alessandro Francescon, Specialista in Geriatria e Gerontologia Ambulatorio di Osteoporosi- Casa di Cura Sileno e Anna Rizzola, San Don di Piave (Ve)- Il problema dellOsteoporosi riveste in Italia un ruolo molto importante essendo il nostro uno dei paesi pi vecchi del mondo. Lattenzione che deve essere data a questo problema deve esser massima soprattutto in questo momento in cui la ricerca scientifica attraverso i numerosi trial clinici ci sta fornendo dati interessanti non soltanto a riguardo della densit minerale ossea ma soprattutto sullefficacia dei farmaci nel ridurre lincidenza di fratture osteoporotiche. Tra gli elementi da considerare come principali cause di fratture nellanziano vanno annoverate le cadute che certamente sono il fattore di rischio pi importante, facilitate dalla ridotta stabilit, alterazioni dellequilibrio, ridotta forza muscolare, calo della vista, patologie concomitanti come lictus e altri disturbi neurologici, le cadute possono essere dovute a cali pressori o allazione di farmaci, in particolare psicofarmaci. Altro fattore predominante e concausa di una frattura la fragilit ossea. Cadute e fragilit ossea sono influenzati da altri molteplici fattori, tra questi rilevante lentit della massa muscolare e questo perch quando non c armonia tra osso e muscolatura, pu aumentare il rischio di frattura , vuoi per le cadute, vuoi per altri meccanismi pi complessi, a prescindere dalla massa ossea, che comunque nellanziano di solito ridotta. Attualmente i criteri per la diagnosi di Osteoporosi sono basati sulla esecuzione della Densitometria ossea (ad ultrasuoni o a raggi X), sulla valutazione della presenza di fattori di rischio e su una imprescindibile valutazione clinica multidimensionale, in particolare nei soggetti di et avanzata. Dati recenti evidenziano per la necessit di valutare oltre che la misurazione della densit minerale ossea che come gi detto con lavanzare dellet si riduce progressivamente, altri parametri, tra questi, di peculiare rilevanza risulta la distribuzione geometrica dellosso. La distribuzione geometrica e il tessuto osseo si modificano con linvecchiamento, losso riduce sia il suo contenuto minerale che la matrice proteica, perde elasticit e diventa sempre pi porotico. Nella popolazione pi giovanile, ma anche in un soggetto affetto da Osteoporosi, attraverso il processo di rimodellamento osseo, si assiste ad una prima fase in cui losso va incontro ad un riassorbimento, poi a una seconda fase in cui attraverso un processo di apposizione di nuovo osso periostale, losso si rigenera e pu diventare anche pi resistente ai traumi. Tale processo sembra essere pi efficace nel sesso maschile rispetto a quello femminile. Se il rimodellamento osseo non avviene in maniera come sul dirsi armonicalosso pu perdere le sue caratteristiche strutturali e geometriche che da un punto di vista fisico meccanico si traducono in perdita di elasticit e robustezza, con facilit quindi a fratturarsi in relazione ai traumi a volte anche di lieve entit. LOsteoporosi, cos come tutte le patologie et dipendenti, assai importante nel soggetto anziano gi di per s fragile in quanto pu favorire la perdita dellautosufficenza. LOsteoporosi e le fratture ad essa correlate rappresentano uno dei temi cardine della Geriatria anche se, questi argomenti sono stati per anni un po trascurati. Molto deve essere ancora fatto per la prevenzione dellOsteoporosi a cominciare dalla correzione dellintroito di Calcio e Vit D nella popolazione Italiana, i cui livelli sono ancora sotto i valori minimi. Solo da poco tempo emerso il concetto che la prevenzione ed il trattamento di questa Patologia debbono essere prioritari al fine di migliorare la qualit di vita del soggetto anziano oltre che ridurre i costi socio sanitari. Un recente studio ha mostrato come la densitometria ossea sia in grado di fornire una indicazione del rischio di frattura pari a quello dato dai valori pressori per il rischio di ictus cerebrale. Oltre ai farmaci che gi hanno dimostrato efficacia nella riduzione del numero di eventi fratturativi, come i Bifosfonati, da sottolineare che sono in fase di studio alcune molecole nuove per la terapia dellOsteoporosi, tra queste gli Estreni. Molto promettente, infine, risulta per i pazienti affetti da Osteoporosi una nuova modalit di approccio denominata Osteoporosis school della quale per parleremo pi in dettaglio, prossimamente, in un altro articolo ad essa dedicato.

DENSITOMETRIA OSSEA CON TECNICA AD ULTRASUONI A LIVELLO CALCANEARE 20/01/2014 20:09
Riportiamo un interessante articolo del Dott. Alessandro Francescon, nel quale Egli descrive la tecnica Densitometrica ad Ultrasuoni di cui si avvale nellAmbulatorio di Osteoporosi della Clinica Rizzola di San Don di Piave nella Valutazione Clinica dei pazienti Osteoporotici o in prevenzione. Attraverso lanalisi di rilevanti Studi Internazionali descrive le caratteristiche fisiche, le indicazioni e i campi di applicazione dellultrasuonografia ossea quantativa (QUS) con studio del calcagno. Questa tecnica viene confrontata con altre tecniche diagnostiche altrettanto conosciute che utilizzano invece le radiazioni ionizzanti. I risultati e le conclusioni sono molto interessanti e promettenti . DENSITOMETRIA OSSEA CON TECNICA AD ULTRASUONI A LIVELLO CALCANEARE A cura di : Dott.Alessandro Francescon, Specialista in Geriatria e Gerontologia Ambulatorio di Osteoporosi-Casa di Cura Sileno e Anna Rizzola, San Don di Piave (Ve)- LUltrasuonografia ossea quantificativa (QUS), stata introdotta nella pratica clinica per lo studio del tessuto osseo ormai da pi di 20 anni. Le caratteristiche pi significative di tale metodica riconosciute sono: semplicit di esecuzione, bassi costi, non utilizzo di radiazioni ionizzanti etc , tutti fattori che la rendono ben accettata ai pazienti. La metodica consente di ottenere informazioni sia sulla densit dellosso, fattore questultimo correlato con il rischio di frattura, sia sulla struttura e sulla resistenza meccanica del tessuto osseo. Le sedi di studio piu usate sono le falangi e il calcagno anche se possono essere esaminate ossa piatte, metacarpo, tibia, radio e omero. Il calcagno, che costituito quasi completamente da osso trabecolare, cos come le vertebre, ha il vantaggio di avere delle superfici esterne piatte, omogene e parallele, adeguate quindi allo studio geometrico di propagazione del fascio di ultrasuoni. Il principio fisico su cui si base questa tecnica che londa meccanica rappresentata dal fascio ultrasuonografico quando attraversa il tessuto osseo subisce delle modificazioni (frequenza, intensita, velocit di propagazione e attenuazione etc) a seconda delle caratteristiche strutturali, elasticit o porosit dellosso. Londa ultrasonora viene prodotta tramite speciali sonde, una trasmittente e laltra ricevente, ben distinte, tra le quali viene posizionato il segmento osseo da valutare. Vengono determinati pertanto alcuni parametri: la velocit di propagazione (SOS,Speed of sound), lattenuazione dellonda (BUA, Broadband Ultrasound Attenuation). Dallelaborazionedi questi due parametri viene ricavato un altro indice denominato QUI( Quantitative Ultrasound Index) che si dimostrato utile in modo particolare nella diagnosi di osteoporosi in quanto consente di identificare i soggetti con bassa densit minerale ossea e quindi a rischio di frattura. La validit delle misure densitometriche periferiche, ampiamente dimostrata come predizione del rischio di frattura, viene documentata anche dal recente Studio Americano NORA, eseguito su una popolazione di oltre 200.00 donne . Diverse altre ricerche hanno dimostrato una stretta associazione tra la densit, le caratteristiche strutturali dellosso trabecolare come la porosit e lelasticit e gli indici densitometrici. Per quanto riguarda il confronto della metodica ad Ultrasuoni con altre a raggi X (DEXA, QCT assiale e periferica, radiogrammetria metacarpale) va riferito come lo Studio Multicentrico Europeo (PhOS), condotto su pi di 10.000 donne ha ampiamente dimostrato come la metodica QUS abbia una elevata precisione. Ad una analisi approfondita dei risultati delle due metodiche non sono state riscontrate differenze significative della misura della densit ossea. Hart e collaboratori nello Studio BOS, hanno dimostrato che le misurazioni a livello del calcagno e della falange sono sovrapponibili a quelli ottenuti con la DEXA assiale. Continuando ad esaminare la tecnica ad ultrasuoni, risulta anche che Gluer et.al. in uno Studio Europeo sulle fratture vertebrali ha concluso che i parametri ultrasonografici sono associati ad alterazioni osteopeniche vertebrali. Altri Autorevoli Studi condotti mediante ultrasonografia al calcagno hanno rilevato la capacit della metodica di valutare gli effetti delle terapie antiosteoporotica a determinati intervalli temporali. Tra i farmaci sono stati studiati:calcitonina,HRT,Bifosfonati, terapia ormonale sostitutiva e la calcitonina.Molteplici altri studi sono stati condotti sullosteoporosi indotta da corticosteroidi, artrite reumatoide, osteodistrofia renale, sindrome di Cusching, osteomalacia, talassemia, fibrosi cistica. Dato assai interessante che la QUS, in considerazione dellassenza delle radiazioni ionizzanti, stata proposta come strumento di indagine sulla popolazione infantile, neonati e prematuri per studiare alterazioni del tessuto osseo diverse dallosteoporosi, con le disposizioni Europee quali la 97/43 Euratom, recepita anche in italia con il decreto Legislativo in materia di protezione sanitaria delle persone connessa allesposizine a radiazioni che prevede di utilizzare tecniche alternative disponibili che si propongono lo stesso obiettivo,ma che non comportano unesposizione alle radiazioni ionizzanti (.). Va citata, infine, che la nota AIFA 79 del Ministero della Sanit, che consente la prescrivibilit da parte del S.S.N e quindi gratuitamente , secondo precisi criteri, di alcuni farmaci contro losteoporosi valutata anche con la metodica strumentale ad Ultrasuoni QUS al calcagno , mentre altre ne sono state escluse. In conclusione, si pu osservare che levoluzione tecnologica permette attualmente di valutare la densit ossea con strumenti sempre meno invasivi. La tecnica che utilizza gli ultrasuoni rappresenta una metodica equilibrata tra lassenza di invasivit e la precisione diagnostica. Pertanto, poich lobiettivo clinico primario della diagnosi di osteoporosi si fonda sulla necessit di prevenire le fratture, le persone a rischio di osteoporosi ( donne in menopausa, anziani spesso affetti da polipatologia), possono sottoporsi con fiducia a questo esame strumentale sia a fini preventivi che terapeutici. Per maggiori approfondimenti: Rosenthal et.al.: A correlative study of ultrasound calcaneal and dual X-ray absorptiometry bone measurament of the lumbar spine and femur in 1000 women Eur J Nucl Med 1995 22:402-406 Hartl et al: Result of the Bbasel Osteoporosis Study J Bone Miner Res 17:321-330,2002 Rubinacci etal.: QUS investigation of Bone in Preterm Infant Ann Meeting Amer Soc for Bone Toronto 2001 C.C Gluer The OPUS Study-Annual Meeting of American Society of Bone Mineral Research October 2001

SCIENTIFIC ELEMENTS OF LOCAL OXYGEN THERAPY AND MEANS OF APPLICATION TO PATIENTS 29/12/2013 11:43
SCIENTIFIC ELEMENTS OF LOCAL OXYGEN THERAPY AND MEANS OF APPLICATION TO PATIENTS Given that Ulcers of the lower limbs constitute a frequent pathology (1% of the population and 3.5% of the population over 65 years) It mainly affects the female population with a rapport of about 3 to 1. It is a chronic invalidating illness where the therapy is not standardized and it presents both medical and social problems. In fact the treatment has elevated problems, not only medical but particularly social and among these particular relevance must be attached to the cost to the patient, to the collective and the cost to the National Health System. Etiology of ulcerative injuries of the lower limbs In outline they can be: -phlebostatic: like complications of superficial venous sufficiency (varicose) or profound venous insufficiency (post-phlebitic syndrome) -arterial (ischemic) -diabetic -Traumatic -in collagenopathy for causes intrinsic to the illness or for habitual cortisone therapy Types of therapy available Medical: which includes pharmacological treatment (general and local) and combined treatment given with medications and medicines. Surgical: both to eliminate the causes and to deal with complications up to plastic surgery. Hyperbaric Chamber: based on the principle of oxygen therapy in hyperbarism. Comparable therapies Local hyperbaric therapy represents the evolutionary stage of that used in the last thirty years for the treatment of different pathologies linked to circulatory deficit or infective pathologies. The oxygen administered acts on the devitalized or, however, suffering tissues with a contact mechanism and through the action of the component dissolved in the blood in part linked to the hemoglobin, in part dissolved in the blood as a free component (the latter represents the active component of the substance). In the general hyperbaric chamber an increase of environmental pressure (hyperbarism) is obtained while the concentration or partial pressure of oxygen remains unchanged. All this determines an increase in the availability of oxygen on the part of the tissues both as regards the contact component and that dissolved in the plasma. There are side-effects that limit the use of the hyperbaric chamber. These are medical, personal and social. They can be summarized as follows: Medical: cardiovascular, respiratory and cochleovestibulary illnesses Personal : Psychological problems besides claustrophobia Social: difficult availability (little or private), lack of bed-places, high costs of production and use and difficulty of hospital structure or of subjects at home in reaching the chamber with an increase in social and personal costs. Oxygen therapy in normobarism The solution to many problems of the hyperbaric chamber can be found in oxygen therapy in normobarism applied locally. The main concept is that of enabling local application of the therapy performed in the hyperbaric chamber to pathologies of limited extension with the advantage of having absolutely no side-effects. The concept of local normobaric therapy applies empirically in the principles and applications in different general Surgery Departments aimed at vascular treatment and in dermatology departments. The work is not in hyperbarism but in normobarism and therefore not all the body is introduced in the hyperbaric chamber but just the part of the body requiring oxygen therapy. Thus all the side effects are removed and both personal and social costs come down. Differences In the chamber for local oxygen therapy the percentage of oxygen internally (in contact with the injury) is about 95% compared with the 21-23% present in the general hyperbaric chamber. On the other hand the oxygen dissolved in the plasma increases to 2% volume with respect to the 6% which for the effect of hyperbarism is in the hyperbaric chamber. We obtain these values placing the mask on the patient and giving oxygen with this via the nose and mouth. In this way (minor oxygen dissolved in the plasma, but increase in oxygen in contact with the ulcer) a therapeutic effect is obtained not unlike that obtained in the traditional hyperbaric chamber, since reduced hyperbarism is compensated by the increase in availability of oxygen, (in many surgical and dermatological departments and surgeries this type of therapy has been applied for years in an empirical and non-standardized manner, the oxygen being supplied through a polyethylene tube connected to the source, the environment is created through a plastic bag closed around the limb being treated). Criticism that may be made to such a therapy applied up to now was that of it being an empirical, artisan therapy: there was no precision regarding the concentration of oxygen, the concentration of humidity and the time taken was therefore subjective. And the there was a problem of image and aesthetics The good results of the method led us to look for a more rational, repeatable and aesthetically pleasant application that guaranteed at the same time concentrations of oxygen, degree of humidity, known pressure values with predictable times of use. We are also aware that fundamental elements that obstruct the therapies of phlebostatic ulcers and in general devitalized tissues are the reduction in tension of oxygen and the presence of exudate and necrotic tissue. To resolve these difficulties optimization of oxygen therapy is being studied with the aid of active medicines introduced by nebulizer which reach the open injuries. Better oxygenation of the cells incentivated by medicines which act directly on the cell-cell mechanisms can be used in all devitalized tissues and also in diabetic injuries. Advantages Elevated compliance Documented effectiveness Low cost of purchase and use Easy availability of therapy Absolute absence of side-effects Rapid training of personnel CLINIC PROTOCOL Recruitment of patients 1) Patients with phlebostatic ulcers 2) Patients with diabetic ulcers Age: patients aged between 50 and 90 are eligible, sub-divided into classes a) Between 50 and 60 years b) Between 60 and 70 years c) Between 70 and 90 years Sex : males are distinct from females Accompanying pathologies: must be indicated on the prospectus with the medicines being taken Correlated or favoured pathologies: must be indicated if there is a component *arterial *phlebostatic *arterial and phlebostatic mix *diabetic *traumatic *of collagen with associated cortisone therapy Evaluation and controls Presence of necrotic tissue Ease of bleeding Quantity and composition of exudate Presence and type of pathogens PH of the injury Deterioration of gradient of O2 Peripheral neurological damage (in particular for diabetic pathology) Diameter of injury Depth of injury Incorrect handling of the illness Pain or burning or irritation of patient Every 7 days the following data will be collected 1) Variations in the quantity of secretion 2) Variations in the type of secretion 3) Pain of the patient 4) Comfort of the patient 5) Ease of bleeding 6) Diameter of the injury 7) Depth of the injury 8) Tissue of granulation Duration and method of treatment Variable depending on the pathology and the results and the course, (from two to six months), the data will be collected weekly and there will be an evaluation at between three and six months) The patient will have treatment daily 6 days out of 7 The treatment will be for 1 or 2 hours per day (separated by 6 hours) The barometric pressure inside the chamber is not considered as it is not influential However one should evaluate the degree of humidity and the comfort of the patient depending on the degree of humidity which is varied adding water to the interior. results acquired until today Given that this concerns a chronic pathology the phlebostatic and the ischemic ulcer cannot reach definitive healing if the cause is not removed, thus a better quality of life must be aimed at; all cases treated have seen secretion diminish (100%), the subjective symptomatology improve (90%) while objective improvement has seen 85% of cases. In these a cleansing of the injury and a reduction of the diameter and marked evidence of the tissue of granulation have been noticed from the third day of application. Over the course of the years we have experimented with extensive methods on the use of the device for the application of local normobaric therapy, on average dealing with 3 cases a week in our structure (Casa di Cura Rizzola in San Don di Piave) and these cases have been followed personally over time. To this we add patients followed in other structures like Codivilla Putti in Cortina and private structures and hospitals in other parts of Italy: The type of ulcers treated were the following: phlebostatic ulcers ischemic ulcers in ASO + mixed osteomyelitis traumatic injuries burns microfractures preparations for dermo-epidermal transplants or injuries requiring reconstruction or patients who have undergone dermo-epidermal transplants The chamber mod. CID 700/A and following models has been distributed to some hospital facilities and private nursing homes, and considering the ease of use (treatment of subjects can take place both in hospital and inside the home), in this last period we have developed a simplified portable model defined as for the home. This model can be hired directly by the patient, who with the aid of a family member can provide their own therapy in the tranquility of the home and with the continuity that only this facility of application can permit. This experience is producing very positive results, both from the therapeutic point of view and from that of the comfort of the patient, all harmonized with an extremely low social cost, both for the patient and for the health service. Conclusions We maintain that use of the local chamber for oxygen therapy for local use, can be a useful instrument, of low cost and without side-effects for a significant number of subjects affected by various pathologies but in particular for those who present devitalized injuries of the lower limbs. The ease of application and the absence of risk during use (the machine is absolutely independent from the electricity supply, and the flow of oxygen from 3 to 5 LT a minute does not alter the percentage of this in the environment) make it suitable for the widest variety of applications both in hospital, in the ambulance and in the home.

REPORT ON THE SCIENTIFIC EFFECTIVENESS AND ECONOMIC ADVANTAGES OF TOPICAL/LOCAL NORMOBARIC OXYGEN THERAPY FOR THERAPY ON TROPHIC ULCERS OF THE LOWER L 29/12/2013 11:36
REPORT ON THE SCIENTIFIC EFFECTIVENESS AND ECONOMIC ADVANTAGES OF TOPICAL/LOCAL NORMOBARIC OXYGEN THERAPY FOR THERAPY ON TROPHIC ULCERS OF THE LOWER LIMBS The pathology: what we are speaking about Vascular problems connected with arterial deficit and venous insufficiency at the expense of the lower limbs constitute the main cause of trophic injuries of the lower limbs. The causes of these injuries are in order of frequency: Venous insufficiency Arterial deficit Diabetes, trauma Decubitus Iatrogenic and neoplastic Epidemiology: statistical frequency and numbers This pathology represents a great problem both medical and socio-medical. It is estimated that in Italy this pathology affects 1.5% of the population and 5% of the population over 65 years old, with an approximate calculation of about two million individuals connected with the problem (P.D.L. N4409/2003). The distribution of this illness is strictly correlated as much to the ageing of the population as to the living conditions and the basic cultural level of the individuals potentially concerned. An ill person with these injuries, which by definition are chronic, is often incapable, suffering, depressed since this pathology makes his existence problematic, causes a reduction in the quality of life and weighs heavily on the family environment for the continuous need for assistance, accompanied by a slow and not well defined deterioration The problem for society: the costs Ulcers of the lower limbs are among the pathologies that most greatly affect the health cost since: they are difficult to take care of as often their cause cannot be eliminated; their improvement depends on individual responses, age and the associated pathologies apart from the causes and contributory causes; Costs can be : 1. direct (cures and materials used, departments and public services or those within the National Health Service, basic medicine, integrated domestic assistance and homes for the elderly, costs of diagnoses. 2. Indirect with working days lost both by the patient and family members concerned and possible insurance costs. And such costs apart from being chronic are increasing and will continue so given the ageing population Current therapies available THESE ARE: primary therapies aimed at resolving or improving the causes and the contributory causes (vasoactive medicines, diabetics, medicines that act on the viscosity of the blood, vasodilators etc ) medicines and aids for the medication (creams, gauzes, bandaging, medicating aids etc ..) and medicines for complications (anticoagulants, antibiotics) surgical therapies aimed at cleansing injuries or repairing them (plastic surgery) oxygen therapy carried out in the hyperbaric chambers which give good results but are difficult to perform for their scarce availability and the general side-effects (organic and psychological) which limit use. Socio-medical consequences of unsuitable treatment The potentially negative outcome of insufficient treatment can have grave implications for the patient (infections, gangrene, amputations and in any case sanitary and relational complications) but also for the family (the life of the family, psychological effects and costs for assistance and help) and for the National Health System (greater costs for complications). Current possible alternative therapy In the last few years we have experimented with normobaric oxygen therapy applied locally, which as a traditional therapy of proven effectiveness but of empirical use is affirming itself as a therapy without any side effects, modest in cost, easy to use and within reach of everybody, with advantages both for the patient (excellent results) and for the National Health System (minimal costs as it can also be effected at home by non-medical people). Difference in costs between oxygen therapy with a hyperbaric chamber and oxygen therapy with a normobaric chamber Costs are calculated both for the patient and family and for the National Health System. For the patient and family this means costs tied to the transport of the patient to the Hyperbaric Chamber which on average takes half a day between journey and therapy time; it means transport of a live person and social costs for the work of one person for half a day. As regards the National Health System we must consider that the patient can be transported by public means (hospital or council) to the Hyperbaric Chamber and this transport implies the costs of the means of transport, the driver and paramedical personnel who by law must accompany them. In any case the cost for the NHS is that tied to the use of the structure accommodating the Hyperbaric Chamber; the Hyperbaric Chambers, except in a few cases, are the property of private structures operating within the National Health Service. Normally the structure running the Hyperbaric Chamber is paid 90 a sitting and a cycle of 60 sittings is normally foreseen; these sittings are carried out for reasons contingent to the structure 5 days out of 7 (from Monday to Friday). The cost of 90 includes the use of the Hyperbaric Chamber, the medical and paramedical staff who must by law be present; to this must be added the cost of transport of the patient which may be at the expense of the National Health Service or the family. The cost of the Normobaric Chamber if treatment is carried out at home means resetting or cancelling the cost of transporting the patient. Thus only the costs of the use of the Normobaric Chamber and the oxygen remain. The costs of medication and medical checks are in theory not varied but in practice it will be shown that the type and modality of treatment can also reduce the costs of medication and of medical and paramedical staff. The cost to the patient of the Normobaric Chamber currently used by us is 160 monthly + VAT (with 30 days use out of 30 per month) to which is added 90 of oxygen: to sum up 250 a month or a total of 8 per day. The pro/therapy cost for the National Health Service is 90 per sitting with the Hyperbaric Chamber and would be just 8 with the Normobaric Chamber, which works out at a saving application/patient of 82 with further advantages such as: The saving of health service transport costs; Therapeutic continuity without interruption for 30 days per month in the tranquility of ones own living environment and without trauma; The facility of widespread use with the possibility to reach all those eligible patients (200,000 calculated in Italy), who at present cannot be treated with oxygen because of the scarce availability of Hyperbaric Chambers in the country, (the latter used for about 80% to treat chronic ulcers). It should be noted that at present the number of patients receiving therapy in the Hyperbaric Chamber for these pathologies varies between 20,000 and 30,000 per year in our country, this reduced number with respect to the 200,000 eligible cases is determined by limitations for medical side effects and for economic-social problems (availability of the Hyperbaric Chambers, distances, costs of transfers). However the saving that can be made is even greater. In fact it can be seen (see Progetto di Legge N4409) that the greater costs are absorbed by the expense of the medical and paramedical personnel followed by the various costs of medication. In the case of topical/local* therapy with oxygen, the protocols reduce to the minimum the use of medical and paramedical personnel and the use of various medical aids (like medicated gauzes, antibiotics, creams etc) since it has been scientifically shown that: Oxygen by topical/local* means: dries the injury, stimulates granulation of the tissues and incentivates vascularization the therapy can also be administered by a family member. Further savings COST OF PERSONNEL As regards the paramedic personnel (currently the greatest cost) assistance is reduced in collaboration with the doctor during the single surgery or domestic check-up which is recommended once every 15 days. The same applies for the medical or specialist personnel who check every 15 days how the pathology is going and judge its course. COST OF MEDICATION As regards medication this can be divided into simple medication, that which reduces the exudate and active medication which does not just protect the injury controlling the exudate but which contributes to the process of tissue regeneration. The costs are variable and one is often induced to use medication with lower costs without considering that improvement or healing of an injury foresees further cost to the National Health Service. The guidelines of the Royal College of General Practitioners of April 2000 in the U.K. suggest that health operators, even if there is not sufficient proof to recommend one medication rather than another, have to use medication which satisfies clinical demands, the costs and needs of the patient and the location of the injury. In the same United Kingdom treatment is usually at home to reduce the expense to the National Health institutions. Thus in the protocol of topical oxygen-therapy all this advice found in the guidelines for the treatment of these injuries is summarized, so that: The cost of the hospital and medical and paramedical personnel is reduced. Effective treatment in compliance with the patient and family is used with not just objective advantages (progress of the injury) but subjective (clear reduction of symptoms and so the well-being of the patient, at costs which are clearly lower than other treatment. Medication is simplified since no passive or active medication is used to reduce exudation and over-infection or to stimulate the tissue of granulation; in fact only simple medication is used physiologically with the advantage of cleansing the injury for better use of topical oxygen, leaving the same oxygen the task of reducing infection, exudation and stimulating the tissue of granulation. In substance considerable savings are achieved on the health costs of medical and paramedical personnel and on the cost of medication. Both these parameters and savings are difficult to calculate since at present there are no standardized protocols of diagnosis, therapy and assistance. However it is easy to calculate a saving from 30 to 50% on the cost of medical and paramedical personnel and a greater saving of 50% as regards the cost of medicines. To these savings should be added the saving calculated for the patient who uses the normobaric chamber with respect to the hyperbaric chamber. M.P.SYSTEMS S.R.L. Madeyski Dr Paolo

INDICATIONS OF PROTOCOL IN USING THE TOPICAL OXYGEN THERAPY CHAMBER AND FOR CONTINUING THERAPY ALSO IN THE POST HOSPITALIZATION PHASE 29/12/2013 11:34
INDICATIONS OF PROTOCOL IN USING THE TOPICAL OXYGEN THERAPY CHAMBER AND FOR CONTINUING THERAPY ALSO IN THE POST HOSPITALIZATION PHASE For correct application of this therapy with positive results the following should be considered: a) Indications b) Method of treatment c) Duration of treatment d) Evaluation of treatment Indications For all trophic injuries situated in the lower limbs which have solutions of continuity of the skin, the main place is the leg. Injury to the thigh is rare since it has not been taken into consideration. Therapy is applied to injuries with various causes or contributory causes even if with varying results. For the following pathologies: Phlebostatic ulcers (frequent and with varying percentages of healing between 60 and 80% depending on contributory causes and associated pathological factors). Diabetic ulcers (diabetic foot). These injuries include both trophic injuries of skin and below-skin tissues and those with a relevant exposed bone. These injuries are frequent with percentages of healing which vary from 70% to 90%. Ulcers in arteriopaths. Not frequent. Lower results both subjectively and objectively. Traumatic injuries. Discreetly frequent with good results but which vary greatly for the associated general and local conditions. Iatrogenic injuries and on a neoplastic basis. Rare with results varying greatly from case to case. Method of treatment The experience matured over the last few years has seen a modification in approach and the method of treatment of trophic ulcers in the lower limbs since: these injuries are chronic (apart from post-traumatic injuries). these injuries were treated in the course of their chronicity with various and varying methods depending on the health service operators. We maintain that on the basis of the experience obtained and the general principles we have shown the therapeutic course these directives can follow 1) Precise indications, as far as possible, for oxygen therapy. These indications must be set by a doctor specializing in therapy, vascular therapy, dermatology, diabetology or by a doctor who has the experience and competence in this pathology and knowledge of the pathologies correlated to the etiology of such injuries. 2) The injury to benefit from the oxygen therapy must be cleansed. The cleansing can be done with simple medical cleansing or with surgical cleansing removing scabs and necrotic tissue in such a way as to bring the oxygen into contact with the tissues with the possibility of granulation. 3) The possibility of the oxygen therapy and the method of administration must be tested and evaluated by medical or paramedical personnel since the sensitivity to the dosage, the time and the humidity are individual. 4) The only substances used by medication are physiological solution for cleansing before and after the application of oxygen. Neither betadine nor Vaseline medications are used nor whatever does not allow the passage of oxygen. 5) If the injury is painful, besides increasing the humidity the injury can be bathed with marcaina or other local anesthetic. The correct procedure in sequence is the following: Bandaging of the injury Cleansing with a wet gauze with fisiologic water (do not cover the injury with any medication) Introduction of the limb in the oxygen chamber Closing the same possibly above the knee Supplying the oxygen near the injury in accordance with the sensitivity of the patient with a flow between 3 and 4 LT a minute for 10 minutes and then at 2 LT a minute The total duration save for particular cases is one hour At the end carry out cleansing with a wet physiological gauze and then cover it with gauze with the same solution or with a local anesthetic if the injury is painful. Duration of the treatment The duration of the treatment per day is indicated by the doctor who sets the indication and follows the patient and the progress of the injury; in any case we advise the following directives: The treatment must be followed daily It is preferable to carry out two applications a day, each for one hour. Improvement is noted generally after 10-15 days and becomes evident on the third week of application; each case, however, presents individual variables given by the subject who presents etiological factors and accompanying variable pathologies. There are no side-effects even for the treatment, even for 4 hours per day, from the experience of several cases for which the therapy for this duration was prescribed. Evaluation of the results It is useful and should be the case that the injury is photographed at the moment of the first visit and before surgical or medical cleansing. The injury will then be photographed at regular intervals decided by the medical team. With the right software the diameters of the injury, the depth, the surface and its circumference can be measured. With the same software one can carry out and register the graphics that show the behaviour of the injury and the effectiveness or otherwise of the therapy. On one card it is advisable to note the objective variations but also the subjective impressions that refer to the patient. Taken into consideration are: - The patients data - The causes - The contributory factors - Associated pathologies - Medicines in use - The birth and duration of the injury - Symptoms declared by the patient - Secretion - The characteristics of the injury and the granulation tissue Possibility of treating the patient at home The peculiarity of oxygen applied locally, are identifiable, in the absence of side-effects, in the low cost, the simplicity of application, but above all in the need for a certain duration and continuity (this therapy produces better results after about three weeks of regular application). The duration of the therapeutic cycle of oxygen applied locally is difficult to match to the period of hospitalization (in other European countries P.D.L. 4409/2003 chronic ulcers are treated at the patients home). For this direct experience a course of therapy is indicated coupled with a brief stay in hospital (5-7 days). Over the course of the years we have obtained the first certification for our domestic model which was then renewed in accordance with the regulations in force. This model used at the patients home for therapies of medium long duration enables social costs to come down and guarantees the continuity of application required. In this way we have already treated patients with various types of ulcer with excellent results and minimum cost. At present the cost of hire applied to patients is 160 (VAT 4%) monthly; this charge is generally accepted and also includes assistance by telephone and at home for any problem concerning the therapy. These costs are still not reimbursable by the N.H.S. but the invoice is deductible. A public or private structure in this way can offer a complete service to various patients, increasing the degree of satisfaction and constantly monitoring the development of the pathology with weekly visits but without rigidly committing the structure and the personnel (guidelines already provided by a proposal of law under discussion in the Chamber and applied in many countries in the European Union).

Una nuova terapia per le ulcere degli arti inferiori e del piede diabetico. La ossigenoterapia normobarica topica 29/12/2013 11:34
Una nuova terapia per le ulcere degli arti inferiori e del piede diabetico. La ossigenoterapia normobarica topica Premessa Le ulcere degli arti inferiori rappresentano una patologia frequente (1% della popolazione e 3,5% della popolazione over 65 anni). Colpisce maggiormente la popolazione femminile con un rapporto circa di 3 a 1. Trattasi di malattia cronica invalidante la cui terapia non standardizzata e presenta vari problemi sia medici sia sociali. Il trattamento comporta, infatti, elevati problemi non solo medici ma in modo particolari sociali e tra questi assume particolare rilevanza il costo a carico del paziente, della collettivit e delle spesa a carico del sistema sanitario nazionale. Eziologia delle lesioni ulcerative degli arti inferiori. Schematicamente possono essere -flebostatiche: come complicanza di insufficienza venosa superficiale (varici) o di insufficienza venosa profonda (sindrome postflebitica) -Arteriose (ischemiche) -Diabetiche -Traumatiche -Nelle collagenopatie per causa intrinseca alla malattia o per la terapia cortisonica abituale -Neoplastiche Tipi di terapia a disposizione Medica: che comprende il trattamento farmacologico (generale e topica) e il trattamento combinato dato da medicazioni e farmaci. Chirurgica: sia per eliminare le cause che per trattare le complicanze arrivando fino alla chirurgia plastica. Camera iperbarica. Che si basa sul principio dellossigenoterapia in iperbarismo. Terapie a confronto Lossigenoterapia iperbarica locale rappresenta la tappa evolutiva di quellutilizzata negli ultimi trentanni per il trattamento di diverse patologie legate a deficit circolatori o a patologie infettive Lossigeno somministrato agisce sui tessuti devitalizzati o, comunque, sofferenti, con meccanismo da contatto e mediante lazione della componente disciolta nel sangue in parte legata alla emoglobina, in parte disciolta nel sangue come componente libera (questultima rappresenta la componente attiva della sostanza). Nella camera iperbarica generale si ottiene un aumento della pressione ambientale (iperbarismo) mentre rimane invariata la concentrazione o pressione parziale di ossigeno. Tutto questo determina un aumento della disponibilit di ossigeno da parte dei tessuti sia per quanto riguarda la componente da contatto che quella disciolta nel plasma. Vi sono delle controindicazioni che limitano luso della camera iperbarica. Queste sono mediche, personali e sociali. E si possono cos riassumere: Mediche: malattie cardiocircolatorie, respiratorie e cocleovestibolari Personali: problemi psicologici oltre alla claustrofobia Sociali: difficile reperibilit (poche e private), mancanza di posti letto, costi alti di produzione e di utilizzo e difficolt di strutture ospedaliere o dei soggetti domiciliari al raggiungimento delle camere stesse con aumento dei costi sociali e personali. Ossigenoterapia in normobarismo La soluzione a tanti problemi della camera iperbarica si possono trovare nella ossigenoterapia in normobarismo applicata in maniera distrettuale. Il concetto sostanziale quello di consentire lapplicazione locale della terapia eseguita in camera iperbarica a patologie ad estensione limitata con il vantaggio di non avere controindicazioni assolute. Il concetto di terapia normobarica distrettuale trova applicazione empirica nei principi e nelle applicazioni in diversi Reparti di Chirurgia generale ad indirizzo vascolare che in Reparti di dermatologia. Non si lavora in iperbarismo ma in normobarismo e non si lavora quindi introducendo tutto il corpo nella camera iperbarica ma soltanto la parte del corpo che abbisogna della ossigenoterapia. Vengono quindi a cadere tutte le controindicazioni e si abbattono i costi sia personali sia sociali. differenze Nella camera per ossigenoterapia distrettuale la percentuale di Ossigeno allinterno (a contatto con la lesione) circa del 95% rispetto al 21-23 % presente nella camera iperbarica generale. Daltra parte lossigeno disciolto nel plasma aumenta a 2% volumi rispetto al 6% che per effetto delliperbarismo si ha nella camera iperbarica. Noi otteniamo tali valori ponendo al paziente la mascherina e dando ossigeno tramite questa per via naso-orale. In tale maniera (minor ossigeno disciolto nel plasma, ma aumento dellossigeno a contatto con lulcera) si ottiene un effetto terapeutico poco dissimile da quello che si ottiene nella camera iperbarica tradizionale, in quanto liperbarismo ridotto viene compensato dallaumento della disponibilit di ossigeno, (In molti reparti e ambulatori chirurgici e dermatologici questo tipo di terapia viene da anni applicata in modo empirico e non standardizzabile, lossigeno viene fornito attraverso un tubo di polietilene collegato alla sorgente, lambiente viene creato attraverso un sacchetto di plastica chiuso attorno allarto da trattare). La critica che si pu portare a tale terapia applicata fino ad ora era quella di essere una terapia empirica, artigianale: non vi era una precisione per quanto riguardava la concentrazione dellossigeno, la concentrazione dellumidit e il tempo di utilizzo era quindi soggettivo. I buoni risultati della metodica hanno portato a cercarne unapplicazione pi razionale, ripetibile ed esteticamente gradevole che garantisse nello stesso tempo concentrazioni dossigeno, grado dumidit, gradienti pressori noti con tempi dutilizzo prevedibili e per tale motivo siamo passati ad un dispositivo ( ULCOSAN ) che registrato al Ministero della Salute. vantaggi Elevata compliance Efficacia documentata Basso costo dacquisto e desercizio Facile disponibilit della terapia Assenza di controindicazioni assolute Rapida formazione del personale. PROTOCOLLO CLINICO: quali pazienti trattarli e come trattarli Reclutamento dei pazienti 1) Pazienti con ulcere flebostatiche 2) Pazienti con ulcere diabetiche Et: sono eleggibili pazienti con et compresa dai 50 ai 90 anni suddivisi in classi sia di sesso maschile che femminile a) Tra i 50 e i 60 anni b) Tra i 60 e i 70 anni c) Tra i 70 e i 90 anni Patologie correlate o favorenti: si deve distinguere se presente una componente *arteriosa *flebostatica *mista arteriosa e flebostatica *diabetica *traumatica *del collageno con terapia cortisonica associata valutazioni e controlli Deve essere valutato al momento dellinserimento del paziente Presenza di tessuto necrotico, Facilit al sanguinamento Quantit e composizione dellessudato, Presenza e tipologia dei patogeni, PH della ferita, Compromissione del gradiente di O2, Danno neurologico periferico (in particolare per la patologia diabetica), Diametro della lesione Profondit della ferita Non corretta gestione della malattia. Dolore o bruciore o fastidio del paziente Ogni 7 giorni saranno raccolti i seguenti dati 1) Variazioni della quantit della secrezione 2) Variazioni del tipo della secrezione 3) Dolore del paziente 4) Gradimento del paziente 5) Facilit al sanguinamento 6) Diametro della lesione 7) Profondit della lesione 8) Tessuto di granulazione durata e modalit del trattamento Variabile a secondo la patologia e i risultati e il decorso, (da due a sei mesi, i dati saranno raccolti settimanalmente e vi sar una valutazione a tre e a 6 mesi) Il paziente avr un trattamento quotidiano 6 giorni su 7 Il trattamento sar di 1 o 2 ore il giorno (distanziati di 6 ore) Non si tiene conto della pressione barometrica allinterno della camera distrettuale in quanto ininfluente Si dovr invece valutare il grado umidit e il gradimento del paziente secondo il grado di umidit che viene variata aggiungendo acqua allinterno risultati a tuttoggi acquisiti Dato che si tratta di patologia cronica lulcera flebostatica e quella ischemica non possono giungere ad una guarigione definitiva se non viene tolta la causa, si deve tendere allora ad una migliore qualit di vita, tutti i casi trattati hanno visto diminuire la secrezione (100%), migliorare la sintomatologia soggettiva (90%) mentre il miglioramento obiettivo si visto nel 85 % dei casi. In questi si notata una detersione della lesione e una riduzione dei diametri e uno spiccata evidenza del tessuto di granulazione dal terzo giorno di applicazione. La Tipologia delle ulcere trattate fino ad ora stata la seguente ulcere flebostatiche ulcere ischemiche in ASO + miste osteomieliti lesioni traumatiche Ustioni Microfratture preparazioni a trapianti dermo-epidermici o lembi ricostruttivi. O pazienti che avevano subito trapianti dermo-epidermici Il dispositivo ULCOSAN ( mod. CID 700/A e modelli seguenti ) presente in alcuni Presidi Ospedalieri e Case di Cura private, e considerando la sua semplicit di utilizzo (la cura dei soggetti si pu svolgere sia in ospedale sia tra le mura domestiche), stato sviluppato un modello portatile semplificato definito domiciliare, certificato anche esso dal Ministero della Salute. Tale modello pu essere noleggiato direttamente dal paziente, il quale con lausilio di un familiare pu provvedere alla propria terapia, tra la tranquillit delle pareti domestiche e con la continuit che solo tale facilit di applicazione permette. Questesperienza sta producendo risultati molto positivi, sia dal punto di vista terapeutico, che da quello del gradimento del paziente, tutto ci armonizzato con un bassissimo costo sociale, sia per il privato, sia per le strutture sanitarie. Conclusioni. Dalla esperienza di questi anni riteniamo che lutilizzo della camera distrettuale per ossigenoterapia per uso topico, possa essere uno strumento utile, a basso costo e privo di controindicazioni per un numero rilevante di soggetti affetti da varie patologie ma in particolare per coloro che presentano lesioni devitalizzate degli arti inferiori. La facilit di applicazione e lassenza di rischio nellutilizzo, (la macchina assolutamente indipendente dallenergia elettrica, ed il flusso di ossigeno da 3 a 5 LT. il minuto, non altera la percentuale dello stesso nellambiente) la rendono adatta alle pi svariate applicazioni sia negli ospedali, negli ambulatori, sia tra le pareti domestiche.

Una nuova terapia per le ulcere degli arti inferiori e del piede diabetico. La ossigenoterapia normobarica topica 29/12/2013 11:29
Una nuova terapia per le ulcere degli arti inferiori e del piede diabetico. La ossigenoterapia normobarica topica Le ulcere degli arti inferiori rappresentano una patologia frequente (1% della popolazione e 3,5% della popolazione over 65 anni).Colpisce maggiormente la popolazione femminile con un rapporto circa di 3 a 1.Trattasi di malattia cronica invalidante la cui terapia non standardizzata e presenta vari problemi sia medici sia sociali. Il trattamento comporta, infatti, elevati problemi non solo medici ma in modo particolari sociali e tra questi assume particolare rilevanza il costo a carico del paziente, della collettivit e delle spesa a carico del sistema sanitario nazionale Eziologia : -flebostatiche: come complicanza di insufficienza venosa superficiale (varici) o di insufficienza venosa profonda (sindrome postflebitica); Arteriose (ischemiche); Diabetiche; Traumatiche; collagenopatie Tipi di terapia a disposizione Medica: che comprende il trattamento farmacologico (generale e topica); Chirurgica: sia per eliminare le cause che per trattare le complicanze arrivando fino alla chirurgia plastica; Camera iperbarica. Terapie a confronto Lossigenoterapia iperbarica locale rappresenta la tappa evolutiva di quellutilizzata negli ultimi trentanni per il trattamento di diverse patologie legate a deficit circolatori o a patologie infettive . Lossigeno somministrato agisce sui tessuti devitalizzati o, comunque, sofferenti, con meccanismo da contatto e mediante lazione della componente disciolta nel sangue in parte legata alla emoglobina, in parte disciolta nel sangue come componente libera (questultima rappresenta la componente attiva della sostanza). Nella camera iperbarica generale si ottiene un aumento della pressione ambientale (iperbarismo) mentre rimane invariata la concentrazione o pressione parziale di ossigeno. Tutto questo determina un aumento della disponibilit di ossigeno da parte dei tessuti sia per quanto riguarda la componente da contatto che quella disciolta nel plasma. Vi sono delle controindicazioni che limitano luso della camera iperbarica. Queste sono mediche, personali e sociali. E sono principalmente: Mediche: malattie cardiocircolatorie, respiratorie e cocleovestibolari ; Personali: problemi psicologici oltre alla claustrofobia; Sociali: difficile reperibilit (poche e private), mancanza di posti letto, costi alti di produzione e di utilizzo e difficolt di strutture ospedaliere o dei soggetti domiciliari al raggiungimento delle camere stesse con aumento dei costi sociali e personali. Ossigenoterapia in normobarismo La soluzione a tanti problemi della camera iperbarica si possono trovare nella ossigenoterapia in normobarismo applicata in maniera distrettuale.Il concetto sostanziale quello di consentire lapplicazione locale della terapia eseguita in camera iperbarica a patologie ad estensione limitata con il vantaggio di non avere controindicazioni assolute. Non si lavora in iperbarismo ma in normobarismo e non si lavora quindi introducendo tutto il corpo nella camera iperbarica ma soltanto la parte del corpo che abbisogna della ossigenoterapia. Vengono quindi a cadere tutte le controindicazioni e si abbattono i costi sia personali sia sociali. Nella camera per ossigenoterapia distrettuale la percentuale di Ossigeno allinterno (a contatto con la lesione) circa del 95% rispetto al 21-23 % presente nella camera iperbarica generale. In tale maniera (minor ossigeno disciolto nel plasma, ma aumento dellossigeno a contatto con lulcera) si ottiene un effetto terapeutico poco dissimile da quello che si ottiene nella camera iperbarica tradizionale, in quanto liperbarismo ridotto viene compensato dallaumento della disponibilit di ossigeno. Vantaggi: Elevata compliance; Efficacia documentata; Basso costo dacquisto e desercizio; Facile disponibilit della terapia; Assenza di controindicazioni assolute; Rapida formazione del personale. PROTOCOLLO CLINICO: quali pazienti trattarli e come trattarli Pazienti con ulcere flebostatiche; Pazienti con ulcere diabetiche; Paziente con lesioni traumatiche o neoplastiche o ustioni parcellari o in attesa di innesto dermoepidermico di qualsiasi et anche se la patologia si riscontra maggiormente tra i 50 e 80 anni. Si deve considerare le patologie correlate o favorenti: arteriopatia,flebopatia; diabete, trauma , osteomielite aperta o chiusa, collagenopatia in terapia con cortisone Deve essere valutato al momento dellinserimento del paziente l la presenza di tessuto necrotico, la facilit al sanguinamento, la quantit e composizione dellessudato, la presenza e tipologia dei patogeni, il PH della ferita,la compromissione del gradiente di O2, il danno neurologico periferico (in particolare per la patologia diabetica),, il diametro della lesione, la profondit della ferita , la non corretta gestione della malattia e il dolore o bruciore o fastidio del paziente Durata e modalit di trattamento: Variabile a secondo la patologia e i risultati e il decorso Il paziente avr un trattamento quotidiano 7 giorni su 7 e sar di 1 o 2 ore il giorno (distanziati di 6 ore) Non si tiene conto della pressione barometrica allinterno della camera distrettuale in quanto ininfluente , mentre si dovr invece valutare il grado umidit e il gradimento del paziente secondo il grado di umidit che viene variata aggiungendo acqua allinterno Conclusioni e risultati : Dato che si tratta di patologia cronica lulcera flebostatica e quella ischemica non possono giungere ad una guarigione definitiva se non viene tolta la causa, si deve tendere allora ad una migliore qualit di vita, tutti i casi trattati hanno visto diminuire la secrezione (100%), migliorare la sintomatologia soggettiva (90%) mentre il miglioramento obiettivo si visto nel 85 % dei casi. Sono stati trattati ulcere flebostatiche; ulcere ischemiche in ASO + miste ; osteomieliti; lesioni traumatiche; Ustioni; Microfratture Il dispositivo ULCOSAN ( mod. CID 700/A e modelli seguenti ) presente sia in Presidi Ospedalieri e Case di Cura private, ma vi anche in versione domiciliare . La sua semplicit di utilizzo (la cura dei soggetti si pu svolgere sia in ospedale sia tra le mura domestiche pu essere noleggiato direttamente dal paziente, il quale con lausilio di un familiare pu provvedere alla propria terapia, tra la tranquillit delle pareti domestiche e con la continuit che solo tale facilit di applicazione permette. Questesperienza sta producendo risultati molto positivi, sia dal punto di vista terapeutico, che da quello del gradimento del paziente, tutto ci armonizzato con un bassissimo costo sociale, sia per il privato, sia per le strutture sanitarie. Si tratta quindi di uno strumento utile, a basso costo e privo di controindicazioni per un numero rilevante di soggetti affetti da varie patologie ma in particolare per coloro che presentano lesioni devitalizzate degli arti inferiori. La facilit di applicazione e lassenza di rischio nellutilizzo la rendono adatta sia negli ospedali, negli ambulatori, sia tra le pareti domestiche.

INDICAZIONE DI PROTOCOLLI DI UTILIZZO PER LA CAMERA PER OSSIGENOTERAPIA TOPICA, E PER LA PROSECUZIONE DELLA TERAPIA ANCHE NELLA FASE DI POST-DEGENZA 29/12/2013 11:28
INDICAZIONE DI PROTOCOLLI DI UTILIZZO PER LA CAMERA PER OSSIGENOTERAPIA TOPICA, E PER LA PROSECUZIONE DELLA TERAPIA ANCHE NELLA FASE DI POST-DEGENZA DEL PAZIENTE Per una corretta applicazione con risultati positivi di tale terapia si devono considerare: a) indicazioni b) metodologia di trattamento c) Durata di trattamento d) Valutazione dei risultati Indicazioni Tutte lesioni trofiche localizzate agli arti inferiori che abbiano soluzioni di continuo della cute, la sede principale la gamba. La lesione alla coscia rara e al momento non stata presa in considerazione. La terapia viene applicata a lesioni con cause o concause varie anche se con risultati variabili. Per le seguenti patologie: Ulcere flebostatiche (frequenti e con percentuali di guarigioni variabile dal 60 all80% secondo le concause e fattori patologici associati). Ulcere diabetiche (piede diabetico) .Tali lesioni comprendono sia le lesioni trofiche dei tessuti cutanei e sottocutanei che quelle con osso esposto e interessato. Tali lesioni sono frequenti con percentuali di guarigioni variabili dal 70% al 90% Ulcere in arteriopatici. Non frequenti . Risultati inferiori sia soggettivamente che oggettivamente Lesioni traumatiche. Discretamente frequenti con risultati buoni ma molto variabile per le condizioni generali e locali associate. Lesioni iatrogene e su base neoplastica. Rare con risultati molto variabili da caso a caso. Metodologia del trattamento Lesperienza maturata nel corso degli ultimi anni ha visto modificare lapproccio e la metodologia del trattamento delle ulcere trofiche degli arti inferiori in quanto; tali lesioni sono croniche (a parte le lesioni postraumatiche). tali lesioni sono state trattate nel corso della loro cronicit con metodologie varie e variabili a secondo gli operatori sanitari. Riteniamo in base alla esperienza maturata e ai principi generali che abbiamo esposto il percorso terapeutico possa seguire queste direttive 1) Indicazione, per quanto possibile, precisa alla ossigenoterapia. Tale indicazione deve essere posta da un medico specialista in chirurgia, chirurgia vascolare, dermatologia, diabetologia o da un medico che abbia unesperienza e competenza su tale patologia e con conoscenze sulle patologie correlate alla etiologia di tali lesioni. 2) La lesione per trarre vantaggio dalla ossigenoterapia deve essere detersa . La detersione pu essere fatta con semplice detersione medica o con detersione chirurgica rimuovendo escare e tessuto necrotico in modo da far venire lossigeno a contatto dei tessuti con possibilit di granulazione. 3) La possibilit della ossigenoterapia e la modalit di somministrazione deve essere saggiata e valutata da personale medico o paramedico in quanto la sensibilit alla dose, al tempo e alla umidit sono individuali. 4) Le uniche sostanze usate dalla medicazione sono rappresentate da soluzione fisiologica per la detersione prima e dopo lapplicazione dellossigeno. Non vengono usate betadine o medicazioni vasellinate o che non lasciano passare lossigeno. 5) Se la lesione dolente , oltre ad aumentare lumidit si pu bagnare la lesione con marcana o altro anestetico locale. La procedura corretta in sequenza la seguente. Sfasciatura della lesione Sua detersione con garza bagnata con fisiologica (non coprire la lesione con nessuna medicazione); Introduzione dellarto nella camera per ossigeno Chiusura della stessa possibilmente sopra al ginocchio Erogazione dellossigeno in prossimit della lesione a secondo la sensibilit del paziente con un flusso tra i 3 e i 4 LT al minuto per 10 minuti e quindi a 2 LT al minuto La durata complessiva salvo casi particolari di unora. Alla fine eseguire detersione con garza bagnata di fisiologica e quindi coprirla con garza con la stessa soluzione o con anestetico locale se la lesione dolorosa. Durata del trattamento La durata del trattamento per giorno indicata dal medico che pone lindicazione e che segue il paziente e levoluzione della ferita, in ogni modo consigliamo le seguenti direttive: Il trattamento deve essere eseguito giornalmente. E preferibile eseguire due applicazioni al d di unora ciascuna Il miglioramento viene constatato generalmente dopo 10-15 giorni e diviene evidente alla terza settimana di applicazioni, ogni caso comunque presenta delle variabili individuali date dal soggetto che presenta fattori etiologici e patologie concomitanti variabili. Non ci sono controindicazioni anche per il trattamento anche di 4 ore al giorno secondo lesperienza di diversi casi ai quali era stata prescritta la terapia per tale durata. Valutazione dei risultati E utile e dovrebbe essere prassi che la lesione sia fotografata al momento della prima visita e prima della detersione chirurgica o medica. La lesione sar poi fotografata ad intervalli regolari decisi dallequipe medica. Con software opportuno si possono misurare i diametri della lesione, la sua profondit, la sua superficie e la sua circonferenza. Con le stesso software si possono eseguire e registrare dei grafici che dimostrino il comportamento della lesione e lefficacia o meno della terapia. In una scheda consigliabile annotare le variazioni oggettive ma anche le impressioni soggettive riferite dal paziente. Vengono prese in considerazione - i dati del paziente - le cause - i fattori concausali - le patologie associate - i farmaci in uso - la nascita e la durata della lesione - i sintomi dichiarati dal paziente - la secrezione - le caratteristiche della lesione e del tessuto di granulazione Possibilit di domiciliazione della cura a casa del paziente Le peculiarit dellossigeno per via topica, sono individuabili, nellassenza di controindicazioni, nel basso costo, nella semplicit applicativa, ma soprattutto nella necessit di una certa durata e continuit, (tale terapia produce migliori risultati dopo circa tre settimane regolarit applicativa). La durata del ciclo terapeutico dellossigeno per via topica difficilmente si coniuga con il periodo di degenza ospedaliera (in altri paesi Europei -P.D.L. 4409/2003-, le ulcere croniche vengono curate a casa del paziente). Per questo lesperienza diretta ci ha indicato un percorso terapeutico armonizzabile con una degenza ospedaliera di breve durata (5-7 giorni). Nel corso degli anni abbiamo ottenuto la prima certificazione per il nostro modello domiciliare che poi stata rinnovata secondo le norme vigenti. Questo modello utilizzato a domicilio del paziente per terapie di medio-lunga durata, permette di abbattere i costi sociali e di garantire la continuit applicativa richiesta. In questo modo abbiamo gi curato pazienti con ulcere di vario tipo con ottimi risultati e con spesa minima. Attualmente la tariffa di nolo applicata ai pazienti di 160 (IVA 4%) mensili, questa tariffa generalmente accettata, e comprende anche lassistenza telefonica ed a domicilio per qualsiasi problematica inerente la terapia. Questi costi non sono ancora rimborsati dal S.S.N., ma la fattura detraibile. Una struttura pubblica o privata ha in questo modo la possibilit offrire un servizio completo ai vari pazienti, aumentandone il grado di soddisfazione, e monitorando costantemente levoluzione della patologia con delle visite con cadenza settimanale, ma senza impegnare pesantemente la struttura ed il personale.(linee guida gi previste da una proposta di legge in discussione all Camera, e applicate in molti paesi dellUnione Europea). M.P.SYSTEM S.R.L. MKT SCIENTIFICO

ELEMENTI SCIENTIFICi DELLOSSIGENOTERAPIA DISTRETTUALE, E MODALITA DI APPLICAZIONE AI PAZIENTI 29/12/2013 11:28
ELEMENTI SCIENTIFICi DELLOSSIGENOTERAPIA DISTRETTUALE, E MODALITA DI APPLICAZIONE AI PAZIENTI Premessa Le ulcere degli arti inferiori rappresentano una patologia frequente (1% della popolazione e 3,5% della popolazione over 65 anni). Colpisce maggiormente la popolazione femminile con un rapporto circa di 3 a 1. Trattasi di malattia cronica invalidante la cui terapia non standardizzata e presenta vari problemi sia medici sia sociali. Il trattamento comporta, infatti, elevati problemi non solo medici ma in modo particolari sociali e tra questi assume particolare rilevanza il costo a carico del paziente, della collettivit e delle spesa a carico del sistema sanitario nazionale. Eziologia delle lesioni ulcerative degli arti inferiori. Schematicamente possono essere -flebostatiche: come complicanza di insufficienza venosa superficiale (varici) o di insufficienza venosa profonda (sindrome postflebitica) -Arteriose (ischemiche) -Diabetiche -Traumatiche -Nelle collagenopatie per causa intrinseca alla malattia o per la terapia cortisonica abituale Tipi di terapia a disposizione Medica: che comprende il trattamento farmacologico (generale e topica) e il trattamento combinato dato da medicazioni e farmaci. Chirurgica: sia per eliminare le cause che per trattare le complicanze arrivando fino alla chirurgia plastica. Camera iperbarica. Che si basa sul principio dellossigenoterapia in iperbarismo. Terapie a confronto Lossigenoterapia iperbarica locale rappresenta la tappa evolutiva di quellutilizzata negli ultimi trentanni per il trattamento di diverse patologie legate a deficit circolatori o a patologie infettive Lossigeno somministrato agisce sui tessuti devitalizzati o, comunque, sofferenti, con meccanismo da contatto e mediante lazione della componente disciolta nel sangue in parte legata alla emoglobina, in parte disciolta nel sangue come componente libera (questultima rappresenta la componente attiva della sostanza). Nella camera iperbarica generale si ottiene un aumento della pressione ambientale (iperbarismo) mentre rimane invariata la concentrazione o pressione parziale di ossigeno. Tutto questo determina un aumento della disponibilit di ossigeno da parte dei tessuti sia per quanto riguarda la componente da contatto che quella disciolta nel plasma. Vi sono delle controindicazioni che limitano luso della camera iperbarica. Queste sono mediche, personali e sociali. E si possono cos riassumere: Mediche: malattie cardiocircolatorie, respiratorie e cocleovestibolari Personali: problemi psicologici oltre alla claustrofobia Sociali: difficile reperibilit (poche e private), mancanza di posti letto, costi alti di produzione e di utilizzo e difficolt di strutture ospedaliere o dei soggetti domiciliari al raggiungimento delle camere stesse con aumento dei costi sociali e personali. Ossigenoterapia in normobarismo La soluzione a tanti problemi della camera iperbarica si possono trovare nella ossigenoterapia in normobarismo applicata in maniera distrettuale. Il concetto sostanziale quello di consentire lapplicazione locale della terapia eseguita in camera iperbarica a patologie ad estensione limitata con il vantaggio di non avere controindicazioni assolute. Il concetto di terapia normobarica distrettuale trova applicazione empirica nei principi e nelle applicazioni in diversi Reparti di Chirurgia generale ad indirizzo vascolare che in Reparti di dermatologia. Non si lavora in iperbarismo ma in normobarismo e non si lavora quindi introducendo tutto il corpo nella camera iperbarica ma soltanto la parte del corpo che abbisogna della ossigenoterapia. Vengono quindi a cadere tutte le controindicazioni e si abbattono i costi sia personali sia sociali. differenze Nella camera per ossigenoterapia distrettuale la percentuale di Ossigeno allinterno (a contatto con la lesione) circa del 95% rispetto al 21-23 % presente nella camera iperbarica generale. Daltra parte lossigeno disciolto nel plasma aumenta a 2% volumi rispetto al 6% che per effetto delliperbarismo si ha nella camera iperbarica. Noi otteniamo tali valori ponendo al paziente la mascherina e dando ossigeno tramite questa per via naso-orale. In tale maniera (minor ossigeno disciolto nel plasma, ma aumento dellossigeno a contatto con lulcera) si ottiene un effetto terapeutico poco dissimile da quello che si ottiene nella camera iperbarica tradizionale, in quanto liperbarismo ridotto viene compensato dallaumento della disponibilit di ossigeno, (In molti reparti e ambulatori chirurgici e dermatologici questo tipo di terapia viene da anni applicata in modo empirico e non standardizzabile, lossigeno viene fornito attraverso un tubo di polietilene collegato alla sorgente, lambiente viene creato attraverso un sacchetto di plastica chiuso attorno allarto da trattare). La critica che si pu portare a tale terapia applicata fino ad ora era quella di essere una terapia empirica, artigianale: non vi era una precisione per quanto riguardava la concentrazione dellossigeno, la concentrazione dellumidit e il tempo di utilizzo era quindi soggettivo. Vi era poi un problema di immagine e di estetica. I buoni risultati della metodica ci hanno spinto a cercarne unapplicazione pi razionale, ripetibile ed esteticamente gradevole che garantisse nello stesso tempo concentrazioni dossigeno, grado dumidit, gradienti pressori noti con tempi dutilizzo prevedibili. Noi abbiamo anche presente che elementi fondamentali che ostacolano le terapie delle ulcere flebostatiche e in genere dei tessuti devitalizzati sono la diminuzione della tensione dossigeno e la presenza dessudato e di tessuto necrotico. Per risolvere queste difficolt allo studio lottimizzazione dellossigenoterapia con lausilio di farmaci attivi che vengano introdotti tramite nebulizzatore e che vadano a raggiungere le lesioni aperte. Una migliore ossigenazione delle cellule incentivate da farmaci che agiscano direttamente sui meccanismi cellula-cellula potranno essere utili in tutti i tessuti devitalizzati e anche nelle lesioni diabetiche. vantaggi Elevata compliance Efficacia documentata Basso costo dacquisto e desercizio Facile disponibilit della terapia Assenza di controindicazioni assolute Rapida formazione del personale. PROTOCOLLO CLINICO Reclutamento dei pazienti 1) Pazienti con ulcere flebostatiche 2) Pazienti con ulcere diabetiche Et: sono eleggibili pazienti con et compresa dai 50 ai 90 anni suddivisi in classi a) Tra i 50 e i 60 anni b) Tra i 60 e i 70 anni c) Tra i 70 e i 90 anni Sesso: sono distinti il sesso maschile da quello femminile. Patologie concomitanti: devono essere segnate sul prospetto con i farmaci in uso Patologie correlate o favorenti: si deve distinguere se presente una componente *arteriosa *flebostatica *mista arteriosa e flebostatica *diabetica *traumatica *del collageno con terapia cortisonica associata valutazioni e controlli Deve essere valutato al momento dellinserimento del paziente Presenza di tessuto necrotico, Facilit al sanguinamento Quantit e composizione dellessudato, Presenza e tipologia dei patogeni, PH della ferita, Compromissione del gradiente di O2, Danno neurologico periferico (in particolare per la patologia diabetica), Diametro della lesione Profondit della ferita Non corretta gestione della malattia. Dolore o bruciore o fastidio del paziente Ogni 7 giorni saranno raccolti i seguenti dati 1) Variazioni della quantit della secrezione 2) Variazioni del tipo della secrezione 3) Dolore del paziente 4) Gradimento del paziente 5) Facilit al sanguinamento 6) Diametro della lesione 7) Profondit della lesione 8) Tessuto di granulazione durata e modalit del trattamento Variabile a secondo la patologia e i risultati e il decorso, (da due a sei mesi, i dati saranno raccolti settimanalmente e vi sar una valutazione a tre e a 6 mesi) Il paziente avr un trattamento quotidiano 6 giorni su 7 Il trattamento sar di 1 o 2 ore il giorno (distanziati di 6 ore) Non si tiene conto della pressione barometrica allinterno della camera distrettuale in quanto ininfluente Si dovr invece valutare il grado umidit e il gradimento del paziente secondo il grado di umidit che viene variata aggiungendo acqua allinterno risultati a tuttoggi acquisiti Dato che si tratta di patologia cronica lulcera flebostatica e quella ischemica non possono giungere ad una guarigione definitiva se non viene tolta la causa, si deve tendere allora ad una migliore qualit di vita, tutti i casi trattati hanno visto diminuire la secrezione (100%), migliorare la sintomatologia soggettiva (90%) mentre il miglioramento obiettivo si visto nel 85 % dei casi. In questi si notata una detersione della lesione e una riduzione dei diametri e uno spiccata evidenza del tessuto di granulazione dal terzo giorno di applicazione. Abbiamo sperimentato nel corso degli anni con metodi estensivi lutilizzo del dispositivo per applicazione di terapia normobarica distrettuale, trattando mediamente 3 casi la settimana presso la nostra struttura ( Casa di Cura Rizzola ma San Don di Piave) e tali casi sono stat seguiti personalmente nel tempo A questi si aggiungono pazienti seguiti in altre strutture come il Codivilla Putti a Cortina e presso strutture private o Ospedali in altre zone di Italia : La Tipologia delle ulcere trattate stata la seguente ulcere flebostatiche ulcere ischemiche in ASO + miste osteomieliti lesioni traumatiche Ustioni Microfratture preparazioni a trapianti dermo-epidermici o lembi ricostruttivi. O pazienti che avevano subito trapianti dermo-epidermici La Camera mod. CID 700/A e modelli seguenti stata diffusa in alcuni Presidi Ospedalieri e Case di Cura private, e considerando la sua semplicit di utilizzo (la cura dei soggetti si pu svolgere sia in ospedale sia tra le mura domestiche), in questultimo periodo abbiamo sviluppato un modello portatile semplificato definito domiciliare. Tale modello pu essere noleggiato direttamente dal paziente, il quale con lausilio di un familiare pu provvedere alla propria terapia, tra la tranquillit delle pareti domestiche e con la continuit che solo tale facilit di applicazione permette. Questesperienza sta producendo risultati molto positivi, sia dal punto di vista terapeutico, che da quello del gradimento del paziente, tutto ci armonizzato con un bassissimo costo sociale, sia per il privato, sia per le strutture sanitarie. Conclusioni. Riteniamo che lutilizzo della camera distrettuale per ossigenoterapia per uso topico, possa essere uno strumento utile, a basso costo e privo di controindicazioni per un numero rilevante di soggetti affetti da varie patologie ma in particolare per coloro che presentano lesioni devitalizzate degli arti inferiori. La facilit di applicazione e lassenza di rischio nellutilizzo, (la macchina assolutamente indipendente dallenergia elettrica, ed il flusso di ossigeno da 3 a 5 LT. il minuto, non altera la percentuale dello stesso nellambiente) la rendono adatta alle pi svariate applicazioni sia negli ospedali, negli ambulatori, sia tra le pareti domestiche.

RELAZIONE SULLA EFFICACIA SCIENTIFICA E SUI VANTAGGI ECONOMICI DELLA OSSIGENOTERAPIA TOPICA NORMOBARICA PER LA TERAPIA DELLE ULCERE TROFICHE DEGLI AR 29/12/2013 11:26
RELAZIONE SULLA EFFICACIA SCIENTIFICA E SUI VANTAGGI ECONOMICI DELLA OSSIGENOTERAPIA TOPICA NORMOBARICA PER LA TERAPIA DELLE ULCERE TROFICHE DEGLI ARTI INFERIORI La patologia: di cosa si parla I problemi vascolari legati a deficit arterioso e allinsufficienza venosa a carico degli arti inferiori rappresentano la causa principale delle lesioni trofiche degli arti inferiori. Le cause di tale lesioni sono in ordine di frequenza: insufficienza venosa, deficit arterioso, diabete, traumi decubiti iatrogeniche e neoplastiche Epidemiologia: frequenza statistica e numeri Tale patologia rappresenta un grosso problema medico ma anche sociosanitario. Si stima che in Italia tale patologia colpisca l1,5% della popolazione e il 5% della popolazione sopra i 65 anni, con un calcolo approssimativo di circa due milioni dindividui coinvolti nel problema (P.D.L. N 4409/2003). La diffusione di tale malattia strettamente correlata tanto allinvecchiamento della popolazione, quanto alle condizioni di vita e al livello di cultura di base degli individui che ne sono potenzialmente soggetti. Il malato con tali lesioni, che per definizioni sono croniche, spesso inabile, sofferente, depresso, in quanto tale patologia rende problematica la sua esistenza, ne provoca uno scadimento della qualit della vita, e coinvolge pesantemente lambiente familiare per la continua necessit dassistenza, accompagnata da un decorso lento e non ben definito. Il problema per la societ: i costi Le ulcere degli arti inferiori sono tra le patologie che incidono maggiormente sul costo della sanit: in quanto; sono di difficile cura perch spesso non si pu eliminare la loro causa; il loro miglioramento dipende dalle risposte individuali, dallet e dalle patologie associate oltre dalle cause e concause. I costi possono essere; 1. diretti (cure e materiali utilizzati, reparti e servizi pubblici o convenzionati, medicina di base, assistenza domiciliare integrata e residenze sanitarie per anziani, spese per diagnosi 2. indiretti con giornate lavorative perse sia dal paziente sia dai familiari coinvolti ed eventuali costi per assicurazioni. E tali costi oltre ad essere cronici sono e saranno in aumento dato linvecchiamento della popolazione. Terapie attualmente a disposizione TALI SONO: terapie primarie rivolte a risolvere o a migliorare le cause e le concause (farmaci vasoattivi, diabetici, farmaci che agiscono sulla viscosit del sangue, vasodilatori ecc) farmaci e presidi per le medicazioni (pomate, garze, fasciature, presidi medicati ecc) e farmaci per le complicanze (anticoagulanti, antibiotici) terapie chirurgiche volte alla detersione delle lesioni o alla riparazione delle stesse (chirurgia plastica) ossigenoterapia attuata nelle camere iperbariche che da buoni risultati, ma di difficile attuazione per la scarsa reperibilit e per le controindicazioni generali (organiche e psicologiche) che ne limitano lutilizzo. Conseguenze sociosanitarie di trattamenti inadeguati Lesito potenzialmente negativo di un trattamento insufficiente comporta implicazioni gravi per il paziente (infezioni, cancrena, amputazioni e in ogni caso complicanze sanitarie e relazionali) ma anche per i familiari (vita di relazione, effetti psicologici e costi per assistenza e aiuti) e per il sistema sanitario nazionale (maggiori costi per le complicanze. Terapia alternativa possibile attualmente Negli ultimi anni abbiamo sperimentato lossigenoterapia normobarica per via topica, che da terapia tradizionale di comprovata efficacia ma duso empirico, si sta affermando come terapia senza alcuna controindicazione, a costi modesti, duso facile e alla portata di tutti, con vantaggi sia per il paziente (risultati ottimali) sia per il Sistema Sanitario Nazionale (costi minimi in quanto praticabile anche a domicilio da personale non medico). Differenza di costi fra ossigenoterapia con camera iperbarica e ossigenoterapia con camera normobarica. I costi vanno quantificati sia il paziente sia per la famiglia che per il Sistema Sanitario Nazionale. Per il paziente e la famiglia si tratta di spese legate al trasporto del paziente alla Camera Iperbarica che mediamente impegna mezza giornata tra viaggio e tempo della terapia; trattasi di spesa viva di trasporto e di spesa sociale per impegno di una persona per mezza giornata. Per quanto riguarda il SSN dobbiamo considerare che il paziente pu essere trasportato da mezzo pubblico (ospedale o Comune) alla Camera iperbarica e che tale trasporto implica la spesa del mezzo, dellautista e del personale paramedico che per legge lo deve accompagnare. Il costo comunque a carico del SSN quello legato alluso della Struttura che ospita la Camera Iperbarica, le Camere Iperbariche, salvo poche eccezioni, sono di propriet di strutture private convenzionate con il SSN. Normalmente alla Struttura che gestisce la camera Iperbarica viene riconosciuto un costo di 90 a seduta e normalmente sono previsti cicli di 60 sedute; tali sedute vengono eseguite per motivi contingenti alla Struttura 5 giorni su sette (dal luned al venerd). Il costo di 90 Euro comprende luso della Camera Iperbarica comprensivo del personale medico e paramedico che deve essere presente per legge, a questo costo deve essere aggiunto il costo del trasporto dellassistito che pu essere a carico del SSN o della famiglia. Il costo della Camera Normobarica se eseguita a domicilio comporta lazzeramento delle spese di trasporto del paziente. Rimangono quindi solo i costi delluso della Camera Normobarica e dellossigeno. I costi delle medicazioni e dei controlli medici sono in teoria invariati ma in pratica verr dimostrato come il tipo e le modalit di trattamento possano far diminuire anche i costi di medicazione e personale medico e paramedico. I costo delluso della Camera Normobarica da noi attualmente praticato al paziente di 160 mensili + IVA (con uso di 30 giorni su 30 il mese) a quali vanno aggiunti 90 dossigeno: in sintesi 250 il mese per una cifra di 8 il giorno. Il costo pro/terapia per il S.S.N. di 90 a seduta con la Camera Iperbarica e sarebbe di soli 8 con la Camera Normobarica, si evince un risparmio applicazione/paziente di 82 con ulteriori vantaggi quali; il risparmio dei costi sociosanitari del trasporto; la continuit terapeutica senza interruzioni per 30 gg il mese, tra la tranquillit del proprio ambiente di vita e senza traumi; la facilit di diffusione con la possibilit di raggiungere tutti quei pazienti eleggibili (si calcola 200.000 in Italia), che al momento non possono curarsi con lossigeno per la scarsa disponibilit di Camere Iperbariche nel territorio, (questultime utilizzate circa all 80% per curare ulcere croniche) Si fa presente che attualmente sono in terapia in Camera Iperbarica per tali patologie un numero variabile tra i 20.000 e i 30.000 pazienti annui nel nostro paese, questo numero ridotto rispetto ai 200.000 casi eleggibili determinato da limitazioni per controindicazioni mediche e per problemi economico-sociali(disponibilit delle Camere Iperbariche, distanze, costo dei trasferimenti.) Ma il risparmio che si pu ottenere ancora maggiore. Infatti si potuto vedere (vedi Progetto di Legge N 4409) che i costi maggiori sono assorbiti dalle spese da parte del personale medico e paramedico seguiti dalle spese per le medicazioni varie. Nel caso delle terapia con Ossigeno per via topica, i protocolli riducono al minimo luso di personale medico e paramedico e luso di vari presidi medici (come garze medicate, antibiotici, pomate ecc), in quanto stato scientificamente dimostrato che: lossigeno per via topica: asciuga le ferite, stimola la granulazione dei tessuti ed incentiva la vascolarizzazione la terapia gestibile anche da un familiare del paziente stesso. Ulteriori risparmi COSTO DEL PERSONALE Per quanto riguarda il personale paramedico, (la spesa maggiore attualmente) lassistenza si riduce alla collaborazione con il medico durante il solo controllo ambulatoriale o domiciliare che viene consigliato una volta ogni 15 giorni. Lo stesso diconsi per il personale medico o specialistico che controlla ogni 15 giorni landamento della patologia e ne giudica il decorso. COSTO DELLE MEDICAZIONI Per quanto riguarda le medicazioni queste si possono dividere i medicazioni semplici, quelle che riducono lessudato e quelle attive che non solo proteggono la lesione controllando lessudato ma contribuiscono anche al processo di rigenerazione tissutale. I costi sono variabili e spesso si indotti ad usare medicazioni con costi inferiori senza considerare che il miglioramento o la guarigione di una lesione previene ulteriori spese a carico del SSN. La linea guida del Royal College of General Practitioners dellaprile del 2000 in U.K. suggerisce che gli operatori sanitari anche se non vi sono prove sufficienti a raccomandare una medicazione piuttosto che unaltra, devono usare le medicazioni che soddisfino esigenze cliniche, costi e esigenze del paziente e situazione della lesione. Nella stessa Inghilterra il trattamento avviene generalmente a domicilio per ridurre la spesa delle istituzioni sanitarie, Orbene nel protocollo della ossigenoterapia topica si sommano tutti questi consigli che troviamo nelle linee guida per il trattamento di tale lesioni nel Regno Unito, ovvero; Si riduce la spesa Ospedaliera e quella del personale medico e paramedico. Si usa un trattamento con efficacia e compliance del paziente e dei familiari con vantaggi non solo oggettivi (andamento della lesione) ma soggettivi (netta diminuzione dei sintomi e quindi con benessere del paziente, a costi nettamente inferiore ad altri trattamenti. La medicazione viene semplificata in quanto non si usa alcuna medicazione passiva o attiva per ridurre o eliminare la essudazione e la sovrainfezione o stimolare il tessuto di granulazione; si usa infatti solo una medicazione semplice con fisiologica che ha il vantaggio di detergere la lesione per una utilizzazione migliore dellossigeno topico, lasciando allossigeno stesso il compito di ridurre la infezione, la essudazione e stimolare il tessuto di granulazione. In sostanza si ottengono risparmi considerevoli sulla spesa sanitaria del personale medico e paramedico e sul costo delle medicazioni. Entrambi questi parametri e questi risparmi sono difficilmente quantificabili in quanto attualmente non ci sono protocolli standardizzati di diagnosi e di terapia e di assistenza. Ma si pu quantificare facilmente un risparmio dal 30 al 50% sulla spesa di personale medico e paramedico ed un risparmio superiore al 50% per quanto riguarda la spesa per medicinali. A questi risparmi si deve sommare il risparmio quantificabile per paziente che utilizzi la camera normobarica rispetto alla camera iperbarica. M.P.SYSTEM S.R.L. MKT SCIENTIFICO

INDICACIONES DE PROTOCOLOS PARA LA UTILIZACIN DE LA CMARA PARA OXIGENOTERPIA TPICA Y PARA LA PROSECUCIN DE LA TERAPIA TAMBIN EN LA FASE DE HOSPIT 29/12/2013 11:25
INDICACIONES DE PROTOCOLOS PARA LA UTILIZACIN DE LA CMARA PARA OXIGENOTERPIA TPICA Y PARA LA PROSECUCIN DE LA TERAPIA TAMBIN EN LA FASE DE HOSPITALIZACIN DEL PACIENTE Para una correcta aplicacin con resultados positivos de tal terapia se deben considerar; a) indicaciones b) metodologa de tratamiento c) duracin del tratamiento d) evaluacin de los resultados Indicaciones Todas las lesiones tpicas localizada en las extremidades inferiores que tengan soluzioni di continuo de la piel, la sede principal es la pierna. La lesin en el muslo es rara y por el momento no ha sido tomada en consideracin. La terapia se aplica a lesiones con causas o concausas varias an con resultados variables. Para las siguientes patologas: lceras flebostticas (frecuentes y con porcentajes de curacin variable del 60 al 80 % segn las concausas y factores patolgicos asociados) lceras diabticas (pie diabtico) Tales lesiones comprenden sea las lesiones trficas de los tejidos cutneos y subcutneos que las del hueso expuesto y comprometido. Tales lesiones son frecuentes con porcentajes de curacin variable del 70 al 90 %. lceras en arteriopticos. No frecuentes. Resultados inferiores sea subjetivamente que objetivamente. Lesiones traumticas. Discretamente frecuentes con resultados buenos pero muy variable para las condiciones generales y locales asociadas. Lesiones iatrognicas y su base neoplstica. Raras con resultados muy variables segn el caso. Metodologa del tratamiento La experiencia madurada durante los ltimos aos ha visto modificar el enfoque y la metodologia en el tratamiento de las lceras trficas de las extremidades inferiores en cuanto, Tales lesiones son crnicas ( a parte las lesiones postraumticas) Tales lesiones han sido tratadas durante su periodo crnico con metodologas varias y variables segn los operatores sanitarios. Consideramos en base a la experiencia madurada y a los principios generales que hemos expuesto, que el tratamiento teraputico pueda seguir estas directivas: 1) Indicaciones, en lo posible, precisa a la oxigenoterapia. Tal indicacin debe ser hecha por un mdico especialista en ciruga, ciruga vascular, dermatologa, diabetologa o por un mdico que tenga experiencia y competencia en esta patologa y con conocimiento sobre las patologas relacionadas a la etiologa de tales lesiones. 2) La lesin para obtener ventaja de la oxigenoterapia debe estar limpia. La limpieza puede ser hecha con simple limpieza mdica o con limpieza quirrgica, removiendo escaras y tejidos muertos de modo de hacer llegar el oxigeno en contacto con los tejidos con posibilidad de granulacin. 3) La posibilidad de la oxigenoterapia y la modalidad de suministracin, debe ser examinada y evaluada por el personal mdico o paramdico en cuanto, la sensibilidad a la dosis, al tiempo y a la humedad, son individuales. 4) Las nicas sustancias usadas por el material descartable para curacin estn representadas por soluciones fisiolgicas para la limpieza, antes y despus de la aplicacin del oxgeno. No se usan antispticos yodados(betadine) o vendas con vaselina que no dejen pasar el oxgeno. 5) Si la lesin produce dolor, ms all de aumentar la humedad, se puede mojar la misma con marcana o lidocana u otro anestsico local. El procedimiento correcto en secuencia es el siguiente Sacar el vendaje de la lesin. Limpiar con gasa mojada con solucin fisiolgica (no cubrir la lesin con ningn vendaje) Introduccin de la extremidad en la cmara oxigenada. Cierre de la misma posiblemente sobre la rodilla. Suministro del oxgeno en proximidad de la lesin de acuerdo a la sensibilidad del paciente con un flujo entre el 3 y el 4 LT al minuto por 10 minutos y por lo tanto a 2 LT al minuto. La duracin total, salvo casos particulares, es de una hora. Al final continuar la higiene con gasa mojada con fisiolgica y por ende, cubrirla con gaza con la misma solucin o con anestsico local si la lesin es dolorosa. Duracin del tratamiento La duracin del tratamiento por da es indicado por el mdico que establece la indicacin y que sigue al paciente y la evolucin de la herida; en cada caso, aconsejamos las siguientes directivas: El tratamiento debe ser seguido diariamente. Es preferible seguir dos aplicaciones al da, de una hora cada una. La mejora se observa, generalmente, despus de 10-15 das y se hace evidente a la tercera semana de aplicacin. Cada caso, presenta variables individuales dadas por el sujeto que presente factores etiolgicos y patologas concomitantes variables. No hay contraindicaiones para el tratamiento an de 4 horas al da de acuerdo a la experiencia de diversos casos a los cuales haba sido prescripta la terapia con dicha duracin. Evaluacin de los resultados Es til y debera ser una costumbre que la lesin sea fotografiada al momento de la primera visita y antes de la higiene (detersiones) quirrgica o mdica. La lesin ser luego fotografiada a intervalos irregulares decididos por el equipo mdico. Con un oportuno software se pueden medir los dimetros de la lesin, su profundidad, su superficie y su circunferencia. Con el mismo software, se pueden hacer y registrar grficos que demuestren el comportamiento de la lesin y la eficacia o no de la terapia. En una ficha, es aconsejable anotar las variaciones objetivas pero tambin las impresiones subjetivas referidas al paciente. Se toman en consideracin: - los datos del paciente - las causas - los factores concausales - las patologas asociadas - los frmacos en uso - el nacimiento y la duracin de la lesin - los sntomas declarados por el paciente - la secrecin - las caractersticas de la lesin y del tejido de granulacin Posibilidad de seguir la cura en el domicilio del paciente Las peculiaridades del oxgeno por va tpica, se pueden individualizar, en ausencia de contraindicaciones, en el bajo costo, en la simplicidad aplicativa, pero sobre todo en la necesidad de una cierta duracin y continuidad, (tal terapia produce mejores resultados despus de unas tres semanas de aplicacin regular). La duracin del ciclo teraputico del oxgeno por va tpica, difcilmente se conjuga con el perodo de hospitalizacin (en otros pases europeos P.D.L. 4409/2003, las lceras crnicas se curan en la casa del paciente). Por esto, la experiencia directa nos ha indicado un seguimiento teraputico en armona con una hospitalizacin de breve duracin (5-7 das) En el transcurso del 2003, hemos obtenido la certificacin por nuestro modelo domiciliario; este modelo utilizado en el domicilio del paciente por terapias de medio- larga duracin, permite achicar los costos sociales y garantizar la continuidad aplicativa requerida. Tal certificacin ha sido actualizada de ao en ao. M.P.SYSTEM S.R.L. MKT SCIENTIFICO

Informe sobre la eficacia cientfica y sobre las ventajas econmicas de la oxigenoterapia tpica normobrica para la terapia de las lceras trficas d 29/12/2013 11:16
Informe sobre la eficacia cientfica y sobre las ventajas econmicas de la oxigenoterapia tpica normobrica para la terapia de las lceras trficas de las extremidades inferiores La patologa: de qu se habla Los problemas vasculares ligados al dficit arterial? y a la insuficiencia venosa a cargo? de las extremidades inferiores representan la causa principal de las lesiones trficas??? de las extremidades inferiores. Las causas de tales lesiones son en orden de frecuencia: insuficiencia venosa, dficit arterial?, diabetes, traumas, decbitos, iatrognicas y neoplsticas Epidemiologa: frecuencia estadstica y nmeros Tal patologa representa un gran problema mdico aunque tambin socio sanitario. Se estima que en Italia, tal patologa afecte al 1,5% de la poblacin y el 5% de la poblacin que supera los 65 anios, con un clculo aproximado de alrededor de dos millones de individuos involucrados en el problema (P.D.L. N 4409/2003). La difusin de tal enfermedad est estrechamente relacionada tanto al envejecimiento de la poblacin, como a las condiciones de vida y al nivel de cultura de base, de los individuos que son potencialmente sujetos a la misma. El enfermo con tales lesiones, que por definicin son crnicas, generalmente est incapacitado, deprimido, en cuanto tal patologa torna problemtica su existencia., ya que le provoca una disminucin de su calidad de vida, y compromete con un cierto peso el ambiente familiar por la contnua necesidad de asistencia, acompaniada de una evolucin lenta y no bien definida. El problema para la sociedad: los costos Las lceras de las extremidades inferiores estn entre las patologas que inciden mayormente en los costos de la sanidad en cuanto; . son difciles de curar porque frecuentemente no se puede eliminar la causa de las mismas . la mejoria depende de las respuestas individuales, de la edad y de las patologas asociadas, ms all de las causas y concausas. Los costos pueden ser; 1. directos (cuidados y materiales utilizados, repartos y servicios pblicos o convencionados, medicina de base, asistencia domiciliaria integrada y residencias sanitarias para ancianos, gastos para diagnosticar; 2. indirectos con jornadas de trabajo perdidas sea por el paciente, los familiares involucrados y eventuales gastos de seguros. Y tales costos ms alla de ser permanentes, irn en aumento dado el envejecimiento de la poblacin. Terapias actualmente a disposicin Tales como: terapias primarias dirigidas a resolver o mejorar las causas y las concausas (frmacos vasoactivos, diabticos, frmacos que actan sobre la viscosidad de la sangre, vasodilatadores, etc.) frmacos y material mdico (gazas, vendajes, etc) y frmacos para las complicaciones (anticuagulantes, antibiticos) terapias quirrgicas dirigidas a la limpieza de la lesin o a la reparacin de las mismas (ciruga plstica) oxigenoterapia realizada en las cmaras hiperbricas que da buenos resultados, pero es de difcil aplicacin debido a la escasa disponibilidad y por las contraindicaciones generales (orgnicas y psicolgicas) que limitan su utilizacin. Consecuencias socio sanitarias de tratamientos inadecuados El resultado potencialmente negativo de un tratamiento insuficiente implica consecuencias graves para el paciente (infeccin, gangrena, amputaciones y en cada caso complicaciones sanitarias y de relacin) tambin para los familiares (vida de relacin, efectos psicolgicos y costos de asistencia y ayudas) y para el sistema sanitario (mayores costos por las complicaciones). Terapia alternativa posible actualmente En los ltimos dos aos hemos experimentado la oxigenoterapia normobrica por va tpica que de terapia tradicional de comprobada eficacia pero de uso emprico, se est confirmando como terapia sin alguna contraindicacin, de costos modestos, de fcil uso y al alcance de todos, con ventajas sea para el paciente (ptimos resultados) sea para el Sistema Sanitario Nacional (costos mnimos en cuanto se pueden realizar a domicilio por personal no mdico). Diferencia de costos entre oxigenoterapia con cmara hiperbrica y oxigenoterapia con cmara normobrica Los costos se cuantifican tanto para el paciente como para la familia y el Sistema Sanitario Nacional. Para el paciente y la familia se trata de gastos relacionados al transporte del paciente a la Cmara Hiperbrica que insume un medio da entre viaje y tiempo de la terapia; se trata de un gasto de transporte y de un gasto social por empear a una persona un medio da. En lo que respecta al SSN debemos considerar que el paciente puede ser transportado por un medio pblico (hospital o Ayuntamiento) a la Cmara Hiperbrica y que dicho transporte implica el gasto del medio utilizado, del conductor y del personal paramdico que por ley lo debe acompaar. Normalmente a la Estructura que EMPLEA la cmara hiperbrica se le reconoce un costo de 90 por sesin y normalmente se preveen ciclos de 60 sesiones; estas sesiones se efectan por motivos contingentes a la Estructura, 5 das, de los siete de la semana (de lunes a viernes). El costo de 90 euros comprende el uso de la Cmara Hiperbrica includo el personal mdico y paramdico que debe estar presente por ley; a este costo se debe agregar el costo del transporte del asistido que puede ser a cargo del SSN o de la familia. El costo de la Cmara Normobrica, si se realiza en el domicilio del asistido, elimina los gastos de transporte del paciente. Quedan por lo tanto, slo los gastos del uso de la Cmara Normobrica y del oxgeno. Los costos del material descartable para curacin y de los controles mdicos, son en teora invariables pero en la prctica quedar demostrado cmo el tipo y las modalidades de tratamiento pueden disminuir tambin los costos de material descartable y personal mdico y paramdico. El costo por el uso de la Cmara Normobrica que actualmente nosotros aplicamos al paciente es de 240 mensuales + IVA (usndolo los 30 das del mes) a los que se agregan 90 de oxgeno: en resumen 330 al mes, es decir 11 por da. El costo pro/terapia para el S.S.N. es de 90 por sesin con la Cmara Hiperbrica y sera slo de 11 con la Cmara Normobrica, se deduce un aborro aplicacin/paciente de 79 con ulteriores ventajas como: Aborro de los costos sanitarios de transporte; Continuidad teraputica sin interrupciones por 30 das en el mes, en la tranquilidad del propio ambiente de vida y sin traumas; Facilidad de difusin, con la posibilidad de llegar a todos los pacientes posibles (se calculan 200.000 en Italia), que por el momento no se pueden curar con el oxgeno por la escasa disponibilidad de Cmaras Hiperbricas en el territorio, ( estas ltimas utilizadas en un 80% para curar lceras crnicas) Se hace presente que actualmente realizan terapia con la Cmara Hiperbrica por tales patologas un nmero variable entre 20.000 y 30.000 pacientes anuales en nuestro pas. Este nmero reducido respecto a los 200.000 casos posibles est determinado por limitaciones dadas por contraindicacioes mdicas y por problemas econmico-sociales (disponibilidad de las Cmaras Hiperbricas, distancias, costo de las trasnferencias). Pero el aborro que se puede obtener es todava mayor. En efecto, se puede ver (ver Proyecto de Ley N 4409) que los costos mayores son absorbidos por los gastos de parte del personal mdico y paramdico, seguidos de los gastos de material descartable vario. En el caso de terapias con Oxgeno por via tpica, los protocolos reducen al mnimo el uso de personal mdico y paramdico y el uso de varios materiales mdicos (como gazas, antibiticos, pomadas, etc.) en cuanto se ha demostrado cientficamente que: El oxgeno por va tpica: Seca las heridas, estimula la granulacin de los tejidos e incentiva la vascularizacin La terapia puede ser seguida tambin por un familiar del paciente mismo. Ulteriores ahorros Costo del personal En lo que respecta al personal paramdico, (el gasto mayor actualmente), la asistencia se reduce a la colaboracin con el mdico slo durante el control ambulatorio o domiciliario que se aconseja una vez cada 15 das. Lo mismo tambin, para el personal mdico o especializado que controla cada 15 das el desarrollo de la patologa y juzga su evolucin. Costo de los elementos usados para las curaciones En lo que hace a estos elementos se pueden dividir en simples, los que reducen la secrecin y los activos que no slo protegen la lesin controlando la secrecin sino que tambin contribuyen al proceso de regeneracin de los tejidos. Los costos son variables y habitualmente se es inducido al uso de los mismos, con costos inferiores sin considerar que la mejora o la cura de una lesin previene ulteriores gastos a cargo del SSN. La lnea gua del Royal College of General Practitioners de abril de 2000 en Gran Bretaa sugiere que los operadores sanitarios, aunque si no hay pruebas suficientes para recomendar algunos de estos materiales en lugar de otros, deben usar los que satisfagan las exigencias mdicas, costos y exigencias del paciente y estado de la lesin. En Inglaterra misma, el tratamiento se lleva a cabo generalmente en el domicilio del paciente para reducir el gasto de las instituciones sanitarias. Entonces en el protocollo de la oxigenoterapia tpica se suman todos estos consejos que encontramos en las lneas gua para el tratamiento de tales lesiones en el Reino Unido, o sea; Se reduce el gasto hospitalario y el del personal mdico y paramdico. Se usa un tratamiento con eficacia y consentimento del paciente y de los familiares, con ventajas no slo objetivas (evolucin de las lesiones) sino subjetivas (neta disminucin de los sntomas y por lo tanto, con bienestar del paciente, a costos netamente inferiores a otros tratamientos. Los materiales usados para las curaciones se simplifican ya que no se usan ni elmentos pasivos ni activos para reducir o eliminar la secrecin y evitar que se vuelva a infectar la lesin, o estimular el tejido de granulacin; se usa en efecto, slo uno de estos elementos simples con fisiolgica que tiene la ventaja de limpiar la lesin para una mejor utilizacin del oxgeno tpico, dejando al oxgeno mismo la tarea de reducir la infeccin, la secrecin y estimular el tejido de granulacin. Sustancialmente se logra un ahorro considerable en el gasto sanitario del personal mdico y para mdico y en el costo de los materiales usados para las curaciones. Ambos parmetros y el ahorro son difcilmente cuantificables en cuanto actualmente no hay protocolos estandarizados de diagnstico, de terapia y de asistencia. Pero se puede cuantificar fcilmente un ahorro del 30 al 50% sobre el gasto de personal mdico y para mdico y un ahorro superior al 50% en lo que respecta al gasto de los medicamentos. A estos ahorros se deben sumar el ahorro cuantificable por cada paciente que utilice la cmara normobrica respecto a la cmara hiperbrica. M.P.SYSTEM S.R.L. MKT SCIENTIFICO

OSSIGENOTERPIA NORMOBARICA PER USO TOPICO: UNA SERIE CLINICA DI CASI 29/12/2013 11:11
OSSIGENOTERPIA NORMOBARICA PER USO TOPICO: UNA SERIE CLINICA DI CASI Dipartimento di chirurgia, Madeyski Paolo, Babbo Andrea, Bartelloni Antonio Corezzola Antonio, Servizio di Terapia Antalgica Amato Giuseppe, Casa di Cura Rizzola, San Don di Piave (VE) ESTRATTO I problemi vascolari legati a deficit arterioso e allinsufficienza venosa a carico degli arti inferiori rappresentano la causa principale delle lesioni trofiche degli arti inferiori. Tale patologia rappresenta un grosso problema medico ma anche sociosanitario. Si stima che in Italia tale patologia colpisca l1% della popolazione e il 5% della popolazione over 65 anni.. La spesa sanitaria stimata superiore al miliardo deuro lanno. Lossigenoterapia un elemento importante per la guarigione delle ferite. Lossigenoterapia iperbarica nel trattamento delle ferite croniche ha evidenziato che liperossigenazione della ferita aumenta la sua granulazione, la formazione del tessuto, ed accelera la diminuzione dei diametri della ferita e la chiusura secondaria. Tuttavia la base fisiologica di questa modalit rimane in gran parte sconosciuta. Va rilevato ad ogni modo che lossigenoterapia iperbarica presenta dei rischi derivanti dalla tossicit dellossigeno, delle controindicazioni generali e dei costi non trascurabili.. Lossigenoterapia per uso topico pur rappresentando un metodo poco studiato per la cura delle ferite rileva indiscutibili vantaggi, quali: Un basso costo, Mancanza di tossicit sistemica Facilit di ricevere il trattamento domiciliare e tutto ci rende possibile ottenere benefici dellossigenoterapia per molti pazienti. Per pi di un anno unequipe composta da 4 chirurghi e da un anestesista specialista in terapia antalgica hanno trattato 72 pazienti che presentavano ulcere di varia origine agli arti inferiori con ossigenoterapia per uso topico, con un periodo di cura variabile da 1 a 8 mesi; i dati qui presentati sono unanalisi retrospettiva dei risultati acquisiti usando ossigeno topico su ferite complesse. risultati: 51 ferite sono guarite durante la cura, in 2 pazienti le ferite si sono ripresentate dopo la guarigione e in 2 pazienti sono comparse lesioni sullarto controlaterale a distanza di tempo, in 13 ferite lossigeno per uso topico non ha avuto effetto e due di questi pazienti hanno richiesto lamputazione dellarto: infine 8 pazienti hanno mostrato miglioramenti soggettivi e oggettivi pur non arrivando alla guarigione Non ci sono stati effetti collaterali attribuibili allossigeno topico, in quanto il decesso di 2 pazienti durante e dopo la terapia stato determinato da cause assolutamente non collegate. Due pazienti inoltre hanno abbandonato le cure durante la terapia. conclusioni: In tutta questa serie di casi lossigeno per uso topico, non ha avuto effetti negativi ed ha evidenziato positive indicazioni nella guarigione delle ferite. INTRODUZIONE INTRODUZIONE Le ulcere trofiche degli arti inferiori rappresentano una delle patologie che pi frequentemente si riscontrano nei pazienti anziani. Vari studi evidenziano una frequenza variabile tra lo 0.4% e il 4-5% tra gli ultrasessantenni; la cronicit della malattia comporta, secondo gli autori inglesi, costi elevati valutabili tra le 200 e le 4000 sterline (pari a 300-6000 euro) per il trattamento di un solo malato per 4 mesi. A tali cifre vanno ovviamente aggiunti i costi familiari e sociali. I tempi necessari per ottenere la guarigione di tali lesioni sono molto lunghi e variabili secondo la malattia di base: la durata media di un ulcera varia di circa 26 settimane con un range variabile tra le 4 settimane e i 30 anni e in molti casi non possibile ottenere la completa chiusura della lesione. Nel 46% dei pazienti il decorso supera le 26 settimane e nel 15% i due anni. Le sedi pi colpite sono in ordine di frequenza le facce mediale, laterale, anteriore della caviglia, i piedi e la superficie posteriore della caviglia . La storia evolutiva di tali lesioni caratterizzata da decorso cronico ed ingravescente,da facili recidive,da una prognosi quo ad valetudinem severa con pesanti ripercussioni sulla vita lavorativa di tutti i giorni e sulla vita di relazione con pesanti costi sociali. Per ulcera sintende una perdita di sostanza legata a modificazioni emodinamiche, emoreologiche e coagulative:nella sua genesi fondamentale limpegno del microcircolo che pu essere primitivo o secondario e che determina una compromissione del trofismo tissutale. Le ulcere rappresentano spesso un epifenomeno di numerose patologie che hanno alla base un apporto ematico insufficiente con conseguente ipossia ed infezione(Bimonte). Comunque indipendentemente dalla patologia di base, la ossimetria-transcutanea ha evidenziato che a livello delle lesioni vasculopatiche la pO2 arriva a valori di 5-10 mm di Hg che sono incompatibili con la vita delle cellule.Inoltre i leucociti proliferano e svolgono la loro attivit fagocitica a pO2 di 30-40 mm di Hg ed evidente che una situazione di ipossia facilita la scarsa attivit dei leucociti con pericolo di infezioni. Anche la sintesi del collageno a partenza dai fibroblasti non pu prescindere dallossigeno: solo in presenza di ossigeno infatti si pu formare un collagene ottimale partendo da una tripletta di amoniacidi idrossilati. In condizioni di ipossia avremo dunque un collagene immaturo e poco stabile con inevitabili problemi di cicatrizzazione (Bi-monte,Oriani,Petrolati,Marrone). Quindi indipendentemente dalle cause che hanno provocato la formazione dell'ulcera,traumi,turbe del circolo sia arterioso che venoso,per ottenere la riepitelizzazione sono necessari: a)un ottimale apporto di Ossigeno, b)una completa detersione della piaga, c)una stimolazione cellulare, d)una buona perfusione ematica. Allo scopo di raggiungere queste quattro condizioni vengono proposte ed utilizzate numerose terapie ma tutti noi sappiamo quanto i risultati siano molto spesso deludenti per il medico ed il paziente: i tempi necessari per ottenere la chiusura della lesione sono sempre molto lunghi e in molti casi non possibile ottenere la completa guarigione della lesione. Una terapia che si molto affermata in questi ultimi anni la cosiddetta ossigenoterapia in camera iperbarica che basata sulla respirazione di ossigeno ad alta pressione in apposite camere dette iperbariche. Essa agisce con due meccanismi (Oriani, Marrone): a) aumento della quota di O2 disciolto che si sostituisce funzionalmente all'ossigeno legato alla Hb quando questo sia in difetto per mancanza della stessa (anemia) o per incapacit funzionale (intossicazione da CO), b) ripristino della diffusione dell'O2 dai capillari alle cellule laddove questa impedita o per diminuzione della perfusione ematica o per ispessimento dei mezzi di transito. Il fine ultimo dunque quello di portare ossigeno in quantit adeguate alle necessit metaboliche dei tessuti. Tale terapia si certamente rivelata efficace in molte sindromi ma purtroppo la sua pratica presenta numerosi svantaggi e precisamente: l'esistenza di pochi centri, problemi di trasporto per i pazienti, incapacit di molti pazienti a sopportare la terapia per motivi psicologici o per altre patologie, costi elevati. Rifacendosi alla bibliografia esistente (Van, Padberg, Williams, Fisher, Kaufman, Ignacio, Hammarlund,)e nel tentativo di ovviare a tali problematiche, abbiamo studiato e messo a punto una piccola camera, la camera distrettuale normobarica di Madeyski Tale apparecchiatura, cos chiamata per la "somiglianza" con la camera total body, nata allo scopo di poter sottoporre allossigenoterapia solo l'arto interessato mantenendo lo stesso in unatmosfera dossigeno in elevata concentrazione monitorizzando inoltre la pressione, l'umidit della miscela gassosa e se necessario la concentrazione dell'ossigeno all'interno della camera stessa. La camera costituita da un contenitore in Petg trasparente termoformato a forma di parallelepipedo, della dimensioni di cm 70 per 30 per 35, diviso in due parti, la superiore e linferiore, scorrevoli lungo un braccio che possono essere chiuse tramite un apposito fermo; l'arto viene introdotto da un lato attraverso un'apertura circolare all'interno della quale possiamo applicare delle guarnizioni circolari intercambiabili, con foro di diametro variabile, di materiale validato per uso medicale allo scopo di dare un tenuta ermetica a tutto il dispositivo. Sulla superficie superiore della camera troviamo un igrometro per misurare l'umidit all'interno della camera.. Da notare infine che nella camera esiste una valvola ad acqua che ha lo scopo di far uscire il gas quando la pressione all'interno della camera supera quella prefissata dall'ope-ratore: questo perch pressioni elevate comprometterebbero il circolo gi di per se deficitario. L'ossigeno umidificato, introdotto tramite un ugello posto all'estremit opposta dell'apertura suddetta, viene insufflato sulla lesione tramite un condotto flessibile e orientabile dotato di una punta con diffusore del gas e posto a 5 cm di distanza dalla lesione stessa. A livello della lesione si ottiene cos una concentrazione di O2 del 95% mentre lossigeno disciolto nel sangue non si modifica a meno che non si faccia respirare il malato con una mascherina dossigeno. Numerosi sono i vantaggi di tale dispositivo e precisamene: a) il basso costo con conseguente elevato numero di macchine, b) le dimensioni e il peso ridotti e conseguente facilit di trasporto della camera anche al domicilio dei pazienti, c) nessuna controindicazione locale e sistemica, d) ottima compliance dai parte dei pazienti. In effetti l'uso di tale camera sia presso la nostra casa di cura, sia presso altri centri ospedalieri nellanno 2003 e nella versione domiciliare con la quale abbiamo eseguito e seguito le terapia sui casi che sono oggetto del presente lavoro si rivelato molto soddisfacente. Con questo studio ci proponiamo: a) di determinare in quali condizioni pu essere impiegato lossigeno per uso topico, b) di suggerire delle indicazioni precise pur nel rispetto della decisionalit di ogni medico, c) di standardizzare la metodica di tale terapia, d) di valutarne lefficacia anche confrontandola con altre terapie, e) di spiegarne, se possibile, il meccanismo di azione. 2. PATOLOGIE TRATTATE 2.1 materiali e metodi 2.1.1 selezione dei pazienti Tutti i pazienti sono stati seguiti da equipe multidisciplinare composta: da tre chirurghi generali con indirizzi vascolari, da un chirurgo plastico da un anestesista specialista in terapia antalgica che fanno parte del Comparto di Chirurgia Generale della Casa di Cura Rizzola accreditata dal SSN a San Don di Piave ( ULS N 10 Veneto Orientale I pazienti selezionati dopo una valutazione per la loro eleggibilit a tale terapia, hanno eseguito lossigenoterapia per via topica per un periodo variabile da mesi 1 a mesi 9 dal gennaio 2003, quando questa metodica stata standardizzata nel nostro Istituto con proseguimento di terapia a domicilio. Non ci sono stati criteri specifici predeterminati desclusione od inclusione, n alcuna controindicazione per lutilizzo dellossigeno per via topica salvo il fatto di principio che si trattassero di lesioni trofiche. Tutti i soggetti selezionati erano a conoscenza del tipo di terapia, della possibilit o meno della sua efficacia, dei costi che tale terapia comporta e si erano impegnati a farsi seguire regolarmente con le cadenze da noi designate. La selezione non ha incluso piccole ferite acute che potevano guarire normalmente senza terapia specifica o con presidi tradizionali. I soggetti in esame presentavano ferite che generalmente non erano guarite con i metodi tradizionali, o vi era un alto rischio di problemi generali legati a possibilit chirurgiche o a patologie che controindicavano liperbarismo. Per questi pazienti, lossigeno topico stato considerato come alternativa ai metodi di cura tradizionali. 2.1.2 LOSSIGENOTERAPIA Lossigeno per via topica stato somministrato direttamente sulle ferite con il dispositivo da noi brevettato e del quale si allega la descrizione e le foto. Tale dispositivo chiamato Camera iperbarica distrettuale di Madeyski solo per analogia alla Camera Iperbarica Tradizionale lavora in normobarismo. stato somministrato ossigeno al 100% ad 1 atmosfera di pressione per un tempo di 60 minuti due volte al giorno sette giorni sui sette sia in ambiente ospedaliero che domicialiare Tale terapia stata ripetuta fino a che la ferita non ha dimostrato segni di guarigione, o con la cicatrizzazione chirurgica, o fino a che risultava evidente che il trattamento non stava avendo successo (evidenziato da una aumento della ferita, o da nessun progresso dopo settimane di trattamento). Questo trattamento con ossigeno, non stato affiancato dai metodi tradizionali. Le medicazioni erano eseguite solo da detersione del materiale essudato con garza imbevuta da soluzione fisiologica prima di ogni seduta di ossigeno . A Carico del paziente vi era il costo del noleggio del dispositivo 2.1.3 DOCUMENTAZIONE DELLO STATO DELLE FERITE Fotografie sono state fatte prima, durante ed alla fine della terapia con una camera digitale, e un programma appositamente studiato ha permesso di comparare le modifiche riguardanti la superficie, i diametri e la circonferenza, oltre a valutare il tipo di superficie e la granulazione della superficie. Le ferite sono state considerate guarite quando completamente coperte con epitelio. 2.1.4 ANALISI DEI PARAMETRI I dati dei pazienti sono stati archiviati per singola patologia, data della presenza della ferita prima di iniziare lossigenoterapia, cause della ferita, localizzazione e dimensione, durata del trattamento, e risultato finale. 2.1.2 STATISTICHE Lanalisi di questi casi viene riassunta da grafici che mostrano le varie percentuali di guarigione e di miglioramenti dei vari parametri considerati. RISULTATI Per un anno (il periodo preso in esame per questo studio) lequipe composta dai chirurghi generali, dal chirurgo plastico e dallanestesista hanno trattato a secondo le loro competenze ma sempre collegialmente 72 pazienti con ossigenoterapia per via topica, con cure di durata da 1 a 9 mesi. Non ci sono state complicazioni associate allossigenoterapia topica, Tale terapia stata usata per trattare ferite post-chirurgiche, ulcere da decubiti, ulcere flebostatiche, ulcere neuropatiche del piede, ulcere del piede diabetico, ed ulcere indotte da traumi acuti e ulcere iatrogene e farmacologiche. Le lesioni erano localizzate nelle estremit inferiori. Nella maggior parte dei pazienti era presente almeno un evento morboso, quali: (tab. n.1) Tabella 1 Condizioni di patologie associate correlate o meno alla patologia delle ferite dei pazienti CONDIZIONI N. DI PAZIENTI DIABETE 10 MALNUTRIZIONE 2 INFEZIONI ATTIVE 4 MALATTIE VASCOLARI PERIFEREICHE 53 OBESITA 8 IMMUNODEFICIENZE 2 LINFEDEMA 5 3.1 RISULTATI SUI PAZIENTI Delle 72 ferite, 51 (il 70%) sono guarite durante il trattamento con ossigenoterapia per via topica. Delle rimanenti 21 ferite, 8 sono guarite dopo un intervento chirurgico di trapianto associato a successiva ossigenoterpia, 13 non sono guarite; di queste 3 pazienti sono morti durante il trattamento e 3 pazienti hanno abbandonato la cura. Se includiamo le guarigioni postoperatorie la percentuale di ferite completamente guarite con trattamento dossigenoterapia per via topica sale al 81%. La percentuale di guarigioni sincrementa al 86% se non vengono compresi nel numero totale i pazienti che hanno abbandonato la cura, in quanto lo stato finale delle loro ferite non stata determinata e quelle deceduti per cause non correlate alla malattia di base. I pazienti che hanno interrotto la terapia non sono inclusi in alcunanalisi elencata nelle successive tabelle. 3.2 PAZIENTI CON FERITE SOTTOPOSTE A TRAPIANTO Otto pazienti sono stati sottoposti a trapianto di cute dopo trattamento con ossigenoterapia. Su tutti e otto i pazienti vi stato un ottimo attecchimento dellinnesto cutaneo. Solamente su due pazienti, a distanza di due mesi, si manifestata uniniziale recidiva dellulcera che per stata efficacemente contrastata dallutilizzo dellossigenoterapia. Lalta percentuale di successo dellintervento dinnesto cutaneo, su pazienti con ulcere distrofiche, deve essere imputata alleccellente qualit del tessuto di granulazione sul quale stato posizionato linnesto e allattenuazione dei fattori causali dellulcera (infezione, stasi, etc.). 3.3 Terapia del dolore nelle vasculopatie Certamente il sintomo dolore presente nelle malattie vascolari in genere e nelle lesioni trofiche in particolare rappresentando anzi il sintomo che pi spesso porta il paziente dal medico. La terapia di questo sintomo rientra in un approccio globale al problema della patologia ulcerosa che deve mirare innanzitutto ad eliminare tutti i fattori di rischio (fumo, ipercolesterolemia, miglioramento del microcircolo e del ritorno venoso, ecc) al fine di creare a livello della lesione un ambiente ideale per la cicatrizzazione (asepsi, buona per- fusione ed ossigenazione, ecc). Il ruolo dellantalgologo in generale sar quello di impostare una terapia del dolore razionale non solo ricorrendo ai vari farmaci, ad azione periferica e/o centrale,ma anche consigliandone un uso corretto sia in termini di dosaggio che di modalit di somministrazione. Pi specificamente il terapista del dolore potr intervenire anche con metodiche pi invasive quali blocchi anestetici singoli o continui allo scopo di agire sul microcircolo in maniera selettiva e sullo spasmo che sempre presente in quei tessuti coinvolti nelle varie sindromi dolorose. Nella nostra esperienza nel corso dellanno 2003 siamo intervenuti 12 volte con blocchi anestetici , mentre in altri 18 casi si ricorso a dosaggi valutati caso per caso di farmaci ad azione antalgica. PAZIENTI CON FERITE NON GUARITE Due pazienti con ferita non guarita, hanno richiesto lamputazione dellarto. Questi pazienti sono stati catalogati nel nostro protocollo tra quelli che non hanno beneficiato della guarigione con lossigenoterapia; lamputazione ha permesso la guarigione e la remissione della sintomatologia in entrambi i pazienti. La morte di 3 pazienti durante la terapia, non ha relazione con lossigenoterapia, e nel nostro protocollo sono catalogati come non guariti. Tutti 3 i pazienti erano diabetici e cardiopatici e avevano gravi problemi respiratori. Sono deceduti per complicanze cardiache 3.2 DURATA DEL TRATTAMENTO E RISPOSTA DELLE FERITE La durata del trattamento variata da mesi 1 a mesi 9. Questo significa che il tempo di terapia stato da 60 ore 540 ore. La durata del trattamento stata mediamente da 1 a 4 mesi con due soli casi di 5 mesi, uno di 7 mesi e uno di 9 mesi.. La durata del trattamento per le ferite che sono guarite 30 a 120 giorni Inizialmente le dimensioni delle ferite variavano da 0.29 a 92.2 cm con una media di 13,5 21,4 cm. Per le ferite che sono guarite la dimensione iniziale era da 8.111,1 cm, e per le ferite che non sono guarite la media iniziale era 25.3 32 cm. Tra le ferite che non sono guarite il decremento medio nelle dimensioni stato 6.5 15.9 cm e la percentuale media di decremento nelle dimensioni stata da 71 63.3%. Quattro ferite sono aumentate di dimensioni durante il trattamento. Il paziente che in terapia da 9 mesi stato incluso ma razionalmente per le dimensioni e le cause che concorrono alla sua genesi e al suo perdurare non offre possibilit di guarigione anche se sono apprezzabili miglioramenti soggettivi e obiettivi. 3.3 TEMPO DI PRESENZA DELLA FERITA Al momento dellinizio della terapia con ossigeno per via topica, la genesi della ferita datava approssimativamente da giorno 15 (postraumatica) a 3 anni con un tempo medio di 10 mesi ( escluso un caso che era presente da 12 anni) I pazienti con ferite acute hanno avuto il 100% di guarigioni, comparate con l93% di guarigione presenti nei trattamenti con durata inferiore ai 4 mesi e con il 80% di guarigioni nei trattamenti con durata superiore ai 4 mesi. Con le ferite croniche la terapia chirurgica stata usata in combinazione con lossigenoterapia topica nel 80% dei pazienti prima della ossigenoterapia e nel 12% dopo e in combinazione con la ossigenoterapia e sono guariti. 3.4 LOCALIZZAZIONE DELLA FERITA La sede considerata delle ferite che sono state elegibili del nostro trattamento e poste in osservazione stata circoscritta agli arti inferiori e pi precisamente alla gamba. Tale localizzazione stata presa in considerazione in relazione al dispositivo che abbiamo brevettato e che stato pensato per tale sede in considerazione della frequenza di sede delle lesioni trofiche ( vascolari e diabetiche) Per le ferite croniche abbiamo notato una risposta migliore alla ossigenoterapia nelle lesioni localizzate nella faccia mediale della gamba ( in genere ulcere flebostatiche) e in quelle del piede ( piede diabetico). Risultati meno confortanti sono stati quelli con localizzazione nella faccia laterale della gamba forse in relazione alla loro genesi arteriosa. Tra le ferite croniche, una buona risposta allossigenoterapia si avuta nei pazienti con ulcere flebostatiche e ulcere diabetiche con una percentuale di guarigione rispettivamente del 85% e90% . Daltra parte dobbiamo notare che le ulcere in soggetti arteriopatici la guarigione stata pi lenta e in modo particolare il beneficio soggettivo stato meno evidente specie per quanto riguarda il sintomo dolore. La figura 6 importante in quanto dimostra come la presenza di pi eventi morbosi abbia un rilievo significativo sulla risposta e questo chiaro confrontando le ulcere acute che hanno una risposta in percentuale maggiore : generalmente le ferite meno sensibili a guarire con lossigeno per via topica sono state le ferite post-chirurgiche e post traumatiche alle estremit inferiori, seguite dalle ulcere flebostatiche e da quelle diabetiche. FIG. 3 AREA DELLA FERITA Le ferite trattate con ossigeno per via topica sono diminuite nelle dimensioni; in questanalisi 51 delle 72 ferite sono diventate pi piccole con il solo trattamento dossigenoterapia. I 7 pazienti non inclusi in questanalisi sono i tre che hanno abbandonato la terapia,i tre deceduti e ed il paziente che aveva una ferita molto ampia. La media delle dimensioni delle ferite non guarite stata sostanzialmente pi grande di quelle che sono guarite Si deduce che la dimensione unimportante variabile nel determinare se e quando usare questa terapia, alternativa ai metodi tradizionali. Le ferite guarite di dimensione media di 10 cm2 si sono cicatrizzate in media in 70gg., quelle non guarite di dimensione media di 30 cm2, si sono ridotte del 30% con una durata media della terapia di 120 gg. CONCLUSIONI Questa stata unanalisi sullefficacia terapeutica dellossigeno per via topica per le ferite croniche o con scarse possibilit di una completa guarigione localizzate agli arti inferiori. Abbiamo considerato varie di lesioni trofiche con diverse eziologie per valutare quali lesioni rispondessero pi efficacemente al trattamento, e premesso che, pur avendo rilevato come risposta negativa, solo un aspetto soggettivo dato da fastidio al trattamento, rileviamo che non vi stato alcun effetto collaterale con lossigenoterapia.Anzi in genere la compliance dei pazienti stata ottima, mentre i risultati oggettivi sono discussi nella relazione. Questanalisi pur se relativamente limitata dimostra che la maggior parte delle ferite croniche e tutte le ferite acute localizzate agli arti inferiori diminuiscono di dimensione durante la terapia, e dimostra che lossigeno per via topica utile supporto per la guarigione. E presumibile che anche le ferite localizzate agli arti superiori e le lesioni da decubito possano avere beneficio da tale terapia La completa guarigione stata acquisita in 59/72 ferite, ma la chirurgia complementare stata necessaria per 8 ferite croniche per completare la chiusura, mentre in tutti casi la pulizia chirurgica ha sempre preceduto la ossigenoterapia. Per le estremit inferiori lossigeno topico pu essere di aiuto alla chirurgia, come nella terapia iperbarica per la preparazione allinnesto od al trapianto e noi lo abbiamo visto in tutti i casi nei quali tale metodica stata applicata ( 8 casi su 72). Tutto ci necessita di indicazioni standardizzate e precise pur nella libert decisionale del medico nel determinare dei limiti specifici alla terapia. Il medico curante ha unampia discrezione nel prescrivere questa tecnica come alternativa a quelliperbarica ma deve attenersi ai principi di efficacia dimostrata.. Il raggiungimento del giusto equilibrio tra luso dellossigeno topico per la completa guarigione con luso dello stesso come terapia coadiuvante al trattamento chirurgico importante per ottimizzare gli effetti ed i costi di questa procedura. Ottenere questo tipo di informazioni aiuter ad affinare la selezione dei pazienti e migliorare il tasso di guarigione delle ferite Comparando l'ossigeno topico con gli altri metodi di cura delle ferite, riteniamo importante considerare il tempo di guarigione . E' difficile determinare la frequenza di guarigioni delle ferite usando l'ossigeno iperbarico e le opinioni nei lavori pubblicati controversa . Negli ultimi dieci anni, sono stati fatte tre prove con controlli casuali e solo uno di questi studi riporta la completa guarigione come dato di fatto. Nello studio statistico controllato a doppio cieco con placebo da Bouachour e. comparando l'efficacia della camera iperbarica con la terapia standard per le ferite da schiacciamento, essi riportano un 94,4 % di tasso di guarigione in pazienti trattati nella camera iperbarica (100 % dO2 a 2.5 atm) contro un 55,5 % di tasso di guarigione di pazienti che avevano ricevuto il placebo (21 % O2 a 1.1 atm.). E' importante notare come questi studi valutino solo i casi acuti. Un maggiore chiarezza sui risultati pu essere ottenuta comparando il tasso di guarigione delle ferite al Wound Care Centre diretta dal National Healing Corporation (NHC). Controllando i dati di 6 mesi appare un tasso globale di guarigione delle piaghe pari a 91 % su 16 settimane che include, ma non limitato al solo uso dellossigenoterapia iperbarica. Il periodo di sedici settimane frequentemente usato come punto di riferimento per valutare un piano terapeutico. Lo studio da noi fatto ha un valore non solo osservazionale ma anche prospettico. E ci promettiamo in un prossimo futuro uno studio comparativo tra lefficacia dellossigenoterapia normobarica distrettuale e quella iperbarica nelle camera tradizionale sui trattamenti delle lesioni trofiche degli arti inferiori. E non solo sullefficacia ma anche sui costi e sullimpatto sociosanitario ed economico. Il nostro tempo medio di trattamento con solo ossigeno topico stato di 12 settimane con un tasso di guarigione del 68 %. Se includiamo quei pazienti trattati con metodologie chirurgiche aggiuntive ( trapianto o innesto) il nostro tasso di guarigione sale al 80 %. Facendo una selezione pi accurata dei pazienti ( come indicazione) pensiamo di raggiungere tassi di guarigione migliori con la ossigenoterapia topica distrettuale. Tale miglioramento sar raggiunto con un accorgimento che abbiamo potuto osservare nel corso di questo anno; la sola ossigenoterapia raggiunge migliori risultati se la ferita medicata giornalmente da personale competente . Tenendo presente il limitato numero di pazienti che possono usufruire della camera iperbarica tradizionale e il largo spettro di controindicazioni per questa terapia combinata con una limitata disponibilit di centri, determina che molti pazienti non possono ricevere questo trattamento. Recentemente il dispositivo per ossigeno topico domiciliare ha permesso ad un numero certamente maggiore di pazienti di usufruire di questa terapia seppure modificata. Lunica limitazione attualmente presente data dal costo, seppur modesto, che al momento a carico del paziente. Si spera che il SSN riconoscendo tale terapia come efficace possa contribuire tenendo presente in modo particolare il rilevante risparmio che ne deriverebbe al SSN stesso. I vantaggi dell'ossigeno topico consistono anche nella possibilit per i pazienti di ricevere il trattamento in casa propria associata al fatto che non ci sono rischi o controindicazioni conseguenie all'uso del dispositivo. Tuttavia tale terapia soffre della stessa sfiducia dovuta all'empirismo, come per la camera iperbarica, nel determinare quale sia il migliore utilizzo. I nostri dati rappresentano uno dei primi lavori osservazionali su una serie di pazienti dove si usata la terapia dell'ossigeno topico per la cura delle ferite. Fino a quando il meccanismo dell'ossigenoterapia non sar meglio compreso, siamo costretti a fidarci delle analisi critiche delle nostre esperienze attraverso revisioni di serie di casi come questi, e valutazioni cliniche di statistiche per ottimizzare l'uso di questa nuova opportunit. NORMOBARIC OXYGEN THERAPY FOR LOCAL USE: A CLINICAL SERIES OF CASES Surgery Department : Madeyski Paolo, Babbo Andrea, Bartelloni Antonio, Corezzola Antonio, Analgesic Therapy Service Amato Giuseppe, Casa di Cura Rizzola, San Don di Piave (VE) EXTRACT The vascular problems tied to arterial deficit and venous insufficiency at the expense of the lower limbs represent the main cause of trophic injuries to the lower limbs. This pathology represents a great medical problem but also a health and social one. It is estimated that in Italy this pathology affects 1% of the population and 5% of the population over 65 years of age. The health cost is estimated to be greater than one billion euros a year. Oxygen therapy is an important element in the healing of injuries. Hyperbaric oxygen therapy in the treatment of chronic injuries has shown that hyperoxygenation of the injury increases its granulation, the formation of tissue, and accelerates the reduction in the diameters of injuries and secondary closure. Nevertheless the physiological basis of this method remains largely unknown. It has been revealed that in any case hyperbaric oxygen presents risks deriving from the toxicity of the oxygen, general side effects and costs that cannot be neglected. Oxygen therapy for local use, although representing a method which has not been well studied in the treatment of injuries does reveal indisputable advantages such as: Low cost Lack of systemic toxicity Facility of receiving treatment at home and all this makes it possible to obtain benefits from oxygen therapy for a lot of patients. For more than a year a team composed of 4 surgeons and an anesthesiologist specialized in analgesic therapy treated 72 patients with ulcers of various origins in the lower limbs with oxygen therapy for local use, with a period of treatment ranging between 1 and 8 months; the data presented here is a retrospective analysis of results acquired using topical oxygen on complex injuries. Results: 51 injuries were cured during the treatment, in 2 patients the injuries represented themselves after healing and in 2 patients injuries appeared to the contralateral limb after some time, in 13 injuries oxygen for local use had no effect and two of these patients requested amputation of the limb: finally 8 patients showed subjective and objective improvement though not being healed. There were no collateral effects attributable to the topical oxygen, since the death of 2 patients during and after the therapy was determined by causes totally unrelated. In addition two patients abandoned treatment during the therapy. conclusions: In all this series of cases the oxygen for local use did not have negative effects and showed positive indications in the healing of the injuries. INTRODUCTION INTRODUCTION Trophic ulcers of the lower limbs represent one of the pathologies most frequently found in elderly patients. Various studies show a variable frequency between 0.4% and 4-5% among over sixty year-olds; the chronicity of the illness involves high costs, according to English authors, evaluated at between 200 and 4000 pounds (equal to 300-6000 euros) for the treatment of just one sick person for 4 months. To these costs obviously the costs of family and companions must be added. The time necessary to reach healing of these injuries is very long and variable depending on the basic illness: the average length of an ulcer varies and is about 26 weeks with a range varying between 4 weeks and 30 years and in many cases it is not possible to obtain complete closure of the injury. In 46% of patients the course exceeds 26 weeks and in 15% two years. The places most affected are, in order of frequency, the medial faces, side, front of the ankle, the feet and the rear surfaces of the ankle. The evolutive history of such injuries is characterized by the chronic and worsening course, with easy recurrence, with a severe quo ad valetudinem prognosis. with heavy repercussions on everyday working life and on family life with heavy social costs. Ulcer means a loss of substance connected to hemodynamic, hemorheologic and coagulative modifications: in its origin the commitment of the microcirculation is fundamental, which may be primitive or secondary and determines an impairment of the tissue trophism. The ulcers often represent an epiphenomenon of numerous pathologies which have an insufficient hematic supply with consequent hypoxia and infection (Bimonte). However independently of the basic pathology, the transcutaneous oximetry has shown that at the level of vasculohepatic injuries p02 reaches values of 5 10 mm of Hg which are incompatible with the life of the cells. In addition the leukocytes proliferate and carry out their phagocytic activity at p02 with 30-40mm of Hg and it is evident that a situation of hypoxia facilitates the scarce activity of the leukocytes with a risk of infection. Even the synthesis of collagen starting from the fibroblasts cannot take away the importance of oxygen; only in the presence of oxygen in fact can an optimal collagen form starting with a treble of hydroxilated amoniacids. In conditions of hypoxia we shall thus have an immature, unstable collagen with inevitable healing problems (Bi-monte, Oriani, Petrolati, Marrone). Therefore independently of the causes that have led to the formation of the ulcer, traumas, circulation disorders both arterial and venous, in order to obtain re-epithelialization, the following are necessary: a) An excellent oxygen supply; b) Complete cleansing of the sores; c) Good blood perfusion. In order to attain these four conditions numerous therapies are proposed and used but we all know how results are very often disappointing for the doctor and the patient: the time necessary to obtain closure of the injury is often very long and in many cases it is not possible to obtain complete healing of the injury. One therapy that has been highly acclaimed in recent years is the so-called oxygen therapy in the hyperbaric chamber which is based on breathing oxygen at high pressure in specific hyperbaric chambers. They act with two mechanisms (Oriani, Marrone): a) Increase in the rate of dissolved 02 which functionally substitutes oxygen connected to Hb when there is a defect through lack of the same (anemia) or for functional incapacity (intoxication of 02); b) Recovery of the distribution of 02 from the capillaries to the cells where this is prevented either for reduction of blood perfusion or for thickening of the means of transit. The last aim is that of taking oxygen in suitable quantities to the metabolic needs of the tissues. This therapy has certainly proved to be effective in many syndromes, however its practice presents numerous disadvantages which more specifically are: There are few centres; Transport problems for the patients Incapacity of many patients to bear the therapy for psychological reasons or for other pathologies High costs. Returning to the existing bibliography (Van, Padberg, Williams, Fisher, Kaufman, Ignacio, Hammerlund) and in the attempt to get round such problems, we have studied and set up a small chamber, Madeyskis normobaric local chamber. This equipment, so called for the similarity to the total body chamber, was born with the aim of being able to submit to oxygen therapy only the limb concerned keeping this in an atmosphere of high concentration oxygen while monitoring the pressure, the humidity of the gassy mix and if necessary the concentration of oxygen inside the chamber itself. The chamber consists of a transparent Petg container thermoformed in a parallelepiped form, measuring 70 cm by 30 by 35, divided in two parts, the upper and the lower, running along an arm which can be closed by means of a special lock; the limb is introduced from one side through a circular opening inside which we can apply circular interchangeable seals, with a hole of differing diameters, with material convalidated for medical use in order to give a hermetic hold to the whole device. On the upper surface of the chamber we find a hygrometer to measure the humidity inside the chamber. Finally it should be noted that inside the chamber there is a water valve to let the gas out when the pressure inside the chamber exceeds that prefixed by the operator: this is because high pressures would compromise the circulation which is already in deficit. The humidified oxygen introduced through a flexible tube which can be orientated and fitted with a tip with a gas diffuser and placed 5 cm from the injury itself. At the level of the injury a concentration of 02 of 95% is thus obtained while the dissolved oxygen in the blood is not modified unless the patient is made to breathe with an oxygen mask. There are numerous advantages with this device, namely: a) The low cost and consequent high number of machines; b) The reduced size and weight and consequent ease of transport of the chamber even to the home of the patient; c) No local and systemic side effects; d) Excellent compliance on the part of the patients. In effect the use of this chamber both in our care home and in hospitals in the year 2003 and in the domestic version with which we have carried out and followed the therapy on cases which are the object of this current work and have proved to be very satisfying. With this study we propose: a) To determine in what conditions oxygen for local use can be used; b) To suggest precise indications with respect for the decision making of each doctor; c) To standardize the method of each therapy; d) To evaluate the effectiveness even comparing it with other therapies; e) To explain, if possible, the mechanism of action. 2. PATHOLOGIES TREATED 2.1 Materials and methods 2.1.1 selection of patients All the patients were followed by multi-disciplinary teams composed of: by three general surgeons in the vascular field, by a plastic surgeon by an anesthetist specialized in analgesic therapy, part of the Department of General Surgery of the Casa di Cura Rizzola, recognized by the National Health Service, in San Don di Piave (ULS N10 Veneto Orientale). The patients selected from an evaluation of their eligibility for such therapy, underwent oxygen therapy locally applied for a period varying from 1 to 9 months from January 2003, when this method was standardized in our institute followed by therapy at home. There were no specific pre-determined criteria of exclusion or inclusion, nor other side effects for the use of oxygen applied locally save for the principle that it concerns trophic injuries. All subjects selected were aware of the type of therapy, of the possibility or otherwise of its effectiveness, of the costs that such therapy entails and they undertook to be followed regularly at a pace designed by us. The selection did not include small acute injuries that could heal normally without specific therapy or with traditional remedies. The subjects under examination presented injuries that generally were not healed by traditional methods or there was another risk of general problems connected to surgical possibilities or pathologies that indicated against Hyperbarism. For these patients topical oxygen was considered as an alternative to methods of traditional treatment. 2.1.2 OXYGEN THERAPY Oxygen by local means was administered directly on the injury with the device patented by us and for which we attach the descriptions and the photos. This device, called Madeyskis local (topical) hyperbaric chamber only for the analogy with the traditional hyperbaric chamber works in normobarism. 100% oxygen was administered to 1 atmospheric pressure for a period of 60 minutes twice a day for seven days out of seven both in a hospital and at home. This therapy was repeated until the injury showed signs of healing either with surgical healing or until it was evident that the treatment was having no success (shown by a worsening of the injury, or by no progress after weeks of treatment). This treatment with oxygen was not supported by traditional methods. The medication was carried out only by cleansing of the material exudated with a gauze soaked in saline solution before each oxygen sitting. The cost of the hire of the device was borne by the patient. 2.1.3 DOCUMENTATION OF THE STATE OF THE INJURY Photographs were taken before, during and at the end of the therapy with a digital camera, and a carefully studied programme enabled comparison with the modifications regarding the surface, the diameters and the circumference besides evaluating the type of surface and the granulation of the surface. The injuries were considered healed when completely covered with epithelium. 2.1.4 ANALYSIS OF PARAMETERS The patients data has been filed by single pathology, date of presence of the injury before beginning oxygen therapy, causes of injury, location and dimension, duration of treatment and final result. 2.1. 2 (5??) STATISTICS The analysis of these cases is summarized by graphs which show the various percentages of healing and improvement of the various parameters considered. RESULTS For a year (the period taken into examination for this study) the team composed of general surgeons, plastic surgeon and anesthetist treated 72 patients with oxygen therapy locally administered, in accordance with their competence but always collegially with treatment lasting from 1 to 9 months. There were no complications associated with the local oxygen therapy. This therapy was used to treat post-surgical injuries, decubitis ulcers, phlebostatic ulcers, neuropathic ulcers of the foot, diabetic ulcers of the foot and ulcers induced by acute trauma and iatrogenic and pharmacological ulcers. The injuries were localized in the lower extremities. In the majority of patients at least one morbid event was present, such as: (tab 1) Table 1 Conditions of associated pathologies correlated or otherwise with the patients injuries CONDITIONS No. OF PATIENTS DIABETES 10 MALNUTRITION 2 ACTIVE INFECTIONS 4 PERIPHERAL VASCULAR ILLNESSES 53 OBESITY 8 IMMUNODEFICIENCIES 2 LYMPHEDEMA 5 3.1 RESULTS ON THE PATIENTS Of the 72 injuries, 51 (70%) were healed during the treatment with oxygen therapy by local means. Of the remaining 21 injuries, 8 were healed after a surgical transplant intervention associated with subsequent oxygen therapy, 13 were not healed; of these 3 patients died during the treatment and 3 patients abandoned the treatment. If we include post operation healing the percentage of injuries completely healed with oxygen therapy treatment by local means rises to 81%. The percentage of healing increases to 86% if the patients who abandoned treatment in the total number since the final state of their injuries was not determined and those deceased for causes not correlated with the basic illness are not included. The patients who interrupted the therapy are not included in any analysis listed in the following tables. 3.2 PATIENTS WITH INJURIES UNDERGOING TRANSPLANT Eight patients underwent skin transplant after treatment with oxygen therapy. In all eight patients the skin grafting had excellent results . Only with two patients, after two months, an initial recurrence of the ulcer manifested itself which, however, was effectively dealt with by oxygen therapy. The high percentage of success in the skin grafting operation on patients with dystrophic ulcers must be attributed to the excellent quality of the tissue of granulation on which the graft was positioned and the attenuation of the factors causing the ulcer (infection, stasis etc). 3.3 Pain therapy in vascular diseases Certainly the pain symptom is present in vascular disease in general and in trophic injuries in particular, representing, in fact, the symptom which most often takes the patient to the doctor. The therapy of this symptom falls within a global approach to the problem of ulcerous pathology which should aim above all at eliminating all the risk factors (smoking, hypercholesterolemia, improvement of micro-circulation and venous recovery etc) with the goal of creating at the place of the injury an ideal environment for healing (aseptis, good for fusion and oxygenation etc). The role of the antalgologo in general will be that of imposing a therapy of rational pain not just turning to various medicines, to peripheral and/or central action but also advising correct use both in terms of dosage and mode of administration. More specifically the pain therapist could also intervene with more invasive methods such as single or continuous anesthetic blocks with the aim of acting on the micro-circulation in a selective way and on the spasm which is always present in those tissues involved in the various painful syndromes. In our experience in the course of 2003 we intervened 12 times with anesthetic blocks, while in another 18 cases we turned to dosages of analgesic action medicine evaluated case by case. ------------------------------------------------------ Table 2 RESULTS ON THE PATIENTS % OF HEALING of 72 Patients treated with topical oxygen having completed the therapy during a period of 12 months of study. A - healed only with oxygen therapy (51) 70% B - not healed with oxygen therapy (13) 19% C - patients who abandoned the treatment (3) 4% D - deaths during treatment for reasons not related to the therapy (3) 4% E healed with oxygen therapy combined with surgical skin grafting (8) 9% Summing up the data of A+E the healing percentage is 81% The duration of the treatment varied from 1 to 9 months. This signifies that the time of therapy was from 60 to 540 hours. The duration of the treatment was on average from 1 to 4 months with just two cases of 5 months, one of 7 months and one of 9 months. The duration of treatment for injuries that healed was from 30 to 120 days. Initially the sizes of injuries varied from 0.29 to 92.2 cm2 with an average of 13.5 +_ 21.4 cm. For the injuries that healed the initial size was 8.1 +_ 11.1 cm2 and for injuries that did not heal the initial average was 25.3+_ 32 cm2. Among the injuries that were not healed the average size was 6.5 +_ 15.9 cm2 and the average decrease in size was 71 +_ 63.3%+ Four injuries increased in size during the treatment. The patient who was under therapy for 9 months was included but rationally for the sizes and causes that relate to his genesis+ and his continuing do not offer the possibility of healing even if they are appreciable subjective and objective improvements. 3.3 TIME OF PRESENCE OF THE INJURY At the time of the start of the therapy with topical oxygen, the genesis of the injury dated approximately from day 15 (post traumatic) to 3 years with an average time of 10 months (excluding a case which was present for 12 years). The patients with acute injuries had 100% healing compared with 93% healing in cases with a duration of less than 4 months and with 80% healing in treatments lasting more than 4 months. With chronic injuries the surgical therapy was used in combination with topical oxygen therapy in 80% of patients before oxygen therapy and in 12% after and in combination with oxygen therapy and were healed. 3.4 LOCALIZATION OF THE INJURY The position considered of the injuries that were eligible for our treatment and placed under observation was limited to the lower limbs and more precisely to the leg. This localization was taken into consideration in relation to the device we patented and which was thought of for this position in consideration of the frequency of the position of trophic injuries (vascular and diabetic). For chronic injuries we noted a better response to oxygen therapy in injuries localized in the medial aspect of the leg (in general phlebostatic ulcers) and in the foot (diabetic foot). Less comforting results were those situated in the side aspect of the leg perhaps in relation to their arterial genesis. Among the chronic injuries a good response to oxygen therapy was in patients with phlebostatic ulcers and diabetic ulcers with a percentage of healing respectively of 85% and 90%. On the other hand we should note that with ulcers in arteriopath subjects healing was slower and in particular the subjective benefit was less evident especially as regards the pain symptom. Figure 6 is important since it shows how the presence of more morbid events has a significant effect on the response and this is clear comparing acute ulcers which have a greater response percentage: generally the injuries less sensitive to healing with topical oxygen have been post-surgical and post-traumatic injuries to the lowest extremities, followed by phlebostatic and diabetic ulcers. FIG. 3 AREA OF THE INJURY ------------------------------- AREA OF THE INJURY cm2 DAYS ------------------ The injuries treated with topical oxygen diminished in size; in this analysis 51 out of 72 injuries became smaller just with oxygen therapy treatment. The 7 patients not included in this analysis are the three who abandoned the therapy, the three deceased and the patient who had a very large injury. The average in size of the injuries that were not healed was substantially greater than those which healed. It can be deduced that size is an important variable in determining if and when to use this therapy, an alternative to traditional methods. The injuries that healed with an average size of 10 cm2 were healed, on average, in 70 days, those that did not heal with an average size of 30 cm2 were reduced by 30% with average therapy duration of 120 days. CONCLUSIONS This has been an analysis of the therapeutic effectiveness of topical oxygen for chronic injuries with scarce possibility of complete healing localized in the lower limbs. We considered various trophic injuries with different etiologies to evaluate which injuries would respond more effectively to the treatment and, provided that, although having revealed as a negative response just one subjective aspect irritated by the treatment, we can reveal that there was no collateral effect with the oxygen therapy. In fact, in general, the compliance of the patients was excellent while the objective results are discussed in the report. This analysis, while being relatively limited shows that most chronic injuries and all acute injuries localized in the lower limbs diminish in size during therapy and show that oxygen topically applied is a useful support for healing. It is presumable that even injuries localized in the upper limbs and decubitis injuries can gain benefit from this therapy. Complete healing was achieved in 59/72 injuries but complementary surgery was necessary for 8 chronic injuries to complete closure while in all cases surgical cleansing always preceded oxygen therapy. For the lower extremities topical oxygen can be of help to surgery as in hyperbaric therapy for the preparation of grafting or for transplant and we have seen this in all cases in which this method was applied (8 cases out of 72). All this necessitates standardized and precise indications also in the freedom of decision making by the doctor in determining the specific limits of the therapy. The doctor providing treatment has ample discretion in prescribing this technique as an alternative to hyperbaric but must adhere to the principles of effectiveness demonstrated. Reaching the right equilibrium between the use of topical oxygen for complete healing with the use of the same as adjuvant therapy to surgical treatment is important to optimize the effects and costs of this procedure. Obtaining this type of information will help to evaluate the selection of patients and to improve the rate of healing of injuries. Comparing topical oxygen with other methods of treatment of injuries we maintain the importance of considering the time of healing. It is difficult to determine the frequency of healing of injuries using hyperbaric oxygen and the opinions of works published is controversial. In the last ten years three tests with random checks have been made and just one of these studies has reported complete healing as a fact. In the statistical study controlled with the outcome unknown with Bouachours placebo and comparing the effectiveness of the hyperbaric chamber with standard therapy for injuries from crushing, it reports a 94.4% rate of healing in patients treated in the hyperbaric chamber(100% of O2 at 2.5 atm) against a 55.5% rate of healing in patients who received the placebo (21% O2 at 1.1atm). It is important to note how these studies evaluate only acute cases. Greater clarity on the results could be obtained comparing the rate of healing of injuries in the Wound Care Centre directed by the National Healing Corporation (NHC). Checking the data of 6 months a global rate of healing of sores appears equal to 91% over 16 weeks which includes, but is not limited to just the use of hyperbaric oxygen therapy. The period of sixteen weeks is frequently used as a point of reference in evaluating a therapeutic plan. The study we have done has a value which is not just observational but also prospective. And we promise in the near future a comparative study between the effectiveness of local normobaric oxygen therapy and the traditional hyperbaric chamber for the treatment of trophic injuries in the lower limbs. And not just on the effectiveness but also on the costs and the social-health and economic impact. Our average time of treatment with just topical oxygen was 12 weeks with a rate of healing of 68%. If we include those patients treated with added surgical methods (transplant or grafting) our rate of healing rises to 80%. Making a more accurate selection of patients (as an indication) we think we can achieve better rates of healing with local topical oxygen therapy. This improvement will be reached with what we have learned in our observations over the course of this year; just oxygen therapy achieves better results if the injury is medicated daily by competent personnel. Keeping in mind the limited number of patients that can use the traditional hyperbaric chamber and the wide spectrum of side effects for this therapy combined with limited availability of centres, determines that many patients cannot receive this treatment. Recently the device for topical oxygen at home has enabled a greater number of patients to take advantage of this modified therapy. The only limitation at present is the cost, though modest, which at present is borne by the patient. It is hoped that the SSN recognizing this therapy as effective may contribute in particular taking into consideration the relevant saving to the SSN itself. The advantages of topical oxygen also lie in the possibility for patients to receive the treatment in their own homes together with the fact that there are no consequent risks or side effects in using the device. However this therapy suffers from the same mistrust due to empiricism, as with the hyperbaric chamber in determining which is the best use. Our data represents one of the first works of observation on a series of patients where topical oxygen therapy is used for treatment of injuries. Until the mechanism of oxygen therapy is not better understood, we are compelled to trust the critical analyses of our experiences through a revision of series of cases like these and clinical evaluations of statistics to optimize the use of this new opportunity.

Curriculum Dr Madeyski ( Italiano) 10/12/2013 23:19
Curriculum del Dott Madeyski Paolo Nato a Trieste il 28.08.1946 Laureato in Medicina e Chirurgia presso lUniversit degli Studi di Padova il 19.07.1972 Abilitato alla professione medica a Padova il 02.02.1973 Dal 1973 al 1976 : Incarico annuale di Insegnamento di Anatomia Artistica presso il Liceo Artistico di Treviso Nel 1977 Specializzato in Chirurgia Generale presso lUniversit degli Studi di Trieste Nel 1978 ottiene lIdoneit di Aiuto in Chirurgia a Roma Nel 1978 partecipa al primo centro di Endoscopia Televisiva in Italia Corso pratico in Endoscopia Urologica presso il reparto di Urologia di Monaco di Baviera (Germania) Nel 1981-1982 iscritto alla specializzazione di Urologia di Verona Nel 1985 si diploma presso la Scuola Europea di Senologia di Orta San Giulio (Novara) diretta dal Prof. Umberto Veronesi Nel 1986 segue il Corso Pratico di Urologia Audiovisiva presso lUniversit degli Studi di Torino Nel 1987 ottiene lidoneit a Primario di Chirurgia Generale Nel 1992 segue un Corso di Perfezionamento alla Colecistectomia Laparoscopica presso lUniversit degli Studi di Padova Dal 1994 Responsabile del Comparto di Chirurgia della Casa di Cura Rizzola di San Don di Piave (Venezia) Dal 1994 responsabile dellUnit Operativa di Chirurgia Generale della Casa di Cura Rizzola di San Don di Piave (Venezia) Nel 1992 in collaborazione con il Comune di San Don di Piave (Venezia) e i medici del reparto di Medicina generale della citt ha organizzato la Campagna di sensibilizzazione per la Diagnosi Precoce del Tumore al Seno Nel 1993 ha dapprima ideato e quindi collaborato ai Corsi di educazione al Non Fumo nelle scuole del Basso Piave Dal 1993 Webmaster del sito internet Le Pagine della Salute che stato premiato dalla Rivista PC World nel 1994 con il terzo premio come sito medico sociale ed ha ricevuto segnalazioni da varie riviste italiane e straniere, siti universitari italiani ed esteri. Alla fine degli anni 80 ed inizi anni 90 ha coordinato la parte medico sociale della trasmissione televisiva San Don e dintorni Dal 2000 dirige la trasmissione medica Tre minuti per la Tua Salute in onda sulle televisioni regionali venete 4 giorni alla settimana Dal 1991 responsabile della trasmissione radiofonica (ad emissione locale) settimanale A tu per tu con il medico di taglio divulgativo, basata principalmente sui temi della prevenzione Dal 1999 Coordinatore per Il Comune di San Don di Piave (Venezia) della Rete Citt Sane Dal 1999 Vicepresidente della terza commissione (Sanit) del Comune di San Don di Piave Dal 2003 lascia ogni incarico politico dedicandosi solo ad attivit medica e sociale Nel 2002 ha ideato e brevettato a livello europeo la Camera Normobarica distrettuale e sta portando avanti la sua produzione industriale in Italia e allestero con il nome di ULCOSAN con lo scopo di migliorare il benessere del soggetto Negli ultimi due anni ha cominciato ad elaborare un progetto per rendere disponibili alla popolazione prodotti che aiutino a mantenere il benessere fisico-mentale. Tra questi, il T verde chiamato T Verde del Benessere che risulta lunico completamente naturale e ricco di antiossidanti con tutti i benefici del T verde.. Il 02.06.2010 stato insignito della onorificienza di Cavallieri Ordine al Merito della Repubblica per le attivit sociali svolte verso la popolazione Nellanno 2011-2012 stato Presidente del Rotary Club di San Don di Piave Nel Maggio del 2012 stato invitato dallUniversit di Santa Cruz di Tenerife a insegnare la ossigenoterapia normobarica con il proprio dispositivo Ulcosan. Nel settembre 2013 stato invitato come relatore a trattare le sue terapie con la ossigenoterpia normobarica al Congresso sul Piede diabetico a Barcellona Attualmente gestisce 4 siti in internet www.lasalute.org www.ilponte.ws www.mpsystem.info www.salusjuice.it email: paolo.madeyski@tin.it

Curriculum del Dr Madeyski ( English) 10/12/2013 23:19
Curriculum Dott Madeyski Paolo Born in Trieste on 28.08.1946 Graduated in Medicine and Surgery at Universit degli Studi di Padova (Padova University) on 19.07.1972. Qualified in the medical profession in Padova (Padua) on 02.02.1973 From 1973 to 1976: Annual position teaching Artistic Anatomy at the Liceo Artistico di Treviso In 1977 he specialized in General Surgery at Universit degli Studi di Trieste (Trieste University) In 1978 he qualified as Surgery Assistant in Rome In 1978 he participated in the first centre of Televised Endoscopy in Italy Practical course in Urological Endoscopy in the Department of Urology in Munich (Germany) !981-1982 he enrolled in Specialization in Urology in Verona In 1985 he qualified at the Scuola Europea di Senologia (European School of Senology) in Orta San Giulio (Novara) directed by Prof. Umberto Veronese In 1986 he followed the Practical Course in Audio-visual Urology at Universit degli Studi di Torino (Turin University) In 1987 he obtained the post of Head of General Surgery In 1992 he followed a Specialization Course in Laparoscopic Cholecystectomy at Universit degli Studi di Padova From 1994 he was in charge of the Department of Surgery at Casa di Cura Rizzola in San Don di Piave (Venice). From 1994 he was in charge of the Operating Unit of General Surgery at Casa di Cura Rizzola in San Don di Piave (Venice) In 1992 in collaboration with the Council of San Don di Piave (Venice) and the doctors of the department of General Medicine of the town he organized the Campaign of Sensitivity for the Early Diagnosis of Breast Tumours In 1993 he was first selected and then collaborated in the No Smoking Education Course in the schools of the Lower Piave From 1993 he has been Webmaster on the internet site Le Pagine della Salute (Health Pages) which received an award from the PC World magazine in 1994 with third prize as social medical site and received the attention of various Italian and foreign magazines, Italian and foreign university sites At the end of the 1980s and the start of the 1990s he coordinated the medical-social part of the television transmission San Don and surroundings. From 2000 he directed the medical transmission Three minutes for your health on the air on Veneto local TV stations 4 days a week. From 1991 he was responsible for the weekly radio transmission (broadcast locally) One to one with the doctor, a popular programme? , based principally on themes of prevention. Since 1999 he has been coordinator for the Council of San Don di Piave (Venice) of the Healthy Towns Network. Since 1999 he has been vice-president of the third commission (Health) of San Don di Piave. From 2003 he leaves every political commitment to dedicate himself solely to medical and social matters. In 2002 he created and patented Europe-wide the Local Normobaric Chamber and continues production in Italy and abroad with the name ULCOSAN with the aim of improving the well-being of the individual. In the last two years he has started to elaborate a project to make available to the population products which help to maintain physical-mental well-being. Among these, the green tea called T Verde del Benessere (Green Tea for your well-being) which has proved to be the only completely natural, rich anti-oxidant with all the benefits of green tea. On 02.06.2010 he received the award of Cavalliere Ordine al Merito della Repubblica (Order of Knights of the Republic) for his social work for the population. In 2011-2012 he was President of the Rotary Club of San Don di Piave In May 2012 he was invited to the University of Santa Cruz in Tenerife to teach normobaric oxygen therapy with his Ulcosan device. In September 2013 he was invited as a speaker to treat its treatment with normobaric oxygen therapy with his Ulcosan device to Congress in Barcelona on the Diabetic Foot He currently has 4 internet sites. www.lasalute.org www.ilponte.ws www.mpsystem.info www.salusjuice.it email: paolo.madeyski@tin.it

ELEMENTI SCIENTIFICi DELLOSSIGENOTERAPIA DISTRETTUALE, E MODALITA DI APPLICAZIONE AI PAZIENTI 08/12/2013 21:48
Premessa Le ulcere degli arti inferiori rappresentano una patologia frequente (1% della popolazione e 3,5% della popolazione over 65 anni). Colpisce maggiormente la popolazione femminile con un rapporto circa di 3 a 1. Trattasi di malattia cronica invalidante la cui terapia non standardizzata e presenta vari problemi sia medici sia sociali. Il trattamento comporta, infatti, elevati problemi non solo medici ma in modo particolari sociali e tra questi assume particolare rilevanza il costo a carico del paziente, della collettivit e delle spesa a carico del sistema sanitario nazionale. Eziologia delle lesioni ulcerative degli arti inferiori. Schematicamente possono essere -flebostatiche: come complicanza di insufficienza venosa superficiale (varici) o di insufficienza venosa profonda (sindrome postflebitica) -Arteriose (ischemiche) -Diabetiche -Traumatiche -Nelle collagenopatie per causa intrinseca alla malattia o per la terapia cortisonica abituale Tipi di terapia a disposizione Medica: che comprende il trattamento farmacologico (generale e topica) e il trattamento combinato dato da medicazioni e farmaci. Chirurgica: sia per eliminare le cause che per trattare le complicanze arrivando fino alla chirurgia plastica. Camera iperbarica. Che si basa sul principio dellossigenoterapia in iperbarismo. Terapie a confronto Lossigenoterapia iperbarica locale rappresenta la tappa evolutiva di quellutilizzata negli ultimi trentanni per il trattamento di diverse patologie legate a deficit circolatori o a patologie infettive Lossigeno somministrato agisce sui tessuti devitalizzati o, comunque, sofferenti, con meccanismo da contatto e mediante lazione della componente disciolta nel sangue in parte legata alla emoglobina, in parte disciolta nel sangue come componente libera (questultima rappresenta la componente attiva della sostanza). Nella camera iperbarica generale si ottiene un aumento della pressione ambientale (iperbarismo) mentre rimane invariata la concentrazione o pressione parziale di ossigeno. Tutto questo determina un aumento della disponibilit di ossigeno da parte dei tessuti sia per quanto riguarda la componente da contatto che quella disciolta nel plasma. Vi sono delle controindicazioni che limitano luso della camera iperbarica. Queste sono mediche, personali e sociali. E si possono cos riassumere: Mediche: malattie cardiocircolatorie, respiratorie e cocleovestibolari Personali: problemi psicologici oltre alla claustrofobia Sociali: difficile reperibilit (poche e private), mancanza di posti letto, costi alti di produzione e di utilizzo e difficolt di strutture ospedaliere o dei soggetti domiciliari al raggiungimento delle camere stesse con aumento dei costi sociali e personali. Ossigenoterapia in normobarismo La soluzione a tanti problemi della camera iperbarica si possono trovare nella ossigenoterapia in normobarismo applicata in maniera distrettuale. Il concetto sostanziale quello di consentire lapplicazione locale della terapia eseguita in camera iperbarica a patologie ad estensione limitata con il vantaggio di non avere controindicazioni assolute. Il concetto di terapia normobarica distrettuale trova applicazione empirica nei principi e nelle applicazioni in diversi Reparti di Chirurgia generale ad indirizzo vascolare che in Reparti di dermatologia. Non si lavora in iperbarismo ma in normobarismo e non si lavora quindi introducendo tutto il corpo nella camera iperbarica ma soltanto la parte del corpo che abbisogna della ossigenoterapia. Vengono quindi a cadere tutte le controindicazioni e si abbattono i costi sia personali sia sociali. differenze Nella camera per ossigenoterapia distrettuale la percentuale di Ossigeno allinterno (a contatto con la lesione) circa del 95% rispetto al 21-23 % presente nella camera iperbarica generale. Daltra parte lossigeno disciolto nel plasma aumenta a 2% volumi rispetto al 6% che per effetto delliperbarismo si ha nella camera iperbarica. Noi otteniamo tali valori ponendo al paziente la mascherina e dando ossigeno tramite questa per via naso-orale. In tale maniera (minor ossigeno disciolto nel plasma, ma aumento dellossigeno a contatto con lulcera) si ottiene un effetto terapeutico poco dissimile da quello che si ottiene nella camera iperbarica tradizionale, in quanto liperbarismo ridotto viene compensato dallaumento della disponibilit di ossigeno, (In molti reparti e ambulatori chirurgici e dermatologici questo tipo di terapia viene da anni applicata in modo empirico e non standardizzabile, lossigeno viene fornito attraverso un tubo di polietilene collegato alla sorgente, lambiente viene creato attraverso un sacchetto di plastica chiuso attorno allarto da trattare). La critica che si pu portare a tale terapia applicata fino ad ora era quella di essere una terapia empirica, artigianale: non vi era una precisione per quanto riguardava la concentrazione dellossigeno, la concentrazione dellumidit e il tempo di utilizzo era quindi soggettivo. Vi era poi un problema di immagine e di estetica. I buoni risultati della metodica ci hanno spinto a cercarne unapplicazione pi razionale, ripetibile ed esteticamente gradevole che garantisse nello stesso tempo concentrazioni dossigeno, grado dumidit, gradienti pressori noti con tempi dutilizzo prevedibili. Noi abbiamo anche presente che elementi fondamentali che ostacolano le terapie delle ulcere flebostatiche e in genere dei tessuti devitalizzati sono la diminuzione della tensione dossigeno e la presenza dessudato e di tessuto necrotico. Per risolvere queste difficolt allo studio lottimizzazione dellossigenoterapia con lausilio di farmaci attivi che vengano introdotti tramite nebulizzatore e che vadano a raggiungere le lesioni aperte. Una migliore ossigenazione delle cellule incentivate da farmaci che agiscano direttamente sui meccanismi cellula-cellula potranno essere utili in tutti i tessuti devitalizzati e anche nelle lesioni diabetiche. vantaggi Elevata compliance Efficacia documentata Basso costo dacquisto e desercizio Facile disponibilit della terapia Assenza di controindicazioni assolute Rapida formazione del personale. PROTOCOLLO CLINICO Reclutamento dei pazienti 1) Pazienti con ulcere flebostatiche 2) Pazienti con ulcere diabetiche Et: sono eleggibili pazienti con et compresa dai 50 ai 90 anni suddivisi in classi a) Tra i 50 e i 60 anni b) Tra i 60 e i 70 anni c) Tra i 70 e i 90 anni Sesso: sono distinti il sesso maschile da quello femminile. Patologie concomitanti: devono essere segnate sul prospetto con i farmaci in uso Patologie correlate o favorenti: si deve distinguere se presente una componente *arteriosa *flebostatica *mista arteriosa e flebostatica *diabetica *traumatica *del collageno con terapia cortisonica associata valutazioni e controlli Deve essere valutato al momento dellinserimento del paziente Presenza di tessuto necrotico, Facilit al sanguinamento Quantit e composizione dellessudato, Presenza e tipologia dei patogeni, PH della ferita, Compromissione del gradiente di O2, Danno neurologico periferico (in particolare per la patologia diabetica), Diametro della lesione Profondit della ferita Non corretta gestione della malattia. Dolore o bruciore o fastidio del paziente Ogni 7 giorni saranno raccolti i seguenti dati 1) Variazioni della quantit della secrezione 2) Variazioni del tipo della secrezione 3) Dolore del paziente 4) Gradimento del paziente 5) Facilit al sanguinamento 6) Diametro della lesione 7) Profondit della lesione 8) Tessuto di granulazione durata e modalit del trattamento Variabile a secondo la patologia e i risultati e il decorso, (da due a sei mesi, i dati saranno raccolti settimanalmente e vi sar una valutazione a tre e a 6 mesi) Il paziente avr un trattamento quotidiano 6 giorni su 7 Il trattamento sar di 1 o 2 ore il giorno (distanziati di 6 ore) Non si tiene conto della pressione barometrica allinterno della camera distrettuale in quanto ininfluente Si dovr invece valutare il grado umidit e il gradimento del paziente secondo il grado di umidit che viene variata aggiungendo acqua allinterno risultati a tuttoggi acquisiti Dato che si tratta di patologia cronica lulcera flebostatica e quella ischemica non possono giungere ad una guarigione definitiva se non viene tolta la causa, si deve tendere allora ad una migliore qualit di vita, tutti i casi trattati hanno visto diminuire la secrezione (100%), migliorare la sintomatologia soggettiva (90%) mentre il miglioramento obiettivo si visto nel 85 % dei casi. In questi si notata una detersione della lesione e una riduzione dei diametri e uno spiccata evidenza del tessuto di granulazione dal terzo giorno di applicazione. Abbiamo sperimentato nel corso degli anni con metodi estensivi lutilizzo del dispositivo per applicazione di terapia normobarica distrettuale, trattando mediamente 3 casi la settimana presso la nostra struttura ( Casa di Cura Rizzola ma San Don di Piave) e tali casi sono stat seguiti personalmente nel tempo A questi si aggiungono pazienti seguiti in altre strutture come il Codivilla Putti a Cortina e presso strutture private o Ospedali in altre zone di Italia : La Tipologia delle ulcere trattate stata la seguente ulcere flebostatiche ulcere ischemiche in ASO + miste osteomieliti lesioni traumatiche Ustioni Microfratture preparazioni a trapianti dermo-epidermici o lembi ricostruttivi. O pazienti che avevano subito trapianti dermo-epidermici La Camera mod. CID 700/A e modelli seguenti stata diffusa in alcuni Presidi Ospedalieri e Case di Cura private, e considerando la sua semplicit di utilizzo (la cura dei soggetti si pu svolgere sia in ospedale sia tra le mura domestiche), in questultimo periodo abbiamo sviluppato un modello portatile semplificato definito domiciliare. Tale modello pu essere noleggiato direttamente dal paziente, il quale con lausilio di un familiare pu provvedere alla propria terapia, tra la tranquillit delle pareti domestiche e con la continuit che solo tale facilit di applicazione permette. Questesperienza sta producendo risultati molto positivi, sia dal punto di vista terapeutico, che da quello del gradimento del paziente, tutto ci armonizzato con un bassissimo costo sociale, sia per il privato, sia per le strutture sanitarie. Conclusioni. Riteniamo che lutilizzo della camera distrettuale per ossigenoterapia per uso topico, possa essere uno strumento utile, a basso costo e privo di controindicazioni per un numero rilevante di soggetti affetti da varie patologie ma in particolare per coloro che presentano lesioni devitalizzate degli arti inferiori. La facilit di applicazione e lassenza di rischio nellutilizzo, (la macchina assolutamente indipendente dallenergia elettrica, ed il flusso di ossigeno da 3 a 5 LT. il minuto, non altera la percentuale dello stesso nellambiente) la rendono adatta alle pi svariate applicazioni sia negli ospedali, negli ambulatori, sia tra le pareti domestiche.

INDICAZIONE DI PROTOCOLLI DI UTILIZZO PER LA CAMERA PER OSSIGENOTERAPIA TOPICA, E PER LA PROSECUZIONE DELLA TERAPIA ANCHE NELLA FASE DI POST-DEGENZA 08/12/2013 21:47
Per una corretta applicazione con risultati positivi di tale terapia si devono considerare: a) indicazioni b) metodologia di trattamento c) Durata di trattamento d) Valutazione dei risultati Indicazioni Tutte lesioni trofiche localizzate agli arti inferiori che abbiano soluzioni di continuo della cute, la sede principale la gamba. La lesione alla coscia rara e al momento non stata presa in considerazione. La terapia viene applicata a lesioni con cause o concause varie anche se con risultati variabili. Per le seguenti patologie: Ulcere flebostatiche (frequenti e con percentuali di guarigioni variabile dal 60 all80% secondo le concause e fattori patologici associati). Ulcere diabetiche (piede diabetico) .Tali lesioni comprendono sia le lesioni trofiche dei tessuti cutanei e sottocutanei che quelle con osso esposto e interessato. Tali lesioni sono frequenti con percentuali di guarigioni variabili dal 70% al 90% Ulcere in arteriopatici. Non frequenti . Risultati inferiori sia soggettivamente che oggettivamente Lesioni traumatiche. Discretamente frequenti con risultati buoni ma molto variabile per le condizioni generali e locali associate. Lesioni iatrogene e su base neoplastica. Rare con risultati molto variabili da caso a caso. Metodologia del trattamento Lesperienza maturata nel corso degli ultimi anni ha visto modificare lapproccio e la metodologia del trattamento delle ulcere trofiche degli arti inferiori in quanto; tali lesioni sono croniche (a parte le lesioni postraumatiche). tali lesioni sono state trattate nel corso della loro cronicit con metodologie varie e variabili a secondo gli operatori sanitari. Riteniamo in base alla esperienza maturata e ai principi generali che abbiamo esposto il percorso terapeutico possa seguire queste direttive 1) Indicazione, per quanto possibile, precisa alla ossigenoterapia. Tale indicazione deve essere posta da un medico specialista in chirurgia, chirurgia vascolare, dermatologia, diabetologia o da un medico che abbia unesperienza e competenza su tale patologia e con conoscenze sulle patologie correlate alla etiologia di tali lesioni. 2) La lesione per trarre vantaggio dalla ossigenoterapia deve essere detersa . La detersione pu essere fatta con semplice detersione medica o con detersione chirurgica rimuovendo escare e tessuto necrotico in modo da far venire lossigeno a contatto dei tessuti con possibilit di granulazione. 3) La possibilit della ossigenoterapia e la modalit di somministrazione deve essere saggiata e valutata da personale medico o paramedico in quanto la sensibilit alla dose, al tempo e alla umidit sono individuali. 4) Le uniche sostanze usate dalla medicazione sono rappresentate da soluzione fisiologica per la detersione prima e dopo lapplicazione dellossigeno. Non vengono usate betadine o medicazioni vasellinate o che non lasciano passare lossigeno. 5) Se la lesione dolente , oltre ad aumentare lumidit si pu bagnare la lesione con marcana o altro anestetico locale. La procedura corretta in sequenza la seguente. Sfasciatura della lesione Sua detersione con garza bagnata con fisiologica (non coprire la lesione con nessuna medicazione); Introduzione dellarto nella camera per ossigeno Chiusura della stessa possibilmente sopra al ginocchio Erogazione dellossigeno in prossimit della lesione a secondo la sensibilit del paziente con un flusso tra i 3 e i 4 LT al minuto per 10 minuti e quindi a 2 LT al minuto La durata complessiva salvo casi particolari di unora. Alla fine eseguire detersione con garza bagnata di fisiologica e quindi coprirla con garza con la stessa soluzione o con anestetico locale se la lesione dolorosa. Durata del trattamento La durata del trattamento per giorno indicata dal medico che pone lindicazione e che segue il paziente e levoluzione della ferita, in ogni modo consigliamo le seguenti direttive: Il trattamento deve essere eseguito giornalmente. E preferibile eseguire due applicazioni al d di unora ciascuna Il miglioramento viene constatato generalmente dopo 10-15 giorni e diviene evidente alla terza settimana di applicazioni, ogni caso comunque presenta delle variabili individuali date dal soggetto che presenta fattori etiologici e patologie concomitanti variabili. Non ci sono controindicazioni anche per il trattamento anche di 4 ore al giorno secondo lesperienza di diversi casi ai quali era stata prescritta la terapia per tale durata. Valutazione dei risultati E utile e dovrebbe essere prassi che la lesione sia fotografata al momento della prima visita e prima della detersione chirurgica o medica. La lesione sar poi fotografata ad intervalli regolari decisi dallequipe medica. Con software opportuno si possono misurare i diametri della lesione, la sua profondit, la sua superficie e la sua circonferenza. Con le stesso software si possono eseguire e registrare dei grafici che dimostrino il comportamento della lesione e lefficacia o meno della terapia. In una scheda consigliabile annotare le variazioni oggettive ma anche le impressioni soggettive riferite dal paziente. Vengono prese in considerazione - i dati del paziente - le cause - i fattori concausali - le patologie associate - i farmaci in uso - la nascita e la durata della lesione - i sintomi dichiarati dal paziente - la secrezione - le caratteristiche della lesione e del tessuto di granulazione Possibilit di domiciliazione della cura a casa del paziente Le peculiarit dellossigeno per via topica, sono individuabili, nellassenza di controindicazioni, nel basso costo, nella semplicit applicativa, ma soprattutto nella necessit di una certa durata e continuit, (tale terapia produce migliori risultati dopo circa tre settimane regolarit applicativa). La durata del ciclo terapeutico dellossigeno per via topica difficilmente si coniuga con il periodo di degenza ospedaliera (in altri paesi Europei -P.D.L. 4409/2003-, le ulcere croniche vengono curate a casa del paziente). Per questo lesperienza diretta ci ha indicato un percorso terapeutico armonizzabile con una degenza ospedaliera di breve durata (5-7 giorni). Nel corso degli anni abbiamo ottenuto la prima certificazione per il nostro modello domiciliare che poi stata rinnovata secondo le norme vigenti. Questo modello utilizzato a domicilio del paziente per terapie di medio-lunga durata, permette di abbattere i costi sociali e di garantire la continuit applicativa richiesta. In questo modo abbiamo gi curato pazienti con ulcere di vario tipo con ottimi risultati e con spesa minima. Attualmente la tariffa di nolo applicata ai pazienti di 160 (IVA 4%) mensili, questa tariffa generalmente accettata, e comprende anche lassistenza telefonica ed a domicilio per qualsiasi problematica inerente la terapia. Questi costi non sono ancora rimborsati dal S.S.N., ma la fattura detraibile. Una struttura pubblica o privata ha in questo modo la possibilit offrire un servizio completo ai vari pazienti, aumentandone il grado di soddisfazione, e monitorando costantemente levoluzione della patologia con delle visite con cadenza settimanale, ma senza impegnare pesantemente la struttura ed il personale.(linee guida gi previste da una proposta di legge in discussione all Camera, e applicate in molti paesi dellUnione Europea).

RELAZIONE SULLA EFFICACIA SCIENTIFICA E SUI VANTAGGI ECONOMICI DELLA OSSIGENOTERAPIA TOPICA NORMOBARICA PER LA TERAPIA DELLE ULCERE TROFICHE DEGLI AR 08/12/2013 21:46
La patologia: di cosa si parla I problemi vascolari legati a deficit arterioso e allinsufficienza venosa a carico degli arti inferiori rappresentano la causa principale delle lesioni trofiche degli arti inferiori. Le cause di tale lesioni sono in ordine di frequenza: insufficienza venosa, deficit arterioso, diabete, traumi decubiti iatrogeniche e neoplastiche Epidemiologia: frequenza statistica e numeri Tale patologia rappresenta un grosso problema medico ma anche sociosanitario. Si stima che in Italia tale patologia colpisca l1,5% della popolazione e il 5% della popolazione sopra i 65 anni, con un calcolo approssimativo di circa due milioni dindividui coinvolti nel problema (P.D.L. N 4409/2003). La diffusione di tale malattia strettamente correlata tanto allinvecchiamento della popolazione, quanto alle condizioni di vita e al livello di cultura di base degli individui che ne sono potenzialmente soggetti. Il malato con tali lesioni, che per definizioni sono croniche, spesso inabile, sofferente, depresso, in quanto tale patologia rende problematica la sua esistenza, ne provoca uno scadimento della qualit della vita, e coinvolge pesantemente lambiente familiare per la continua necessit dassistenza, accompagnata da un decorso lento e non ben definito. Il problema per la societ: i costi Le ulcere degli arti inferiori sono tra le patologie che incidono maggiormente sul costo della sanit: in quanto; sono di difficile cura perch spesso non si pu eliminare la loro causa; il loro miglioramento dipende dalle risposte individuali, dallet e dalle patologie associate oltre dalle cause e concause. I costi possono essere; 1. diretti (cure e materiali utilizzati, reparti e servizi pubblici o convenzionati, medicina di base, assistenza domiciliare integrata e residenze sanitarie per anziani, spese per diagnosi 2. indiretti con giornate lavorative perse sia dal paziente sia dai familiari coinvolti ed eventuali costi per assicurazioni. E tali costi oltre ad essere cronici sono e saranno in aumento dato linvecchiamento della popolazione. Terapie attualmente a disposizione TALI SONO: terapie primarie rivolte a risolvere o a migliorare le cause e le concause (farmaci vasoattivi, diabetici, farmaci che agiscono sulla viscosit del sangue, vasodilatori ecc) farmaci e presidi per le medicazioni (pomate, garze, fasciature, presidi medicati ecc) e farmaci per le complicanze (anticoagulanti, antibiotici) terapie chirurgiche volte alla detersione delle lesioni o alla riparazione delle stesse (chirurgia plastica) ossigenoterapia attuata nelle camere iperbariche che da buoni risultati, ma di difficile attuazione per la scarsa reperibilit e per le controindicazioni generali (organiche e psicologiche) che ne limitano lutilizzo. Conseguenze sociosanitarie di trattamenti inadeguati Lesito potenzialmente negativo di un trattamento insufficiente comporta implicazioni gravi per il paziente (infezioni, cancrena, amputazioni e in ogni caso complicanze sanitarie e relazionali) ma anche per i familiari (vita di relazione, effetti psicologici e costi per assistenza e aiuti) e per il sistema sanitario nazionale (maggiori costi per le complicanze. Terapia alternativa possibile attualmente Negli ultimi due anni abbiamo sperimentato lossigenoterapia normobarica per via topica, che da terapia tradizionale di comprovata efficacia ma duso empirico, si sta affermando come terapia senza alcuna controindicazione, a costi modesti, duso facile e alla portata di tutti, con vantaggi sia per il paziente (risultati ottimali) sia per il Sistema Sanitario Nazionale (costi minimi in quanto praticabile anche a domicilio da personale non medico). Differenza di costi fra ossigenoterapia con camera iperbarica e ossigenoterapia con camera normobarica. I costi vanno quantificati sia il paziente sia per la famiglia che per il Sistema Sanitario Nazionale. Per il paziente e la famiglia si tratta di spese legate al trasporto del paziente alla Camera Iperbarica che mediamente impegna mezza giornata tra viaggio e tempo della terapia; trattasi di spesa viva di trasporto e di spesa sociale per impegno di una persona per mezza giornata. Per quanto riguarda il SSN dobbiamo considerare che il paziente pu essere trasportato da mezzo pubblico (ospedale o Comune) alla Camera iperbarica e che tale trasporto implica la spesa del mezzo, dellautista e del personale paramedico che per legge lo deve accompagnare. Il costo comunque a carico del SSN quello legato alluso della Struttura che ospita la Camera Iperbarica, le Camere Iperbariche, salvo poche eccezioni, sono di propriet di strutture private convenzionate con il SSN. Normalmente alla Struttura che gestisce la camera Iperbarica viene riconosciuto un costo di 90 a seduta e normalmente sono previsti cicli di 60 sedute; tali sedute vengono eseguite per motivi contingenti alla Struttura 5 giorni su sette (dal luned al venerd). Il costo di 90 Euro comprende luso della Camera Iperbarica comprensivo del personale medico e paramedico che deve essere presente per legge, a questo costo deve essere aggiunto il costo del trasporto dellassistito che pu essere a carico del SSN o della famiglia. Il costo della Camera Normobarica se eseguita a domicilio comporta lazzeramento delle spese di trasporto del paziente. Rimangono quindi solo i costi delluso della Camera Normobarica e dellossigeno. I costi delle medicazioni e dei controlli medici sono in teoria invariati ma in pratica verr dimostrato come il tipo e le modalit di trattamento possano far diminuire anche i costi di medicazione e personale medico e paramedico. I costo delluso della Camera Normobarica da noi attualmente praticato al paziente di 160 mensili + IVA (con uso di 30 giorni su 30 il mese) a quali vanno aggiunti 90 dossigeno: in sintesi 250 il mese per una cifra di 8 il giorno. Il costo pro/terapia per il S.S.N. di 90 a seduta con la Camera Iperbarica e sarebbe di soli 8 con la Camera Normobarica, si evince un risparmio applicazione/paziente di 82 con ulteriori vantaggi quali; il risparmio dei costi sociosanitari del trasporto; la continuit terapeutica senza interruzioni per 30 gg il mese, tra la tranquillit del proprio ambiente di vita e senza traumi; la facilit di diffusione con la possibilit di raggiungere tutti quei pazienti eleggibili (si calcola 200.000 in Italia), che al momento non possono curarsi con lossigeno per la scarsa disponibilit di Camere Iperbariche nel territorio, (questultime utilizzate circa all 80% per curare ulcere croniche) Si fa presente che attualmente sono in terapia in Camera Iperbarica per tali patologie un numero variabile tra i 20.000 e i 30.000 pazienti annui nel nostro paese, questo numero ridotto rispetto ai 200.000 casi eleggibili determinato da limitazioni per controindicazioni mediche e per problemi economico-sociali(disponibilit delle Camere Iperbariche, distanze, costo dei trasferimenti.) Ma il risparmio che si pu ottenere ancora maggiore. Infatti si potuto vedere (vedi Progetto di Legge N 4409) che i costi maggiori sono assorbiti dalle spese da parte del personale medico e paramedico seguiti dalle spese per le medicazioni varie. Nel caso delle terapia con Ossigeno per via topica, i protocolli riducono al minimo luso di personale medico e paramedico e luso di vari presidi medici (come garze medicate, antibiotici, pomate ecc), in quanto stato scientificamente dimostrato che: lossigeno per via topica: asciuga le ferite, stimola la granulazione dei tessuti ed incentiva la vascolarizzazione la terapia gestibile anche da un familiare del paziente stesso. Ulteriori risparmi COSTO DEL PERSONALE Per quanto riguarda il personale paramedico, (la spesa maggiore attualmente) lassistenza si riduce alla collaborazione con il medico durante il solo controllo ambulatoriale o domiciliare che viene consigliato una volta ogni 15 giorni. Lo stesso diconsi per il personale medico o specialistico che controlla ogni 15 giorni landamento della patologia e ne giudica il decorso. COSTO DELLE MEDICAZIONI Per quanto riguarda le medicazioni queste si possono dividere i medicazioni semplici, quelle che riducono lessudato e quelle attive che non solo proteggono la lesione controllando lessudato ma contribuiscono anche al processo di rigenerazione tissutale. I costi sono variabili e spesso si indotti ad usare medicazioni con costi inferiori senza considerare che il miglioramento o la guarigione di una lesione previene ulteriori spese a carico del SSN. La linea guida del Royal College of General Practitioners dellaprile del 2000 in U.K. suggerisce che gli operatori sanitari anche se non vi sono prove sufficienti a raccomandare una medicazione piuttosto che unaltra, devono usare le medicazioni che soddisfino esigenze cliniche, costi e esigenze del paziente e situazione della lesione. Nella stessa Inghilterra il trattamento avviene generalmente a domicilio per ridurre la spesa delle istituzioni sanitarie, Orbene nel protocollo della ossigenoterapia topica si sommano tutti questi consigli che troviamo nelle linee guida per il trattamento di tale lesioni nel Regno Unito, ovvero; Si riduce la spesa Ospedaliera e quella del personale medico e paramedico. Si usa un trattamento con efficacia e compliance del paziente e dei familiari con vantaggi non solo oggettivi (andamento della lesione) ma soggettivi (netta diminuzione dei sintomi e quindi con benessere del paziente, a costi nettamente inferiore ad altri trattamenti. La medicazione viene semplificata in quanto non si usa alcuna medicazione passiva o attiva per ridurre o eliminare la essudazione e la sovrainfezione o stimolare il tessuto di granulazione; si usa infatti solo una medicazione semplice con fisiologica che ha il vantaggio di detergere la lesione per una utilizzazione migliore dellossigeno topico, lasciando allossigeno stesso il compito di ridurre la infezione, la essudazione e stimolare il tessuto di granulazione. In sostanza si ottengono risparmi considerevoli sulla spesa sanitaria del personale medico e paramedico e sul costo delle medicazioni. Entrambi questi parametri e questi risparmi sono difficilmente quantificabili in quanto attualmente non ci sono protocolli standardizzati di diagnosi e di terapia e di assistenza. Ma si pu quantificare facilmente un risparmio dal 30 al 50% sulla spesa di personale medico e paramedico ed un risparmio superiore al 50% per quanto riguarda la spesa per medicinali. A questi risparmi si deve sommare il risparmio quantificabile per paziente che utilizzi la camera normobarica rispetto alla camera iperbarica.

Informe sobre la eficacia cientfica y sobre las ventajas econmicas de la oxigenoterapia tpica normobrica para la terapia de las lceras trficas d 08/12/2013 21:44
La patologa: de qu se habla Los problemas vasculares ligados al dficit arterial? y a la insuficiencia venosa a cargo? de las extremidades inferiores representan la causa principal de las lesiones trficas??? de las extremidades inferiores. Las causas de tales lesiones son en orden de frecuencia: insuficiencia venosa, dficit arterial?, diabetes, traumas, decbitos, iatrognicas y neoplsticas Epidemiologa: frecuencia estadstica y nmeros Tal patologa representa un gran problema mdico aunque tambin socio sanitario. Se estima que en Italia, tal patologa afecte al 1,5% de la poblacin y el 5% de la poblacin que supera los 65 anios, con un clculo aproximado de alrededor de dos millones de individuos involucrados en el problema (P.D.L. N 4409/2003). La difusin de tal enfermedad est estrechamente relacionada tanto al envejecimiento de la poblacin, como a las condiciones de vida y al nivel de cultura de base, de los individuos que son potencialmente sujetos a la misma. El enfermo con tales lesiones, que por definicin son crnicas, generalmente est incapacitado, deprimido, en cuanto tal patologa torna problemtica su existencia., ya que le provoca una disminucin de su calidad de vida, y compromete con un cierto peso el ambiente familiar por la contnua necesidad de asistencia, acompaniada de una evolucin lenta y no bien definida. El problema para la sociedad: los costos Las lceras de las extremidades inferiores estn entre las patologas que inciden mayormente en los costos de la sanidad en cuanto; . son difciles de curar porque frecuentemente no se puede eliminar la causa de las mismas . la mejoria depende de las respuestas individuales, de la edad y de las patologas asociadas, ms all de las causas y concausas. Los costos pueden ser; 1. directos (cuidados y materiales utilizados, repartos y servicios pblicos o convencionados, medicina de base, asistencia domiciliaria integrada y residencias sanitarias para ancianos, gastos para diagnosticar; 2. indirectos con jornadas de trabajo perdidas sea por el paciente, los familiares involucrados y eventuales gastos de seguros. Y tales costos ms alla de ser permanentes, irn en aumento dado el envejecimiento de la poblacin. Terapias actualmente a disposicin Tales como: terapias primarias dirigidas a resolver o mejorar las causas y las concausas (frmacos vasoactivos, diabticos, frmacos que actan sobre la viscosidad de la sangre, vasodilatadores, etc.) frmacos y material mdico (gazas, vendajes, etc) y frmacos para las complicaciones (anticuagulantes, antibiticos) terapias quirrgicas dirigidas a la limpieza de la lesin o a la reparacin de las mismas (ciruga plstica) oxigenoterapia realizada en las cmaras hiperbricas que da buenos resultados, pero es de difcil aplicacin debido a la escasa disponibilidad y por las contraindicaciones generales (orgnicas y psicolgicas) que limitan su utilizacin. Consecuencias socio sanitarias de tratamientos inadecuados El resultado potencialmente negativo de un tratamiento insuficiente implica consecuencias graves para el paciente (infeccin, gangrena, amputaciones y en cada caso complicaciones sanitarias y de relacin) tambin para los familiares (vida de relacin, efectos psicolgicos y costos de asistencia y ayudas) y para el sistema sanitario (mayores costos por las complicaciones). Terapia alternativa posible actualmente En los ltimos dos aos hemos experimentado la oxigenoterapia normobrica por va tpica que de terapia tradicional de comprobada eficacia pero de uso emprico, se est confirmando como terapia sin alguna contraindicacin, de costos modestos, de fcil uso y al alcance de todos, con ventajas sea para el paciente (ptimos resultados) sea para el Sistema Sanitario Nacional (costos mnimos en cuanto se pueden realizar a domicilio por personal no mdico). Diferencia de costos entre oxigenoterapia con cmara hiperbrica y oxigenoterapia con cmara normobrica Los costos se cuantifican tanto para el paciente como para la familia y el Sistema Sanitario Nacional. Para el paciente y la familia se trata de gastos relacionados al transporte del paciente a la Cmara Hiperbrica que insume un medio da entre viaje y tiempo de la terapia; se trata de un gasto de transporte y de un gasto social por empear a una persona un medio da. En lo que respecta al SSN debemos considerar que el paciente puede ser transportado por un medio pblico (hospital o Ayuntamiento) a la Cmara Hiperbrica y que dicho transporte implica el gasto del medio utilizado, del conductor y del personal paramdico que por ley lo debe acompaar. Normalmente a la Estructura que EMPLEA la cmara hiperbrica se le reconoce un costo de 90 por sesin y normalmente se preveen ciclos de 60 sesiones; estas sesiones se efectan por motivos contingentes a la Estructura, 5 das, de los siete de la semana (de lunes a viernes). El costo de 90 euros comprende el uso de la Cmara Hiperbrica includo el personal mdico y paramdico que debe estar presente por ley; a este costo se debe agregar el costo del transporte del asistido que puede ser a cargo del SSN o de la familia. El costo de la Cmara Normobrica, si se realiza en el domicilio del asistido, elimina los gastos de transporte del paciente. Quedan por lo tanto, slo los gastos del uso de la Cmara Normobrica y del oxgeno. Los costos del material descartable para curacin y de los controles mdicos, son en teora invariables pero en la prctica quedar demostrado cmo el tipo y las modalidades de tratamiento pueden disminuir tambin los costos de material descartable y personal mdico y paramdico. El costo por el uso de la Cmara Normobrica que actualmente nosotros aplicamos al paciente es de 240 mensuales + IVA (usndolo los 30 das del mes) a los que se agregan 90 de oxgeno: en resumen 330 al mes, es decir 11 por da. El costo pro/terapia para el S.S.N. es de 90 por sesin con la Cmara Hiperbrica y sera slo de 11 con la Cmara Normobrica, se deduce un aborro aplicacin/paciente de 79 con ulteriores ventajas como: Aborro de los costos sanitarios de transporte; Continuidad teraputica sin interrupciones por 30 das en el mes, en la tranquilidad del propio ambiente de vida y sin traumas; Facilidad de difusin, con la posibilidad de llegar a todos los pacientes posibles (se calculan 200.000 en Italia), que por el momento no se pueden curar con el oxgeno por la escasa disponibilidad de Cmaras Hiperbricas en el territorio, ( estas ltimas utilizadas en un 80% para curar lceras crnicas) Se hace presente que actualmente realizan terapia con la Cmara Hiperbrica por tales patologas un nmero variable entre 20.000 y 30.000 pacientes anuales en nuestro pas. Este nmero reducido respecto a los 200.000 casos posibles est determinado por limitaciones dadas por contraindicacioes mdicas y por problemas econmico-sociales (disponibilidad de las Cmaras Hiperbricas, distancias, costo de las trasnferencias). Pero el aborro que se puede obtener es todava mayor. En efecto, se puede ver (ver Proyecto de Ley N 4409) que los costos mayores son absorbidos por los gastos de parte del personal mdico y paramdico, seguidos de los gastos de material descartable vario. En el caso de terapias con Oxgeno por via tpica, los protocolos reducen al mnimo el uso de personal mdico y paramdico y el uso de varios materiales mdicos (como gazas, antibiticos, pomadas, etc.) en cuanto se ha demostrado cientficamente que: El oxgeno por va tpica: Seca las heridas, estimula la granulacin de los tejidos e incentiva la vascularizacin La terapia puede ser seguida tambin por un familiar del paciente mismo. Ulteriores ahorros Costo del personal En lo que respecta al personal paramdico, (el gasto mayor actualmente), la asistencia se reduce a la colaboracin con el mdico slo durante el control ambulatorio o domiciliario que se aconseja una vez cada 15 das. Lo mismo tambin, para el personal mdico o especializado que controla cada 15 das el desarrollo de la patologa y juzga su evolucin. Costo de los elementos usados para las curaciones En lo que hace a estos elementos se pueden dividir en simples, los que reducen la secrecin y los activos que no slo protegen la lesin controlando la secrecin sino que tambin contribuyen al proceso de regeneracin de los tejidos. Los costos son variables y habitualmente se es inducido al uso de los mismos, con costos inferiores sin considerar que la mejora o la cura de una lesin previene ulteriores gastos a cargo del SSN. La lnea gua del Royal College of General Practitioners de abril de 2000 en Gran Bretaa sugiere que los operadores sanitarios, aunque si no hay pruebas suficientes para recomendar algunos de estos materiales en lugar de otros, deben usar los que satisfagan las exigencias mdicas, costos y exigencias del paciente y estado de la lesin. En Inglaterra misma, el tratamiento se lleva a cabo generalmente en el domicilio del paciente para reducir el gasto de las instituciones sanitarias. Entonces en el protocollo de la oxigenoterapia tpica se suman todos estos consejos que encontramos en las lneas gua para el tratamiento de tales lesiones en el Reino Unido, o sea; Se reduce el gasto hospitalario y el del personal mdico y paramdico. Se usa un tratamiento con eficacia y consentimento del paciente y de los familiares, con ventajas no slo objetivas (evolucin de las lesiones) sino subjetivas (neta disminucin de los sntomas y por lo tanto, con bienestar del paciente, a costos netamente inferiores a otros tratamientos. Los materiales usados para las curaciones se simplifican ya que no se usan ni elmentos pasivos ni activos para reducir o eliminar la secrecin y evitar que se vuelva a infectar la lesin, o estimular el tejido de granulacin; se usa en efecto, slo uno de estos elementos simples con fisiolgica que tiene la ventaja de limpiar la lesin para una mejor utilizacin del oxgeno tpico, dejando al oxgeno mismo la tarea de reducir la infeccin, la secrecin y estimular el tejido de granulacin. Sustancialmente se logra un ahorro considerable en el gasto sanitario del personal mdico y para mdico y en el costo de los materiales usados para las curaciones. Ambos parmetros y el ahorro son difcilmente cuantificables en cuanto actualmente no hay protocolos estandarizados de diagnstico, de terapia y de asistencia. Pero se puede cuantificar fcilmente un ahorro del 30 al 50% sobre el gasto de personal mdico y para mdico y un ahorro superior al 50% en lo que respecta al gasto de los medicamentos. A estos ahorros se deben sumar el ahorro cuantificable por cada paciente que utilice la cmara normobrica

INDICACIONES DE PROTOCOLOS PARA LA UTILIZACIN DE LA CMARA PARA OXIGENOTERPIA TPICA Y PARA LA PROSECUCIN DE LA TERAPIA TAMBIN EN LA FASE DE HOSPIT 08/12/2013 21:43
Para una correcta aplicacin con resultados positivos de tal terapia se deben considerar; a) indicaciones b) metodologa de tratamiento c) duracin del tratamiento d) evaluacin de los resultados Indicaciones Todas las lesiones tpicas localizada en las extremidades inferiores que tengan soluzioni di continuo de la piel, la sede principal es la pierna. La lesin en el muslo es rara y por el momento no ha sido tomada en consideracin. La terapia se aplica a lesiones con causas o concausas varias an con resultados variables. Para las siguientes patologas: lceras flebostticas (frecuentes y con porcentajes de curacin variable del 60 al 80 % segn las concausas y factores patolgicos asociados) lceras diabticas (pie diabtico) Tales lesiones comprenden sea las lesiones trficas de los tejidos cutneos y subcutneos que las del hueso expuesto y comprometido. Tales lesiones son frecuentes con porcentajes de curacin variable del 70 al 90 %. lceras en arteriopticos. No frecuentes. Resultados inferiores sea subjetivamente que objetivamente. Lesiones traumticas. Discretamente frecuentes con resultados buenos pero muy variable para las condiciones generales y locales asociadas. Lesiones iatrognicas y su base neoplstica. Raras con resultados muy variables segn el caso. Metodologa del tratamiento La experiencia madurada durante los ltimos aos ha visto modificar el enfoque y la metodologia en el tratamiento de las lceras trficas de las extremidades inferiores en cuanto, Tales lesiones son crnicas ( a parte las lesiones postraumticas) Tales lesiones han sido tratadas durante su periodo crnico con metodologas varias y variables segn los operatores sanitarios. Consideramos en base a la experiencia madurada y a los principios generales que hemos expuesto, que el tratamiento teraputico pueda seguir estas directivas: 1) Indicaciones, en lo posible, precisa a la oxigenoterapia. Tal indicacin debe ser hecha por un mdico especialista en ciruga, ciruga vascular, dermatologa, diabetologa o por un mdico que tenga experiencia y competencia en esta patologa y con conocimiento sobre las patologas relacionadas a la etiologa de tales lesiones. 2) La lesin para obtener ventaja de la oxigenoterapia debe estar limpia. La limpieza puede ser hecha con simple limpieza mdica o con limpieza quirrgica, removiendo escaras y tejidos muertos de modo de hacer llegar el oxigeno en contacto con los tejidos con posibilidad de granulacin. 3) La posibilidad de la oxigenoterapia y la modalidad de suministracin, debe ser examinada y evaluada por el personal mdico o paramdico en cuanto, la sensibilidad a la dosis, al tiempo y a la humedad, son individuales. 4) Las nicas sustancias usadas por el material descartable para curacin estn representadas por soluciones fisiolgicas para la limpieza, antes y despus de la aplicacin del oxgeno. No se usan antispticos yodados(betadine) o vendas con vaselina que no dejen pasar el oxgeno. 5) Si la lesin produce dolor, ms all de aumentar la humedad, se puede mojar la misma con marcana o lidocana u otro anestsico local. El procedimiento correcto en secuencia es el siguiente Sacar el vendaje de la lesin. Limpiar con gasa mojada con solucin fisiolgica (no cubrir la lesin con ningn vendaje) Introduccin de la extremidad en la cmara oxigenada. Cierre de la misma posiblemente sobre la rodilla. Suministro del oxgeno en proximidad de la lesin de acuerdo a la sensibilidad del paciente con un flujo entre el 3 y el 4 LT al minuto por 10 minutos y por lo tanto a 2 LT al minuto. La duracin total, salvo casos particulares, es de una hora. Al final continuar la higiene con gasa mojada con fisiolgica y por ende, cubrirla con gaza con la misma solucin o con anestsico local si la lesin es dolorosa. Duracin del tratamiento La duracin del tratamiento por da es indicado por el mdico que establece la indicacin y que sigue al paciente y la evolucin de la herida; en cada caso, aconsejamos las siguientes directivas: El tratamiento debe ser seguido diariamente. Es preferible seguir dos aplicaciones al da, de una hora cada una. La mejora se observa, generalmente, despus de 10-15 das y se hace evidente a la tercera semana de aplicacin. Cada caso, presenta variables individuales dadas por el sujeto que presente factores etiolgicos y patologas concomitantes variables. No hay contraindicaiones para el tratamiento an de 4 horas al da de acuerdo a la experiencia de diversos casos a los cuales haba sido prescripta la terapia con dicha duracin. Evaluacin de los resultados Es til y debera ser una costumbre que la lesin sea fotografiada al momento de la primera visita y antes de la higiene (detersiones) quirrgica o mdica. La lesin ser luego fotografiada a intervalos irregulares decididos por el equipo mdico. Con un oportuno software se pueden medir los dimetros de la lesin, su profundidad, su superficie y su circunferencia. Con el mismo software, se pueden hacer y registrar grficos que demuestren el comportamiento de la lesin y la eficacia o no de la terapia. En una ficha, es aconsejable anotar las variaciones objetivas pero tambin las impresiones subjetivas referidas al paciente. Se toman en consideracin: - los datos del paciente - las causas - los factores concausales - las patologas asociadas - los frmacos en uso - el nacimiento y la duracin de la lesin - los sntomas declarados por el paciente - la secrecin - las caractersticas de la lesin y del tejido de granulacin Posibilidad de seguir la cura en el domicilio del paciente Las peculiaridades del oxgeno por va tpica, se pueden individualizar, en ausencia de contraindicaciones, en el bajo costo, en la simplicidad aplicativa, pero sobre todo en la necesidad de una cierta duracin y continuidad, (tal terapia produce mejores resultados despus de unas tres semanas de aplicacin regular). La duracin del ciclo teraputico del oxgeno por va tpica, difcilmente se conjuga con el perodo de hospitalizacin (en otros pases europeos P.D.L. 4409/2003, las lceras crnicas se curan en la casa del paciente). Por esto, la experiencia directa nos ha indicado un seguimiento teraputico en armona con una hospitalizacin de breve duracin (5-7 das) En el transcurso del 2003, hemos obtenido la certificacin por nuestro modelo domiciliario; este modelo utilizado en el domicilio del paciente por terapias de medio- larga duracin, permite achicar los costos sociales y garantizar la continuidad aplicativa requerida. Tal certificacin ha sido actualizada de ao en ao.

La Sanit nel Veneto Orientale nel prossimi 10 anni in attesa dell'Ospedale Unico 15/10/2013 19:35
In maggio abbiamo presentato come sar la Sanit nei prossimi anni. Avevamo come relatori L'Assessore al Sociale della Regione Venata Ass. Sernagiotto , il Presidente della 5 Commissione ( Sanit) della Regione Veneta Leonardo Padrin oltre al sottoscritto che anche Presidente de " Il Ponte" oltre ad essere medico. Vi abbiamo di come evolve la sanit in generale e come potrebbe evolvere anche nel Veneto. Sia per quanto riguarda la medicina negli Ospedali e nel territorio e sia per quanto riguarda il sociale La sala del Hotel Forte 48 era piena e le relazioni sono state esaurienti e utili a tutti, pubblico e operatori sanitari La Sanit cambia e non solo per questione di risparmi ma renderla migliore: come si dice spesso per ottimizzarla In questo mese sono state approvate dalla 5 commissione della Sanit nella Regione Veneta le schede del Piano sociosanitario del Veneto A noi interessano le schede del Veneto Orientale dove noi viviamo e dove dobbiamo risolvere i nostri problemi di salute Noi medici dobbiamo risolvere al meglio i vostri problemi i e voi cittadini dovete avere la possibilit in quanti vostro diritto risolvere i problemi sanitari che si presnetano. Ma anche dovete essere in grado di prevenire le malattie con una prevenzione razionale . Certamente i costi hanno il loro peso. Non ci sono soldi. Qualcuno li ha presi, qualcuno li ha mangiati. Ci dovrebbero essere se tutti i politici si fossero comportati bene. Per fortuna la Regione Veneta assieme alla Lombardia una regione virtuosa e sta meglio di altre e i tagli dovrebbero essere con minor peso. Ma vediamo alla finestra cosa succeder Intanto un passo avanti si fatto. Si sono dati delle linee guida, si sono dati dei principi ai quali attenersi. Son o state approvate le schede del piano socio sanitario. Dopo varie polemiche Abbiamo organizzato noi del " Il POnte" una riunione per esporre ai cittadini e agli operatori sanitari quale sar il fututo. Avete visto dal titolo che si parla di un periodo che si pensa sia concluso fra 10 anni. Perch. Perch nelle schede si deciso che ci sar un ospedale unico nel Veneto Orientale. Vediamo poi nella conferenza cosa si intende per Ospedale Unico e quale modifiche ci saranno per i cittadini e per gli operatori sanitari. Diciamo che attualmente i cittadini ma nemmeno gli operatori sanitari ( medici e infermieri e tecnici) sanno quale futuro li attende. Ecco che noi abbiamo invitato i massimi esponenti o anche quelli che sono al vertice della Sanit e che ci diranno come sar la nostra Sanit adesso, nei prossimi 10 anni e poi con l'Ospedale Unico. A dire il vero nelle schede si parla di 5 anni. Fra 5 anni ci sar l'Ospedale unico. Lo ha ribadito anche il Nostro Direttore Genale Carlo Bramezza. Io ci credo poco , abbiamo l'esperienza degli Ospedali Unici di Mestre, di Padova, di Pordenone ecc. o per dirla in altre parole pensiamo al Mose o allo Stretto di Messina. Nulla a che vedere con la Sanit ma sappiamo come in genere procedano i lavori.. Tutti si ricordano i tempi per il sottopasso della Ferrovia o la Bretella e il secondo Ponte e adesso il terzo ponte. Bene ne parleremo poi e diremo anche la nostra su come dovrebbe essere la sanit . Intanto sentiremo i nostri Ospiti cosa ci diranno e sar interessante se i cittadini o gli operatori sanitari faranno domande e avranno una risposta Qui sotto metto i relatori e la location Il Movimento Il Ponte presenta Il Futuro della Sanit nel Veneto Orientale nei prossimi 10 anni Relatori Carlo Bramezza : Direttore Generale ASL N10 Domenico Mantoan: Segretario Generale Sanit Regione Veneto Paolo Leonardo Padrin: Presidente 5 Commissione Regione Veneto Francesco Fidanza : Direttore Dipartimento Chirurgico ASL N 10 Giovanni Mazzanti: Direttore Dipartimento Medicina ASL N.10 Paolo Madeyski: Responsabile Chirurgia Casa di Cura Rizzola Parteciperanno Dottoressa Patrizia Benini: Direttirice Sanitaria ASL N 10 Dottoressa Carla: Direttrice Servizi Sociali ASL N 10 Moderatrice: Daniela Ribbon Si ringraziano i consiglieri delle Liste Civiche che hanno collaborato nella preparazione del convegno in luce apartitica ma solo politica ( per il bene della gente) NB: tutta la serata sar ripresa da Piave TV e un sunto di una ora e mezza andr in onda sulle televisioni regionali

Direttiva europea per i pacchetti di sigaretta e per le sigarette elettroniche 10/10/2013 22:43
Il Parlamento europeo ha deciso di approvare a larghissima maggioranza il testo della nuova direttiva tabacco dando mandato al consiglio europeo di iniziare le trattative con i singoli stati per uniformare la legislatura in merito secondo la direttiva. Le nuove norme europee sul fumo prevedono la presenza di immagini shock oltre a diverse avvertenze per la salute sui pacchetti di sigarette. Si parla di immagini shock ma io ritengo che si tratti solo di immagini veritiere. Non sono immagini disegnate ma sono fotografie che fotografano la realt e vogliono avvertire il consumatore dei danni e dei pericoli ai quali va incontro. Le normativa dicono come devono essere le immagini e che gli avvisi dovranno coprire il 65% del pacchetto e dovranno essere situati nella parte alta, sopra il logo della marca. In sostanza che vede il pacchetto dovr vedere subito la immagine forte e poi potr leggere la marca alla quale lui era affezionato. Vi saranno quindi immagini forti come polmoni anneriti o tumori alla bocca come gi avviene in Australia. E sembra da dati statistici diffusi che tale norma in Australia abbia ottenuto risultati incoraggianti. Nella stessa direttiva lUe ha deciso di vietare le confezioni con meno di 20 sigarette e di abolire laroma al mentolo, anche se in questultimo caso le aziende produttrici avranno a disposizione otto anni di tempo. Bisogna anche dire che sono in Italia e forse in qualche altro paese europeo si possono vendere confezioni con 1o sigarette. Sono state approvate anche nuove regole sulle sigarette elettroniche e nel testo approvato dal Parlamento europeo prevede con la Commissione Ue non intende riconoscere la sigaretta elettronica come un farmaco. Per tale motivo viene stabilito che le e-cig non sono considerate farmaco e quindi non saranno vendute solo in farmacia, mentre confermato il divieto di vendita ai minori e il divieto di pubblicit. La sigaretta elettronica potr essere venduta come gli altri prodotti della filiera del tabacco ma subir gli stessi divieti e dovr avere avvertenze per la salute. Lo scopo finale dichiarato infatti quello di combattere il fumo in generale e in particolare. Naturalmente non si potr fumare le sigarette elettroniche nei luoghi pubblici, e in mnodo particolare nelle scuole e negli ospedali. Non sappiamo che queste nuovo normative sulla sigaretta elettronica sia state apportata su pressione delle multinazionali del tabacco ma certamente nel complesso si fa un passo avanti. Quante volte assistiamo a persone che fumano in presenza di bambini., Vediamo spesso mamme che fumano ed hanno in braccio i bambini di pochi mesi. Tutti sanno che la legge lo vieta a difesa dei bambini, ma non abbiamo mai visto e dico mai visto un vigile fermare una donna che fuma assieme al suo bambino. Avete mai visto i responsabili dei luoghi pubblici dire qualche cosa a persone che fiumano nei giardini nelle scuole o degli ospedali. Dicono forse qualche cosa ai pazienti che fumano sulla terrazza dellospedale o nei bagni ? Il problema in Italia quello che nessuno fa rispettare le leggi salvo quelle che fanno comodo. La giustizia in Italia una casta e difficilmente si potr fare qualche cosa: basterebbe che ci fosse pi civilt, pi educazione. pi rispetto per gli altri Per concludere larticolo riposto sotto i commenti tratti da un forum allannuncio della introduzione della normativa europea sulle immagini sui pacchetti di sigaretta Li riporto integralmente ma senza mettere nessuno riferimento a chi li ha scritto rispettando la privacy . Sappiate per che sono veri e sono quindi espressione di molte personeinfatti ne riporto solo alcuni 1) Da ex fumatore (sono sanissimo) , dopo quasi 20 anni di sigarette ho smesso scommettendo che non avrei mai smesso!!!!! Le sigarette ,come la benzina e lalcool, sono per lo stato unintroito da milioni di euroAl fumatore non interessa se aumentano o fanno male!!!!!!!!!!!!!!!!!! Commento: rappresentano un grosso introito ma lo stato spende di pi di quello che incassa per curare i danni dal tabacco 2)I fumatori lo sanno benissimo cosa rischiano. Che senso ha dunque mettere foto raccapriccianti? Se davvero volessero combattere le sigarette le dovrebbero toglierle dal mercato Commento: Giusto!! Ma nessuno tiene conto che la libert di uno finisce dopo inizia la libert di un altro. Ogni persona in genere pensa a s e al proprio piacere. 3) a questo punto si dovrebbe mettere anche queste immagini sul vino, liquori, e AUTOche provocano piu morti del tabacco Commento: vi una bella differenza. Si dovrebbe avvertire i consumatori di usare macchina, alcool in giusta misura e con prudenza e rispettando le leggi. IN ogni caso il fumo causa danni e spesa pubblica di gran lunga superiore ai morti in auto o allalcool 4) C bisogno delle foto raccapriccianti per far capire alla gente che le sigarette portano al tumore. Se la gente cretina nessuno pu farci niente. ABOLIAMO LE SIGARETTE. TOGLIAMOLE DAL MERCATO Commento: pienamente daccordo ma bisogna farlo educando 5) Penso che se qualcuno vuole uccidersi nella maniera a lui pi congeniale sia opportuno lasciarlo fare; anche questa libert. Commmento: sono daccordo sula liberta di morire e di stare male ma dovrebbe pagare le conseguenze di tasca loro 6) Non penso che le immagini siano dei deterrenti, anzi buttando il pacchetto vuoto potrebbero venire in mano a dei bambini provocando seri problemi psicologici. Lo dice un non fumatore Commmento. Io mi occupo di prevenzione nelle scuole elementari da anni e mai e dico mai un bambino ha avuto problemi per aver visto tali immagini che mostro con delle diapositive. Anzi si ha un effetto buono che il bambino porta a casa 7)Si Si SI, fate solo bene! Ma per far smettere di fumare bisognerebbe alzare il prezzo di un pacchetto di sigarette a 100 (cos troviamo anche i soldi per la cassa integrazione, imu, iva ect..). E una vergogna vivere in mezzo a ciminiere ambulanti:o vai in apnea o ti giochi lesistenza Commento: sono pienamente daccordo. Chi ha il vizio paghi. Ma certamente una tassa alta su tabacco, alcool e giochi porterebbe pi soldi dellIVA e dellIMU. Chi pu compri pure le sigarette ma paghi per quelli che non devono pagare lIMU o lIVA che ricade su tutti noi !

INDICAZIONE DI PROTOCOLLI DI UTILIZZO PER LA CAMERA PER OSSIGENOTERAPIA TOPICA, E PER LA PROSECUZIONE DELLA TERAPIA ANCHE NELLA FASE DI POST-DEGENZA 10/10/2013 22:41
INDICAZIONE DI PROTOCOLLI DI UTILIZZO PER LA CAMERA PER OSSIGENOTERAPIA TOPICA, E PER LA PROSECUZIONE DELLA TERAPIA ANCHE NELLA FASE DI POST-DEGENZA DEL PAZIENTE Per una corretta applicazione con risultati positivi di tale terapia si devono considerare: a) indicazioni b) metodologia di trattamento c) Durata di trattamento d) Valutazione dei risultati Indicazioni Tutte lesioni trofiche localizzate agli arti inferiori che abbiano soluzioni di continuo della cute, la sede principale la gamba. La lesione alla coscia rara e al momento non stata presa in considerazione. La terapia viene applicata a lesioni con cause o concause varie anche se con risultati variabili. Per le seguenti patologie: Ulcere flebostatiche (frequenti e con percentuali di guarigioni variabile dal 60 all80% secondo le concause e fattori patologici associati). Ulcere diabetiche (piede diabetico) .Tali lesioni comprendono sia le lesioni trofiche dei tessuti cutanei e sottocutanei che quelle con osso esposto e interessato. Tali lesioni sono frequenti con percentuali di guarigioni variabili dal 70% al 90% Ulcere in arteriopatici. Non frequenti . Risultati inferiori sia soggettivamente che oggettivamente Lesioni traumatiche. Discretamente frequenti con risultati buoni ma molto variabile per le condizioni generali e locali associate. Lesioni iatrogene e su base neoplastica. Rare con risultati molto variabili da caso a caso. Metodologia del trattamento Lesperienza maturata nel corso degli ultimi anni ha visto modificare lapproccio e la metodologia del trattamento delle ulcere trofiche degli arti inferiori in quanto; tali lesioni sono croniche (a parte le lesioni postraumatiche). tali lesioni sono state trattate nel corso della loro cronicit con metodologie varie e variabili a secondo gli operatori sanitari. Riteniamo in base alla esperienza maturata e ai principi generali che abbiamo esposto il percorso terapeutico possa seguire queste direttive 1) Indicazione, per quanto possibile, precisa alla ossigenoterapia. Tale indicazione deve essere posta da un medico specialista in chirurgia, chirurgia vascolare, dermatologia, diabetologia o da un medico che abbia unesperienza e competenza su tale patologia e con conoscenze sulle patologie correlate alla etiologia di tali lesioni. 2) La lesione per trarre vantaggio dalla ossigenoterapia deve essere detersa . La detersione pu essere fatta con semplice detersione medica o con detersione chirurgica rimuovendo escare e tessuto necrotico in modo da far venire lossigeno a contatto dei tessuti con possibilit di granulazione. 3) La possibilit della ossigenoterapia e la modalit di somministrazione deve essere saggiata e valutata da personale medico o paramedico in quanto la sensibilit alla dose, al tempo e alla umidit sono individuali. 4) Le uniche sostanze usate dalla medicazione sono rappresentate da soluzione fisiologica per la detersione prima e dopo lapplicazione dellossigeno. Non vengono usate betadine o medicazioni vasellinate o che non lasciano passare lossigeno. 5) Se la lesione dolente , oltre ad aumentare lumidit si pu bagnare la lesione con marcana o altro anestetico locale. La procedura corretta in sequenza la seguente. Sfasciatura della lesione Sua detersione con garza bagnata con fisiologica (non coprire la lesione con nessuna medicazione); Introduzione dellarto nella camera per ossigeno Chiusura della stessa possibilmente sopra al ginocchio Erogazione dellossigeno in prossimit della lesione a secondo la sensibilit del paziente con un flusso tra i 4 e i 5 LT al minuto per 10 minuti e quindi a 3 LT al minuto La durata complessiva salvo casi particolari di unora. Alla fine eseguire detersione con garza bagnata di fisiologica e quindi coprirla con garza con la stessa soluzione o con anestetico locale se la lesione dolorosa. Durata del trattamento La durata del trattamento per giorno indicata dal medico che pone lindicazione e che segue il paziente e levoluzione della ferita, in ogni modo consigliamo le seguenti direttive: Il trattamento deve essere eseguito giornalmente. E preferibile eseguire due applicazioni al d di unora ciascuna Il miglioramento viene constatato generalmente dopo 10-15 giorni e diviene evidente alla terza settimana di applicazioni, ogni caso comunque presenta delle variabili individuali date dal soggetto che presenta fattori etiologici e patologie concomitanti variabili. Non ci sono controindicazioni anche per il trattamento anche di 4 ore al giorno secondo lesperienza di diversi casi ai quali era stata prescritta la terapia per tale durata. Valutazione dei risultati E utile e dovrebbe essere prassi che la lesione sia fotografata al momento della prima visita e prima della detersione chirurgica o medica. La lesione sar poi fotografata ad intervalli regolari decisi dallequipe medica. Con software opportuno si possono misurare i diametri della lesione, la sua profondit, la sua superficie e la sua circonferenza. Con le stesso software si possono eseguire e registrare dei grafici che dimostrino il comportamento della lesione e lefficacia o meno della terapia. In una scheda consigliabile annotare le variazioni oggettive ma anche le impressioni soggettive riferite dal paziente. Vengono prese in considerazione - i dati del paziente - le cause - i fattori concausali - le patologie associate - i farmaci in uso - la nascita e la durata della lesione - i sintomi dichiarati dal paziente - la secrezione - le caratteristiche della lesione e del tessuto di granulazione Possibilit di domiciliazione della cura a casa del paziente Le peculiarit dellossigeno per via topica, sono individuabili, nellassenza di controindicazioni, nel basso costo, nella semplicit applicativa, ma soprattutto nella necessit di una certa durata e continuit, (tale terapia produce migliori risultati dopo circa tre settimane regolarit applicativa). La durata del ciclo terapeutico dellossigeno per via topica difficilmente si coniuga con il periodo di degenza ospedaliera (in altri paesi Europei -P.D.L. 4409/2003-, le ulcere croniche vengono curate a casa del paziente). Per questo lesperienza diretta ci ha indicato un percorso terapeutico armonizzabile con una degenza ospedaliera di breve durata (5-7 giorni). Nel corso dellanno 2003 abbiamo ottenuto la prima certificazione per il nostro modello domiciliare e lultima versione stata certificata nel 2010 .Questo modello utilizzato a domicilio del paziente per terapie di medio-lunga durata, permette di abbattere i costi sociali e di garantire la continuit applicativa richiesta. In questo modo abbiamo gi curato pazienti con ulcere di vario tipo con ottimi risultati e con spesa minima. Attualmente la tariffa di nolo applicata ai pazienti di 160 (IVA esclusa) mensili, questa tariffa generalmente accettata, e comprende anche lassistenza telefonica ed a domicilio per qualsiasi problematica inerente la terapia. Questi costi non sono ancora rimborsati dal S.S.N., ma la fattura detraibile. Una struttura pubblica o privata ha in questo modo la possibilit offrire un servizio completo ai vari pazienti, aumentandone il grado di soddisfazione, e monitorando costantemente levoluzione della patologia con delle visite con cadenza settimanale, ma senza impegnare pesantemente la struttura ed il personale.(linee guida gi previste da una proposta di legge in discussione all Camera, e applicate in molti paesi dellUnione Europea). M.P.SYSTEM S.R.L. MKT SCIENTIFICO BIBLIOGRAFIA (1) OXYGEN AND WOUND HEALING, Clin. Plast. Surg. 17 (1990 ) 463 [2] K.Jonsson. J.A. Jensen, W.H.d.Goodson, H. Scheuenstuhl. J. West, H.W. Hopf, T.H.Hunt, TISSUE OXYGENATION, ANEMIA AND PERFUSION IN RELATION TO WOUND HEALING IN SURGICAL PATIENTS. Anm. Surg. 214 ( 1991 ) 605. [13] B.H. Fischer, TOPICAL HYPERBARIC OXYGEN TREATMENT OF PRESSURE SORES AND SKIN ULCERS Lancet 2 ( 1969 ) 405. [14] T.Kaufman. J.W. Alexander, B.G. MacMillan, TOPICAL OXYGEN AND BURN WOUND HEALING A REVIEW, Burns incl. Therm Inj. ) (1983) 196. [15] D.R. Ignacio. A.P. Pavot, R.N. Azer, L. Wisotsky. TOPICAL OXYGEN THERAPY TREATMENT OF EXTENSIVE LEG AND FOOT ULCERS, J.Am. Pediatre. Med. Assoc. 75 ( 1985) 196. [16] A.V. Upson, TOPICAL HYPERBARIC OXYGENATION IN THE TREATMENT OF RECALCITRANT OPEN WOUNDS. A CLINICAL REPORT, Phys Ther 66 ( 1986) 1408 [19] M.C.Heng, TOPICAL HHYPERBARIC THERAPY FOR PROBLEM SKIN WOUNDS J. Dermatol, Surg, Oncol. 19 ( 1993) 784. 35] Kaufman T. e coll.: TOPICAL OXIGEN AND BURN WOUND HEALING: A review. Burns incl. Therm.Inj. 1983, 196. [36] Ignacio D.R. e coll.: TOPICAL OXYGEN THERAPY TREATMENT OF EX-TENSIVE LEG AND FOOT ULCERS.J. Am. Pediatric. Med. Assoc. 75, 1985,196.

Uso delle calze antritrombo 10/10/2013 22:40
Seguendo lo schema del modello calze antitrombo Le calze per la profilassi venosa profonda sono da usare nei pazienti sottoposti ad interventi chirurgici maggiori, di quelli superiori a due ore di intervento e nei pazienti a rischio (vedi allegato A) . Eventuali variazioni saranno indicate dal medico e riportate nel diario medico periodo in cui le calze vengono indossate Le calze vengono indossate secondo l'allegato A il giorno prima dell'intervento se il paziente ricoverato o al momento del ricovero se il paziente si ricovera il giorno dell'intervento stesso. Le calze rimangono indossate sia il giorno che la notte per il periodo in cui il paziente a rischio (fino a che non vi una normale mobilitazione o fino a quando il paziente non viene dimesso ). Sar il medico a prescrivere scrivendo nel diario medico il momento in cui il paziente rimarr senza calze. Le calze vengono tolte almeno una volta al giorno per un tempo non superiore ai 30 minuti. Le calze vengono tolte e rimesse da personale infermieristico che seguir le norme nell'allegato B. Controindicazioni : vi sono delle contro indicazioni di carattere locale e generale che devono essere tenute presenti (edemma importante delle gambe, rischio aumentato di edema polmonare, arteriopatia periferiche importanti, neuropatie periferiche significative, dermatiti) e sar il medico a decidere quando il paziente non potr indossare le calze. Raccomandazioni fonte: Joanna Briggs Institute for Evidence Based Nursing and Midwifery misurare le calze secondo le raccomandazioni del produttore per essere certi di scegliere la taglia corretta quando si indossano le calze compressione graduata per la prima volta annotarsi la misura della taglia per avere un riferimento. Pu essere necessario misurare regolarmente gli arti inferiori per evitare possibili complicanze: l'edema della gamba determina una pressione eccessiva delle calze. Asciugare piedi e gambe prima di infilare le calze a compressione graduata. Togliere le calze una volta al giorno per la cura, l'igiene e il controllo della cute. Per alcuni pazienti con cute sofferente pu essere necessario rimuovere le calze pi spesso. Controllare regolarmente le calze a compressione graduata per verificare il posizionamento corretto e per evitare che vi siano arrotondamenti o difficolt circolatorie. Controllare regolarmente lo Stato neuromuscolare durante la cura della cute e in altri momenti tramite l'area d'ispezione delle calze a compressione graduata. Controllare i pazienti quando sono seduti fuori dal letto verificando che le calze non blocchino il flusso ematico agendo da laccio emostatico intorno al ginocchio. L'educazione del paziente una parte importante dell'assistenza e deve prevedere la spiegazione di perch usare le calze, il corretto modo di indossarle, la misura giusta, la cura della cute e la necessit di controllare l'edema delle gambe. necessaria un'adeguata formazione degli operatori sanitari per assicurare il corretto utilizzo delle calze prese dettare i protocolli d'uso scelta della taglia. Prendere la circonferenza al polpaccio, circonferenza alla coscia e la lunghezza tra pallone e piega sotto gluteo In qualiintervenenti usarle Tipi di intervento maggiori o con tempo superiore all2 ore o a pazienti a rischio 1) Addominoplastiche 2) Laparoplastiche complesse 3) Colecistectomie 4) Resezioni sul colon dx o sx Pazienti con insufficienza venosa specie se diabetici o defedati Pazienti che indosseranno le calze il giorno prima in quanto ricoverati o se ricadono in pazienti rischio secondo giudizio medico Calzare la calza nel verso giusto iniziando dal piede e salendo in maniera uniforme evitando pieghe e effetti laccio . Evitare traumatismi e accompagnare la calza evitando sfregamenti specie in zone compromesse.

Profilassi della TVP in CHIRURGIA 10/10/2013 22:40
1. Profilassi della TVP in CHIRURGIA Premessa La trombo embolia venosa (TEV) una patologia frequente che pu portare al decesso pazienti ospedalizzati e per la quale esistono ben qualificati interventi di prevenzione. Sono oggi ben definiti e disponibili linee guida nazionali e internazionali in aiuto ai clinici per garantire la protezione dei pazienti ad alto rischio. La profilassi della TEV prese avvio negli anni 60 con l'adozione di procedure fisiche mirate a prevenire la stasi venosa agli arti inferiori ; negli anni 70 si assistette all'introduzione di metodi farmacologici e in particolar modo l'impiego delle eparine; negli anni 80 furono sviluppate le eparine a basso peso molecolare successivamente utilizzate nella pratica clinica. I risultati dello studio chiave concepito per valutare il grado di compliance alle linee guida sulla prevenzione della TVE sono stati recentemente pubblicati su e The Lancet. La TVE stata valutata utilizzando le linee guida dell'America College of Chest Physicians. Si devono considerare 1) Fattori di rischio La valutazione del livello di rischio deve essere effettuata rilevando il mini seguenti fattori A) et B) obesit grave C) presenza di vene varicose D) pregressa trombo embolia venosa E) trombo figlia congenita o acquisita F) patologia neoplastica maligna G) presenza di patologie quali: infezioni gravi insufficienza cardiaca, infarto del miocardio o ictus recenti, malattie infiammatorie croniche dell'intestino, sindrome nefrosica, poli citemia, paraproteinemia, emoglobinuria parossistica notturna, insufficienza respiratoria. H) Abitudine al fumo. I) Assunzione di terapia ormonale estro progestinica. L) Gravidanza o puerperio. M) Presenza di catetere venosi centrali. N) Paresi arti inferiori e patologie che impediscono la mobilit degli arti inferiori 2) Classificazione del rischio A) rischio basso B) rischio moderato C) rischio alto D) rischio altissimo 3) Adozione delle misure preventive La profilassi individuale deve essere scelta tenendo conto dell'efficace dei rischi (in particolare di sanguinamento), delle preferenze dei pazienti, della loro compiace (autonomia motoria, livello di collaborazione, eccetera), delle contro indicazione delle singole metodica. In tutti i casi: A) necessario programmare la mobilizzazione precoce dei pazienti anche attraverso esercizi per gli arti inferiori. B) necessario assicurare tutti i pazienti una adeguata idratazione. C) Pazienti immobilizzati hanno maggiori difficolt ad assumere liquidi: necessario mettere in atto azioni opportune per assicurare loro una adeguata idratazione. Le la linea guida e disponibili sui seguenti siti Lazio sanit: www.asplazio.it Societ Italiana di Chirurgia Vascolare and endovascolare: www.sicve.it Societ Italiana di Diagnostica Vascolare: www.sidv.net Societ Italiana di Angiologia e Ppatologia Vascolare: www.siapav.it Associazione Chirurghi Ospedalieri Italiani: www.acoi.it Chirurgia Generale: raccomandazioni 1) paziente a basso rischio (di et inferiore quarant'anni, esente da fattori di rischio aggiuntivo individuale) in occasione di procedure chirurgiche minori si raccomanda la semplice mobilizzazione precoce 2) paziente a rischio moderato uno) soggetti che devono essere sottoposte chirurgia non maggiori di et compresa tra i 40 sessant'anni o con fattori di rischio addizionale due) soggetti che devono essere sottoposte chirurgia maggiore di et inferiore quarant'anni in assenza di fattori di rischio addizionale si raccomanda l'impiego di profilassi con eparina basso peso molecolare nella misura relativa al peso corporeo e ai fattori di rischio. In alternativa si raccomanda profilassi meccanica nei casi in cui vi siano controindicazioni alla profilassi farmacologica. 3) Pazienti ad alto rischio uno) soggetti che devono essere sottoposte chirurgia maggiori di 60 anni due) pazienti che devono essere sottoposte chirurgia i portatori di fattori di rischio individuale addizionalii, anche di et inferiore ai 40. Si raccomanda profilassi con eparina basso peso molecolare in dosi superiore a 3000 unit di 4) paziente ad altissimo rischio (fattori multipli) si raccomanda che la profilassi farmacologica venga associata a profilassi meccanica pazienti ad altissimo rischio, ad esempio chirurgia oncologica, la profilassi farmacologica pu essere proseguita dopo la dimissione. Raccomandazioni chiuse laparoscopica l'impiego routinario della profilassi anche trombotica farmacologica nei pazienti sottoposti a chirurgia laparoscopica, non indicato Si raccomanda la precoce mobilitazione postoperatorio dei pazienti sottoposti a procedura di chirurgia laparoscopica che hanno fattori di rischio aggiuntivi e che possono essere oi devono essere sottoposte profilassi con uno dei seguenti principi terapeutici: profilassi meccanica o eparina basso peso Per i pazienti in terapia con di come oggi: sospensione della terapia anticoagulante orale cinque giorni prima dell'intervento da sostituire con eparina basso peso molecolare a dosaggio terapeutico un'ultima non somministrazione la sera precedente l'intervento chirurgico ripresa della somministrazione 12 ore dopo l'intervento imbricandola con il i controllo iniziando alla seconda giornata postoperatoria fino al raggiungimento del range terapeutico ottimale Nei soggetti allergici intolleranti alla eparina basso peso molecolare si sostituisce con altre eparina basso peso molecolare iniziando sempre con gli stessi orari. Aggiungere i seguenti allegati A) Chek List Valutazione del rischio tromboembolico e monitoraggio B) Diagramma di flusso per la profilassi C) Compiti e Responsabilt

REPORT ON THE SCIENTIFIC EFFECTIVENESS AND ECONOMIC ADVANTAGES OF TOPICAL/LOCAL NORMOBARIC OXYGEN THERAPY FOR THERAPY ON TROPHIC ULCERS OF THE LOWER L 10/10/2013 22:36
REPORT ON THE SCIENTIFIC EFFECTIVENESS AND ECONOMIC ADVANTAGES OF TOPICAL/LOCAL NORMOBARIC OXYGEN THERAPY FOR THERAPY ON TROPHIC ULCERS OF THE LOWER LIMBS The pathology: what we are speaking about Vascular problems connected with arterial deficit and venous insufficiency at the expense of the lower limbs constitute the main cause of trophic injuries of the lower limbs. The causes of these injuries are in order of frequency: Venous insufficiency Arterial deficit Diabetes, trauma Decubitus Iatrogenic and neoplastic Epidemiology: statistical frequency and numbers This pathology represents a great problem both medical and socio-medical. It is estimated that in Italy this pathology affects 1.5% of the population and 5% of the population over 65 years old, with an approximate calculation of about two million individuals connected with the problem (P.D.L. N4409/2003). The distribution of this illness is strictly correlated as much to the ageing of the population as to the living conditions and the basic cultural level of the individuals potentially concerned. An ill person with these injuries, which by definition are chronic, is often incapable, suffering, depressed since this pathology makes his existence problematic, causes a reduction in the quality of life and weighs heavily on the family environment for the continuous need for assistance, accompanied by a slow and not well defined deterioration The problem for society: the costs Ulcers of the lower limbs are among the pathologies that most greatly affect the health cost since: they are difficult to take care of as often their cause cannot be eliminated; their improvement depends on individual responses, age and the associated pathologies apart from the causes and contributory causes; Costs can be : 1. direct (cures and materials used, departments and public services or those within the National Health Service, basic medicine, integrated domestic assistance and homes for the elderly, costs of diagnoses. 2. Indirect with working days lost both by the patient and family members concerned and possible insurance costs. And such costs apart from being chronic are increasing and will continue so given the ageing population Current therapies available THESE ARE: primary therapies aimed at resolving or improving the causes and the contributory causes (vasoactive medicines, diabetics, medicines that act on the viscosity of the blood, vasodilators etc ) medicines and aids for the medication (creams, gauzes, bandaging, medicating aids etc ..) and medicines for complications (anticoagulants, antibiotics) surgical therapies aimed at cleansing injuries or repairing them (plastic surgery) oxygen therapy carried out in the hyperbaric chambers which give good results but are difficult to perform for their scarce availability and the general side-effects (organic and psychological) which limit use. Socio-medical consequences of unsuitable treatment The potentially negative outcome of insufficient treatment can have grave implications for the patient (infections, gangrene, amputations and in any case sanitary and relational complications) but also for the family (the life of the family, psychological effects and costs for assistance and help) and for the National Health System (greater costs for complications). Current possible alternative therapy In the last few years we have experimented with normobaric oxygen therapy applied locally, which as a traditional therapy of proven effectiveness but of empirical use is affirming itself as a therapy without any side effects, modest in cost, easy to use and within reach of everybody, with advantages both for the patient (excellent results) and for the National Health System (minimal costs as it can also be effected at home by non-medical people). Difference in costs between oxygen therapy with a hyperbaric chamber and oxygen therapy with a normobaric chamber Costs are calculated both for the patient and family and for the National Health System. For the patient and family this means costs tied to the transport of the patient to the Hyperbaric Chamber which on average takes half a day between journey and therapy time; it means transport of a live person and social costs for the work of one person for half a day. As regards the National Health System we must consider that the patient can be transported by public means (hospital or council) to the Hyperbaric Chamber and this transport implies the costs of the means of transport, the driver and paramedical personnel who by law must accompany them. In any case the cost for the NHS is that tied to the use of the structure accommodating the Hyperbaric Chamber; the Hyperbaric Chambers, except in a few cases, are the property of private structures operating within the National Health Service. Normally the structure running the Hyperbaric Chamber is paid 90 a sitting and a cycle of 60 sittings is normally foreseen; these sittings are carried out for reasons contingent to the structure 5 days out of 7 (from Monday to Friday). The cost of 90 includes the use of the Hyperbaric Chamber, the medical and paramedical staff who must by law be present; to this must be added the cost of transport of the patient which may be at the expense of the National Health Service or the family. The cost of the Normobaric Chamber if treatment is carried out at home means resetting or cancelling the cost of transporting the patient. Thus only the costs of the use of the Normobaric Chamber and the oxygen remain. The costs of medication and medical checks are in theory not varied but in practice it will be shown that the type and modality of treatment can also reduce the costs of medication and of medical and paramedical staff. The cost to the patient of the Normobaric Chamber currently used by us is 160 monthly + VAT (with 30 days use out of 30 per month) to which is added 90 of oxygen: to sum up 250 a month or a total of 8 per day. The pro/therapy cost for the National Health Service is 90 per sitting with the Hyperbaric Chamber and would be just 8 with the Normobaric Chamber, which works out at a saving application/patient of 82 with further advantages such as: The saving of health service transport costs; Therapeutic continuity without interruption for 30 days per month in the tranquility of ones own living environment and without trauma; The facility of widespread use with the possibility to reach all those eligible patients (200,000 calculated in Italy), who at present cannot be treated with oxygen because of the scarce availability of Hyperbaric Chambers in the country, (the latter used for about 80% to treat chronic ulcers). It should be noted that at present the number of patients receiving therapy in the Hyperbaric Chamber for these pathologies varies between 20,000 and 30,000 per year in our country, this reduced number with respect to the 200,000 eligible cases is determined by limitations for medical side effects and for economic-social problems (availability of the Hyperbaric Chambers, distances, costs of transfers). However the saving that can be made is even greater. In fact it can be seen (see Progetto di Legge N4409) that the greater costs are absorbed by the expense of the medical and paramedical personnel followed by the various costs of medication. In the case of topical/local* therapy with oxygen, the protocols reduce to the minimum the use of medical and paramedical personnel and the use of various medical aids (like medicated gauzes, antibiotics, creams etc) since it has been scientifically shown that: Oxygen by topical/local* means: dries the injury, stimulates granulation of the tissues and incentivates vascularization the therapy can also be administered by a family member. Further savings COST OF PERSONNEL As regards the paramedic personnel (currently the greatest cost) assistance is reduced in collaboration with the doctor during the single surgery or domestic check-up which is recommended once every 15 days. The same applies for the medical or specialist personnel who check every 15 days how the pathology is going and judge its course. COST OF MEDICATION As regards medication this can be divided into simple medication, that which reduces the exudate and active medication which does not just protect the injury controlling the exudate but which contributes to the process of tissue regeneration. The costs are variable and one is often induced to use medication with lower costs without considering that improvement or healing of an injury foresees further cost to the National Health Service. The guidelines of the Royal College of General Practitioners of April 2000 in the U.K. suggest that health operators, even if there is not sufficient proof to recommend one medication rather than another, have to use medication which satisfies clinical demands, the costs and needs of the patient and the location of the injury. In the same United Kingdom treatment is usually at home to reduce the expense to the National Health institutions. Thus in the protocol of topical oxygen-therapy all this advice found in the guidelines for the treatment of these injuries is summarized, so that: The cost of the hospital and medical and paramedical personnel is reduced. Effective treatment in compliance with the patient and family is used with not just objective advantages (progress of the injury) but subjective (clear reduction of symptoms and so the well-being of the patient, at costs which are clearly lower than other treatment. Medication is simplified since no passive or active medication is used to reduce exudation and over-infection or to stimulate the tissue of granulation; in fact only simple medication is used physiologically with the advantage of cleansing the injury for better use of topical oxygen, leaving the same oxygen the task of reducing infection, exudation and stimulating the tissue of granulation. In substance considerable savings are achieved on the health costs of medical and paramedical personnel and on the cost of medication. Both these parameters and savings are difficult to calculate since at present there are no standardized protocols of diagnosis, therapy and assistance. However it is easy to calculate a saving from 30 to 50% on the cost of medical and paramedical personnel and a greater saving of 50% as regards the cost of medicines. To these savings should be added the saving calculated for the patient who uses the normobaric chamber with respect to the hyperbaric chamber. M.P.SYSTEMS S.R.L. Madeyski Dr Paolo

LE LESIONI TROFICHE DEGLI ARTI INFERIORI: LORO TERAPIA CON LA CAMERA DISTRETTUALE DI MADEYSKI 10/10/2013 22:36
LE LESIONI TROFICHE DEGLI ARTI INFERIORI: LORO TERAPIA CON LA CAMERA DISTRETTUALE DI MADEYSKI Autori:Amato G.*,Madeyski P.**, Babbo G.A.**, Bartelloni A**. *Servizio di Anestesia e Rianimazione Casa di cura Sileno e Anna Rizzola,San Don di P.,Respon. Dr.G.Amato ** Sezione di Chirurgia Casa di cura Sileno e Anna Rizzola, San Don di P.,Respon. Dr.P.Madeyski INTRODUZIONE Le ulcere trofiche degli arti inferiori rappresentano una delle patologie che pi frequentemente si riscontrano nei pazienti anziani (Amato). Vari studi evidenziano una frequenza variabile tra lo 0.4% e il 4-5% tra gli ultrasessantenni; la cronicit della malattia comporta, secondo gli autori inglesi, costi elevati valutabili tra le 200 e le 4000 sterline (pari a 300-6000 euro) per il trattamento di un solo malato per 4 mesi. A tali cifre vanno ovviamente aggiunti i costi familiari e sociali. I tempi necessari per ottenere la guarigione di tali lesioni sono molto lunghi e variabili secondo la malattia di base: la durata media di un ulcera varia di circa 26 settimane con un range variabile tra le 4 settimane e i 30 anni e in molti casi non possibile ottenere la completa chiusura della lesione. Nel 46% dei pazienti il decorso supera le 26 settimane e nel 15% i due anni (Amato). Le sedi pi colpite sono in ordine di frequenza le facce mediale, laterale, anteriore della caviglia, i piedi e la superficie posteriore della caviglia (Amato). La storia evolutiva di tali lesioni caratterizzata da decorso cronico ed ingravescente,da facili recidive,da una prognosi quoad valetudinem severa con pesanti ripercussioni sulla vita lavorativa di tutti i giorni e sulla vita di relazione con pesanti costi sociali. Per ulcera sintende una perdita di sostanza legata a modifi- cazioni emodinamiche, emoreologiche e coagulative:nella sua genesi fondamentale limpegno del microcircolo che pu essere primitivo o secondario e che determina una compro-missione del trofismo tissutale. Le ulcere rappresentano spesso un epifenomeno di numerose patologie che hanno alla base un apporto ematico insufficiente con conseguente ipossia ed infezione(Bimonte). Numerose sono le classificazioni delle ulcere e quella riportata in diapositiva una delle tante. Comunque indipendentemente dalla patologia di base, la os-simetria transcutanea ha evidenziato che a livello delle le-sioni vasculopatiche la pO2 arriva a valori di 5-10 mm di Hg che sono incompatibili con la vita delle cellule.Inoltre i leucociti proliferano e svolgono la loro attivit fagocitica a pO2 di 30-40 mm di Hg ed evidente che una situazione di ipossia facilita la scarsa attivit dei leucociti con pericolo di infezioni. Anche la sintesi del collageno a partenza dai fibroblasti non pu prescindere dallossigeno: solo in presenza di ossigeno infatti si pu formare un collagene ottimale partendo da una tripletta di amoniacidi idrossilati. In condizioni di ipossia avremo dunque un col-lagene immaturo e poco stabile con inevitabili problemi di cicatrizzazione(Bimonte,Oriani,Petrolati,Marrone). Quindi indipendentemente dalle cause che hanno provocato la formazione dell'ulcera,traumi,turbe del circolo sia arterioso che venoso,per ottenere la riepitelizzazione sono necessari: a)un ottimale apporto di Ossigeno, b)una completa detersione della piaga, c)una stimolazione cellulare, d)una buona perfusione ematica. Allo scopo di raggiungere queste quattro condizioni vengono proposte ed utilizzate numerose terapie ma tutti noi sap-piamo quanto i risultati siano molto spesso deludenti per il medico ed il paziente: i tempi necessari per ottenere la chiusura della lesione sono sempre molto lunghi e in molti casi non possibile ottenere la completa guarigione della lesione. Una terapia che si molto affermata in questi ultimi anni la cosiddetta ossigenoterapia in camera iperbarica che basata sulla respirazione di ossigeno ad alta pressione in apposite camere dette iperbariche. Essa agisce con due meccanismi (Oriani, Marrone): a) aumento della quota di O2 disciolto che si sostituisce funzionalmente all'ossigeno legato alla Hb quando questo sia in difetto per mancanza della stessa (anemia) o per incapacit funzionale (intossicazione da CO), b) ripristino della diffusione dell'O2 dai capillari alle cellule laddove questa impedita o per diminuzione della perfusione ematica o per ispessimento dei mezzi di transito. Il fine ultimo dunque quello di portare ossigeno in quantit adeguate alle necessit metaboliche dei tessuti. Tale terapia si certamente rivelata efficace in molte sindromi ma purtroppo la sua pratica presenta numerosi svantaggi e precisamente: l'esistenza di pochi centri, problemi di trasporto per i pazienti, incapacit di molti pazienti a sopportare la terapia per motivi psicologici o per altre patologie, costi elevati. Rifacendosi alla bibliografia esistente(Van, Padberg, Williams, Fisher, Kaufman, Ignacio, Hammarlund,)e nel tenta-tivo di ovviare a tali problematiche, presso la nostra casa di cura i colleghi chirurghi hanno studiato e messo a punto una piccola camera, la camera distrettuale normobarica di Madeyski Tale apparecchiatura, cos chiamata per la "somiglianza" con la camera total body, nata allo scopo di poter sottoporre alla ossigenoterapia solo l'arto interessato mantenendo lo stesso in una atmosfera di ossigeno in elevata concentrazione monitorizzando inoltre la pressione, l'umidit della miscela gassosa e se necessario la concentrazione dell'ossigeno al-l'interno della camera stessa. La camera costituita da un contenitore in plexigas a forma di parallelepipedo, della dimensioni di cm 70 per 30 per 35, diviso in due parti, la superiore e la inferiore, scorrevoli lungo un braccio che possono essere chiuse tramite un apposito fermo; l'arto viene introdotto da un lato attraverso un'apertura circolare all'interno della quale possiamo applicare delle guarnizioni circolari intercambiabili, con foro di diametro variabile, di polistirolo o di gomma allo scopo di dare un tenuta ermetica a tutto il dispositivo. Sulla superficie superiore della camera troviamo un indicatore di pressione ed un igrometro per misurare la pressione e l'umidit all'interno della camera. Il tutto alimentato da una batteria ricaricabile a rete tramite cavo che va rimosso durante il trattamento stesso. Da notare infine che nella camera esiste una valvola ad acqua che ha lo scopo di far uscire il gas quando la pressione all'interno della camera supera quella prefissata dall'ope-ratore: questo perch pressioni elevate comprometterebbero il circolo gi di per se deficitario. L'ossigeno umidificato, introdotto tramite un ugello posto all'estremit opposta dell'apertura suddetta, viene insuf-flato sulla lesione tramite un condotto flessibile e orientabile dotato di una punta con diffusore del gas e posto a 5 cm di distanza dalla lesione stessa. A livello della lesione si ottiene cos una concentrazione di O2 del95% mentre lossigeno disciolto nel sangue non si modifica a meno che non si faccia respirare il malato con una mascherina di ossigeno. Numerosi sono i vantaggi di tale dispositivo e precisamene: a) il basso costo con conseguente elevato numero di macchine, b) le dimensioni e il peso ridotti e conseguente facilit di trasporto della camera anche al domicilio dei pazienti, c) nessuna controindicazione locale e sistemica, d) ottima compliance dai parte dei pazienti. In effetti l'uso di tale camera sia presso la nostra casa di cura, sia presso altri centri, ospedalieri e non, si rive-lato molto soddisfacente. La nostra personale casistica comprende per il periodo 2000-giugno 2003, 196 pazienti affetti da lesioni trofiche degli arti inferiori di varia origine, sottoposti presso altri centri ai pi svariati trattamenti locali e sistemici senza successo. I pazienti erano cos divisi: 1) 140 pazienti con ulcere da stasi venosa, 2) 12 ulcere arteriose, 3) 5 ulcere traumatiche, 4) 3 ulcere collagenopatiche, 5) 22 ulcere diabetiche, 6) 1 ulcere postchemioterapia, 7) 13 pazienti con trapianti cutanei. I pazienti sono stati sottoposti a sedute giornaliere di una ora e talora a due sedute al d; il numero di sedute stato variabile da caso a caso ma mai inferiore alle trenta e superiore alle novanta. La pressione all'interno della camera stata mantenuta intorno a quella atmosferica e l'umidit intorno al 60- 80% con punte del 96% in qualche caso. I risultati sono stati pi che soddisfacenti in termini di: 1)riduzione delle secrezioni e detersione delle lesioni, 2)miglioramento della sintomatologia soggettiva(dolori, bru-ciori, prurito,ecc), 3)comparsa precoce di un buon tessuto di granulazione, 4)riduzione dei diametri della lesione fino alla chiusura completa nel 60% dei casi, 5)effetto favorente l'attecchimento di trapianti nel 20% dei pazienti. Nel rimanente 20% dei malati il risultato stato nullo. Nella diapositive seguenti potete vedere alcuni casi trattati con la camera distrettuale. Forti della esperienza positiva dei colleghi chirurghi abbiamo provato a modificare la camera distrettuale uti-lizzando non pi l'ossigeno ma una miscela di ossigeno-ozono. In pratica abbiamo pensato di sostituire la metodica del sacchetto, che tante soddisfazioni ci ha dato, ricordando an-che una relazione di un collega israeliano che, con un dispositivo analogo alla camera di Madeyski, present ad un convegno risultati estremamente brillanti. Ricordiamo che gli effetti dell'ozono locale sono duplici in base alle concentrazioni usate e precisamente: -ad alte concentrazioni,intorno ai 70-80 gamma per ml,si ha una azione di disinfezione e detersione della lesione stessa, -a basse concentrazioni,10-20 gamma per cc, si ha una sti-molazione dei processi riparativi.(Matassi, Viebahn, Bocci, Rokitansky). Lo scopo di questo nostro studio quello di valutare l'efficacia di questa camera distrettuale "modificata": da circa tre mesi infatti abbiamo quindi cominciato a trattare alcuni pazienti con la camera distrettuale ad ozono e de-sideriamo esporre con questa relazione, che vuole solo essere una nota preliminare, i primi risultati ottenuti sia pure con una casistica molto limitata. METODICA E CASISTICA Il protocollo, derivato dalle esperienze precedenti con la camera con ossigeno e dalla ozonoterapia locale con sacchetto, prevede l'esecuzione di 5 sedute settimanali cos effettuate: a) si mette l'arto dentro la camera dopo aver ben deterso e cruentato la lesione anche chirurgicamente e dopo aver bagnato la stessa con acqua bidistillata, dal mometo che ben noto che l'ozono agisce meglio in ambiente umido, b) mediante la pompa del vuoto del generatore di ozono si realizza successivamente il vuoto nella camera e quindi si riempie lo stesso con una miscela di ossigeno-ozono prodotta dalla macchina stessa. In genere nelle prime sedute si utilizzano le alte concentrazioni allo scopo, come gi detto, di disinfettare e detergere la lesione e successivamente le basse concentrazioni per sfruttare l'effetto trofico locale. Il trattamento dura circa ses-santa minuti come nella terapia con il solo ossigeno e il doppio del tempo di un trattamento con il sacchetto. L'apparecchio che noi utilizziamo il MULTIOSSIGEN MEDICAL 93 MULTITECH che risponde ai requisiti di legge stabiliti dal Ministero della Sanit e in cui variando i programmi e la pressione del gas possibile raggiungere concentrazioni di ozono che vanno da 1 gamma a cento gamma per ml. I pazienti trattati in questi tre mesi sono stati 5 di cui tre affetti da ulcere flebostatiche e 2 da ulcere diabetiche; tutti i malati erano gi stati sottoposti a numerosi tratta-menti presso altre strutture senza alcun esito positivo e la durata media della malattia era di due anni e tre mesi: Nelle diapositive potete vedere l'evoluzione delle lesioni. DISCUSSIONE E CONCLUSIONI Certamente alla luce di questi pochi casi difficile trarre delle conclusioni, ma riteniamo di poter dire che l'impiego della camera distrettuale con l'ossigeno-ozono pare mi-gliorare i risultati ottenuti con il solo ossigeno o con la stessa miscela somministrata mediante sacchetto; tale miglio-ramento riguarda sia la percentuale di successi che la rapidit della guarigione Personalmente crediamo che alla base di tale progresso ci sia a)una pi efficace azione dell'ozono rispetto al solo ossigeno, b)un potenziamento dell'azione dell'ozono dovuta sia alla umidit che si crea all'interno della camera che alla riduzione della pressione esterna sui tessuti rispetto a quella che si ottiene utilizzando il sacchetto. A fronte di tali risultati assai confortanti abbiamo per dovuto affrontare tutta una serie di problemi che speriamo di poter risolvere. Primo fra tutti il raggiungimento di una chiusura ermetica della camera essenziale a)per il raggiungimento del vuoto necessario per evitare la diluizione della miscela di ossigeno ozono, b)per evitare disturbi e malessere al personale infer-mieristico e al paziente stesso sia durante il trattamento sia al termine dello stesso all'apertura della camera. Un altro problema rappresentato dal tempo necessario per svuotare la camera dell'aria in essa contenuto e succes-sivamente per riempirla: da calcoli fornitici dalla ditta sono necessari 7 minuti circa per ognuna della due fasi suddette. Un terzo limite deriva dalla maggior complessit della metodica rispetto a quando si usa solamente l'ossigeno in quanto in questo caso necessario disporre anche di un generatore di ozono: tale necessit ne preclude l'uso domici-liare e ne aumenta notevolmente i costi. Tuttavia, qualora venisse confermata la grande efficacia del metodo, si potrebbe pensare alla creazione di appositi centri in cui trattare, almeno nelle fase iniziali, le lesioni trofiche per poi continuare a domicilio con altri presidi quali l'olio ozonizzato o la camera stessa con il solo ossigeno. BIBLIOGRAFIA Amato G.: "Ozonoterapia:15 anni di esperienze. Rel. Presenta-ta al Congresso Mondiale di Ossigeno-Ozonoterapia, Verona, 1999. Bimonte D.e coll:'Ulcere cutanee ed ossigeno iperbarico: nostra esperierienza.' Pan. San., Vol VI,6,1,1981. Oriani G, Faglia E.: "Ossigenoterapia iperbarica: applicazio-ni cliniche, Ed. SIO S.p.A Petrolati M., Dal Bene M., Ciapparelli A. :"Ossigenoterapia iperbarica nelle lesioni tegumentarie" in Idem, pag.83-95. Oriani G., Gaietta T.,: "Meccanismi e principali indicazioni" in Idem, pag. 45-55. Marroni A.: "Fisiologia e fisiopatologia dell'ossigeno iper-barico" in Idem, pag.15-43. Van F.B.: Oxigen and wound healing. Clin. Plast. Surg., 17,1990,463. Padberg F. e coll.: Transcutaneous oxigen estimates probability of healingin the ischemic extremity. J. Surg. Res. 60, 1996,365. Williams R.L.: Hyperbaric oxygen therapy and diabetic food. J. Am. Pediatric. Med. Assoc. 87,1997,279 Fisher B.H.: Topical hyperbaric oxygen treatment of pressures sores qnd skin ulcers. Lancet, 2, 1969, 405. Kaufman T. e coll.: Topical oxigen and burn wound healing:A review. Burns incl. Therm.Inj. 1983, 196. Ignacio D.R. e coll.:Topical oxygen therapy treatment of extensive leg and foot ulcers. J. Am. Pediatric. Med. Assoc. 75, 1985,196. Hammarlund c: e coll.: Hyperbaric oxygen reduced size of cronic leg ulcers:a randomised double-blind study. Plast., Re- coastr. Surg. 93,1994,829. Matassi R.: Ozonoterapia edito da O.E.M.F 1985 Viebahn R.:The use of Ozone in Medicine.Haug.F.Eds,Heidelberg.II Edition 1994. Bocci V.:Autohaemotherapy after treatment of blood with ozone. A reappraisal. The J. of Intern. Medical Research 221, 131-144,1994. Bocci V.: Ossigeno-ozonoterapia. Casa edit.Ambrosiana, marzo 2000. Rokitansky O.:Klinik und biochemie der Ozonotherapie Hospitalis,10-11.52 supp.spec. 1982. Matassi R.: Ozono nella terapia delle ulcere degli arti inferiori.IV Cong. Naz. Ossigeno-Ozonoterapia. Punta Ala 1988

Las ulceras de las extremidades inferiores e el Pie Diabetico 10/10/2013 22:35
Informe sobre la eficacia cientfica y sobre las ventajas econmicas de la oxigenoterapia tpica normobrica para la terapia de las lceras trficas de las extremidades inferiores La patologa: de qu se habla Los problemas vasculares ligados al dficit arterial? y a la insuficiencia venosa a cargo? de las extremidades inferiores representan la causa principal de las lesiones trficas??? de las extremidades inferiores. Las causas de tales lesiones son en orden de frecuencia: insuficiencia venosa, dficit arterial?, diabetes, traumas, decbitos, iatrognicas y neoplsticas Epidemiologa: frecuencia estadstica y nmeros Tal patologa representa un gran problema mdico aunque tambin socio sanitario. Se estima que en Italia, tal patologa afecte al 1,5% de la poblacin y el 5% de la poblacin que supera los 65 anios, con un clculo aproximado de alrededor de dos millones de individuos involucrados en el problema (P.D.L. N 4409/2003). La difusin de tal enfermedad est estrechamente relacionada tanto al envejecimiento de la poblacin, como a las condiciones de vida y al nivel de cultura de base, de los individuos que son potencialmente sujetos a la misma. El enfermo con tales lesiones, que por definicin son crnicas, generalmente est incapacitado, deprimido, en cuanto tal patologa torna problemtica su existencia., ya que le provoca una disminucin de su calidad de vida, y compromete con un cierto peso el ambiente familiar por la contnua necesidad de asistencia, acompaniada de una evolucin lenta y no bien definida. El problema para la sociedad: los costos Las lceras de las extremidades inferiores estn entre las patologas que inciden mayormente en los costos de la sanidad en cuanto; . son difciles de curar porque frecuentemente no se puede eliminar la causa de las mismas . la mejoria depende de las respuestas individuales, de la edad y de las patologas asociadas, ms all de las causas y concausas. Los costos pueden ser; directos (cuidados y materiales utilizados, repartos y servicios pblicos o convencionados, medicina de base, asistencia domiciliaria integrada y residencias sanitarias para ancianos, gastos para diagnosticar; indirectos con jornadas de trabajo perdidas sea por el paciente, los familiares involucrados y eventuales gastos de seguros. Y tales costos ms alla de ser permanentes, irn en aumento dado el envejecimiento de la poblacin. Terapias actualmente a disposicin Tales como: terapias primarias dirigidas a resolver o mejorar las causas y las concausas (frmacos vasoactivos, diabticos, frmacos que actan sobre la viscosidad de la sangre, vasodilatadores, etc.) frmacos y material mdico (gazas, vendajes, etc) y frmacos para las complicaciones (anticuagulantes, antibiticos) terapias quirrgicas dirigidas a la limpieza de la lesin o a la reparacin de las mismas (ciruga plstica) oxigenoterapia realizada en las cmaras hiperbricas que da buenos resultados, pero es de difcil aplicacin debido a la escasa disponibilidad y por las contraindicaciones generales (orgnicas y psicolgicas) que limitan su utilizacin. Consecuencias socio sanitarias de tratamientos inadecuados El resultado potencialmente negativo de un tratamiento insuficiente implica consecuencias graves para el paciente (infeccin, gangrena, amputaciones y en cada caso complicaciones sanitarias y de relacin) tambin para los familiares (vida de relacin, efectos psicolgicos y costos de asistencia y ayudas) y para el sistema sanitario (mayores costos por las complicaciones). Terapia alternativa posible actualmente En los ltimos dos aos hemos experimentado la oxigenoterapia normobrica por va tpica que de terapia tradicional de comprobada eficacia pero de uso emprico, se est confirmando como terapia sin alguna contraindicacin, de costos modestos, de fcil uso y al alcance de todos, con ventajas sea para el paciente (ptimos resultados) sea para el Sistema Sanitario Nacional (costos mnimos en cuanto se pueden realizar a domicilio por personal no mdico). Diferencia de costos entre oxigenoterapia con cmara hiperbrica y oxigenoterapia con cmara normobrica Los costos se cuantifican tanto para el paciente como para la familia y el Sistema Sanitario Nacional. Para el paciente y la familia se trata de gastos relacionados al transporte del paciente a la Cmara Hiperbrica que insume un medio da entre viaje y tiempo de la terapia; se trata de un gasto de transporte y de un gasto social por empear a una persona un medio da. En lo que respecta al SSN debemos considerar que el paciente puede ser transportado por un medio pblico (hospital o Ayuntamiento) a la Cmara Hiperbrica y que dicho transporte implica el gasto del medio utilizado, del conductor y del personal paramdico que por ley lo debe acompaar. Normalmente a la Estructura que EMPLEA la cmara hiperbrica se le reconoce un costo de 90 por sesin y normalmente se preveen ciclos de 60 sesiones; estas sesiones se efectan por motivos contingentes a la Estructura, 5 das, de los siete de la semana (de lunes a viernes). El costo de 90 euros comprende el uso de la Cmara Hiperbrica includo el personal mdico y paramdico que debe estar presente por ley; a este costo se debe agregar el costo del transporte del asistido que puede ser a cargo del SSN o de la familia. El costo de la Cmara Normobrica, si se realiza en el domicilio del asistido, elimina los gastos de transporte del paciente. Quedan por lo tanto, slo los gastos del uso de la Cmara Normobrica y del oxgeno. Los costos del material descartable para curacin y de los controles mdicos, son en teora invariables pero en la prctica quedar demostrado cmo el tipo y las modalidades de tratamiento pueden disminuir tambin los costos de material descartable y personal mdico y paramdico. El costo por el uso de la Cmara Normobrica que actualmente nosotros aplicamos al paciente es de 240 mensuales + IVA (usndolo los 30 das del mes) a los que se agregan 90 de oxgeno: en resumen 330 al mes, es decir 11 por da. El costo pro/terapia para el S.S.N. es de 90 por sesin con la Cmara Hiperbrica y sera slo de 11 con la Cmara Normobrica, se deduce un aborro aplicacin/paciente de 79 con ulteriores ventajas como: Aborro de los costos sanitarios de transporte; Continuidad teraputica sin interrupciones por 30 das en el mes, en la tranquilidad del propio ambiente de vida y sin traumas; Facilidad de difusin, con la posibilidad de llegar a todos los pacientes posibles (se calculan 200.000 en Italia), que por el momento no se pueden curar con el oxgeno por la escasa disponibilidad de Cmaras Hiperbricas en el territorio, ( estas ltimas utilizadas en un 80% para curar lceras crnicas) Se hace presente que actualmente realizan terapia con la Cmara Hiperbrica por tales patologas un nmero variable entre 20.000 y 30.000 pacientes anuales en nuestro pas. Este nmero reducido respecto a los 200.000 casos posibles est determinado por limitaciones dadas por contraindicacioes mdicas y por problemas econmico-sociales (disponibilidad de las Cmaras Hiperbricas, distancias, costo de las trasnferencias). Pero el aborro que se puede obtener es todava mayor. En efecto, se puede ver (ver Proyecto de Ley N 4409) que los costos mayores son absorbidos por los gastos de parte del personal mdico y paramdico, seguidos de los gastos de material descartable vario. En el caso de terapias con Oxgeno por via tpica, los protocolos reducen al mnimo el uso de personal mdico y paramdico y el uso de varios materiales mdicos (como gazas, antibiticos, pomadas, etc.) en cuanto se ha demostrado cientficamente que: El oxgeno por va tpica: Seca las heridas, estimula la granulacin de los tejidos e incentiva la vascularizacin La terapia puede ser seguida tambin por un familiar del paciente mismo. Ulteriores ahorros Costo del personal En lo que respecta al personal paramdico, (el gasto mayor actualmente), la asistencia se reduce a la colaboracin con el mdico slo durante el control ambulatorio o domiciliario que se aconseja una vez cada 15 das. Lo mismo tambin, para el personal mdico o especializado que controla cada 15 das el desarrollo de la patologa y juzga su evolucin. Costo de los elementos usados para las curaciones En lo que hace a estos elementos se pueden dividir en simples, los que reducen la secrecin y los activos que no slo protegen la lesin controlando la secrecin sino que tambin contribuyen al proceso de regeneracin de los tejidos. Los costos son variables y habitualmente se es inducido al uso de los mismos, con costos inferiores sin considerar que la mejora o la cura de una lesin previene ulteriores gastos a cargo del SSN. La lnea gua del Royal College of General Practitioners de abril de 2000 en Gran Bretaa sugiere que los operadores sanitarios, aunque si no hay pruebas suficientes para recomendar algunos de estos materiales en lugar de otros, deben usar los que satisfagan las exigencias mdicas, costos y exigencias del paciente y estado de la lesin. En Inglaterra misma, el tratamiento se lleva a cabo generalmente en el domicilio del paciente para reducir el gasto de las instituciones sanitarias. Entonces en el protocollo de la oxigenoterapia tpica se suman todos estos consejos que encontramos en las lneas gua para el tratamiento de tales lesiones en el Reino Unido, o sea; Se reduce el gasto hospitalario y el del personal mdico y paramdico. Se usa un tratamiento con eficacia y consentimento del paciente y de los familiares, con ventajas no slo objetivas (evolucin de las lesiones) sino subjetivas (neta disminucin de los sntomas y por lo tanto, con bienestar del paciente, a costos netamente inferiores a otros tratamientos. Los materiales usados para las curaciones se simplifican ya que no se usan ni elmentos pasivos ni activos para reducir o eliminar la secrecin y evitar que se vuelva a infectar la lesin, o estimular el tejido de granulacin; se usa en efecto, slo uno de estos elementos simples con fisiolgica que tiene la ventaja de limpiar la lesin para una mejor utilizacin del oxgeno tpico, dejando al oxgeno mismo la tarea de reducir la infeccin, la secrecin y estimular el tejido de granulacin. Sustancialmente se logra un ahorro considerable en el gasto sanitario del personal mdico y para mdico y en el costo de los materiales usados para las curaciones. Ambos parmetros y el ahorro son difcilmente cuantificables en cuanto actualmente no hay protocolos estandarizados de diagnstico, de terapia y de asistencia. Pero se puede cuantificar fcilmente un ahorro del 30 al 50% sobre el gasto de personal mdico y para mdico y un ahorro superior al 50% en lo que respecta al gasto de los medicamentos. A estos ahorros se deben sumar el ahorro cuantificable por cada paciente que utilice la cmara normobrica respecto a la cmara hiperbrica. M.P.SYSTEM S.R.L. MKT SCIENTIFICO

OLTRE LA SPERANZA. Il Dolore nei malati terminali 10/10/2013 22:15
Oltre la speranza. Oltre la speranza progetto , una idea che viene realizzata a San Don di Piave nel centro Iris-Hospice. Il centro Iris il luogo dove possono dimorare i malati terminali, ovvero i malati che non hanno pi di sei mesi di vita residua. Di questo centro abbiamo ancora parlato in quanto riteniamo che sia un gioiello della nostra Asl, del nostro territorio. localizzato all'interno della Casa di Riposo Monumento ai Caduti in Guerra ed seguita per quanto riguarda la parte medica dalla Asl numero 10. Esiste un presidente di nomina politica che attualmente il dottor Fabio Bonadio ed esistono dei medici che seguono gli ammalati che sono ospiti di questa struttura. Il responsabile dei medici il dottor Luciano Lamarca. Lui il responsabile della Unit di cure palliative e ha dei medici che collaborano con lui che sono la dottoressa Angela Chiarella e gli psicologi Dott.ssa Fabiola o Barbiero e il Dott. Stefano Bosio. La coordinatrice del Centro Iris la dottoressa Stefania Cuzzolin. Vi sono vari infermieri professionali e OSS all'interno della struttura e sono persone eccezionali che noi stessi abbiamo incontrato pi volte e abbiamo avuto la testimonianza degli ospiti ricoverati che ci hanno detto quanto questi operatori sanitari si dedicano a loro e a far s che il loro soggiorno in attesa di un momento che verr sia degno di essere vissuto in maniera serena senza sofferenze senza dolore. Come dice questo progetto " oltre la speranza" : l'alba di ogni mattino la speranza per un nuovo giorno. Pparliamo di questo progetto in quanto sabato 26 ottobre 2013 alle 10:00 all'interno della Casa di Riposo Monumento ai Caduti in Guerra in Via San Francesco 11 a San Don di Piave si terr un incontro sulle cure palliative del Centro Iris. Il titolo di questo incontro "la lotta del dolore nel rispetto della vita". Dicevamo infatti che pazienti che sono ricoverati o meglio sono ospiti della struttura devono poter vivere in maniera serena tranquilli senza dolore e la lotta al dolore deve essere per nel rispetto della vita; noi infatti sappiamo che non ci deve essere un accanimento terapeutico ma deve essere dato ad ogni ospite, ogni persona pi o meno terminale la dignit di una vita senza sofferenza senza dolore. L'incontro che ha per titolo " La lotta del dolore nel rispetto della vita" vuole parlare dei pazienti ricoverati che vengono chiamati ospiti e si vuole dire che quando non c' pi niente da fare c' ancora tanto da fare. Effettivamente noi sappiamo che spesso non sappiamo come aiutare queste persone ma dobbiamo renderci conto che ci sono tante cose che possiamo fare per queste persone per potere accompagnarle nel loro transito di questa vita. L'incontro naturalmente aperto al pubblico sia alla gente comune sia i parenti dei pazienti sia gli operatori sanitari ed rivolto quindi a tutti cittadini sia che siano medici, infermieri, psicologi, educatori, assistenti sociali, logopedisti, farmacisti, amministratori pubblici, prelati familiari che hanno avuto esperienze di assistenza palliativa presso l'hospice. Ora grazie alla ricerca medica e allo sviluppo nel campo della scienza sono stati fatti negli ultimi anni notevoli progressi nella terapia del dolore ma la squadra con le proprie risorse umane a fare la differenza. Le medicine fanno molto ma si tratta di aiutare queste persone non solo con la terapia con la pastiglia, con l'iniezione, ma queste sostanze e le terapie devono essere date al paziente con un sorriso in maniera da far la differenza tra quello che lavora presso l'ammalato e quello che aiuta l'ammalato a raggiungere la propria fine. Questa giornata sabato 26 ottobre sar una giornata di riflessione. Infatti l'incontro vuol far riflettere sull'approccio alle cure palliative. Dicevamo che quando non c' pi nulla da fare c' tanto da fare; devono essere delle considerazioni e delle riflessioni tra il progresso della medicina e la posizione della Chiesa e dei medici per non fare soffrire le persone. Noi riteniamo e speriamo che quest'incontro sia solo il primo rivolto a tutti quelli che possono aver bisogno dell'aiuto dei medici e del personale paramedico e possa quest'incontro essere utile possa per aiutare chi ha bisogno o per aiutare le persone che in un futuro possono aver bisogno di questo aiuto. Non detto che capiti sempre agli altri ma pu capitare anche a noi. Invito quindi tutti a recarsi per quanto possibile sabato 26 ottobre 10 alle alla Casa di Riposo Monumento ai Caduti in Guerra per ascoltare . Oltre ai medici e agli psicologi ci sar anche un breve intervento del Direttore Generale Carlo Bramezza , del Sindaco Andrea Cereser, del Parroco Paolo Carnio e di un Rappresentante della Regione Veneta. Riteniamo che la Casa di Riposo di San Dona di Piave e l'Iris-Hospice siano di gioielli della nostra Asl, del Nostro Comune e dobbiamo andare fieri. E' utile a tutti conoscerli e se possibile pensare di dare un aiuto in qualche mondo anche solo morale o di affetto. Noi stessi del "Il Ponte" abbiamo intenzione nel periodo natalizio di fare come abbiamo fatto due anni fa un incontro festoso conviviale con i pazienti della Casa di Riposo e dell'Hopsice per portare un po' di gioia e un po' di serenit e quindi ci sar una giornata in cui porteremo un cantante,una persona che racconter qualcosa in dialetto veneto e anche una persona che racconter qualche storiella e qualche barzelletta; tutto per far rivivere alle persone, agli ospiti quella vita che loro in parte hanno lasciato ma che deve essere sempre un ricordo piacevole fino alla fine dei loro giorni.

LE LESIONI TROFICHE DEGLI ARTI INFERIORI: LORO TERAPIA CON LA CAMERA DISTRETTUALE DI MADEYSKI 05/10/2013 19:34
LE LESIONI TROFICHE DEGLI ARTI INFERIORI: LORO TERAPIA CON LA CAMERA DISTRETTUALE DI MADEYSKI Autori:Amato G.*,Madeyski P.**, Babbo G.A.**, Bartelloni A**. *Servizio di Anestesia e Rianimazione Casa di cura Sileno e Anna Rizzola,San Don di P.,Respon. Dr.G.Amato ** Sezione di Chirurgia Casa di cura Sileno e Anna Rizzola, San Don di P.,Respon. Dr.P.Madeyski INTRODUZIONE Le ulcere trofiche degli arti inferiori rappresentano una delle patologie che pi frequentemente si riscontrano nei pazienti anziani (Amato). Vari studi evidenziano una frequenza variabile tra lo 0.4% e il 4-5% tra gli ultrasessantenni; la cronicit della malattia comporta, secondo gli autori inglesi, costi elevati valutabili tra le 200 e le 4000 sterline (pari a 300-6000 euro) per il trattamento di un solo malato per 4 mesi. A tali cifre vanno ovviamente aggiunti i costi familiari e sociali. I tempi necessari per ottenere la guarigione di tali lesioni sono molto lunghi e variabili secondo la malattia di base: la durata media di un ulcera varia di circa 26 settimane con un range variabile tra le 4 settimane e i 30 anni e in molti casi non possibile ottenere la completa chiusura della lesione. Nel 46% dei pazienti il decorso supera le 26 settimane e nel 15% i due anni (Amato). Le sedi pi colpite sono in ordine di frequenza le facce mediale, laterale, anteriore della caviglia, i piedi e la superficie posteriore della caviglia (Amato). La storia evolutiva di tali lesioni caratterizzata da decorso cronico ed ingravescente,da facili recidive,da una prognosi quoad valetudinem severa con pesanti ripercussioni sulla vita lavorativa di tutti i giorni e sulla vita di relazione con pesanti costi sociali. Per ulcera sintende una perdita di sostanza legata a modifi- cazioni emodinamiche, emoreologiche e coagulative:nella sua genesi fondamentale limpegno del microcircolo che pu essere primitivo o secondario e che determina una compro-missione del trofismo tissutale. Le ulcere rappresentano spesso un epifenomeno di numerose patologie che hanno alla base un apporto ematico insufficiente con conseguente ipossia ed infezione(Bimonte). Numerose sono le classificazioni delle ulcere e quella riportata in diapositiva una delle tante. Comunque indipendentemente dalla patologia di base, la os-simetria transcutanea ha evidenziato che a livello delle le-sioni vasculopatiche la pO2 arriva a valori di 5-10 mm di Hg che sono incompatibili con la vita delle cellule.Inoltre i leucociti proliferano e svolgono la loro attivit fagocitica a pO2 di 30-40 mm di Hg ed evidente che una situazione di ipossia facilita la scarsa attivit dei leucociti con pericolo di infezioni. Anche la sintesi del collageno a partenza dai fibroblasti non pu prescindere dallossigeno: solo in presenza di ossigeno infatti si pu formare un collagene ottimale partendo da una tripletta di amoniacidi idrossilati. In condizioni di ipossia avremo dunque un col-lagene immaturo e poco stabile con inevitabili problemi di cicatrizzazione(Bimonte,Oriani,Petrolati,Marrone). Quindi indipendentemente dalle cause che hanno provocato la formazione dell'ulcera,traumi,turbe del circolo sia arterioso che venoso,per ottenere la riepitelizzazione sono necessari: a)un ottimale apporto di Ossigeno, b)una completa detersione della piaga, c)una stimolazione cellulare, d)una buona perfusione ematica. Allo scopo di raggiungere queste quattro condizioni vengono proposte ed utilizzate numerose terapie ma tutti noi sap-piamo quanto i risultati siano molto spesso deludenti per il medico ed il paziente: i tempi necessari per ottenere la chiusura della lesione sono sempre molto lunghi e in molti casi non possibile ottenere la completa guarigione della lesione. Una terapia che si molto affermata in questi ultimi anni la cosiddetta ossigenoterapia in camera iperbarica che basata sulla respirazione di ossigeno ad alta pressione in apposite camere dette iperbariche. Essa agisce con due meccanismi (Oriani, Marrone): a) aumento della quota di O2 disciolto che si sostituisce funzionalmente all'ossigeno legato alla Hb quando questo sia in difetto per mancanza della stessa (anemia) o per incapacit funzionale (intossicazione da CO), b) ripristino della diffusione dell'O2 dai capillari alle cellule laddove questa impedita o per diminuzione della perfusione ematica o per ispessimento dei mezzi di transito. Il fine ultimo dunque quello di portare ossigeno in quantit adeguate alle necessit metaboliche dei tessuti. Tale terapia si certamente rivelata efficace in molte sindromi ma purtroppo la sua pratica presenta numerosi svantaggi e precisamente: l'esistenza di pochi centri, problemi di trasporto per i pazienti, incapacit di molti pazienti a sopportare la terapia per motivi psicologici o per altre patologie, costi elevati. Rifacendosi alla bibliografia esistente(Van, Padberg, Williams, Fisher, Kaufman, Ignacio, Hammarlund,)e nel tenta-tivo di ovviare a tali problematiche, presso la nostra casa di cura i colleghi chirurghi hanno studiato e messo a punto una piccola camera, la camera distrettuale normobarica di Madeyski Tale apparecchiatura, cos chiamata per la "somiglianza" con la camera total body, nata allo scopo di poter sottoporre alla ossigenoterapia solo l'arto interessato mantenendo lo stesso in una atmosfera di ossigeno in elevata concentrazione monitorizzando inoltre la pressione, l'umidit della miscela gassosa e se necessario la concentrazione dell'ossigeno al-l'interno della camera stessa. La camera costituita da un contenitore in plexigas a forma di parallelepipedo, della dimensioni di cm 70 per 30 per 35, diviso in due parti, la superiore e la inferiore, scorrevoli lungo un braccio che possono essere chiuse tramite un apposito fermo; l'arto viene introdotto da un lato attraverso un'apertura circolare all'interno della quale possiamo applicare delle guarnizioni circolari intercambiabili, con foro di diametro variabile, di polistirolo o di gomma allo scopo di dare un tenuta ermetica a tutto il dispositivo. Sulla superficie superiore della camera troviamo un indicatore di pressione ed un igrometro per misurare la pressione e l'umidit all'interno della camera. Il tutto alimentato da una batteria ricaricabile a rete tramite cavo che va rimosso durante il trattamento stesso. Da notare infine che nella camera esiste una valvola ad acqua che ha lo scopo di far uscire il gas quando la pressione all'interno della camera supera quella prefissata dall'ope-ratore: questo perch pressioni elevate comprometterebbero il circolo gi di per se deficitario. L'ossigeno umidificato, introdotto tramite un ugello posto all'estremit opposta dell'apertura suddetta, viene insuf-flato sulla lesione tramite un condotto flessibile e orientabile dotato di una punta con diffusore del gas e posto a 5 cm di distanza dalla lesione stessa. A livello della lesione si ottiene cos una concentrazione di O2 del95% mentre lossigeno disciolto nel sangue non si modifica a meno che non si faccia respirare il malato con una mascherina di ossigeno. Numerosi sono i vantaggi di tale dispositivo e precisamene: a) il basso costo con conseguente elevato numero di macchine, b) le dimensioni e il peso ridotti e conseguente facilit di trasporto della camera anche al domicilio dei pazienti, c) nessuna controindicazione locale e sistemica, d) ottima compliance dai parte dei pazienti. In effetti l'uso di tale camera sia presso la nostra casa di cura, sia presso altri centri, ospedalieri e non, si rive-lato molto soddisfacente. La nostra personale casistica comprende per il periodo 2000-giugno 2003, 196 pazienti affetti da lesioni trofiche degli arti inferiori di varia origine, sottoposti presso altri centri ai pi svariati trattamenti locali e sistemici senza successo. I pazienti erano cos divisi: 1) 140 pazienti con ulcere da stasi venosa, 2) 12 ulcere arteriose, 3) 5 ulcere traumatiche, 4) 3 ulcere collagenopatiche, 5) 22 ulcere diabetiche, 6) 1 ulcere postchemioterapia, 7) 13 pazienti con trapianti cutanei. I pazienti sono stati sottoposti a sedute giornaliere di una ora e talora a due sedute al d; il numero di sedute stato variabile da caso a caso ma mai inferiore alle trenta e superiore alle novanta. La pressione all'interno della camera stata mantenuta intorno a quella atmosferica e l'umidit intorno al 60- 80% con punte del 96% in qualche caso. I risultati sono stati pi che soddisfacenti in termini di: 1)riduzione delle secrezioni e detersione delle lesioni, 2)miglioramento della sintomatologia soggettiva(dolori, bru-ciori, prurito,ecc), 3)comparsa precoce di un buon tessuto di granulazione, 4)riduzione dei diametri della lesione fino alla chiusura completa nel 60% dei casi, 5)effetto favorente l'attecchimento di trapianti nel 20% dei pazienti. Nel rimanente 20% dei malati il risultato stato nullo. Nella diapositive seguenti potete vedere alcuni casi trattati con la camera distrettuale. Forti della esperienza positiva dei colleghi chirurghi abbiamo provato a modificare la camera distrettuale uti-lizzando non pi l'ossigeno ma una miscela di ossigeno-ozono. In pratica abbiamo pensato di sostituire la metodica del sacchetto, che tante soddisfazioni ci ha dato, ricordando an-che una relazione di un collega israeliano che, con un dispositivo analogo alla camera di Madeyski, present ad un convegno risultati estremamente brillanti. Ricordiamo che gli effetti dell'ozono locale sono duplici in base alle concentrazioni usate e precisamente: -ad alte concentrazioni,intorno ai 70-80 gamma per ml,si ha una azione di disinfezione e detersione della lesione stessa, -a basse concentrazioni,10-20 gamma per cc, si ha una sti-molazione dei processi riparativi.(Matassi, Viebahn, Bocci, Rokitansky). Lo scopo di questo nostro studio quello di valutare l'efficacia di questa camera distrettuale "modificata": da circa tre mesi infatti abbiamo quindi cominciato a trattare alcuni pazienti con la camera distrettuale ad ozono e de-sideriamo esporre con questa relazione, che vuole solo essere una nota preliminare, i primi risultati ottenuti sia pure con una casistica molto limitata. METODICA E CASISTICA Il protocollo, derivato dalle esperienze precedenti con la camera con ossigeno e dalla ozonoterapia locale con sacchetto, prevede l'esecuzione di 5 sedute settimanali cos effettuate: a) si mette l'arto dentro la camera dopo aver ben deterso e cruentato la lesione anche chirurgicamente e dopo aver bagnato la stessa con acqua bidistillata, dal mometo che ben noto che l'ozono agisce meglio in ambiente umido, b) mediante la pompa del vuoto del generatore di ozono si realizza successivamente il vuoto nella camera e quindi si riempie lo stesso con una miscela di ossigeno-ozono prodotta dalla macchina stessa. In genere nelle prime sedute si utilizzano le alte concentrazioni allo scopo, come gi detto, di disinfettare e detergere la lesione e successivamente le basse concentrazioni per sfruttare l'effetto trofico locale. Il trattamento dura circa ses-santa minuti come nella terapia con il solo ossigeno e il doppio del tempo di un trattamento con il sacchetto. L'apparecchio che noi utilizziamo il MULTIOSSIGEN MEDICAL 93 MULTITECH che risponde ai requisiti di legge stabiliti dal Ministero della Sanit e in cui variando i programmi e la pressione del gas possibile raggiungere concentrazioni di ozono che vanno da 1 gamma a cento gamma per ml. I pazienti trattati in questi tre mesi sono stati 5 di cui tre affetti da ulcere flebostatiche e 2 da ulcere diabetiche; tutti i malati erano gi stati sottoposti a numerosi tratta-menti presso altre strutture senza alcun esito positivo e la durata media della malattia era di due anni e tre mesi: Nelle diapositive potete vedere l'evoluzione delle lesioni. DISCUSSIONE E CONCLUSIONI Certamente alla luce di questi pochi casi difficile trarre delle conclusioni, ma riteniamo di poter dire che l'impiego della camera distrettuale con l'ossigeno-ozono pare mi-gliorare i risultati ottenuti con il solo ossigeno o con la stessa miscela somministrata mediante sacchetto; tale miglio-ramento riguarda sia la percentuale di successi che la rapidit della guarigione Personalmente crediamo che alla base di tale progresso ci sia a)una pi efficace azione dell'ozono rispetto al solo ossigeno, b)un potenziamento dell'azione dell'ozono dovuta sia alla umidit che si crea all'interno della camera che alla riduzione della pressione esterna sui tessuti rispetto a quella che si ottiene utilizzando il sacchetto. A fronte di tali risultati assai confortanti abbiamo per dovuto affrontare tutta una serie di problemi che speriamo di poter risolvere. Primo fra tutti il raggiungimento di una chiusura ermetica della camera essenziale a)per il raggiungimento del vuoto necessario per evitare la diluizione della miscela di ossigeno ozono, b)per evitare disturbi e malessere al personale infer-mieristico e al paziente stesso sia durante il trattamento sia al termine dello stesso all'apertura della camera. Un altro problema rappresentato dal tempo necessario per svuotare la camera dell'aria in essa contenuto e succes-sivamente per riempirla: da calcoli fornitici dalla ditta sono necessari 7 minuti circa per ognuna della due fasi suddette. Un terzo limite deriva dalla maggior complessit della metodica rispetto a quando si usa solamente l'ossigeno in quanto in questo caso necessario disporre anche di un generatore di ozono: tale necessit ne preclude l'uso domici-liare e ne aumenta notevolmente i costi. Tuttavia, qualora venisse confermata la grande efficacia del metodo, si potrebbe pensare alla creazione di appositi centri in cui trattare, almeno nelle fase iniziali, le lesioni trofiche per poi continuare a domicilio con altri presidi quali l'olio ozonizzato o la camera stessa con il solo ossigeno. BIBLIOGRAFIA Amato G.: "Ozonoterapia:15 anni di esperienze. Rel. Presenta-ta al Congresso Mondiale di Ossigeno-Ozonoterapia, Verona, 1999. Bimonte D.e coll:'Ulcere cutanee ed ossigeno iperbarico: nostra esperierienza.' Pan. San., Vol VI,6,1,1981. Oriani G, Faglia E.: "Ossigenoterapia iperbarica: applicazio-ni cliniche, Ed. SIO S.p.A Petrolati M., Dal Bene M., Ciapparelli A. :"Ossigenoterapia iperbarica nelle lesioni tegumentarie" in Idem, pag.83-95. Oriani G., Gaietta T.,: "Meccanismi e principali indicazioni" in Idem, pag. 45-55. Marroni A.: "Fisiologia e fisiopatologia dell'ossigeno iper-barico" in Idem, pag.15-43. Van F.B.: Oxigen and wound healing. Clin. Plast. Surg., 17,1990,463. Padberg F. e coll.: Transcutaneous oxigen estimates probability of healingin the ischemic extremity. J. Surg. Res. 60, 1996,365. Williams R.L.: Hyperbaric oxygen therapy and diabetic food. J. Am. Pediatric. Med. Assoc. 87,1997,279 Fisher B.H.: Topical hyperbaric oxygen treatment of pressures sores qnd skin ulcers. Lancet, 2, 1969, 405. Kaufman T. e coll.: Topical oxigen and burn wound healing:A review. Burns incl. Therm.Inj. 1983, 196. Ignacio D.R. e coll.:Topical oxygen therapy treatment of extensive leg and foot ulcers. J. Am. Pediatric. Med. Assoc. 75, 1985,196. Hammarlund c: e coll.: Hyperbaric oxygen reduced size of cronic leg ulcers:a randomised double-blind study. Plast., Re- coastr. Surg. 93,1994,829. Matassi R.: Ozonoterapia edito da O.E.M.F 1985 Viebahn R.:The use of Ozone in Medicine.Haug.F.Eds,Heidelberg.II Edition 1994. Bocci V.:Autohaemotherapy after treatment of blood with ozone. A reappraisal. The J. of Intern. Medical Research 221, 131-144,1994. 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05/10/2013 12:05
1. Profilassi della TVP in CHIRURGIA Premessa La trombo embolia venosa (TEV) una patologia frequente che pu portare al decesso pazienti ospedalizzati e per la quale esistono ben qualificati interventi di prevenzione. Sono oggi ben definiti e disponibili linee guida nazionali e internazionali in aiuto ai clinici per garantire la protezione dei pazienti ad alto rischio. La profilassi della TEV prese avvio negli anni 60 con l'adozione di procedure fisiche mirate a prevenire la stasi venosa agli arti inferiori ; negli anni 70 si assistette all'introduzione di metodi farmacologici e in particolar modo l'impiego delle eparine; negli anni 80 furono sviluppate le eparine a basso peso molecolare successivamente utilizzate nella pratica clinica. I risultati dello studio chiave concepito per valutare il grado di compliance alle linee guida sulla prevenzione della TVE sono stati recentemente pubblicati su e The Lancet. La TVE stata valutata utilizzando le linee guida dell'America College of Chest Physicians. Si devono considerare 1) Fattori di rischio La valutazione del livello di rischio deve essere effettuata rilevando il mini seguenti fattori A) et B) obesit grave C) presenza di vene varicose D) pregressa trombo embolia venosa E) trombo figlia congenita o acquisita F) patologia neoplastica maligna G) presenza di patologie quali: infezioni gravi insufficienza cardiaca, infarto del miocardio o ictus recenti, malattie infiammatorie croniche dell'intestino, sindrome nefrosica, poli citemia, paraproteinemia, emoglobinuria parossistica notturna, insufficienza respiratoria. H) Abitudine al fumo. I) Assunzione di terapia ormonale estro progestinica. L) Gravidanza o puerperio. M) Presenza di catetere venosi centrali. N) Paresi arti inferiori e patologie che impediscono la mobilit degli arti inferiori 2) Classificazione del rischio A) rischio basso B) rischio moderato C) rischio alto D) rischio altissimo 3) Adozione delle misure preventive La profilassi individuale deve essere scelta tenendo conto dell'efficace dei rischi (in particolare di sanguinamento), delle preferenze dei pazienti, della loro compiace (autonomia motoria, livello di collaborazione, eccetera), delle contro indicazione delle singole metodica. In tutti i casi: A) necessario programmare la mobilizzazione precoce dei pazienti anche attraverso esercizi per gli arti inferiori. B) necessario assicurare tutti i pazienti una adeguata idratazione. C) Pazienti immobilizzati hanno maggiori difficolt ad assumere liquidi: necessario mettere in atto azioni opportune per assicurare loro una adeguata idratazione. Le la linea guida e disponibili sui seguenti siti Lazio sanit: www.asplazio.it Societ Italiana di Chirurgia Vascolare and endovascolare: www.sicve.it Societ Italiana di Diagnostica Vascolare: www.sidv.net Societ Italiana di Angiologia e Ppatologia Vascolare: www.siapav.it Associazione Chirurghi Ospedalieri Italiani: www.acoi.it Chirurgia Generale: raccomandazioni 1) paziente a basso rischio (di et inferiore quarant'anni, esente da fattori di rischio aggiuntivo individuale) in occasione di procedure chirurgiche minori si raccomanda la semplice mobilizzazione precoce 2) paziente a rischio moderato uno) soggetti che devono essere sottoposte chirurgia non maggiori di et compresa tra i 40 sessant'anni o con fattori di rischio addizionale due) soggetti che devono essere sottoposte chirurgia maggiore di et inferiore quarant'anni in assenza di fattori di rischio addizionale si raccomanda l'impiego di profilassi con eparina basso peso molecolare nella misura relativa al peso corporeo e ai fattori di rischio. In alternativa si raccomanda profilassi meccanica nei casi in cui vi siano controindicazioni alla profilassi farmacologica. 3) Pazienti ad alto rischio uno) soggetti che devono essere sottoposte chirurgia maggiori di 60 anni due) pazienti che devono essere sottoposte chirurgia i portatori di fattori di rischio individuale addizionalii, anche di et inferiore ai 40. Si raccomanda profilassi con eparina basso peso molecolare in dosi superiore a 3000 unit di 4) paziente ad altissimo rischio (fattori multipli) si raccomanda che la profilassi farmacologica venga associata a profilassi meccanica pazienti ad altissimo rischio, ad esempio chirurgia oncologica, la profilassi farmacologica pu essere proseguita dopo la dimissione. Raccomandazioni chiuse laparoscopica l'impiego routinario della profilassi anche trombotica farmacologica nei pazienti sottoposti a chirurgia laparoscopica, non indicato Si raccomanda la precoce mobilitazione postoperatorio dei pazienti sottoposti a procedura di chirurgia laparoscopica che hanno fattori di rischio aggiuntivi e che possono essere oi devono essere sottoposte profilassi con uno dei seguenti principi terapeutici: profilassi meccanica o eparina basso peso Per i pazienti in terapia con di come oggi: sospensione della terapia anticoagulante orale cinque giorni prima dell'intervento da sostituire con eparina basso peso molecolare a dosaggio terapeutico un'ultima non somministrazione la sera precedente l'intervento chirurgico ripresa della somministrazione 12 ore dopo l'intervento imbricandola con il i controllo iniziando alla seconda giornata postoperatoria fino al raggiungimento del range terapeutico ottimale Nei soggetti allergici intolleranti alla eparina basso peso molecolare si sostituisce con altre eparina basso peso molecolare iniziando sempre con gli stessi orari. Aggiungere i seguenti allegati per seguire le norme con buon senso e razionale anche legale A) Chek List Valutazione del rischio tromboembolico e monitoraggio B) Diagramma di flusso per la profilassi C) Compiti e Responsabilt

Le calze antitrombo: protocolli di utilizzo in chirurgia 05/10/2013 12:00
Seguendo lo schema del modello calze antitrombo Le calze per la profilassi venosa profonda sono da usare nei pazienti sottoposti ad interventi chirurgici maggiori, di quelli superiori a due ore di intervento e nei pazienti a rischio (vedi allegato A) . Eventuali variazioni saranno indicate dal medico e riportate nel diario medico periodo in cui le calze vengono indossate Le calze vengono indossate secondo l'allegato A il giorno prima dell'intervento se il paziente ricoverato o al momento del ricovero se il paziente si ricovera il giorno dell'intervento stesso. Le calze rimangono indossate sia il giorno che la notte per il periodo in cui il paziente a rischio (fino a che non vi una normale mobilitazione o fino a quando il paziente non viene dimesso ). Sar il medico a prescrivere scrivendo nel diario medico il momento in cui il paziente rimarr senza calze. Le calze vengono tolte almeno una volta al giorno per un tempo non superiore ai 30 minuti. Le calze vengono tolte e rimesse da personale infermieristico che seguir le norme nell'allegato B. Controindicazioni : vi sono delle contro indicazioni di carattere locale e generale che devono essere tenute presenti (edemma importante delle gambe, rischio aumentato di edema polmonare, arteriopatia periferiche importanti, neuropatie periferiche significative, dermatiti) e sar il medico a decidere quando il paziente non potr indossare le calze. Raccomandazioni fonte: Joanna Briggs Institute for Evidence Based Nursing and Midwifery misurare le calze secondo le raccomandazioni del produttore per essere certi di scegliere la taglia corretta quando si indossano le calze compressione graduata per la prima volta annotarsi la misura della taglia per avere un riferimento. Pu essere necessario misurare regolarmente gli arti inferiori per evitare possibili complicanze: l'edema della gamba determina una pressione eccessiva delle calze. Asciugare piedi e gambe prima di infilare le calze a compressione graduata. Togliere le calze una volta al giorno per la cura, l'igiene e il controllo della cute. Per alcuni pazienti con cute sofferente pu essere necessario rimuovere le calze pi spesso. Controllare regolarmente le calze a compressione graduata per verificare il posizionamento corretto e per evitare che vi siano arrotondamenti o difficolt circolatorie. Controllare regolarmente lo Stato neuromuscolare durante la cura della cute e in altri momenti tramite l'area d'ispezione delle calze a compressione graduata. Controllare i pazienti quando sono seduti fuori dal letto verificando che le calze non blocchino il flusso ematico agendo da laccio emostatico intorno al ginocchio. L'educazione del paziente una parte importante dell'assistenza e deve prevedere la spiegazione di perch usare le calze, il corretto modo di indossarle, la misura giusta, la cura della cute e la necessit di controllare l'edema delle gambe. necessaria un'adeguata formazione degli operatori sanitari per assicurare il corretto utilizzo delle calze prese dettare i protocolli d'uso scelta della taglia. Prendere la circonferenza al polpaccio, circonferenza alla coscia e la lunghezza tra pallone e piega sotto gluteo In qualiintervenenti usarle Tipi di intervento maggiori o con tempo superiore all2 ore o a pazienti a rischio 1) Addominoplastiche 2) Laparoplastiche complesse 3) Colecistectomie 4) Resezioni sul colon dx o sx Pazienti con insufficienza venosa specie se diabetici o defedati Pazienti che indosseranno le calze il giorno prima in quanto ricoverati o se ricadono in pazienti rischio secondo giudizio medico Calzare la calza nel verso giusto iniziando dal piede e salendo in maniera uniforme evitando pieghe e effetti laccio . Evitare traumatismi e accompagnare la calza evitando sfregamenti specie in zone compromesse.

Una nuova terapia per le ulcere degli arti inferiori e del piede diabetico. La ossigenoterapia normobarica topica 05/10/2013 11:57
Premessa Le ulcere degli arti inferiori rappresentano una patologia frequente (1% della popolazione e 3,5% della popolazione over 65 anni). Colpisce maggiormente la popolazione femminile con un rapporto circa di 3 a 1. Trattasi di malattia cronica invalidante la cui terapia non standardizzata e presenta vari problemi sia medici sia sociali. Il trattamento comporta, infatti, elevati problemi non solo medici ma in modo particolari sociali e tra questi assume particolare rilevanza il costo a carico del paziente, della collettivit e delle spesa a carico del sistema sanitario nazionale. Eziologia delle lesioni ulcerative degli arti inferiori. Schematicamente possono essere -flebostatiche: come complicanza di insufficienza venosa superficiale (varici) o di insufficienza venosa profonda (sindrome postflebitica) -Arteriose (ischemiche) -Diabetiche -Traumatiche -Nelle collagenopatie per causa intrinseca alla malattia o per la terapia cortisonica abituale -Neoplastiche Tipi di terapia a disposizione Medica: che comprende il trattamento farmacologico (generale e topica) e il trattamento combinato dato da medicazioni e farmaci. Chirurgica: sia per eliminare le cause che per trattare le complicanze arrivando fino alla chirurgia plastica. Camera iperbarica. Che si basa sul principio dellossigenoterapia in iperbarismo. Terapie a confronto Lossigenoterapia iperbarica locale rappresenta la tappa evolutiva di quellutilizzata negli ultimi trentanni per il trattamento di diverse patologie legate a deficit circolatori o a patologie infettive Lossigeno somministrato agisce sui tessuti devitalizzati o, comunque, sofferenti, con meccanismo da contatto e mediante lazione della componente disciolta nel sangue in parte legata alla emoglobina, in parte disciolta nel sangue come componente libera (questultima rappresenta la componente attiva della sostanza). Nella camera iperbarica generale si ottiene un aumento della pressione ambientale (iperbarismo) mentre rimane invariata la concentrazione o pressione parziale di ossigeno. Tutto questo determina un aumento della disponibilit di ossigeno da parte dei tessuti sia per quanto riguarda la componente da contatto che quella disciolta nel plasma. Vi sono delle controindicazioni che limitano luso della camera iperbarica. Queste sono mediche, personali e sociali. E si possono cos riassumere: Mediche: malattie cardiocircolatorie, respiratorie e cocleovestibolari Personali: problemi psicologici oltre alla claustrofobia Sociali: difficile reperibilit (poche e private), mancanza di posti letto, costi alti di produzione e di utilizzo e difficolt di strutture ospedaliere o dei soggetti domiciliari al raggiungimento delle camere stesse con aumento dei costi sociali e personali. Ossigenoterapia in normobarismo La soluzione a tanti problemi della camera iperbarica si possono trovare nella ossigenoterapia in normobarismo applicata in maniera distrettuale. Il concetto sostanziale quello di consentire lapplicazione locale della terapia eseguita in camera iperbarica a patologie ad estensione limitata con il vantaggio di non avere controindicazioni assolute. Il concetto di terapia normobarica distrettuale trova applicazione empirica nei principi e nelle applicazioni in diversi Reparti di Chirurgia generale ad indirizzo vascolare che in Reparti di dermatologia. Non si lavora in iperbarismo ma in normobarismo e non si lavora quindi introducendo tutto il corpo nella camera iperbarica ma soltanto la parte del corpo che abbisogna della ossigenoterapia. Vengono quindi a cadere tutte le controindicazioni e si abbattono i costi sia personali sia sociali. differenze Nella camera per ossigenoterapia distrettuale la percentuale di Ossigeno allinterno (a contatto con la lesione) circa del 95% rispetto al 21-23 % presente nella camera iperbarica generale. Daltra parte lossigeno disciolto nel plasma aumenta a 2% volumi rispetto al 6% che per effetto delliperbarismo si ha nella camera iperbarica. Noi otteniamo tali valori ponendo al paziente la mascherina e dando ossigeno tramite questa per via naso-orale. In tale maniera (minor ossigeno disciolto nel plasma, ma aumento dellossigeno a contatto con lulcera) si ottiene un effetto terapeutico poco dissimile da quello che si ottiene nella camera iperbarica tradizionale, in quanto liperbarismo ridotto viene compensato dallaumento della disponibilit di ossigeno, (In molti reparti e ambulatori chirurgici e dermatologici questo tipo di terapia viene da anni applicata in modo empirico e non standardizzabile, lossigeno viene fornito attraverso un tubo di polietilene collegato alla sorgente, lambiente viene creato attraverso un sacchetto di plastica chiuso attorno allarto da trattare). La critica che si pu portare a tale terapia applicata fino ad ora era quella di essere una terapia empirica, artigianale: non vi era una precisione per quanto riguardava la concentrazione dellossigeno, la concentrazione dellumidit e il tempo di utilizzo era quindi soggettivo. I buoni risultati della metodica hanno portato a cercarne unapplicazione pi razionale, ripetibile ed esteticamente gradevole che garantisse nello stesso tempo concentrazioni dossigeno, grado dumidit, gradienti pressori noti con tempi dutilizzo prevedibili e per tale motivo siamo passati ad un dispositivo ( ULCOSAN ) che registrato al Ministero della Salute. vantaggi Elevata compliance Efficacia documentata Basso costo dacquisto e desercizio Facile disponibilit della terapia Assenza di controindicazioni assolute Rapida formazione del personale. PROTOCOLLO CLINICO: quali pazienti trattarli e come trattarli Reclutamento dei pazienti 1) Pazienti con ulcere flebostatiche 2) Pazienti con ulcere diabetiche Et: sono eleggibili pazienti con et compresa dai 50 ai 90 anni suddivisi in classi sia di sesso maschile che femminile a) Tra i 50 e i 60 anni b) Tra i 60 e i 70 anni c) Tra i 70 e i 90 anni Patologie correlate o favorenti: si deve distinguere se presente una componente *arteriosa *flebostatica *mista arteriosa e flebostatica *diabetica *traumatica *del collageno con terapia cortisonica associata valutazioni e controlli Deve essere valutato al momento dellinserimento del paziente Presenza di tessuto necrotico, Facilit al sanguinamento Quantit e composizione dellessudato, Presenza e tipologia dei patogeni, PH della ferita, Compromissione del gradiente di O2, Danno neurologico periferico (in particolare per la patologia diabetica), Diametro della lesione Profondit della ferita Non corretta gestione della malattia. Dolore o bruciore o fastidio del paziente Ogni 7 giorni saranno raccolti i seguenti dati 1) Variazioni della quantit della secrezione 2) Variazioni del tipo della secrezione 3) Dolore del paziente 4) Gradimento del paziente 5) Facilit al sanguinamento 6) Diametro della lesione 7) Profondit della lesione 8) Tessuto di granulazione durata e modalit del trattamento Variabile a secondo la patologia e i risultati e il decorso, (da due a sei mesi, i dati saranno raccolti settimanalmente e vi sar una valutazione a tre e a 6 mesi) Il paziente avr un trattamento quotidiano 6 giorni su 7 Il trattamento sar di 1 o 2 ore il giorno (distanziati di 6 ore) Non si tiene conto della pressione barometrica allinterno della camera distrettuale in quanto ininfluente Si dovr invece valutare il grado umidit e il gradimento del paziente secondo il grado di umidit che viene variata aggiungendo acqua allinterno risultati a tuttoggi acquisiti Dato che si tratta di patologia cronica lulcera flebostatica e quella ischemica non possono giungere ad una guarigione definitiva se non viene tolta la causa, si deve tendere allora ad una migliore qualit di vita, tutti i casi trattati hanno visto diminuire la secrezione (100%), migliorare la sintomatologia soggettiva (90%) mentre il miglioramento obiettivo si visto nel 85 % dei casi. In questi si notata una detersione della lesione e una riduzione dei diametri e uno spiccata evidenza del tessuto di granulazione dal terzo giorno di applicazione. La Tipologia delle ulcere trattate fino ad ora stata la seguente ulcere flebostatiche ulcere ischemiche in ASO + miste osteomieliti lesioni traumatiche Ustioni Microfratture preparazioni a trapianti dermo-epidermici o lembi ricostruttivi. O pazienti che avevano subito trapianti dermo-epidermici Il dispositivo ULCOSAN ( mod. CID 700/A e modelli seguenti ) presente in alcuni Presidi Ospedalieri e Case di Cura private, e considerando la sua semplicit di utilizzo (la cura dei soggetti si pu svolgere sia in ospedale sia tra le mura domestiche), stato sviluppato un modello portatile semplificato definito domiciliare, certificato anche esso dal Ministero della Salute. Tale modello pu essere noleggiato direttamente dal paziente, il quale con lausilio di un familiare pu provvedere alla propria terapia, tra la tranquillit delle pareti domestiche e con la continuit che solo tale facilit di applicazione permette. Questesperienza sta producendo risultati molto positivi, sia dal punto di vista terapeutico, che da quello del gradimento del paziente, tutto ci armonizzato con un bassissimo costo sociale, sia per il privato, sia per le strutture sanitarie. Conclusioni. Dalla esperienza di questi anni riteniamo che lutilizzo della camera distrettuale per ossigenoterapia per uso topico, possa essere uno strumento utile, a basso costo e privo di controindicazioni per un numero rilevante di soggetti affetti da varie patologie ma in particolare per coloro che presentano lesioni devitalizzate degli arti inferiori. La facilit di applicazione e lassenza di rischio nellutilizzo, (la macchina assolutamente indipendente dallenergia elettrica, ed il flusso di ossigeno da 3 a 5 LT. il minuto, non altera la percentuale dello stesso nellambiente) la rendono adatta alle pi svariate applicazioni sia negli ospedali, negli ambulatori, sia tra le pareti domestiche.

Resultados al Congreso en Barcelona sobre el Pie Diabtico 27/09/2013 00:02
El 18 y 19 de septiembre se celebr en Sitges el cuarto congreso multidisciplinar de atencin al pie diabtico. Para los que no lo conocen, Sitges es un lugar de renombre de la costa catalana a 30 Km de Barcelona. Al ser un Congreso nacional pero de importancia internacional fue elegido un Hotel perteneciente a una de las mejores cadenas hoteleras con salas especficas para congresos y adecuado para celebrar un evento de tal magnitud. Los invitados fueron mdicos prestigiosos que cuidan del pie diabtico en Espaa, Islas Canarias, Italia, Alemania, Inglaterra y en EE.UU. Representaban a Italia el Dr. Giacomo Clerici de Sesto San Giovanni y el Dr. Alberto Piagessi de Pisa, nombres de prestigio que no requieren presentacin alguna . Otro de los mdicos Italianos que asisti al congreso, fue el Dr. Paolo Madeyski de San Dona di Piave Para obtener ms informacin pueden consultar la pagina web del evento en : www.piediabetico2013.org Las presentaciones fueron en Espaol, Italiano, Alemn e Ingls, con traduccin simultnea y todas tratando el argumento de : El Pie diabtico en Espaa y su futuro. Resulta imposible mencionar la multitudinaria participacin de los mdicos locales por cuestin de espacio pero una mencin especial, visto que representaba a MPSYSTEM, la requiere el Dr. Francisco Daz Cabrera , mdico de atencin primaria y tambin onclogo reconocido que trabaja para la Universidad de Santa Cruz de Tenerife, el cual dirige los trabajos cientficos que tratan las lceras del pie diabtico en las Islas Canarias con ULCOSAN . El da 19 a las 11.30h se realiz un mini simposio sobre protocolos y terapias con oxgeno en normobarismo que tena el ttulo de " Tratamiento de las lceras con cmara normobrica local de Madeyski". Ilustr el tema con las diapositivas en espaol la experiencia de la clnica Rizzola di San Don di Piave comentando tambin su experiencia en las Islas Canarias. La exposicin fue muy completa, atrajo la atencin de la audiencia y result en un largo aplauso final. Podemos confirmar que el stand de MPSYSTEM fue uno de los ms visitados en los intervalos de pausa caf y almuerzos durante los dos das de la conferencia , y no slo por mdicos espaoles sino tambin por otros pertenecientes al resto de pases que participaban en dicho evento , tambin distribuidores de dispositivos mdicos y que han pedido nuestra colaboracin. Uno de los mdicos espaoles participantes alab el stand diciendo abiertamente " Ulcosan es la estrella del congreso", comentario que nos orgullece profundamente. El congreso precedente a ste, celebrado en el 2007 tuvo lugar en Toledo, la diferencia del congreso de este ao con respecto al precedente es que en este se quisieron comparar los resultados y la experiencia de los mdicos que trabajan este tipo de patologa en Espaa con otros grupos internacionales, mostrando los resultados de ambos grupos. Preceda por ello este congreso en Sitges el Grupo de Estudio Europeo del pie diabtico, con el objetivo de tratar de unificar los protocolos de diagnstico y de terapia con una visin lo ms global posible. Las conferencias fueron numerosas y quisiera mencionar alguna de laspresentaciones magistrales que interesaron mucho a los participantes en dicho evento, una de ellas fue la del presidente del congreso, el Dr. Javier Snchez Aragn con "Anatoma de la infeccin en el pie diabtico" en la que expuso las motivaciones y el riesgo de amputaciones mayores. La tendencia actual es amputar lo menos posible gracias al conocimiento ptimo de la anatomia del pie evitando al mismo tiempo la propagacin de la infeccin. Otra conferencia precisa y completa fue la del Dr. Giacomo Clerici con " Sustitutos drmicos en los problemas del pie diabtico " Conferencia magistral tambin la del Dr. Alberto Piaggesi quien habl sobre los resultados y la evaluacin del equipo multidisciplinario que trata el pie neuroisqumico. Visto el inters que creaba nuestra novedosa terapia fuimos llamados a mostrar algunos casos de lesiones del pie diabtico en la tarde del ltimo da de congreso, presentacin realizada con algunas diapositivas por el Dr. Francisco Daz Cabrera junto con el Dr. Madeyski. Este congreso ha sido importante, til y lleno de satisfaccin para nosotros de la MPSYSTEM . Nuestro agradecimiento a la labor de Lucio Marrone que junto al Dr. Francisco Daz Cabrera han desarrollado la organizacin de esta conferencia de MPSYSTEM en dicho congreso. Nuestro agradecimiento por la traduccin de este artculo y otras traducciones a la muy buena Estrella .

La Prevenzione e la Terapia delle complicanze del Piede Diabetico al Congresso di Barcelona 25/09/2013 22:25
Abbiamo sempre parlato della Prevenzione di tutte le malattie. In questi giorni vi stata una a importante iniziativa promossa dall'Associazione dei Diabetici per prevenire le complicanze del piede diabetico con una conferenza ma specialmente per le visite gratuite con i podologici per capire i problemi dei diabetici e dare i consigli sulla prevenzione delle complicanze. Abbiamo sempre parlato della importanza della prevenzione non solo dei tumori ma di ogni altra patologia e quindi anche del diabete. E tutti sanno che una delle complicanze pi pericolose di tale malattia quella del piede diabatico Con tale nome si intende il rischio che il paziente diabetico da lunga data e mal trattato possa incorrere in infezioni specialmente al piede in quanto manca una sensibilit data da disturbi alle terminazioni nervose e vascolari E proprio questo stata uno dei punti fondamentali del Congresso al quale abbiamo partecipato a Barcellona sul Piede Diabetico Oltre la Prevenzione , la diagnosi e poi la terapia che deve cercare di limitare le amputazioni, almeno quelle maggiori Noi siamo stati invitati perch grazie alla terapia che abbiamo messo a punto con la ossigenoterapia normobarica abbiamo ridotto le amputazioni. Nel 2012 abbiamo avuto nessuna amputazione maggiore e solo due amputazione di avampiede. Faccio qui il riassunto del Congresso al quale ho partecipato dando lustro anche a San Don di Piave avendo portato la casistica della Casa di Cura Rizzola Il 18 e 19 settembre si tenuto a Sitges il 4 congreso multidisciplinare del Piede diabetico. Per chi non lo sapesse Sitges un noto posto in riva al mare a 30 km di Barcellona. E stato scelto per la sua notoriet e perche esiste un albergo prestigioso hotel con sale congressuali prestigiose. E questo perch tale Congresso un evento nazionale con partecipazione internazionale. I relatori erano medici prestigiosi che si occupano del piede diabetico sia in Spagna che alle Canarie che in Germania, Inghilterra e USA. Per lItalia erano presenti il Dr GIacomo Clerici da Sesto San Giovanni e il Dr Alberto Piagessi da Pisa. Nomi prestigiosi che non hanno bisogno certo di presentazione. Potete avere delucidazioni su tali insigni relatori sul sito www.piediabetico2013.org Vi era un altro medico dallItalia, sicuramente pi modesto ed era il Dr Madeyski Paolo da San Don di Piave. Le relazioni erano spagnolo, italiane , tedesche e inglesi. Come sottotitolo vi era : El Pie diabetico en Espana: presente y futuro Non posso citare invece tutti relatori spagnoli in quanto erano molti e di prestigio ma porterebbe via spazio alla conclusione del congresso, ma uno merita una menzione particolare e lo devo citare perch ha rappresentato la MPSYSTEM. Si tratta del Dr Francis Diaz Cabreras che lavora allUniversit di Santa Cruz, dirige le strutture mediche collegate ed anche Oncologo di nome. Il Dr Diaz Cabreras dirige i lavori scientifici che trattano le ulcere difficili e il piede diabetico nelle Canarie con lULCOSAN. Il giorno 19 alle 11,30 stato a tenere un minisimposio sui protocolli e sulla terapia con ossigenonormabarico che aveva il titolo di Tratamiemento de las ulceras con camara normobariica local de Madeyski . Ha illustrato largomento con delle diapositive in spagnolo riportando la casistica della Casa di Cura Rizzola di San Don di Piave e parlando della sua esperienza alle Canarie. La relazione stata eseguita dal Dr Diaz Cabrera in quanto segue lui i lavori alle Canerie e perch il Dr Madeyski avrebbe avuto difficolt a fare una relazione in spagnolo e non era giusto e cortese farla in inglese con la traduzione simultanea. La relazione stata esauriente ed ha destato lattenzione della platea e un lungo applauso. Alla fine seguito un coffee breck e la dimostrazione stat che allo stand della MPSYSTEM ai tavoli del caff vi stato un interessamento particolare. Possiamo dire , e i filmati lo confermano, che lo stand della MPSYSTEM stato il pi visitato negli intervalli da coffee break e di pranzo nei due giorni del congresso. E non solo da medici spagnoli e di altri paesi m anche da distributori di dispositivi medici che chiedevano di collaborare. La frase pi bella per noi stat quella di un dottoressa spagnola che ha detto apertamente allo stand Este Ulcosan fue la estrella del da non poteva essere un commenti pi bello per noi il precedente congresso su questo argomento era stato tenuto nel 2007 a Toledo. Questanno si voleva comparare i risultati e le esperienza dei medici che lavorano su tale patologia in Spagna con altri gruppi internazionali mostrando i risultati di entrambi i tipi di gruppo.Il tutto precedeva il Congreso del Grupo de Studio Europeo de Pie Diabetico sempre a Sitges. . Lo scopo poi era di cercare di unificare i protocolli di diagnosi, e di terapia con una visione globale pi possibile. Le relazioni sono state molteplici ma vorrei citare delle conferenze magistrali che hanno colpito tutti noi presenti. il Dr Javier Aragon Sanchez , Chairman del congresso, stato magistrale nella relazione magistrale: Anatomia della infezione nel piede diabetico che metteva in luce le motivazioni e i rischi di amputazioni i maggiori e non si conosce bene tale anatomia. Adesso si cerca di amputare al minimo e tale impegno si attua con la conoscenza ottimale della anatomia del piede e delle possibilit anatomiche di diffondere la infezione. relazione precisa e esauriente dalla grande esperienza del Dr Giacomo Clerici sui Sostituti dermici nei problemi del piede diabetico Conferenza magistrale di rilievo dallaltro ospite italiano Dr Alberto Piaggesi che ha parlato dei risultati e della valutazione del team multidisciplinare che tratta il piede neuroischemico Con soddisfazione visto linteresse del nostro di terapia siamo stati chiamati ad esporre alcuni casi di lesioni al piede diabetico nel pomeriggio della giornata conclusiva . La relazione stata fatta con alcune diapositive dal Dr Francis Diaz Cabrera assieme al Dr Madeyski che ha puntualizzato i risultati ottenuti in inglese. Lincontro stato importante, utile a tutti noi e denso di soddisfazione per noi della MPSYSTEM. Grazie al lavoro anche del Dr Lucio Marrone che assieme al Dr Francis Diaz Cabrera ha messo a punto la organizzazione per la MPSYSTEM a tale convegno

Anziano fragile, patologia neoplastica multipla e Osteoporosi: limportanza della diagnosi precoce e della gestione clinica continuativa e multidiscip 14/09/2013 19:57
Anziano fragile, patologia neoplastica multipla e Osteoporosi: limportanza della diagnosi precoce e della gestione clinica continuativa e multidisciplinare. A cura di : Dott. Alessandro Francescon, Specialista in Geriatria e Gerontologia Ambulatorio di Osteoporosi- Casa di Cura Sileno e Anna Rizzola, San Don di Piave (Ve)- Questo documento nasce dallesame di un caso clinico peculiare. Si tratta di una paziente che nel corso della sua vita ha contratto ed stata operata per ben quattro forme neoplastiche diverse, ma che, grazie alladeguatezza degli interventi di diversi Specialisti Medici, riuscita, via, via, a superare le difficolt delle diverse malattie ottenendo risultati soddisfacenti nella qualit della vita. Recentemente, la Signora, una donna di 70 anni, giunta alla nostra osservazione ed stata gestita in collaborazione con approccio multidisciplinare dalle equipe di Chirurgia e di Lungodegenza Geriatrica Riabilitativa della Clinica Rizzola di San Don di Piave. Lultimo intervento, che aveva comportato successivamente il trasferimento presso la nostra struttura era stato eseguito presso la Chirurgia di unaltra Struttura Ospedaliera, con la quale erano stati concordati, inoltre, i successivi interventi. Questa la complessa storia clinica della paziente: Allet di 40 anni ha subito una mastectomia radicale destra per neoplasia mammaria. Allet di 54 anni stata operata di emicolectoma dx per un tumore del colon ascendente . Allet di 58 anni stata operata di emiucolectomia sx per un tumore al sigma A 61 anni ha subito lasportazione di polipi duodenali per via endoscopica . Nel 2013, infine, a 70 anni, a causa di un polipo duodenale che era degenerato in carcinoma, ha subito un nuovo intervento al duodeno. Lintervento, che era stato esteso anche alla regione pilorica dello stomaco, ha comportato la resezione di parte del duodeno, un anastomosi (unione) tra stomaco e digiuno, colecistectomia e, successivamente, lapplicazione di un drenaggio biliare trans cistico per detendere il cistico. Segu una colangite (infezione delle vie biliari) dovuta al corpo estraneo dato da drenaggio A seguito dellintervento e dei problemi connessi la paziente stata 20 giorni in Rianimazione .per la comparsa di una polmonite bilaterale e di un versamento pleurico importante. Dopo lultimo intervento e la successiva infezione si registrato un decadimento generale della paziente con alterazioni dello stato nutrizionale e di idratazione, una perdita del tono-trofismo muscolare, ridotta capacit deambulativa e di autosufficienza. Per tale motivo, oltre che per la ricomparsa di febbre di tipo settico, causata dalla recidiva delliinfiammazione delle vie biliari, ha continuato la degenza presso la nostra struttura per il proseguimento delle cure ed il recupero funzionale . Durante la degenza, migliorato lo stato nutrizionale e lidratazione della paziente con riequilibrio del bilancio idro elettrolitico.E stata somministrata adeguata terapia antibiotica sia per via generale che con frequenza settimanale attraverso il drenaggio inserito nelle vie bilari. Tutto ci ha consentito la scomparsa della febbre della paziente e la sua guarigione dalla Colangite , aiutata anche dalla rimozione del drenaggio transcistico. Durante la degenza ha lamentato a volte un reflusso biliare compatibile con il tipo di intervento che stato trattato con terapia sintomatica e con unalimentazione adeguata. Successivamente si avviato il recupero funzionale in Fisioterapia e, dopo circa 30 giorni, migliorato il tono trofismo muscolare, inoltre, la capacit deambulativa e l autosufficienza sono state recuperate come prima dellultimo ricovero. Il drenaggio biliare, infine, stato rimosso alcuni giorni prima della dimissione, consentendo un ulteriore miglioramento della qualit della vita della signora. A nostro avviso i fattori determinanti questo successo medico sono stati: Diagnosi precoce Professionalit equipe medica Indirizzo a centri Ultraspecialistici adeguati Adeguato follow up, cio controllo del paziente nel tempo Approccio clinico multidisciplinare La storia clinica della paziente evidenzia importanti fattori di rischio per lOsteoporosi: menopausa precoce con deficit ormonale, malassorbimento di calcio e Vitamina D a causa degli interventi di resezione gastro intestinale subiti, alterazioni della funzione della bile ed et avanzata; a tutto ci si deve associare il prolungato periodo di immobilit. Per tale motivo, la paziente andr seguita nel tempo per la prevenzione dellOsteoporosi nel nostro Ambulatorio Specialistico, affinch non accada che una eventuale frattura osteoporotica determini nuovamente la perdita dellautonomia della signora compromettendo la qualit della sua vita e inficiando ulteriormente sulla fragilit della sua salute. Abbiamo riportato questo caso per mettere in evidenza la utilit o necessit di una diagnosi precoce dei rischi della osteoporosi che pu evitare possibili complicanze che in persone debilitate e anziane rappresentano un rischio importante anche quoad vitam

INDICATIONS OF PROTOCOL IN USING THE TOPICAL OXYGEN THERAPY CHAMBER AND FOR CONTINUING THERAPY ALSO IN THE POST HOSPITALIZATION PHASE 02/07/2013 23:58
INDICATIONS OF PROTOCOL IN USING THE TOPICAL OXYGEN THERAPY CHAMBER AND FOR CONTINUING THERAPY ALSO IN THE POST HOSPITALIZATION PHASE For correct application of this therapy with positive results the following should be considered: a) Indications b) Method of treatment c) Duration of treatment d) Evaluation of treatment Indications For all trophic injuries situated in the lower limbs which have solutions of continuity of the skin, the main place is the leg. Injury to the thigh is rare since it has not been taken into consideration. Therapy is applied to injuries with various causes or contributory causes even if with varying results. For the following pathologies: Phlebostatic ulcers (frequent and with varying percentages of healing between 60 and 80% depending on contributory causes and associated pathological factors). Diabetic ulcers (diabetic foot). These injuries include both trophic injuries of skin and below-skin tissues and those with a relevant exposed bone. These injuries are frequent with percentages of healing which vary from 70% to 90%. Ulcers in arteriopaths. Not frequent. Lower results both subjectively and objectively. Traumatic injuries. Discreetly frequent with good results but which vary greatly for the associated general and local conditions. Iatrogenic injuries and on a neoplastic basis. Rare with results varying greatly from case to case. Method of treatment The experience matured over the last few years has seen a modification in approach and the method of treatment of trophic ulcers in the lower limbs since: these injuries are chronic (apart from post-traumatic injuries). these injuries were treated in the course of their chronicity with various and varying methods depending on the health service operators. We maintain that on the basis of the experience obtained and the general principles we have shown the therapeutic course these directives can follow 1) Precise indications, as far as possible, for oxygen therapy. These indications must be set by a doctor specializing in therapy, vascular therapy, dermatology, diabetology or by a doctor who has the experience and competence in this pathology and knowledge of the pathologies correlated to the etiology of such injuries. 2) The injury to benefit from the oxygen therapy must be cleansed. The cleansing can be done with simple medical cleansing or with surgical cleansing removing scabs and necrotic tissue in such a way as to bring the oxygen into contact with the tissues with the possibility of granulation. 3) The possibility of the oxygen therapy and the method of administration must be tested and evaluated by medical or paramedical personnel since the sensitivity to the dosage, the time and the humidity are individual. 4) The only substances used by medication are physiological solution for cleansing before and after the application of oxygen. Neither betadine nor Vaseline medications are used nor whatever does not allow the passage of oxygen. 5) If the injury is painful, besides increasing the humidity the injury can be bathed with marcaina or other local anesthetic. The correct procedure in sequence is the following: Bandaging of the injury Cleansing with a wet gauze with fisiologic water (do not cover the injury with any medication) Introduction of the limb in the oxygen chamber Closing the same possibly above the knee Supplying the oxygen near the injury in accordance with the sensitivity of the patient with a flow between 3 and 4 LT a minute for 10 minutes and then at 2 LT a minute The total duration save for particular cases is one hour At the end carry out cleansing with a wet physiological gauze and then cover it with gauze with the same solution or with a local anesthetic if the injury is painful. Duration of the treatment The duration of the treatment per day is indicated by the doctor who sets the indication and follows the patient and the progress of the injury; in any case we advise the following directives: The treatment must be followed daily It is preferable to carry out two applications a day, each for one hour. Improvement is noted generally after 10-15 days and becomes evident on the third week of application; each case, however, presents individual variables given by the subject who presents etiological factors and accompanying variable pathologies. There are no side-effects even for the treatment, even for 4 hours per day, from the experience of several cases for which the therapy for this duration was prescribed. Evaluation of the results It is useful and should be the case that the injury is photographed at the moment of the first visit and before surgical or medical cleansing. The injury will then be photographed at regular intervals decided by the medical team. With the right software the diameters of the injury, the depth, the surface and its circumference can be measured. With the same software one can carry out and register the graphics that show the behaviour of the injury and the effectiveness or otherwise of the therapy. On one card it is advisable to note the objective variations but also the subjective impressions that refer to the patient. Taken into consideration are: - The patients data - The causes - The contributory factors - Associated pathologies - Medicines in use - The birth and duration of the injury - Symptoms declared by the patient - Secretion - The characteristics of the injury and the granulation tissue Possibility of treating the patient at home The peculiarity of oxygen applied locally, are identifiable, in the absence of side-effects, in the low cost, the simplicity of application, but above all in the need for a certain duration and continuity (this therapy produces better results after about three weeks of regular application). The duration of the therapeutic cycle of oxygen applied locally is difficult to match to the period of hospitalization (in other European countries P.D.L. 4409/2003 chronic ulcers are treated at the patients home). For this direct experience a course of therapy is indicated coupled with a brief stay in hospital (5-7 days). Over the course of the years we have obtained the first certification for our domestic model which was then renewed in accordance with the regulations in force. This model used at the patients home for therapies of medium long duration enables social costs to come down and guarantees the continuity of application required. In this way we have already treated patients with various types of ulcer with excellent results and minimum cost. At present the cost of hire applied to patients is 160 (VAT 4%) monthly; this charge is generally accepted and also includes assistance by telephone and at home for any problem concerning the therapy. These costs are still not reimbursable by the N.H.S. but the invoice is deductible. A public or private structure in this way can offer a complete service to various patients, increasing the degree of satisfaction and constantly monitoring the development of the pathology with weekly visits but without rigidly committing the structure and the personnel (guidelines already provided by a proposal of law under discussion in the Chamber and applied in many countries in the European Union).

SCIENTIFIC ELEMENTS OF LOCAL OXYGEN THERAPY AND MEANS OF APPLICATION TO PATIENTS 02/07/2013 23:56
SCIENTIFIC ELEMENTS OF LOCAL OXYGEN THERAPY AND MEANS OF APPLICATION TO PATIENTS Given that Ulcers of the lower limbs constitute a frequent pathology (1% of the population and 3.5% of the population over 65 years) It mainly affects the female population with a rapport of about 3 to 1. It is a chronic invalidating illness where the therapy is not standardized and it presents both medical and social problems. In fact the treatment has elevated problems, not only medical but particularly social and among these particular relevance must be attached to the cost to the patient, to the collective and the cost to the National Health System. Etiology of ulcerative injuries of the lower limbs In outline they can be: -phlebostatic: like complications of superficial venous sufficiency (varicose) or profound venous insufficiency (post-phlebitic syndrome) -arterial (ischemic) -diabetic -Traumatic -in collagenopathy for causes intrinsic to the illness or for habitual cortisone therapy Types of therapy available Medical: which includes pharmacological treatment (general and local) and combined treatment given with medications and medicines. Surgical: both to eliminate the causes and to deal with complications up to plastic surgery. Hyperbaric Chamber: based on the principle of oxygen therapy in hyperbarism. Comparable therapies Local hyperbaric therapy represents the evolutionary stage of that used in the last thirty years for the treatment of different pathologies linked to circulatory deficit or infective pathologies. The oxygen administered acts on the devitalized or, however, suffering tissues with a contact mechanism and through the action of the component dissolved in the blood in part linked to the hemoglobin, in part dissolved in the blood as a free component (the latter represents the active component of the substance). In the general hyperbaric chamber an increase of environmental pressure (hyperbarism) is obtained while the concentration or partial pressure of oxygen remains unchanged. All this determines an increase in the availability of oxygen on the part of the tissues both as regards the contact component and that dissolved in the plasma. There are side-effects that limit the use of the hyperbaric chamber. These are medical, personal and social. They can be summarized as follows: Medical: cardiovascular, respiratory and cochleovestibulary illnesses Personal : Psychological problems besides claustrophobia Social: difficult availability (little or private), lack of bed-places, high costs of production and use and difficulty of hospital structure or of subjects at home in reaching the chamber with an increase in social and personal costs. Oxygen therapy in normobarism The solution to many problems of the hyperbaric chamber can be found in oxygen therapy in normobarism applied locally. The main concept is that of enabling local application of the therapy performed in the hyperbaric chamber to pathologies of limited extension with the advantage of having absolutely no side-effects. The concept of local normobaric therapy applies empirically in the principles and applications in different general Surgery Departments aimed at vascular treatment and in dermatology departments. The work is not in hyperbarism but in normobarism and therefore not all the body is introduced in the hyperbaric chamber but just the part of the body requiring oxygen therapy. Thus all the side effects are removed and both personal and social costs come down. Differences In the chamber for local oxygen therapy the percentage of oxygen internally (in contact with the injury) is about 95% compared with the 21-23% present in the general hyperbaric chamber. On the other hand the oxygen dissolved in the plasma increases to 2% volume with respect to the 6% which for the effect of hyperbarism is in the hyperbaric chamber. We obtain these values placing the mask on the patient and giving oxygen with this via the nose and mouth. In this way (minor oxygen dissolved in the plasma, but increase in oxygen in contact with the ulcer) a therapeutic effect is obtained not unlike that obtained in the traditional hyperbaric chamber, since reduced hyperbarism is compensated by the increase in availability of oxygen, (in many surgical and dermatological departments and surgeries this type of therapy has been applied for years in an empirical and non-standardized manner, the oxygen being supplied through a polyethylene tube connected to the source, the environment is created through a plastic bag closed around the limb being treated). Criticism that may be made to such a therapy applied up to now was that of it being an empirical, artisan therapy: there was no precision regarding the concentration of oxygen, the concentration of humidity and the time taken was therefore subjective. And the there was a problem of image and aesthetics The good results of the method led us to look for a more rational, repeatable and aesthetically pleasant application that guaranteed at the same time concentrations of oxygen, degree of humidity, known pressure values with predictable times of use. We are also aware that fundamental elements that obstruct the therapies of phlebostatic ulcers and in general devitalized tissues are the reduction in tension of oxygen and the presence of exudate and necrotic tissue. To resolve these difficulties optimization of oxygen therapy is being studied with the aid of active medicines introduced by nebulizer which reach the open injuries. Better oxygenation of the cells incentivated by medicines which act directly on the cell-cell mechanisms can be used in all devitalized tissues and also in diabetic injuries. Advantages Elevated compliance Documented effectiveness Low cost of purchase and use Easy availability of therapy Absolute absence of side-effects Rapid training of personnel CLINIC PROTOCOL Recruitment of patients 1) Patients with phlebostatic ulcers 2) Patients with diabetic ulcers Age: patients aged between 50 and 90 are eligible, sub-divided into classes a) Between 50 and 60 years b) Between 60 and 70 years c) Between 70 and 90 years Sex : males are distinct from females Accompanying pathologies: must be indicated on the prospectus with the medicines being taken Correlated orfavoured pathologies: must be indicated if there is a component *arterial *phlebostatic *arterial and phlebostatic mix *diabetic *traumatic *of collagen with associated cortisone therapy Evaluation and controls Presence of necrotic tissue Ease of bleeding Quantity and composition of exudate Presence and type of pathogens PH of the injury Deterioration of gradient of O2 Peripheral neurological damage (in particular for diabetic pathology) Diameter of injury Depth of injury Incorrect handling of the illness Pain or burning or irritation of patient Every 7 days the following data will be collected 1) Variations in the quantity of secretion 2) Variations in the type of secretion 3) Pain of the patient 4) Comfort of the patient 5) Ease of bleeding 6) Diameter of the injury 7) Depth of the injury 8) Tissue of granulation Duration and method of treatment Variable depending on the pathology and the results and the course, (from two to six months), the data will be collected weekly and there will be an evaluation at between three and six months) The patient will have treatment daily 6 days out of 7 The treatment will be for 1 or 2 hours per day (separated by 6 hours) The barometric pressure inside the chamber is not considered as it is not influential However one should evaluate the degree of humidity and the comfort of the patient depending on the degree of humidity which is varied adding water to the interior. results acquired until today Given that this concerns a chronic pathology the phlebostatic and the ischemic ulcer cannot reach definitive healing if the cause is not removed, thus a better quality of life must be aimed at; all cases treated have seen secretion diminish (100%), the subjective symptomatology improve (90%) while objective improvement has seen 85% of cases. In these a cleansing of the injury and a reduction of the diameter and marked evidence of the tissue of granulation have been noticed from the third day of application. Over the course of the years we have experimented with extensive methods on the use of the device for the application of local normobaric therapy, on average dealing with 3 cases a week in our structure (Casa di Cura Rizzola in San Don di Piave) and these cases have been followed personally over time. To this we add patients followed in other structures like Codivilla Putti in Cortina and private structures and hospitals in other parts of Italy: The type of ulcers treated were the following: phlebostatic ulcers ischemic ulcers in ASO + mixed osteomyelitis traumatic injuries burns microfractures preparations for dermo-epidermal transplants or injuries requiring reconstruction or patients who have undergone dermo-epidermal transplants The chamber mod. CID 700/A and following models has been distributed to some hospital facilities and private nursing homes, and considering the ease of use (treatment of subjects can take place both in hospital and inside the home), in this last period we have developed a simplified portable model defined as for the home. This model can be hired directly by the patient, who with the aid of a family member can provide their own therapy in the tranquility of the home and with the continuity that only this facility of application can permit. This experience is producing very positive results, both from the therapeutic point of view and from that of the comfort of the patient, all harmonized with an extremely low social cost, both for the patient and for the health service. Conclusions We maintain that use of the local chamber for oxygen therapy for local use, can be a useful instrument, of low cost and without side-effects for a significant number of subjects affected by various pathologies but in particular for those who present devitalized injuries of the lower limbs. The ease of application and the absence of risk during use (the machine is absolutely independent from the electricity supply, and the flow of oxygen from 3 to 5 LT a minute does not alter the percentage of this in the environment) make it suitable for the widest variety of applications both in hospital, in the ambulance and in the home

Si parla molto o troppo di sigarette elettroniche. Si devono vietare o meno 23/06/2013 22:22
Interessante il test eseguito dai giornalisti del settimanale Panorama. Questo giornale ha esaminato in un laboratorio quattro differenti tipi di sigarette elettroniche. Non sono state rinvenute sostanze come metalli pesanti o policiclici aromatici che sono cancerogeni. La nicotina era presente nella quantit descritta nella etichetta e in modo particolare in quella ove era scritto che non vi era nicotina effettivamente non ve n'era. Effettivamente la sigaretta elettronica non dovrebbe contenere sostanze tossiche e quelle che si trovano sono effettivamente in dose molto minore di quelle che ritroviamo nella sigaretta tradizionale. Quello che fondamentale e che non sono state trovate sostanze cancerogene. Se qualche sostanza tossica stata trovata questa era in dose minimale rispetto alle sigarette tradizionali e sono dovute ad un uso di nicotina pura probabilmente non eccellente. Ma tali sostanze sono di molto inferiore nella sigaretta tradizionale. Interessante un libro appena uscito dal titolo " Come smettere di fumare con la sigaretta elettronica" di Cosimo Colasante nel quale sono dati consigli come usare al meglio la sigaretta elettronica e come poter poi smettere di usare la stessa ma espone anche dubbi e possibili pericoli nell'uso della stessa sigaretta elettronica. Il vero problema nel'usare sigarette elettroniche certificate in cui i componenti siano dosati e certificati e scritti sulla etichetta. Al giorno d'oggi scoppiato il boom della sigaretta elettronica e tanti produttori si improvvisano produttori di sigarette elettroniche e aprono negozi vendendo prodotti a volte non conformi e questi possono contenere sostanze anche dannose. Poich la sigaretta elettronica un mezzo per smettere di fumare sarebbe giusto che fosse venduta nelle farmacie sotto consiglio del farmacista o del medico. Deve avere la dicitura del marchio CEE conforme a un prodotto definito dal ministero e dai parametri ad uso di sigaretta elettronica. Poich contiene nicotina deve essere considerata con farmaco anche per questo motivo dovrebbe essere venduto nella farmacia. Non ci sono studi a lungo termine sulle sigarette elettroniche di danni a distanza e in modo particolare su quante persone che sono passate alla sigaretta elettronica hanno poi smesso di fumare quella tradizionale e quanti ancora hanno poi smesso quella elettronica. Dai primi studi parziali si deduce per che la sigaretta elettronica il mezzo attualmente che fa aumentare i non fumatori o meglio quelli che smettono di fumare e possiamo dire che allo stato attuale sembra che circa il 10% delle persone che passano alla sigaretta elettronica smettono del tutto di fumare quella tradizionale . E' anche importante un dato al momento non confermato ma che dice che l'80% delle persone che passano alla sigaretta elettronica poi smettono di fumare la stessa. Naturalmente parliamo sempre di sigarette elettroniche certificate. Diciamo che la preoccupazione del ministero della salute giusta : ci deve essere una normativa per le stesse e dobbiamo tenere presente che l'uso per cui nata la sigaretta elettronica quello di far limitare e quindi smettere l'uso della sigaretta tradizionale. Per pur sempre un qualche cosa che un danno pi o meno lo da e per tale motivo riteniamo giusto che sia vietata nei luoghi pubblici. Evidentemente con dei limiti che saranno minori della sigaretta tradizionale, deve essere proibita ai minorenni che la userebbero in maniera non corretta e quindi non andrebbero poi contro la diminuzione di quella tradizionale. Diventerebbe cio un prodotto di moda per i giovani e quindi come tale non porterebbe poi alla diminuzione del fumare la sigaretta tradizionale. Se andiamo a guardare le varie normative in giro per il mondo vediamo che ci sono paesi che hanno regolarizzato i posti dove si possono fumare e paesi che hanno dichiarato che possono essere fumate ovunque ; vi sono paesi che considerano la sigaretta elettronica come un farmaco e altri che invece non lo considerano come tale e quindi tutta la legislatura non ancora definita. Ciononostante noi dobbiamo considerare il perch nata la sigaretta elettronica il perch la si dovrebbe usare e quindi riteniamo che sia utile avere una regola che deve essere applicata nella vendita e nell'uso . Fino alla presenza di leggi certe ed di lavori certificati riteniamo quindi in conclusione che la sigaretta elettronica debba essere venduta in farmacia e ivi si devono trovare solamente sigarette elettroniche provenienti da istituti certificati e che abbiano un certificato del ministero della salute anche i loro prodotti. L'uso con varie quantit di nicotina deve essere consigliato dal medico o dal farmacista. Non deve essere permessa la vendita ai minori di 16 anni. La sigaretta elettronica non dovrebbe essere permessa nei locali pubblici che non abbiano una reazione adatta. Queste considerazioni naturalmente potranno essere corrette quando vi saranno studi certificati sulle uso e sui possibili danni a distanza. Certamente non comprensibile come si voglia proibire l'uso della sigaretta elettronica e nello stesso tempo non si proibisce l'uso della sigaretta tradizionale e contiene molte pi sostanze tossiche e delle sostanze cancerogene non presenti in quelle elettronica.

Reclutamento dei pazienti da trattare con ossigenoterapia topica 23/06/2013 22:08
Reclutamento dei pazienti Si possono trattare tutte le tipologia di ulcere agli arti inferiori ma se noi dobbiamo pare un reclutamento ponendo un protocollo per iniziare in un reparto questo tipo di terapia allora dobbiamo dare delle indicazioni Le indicazioni sono le seguenti in modo da avere dati standardizzati e protocolli standardizzati 1) Pazienti con ulcere flebostatiche 2) Pazienti con ulcere diabetiche Et: sono eleggibili pazienti con et compresa dai 50 ai 90 anni suddivisi in classi a) Tra i 50 e i 60 anni b) Tra i 60 e i 70 anni c) Tra i 70 e i 90 anni Sesso: sono distinti il sesso maschile da quello femminile. Patologie concomitanti: devono essere segnate sul prospetto con i farmaci in uso Patologie correlate o favorenti: si deve distinguere se presente una componente *arteriosa *flebostatica *mista arteriosa e flebostatica *diabetica *traumatica *del collageno con terapia cortisonica associata valutazioni e controlli Deve essere valutato al momento dellinserimento del paziente Presenza di tessuto necrotico, Facilit al sanguinamento Quantit e composizione dellessudato, Presenza e tipologia dei patogeni, PH della ferita, Compromissione del gradiente di O2, Danno neurologico periferico (in particolare per la patologia diabetica), Diametro della lesione Profondit della ferita Non corretta gestione della malattia. Dolore o bruciore o fastidio del paziente Ogni 7 giorni saranno raccolti i seguenti dati 1) Variazioni della quantit della secrezione 2) Variazioni del tipo della secrezione 3) Dolore del paziente 4) Gradimento del paziente 5) Facilit al sanguinamento 6) Diametro della lesione 7) Profondit della lesione 8) Tessuto di granulazione durata e modalit del trattamento Variabile a secondo la patologia e i risultati e il decorso, (da due a sei mesi, i dati saranno raccolti settimanalmente e vi sar una valutazione a tre e a 6 mesi) Il paziente avr un trattamento quotidiano 6 giorni su 7 Il trattamento sar di 1 o 2 ore il giorno (distanziati di 6 ore) Non si tiene conto della pressione barometrica allinterno della camera distrettuale in quanto ininfluente Si dovr invece valutare il grado umidit e il gradimento del paziente secondo il grado di umidit che viene variata aggiungendo acqua allinterno La Tipologia delle ulcere che si possono trattare e che noi abbiamo trattate sono le seguenti ulcere flebostatiche ulcere ischemiche in ASO + miste osteomieliti lesioni traumatiche Ustioni Microfratture preparazioni a trapianti dermo-epidermici o lembi ricostruttivi. O pazienti che avevano subito trapianti dermo-epidermici

Una indagine sulla Osteoporosi in 100 centri in Italia 17/06/2013 23:04
Dati emersi da un indagine sullOsteoporosi (dati definitivi) Dott. Francescon Alessandro, Responsabile dell Ambulatorio di Osteoporosi - Casa di Cura Rizzola - San Don di Piave (Ve)- Solo tre i Centri partecipanti al Progetto Amico, nellarea che comprendeva quasi tutta la Provincia di Venezia e tutto il Friuli Venezia Giulia . Di questi, uno stato quello per lOsteoporosi condotto dal Dott. Francescon Alessandro nella Clinica Rizzola di San Don di Piave. Tale Progetto Nazionale che ha visto coinvolti 100 Centri di Eccellenza di tutta Italia ha riscosso un notevole successo nella Clinica Rizzola in quanto in poche ore sono state esaurite tutte le visite gratuite messe a disposizione, tanto che per dare la possibilit ad altre persone di avere una Valutazione Clinica con esecuzione di Densitometria ossea ad Ultrasuoni di ultima generazione, si sono incrementati i posti . Nel complesso sono state eseguite 68 visite , di cui 66 a pazienti di sesso femminile e 2 di sesso maschile; let dei pazienti era compresa tra i 34 e i 79 anni. La maggior parte delle persone che hanno usufruito del Progetto proveniva da San Don di Piave(32 ), i rimanenti, invece, provenivano da Comuni limitrofi. Si sono registrati, infatti, 12 casi provenienti da Musile di Piave, 5 casi provenienti da Eraclea, 5 casi da Caorle, 4 casi ciascuno da Jesolo e Cavallino-Treporti e , infine, un caso per ciascuno dai seguenti Comuni: Noventa di Piave, Quarto Daltino, S.Stino di Livenza, Ceggia, Meolo, Venezia. Un dato interessante stato che i pazienti che si sono presentati spontaneamente alla visita e quasi tutti asintomatici, presentavano indicazioni cliniche allesecuzione della Densitometria ossea e/o importanti fattori di rischio per LOsteoporosi. La maggior parte di essi eseguivano la valutazione per la prima volta. I partecipanti hanno dimostrato alta sensibilizzazione nei confronti dellesame, perch tutti erano a conoscenza del suo significato clinico. La maggior parte era venuta a conoscenza del progetto per la pubblicazione della notizia sui giornali o nellambulatorio del proprio medico di base. Un altra osservazione meritevole di nota che quando le iniziative sulla prevenzione non comporta partecipazione di spesa da parte dellutente la partecipazione massiccia. In effetti solo in casi limitati la Densitometria ossea e prescrivibile senza il pagamento di ticket sanitario Si segnalano i pi significativi fattori di rischio riscontrati i: Menopausa precoce (53 casi), terapia cortisonica (5 casi), pregressa frattura vertebrale (4 casi), pregressa frattura calcaneare (1 caso), menopausa chirurgica con ovariectomia (2 casi), pregressa neoplasia mammaria in terapia antiestrogenica (4 casi), ridotto apporto alimentare di calcio ( 4 casi), malassorbimento di calcio e Vitamina D (2 casi), intolleranza al lattosio (1 caso), ipertiroidismo (2 casi), riscontro radiologico di rarefazione ossea alla testa dellomero (1 caso), artrite reumatoide (3 casi), polimialgia reumatica (2 casi), Malattia ematologica cronica (1 caso). Nei rimanenti 31 casi i pazienti non presentavano problematiche collegabili all Osteoporosi. Il progetto Amico- Settimana Nazionale dei disturbi osteoarticolari,alla sua prima edizione, stato patrocinato dalle pi importanti Societ Scientifiche Italiane: SIOMMS, Societ Italiana dellOsteoporosi, del Metabolismo Minerale e delle Malattie dello Scheletro, SIOT, Societ Italiana di Ortopedia e Traumatologia, SIR, Societ Italiana di Reumatologia, ANMAR, Associazione Nazionale Malati Reumatici, e FEDIOS, Federazione Italiana Osteoporosi e Malattie dello Scheletro. Liniziativa prevedeva un indagine conoscitiva su un campione di medici e pazienti, in una settimana, in cui in Centri specializzati distribuiti su tutto il territorio Nazionale si effettuavano visite gratuite a favore dei cittadini che ne facevano richiesta. Lo scopo del Progetto era di fornire un aiuto a tutti coloro che soffrono di patologie osteoarticolari, diagnosticando tempestivamente eventuali malattie. Visto il successo delliniziativa, riscontrato anche su scala Nazionale, molto probabile che tale Progetto sia riproposto anche il prossimo anno.

Considerazioni sulle sigarette elettroniche 11/06/2013 07:47
Riportiamo una intervista fatta da Luciano Fassari sul sito http://www.quotidianosanita.it che in linea con il nostro pensiero Intervista a Umberto Roccatti, Amministratore Delegato di Puff, una delle aziende leader nel mercato delle e-cig e vicepresidente dellAnafe. S ai divieti per i minori e per il consumo in scuole e mezzi pubblici. Secco il no a nuove tasse. Ma serve al pi presto una normativa ad hoc a tutela dei cittadini e delle aziende che operano correttamente. 08 GIU - Le sigarette elettroniche rappresentano inequivocabilmente un mercato in piena ascesa con un giro daffari che negli ultimi due anni si quasi decuplicato. Ma su questo vero e proprio boom delle e-cig si sono scatenate aspre polemiche sulla loro sicurezza e sulla reale efficacia nella lotta al tabagismo. Cos, abbiamo chiesto a Umberto Roccatti, Amministratore Delegato di Puff, una delle aziende leader nel mercato delle e-cig e vicepresidente dellAnafe (lAssociazione nazionale fumo elettronico) di esporci il punto di vista delle imprese. Dottor Roccatti, partiamo dalla cronaca. Nei primi 5 mesi dellanno i Nas hanno sequestrato 800 mila prodotti. C un problema di sicurezza che riguarda le e-cig? Il 99% dei sequestri si intende non per il carattere di pericolosit intrinseca dei prodotti, ma per la mancanza di una corretta dicitura sulle confezioni. Quindi l'illecito nella stragrande maggioranza dei casi non riguarda potenziali rischi per il consumatore, ma mancanza o errata informazione allo stesso: grave, ma di livello sicuramente diverso. Ci son stati sequestri di centinaia di migliaia di ricariche di liquidi perch mancava un numero di telefono sulla confezione: mi sembra giusto che la gente lo sappia per valutare la cosa e non creare allarmismi. Dett ci, le leggi ci sono, e vanno rispettate: Puff assolutamente in linea con il quadro normativo e anzi solidale con gli sforzi dei Nas che vigilano su un mercato dove troppi si stanno affacciando con superficialit: servono per regole pi chiare perch tutti vogliamo rispettarle. Ma come dovrebbe essere inquadrata la sigaretta elettronica? Un farmaco, un dispositivo medico o semplicemente un tradizionale prodotto da fumo? Certamente non assimilabile tout court a nessuna di queste tipologie. Le-cig un dispositivo elettronico e desidero precisare ultra controllato da normative europee. Ed per questo che chiediamo al pi presto una legge ad hoc, anche a livello Ue che possa disciplinare la materia. Ma vero che questi prodotti fanno smettere di fumare? Le persone che vogliono abbandonare il fumo tradizionale lo fanno perch sanno che esso pu provocare grossi danni alla salute. Ecco, per noi le e-cig rappresentano un metodo di fumo alternativo molto pi sano come evidenziato anche da numerosi esperti. Per noi svapare vuol dire compiere un gesto dindulgenza. E poi desidero precisare come vi siano numerosi studi che dimostrano come il vapore emesso dalle sigarette elettroniche non produce fumo passivo, n contamina in alcun modo l'ambiente circostante. E lo stesso dicasi per le e-cig contenenti nicotina. In ogni caso, noi siamo contro chi pubblicizza ingannevolmente le e-cig come prodotti miracolosi. Ma siamo anche contro chi lancia allarmismi impropri. Vi sentite vittime di una campagna denigratoria? No, ma sicuramente c stata uninformazione superficiale in cui gli organi di informazione non hanno parlato subito con le aziende. Certo, visti gli interessi in gioco qualche dubbio ci venuto Ecco, la nicotina, una sostanza che crea dipendenza e che se assunta in dosi eccessive pu creare problemi alla salute. In questo senso qual la vostra posizione? vero, ed per questo che siamo favorevoli al divieto di fumo elettronico per i minori e sui mezzi di trasporto pubblico e in determinati locali, edifici scolastici in primis come proposto dal Css. Ma ripeto la nicotina non viene emessa nellaria nellatto della respirazione, con questo non si vuol dire che un abuso di sigarette elettroniche contenenti nicotina faccia bene, ma certo che esse hanno una tossicit trascurabile per chi le utilizza e pari a zero per chi subisce il fumo passivo. Anche per questo diciamo no al divieto assoluto di utilizzo in tutti i luoghi pubblici. Come giudica la decisione della Francia di vietarle proprio nei luoghi pubblici? In questi giorni c stata molta confusione in merito a questa notizia. Ebbene, in Francia le e-cig non sono state vietate nei luoghi pubblici. Stanno facendo degli studi ma, per ora, si sta parlando solo di una proposta. Torniamo alla questione della sicurezza, che esiste, visti anche i sequestri di prodotti sprovvisti di ogni marchio negli ultimi mesi. Che problemi ci sono? Desidero premettere come le e-cig gi oggi debbano sottostare a diverse norme dettate dalla Ue e devono soprattutto avere il marchio Ce oltre ad altre informazioni specifiche. La nostra azienda, nonostante lassenza di una normativa specifica ha vietato da subito la vendita ai minori (che possono entrare nei punti vedita solo se accompagnati) e ogni confezione provvista di tutte le informazioni e anche di un "bugiardino". Per questo sollecitiamo al pi presto una normativa ad hoc che vada proprio a tutela dell'utente e delle aziende che gi oggi forniscono uninformazione trasparente. Purtroppo c un grosso problema soprattutto legato alle ricariche che vengono prodotte in mercati extra Ue e su cui vanno messi al pi presto degli standard qualitativi. Per questo consigliamo di usare i prodotti italiani che sono sicuri e rispondono alle normative oggi in vigore. Sulle e-cig il Ministro della Salute ha dichiarato che interverr sulla materia. Cosa vi aspettate? Lo ripeto, siamo i primi ad auspicare che venga introdotta quanto prima una regolamentazione normativa specifica attraverso la creazione di un tavolo di discussione ad hoc sul tema del fumo elettronico. Si tratta di un mercato ormai consolidato, caratterizzato da unevoluzione costante in cui si fa sempre pi urgente una regolamentazione bilanciata, che tenga conto dei reali costi e benefici, ma soprattutto della specificit del prodotto. Nellultimo periodo si parlato molto anche di una tassa sulle e-cig. Che ne pensa? Siamo contrari. Siamo un settore in crescita e cha d occupazione a 10 mila persone. Ma oltre ci un'ulteriore tassa che penalizza un prodotto che riduce i rischi per la salute mi sembra unassurdit. E non dimentichiamoci che in questo momento in Italia siamo all'avanguardia a livello internazionale. Proprio in questi ultimi giorni alcune delle pi grandi multinazionali del tabacco hanno manifestato lintenzione di avvicinarsi al mercato delle e-cig. Come valuta questa strategia? Queste notizie non fanno altro che ribadire come sia in atto una rivoluzione nei costumi, di cui anche le grandi aziende del tabacco, con cui abbiamo intessuto buoni rapporti in questi anni, si iniziano a interessare con sempre maggiore attenzione. Luciano Fassari 08 giugno 2013 Riproduzione riservata

Cancro e Sesso Orale : cosa vero e come si previene 10/06/2013 06:16
Parliamo di un argomento che esploso in queste settimane : Cancro e Sesso Orale L'argomento il rapporto tra il cancro e il sesso orale. Fino ad ora di questo argomento se ne parlava poco anche se gli studiosi non solo in Italia se ne erano occupati. Il problema esploso da quando stato Kirk Douglas questo famoso attore americano che recentemente venne colpito di un tumore alla gola. In una sua dichiarazione pubblicata su un giornale importante (The Guardian ) aveva supposto che il sesso orale da lui praticato per molti anni avesse potuto essere una delle cause del tumore alla gola che lo aveva colpito circa tre anni fa. Ora che il nesso causale tra il sesso orale tra l'uomo e una donna possa entrare nella serie di fattori di rischio per il cancro della gola era un dato gi discusso e in parte ritenuto vero. Si basa sulla osservazione che in una percentuale alta che poi vedremo il papilloma virus umano il cosiddetto Hpv sempre stato riconosciuto fattore della nascita di tumori sia al collo dell'utero e negli anni seguenti anche nelle mucose oro faringee. Non vogliamo qui entrare nei dettagli che cosa si intende per sesso orale e nei vari termini che vengono usati per indicarlo. Da un punto di vista scientifico il termine deriva dal latino e viene chiamato cunningulus. La pratica poi viene usata sia dall'uomo alla donna sia dalla donna alla donna e quindi il problema del rischio della nascita di tumori nella zona orofaringe pu venire messa in relazione ad un rapporto sia all'uomo che alla donna. I ricercatori del centro di ricerca sul cancro dell'Ohio State University hanno studiato la diffusione del papilloma virus umano su un campione di circa 5600 persone. Il campione era fatto sia di uomini che di donne. Questi ricercatori hanno stabilito che l'incidenza del virus nel cavo orale in uomini e donne tra i 14 e 69 di et era presente in uno su 10 uomini mentre nelle donne era presente nel 3,6% dei casi. I dati vanno a significare che la presenza del papilloma virus nell'uomo percentualmente minore che nelle donne ma stanno anche dimostrare che il papilloma virus presente maggiormente nel cavo orale della donna ma presente anche in una quantit variabile dei genitali esterni della donna oltre che nei genitali interni. Per questo motivo dobbiamo considerare un rischio anche se modesto di trasmissione del papilloma virus alla carit orale dell'uomo o di una donna dalla vagina della donna. Naturalmente il papilloma virus si diffonde anche dai genitali esterni e interni , al glande e alla cavit uretrale nell'uomo. Noi qui per prenderemo solamente in considerazione la trasmissione dai genitali esterni alla cavit orale dell'uomo perch la dichiarazione del noto attore ha creato vari interessi nella popolazione e spesso si ci si fanno delle idee sbagliate o non scientifiche o a volte creano confusione e paura nelle persone Diverse ricerche condotte tra l'altro dalla Facolt di Odontstomatologia dell'Universit di Malmo e da altre pubblicate dal The New England Journal of Medicine hanno suggerito una correlazione tra sesso orale e cancro alla gola senza ombra di dubbio anche se difficile entrare in dati statistici e quantificare il rischio in quanto questo rischio varia dalle persone che si frequenta dall'uso che viene fatto e dagli anni di pratica. Vi poi una certa reticenza o fatica a parlare di certi argomenti . Sia per riservatezza o a volte per motivazioni morali o addirittura religiose. Anche io sono stato un po' restio pubblicare queste considerazioni ma come medico che si occupa da anni della prevenzione ritengo utile porre un p di notizie apprese da riviste scientifiche che possono dare alcuni punti di certezza sul problema in maniera che le persone siano a conoscenza dei rischi. E si possa valutare questi rischi e si possa quantificarli e sapere che questi rischi variano da persona a persona secondo il loro modo di vivere. Teniamo presente che in paesi come Israele e in Giappone le malattie trasmesse sessualmente sono ridotte al minimo proprio per la massima igiene che tale popolazione usa normalmente. Quello che la gente chiede e lo vediamo in quanto basta battere su Google una ricerca correlata e si vede quanti articoli collegati a tale termine esistono e nei forum quante sono le richieste di chiarimento della gente. Quindi a noi interessa stabilire se c' un legame e quale legame e quantificare questo legame tra il cunningulus e cancro della carit orale e della laringe. Questo legame naturalmente strettamente correlato alla presenza del HPV (il papilloma virus umano) che sessualmente trasmesso proprio attraverso il sesso orale. C un legame tra il cunningulus e il cancro alla cavit orale e alla laringe, causati dallHpv (il Papilloma virus umano). E ne vogliamo parlare proprio perch la scienza in generale conferma questo rischio e sicuramente deve trovare la causa del papilloma umano virus . La questione per molto pi complessa di quanto sembra cos apparentemente e per tale motivo bisogna parlarne vedendo i problemi relativi alle singole persone, alle singole popolazioni e alle singole abitudine. E quindi dobbiamo porre alcune precisazioni che poi troverete nel corso di questo articolo. E naturalmente se dobbiamo parlare di prevenzione dobbiamo considerare non solo il rischio della nascita del cancro della cavit orale nell'uomo attraverso il cunningulus praticato alla donna ma dobbiamo anche considerare il rischio di cancro alla donna nella cavit orale della laringe se praticato attraverso il sesso orale che in questo caso prende il nome scientifico di fellatio ( da uomo a donna) Abbiamo visto come il papilloma viene riscontrato pi frequentemente nella bocca della donna rispetto alla bocca dell'uomo e quindi in questo caso se la pratica della fellatio secondo le statistiche pi o meno simile per vari motivi a quella del cunningulus allora dobbiamo pensare che se sempre vero che la trasmissione del papilloma virus sia la causa di tale neoplasia dobbiamo per forza pensare che statisticamente facile che con tali pratiche sia anche la donna ad avere il cancro della laringe . Numerose ricerche e tra queste una delle principali anche per il prestigio della rivista quella pubblicata sul New England Journal of Medicine che ha dimostrato che la fellatio soprattutto se praticata con pi partners favorisce il contagio da HPV. Bisogna tener presente per che esistono pi di 100 diversi tipi di HPV in base al loro assetto del DNA. Questo virus che pu essere trasmesso al mucose della bocca per attraverso il sesso orale o essere anche trasferito la zona anale e responsabile di alcune malattie della pelle ma riconosciuto il principale fattore di rischio per alcuni tumori della gola Numerose ricerche e pubblicazioni hanno dimostrato che la fellatio, soprattutto se praticata con pi partners, favorisce il contagio da HPV . Dell'HPV per esistono ben 100 diversi tipi, divisi in 16 gruppi in base alle omologie di sequenza del DNA e quindi difficile stabilire il tipo pi frequente e riscontrabile nella saliva della partner o del partner. Questo virus pu essere trasmesso alle mucose della bocca via sesso orale o essere trasferito anche alla zona anale ed responsabile anche di malattie della pelle. Ma soprattutto il Papilloma Virus sembra essere il principale fattore di rischio per alcuni tipi di tumore alla gola. Noi sappiamo che il fumo e l'eccessivo consumo di alcool sono la causa pi frequente e si parla di circa il 90% dei cancri del laringe e della faringe provocati da alcool e fumo. Naturalmente tutti sappiamo che il fumo e l'alcol creano una dipendenza tra loro e moltiplicano i fattori di causa della neoplasia se sono presenti contemporaneamente. Se a questi rischi di fumo aggiungiamo anche il rischio del papilloma virus causato da un eccesso di sesso orale l'alta percentuale di rischio che il paziente possa avere la trasmissione del' HPV e allora il problema diventa serio. Da dati sempre della stessa rivista (The New England Journal of Medicine) si afferma la infezione HPV in gola ha una probabilit di avere il cancro della faringe o del laringe 32 volte maggiore rispetto a chi non ce l'ha . Bisogna anche inquadrare il problema nel fatto che la societ in questi ultimi anni evoluta e quindi i comportamenti delle persone sono cambiate e in modo particolare mi riferisco ai giovani e alla loro libert di comportamento. E proprio dei giovani noi notiamo un aumento di tumori della faringe e della cavit orale causati dal papilloma virus che pu manifestarsi subito ma pu manifestarsi anche a distanza di 20-30 anni. Anche in Italia questa situazione ci porta ad avere un aumento di queste patologie Il presidente della Societ italiana di ginecologia professor Nicola Surico ha diffuso dei numeri e su un'intervista rilasciata sul sito blitzquotidiano.it questi numeri non lasciano spazio a molti dubbi . I tumori alla cavit orale in Italia contano 10-12 mila casi nuovi lanno afferma Surico - si stima che ben il 50 per cento dei tumori dellorofaringe siano attribuibili al virus Hpv trasmesso via sesso orale, cos come il 15 per cento dei tumori del cavo orale e il 21 per cento di quelli alla laringe. Lampiezza del fenomeno riguarda sempre pi da vicino i maschi. Ormai il sesso forte diventato il maggiore soggetto a rischio, secondo il presidente della Societ italiana di ginecologia, che, sempre su blitzquotidiano.it, si sofferma anche sugli omosessuali, tra i quali si registra una crescita in aumento Quindi stata la dichiarazione dell'attore Kirk Douglas che ha portato con le sue affermazioni uno spunto alle varie riviste scientifiche e ai consessi scientifici internazionali a discutere di questo problema e anche a vedere cosa si pu fare per prevenire e combattere l'infezione del papilloma virus una volta che questa stata trasmessa La prevenzione e combattere la diffusione non semplice e forse quasi impossibile: non si pu certo proibire a delle persone di usare il sesso orale sia le donne che all'uomo. La non pratica un fatto limitato solo in certi ambienti integralisti e religiosi di alcune religioni. Per la trasmissione per via sessuale facile proporre il preservativo e questo pu essere facilmente applicato in caso di fellatio e allora potrebbe essere la causa di prevenzione riguardo la donna . Ma quanto lo applicherebbero ? Il preservativo applicato durante la fellatio non sarebbe apprezzato da tutti e sarebbe molto difficile trovare degli uomini che accettino di indossare il condom al momento dell'atto sessuale e d'altra parte anche la donna proverebbe poco piacere a fare sesso orale tramite fellatio coperta da un preservativo quindi in questo caso la prevenzione forse non possibile. L'unica prevenzione che si pu fare limitare i partners e avere una massima igiene con dei colluttori della cavit orale prima di praticare una fellatio Per quanto riguarda invece il cunningulus si consiglia anche qui di non passare a troppi partners e che questi siano sicuri e di applicare la massima igiene sia dei genitali femminili e anche di praticare un lavaggio con colluttorio della cavit orale maschile Una vera prevenzione attualmente viene anche offerta dallo Stato ma prevista solo per le ragazze in giovani et . Questa prevenzione data dal vaccino anti Hpv. Questo vaccino, alla giorno di oggi viene previsto solo per le ragazzine, ma secondo gli oncologi americani riunitisi recentemente a Chicago, dovrebbe essere esteso anche ai maschi in giovane et. Prevenire, insomma, nei primi anni di vita per evitare di curare in et adulta. Il vaccino anti-Papilloma si sarebbe rivelato decisivo soprattutto per contrastare i tumori al collo dellutero, mentre lefficacia pi incerta per linfezione alla gola e le neoplasie correlate Anche se il vaccino viene dato dallo Stato come forma di prevenzione e di limitazione della neoplasia dell'utero alle ragazzine rimane sempre il fatto che il vaccino pu contrastare la diffusione del cancro della gola. Esso rimane una delle prevenzioni fattibili che noi conosciamo. La prevenzione vera o la prevenzione primaria passa attraverso il vaccino quando possibile ed efficace specialmente nelle giovani et. Ma poi si tratta ad operare le misure igieniche necessarie e l'uso moderato di tale pratica per cercare di evitare o limitare la nascita di questi tumori. Dobbiamo poi tenere presente la prevenzione secondaria o la diagnosi precoce. Per tale motivo sempre utile un controllo periodico dall'Otorino in modo da rinvenire la presenza di lesioni cancerose o precancerose alla laringe o al cavo orale quando queste essendo in uno stadio iniziale possono essere estirpate radicalmente senza che si debba passare n ad un intervento diverso n a terapie particolari. Non mi stancher mai di ripetere che la prevenzione e l'unica arma vincente e quindi se pur vero che esiste una prevenzione primaria e una prevenzione secondaria queste prevenzione hanno efficacia solo se esiste una informazione alla popolazione in modo particolare questa informazione deve partire dai giovani Bisogna affrontare con i giovani il tema delle malattie sessualmente trasmesse. Attualmente se ne parla poco e sono in genere colloqui o lezioni tenuti da medici nelle scuole medie nelle scuole superiori ma sono corsi sporadici i cui risultati sono sempre discutibili Credo che portare nelle scuole notizie e consigli su questo tipo di patologia sia una cosa molto importante anche perch noi sappiamo che i giovani hanno fame di notizie su questi argomenti e se pur vero che la maggior parte dei ragazzi chiariscono questi argomenti con i loro amici pur vero che queste notizie sono spesso sbagliate o non precise. Quando ne parla una persona nota o un attore il mondo si muove, la gente si muove. Vi ricordate come il mese scorso alla notizia che l'attrice Angiolina Jolie si era fatto fare un intervento di mastectomia bilaterale e cio di asportazione delle due mammelle per evitare la nascita del cancro alla mammella ha creato un interesse notevole e molti si sono posti la domanda se eseguire anche loro l'intervento. Ci ha portato per esempio all'episodio di un uomo che si fatto togliere radicalmente la prostata per evitare l'eventuale nascita di un tumore Anche qui abbiamo avuto un attore famoso Kirk Douglas che ha provocato un mare di notizie su un mare di giornali e se n' parlato molto tant' vero che da dati della ricerca sulle farmacie e dei consultori si notato un aumento delle richieste di vaccino contro il papilloma nelle cliniche. Sembrerebbe quasi che per far interessare la gente alla prevenzione ci voglia la parola di che personaggio noto di qualche cantante o di qualche attore. Come per tutti i tumori solo quando un tumore colpisce una persona a noi vicina, un parente, allora ci accorgiamo del problema; finch il tumore colpisce una persona che non conosciamo noi non rimaniamo colpiti. Quando leggiamo il suo annuncio di morte diciamo " poveretto morto anche lui " ma non ci rendiamo conto che pu capitare anche a noi. La stessa cosa il problema nato dall'papilloma virus , della sua trasmissione la sua possibilit di provocare il cancro dell'utero e anche dell'oro faringe e della laringe. Una ricerca dell'Ohio State University Comprehensive Cancer Center, pubblicata sul Journal of American Medical Association (Jama), pone l'accento su questo problema e dimostra ancora una volta che la diffusione dell'infezione da papilloma virus e quindi la nascita del cancro sia dovuto non tanto al rapporto sessuale in s per s ma alla quantit dei rapporti che si hanno e dei soggetti che si incontrano. Il dire "fate sesso sicuro" significa non solo essere sicuri del partner che si incontra ma anche dei numeri dei partners che si incontrano perch stato dimostrato che aumentando il numero dei partners porta alll'aumento del rischio della trasmissione della malattia. noto che la maggior parte dei casi in cui ritroviamo il cancro o la presenza del HPV la causa nasce da rapporti sessuali non protetti mentre solo in piccola parte trascurabile pu trasmettersi in altra modalit. Se vero che non esistono ancora vaccini specifici per la faringe la bocca e della laringe viene consigliato utilizzare lo stesso vaccino che viene somministrato per il cancro del collo dell'utero in quanto anche questo tipo di tumore proviene dallo stesso virus. Noi sappiamo che la maggior parte dei tumori possono essere eliminati eliminando i fattori se questi sono conosciuti. Se non conosciuti si pu fare una diagnosi precoce in maniera da delimitarne i danni e probabilmente di arrivare ad una guarigione totale. Gli studi hanno messo in evidenza varie cause di tumori e questo ha permesso che al giorno d'oggi possiamo avere una diminuzione di tumori sia per la diminuzione di fattori di rischio sia per una diagnosi nettamente precoce . Ora noi sappiamo che alcuni tumori come quello del colon, della prostata dei polmoni si stanno riducendo e il cancro dello stomaco nettamente in diminuzione mentre il cancro della mammella in leggero aumento ma si arriva ad una guarigione alta secondo lo stadio e certamente molto migliora di rispetto a quello di anni fa per la diagnosi precoce e per le terapie attuali. Noi invece sappiamo che il tumore oro-faringeo c' e colpisce il palato molle e la base della lingua e l'arco delle tonsille e la parte posteriore della gola e che questo tumore in aumento . La causa potrebbe essere proprio il ruolo del sesso orale anche se non dobbiamo dimenticarci che in questi tumori gioca sempre in maniera principale il fumo e l'alcol come abbiamo sempre sostenuto. La dottoressa Maura Gillison parlando della trasmissione del virus per via sesso orale ipotizza che il numero di neoplasie orofaringee derivanti dal virus HPV potrebbe superare quello del cancro alla cervice uterina causato dallo stesso virus. Questo dato viene messo in evidenza perch se vero che si consiglia di usare lo stesso vaccino e anche pur vero che non siamo certi che il vaccino che usiamo oggi per il cancro alla cervice sia lo stesso che possa prevenire il tumore della lingua e della ipofaringe e trachea. Non si spiega anche perch la infezione negli uomini nella cavit orale cosi diversa e maggiore che nelle donne. Potrebbe nascere da una differenza di igiene ma poco sostenibile. E' pi sostenibile la possibile influenza delle differenze ormonali tra uomini e donne. Concludendo al momento non ci sono dati sicuri e non ci sono molti studi che pongono una relazione tra sesso orale e il cancro trasmesso dalla virus HPV per tutti gli studi tendono tutti a dimostrare un legame tra le papilloma virus il cancro alla gola per chi pratica sesso orale. Certamente ribadiamo che pi che sesso orale il numero dei partners come abbiamo gi detto. I papilloma virus sono molto frequenti ce ne sono pi di 120 tipi diversi e la maggior parte causa malattie non gravi come le verruchee alcuni tumori benigni ma anche tumori maligni . La trasmissione di questo papilloma virus avviene per contatto diretto in genere sessuale perch si tende a dimostrare anche se non si ha la certezza che il papilloma virus non presente nel sangue e nello sperma e quindi solo il contatto di una zona esterna lo trasmette in tutte le lesioni in prossimit dei genitali esterni . E si comprende nei genitali anche la mucosa anale (i cosiddetti papillomi verruche o condilomi anali ) che si ritrovano con una certa frequenza.. Pi partners diversi si hanno, pi alta la probabilit di contrarre un tipo di HPV. Per questo motivo la probabilit pi alta di contrarlo tra i 20-35 anni, solitamente il periodo di massima attivit sessuale dei giovani adulti. Normalmente colpisce i giovani cui il sistema immunitario migliore e in genere i papilloma virus viene distrutto dal sistema immunitario e la infezione se presente termina velocemente; non sono presenti sintomi e non ci si accorge di aver contratto il virus. In altri casi di persone che hanno un deficit immunitario non si riesce a contrastare il virus e l'infezione procede producendo quelle neoformazione in sede vaginale o prepuziale o sul glande che evidentemente sono la causa della trasmissione del papilloma virus nell'ambito oro-faringeo. Come ultima conclusione si raccomanda in sostanza la limitazione del numero dei partners , la massima igiene delle zone genitali non solo proprie ma anche del proprio partner. Se possibile l'uso del vaccino e in ogni caso nel periodo di attivit feconda di massima attivit sessuale fare un controllo una volta all'anno dal vostro otorino di fiducia.

Il Punto sulla Sigaretta Elettronica. Fa male o fa bene ? Fa smettere di fumare ? 02/06/2013 20:51
Oggi si parla molto di sigarette elettroniche. Se ne parla molto 1) perch di moda 2) perch rappresenta un business specie in periodo di crisi 3) perch si pu e si deve discutere se fanno bene o se fanno male 4) perch le discussioni dette nascondono il problema e cio se fanno smettere di fumare le sigarette tradizionali o meno o se ne fanno diminuire l'uso Ho provato a leggere tutto quello che ho trovato sulle riviste e disponibile sul web e provo a dare il mio contributo personale sul vero problema che interessa la maggior parte delle persone che vogliono smettere di fumare Sicuramente il pericolo principale e che le sigarette elettroniche non sono un monopolio di stato e non formano neanche parte delle grandi lobby del tabacco (soprattutto americane). Al momento quindi lo stato non ci guadagna se la gente le fuma . Ma non si calcola mai la spesa che lo stato spende per il danno dal fumo di sigarette ( e dei suoi componenti ) Quello che tutti dicono che lo Stato ci perde se diminuiscono i fumatori. Non si dice mai che la spesa dello Stato per i danni diretti e indiretti dal fumo di tabacco superano quanto lo Stato incassa vendendo le sigarette stesse. Io credo che questo giudizio dato dalle persone che fuggono dai dati reali sia pilotato dalle grandi lobby del tabacco che sono infiltrate un po' dappertutto e che quindi hanno interesse a mantenere lo stato quo. Per loro di gran lunga preferibile che la gente continui a fumare piuttosto di passare alla sigaretta elettronica. Io credo che se una delle grandi lobby del tabacco producesse delle sigarette elettroniche la situazione e giudizi potrebbero cambiare. Detto questo dobbiamo anche considerare un fattore che per ininfluente sul problema che noi ci poniamo e cio se la sigaretta elettronica faccia bene o male al cittadino. Questo fattore il fatto che fumare la sigaretta elettronica di moda e anzi possiamo dire che tra la fine dell'anno scorso e il principio di quest'anno esplosa la moda della sigaretta elettronica. Voi vedete che i negozi che vendono solamente sigarette elettroniche e i loro componenti ricambi liquidi eccetera nascono quasi come funghi in tutte le citt. La gente attirata da questa novit e sperando di smettere di fumare senza fatica e quindi senza una vera volont prova la sigaretta elettronica. Ma la prova senza sapere normalmente cosa prende che tipo di sigarette elettroniche esistono, che dosaggio di nicotina possono trovare., Che tipo di liquido e quindi di componenti possono utilizzare per riempire la sigaretta elettronica. La maggior parte vede questi negozi e quindi prova perch un'emulazione dell'amico, del compagno che ha iniziato a fumare tale sigaretta elettronica e quindi bello e ci si sente pi importanti come quando si iniziato fumare la sigaretta tradizionale; ci si sente pi del gruppo a dire anche io ho iniziato a fumare la sigaretta elettronica. Questo problema se vogliamo dire di moda e non risponde alla domanda se fa bene o fa male salvo il fatto che proprio perch di moda proprio perch la gente non sa cosa fuma pu essere che la persona assuma o comperi una sigaretta elettronica non secondo leggi. Il secondo punto anche questo poco legato al fatto che a noi interessa e cio se la sigaretta elettronica faccia bene o male pi o meno rispetto alla sigaretta tradizionale. Parliamo del fatto che in questo momento la sigaretta elettronica rappresenta un business specie in un periodo di crisi e questo business dobbiamo considerare sotto due aspetti. Primo e fondamentalmente che un business per chi apre un negozio dedicato solo a questo tipo di prodotto. Un po' come negli anni 60 era di moda aprire il negozio in cui si trovava solo tabacco sia in Italia come all'estero e andava di moda entrare in una di questi locali e scegliere il tabacco scegliere la sigaretta o la pipa e poter mostrare agli amici quello che si aveva che poteva essere diverso da quello che avevano gli altri amici le altre persone. Diventa un business di poter aprire un negozio che ha una potenzialit di vendita tenendo presente che vi un momento di crisi che molti negozi chiudono e che molti negozi sono in difficolt. Trovare qualcosa di nuovo da rendere o apparire attraente a tante persone rappresenta quindi un'uscita possibili dalla crisi ed ecco che diventa un motivo di lavoro fattibile e utile senza tanta fatica. Da punto di vista del soggetto che le acquista possiamo anche dire che anche questo sia un business nel senso che in Italia le sigarette costano poco rispetto agli altri paesi europei. Prezzi inferiori li troviamo solamente nei paesi dell'est anche nella comunit europea ma nei paesi intorno Svizzera Francia e Germania e non parliamo degli Stati del Nord Norvegia Finlandia Svezia in Inghilterra la sigaretta costa molto di pi e il ricavato va utilizzato per i problemi sociali e per la sanit. In Italia le sigarette costano poco per un valore medio di un pacchetto si aggira sui 4,50 euro, il che rappresenta una spesa per tanti considerando che la media abbiamo visto anche in questi giorni di circa 20 sigarette al giorno. Se un pacchetto da 20 viene fumato di media ci sono le persone che fumano saltuariamente e che fumano 5 o 6 sigarette al giorno ma ci sono persone che fumano 40 sigarette al giorno. Nel complesso fra tutti i fumatori la media si aggira su un pacchetto da 20 sigarette al giorno quindi a fine mese il soggetto che fuma mediamente spende circa 150 al mese. Ecco che se questo soggetto che si trova in difficolt pi o meno evidente da un punto di vista economico per la crisi riesce a fumare di meno quindi a consumare di meno e spendere di meno oppure a sostituire con una sigaretta elettronica che dopo la spesa iniziale ha un costo di mantenimento di molto minore ecco che diventa se vogliamo dire un business in tempo di crisi anche per l'acquirente. Ma questo problema non risolve e non ci d una risposta al fatto se la sigaretta elettronica fa pi o meno bene di quella tradizionale. Ora quello che noi deve interessare se ci sono studi sicuri scientifici sulle persone e prima ancora direttamente sugli animali per capire se l'inalazione del vapore della sigaretta elettronica faccia poi male anche all'uomo. Secondo se i danni che possono venire dall'inalazione del vapore della sigaretta elettronica siano maggiori di quelle della sigaretta tradizionale. E questo importante in quanto a parit di danno se un danno e 10 un danno 1 chiaro che sar preferibile un danno di 1 rispetto al danno di 10. Non si pu come si legge su riviste da nomi anche importanti della scienza dire che la sigaretta elettronica ha dei componenti che fanno male all'organismo se questi componenti sono in minima parte e se il danno un 10 del danno che si ha fumando una sigaretta tradizionale. Credo che sia evidente che fra un danno di 10 e uno di 100 sar sempre meglio avere il danno di 10 rispetto a quello di 100. Per questo di solito non viene messo in evidenza. A noi quindi interessa che i componenti non facciano male o se fanno male facciano male in proporzione di molto minore rispetto al danno del fumo della sigaretta tradizionale. Secondo a noi interessa che il fumare la sigaretta elettronica conduca in tempi pi o meno brevi in relazione al soggetto a una diminuzione dell'uso del tabacco e successivamente all'uso anche della sigaretta elettronica in modo da poter arrivare ad una persona libera di non fumare e che effettivamente non fumi n quella tradizionale n quella elettronica. Quindi dobbiamo studiare e vedere che studi ci dicono in percentuale quante persone che hanno iniziato a fumare la sigaretta elettronica smette di fumare quella tradizionale e quante persone in un secondo momento smettono anche di fumare quella elettronica. C'interessa poi vedere effettivamente quali sono i componenti che la persona assume fumando la sigaretta elettronica, quale di questi componenti siano effettivamente sempre presenti e quali componenti sono pi o meno variabili a secondo la marca della sigaretta elettronica. Ci interessa per anche sapere se questi componenti sono descritti visibili alla persona che compra la sigaretta elettronica e poi naturalmente ci interessa sapere se vengono eseguiti controlli per verificare se le sigarette hanno effettivamente il contenuto descritto sulla confezione. Il professor Riccardo Polosa docente di Medicina Interna allUniversit di Catania ed esperto internazionale per la terapia del tabagismo, ci parla di un lavoro che verr pubblicato a fine giugno La sigaretta elettronica rappresenta unalternativa sicura alle sigarette tradizionali. Si dimostrata molto utile anche per i fumatori che non hanno intenzione di abbandonare il vizio. Col suo studio Sono stati reclutati fumatori accaniti che non avevano alcuna intenzione di smettere di fumare. A un anno dallinizio dello studio, l8,7 per cento ha abbandonato le sigarette tradizionali. Di questi, il 75 per cento ha addirittura abbandonato anche la sigaretta elettronica Noi vediamo spesso negozi improvvisati senza le autorizzazioni prescritte che vengono prodotti provenienti dalla Cina o altri paesi che non hanno le nostre regole e che quindi vendono sigarette elettroniche non conforme a quanto dichiarato e ai principi che devono rispettare. Si discute infatti di vendere le sigarette elettroniche solamente in farmacia in modo che sia il farmacista a consigliare con conoscenza al soggetto la sigaretta elettronica pi utile alle sue esigenze, con la dose di nicotina presente e graduale diminuzione secondo il soggetto e che non abbia all'interno contenuti tossici o almeno che ne abbia in dose minima. infatti pi facile che i controlli avvengano in una farmacia dato che i NAS normalmente controllano molto pi frequentemente le farmacie e gli ospedali e le strutture sanitarie di altri venditori. Io credo che dare il permesso di vendere le sigarette elettroniche solo alle farmacie non sia per corretto in un libero mercato ma si possono vendere anche in altre strutture magari create per l'occasione e da una marca di sigarette elettroniche ma questo negozio deve rispettare tutte le regole relative alla sigaretta che vendono e cio sapere indicare esattamente il contenuto di nicotina e di legno e di ogni altro componente della sigaretta elettronica che vendono. Avere una marchiatura c' avere una registrazione dal ministero della salute in modo che il soggetto sappia cosa compera e che gli venga anche consigliato con competenza quale sigaretta elettronica sia pi utile per lui che vuole sostituire quella tradizionale o vuole eliminare quella tradizionale. E veniamo adesso agli studi che dovrebbero dirci quali sono i componenti o gli elementi che la persona assume aspirando il fumo della sigaretta elettronica e quali di questi componenti sono dannosi alla salute . Dobbiamo per premettere che poich la sigaretta elettronica in commercio da poco tempo gli studi scientifici sono recenti e noi sappiamo che la validit di uno studio scientifico e dato da una validazione nel tempo e alcuni effetti collaterali e alcuni danni all'organismo possono essere messi in evidenza a distanza di 3/5/10 anni e noi non siamo ancora in grado di avere studi a distanza di tale quantit di anni. . La risposta per questo motivo non chiara. In tutto il mondo, insieme alle vendite di sigarette elettroniche, sta aumentando negli ultimi mesi anche il numero di studi e pubblicazioni che cercano dare una risposta ai quesiti dellutilizzo del nuovo strumento sulluomo. Ma i rapporti degli esperti (sui quali aleggia pure il sospetto di complicit con aziende farmaceutiche) forniscono responsi assai discordanti Uno degli studi a questo proposito stato promosso dal Office francais de prevention du tabagisme ed stato guidato dalla dottoressa Elizabeth Tamang, ricercatrice vicina alla Pfizer, la pi grande societ del mondo operante nel settore della ricerca, della produzione e della commercializzazione di farmaci. Tale studio porta elementi che minimizzano gli effetti della sigaretta elettronica e gli esperti hanno dichiarato che non erano legati a nessuna industria farmaceutica per non avere conflitti di interesse. Bisogna per dire che ho il riferimento alla collaborazione con la Pfizer, nota produttrice farmaceutica non era stato menzionato. Vero problema nasce anche dal fatto che gli effetti sulla salute sono in tutti paesi poco studiati e non esiste nessuna relazione che offra risposte sulle conseguenze della nuova tecnologia nel lungo periodo come dicevamo nella premessa. Uno studio del 2011 pubblicato su una rivista di politica sanitaria affermava che le sigarette elettroniche comportano pochi o nessun rischio per la salute . Ma tutti li studi si concentrano prevalentemente sugli effetti sulla salute a breve e medio termine. Nessuna relazione offre risposte sulle conseguenze della nuova tecnologica nel lungo periodo. Nel 2011, ad esempio, uno studio pubblicato su una rivista di politica sanitaria pubblica assicurava che le sigarette elettroniche comportano pochi o nessun rischio per la salute. Ma un lavoro pubblicato negli Stati Uniti nel 2009 dalla Food and Drug Administration, invece, metteva in guardia dalla presenza di composti tossici. Vi sono poi altri esperti che affermano che vi possa essere una possibile riduzione della penetrazione di aria nei polmoni. Altri ancora hanno sottolineano i rischi per il cuore. interessante o curioso o forse utile sapere che in diversi paesi come la Turchia Brasile e l'Argentina Singapore stato posto per legge uno stop alla vendita delle sigarette elettroniche. Questo per un dato importante anche da un punto di vista sociale in quanto questi paesi l'uso delle sigarette molto diffuso e in aumento quindi potrebbe aver vinto la lobby del tabacco cercando di mettere uno stop alla vendita delle sigarette elettroniche proprio per paura che questi possono fare diminuire la vendita delle sigarette. In Francia la relazione dell' Office francais de prevention du tabagisme considera le sigarette elettroniche meno dannose delle tradizionali ma era stata anticipata da uno studio dellagenzia nazionale per la sicurezza dei farmaci che consigliava di non utilizzare lo strumento elettronico. Poche sono le certezze che si possono evidenziare da questi lavori citati o da altri in quanto solo di lavori parziali a breve e medio termine. Certamente non abbiamo certezze da vendere. LOrganizzazione mondiale della Sanit nel 2008 ha dichiarato che la sigaretta elettronica non pu essere affatto considerata come una terapia per aiutare i fumatori a smettere. Si parla molto nella inalazione di glicole propilenico, ma gli studi hanno dimostrato la non tossicit sui topi da laboratorio. In futuro sapremo di pi dei possibili danni nell'organismo umano. Noi dobbiamo cercare di tenere presente quindi le sostanze messe e contenute nelle sigarette elettroniche anche se tale sostanze fanno meno male di quelle tradizionali e se possiamo o dobbiamo dire se sono degli strumenti che aiutano le persone affette da uso di tabacco a diminuirne l'uso o ad abbandonarlo del tutto Purtroppo come ho detto in premessa gli studi sono pochi (pi o meno 200) e essendo a breve termine non possono dare con sicurezza certezza I ricercatori al momento si sono limitati ad analizzare cosa succede ai polmoni dei fumatori attraverso luso del nuovo apparecchio. Ma i ricercatori al momento non possono dire eventuali danni nel futuro e non abbiamo dei dati statistici significativi sulla diminuzione dell'uso del tabacco tradizionale. Anche se statisticamente come ci ha detto il professor Riccardo Popolosa con il suo studio dopo un anno circa il 9% ha abbandonato la sigaretta tradizionale e di questi 87% ha poi abbandonato anche quella elettronica chiaro che sono dati parziali che devono essere presi con le pinze. Per sono anche dati di uno studio serio scientifico universitario elaborati da un professore di nome e di fama scientifica riconosciuta. La Food and Drug administration Usa, lente che sovrintende la diffusione di alimenti e medicinali nel Paese, ha analizzato nel 2009 i componenti presenti nelle cartucce delle sigarette elettroniche rivelando la presenza di nitrosammine, elementi cancerogeni gi inclusi nelle sigarette tradizionali, anche se in una concentrazione minore. Si deve riprendere in mano quello che ho detto all'inizio e cio che ci sono componenti tossici presenti sia una che nell'altro tipo di sigaretta ma si deve anche dire che se le sigarette elettroniche presentano sostanze tossiche a concentrazione di gran lunga minore rispetto le sigarette tradizionali chiaro che se uno deve scegliere deve scegliere quelle a contenuto di molto minore. La Fda ha poi scoperto che nelle cartucce presente il Glicol dietilenico, un elemente antigelo presente anche nellolio dei freni. Parliamo di un composto classificato come veleno dallOrganizzazione Mondiale della Sanit ed unassunzione cospicua potrebbe causare problemi ai reni, disfunzioni nervose e problemi respiratori. Anche di questo componente noi sappiamo che un componente tossico per anche vero che presente in quantit minima e non stato dimostrato alcun danno evidente . Certamente se ci fossero studi a lungo tempo forse potremo dimostrare dei problemi ai reni e delle disfunzioni nervose e dei problemi respiratori ma sicuramente per l'uso normale che vi viene fatto e per l'uso che in prospettiva ( come dimostrato dallo studio del prof Popolosa che dovrebbe portare alla cessazione anche dell'uso di quella elettronica) tali danni non si dovrebbero riscontrare Nel marzo del 2013 i ricercatori delluniversit della California ha studiato il contenuto anche i vapori presenti nelle sigarette elettroniche rivelando particelle di vapore, ferro, alluminio e silcati oltre a nanoparticelle di stagno, cromo e nichel. I ricercatori hanno scoperto che la concentrazione di questi elementi sono pari a quelle presenti nelle sigarette tradizionali e che quindi anche le elettroniche possono facilitare linsorgenza di malattie. Per quanto riguarda questi componenti dai ricercatori dell'Universit di California dobbiamo ricordare quello che abbiamo sempre detto che nel fumo di sigaretta tradizionale ci sono pi di 20.000 componenti e questi in maggioranza sono tossici. Il fatto che ve ne siano alcuni anche nella sigaretta elettronica evidente poich quando noi portiamo ad alta temperatura la il tabacco e la sua combustione si producono sostanze che possono essere tossici. Si tratta naturalmente sempre di tenere presente la quantit della concentrazione di tali elementi in una sigaretta tradizionale e in una sigaretta elettronica e anche qui poich il calore della combustione del tabacco maggiore di quello del liquido contenuto da sigarette elettronico, noi dobbiamo dire che se vero che ci sono le componenti tossiche anche vero che queste sono in quantit minore. Naturalmente deve sempre essere presa in considerazione una sigaretta elettronica certificata sia marchiata CEE e che ci sia un controllo del ministero della sanit per poter dire che quella sigaretta elettronica ha una quantit minima di sostanze tossiche e queste sostanze tossiche devono essere dichiarate nella confezione. Sar poi il farmacista o chi lo vende consigliare il paziente quale sigaretta usare e quante usarne di queste sigarette. E' altres chiaro che non pu essere venduta liberamente ai minori . La sigaretta elettronica nata per essere un mezzo per diminuire o smettere di fumare e come tale deve rimanere : Le statistiche stesse dicono che chi fuma la sigaretta elettronica abbandona spesso quella tradizione e spesso poi anche quella elettronica . Le statistiche evidentemente non sono date da grandi numeri ma in ogni caso non devono essere invece prese come abitudine a rimpiazzare un tipo di sigaretta con la sigaretta elettronica e per continuare poi con questa. Alcuni studiosi e psicologi hanno cercato di dimostrare che le sigarette elettroniche potrebbero coinvolgere numerosi adolescenti perch la pubblicit che sta prendendo piede specie per l'utilizzo da parte di attori celebri o sportivi e possono portare un senso di emulazione nello stesso modo in cui la sigaretta tradizionale stata usata in passato dalla pubblicit di imitazione . Si teme che questa pubblicit di imitazione possa coinvolgere anche la sigaretta elettronica e che quindi da uso di un mezzo per diminuirlo smettere di fumare possa essere un incentivo una moda di utilizzare un altro metodo di fumare. Molti sostengono che la sigaretta elettronica possa essere pericolosa come quella convenzionale e che l'uso non controllato rischi di vanificare una ricerca di un sistema che dovrebbe essere usata in maniera corretta per abituarsi a non sentire la mancanza della sigaretta tradizionale Al momento se dove tirare una conclusione consiglio Accertare che la sigaretta elettronica sia marchiata CEE e autorizzata dal Ministero della Salute Accertare che siano specificate i componenti che si rinvengono nel liquido di ricambio Accertarsi che il farmacista o il venditore conosca quale sigaretta elettronica faccia per voi Si consiglia di passare gradualmente dalla sigaretta tradizionale a quella elettronica e quando si passati totalmente a quelle elettronica passare gradualmente ad una diminuzione anche di tale sigaretta.

Neoplasia della mammella e il caso dell'attrice Angiolina Jolie 26/05/2013 13:31
La Prevenzione del tumore al seno Si parla molto sia tra la gente che nellambiente medico sulla decisione dell'attrice Angelina Jolie di sottoporsi a un intervento di "doppia mastectomia" per eliminare il rischio del tumore alla mammella. La attrice era morta di tumore al seno e sembra che lei fose portatrice di un gene anomalo per cui lei avrebbe per cui avrebbe una alt possibilit di ammalarsi di tumore al seno. La decisione della attrice stat discussa ed ha avuto molta attenzone dai media. Ha colpito che poco dopo sia apparasa la notiza di un uomo che si fatto asportare radicalmente la prostata per evitare il rischio che in futuro potesse avere il cancro alal prostata Nasce quindi la paura che altre persone possano imitare la scelta della attrice e che quindi la masetctomia bilaterale possa diventare un modello da seguire per migliaia di donne che si trovano nella stessa situazione. Gli oncologi e gli studiosi si sono divisi anche il prof Umberto Veronesi ha espresso il suo pensiero che sostanzialmente quello che noi portaiamo avanti da anni. La prevenzione la migliore arma vincente in tutti I sensi Salvo che la donna sia in una condizione psicologica di ansia eccessiva e quindi non viva una vita degna di tale nome, e diventi quindi una non-vita, allora ci sono pi vantaggi a fare controlli ogni sei mesi, e scoprire l'eventuale tumore in epoca precocissima. Se si scopre il tumore iniziale la possibilit di guarigione si aggira al giorni doggi sul 95%. La genetica e quindi lo studio delal mappa genetic ache ora alla portata di tutti anche nel Veneto ci pu dire se abbiamo un rischio maggiore ma non ha dato soluzioni alla terapia o a cvosa fare per non dare vita al tumore Dobbiamo anche ricordare che la mastectomia radicale non annulla completamente il rischio di tumore, che rimane intorno al 5% anche dopo l'intervento . E allora se consideraiamo che la diagnosi precoce ci porta ad una guarigione del 95% e che rimangono anche dopo lintervento il 5% di possibilit di ripresa della malattia, se ne conclude che la mastectomia preventive bilaterale forse non la soluzione migliore. In linea ipotetica possiamo pensare a gente cj si toglie lo stomaco, o il colon, o lintestino, o il polmone per evitare la possibile nascita del tumore E poi si deve considerare oltre ai vantaggi e svantaggi per la persona ma anche I costi per la societ Lattrice poteva spendere per lintervento e per la ricostruzione ma il costo a carico dello stato sarebbe alto specie se molti lo facessero. E poi vi sono I problem legati alla ricostruzione. La ricostruzione dopo mastectomia pu essere eseguita con parti del proprio corpo, liembo addominale o lembo dorsale ma la maggior parte delle donne opta per la ricostruzione con la protesi Ma le potesi rimangono sempre e comunque un corpo estraneo, e natural che possa esserci una reazione al corpo estraneo. E in ogni caso la protesi ha una durata limitata. Se la donna giovane deve mettere in cantiene almeno 3 o 4 interventi per sostituzione di protesi Quiundi noi consigliamo quello che da anni consigliamo La donan deve sottoporsi a controlli periodici con mammografai, ecografia ed eventuale risonanaza magneticaa ogni sei mesi o un anno secondo il rischio. Come sempre quindi se una persona famosa come lattrice rende nota una sua decisione , questa rischia di creare un'emulazione, un modello valido per tutti, mentre la scelta deve essere guidata dal proprio medico di fiducia o da un esperto Sarebbe giusto che ogni donna che ha una familiarit con questo tipo di neoplasia si sottopongano a un test genetico. Importante che la donna sia cosciente dei rischi che corre e che quindi sia pi attenta alla prevenzione secondaria o diagnosi precoce. La donna deve essere consapevole e informata, cos da decidere come seguire uno stretto programma di controli. Si pu anche considerare in certi casi la mastectomia preventive ma con con l'aiuto del proprio medico di fiducia e avvalendosi di oncologi di un consulente genetico e di uno psicologo". Nella nostra ASL vi lo screening mammografico e ci sono , come in tutte le ASL, dei senologici che possono aiutare le donne nella diagnosi precoce e nelle decisioni che poi ne conseguono Quello che mi lascia perpleso la scarsa partecipazione alla chiamata allo screening. E vero che lo screening consiste solo della mammografia e non associa la ecografia. E questo avviene per mancanza di fondi. La mammografia viene eseguita da un tecnico mentre la ecografia viene eseguita da un medico e il costa aumenta. Probabilmente diverse donne preferiscono andare a fare mammografia e ecografia assieme fuori dallo screening. Ma anche vero che molte donne arrivano in ambulatorio con neoplasie in stadio avanzato. E questo vuole dire che molte non seguono lo screening e nemmeno vanno mai a farsi visitare se non nellultimo stadio quando la neoplasia da fastidio o si ulcera o diventa un ingobro alla donna. Quindi facciamo un appello affinch le donne seguano I percorsi che portano ad una diagnosi precoce del tumore al seno e se possibile non prendano lesempio dallattrice Angiolina Jolie.

Giornata della Prevenzione a Montebelluna presso Monte Medica 26/05/2013 13:30
E' sempre stagione per la Prevenzione.. Non ci si deve fermare mai perch solo la Prevenzione in senso lato pu portare ad evitare alcune malattie e in particolare alcuni tumori La Prevenzione pu essere primaria se conosciamo le cause che provocano un tumore , oppure pu essere secondaria se non conosciamo le cause e cerchiamo di arrivare a scoprire il tumore prima possibile Questa prevenzione detta anche Diagnosi Precoce Vi sono vari mezzi per fare diagnosi precoce. Il metodo universalmente riconosciuto pi efficace lo screening. Lo screening una offerta che lo stato offre alla popolazione con alcune indagini che possono rivelare in stadio precoce il tumore Attualmente gli screening in vigore sono la mammografia per il tumore al seno, la ricerca del sangue occulto nelle feci e il Pap Test per il cancro del collo dell'utero. Naturalmente questi screening sono una offerta e i risultati dipendono dalla risposta della popolazione alla offerta Un metodo che io ritengo molto valido la campagna di sensibilizzazione In cosa consiste? Si tratta di andare tra le gente spiegando che bisogna partecipare agli screening ma non solo. Si cerca di spiegare alla gente cose si possono evitare o limitare alcuni tumori cercando di diminuire la cause note Per esempio non fumando si possono evitare circa il 88% dei tumori polmonari Io vado spesso in vari comuni a parlare della Prevenzione Sabato prossimo passer la giornata a Montebelluna a fare delle visite gratuite dalle 9 alle 21 presso un poliambualtorio che si chiama Montemedica Abbiamo stampati dei depliant spiegando come si fa la prevenzione ai tumori della mammella ed abbiamo invitato le donne dei Comuni di Montebelluna e dei comuni vicini come Volpago a venire a farsi visitare. Stiamo gi riempendo le prenotazioni e la gente risponde bene0, forse perch le visite sono gratuite. Ma certamente la alta partecipazione far s che si possa informare le donne dei rischi e di come devono esaminarsi, vedersi e partecipare allo screening che consiste nella mammografia. Sensibilizzare la gente un metodo che da sempre buoni frutti Lascia perplesso che l'attrice Angiolina Jolie abbia preferito eseguire una mastectomia bilaterale piuttosto che seguire le norme per una diagnosi precoce. Certamente lei aveva dei rischi maggiore per problemi genetici ma un controllo accurato magari ogni 6 mesi avrebbe scoperto l'eventuale nascita di un tumore portandola ad una guarigione sostanzialmente definitva. La campagna di sensibilizzazione che sabato prossimo offriamo alle donne di Montebelluna grazie al Poliambulatorio Montemedica dar alle donne dei concetti che le aiuteranno ad arrivare a limitare il problema del cancro della mammella

Procedura per il trattamento di ulcere croniche degli arti inferiori con metodo del LIPOFILLING 19/05/2013 16:30
Avevamo annunciato che la equipe formata dal Chirurgo Plastico Dr Antonio Corezzola e dal Chirurgo Generale Madeyski Paolo avevano iniziato nel mese scorso la tecnica de Lipofilling rigenerativo per la terapia delle ulcere di vari tipo degli arti inferiori IUN questi due mesi scarsi abbiamo trattato 7 paziente. I risultati sono soddisfacenti ma non hanno numeri per poter diffondere i risultati. LO faremo al raggiungimento di un numero di 16-20 pazienti trattati come comunemente si trova in letteratura. Possiamo per dire che i risultati sono confrontanti e ci inducono a continuare con tale terapia nei casi selezionati Crediamo utili pubblicare le procedure e i protocolli che rispettiamo nell'usare tale terapia. Nulla vieta che nel corso d'opera possano esserci delle variazioni che la pratica o l'esperienza ci possa insegnare. Se ci fossero variazioni questa saranno comunicate A fine anno con un numero sufficiente di pazienti trattati sar pubblicato un lavoro scientifico in spagnolo e in italia sulal nostra esperienza e sulla efficacia di tale terapia Qui sotto di seguito la nostre metodica Procedura per il trattamento di ulcere croniche degli arti inferiori con metodo del LIPOFILLING 1) Scelta di pazienti Ulcere croniche arti inferiori con scarsa tendenza alla granulazione Natura diabetica o vascolare ( venosa o arteriosa). Pazienti che abbiano gi subito trattamenti (medici, innesti o ossigenoterapia topica o iperbarica) Perdita di sostanza e atrofia dei tessuti molli (postramatico,iatrogenico,cicatriziale) 2) Trattamento in regime di daysurgery o in ricovero ordinario se ci fossero motivi di terapie associate 3) Esami stabiliti con lanestesisti per procedura in TIVA ( Total intravenous anaesthesia ) 4) Tampone allingresso per esame culturale e antibiogramma 5) Medicazione pulitura ulcera con fisiologica allingresso ( non uso di betadine) 6) Prelievo grasso Si usa siringa da 10 cc o meglio di 20 cc con canula di diametro di 2mm da liposuzione anestesia locale ( mepivcaina con epinefrina 1:1000 ); la dose dipende dalle dimensione della lesione. infiltrazione di fisiologica 100 ml 7) Sede del prelievo Interno ginocchio, gluteo, addome , fianco 8) Prelievo di 10-20 cc di grasso 9) Centrifugare la siringa per 3 minuti in centrifuga sterile. 10) Toilette chirurgica con esame istologico di ogni tessuto fibrinosi o necrotico 11) Inieizione degli adipociti in ragione di 5-10 cc usando un ago 18 gauge 12) Sede di iniezione: sede centrale e nei bordi a livello della giunzione dermoepdermica 13) Medicazione con bagnata di fisiologica 14) Dimissione generalmente al pomeriggio 15) Controllo in terza giornata e quindi settimanalmente 16) Ossigenoterapia normobarica dalla terza giornata

La Prevenzione a Cortellazzo. Vogliamoci bene..per morire c' sempre tempo 03/05/2013 22:24
Continuano la giornate della Prevenzione. Dopo le conferenze a Cavallino- Ca Savio, Treviso, Padova, Caorle una altra giornata in cui si parler di prevenzione quella programmata a Cortellazzo per Luned 13 maggio alle ore 20 al locale La Darsena. Cortellazzo Vogliamoci bene. per morire c' sempre tempo. In effetti dobbiamo volerci bene Volersi bene significa volere il nostro bene, sia fisico che psichico. Significa cercare di eitare le malattie. E non solo evitare i tumori ma tutte le malettie. Si possono evitare tante malattie e molti tumori Per evitare le malattie bisogna conoscere le cause e se conosciamo le cause le possiamo evitare e quindi evitare o limitare le malattie. Noi sappiamo che per tumore si muore ancora molto ma si vive di pi e pi a lungo. E' vero che vi sono nuove medicine, vero che la terapia chirurgica migliorata ma la vera arma vincente la Prevenzione Prevenzione primaria e prevenzione secondaria. La prevenzione primaria data dalla conoscenza dei fattori che possono portare o favorire le malattie. Certamente non tutte le malattie hanno fattori noti e scatenanti. Ma diverse tumori e diverse malattie possono essere evitate se evitiamo certe cause Per esempio se non si fuma 85% dei tumori polmonari sarebbero evitato Se invece non conosciamo le cause di un tumore o di una malattia allora possiamo fare la Prevenzione primaria , ovvero la dignosi precoce. La diagnosi precoce non evita la malattia ma la limita e permette una guarigione nella maggioranza dei casi La Conferenza o meglio l'incontro con la popolazione di Cortellazzo mira proprio a dare notizie utili sia per la prevenzione primaria che per la diagnosi precoce E allora vogliamoci bene. per morire c' sempre tempo !

Le anemie dell'anziano 19/04/2013 22:46
LE ANEMIE NELLANZIANO A cura di: Dott. Alessandro Francescon, Specialista in Geriatria e Gerontologia-Osteoporosi. Larticolo estratto da una Comunicazione da me presentata al 48 Congresso di Nazionale di Geriatria, mette in relazione la ridotta funzionalit del midollo osseo con linvecchiamento, descrive il ruolo dei fattori ambientali, la peculiarit del quadro clinico in pazienti geriatrici, i tipi di anemia di pi frequente riscontro e lapproccio diagnostico pi appropriato. Per Anemia si intende una condizione in cui il livello di Emoglobina (HB) inferiore ai valori normali, riferiti allet e al sesso dellindividuo. Lanemia pu essere distinta a seconda del grado in: lieve (Hb=10.5-12g/dl), moderata (Hb=8-10.5g/dl) o di grado severo (Hb<8g/dl). Nella popolazione in et geriatrica i range di normalit dei valori di Hb andrebbero, comunque, determinati secondo fasce di et. Negli Anziani si riscontrano spesso alterazioni midollari e le pricipali sono riportate in Tab:1. Inalterata risulta, invece, la vita media dei globuli rossi. Le variabili che modificano la produzione dei globuli rossi, correlata allet sono : malnutrizione, condizioni socioeconomiche basse, farmaci, tossine, agenti patogeni, stress e presenza di una polipatologia. Tab.1: modificazioni midollari nellanziano calo dellemopoiesi in generale riduzione del numero di cellule staminali risposta inferiore a stimolo eritropoietinico ridotta incorporazione di Ferro nei globuli rossi ridotta risposta a uno stress aumento della fragilit osmotica dei globuli rossi Nei Reparti Geriatrici per acuti, il riscontro di anemia frequente, esso risulta abitualmente attorno al 30% negli ultra65, sale al 45% negli ultra85 e aumenta in entrambi i sessi ad ogni decade successiva; pi elevata nei maschi rispetto alle femmine ed maggiore nelle popolazioni a basso tenore socioeconomico. La riduzione del contenuto ematico di HB che si osserva con laumentare dellet, non per conseguenza del processo di invecchiamento bens legata allalta incidenza di patologie riscontrata in questi soggetti. Negli anziani i sintomi classici dellanemia come il pallore cutaneo e laffaticabilit possono essere erroneamente attribuiti allet avanzata; lanziano spesso ha una cute secca e poco trofica, spesso apatico, presenta ridotta capacit di movimento e facile affaticabilit psicofisica. La contemporanea presenza di altre malattie maschera frequentemente il quadro clinico. I sintomi pi caratteristici sono a carico dellapparato cardiovascolare con comparsa di insufficienza cardiaca, battito accelerato e, soprattutto, insorgenza di episodi ischemici acuti o dolore crampiforme agli arti inferiori insorti durante la deambulazione. Sintomi psichiatrici di frequente riscontro sono la confusione mentale acuta, il comportamento psicotico e le allucinazioni. Da un punto di vista neuromotorio, frequente il riscontro di comparsa di cadute e di incontinenza sfinterica; va ricordato, inoltre, che un anemia di una certa rilevanza pu essere il fattore precipitante di una sindrome da immobilizzazione. Lanemia da carenza di ferro una delle forme di anemia pi frequente, in quanto il ridotto apporto di ferro limita a produzione dei globuli rossi. Le cause di questa forma di anemia sono di solito imputabili a perdita cronica di piccole quantit di sangue, ridotto apporto alimentare di ferro, malattie croniche. Lanemia da stati infiammatori cronici dovuta ad una ridotta capacit negli anziani di riutilizzare il ferro derivante dai globuli rossi invecchiati. La malnutrizione si associa spesso ad anemia da ridotta produzione di globuli rossi. Altre forme di anemia molto frequenti negli anziani lanemia macrocitica da deficit di vitamina B12 (anemia perniciosa, malassorbimento B12, gastrectomia, disordini dellileo terminale per resezione, neoplasie, parassitosi , batteri, farmaci anche per competizione ed epatopatie gravi) e da deficit di Acido Folico. Il profilo ematologico identico in entrambe le forme e la diagnosi si basa sul dosaggio dei folati sierici (<2ng/ml) e di B12 (<100pg/ml). Normalmente, il contenuto di folati della dieta, adeguato e raro il loro malassorbimento. Le cause di deficit di Acido Folico sono: malnutrizione, alcolismo, neoplasie, infiammazioni croniche , anemie emolitiche e farmaci. In conclusione, possiamo ritenere che, per quanto riguarda i valori emocromocitometrici non ci sono differenze tra giovani e anziani sani, mentre, peculiare appare la ridotta capacit del midollo anziano di rispondere a uno stress di qualsiasi tipo. In pazienti geriatrici anemici si riscontrano frequenti problematiche cliniche in quanto la causa di anemia non sempre chiara e spesso multifattoriale o correlata a malattie croniche o infiammatorie, o di origine nutrizionale. Lanemia da carenza di Ferro la forma pi frequente nellanziano, c variabilit legata allambiente (farmaci, nutrizione, condizioni socioeconomiche), Hb<10g/dl espressione spesso di una patologia organica, il quadro clinico pu essere mascherato da polipatologia. Un approccio clinico adeguato con esauriente anamnesi, una visita medica generale, lesame emocromocitometrico con reticolociti e lesecuzione di alcuni semplici esami quali sideremia, ferritina, transferrina e il dosaggio di B12 e folati consentono nella quasi totalit dei casi il raggiungimento di una diagnosi precisa e di conseguenza la possibilit di praticare la terapia pi appropriata.

Nuova terapia per le ulcere degli arti inferiori: Il Lipofilling 10/03/2013 20:24
Da questo mese ( marzo 2013 ) anche nella divisione di Chirurgia della Casa di Cura Rizzola a San Don di Piave si inizia una nuova tecnica per la terapia delle ulcere croniche degli arti inferiori. Questa tecnica verr applicata alle ulcere che resistono al trattamento usuale che noi pratichiamo La tecnica viene attuata in collaborazione dal Dr Corezzola , chirurgo plastico, e dal Dr Madeyski sulle ulcere che non hanno risposto alla terapia usuale Normalmente noi eseguiamo una toilette chirurgica ( come potete vedere dai filmati su youtube ) e quindi sottoponiamo il paziente ad ossigenoterapia normobarica con il dispositivo ULCOSAN di nostra invenzione. I risultati in genere sono buoni o ottimi arrivando ad una guarigione in tempi variabili secondo il tipo di lesione nell80% dei casi Ma rimangono sempre i casi difficili e ulcere che hanno scarsa tendenza alla guarigione. A volte un innesto libero sulla ulcera chiude definitivamente la lesione con un buon risultato e con scomparsa della sintomatologia dolorosa Abbiamo quindi deciso di iniziare due nuove terapie: la pappa di piastrine e il lipofilling Da questo mese cominciamo il trattamento con il lipofilling Vediamo di cosa si tratta Il Lipofilling venne usato allinizio per scopi diversi. A fini estetici o plastici o ricostruttivi. Lidea di usare il grasso per riempire zone del corpo avallate o che avevano avuto trattamenti demolitivi o radianti nasce circa due secoli fa Ma solo nel 1950 letto ci f il primo articolo che riguardava luso del grasso corporeo per la correzione del profilo. Poich poteva causare rigetto nel corso degli anni la questione stata approfondita fino a ottenere dei risultati davvero soddisfacenti Il Professore Coleman, un noto e famoso chirurgo, nel 1998 ha presentato i risultati ottenuti con una speciale tecnica dinfiltrazione da lui chiamata Lipostructure. In realt la tecnica riguarda un innesto di tessuti che sono trasferiti in modo da mantenere intatta la struttura vascolare: il grasso aspirato mediante una cannula collegata a una siringa e poi iniettato nella zona da dover trattare. Se il grasso iniettato in grandi quantit non tutte le cellule adipose, sopravvivranno perch non a diretto contatto con il tessuto vascolarizzato Su piano pi squisitamente scientifico gli studi pi importanti sul lipofilling sono stati svolti e pubblicati da un gruppo italiano guidato dal Dr. Gino Rigotti di Verona il quale ha per primo fornito solide basi scientifiche che spiegassero i risultati (talora soprendenti) raggiungibili con tale tecnica. Ma poi venne la chirurgia che possiamo chiamare rigenerativa in quanto tendeva a stimolare la rigenerazione dei tessuti mancanti e stimolare la granulazione dei tessuti di zone come le ulcere croniche che avevano scarsa tendenza alla rigenerazione La medicina rigenerativa una branca molto recente, nata con la proposta di Whitman nel 1997 di integrare nella colla di fibrina dei concentrati piastrinici. Nel 1998 Marx et al hanno dimostrato che il concentrato piastrinico (PRP) era in grado di indurre rigenerazione ossea in campo odonto-stomatologico. 
Nello stesso periodo si scoperta la possibilit delle cellule staminali di riparare molteplici tessuti. La medicina rigenerativa si basa dunque sullimpiego clinico di cellule staminali e/o di prodotti biologici (PRP), che hanno la propriet di indurre la migrazione delle cellule staminali nel tessuto danneggiato, di stimolarle a riprodursi e, alla fine del processo, di ottenere la riparazione dei tessuti lesi. 
Quando i tessuti sono danneggiati, le cellule staminali sono in grado di promuovere la riparazione di tessuti di varia natura come pelle, tendini, ossa, muscoli. 
Questa peculiare capacit delle cellule staminali pu essere sfruttata per applicazioni terapeutiche che sono praticamente illimitate. Il principio alla base del lipofilling consiste nel prelievo di grasso da una parte del corpo e il suo trasferimento in unaltra. Il tessuto adiposo viene prelevato da una sede donatrice (di solito linterno delle ginocchia, laddome o la parte laterale delle cosce) con una procedura molto simile ad una piccola liposuzione eseguibile in anestesia locale. Il piccolo foro di accesso viene chiuso con un punto di sutura e la zona prelievo viene fasciata. Il grasso prelevato a questo punto pu essere direttamente iniettato nella zona da riempire o come nel caso nostro nelle ulcere croniche La tecnica pi utilizzata quella della centrifugazione, proprio descritta dal Dr. Coleman. Il passaggio prevede linserimento delle siringhe di grasso prelevato dentro una apposita centrifuga per alcuni minuti, che ne consentir la separazione del grasso puro dalle parti non utili quali il siero e lolio. A questo punto il grasso pronto per essere impiantato attraverso una serie di semplici iniezioni con delle siringhe ed aghi normali. Nel tessuto impiantato le due componenti principali sono gli adipociti ovvero le cellule adipose (il vero e proprio grasso) e la componente vascolo-stromale ossia il tessuto che normalmente fornisce limpalcatura del tessuto adiposo e nel cui contesto sono comprese le cellule staminali. Sono proprio gli adipociti e le cellule staminali che, come vedremo fra poco, consentono di raggiungere i risultati voluti. I risultati sono principalmente due 1. Soluzione di problemi estetici con aumento di volume per il riempimento di depressioni patologiche (esito di trauma, decubiti o interventi chirurgici) o per il miglioramento estetico di specifiche aree anatomiche (seno, zigomi, labbra, glutei, etc..). 2. Stimolazione del tessuto di riparazione di ulcere croniche con effetto anti infiammatorio e stimolante la granulazione . I principali responsabili sono le cellule staminali e i fattori di crescita plasmatici. In parole semplici la componente vascolo stromale ha la capacita di sanificare aree affette da infiammazione cronica come negli esiti di radioterapia e nelle ulcere croniche Chiaramente non ci dobbiamo aspettare miracoli come sempre in medicina e specie nel campo delle ulcere che per definizione sono croniche I risultati ottenibili non sono sempre riproducibili in tutti i pazienti e questo dipende soprattutto dallmprevedibilit della percentuale di attecchimento di ogni singolo impianto di tessuto adiposo. In linea generale lattecchimento varia dal 30-50% per ogni seduta che pu essere ripetuta a distanza..

Prevenzione dellosteoporosi e delle lesioni agli arti inferiori nellanziano fragile. Efficacia di un approccio multidisciplinare e descrizione di un 24/02/2013 17:48
Prevenzione dellosteoporosi e delle lesioni agli arti inferiori nellanziano fragile. Efficacia di un approccio multidisciplinare e descrizione di un caso. U.F. di Chirurgia e Lungodegenza-Geriatria Riabilitativa Casa di Cura Sileno e Anna Rizzola, San Don di Piave (Ve) Si vuole mettere l'accento sul come l'approccio multidisciplinare e la collaborazione tra reparti, unit operative e medici possa portare a risultati migliori che non quando si lavora in maniera burocratica tramite consulenze richieste e referti scritti. Il dialogo tra medici e tra reparti portano spesso a risultati superiori a quanto uno si potrebbe aspettare . In questo caso si trattava di un caso difficile , proveniente da un altro Ospedale nel quale non era disponibile la ossigenoterapia normobarica . Anche qui sottolineiamo come l'aver trasferito in altra struttura che aveva tale terapia dimostra che se un medico riconosce che una patologia pu essere tratta meglio in una altra struttura la deve trasferire . La relazione che segue stata redatta dal Dr Francescon , specialista in Geriatria e in Osetoporosi Lanziano fragile una entit clinica studiata dalle Societ Scientifiche Geriatriche, in particolare negli ultimi 20 anni, perch linvecchiamento demografico della popolazione ha comportato laumento soprattutto degli ultraottantenni, i cosidetti grandi vecchi, che possono andare incontro alla cosidetta sindrome da fragilit. In questi pazienti le patologie sono di solito multiple e la loro interazione rende difficile una diagnosi precisa. Frequenti risultano pure le complicanze rilevate in questi soggetti, a volte anche chirurgiche o dovute a cadute o conseguenti a malnutrizione, disidratazione, confusione mentale, uso di farmaci, infezioni etc. Recentemente giunto alla nostra osservazione un paziente che ben si presta alla descrizione come esempio paradigmatico dello stato di fragilit sottolineando, inoltre, come sia importante, nellanziano fragile, una prevenzione dellosteoporosi, delle cadute e delle lesioni ischemiche agli arti inferiori. La paziente, una donna di 84 anni, gi nel Gennaio del 2013 era stata ricoverata presso la nostra Struttura per broncolpolmonite dx a lenta risoluzione, ci aveva comportato lallettamento prolungato della signora che era stata anche sottoposta alle cure del caso compreso, lossigeno terapia. Dopo ciclo di FKT aveva ripreso, seppur con difficolt la deambulazione a piccoli passi, con sostegno di un accompagnatore. La donna era affetta dalla seguente polipatologia: cardiopatia ipertensiva con valvulopatia aortica, fibrillazione atriale cronica in scompenso , pregressa ulcera gastrica, anemia carenziale, ipotiroidismo in trattamento sostitutivo, insufficienza respiratoria cronica. Fortunamente le funzioni cognitive erano conservate, leggeva ogni giorno pi di un quotidiano e fino a circa sei mesi fa guidava anche lautomobile. Dopo la dimissione le sue condizioni generali si erano stabilizzate, ma un giorno, mentre veniva aiutata dalla figlia a scendere le scale della sua abitazione, cadeva accidentalmente coinvolgendo anche la figlia che a sua volta si procurava una frattura della spalla . L a paziente si procurava una vasta lacerazione al polpaccio di sinistra con importante perdita anche di massa muscolare; nella caduta per sua fortuna, la figlia, con il suo corpo attutiva la caduta della signora, altrimenti la frattura femorale sarebbe stata pressoch certa in quanto affetta da osteoporosi di grado elevato. Ricoverata nuovamente, stata gestita con approccio multidisciplinare dalle equipe di Chirurgia e di Lungodegenza Geriatrica Riabilitativa della Clinica Rizzola di San Don di Piave. E stata eseguita toilette chirurgica che ha richiesto sacrificio anche di parte muscolare e suture delle masse muscolari. Seguita anche per la componente medica stata emotrasfusa e curati i vistosi gonfiori alle gambe che avrebbero ostacolato la guarigione delle lesioni; successivamente ha continuato le cure anche antibiotiche per la prevenzione di infezioni e seguito applicazioni di Ossigeno terapia in camera normobarica per favorire la guarigione, come si evidenzia nelle foto documentanti le lesioni alla gamba, prima e dopo le cure. Alcuni giorni fa, stata dimessa in compenso ripristinato e con recupero delle capacit di deambulazione, come prima del ricovero. Lo stato mentale durante la degenza sempre risultato adeguato, negli ultimi giorni aveva ripreso labituale lettura dei suoi due quotidiani. Chi vuole vedere tutte le foto che dimostrano la guarigione della lesione posso andare a leggere l'articolo su www.mpsystem.info

Dati emersi da unindagine sullOsteoporosi eseguita in sede nazionale con la partecipazione del Dott Francescon 13/01/2013 12:31
Dati emersi da unindagine sullOsteoporosi Dott. Francescon Alessandro, Responsabile dell Ambulatorio di Osteoporosi - Solo tre i Centri partecipanti al Progetto Amico, nellarea che comprendeva quasi tutta la Provincia di Venezia e tutto il Friuli Venezia Giulia. Di questi, uno stato quello per lOsteoporosi condotto dal Dott. Francescon Alessandro nella Clinica Rizzola di San Don di Piave. Tale Progetto Nazionale che ha visto coinvolti 100 Centri di Eccellenza di tutta Italia ha riscosso un notevole successo anche nella Clinica Rizzola in quanto, in poche ore, sono state esaurite tutte le visite gratuite messe a disposizione, tanto che per dare la possibilit ad altre persone di avere una Valutazione Clinica con esecuzione di Densitometria ossea ad Ultrasuoni di ultima generazione, si sono incrementati i posti messi a disposizione. Nel complesso sono state eseguite 34 visite, di cui 33 a pazienti di sesso femminile e 1 di sesso maschile; let dei pazienti era compresa tra i 34 e i 78 anni. La maggior parte delle persone che hanno usufruito del Progetto proveniva da San Don di Piave (17 casi), i rimanenti, invece, provenivano da Comuni limitrofi. Si sono registrati, infatti, 6 casi provenienti da Musile di Piave, 3 casi provenienti da Eraclea, 2 da Noventa di Piave e Caorle e, infine, un caso per ciascuno dai seguenti Comuni: Jesolo , Quarto Daltino, S.Stino di Livenza, Venezia. Un dato interessante stato che i pazienti si sono presentati spontaneamente alla visita e quasi tutti erano asintomatici, ma allanalisi presentavano indicazioni cliniche allesecuzione della Densitometria ossea e/o importanti fattori di rischio per LOsteoporosi. La maggior parte di essi eseguivano la valutazione per la prima volta. Si segnalano i pi significativi fattori di rischio riscontrati: Menopausa precoce ( 3 casi), terapia cortisonica (2 casi), pregressa frattura vertebrale (2 casi), pregressa frattura calcaneare (1 caso), menopausa chirurgica (1 caso), pregressa neoplasia mammaria in terapia antiestrogenica (2 casi), ridotto apporto alimentare di calcio ( 2 casi), malassorbimento (1 caso), intolleranza al lattosio (1 caso), ipertiroidismo (1 caso), riscontro radiologico di rarefazione ossea alla testa dellomero (1 caso), artrite reumatoide (1 caso) e polimialgia reumatica (1 caso). Nei rimanenti casi i pazienti non presentavano problematiche collegabili con lOsteoporosi. Il progetto Amico- Settimana Nazionale dei disturbi osteoarticolari,alla sua prima edizione, stato patrocinato dalle pi importanti Societ Scientifiche Italiane: SIOMMS, Societ Italiana dellOsteoporosi, del Metabolismo Minerale e delle Malattie dello Scheletro, SIOT, Societ Italiana di Ortopedia e Traumatologia, SIR, Societ Italiana di Reumatologia, ANMAR, Associazione Nazionale Malati Reumatici, e FEDIOS, Federazione Italiana Osteoporosi e Malattie dello Scheletro. Liniziativa prevedeva un indagine conoscitiva su un campione di medici e pazienti, in una settimana, in cui in Centri specializzati distribuiti su tutto il territorio Nazionale si effettuavano visite gratuite a favore dei cittadini che ne facevano richiesta. Lo scopo del Progetto era di fornire un aiuto a tutti coloro che soffrono di patologie osteoarticolari, diagnosticando tempestivamente eventuali malattie. Visto il successo delliniziativa, riscontrato anche su scala Nazionale, molto probabile che tale Progetto sia riproposto anche il prossimo anno.

Le calze antitrombo: protocolli di utilizzo 05/01/2013 21:12
Le calze per la profilassi venosa profonda sono da usare nei pazienti sottoposti ad interventi chirurgici maggiori, di quelli superiori a due ore di intervento e nei pazienti a rischio . Eventuali variazioni saranno indicate dal medico e riportate nel diario medico Periodo in cui le calze vengono indossate Le calze vengono indossate il giorno prima dell'intervento se il paziente ricoverato o al momento del ricovero se il paziente si ricovera il giorno dell'intervento stesso. Le calze rimangono indossate sia il giorno che la notte per il periodo in cui il paziente a rischio (fino a che non vi una normale mobilitazione o fino a quando il paziente non viene dimesso ). Sar il medico a prescrivere scrivendo nel diario medico il momento in cui il paziente rimarr senza calze. Le calze vengono tolte almeno una volta al giorno per un tempo non superiore ai 30 minuti. Le calze vengono tolte e rimesse da personale infermieristico secondo le norme di utilizzo Controindicazioni : vi sono delle contro indicazioni di carattere locale e generale che devono essere tenute presenti (edema importante delle gambe, rischio aumentato di edema polmonare, arteriopatia periferiche importanti, neuropatie periferiche significative, dermatiti) e sar il medico a decidere quando il paziente non potr indossare le calze. Raccomandazioni fonte: Joanna Briggs Institute for Evidence Based Nursing and Midwifery misurare le calze secondo le raccomandazioni del produttore per essere certi di scegliere la taglia corretta quando si indossano le calze compressione graduata per la prima volta annotarsi la misura della taglia per avere un riferimento. Pu essere necessario misurare regolarmente gli arti inferiori per evitare possibili complicanze: l'edema della gamba determina una pressione eccessiva delle calze. Asciugare piedi e gambe prima di infilare le calze a compressione graduata. Togliere le calze una volta al giorno per la cura, l'igiene e il controllo della cute. Per alcuni pazienti con cute sofferente pu essere necessario rimuovere le calze pi spesso. Controllare regolarmente le calze a compressione graduata per verificare il posizionamento corretto e per evitare che vi siano arrotondamenti o difficolt circolatorie. Controllare regolarmente lo Stato neuromuscolare durante la cura della cute e in altri momenti tramite l'area d'ispezione delle calze a compressione graduata. Controllare i pazienti quando sono seduti fuori dal letto verificando che le calze non blocchino il flusso ematico agendo da laccio emostatico intorno al ginocchio. L'educazione del paziente una parte importante dell'assistenza e deve prevedere la spiegazione di perch usare le calze, il corretto modo di indossarle, la misura giusta, la cura della cute e la necessit di controllare l'edema delle gambe. necessaria un'adeguata formazione degli operatori sanitari per assicurare il corretto utilizzo delle calze prese dettare i protocolli d'uso Scelta della taglia. Prendere la circonferenza al polpaccio, circonferenza alla coscia e la lunghezza tra pallone e piega sotto gluteo (vedi allegatoC ) utilizzare l'allegato C per ottenere la misura idonea. Tipi di intervento maggiori o con tempo superiore alle 2 ore o a pazienti a rischio che richiedono l'uso di calze antitrombo 1) Addominoplastiche 2) Laparoplastiche complesse 3) Colecistectomie 4) Resezioni sul colon dx o sx Pazienti con insufficienza venosa specie se diabetici o defedati Cone indossare le calze Calzare la calza nel verso giusto iniziando dal piede e salendo in maniera uniforme evitando pieghe e effetti laccio . Evitare traumatismi e accompagnare la calza evitando sfregamenti specie in zone compromesse.

La elastocompressione : utile ma solo se razionale 04/01/2013 19:00
Vogliamo con questo articolo parlare della elastocmpresisone in quanto ha una importanza rilevante ma solo se eseguita razionalmente e sotto consiglio o sorveglianza sanitaria ( medica o paramedica) Trattiamo largomento in quanto una delle terapia a volote solo complementare ma anche a volte lunica terapia per le ulcere flebostatiche Lulcera flebostatica riconosce come causa la stasi venosa e in parte linfatica. Tale stasi pu prevenire da una insufficienza venosa superficiale o profonda. La stasi pu trovare una soluzione in un trattamento chirurgico se la insufficienza venosa proviene da una insufficienza della grande safena e meno frequentemente della piccola safena o da perforanti alla gamba Ma non sempre possibile applicare la terapia chirurgica per cause locali o generali. In questo caso la elastocompressione un metodo utile che porta spesso vantaggi. Lo stesso dicansi quando la insufficienza venosa di tipo profondo come esiti di trombosi o tromboflebiti Il bendaggio elastocompressivo ha effetti terapeutici sul macro e microcircolo in caso di insufficienza venosa cronica. Un bendaggio elastocompressivo provoca una riduzione del calibro venoso e dei reflussi patologici aumentando la velocit laminare del sangue refluo, riduce il sovraccarico valvolare, migliora il trasporto linfatico, riduce l'edema interstiziale. Per l'elastocompressione impiegheremo bende con una componente elastica predominante, tale da dare alla benda un allungamento fino al 140 % della sua lunghezza. Nei pazienti deambulanti in linea di massima preferibile un bendaggio elastocontenitivo, confezionato con bende a corta estensibilit o addirittura senza elastico. Questo bendaggio che come quello elastocompressivo dovr partire dalle teste metatarsali e arrivare almeno fino al cavo popliteo, Questo tipo di bendaggio trova impiego in pazienti che mantengono l'autonomia del cammino e pu rimanere in sito per parecchi giorni. Si utilizzano sistemi di bendaggio multistrato, sfruttando bende medicate come quelle alla cumarina o all'ossido di zinco aventi effetti anti edemigeni e ristrutturanti per la pelle. Per questi tipi di bende contenenti pasta o colla occorrer tenere presente l'effetto di accorciamento delle bende stesse nel momento in cui si essiccano. Pertanto, sconsigliabile un bendaggio a spirale che rischierebbe di strozzare l'arto bendato. Utilizzare la tecnica a cerniera: mezzo giro avanti e mezzo indietro. Tipi di bende I bendaggi hanno proprie caratteristiche che li rendono adatti a svolgere particolari azioni terapeutiche, quindi a seconda del momento causale dovr essere applicato il bendaggio pi adatto . Per questo motivo dobbiamo distinguere diverse categorie di bende. 1. BENDE DI FISSAZIONE (fissano una medicazione, un catetere, un ago ad una parte del corpo). Son o anaelastiche . 2. BENDE DI SUPPORTO Bende tipo ideal; contengono il 65% di cotone e il 35% di poliammide .Hanno elastico nella tramatura ed orli cuciti che possono causare lacci di contenzione. Sono economiche
 Bende ideal; rispettano le norme DIM 61232 perci devono avere gli orli tessuti a bordo macchina, che non si sfilano e non causano lacci, ed inoltre devono contenere minimo 80% di cotone ed il restante materiale deve essere viscosa (fibra naturale). Queste bende, proprio per le loro caratteristiche possono essere utilizzate per bendaggi elastocompressivi leggeri.
 Bende adesive. Sono sempre autoaderenti. La stoffa, che pu essere elastica, ricoperta da una massa adesiva (ossido di zinco, caucci o polialcrato). Le bende all'ossido di zinco, autoaderenti, a corta estensibilit sono indicate per i bendaggi a lunga permanenza. 3. BENDE COMPRESSIVE Sono bende che provacano una pressione attraverso una tensione data dall'uso di appropriate bende. Le bende ad azione compressiva hanno diverse caratteristiche che ci permettono di utilizzarle in base alle caratteristiche del paziente e all'azione terapeutica che si vuole ottenere. Caratteristiche delle bende 1. Elasticit Anaelastiche. Non sono estensibili. Offrono il miglior supporto durante il lavoro muscolare, cio hanno un'alta pressione in attivit e una bassa pressione a riposo. I bendaggi anaelastici vengono sempre eseguiti senza tensione.
 Mono elastiche solo in senso longitudinale per aggiunta di fili elastici nell'ordito. Bielastiche elastiche in senso longitudinale e trasversale per aggiunta di fili elastici sia all'ordito che alla trama 2. Estensibilit L'estensibilit data dal rapporto tra la lunghezza della benda in tensione e la lunghezza della benda a riposo.
 Corta estensibilit :estensibili dal 40 al 70 %, adatte a pazienti deambulanti. Media estensibilit : estensibili dal 70 al 140%.Presentano una uguale pressione di riposo e di lavoro. Lunga estensibilit: estensibili oltre il 140 %. Contengono fili di poliuretano e materiali elastici, di conseguenza sviluppano una elevata pressione a riposo. 3. Compressione La pressione di compressione la pressione esercitata sul tessuto dalla benda compressiva. In genere viene misurata in mm hg e dipende dal tipo di benda e dal tipo di tensione data da chi la applica . Esistono pertanto bende a compressione:
 Leggera
 Media
 Forte Caratteristiche del bendaggio Pu essere di tipo fisso (con bende all'ossido di zinco, adhesive che ha una durata di 5- 15 giorni e una guarigione nel 20%. dei casi
) Questo bendaggio ha un alto potere di ridurre l'edema per riducendo ledema pu ridurre la pressione del bendaggio Naturalmente ha scarso potere assorbente delle secrezioni
 e pu portare alla macerazione della cute, con dermatite da contatto o irritativa
. Per tale motivo pu emanare cattivo odore. Trova indicazione per edemi di diversa natura, ulcere con poco secreto, varicocoflebite
, mantenimento dopo T.V.P., infedemi e profilassi delle patologie venose in gravidanza
. Il bendaggio poi pu essere mobile (con bende non adesive a corta estensibilit oppure bende non adesive a lunga estensibilit che hanno una durata di 12-48 ore e hanno una efficacia essere limitata dalla facile dislocazione delle bende.) Pu essere uttile in caso siano necessari frequenti accessi alla ferita
 e quindi si pu utilizzare per ulcere con produzione di essudato
, nella fase iniziale del trattamento dell'edema
e prevenzione della T.V.P. Il bendaggio pu infne essere di tipo multistrato (fino a quattro strati utilizzando bende sovrapposte di vario tipo)
.Garantisce una compressione sostenuta, assicurando una pressione di circa 40 mm hg alla caviglia ,decrescente a 17 mm hg al ginocchio. Si pu lasciare in situ fino a 7 giorni. Per la sua composizione assorbe in modo sufficiente per garantire il controllo dell'essudato fino ad una settimana senza necessit di cambiare il bendaggio. E controindicato in caso di microangiopatia diabetica in stato avanzato o patologia arteriosa con indice ABI inferiore a 0,8.
 Il bendaggio : modalit di confezionamento La terapia elastocmpressiva ha grande importanza e pu essere molto utile ma deve seguire delle regole. Bisogna scegliere la benda giusta per la patologia in atto . La compressione deve essere crescente e non bisogna creare delle pieghe che possono favorire l'insorgenza di lesioni da decubito. Bisogna essere uniformi nel bendaggio in ogni segmento. Quando si f ail pendaggio larto deve essere sollevato di 45-60 e il piede va tenuto a 90 e non si deve impederne il movimento. La benda deve essere fissata intorno alla parte distale del piede con un doppio giro, quindi avvolta a spirale fin sopra la caviglia, per poi ritornare a coprire il tallone; la fasciatura continua lungo la gamba con ogni giro che copre la met del giro precedente. E' molto importante includere il tallone nella fasciatura per evitare l'effetto emostatico della caviglia con conseguente edema del piede. Le calze elastiche Al giorno doggi le bende sono quasi sempre sostituire con delle calze per problem di tempo e praticit e di facilit di uso. Distinguiamo tre tipi di calze elastiche:
 Preventive
 Antitrombo
 Terapeutiche
 Le calze agiscono attraverso una compressione predeterminata della fibra elastica . Si deve prima misurare il diametro (all'altezza della caviglia e del cavo popliteo) e la lunghezza della gamba a seconda del tipo di calza da impiegare. Calze preventive Si misurano in DEN ,ossia il calibro della fibra elastica con cui vengono intessute. Distinguiamo 3 tipi di calze: (40 DEN, 70 DEN ,140 DEN ) con una pressione che va dai 12 ai 18 mm hg. Il loro uso a scopo preventive e quindi in assenza di patologia e la loro classe data dai fattori di rischio per tipo di possibile patologia. Calze antitrombo Molto usate nel period postoperatorio a secondo protocolli di Ospedali o Reparti di Chirurgia. Esse hanno lo scopo o la funzione di prevenire la trombosi venosa profonda. Vengono indossate prima dell'intervento e rimosse alla piena mobilizzazione o alla dimnissione. Determinano una compressione di 18 mm hg. Calze terapeutiche Si misurano in mm hg e sono suddivise in 4 categorie o classi (K).
 Classe 1 = 15 - 21 mm hg
 Classe 2 = 23 - 32 mm hg
 Classe 3 = 34 - 46 mm hg
 Classe 4 = > 49 mm hg

. La calza deve essere indossata al mattino, prima della comparsa dell'edema, e mantenuta il pi a lungo possibile, ma vanno rimosse durante il riposo notturno, perch la riduzione del tono muscolare determina una ridotta protezione dalla compressione.

Commento sulla campagna di sensibilizzazione prevenzione del melanoma attuato nel Veneto orientale nel 2012. 30/12/2012 16:44
Parliamo di prevenzione del melanoma in modo particolare della prevenzione che abbiamo a questo anno passato nel Veneto orientale con il progetto sostenuto da Rotary, Lions e Soroptimist. Abbiamo parlato di prevenzione del melanoma e per farlo abbiamo cercato di fare conoscere alla popolazione quali sono i fatti tori di rischio che ne favoriscono l'insorgenza fornendo anche accorgimenti pratici per permettere di dominare o di diminuire o di evitare i fattori di rischio. In questo modo noi abbiamo cercato di fare una prevenzione primaria in modo da ridurre l'incidenza e la mortalit del melanoma. Naturalmente la prevenzione non solo primaria ma anche secondaria. La prevenzione secondaria la scoperta del melanoma secondariamente alla sua nascita nello stadio pi precoce possibile in modo che se noi non riusciamo questa maniera a ridurre l'incidenza volevamo riuscire a ridurne la morbilit e la mortalit. Quale pu essere allora il messaggio che volevamo fare giungere alla popolazione. Questo messaggio doveva essere rivolto specialmente agli individui che hanno dei rischi maggiori rispetto al resto della popolazione o delle popolazioni. Noi abbiamo visto per esempio che nella zona di San Stino e di Caorle l'incidenza maggiore e quindi verso questa popolazione doveva giungere pi fortemente il nostro messaggio di attenzione ai fattori di rischio. Dovevamo invitare tutti i soggetti ma in modo particolari quelli a maggior rischio ad evitare l'esposizione solare specialmente nelle ore di punta e cio dalle 11 alle 15. Naturalmente bisogna anche evitare l'esposizione ai raggi ultravioletti e alle lampade solari. Se non possibile evitare l'esposizione ai raggi solari e il tipo di lavoro della persona pratica allora bisogna coprirsi adeguatamente e usare creme solari con fattore di protezione specialmente per i soggetti di carnagione chiara. Un particolare riguardo va verso i bambini che devono essere protetti e devono avere un'esposizione solare minore. Noi sappiamo che l'esposizione occasionale breve prolungato e intensa ai raggi solari specialmente in persone con pelle chiara e capelli biondi o rossi rappresenta un fattore importante di rischio per l'insorgenza del melanoma. Altri fattori sono la presenza di numerosi nevi in modo particolare se questi sono neri, presentano un colore brunastro o se il paziente presenta una storia di gravi ustioni solari o se la popolazione proviene da paesi maggiormente a rischio quale l'Australia e i paesi del Nord come Norvegia Finlandia e Svezia. Come dovevamo fare a lanciare questo messaggio alla popolazione. Dovevamo prendere esempio da quanto viene fatto negli Stati Uniti e in Australia e quindi usare al massimo i media o i multimedia. Dovevamo usare i mezzi di informazione e cio la stampa la televisione Internet e tutti quei mezzi pubblicitari come i cartelloni o i manifesti specialmente in zone balneari dove la popolazione si espone maggiormente alla luce solare. Naturalmente al giorno d'oggi i mezzi pi importanti rimangono la televisione che raggiunge forse il maggior numero di persone ma non si deve trascurare Internet specialmente per quanto riguarda la popolazione giovanile. Dovevamo dare un messaggio chiaro riguardo l'esposizione ai raggi solari e un messaggio chiaro alle persone perch si osservino o si facciano osservare dai propri parenti (mamma pap fratelli o coniugi ). Molto in uso solo nei paesi degli Stati Uniti e dell'Australia l'uso di volantini informativi come abbiamo usato noi nel nostro progetto sul nostro territorio. Questi volantini dovevano essere fatti pervenire capillarmente alla popolazione attraverso gli studi medici le farmacie e distribuiti anche nella negozi e nei supermercati e cos abbiamo fatto. I volantini dovevano essere distribuiti nelle stazioni balneari dove il rischio maggiore e lo abbiamo fatto. Naturalmente non si devono trascurare scuole sia medie e superiori. Tutti i messaggi sia attraverso la televisione sia attraverso Internet , la stampa e con i volantini dovevano essere messaggi chiari e non dovevano creare allarmismo ma rendere coscienti la popolazione del pericolo della nascita del melanoma tenendo presente che il melanoma in aumento specialmente in alcune zone della nostra popolazione. Naturalmente sempre discutibile l'efficacia di una campagna di prevenzione primaria mentre meno l'efficacia di una campagna di prevenzione secondaria. Io credo che si debba sempre valutare i pro e i contro tenendo presente lo sforzo economico e i risultati. I risultati devono essere valutati in termini di riduzione dell'incidenza e della mortalit del melanoma. Io credo che una diagnosi precoce che abbia portato come nel nostro caso alla asportazione di nervi melanici come melanomi in sito o di nevi con displasia severa abbia centrato l'obiettivo che noi volevamo raggiungere. La riduzione della mortalit e dell'incidenza chiaramente pu essere valutata a distanza di anni e per distanza di anni intendiamo un periodo che va dai 10 ai 25 anni. Dobbiamo anche considerare che la prevenzione primaria ha dei costi maggiori rispetto a quella secondaria. Io credo che la campagna che noi abbiamo attuato nella nostra Usl nel 2012 e cio una campagna di sensibilizzazione per una diagnosi precoce ma che poneva anche gli accenti per dare informazione alla popolazione sia stata un buon compromesso di equilibrio tra sforzi economici e risultati possibili. Sarebbe molto interessante avere una raccolta omogenea di dati che comprenda tutte le persone che hanno avuto l'asportazione di nevi in una data popolazione sia che sia stata trattata nei centri medici nella zona sia fuori zona. Sarebbe interessante anche capire quante quanto sia penetrata la nostra informazione nella popolazione facendo una raccolta statistica per valutare quanta gente sia venuta a conoscenza e quanta gente abbia imparato i criteri di prevenzione. Sarebbe poi utile sapere quanta parte della popolazione si sia sottoposta a visita dermatologica o sia andata dal proprio medico di famiglia e il medico di famiglia abbia ritenuto che alcuni casi siano suscettibile di visita specialistica e altri no. Noi potremmo o in questa maniera avere dei dati omogenei sui risultati della campagna di informazione e sui risultati finali di una prevenzione secondaria o diagnosi precoce. Nella nostra ASL abbiamo avuto dei risultati che riteniamo molto buoni con un ritrovamento di circa il 20% in pi di melanomi ma quello che riteniamo importante con una asportazione di circa 150 casi di nevi con displasia medio-grave che non hanno avuto bisogno se non di un eventuale allargamento della primitiva asportazione . Bisognerebbe sapere quanti casi effettivamente sono venuti dal dermatologo ed stato asportato il nevo perch erano stati informati del rischio e di come osservare i propri nervi allora noi possiamo dire che il risultato stato centrato. In ogni caso dai primi dati che abbiamo possiamo dire certamente che abbiamo centrato l'obiettivo e che siamo riusciti a fare una prevenzione primaria e secondaria ottima considerato i fondi a disposizione e i risultati ottenuti

Tanti chiedono e spesso ci scrivono chiedendo cosa significa piede diabetico 29/12/2012 17:54
Il piede diabetico poprta spesso a complicanze importanti. Basta pensare che da dati statistici non solo italiani il 15 dei pazienti diabetici andr incontro ad ulcere dei piedi nel corso della loro vita. Sempre da dati statistici l84% delle amputazioni minori o maggiori nel diabetic provengono da ulcere non trattate, tratatte in maniera non adeguata. Da quando ci ocupiamo di piede diabetico e di ulcere degli afrti inferiori abbiamo potuto vedere che la ossigenoterapia normobarica con il nostro dispositivo Ulcosan ha dato dei grossi vantaggi nellaccorciare I tempi di guarigione e a limitare per quanto possibile le amputazioni maggiori. E allora iniziamo dalla definizione di piede diabetico e rispondere alla domanda iniziale: cosa il piede diabetico ! Sembrerebbe facile rispondere a tale domanda ma la domanda impone non una semplice risposta di definizione ma piuttosto si vuole chiedere a chi viene o chi soggetto a tale patologia, perche capita tale patologia , come si presenta ecccc. Dare una definizione solo facile: il piede diabetico rappresenta una temibile complicanza acuta o cronica del diabete. Ma possiamo dire di pi: trattasi di una patologia o malattia che si sviluppa come conseguenza di neuropatia ed arteriopatia, tipiche condizioni patologiche della malattia diabetica. La Arteriopatia la patologia che colpisce i vasi arteriosi sia grandi che piccoli. Nel diabete si aggiunge anche la microangiopatia e cio la chiusura progressiva dei piccoli vasi arteriosi. La arteriopatia si associa spesso alla neuropatia. Trattasi di una alterazione del sistema nervoso periferico che provoca insensibilit cutanea, parestesie, crampi con disordini dellandatura. La neuropatia conduce ad una progressive insensibilit che porta ad una perdita della capacit di sentire il dolore, a sentire I cambiamenti della temperature a livello dei piedi. Questa insensibilit porta il paziente diabetico a non accorgersi della presenza di tagli, ferite, ustioni, congelamenti a livello dei piedi. 
La neuropatia diabetica aggiunta alla microangiopatia diabetica porta facilmente a lesioni che vengono trascurate e che possono portare facilmente a compliocanze infettive o anche necrotiche alle estremit. La neuropatia estremamente pericolosa per i piedi di un paziente diabetico. In presenza di una ferita al piede, il malato non la riconosce per la diminuita sensibilit, la trascura e continua a poggiare sul piede e a camminare in modo non adeguato peggiorando la situazione perch a partire da una piccola lesione (come ad esempio un apparentemente innocuo callo) si viene a creare in poco tempo una ferita sempre pi grande che, degenerando, forma ulcere sanguinanti, infezioni o gangrena. La neuropatia poi pu portare ad una deformazione dei piedi; abbiamo una riduzione delle forza di alcuni gruppi di muscolari ( In genere gli anteriori rispetto ai posteriori) portando ad una retrazione del piede. Anche questa deformazione aggrava la situazione del piede diabetico con conseguente facilit alle lesioni in parte da decubito. Ecco perche fondamentale luso di scarpe dedicate e di plantari creati per il tipo di piede e di lesioni in esso presenti. Ora ci si chiede come fare prevenzione o come arrivare prima possibile ad aiutare il paziente con diabete al fine di limitare I danni e le complicanze al piede Come una persona diabetica pu pensare di avere problemi di circolazione o di microcircolazione? Quali sono i segnali d'allarme che un diabetico pu tenere presente nel corso della sua vita da diabetico ? Il diabetico deve avere dei sospetti quando sente delle parestesie o comunemente detti formicolii ai piedi specialmente quando a riposo o a letto. Quando si manifestano crampi alle gambe mentre cammina cercando di memorizzare se basta una camminata breve per provocare I dolori. Quando le piccole ferite ai piedi non riescono a cicatrizzare facilmente. Quando I piedi o zone dei piedi presentano una colorazione differente diventando pi scuri, rossi, bluacei, verdi o neri. Quando si formano,zone rilevate o calli alle piante dei piedi e quando si ha la senzazione di piede freddo, specie a letto. Per tutti questi motivi la pelle diventa fragile, poco irrorata, facilmente tramatizzabile da ferite, traumi,punture ecc... e facilmente si apre portando ad ulcere o anche a semplici vesciche che poi si aprono ad ulcere. Tali ulcere possono guarire dando origine a calli cutanei o infettarsi ed approfondirsi e portare a lesion ossee e ostemieliti

La Gangrena e la ossigenoterapia normobarica con Ulcosan 29/12/2012 17:10
Qui vogliamo parlare di un argomento importante, frequente e che pu essere trattato dopo lintervento chirurgico con la ossigenoterapia e con lUlcosan. Spesso questo termine ricorre quando parliamo del piede diabetico. Ma la gangrena pu avvenire per altre cause. Vediamo allora di cosa si tratta, perche viene, come si previene e come si cura . La gangrena la morte di un tessuto o o di una parte del corpo causata dalla mancanza del flusso ematico.. Tale flusso pu essere interrotto improvvisamente o cronicamente. Le cause sono molte ma tutte si riconducono e vanno ricercate principalmente in ischemie (dovute ad embolie o trombi), infezioni batteriche, congelamenti o a patologie come diabete o arteriosclerosis che occludono vasi arteriosi pi o meno grandi Le gangrene sono sostanzialmente di tre tipi in base all'agente causale. 1) Gangrena secca, che rappresenta la tipica complicanza del diabete e della arteriosclerosi . In pratica abbiamo una ischemia pi o meno settoriale senza infezione batterica. 2) Gangrena umida provocata da un'infezione batterica che nasce da una ferita aperta e non adeguatamente trattata; in questo caso la causa di tipo ischemico conseguente a proliferazione batterica. 3) Gangrena gassosa, provocata dalla diffusione di tossine prodotte da batteri che vivono nell'intestino e nel terreno e che possono infettare i tessuti ltraumatizzati da una ferita Come ci si accorge che sta iniziando una grangrena? Chiaramente la sintomatologia e la obiettivit variano dal tipo di gangrena (secca, umida, gassosa) e dalla zona in cui la gangrana si produce. 
Nel caso pi frequente di una gangrene diabetica possiamo vedere: a) Una alterazione del colore della pelle che diventa rossa , marron,verdastra o nera b) Il tessuto gonfio, molle e marcio c) Il piede o larto diventa secco, nero, quasi mummificato d) Presenta un odore di marcio, maleodorante tipico di un tessuto necrotico e) Normalmente vi una perdita di sensibilit che aumenta con il progredire della gangrena. Il dolore diminuisce fino a sparire nella zona necrotica f) La zona presenta delle zone infette, purulente o a volte sanguinante Naturalmente I vari sintomi variano nelle zone secche e nelle zone umide Se invece la gangrena gassosa e la infezione allinterno e in parte esce allesterno i sintomi sono invece differenti: 1) Possiamo avere malessere, febbre e confusione sia in rapporto alla febbre che alla tossiemia 2) Il dolore in genere sempre presente 3) Difficilmente manca la febbre 4) Spesso il paziente tachicardico e ipoteso e sudato, disponoico 5) Si nota alla ispezione e al tatto la presenza di gas nei tessuti sottocutanei 6) Si pu arrivare alla setticemia con I sintomi tipici di tale situazione La diagnosi di gangrena viene fatta come sempre con una accurata anamnesi e su un esame obiettivo della zona colpita dalla necrosi o gangrena. Naturalmente sI devono eseguire alcuni esami per definire la patologia sia come genesi ma anche come definizione di sede esatta in vista della terapia. Non saranno solo gli esami del sangue per valutare la infezione e la anemia di tipo spesso tossico ma anche uno studio radiologico ( Rx , TAC o RNM per determinare l'entit del danno subto). Se possibile si esegue un doppler ma anche una arteriografia o una AngioTAC o AngioRNM per identificare con certezza l'arteria ostruita responsabile dei sintomi.
 Indispensabile anche un esame culturale ( tampone) per identificare i batteri coinvolti nell'infezione. TERAPIA La Gangrena una patologia che richiede un adeguato e tempestivo trattamento per evitare le complicanze, quali per esempio la diffusione generalizzata dell'infezione (in presenza di gangrena umida o gassosa). Il paziente deve essere ricoverato in una struttura adeguata a tale patologia.
Il trattamento medico impone le solite misure salva vita per ristabilire le funzioni cardiocircolatirie e renali Ma poi lintervento chirurgico bene che sia eseguito prontamente perche se non si elimina la zona con la gangrena (rimozione del tessuto necrotico o amputazione dell'arto coinvolto) accompagnato da una terapia antibiotica aggressiva, si rischia una setticemia e vi pericolo di vita La GANGRENA SECCA richiede la asportazione della zona necrotica, morta prima che la gangrena si estenda. Naturalmente , se possibile, si deve cercare di ripristinare il flusso di sangue nella zona gangrenata. Quindi due sono le cose da fare in maniera prioritaria: cercare di ripristinare lafflusso di sangue dove stato ostruito con vari tipi di interventi e successivamente amputare la zona gangrenata. Deve essere prima ripristinato lafflusso di sangue in modo che lintervento di amputazione possa essere minimo e abbia possibilit di successo. Noi riteniamo che la amputazione di una zona grangrenata che abbia come causa una ischemia ( sia arteriopatica che diabetica) debba essere lasciata quasi sempre guarire per seconda intenzione. Se si sutura si rischia che la sutura vada in ischemia per chiusura dei piccoli vasi con deiscenza della ferita. Lasciando la ferita aperta noi pratichiamo la ossigenoterapia normobarica con il dispositivo Ulcosan per una o due ore al giorno con ottimi risultati. Se invece ci troviamo di fronte ad GANGRENA UMIDA bisogna agire sulle condizioni locali e generali per diminuire il dolore procurato dall'infezione. Naturalmente essendoci una infezione in atto deve essere somministrata una dose di antibiotici a largo spettro. I pi utilizzati per tale scopo sono la penicillina, il metronidazolo e gli aminoglicosidi. Naturalmente anche qui lintervento chirurgico indispensabile. Spesso si usa fare prima una toiletta chirurgica per pulire la zona necrotica infetta , lasciandola aperta e passare poi ,ad infezione debellata, ad una amputazione in tessuto sano. Anche qui usiamo la ossigenterapia normobarica con il dispositivo Ulcosan con ottimi risultati Nei casi invece , per fortuna meno frequenti, di GANGRENA GASSOSA si deve procedure in maniera veloce con la rimozione chirurgica del tessuto infetto associata ad una cura antibiotica a largo spettro per prevenire la setticemia. Alcuni pazienti affetti da gangrena gassosa si possono curare con l'ossigenoterapia iperbarica in modo di fornire livelli di ossigeno superiori rispetto alla norma inibendo la crescita dei batteri anaerobi ed stimolando il tessuto di granulazione . Ci si chiede spesso se possibile prevenire la gangrena nel paziente diabetico. I pazienti diabetici sono a rischio di arrivare ad una gangrena sia secca che umida. I pazienti diabetic devono pertanto pore la massima attenzione al loro corpo e in modo particolare alle lore estremit. I piedi sono il loro punto debole. Avendo una diminuzione di sensibilit possono pi facilmente pungersi, feririsi e non accorgersi se non quando la infezione in piena attivit. I diabetici dovrebbero essere abituati a seguire certi comportamenti di igiene per prevenire le infezioni in genere, i traumi ai piedi e la gangrena secca o umida. I piedi dei diabetici dovrebbero essere sempre controllati non solo dalla persona in questione ma anche da una altra persona sia la moglie o il marito o da un medico per vedere se esistono lesioni che possono portare ad una infezione se non trattata. Ogni ASL dovrebbe far partire un programma di educazione e di prevenzione per I pazienti diabetici che sarebbe utile non solo ai pazienti ma anche alle casse dello stato

Migliorare il servizio di assistenza degli anziani : La Geriatria e il suo paziente 08/12/2012 18:15
Riteniamo utile pubblicare uno scritto sul paziente geriatrico pervenutoci dal Dr Francescon. Il paziente geriatrico quello che soffre di ulcere e piaghe da decubito in percentuale maggiore e di molto rispetto al resto della popolazione. Sono i paziente in sostanza ai quali si rivolge la nostra attenzione in quanto rappresenta un problema crescente che impone alti costi se non trattata adeguatamente Nella Casa di Cura Rizzola si aprono spazi per la Geriatria. Esiste un Reparto di Geriatria che lavora in rapporto o collaborazione con la ASL che invia tramte il Pronto Soccorso pazienti che abbiamo bisogno di ricovero Al primo piano esiste il Reparto di Lungodegenza e Riabilitazione . In tale Reparto lavora il DR Francescon, specialista in Geriatria e che si occupa da anni di Osteoporosi . Ha pubblicato numerosi lavori su varie riviste scientifiche e tenute relazioni in vari congressi Da qualche mese ha iniziato a eseguire esami per la osteoporosi e in modo particolare la densimetria ossea , dando anche un servizio di consulenza e di visite. Dal primo gennaio aprir anche un servizio ambulatoriale di visite di geriatria e , per favore le popolazione , anziana, queste visite saranno a tariffa agevolata. Pubblichiamo qui uno scritto sui problemi legati al paziente geriatrico che potr essere utile a tutti Il Paziente Geriatrico A cura di : Dott.Alessandro Francescon, Specialista in Geriatria e Gerontologia Casa di Cura Sileno e Anna Rizzola, San Don di Piave (Ve) Nel 1999, Hazzard, Autorevole Geriatra Americano, alla domanda chi il tipico paziente geriatrico rispondeva: . Lanziano fragile frequentemente disabile e spesso presenta problematiche di tipo socio economico come solitudine e povert. Generalmente le sue patologie, interagendo tra di loro, si presentano in maniera atipica, rendendo difficile una diagnosi precisa; frequenti risultano pure le complicanze a cui va soggetto come malnutrizione, disidratazione, confusione mentale, reazioni da farmaci, infezioni; a volte le complicanze sono anche chirurgiche. Tali situazioni portano spesso alla perdit dellautosufficienza con conseguente istituzionalizzazione e, talora, pu intervenire anche il decesso. Linvecchiamento della popolazione, caratterizzato in particolare dallaumento degli ultraottantenni (grandi vecchi) comporta un aumento significativo di soggetti affetti dalla cosidetta sindrome clinica da fragilit. La conoscenza scientifica geriatrica ha sviluppato, nellultimo ventennio, una particolare modalit di approccio allanziano fragile rappresentata dalla valutazione multidimensionale geriatrica e da un modello di assistenza continuativa che consente il proseguimento delle cure dallOspedale al Territorio.Tali modalit di intervento si sono dimostrate in grado di ridurre il numero dei ricoveri nei reparti di degenza Ospedaliera con conseguente riduzione dei costi sanitari, miglioramento della qualit della vita dei pazienti e sollievo per i familiari. LUnit di Valutazione Geriatrica (UVG) ha il compito di elaborare un piano di assistenza personalizzato, di individuare le strutture e i servizi pi adeguati per il singolo paziente (Assistenza Domiciliare Integrata, Residenza Sanitaria Assistita, Medico di Medicina Generale, Ospedale per Acuti, Lungodegenza Geriatrica Riabilitativa, Day Hospital, Centro Diurno, Servizi Sociali, etc), di verificare periodicamente lefficacia degli interventi e se necessario di modificarli. Tutti i servizi e le strutture della rete devono essere in collegamento. Il modello della continuit assistenziale proposto per lanziano fragile pu fornire risposte continue, globali e modificabili nel tempo. Qualitativamente adeguato ai bisogni, si dimostrato economicamente vantaggioso in quanto riduce il ricorso allospedalizzazione del paziente, a volte impropria, e pu risolvere il problema delle dimissioni difficili e dei ricoveri ripetuti con conseguente riduzione dei costi dellassistenza ospedaliera, che pi di ogni altra voce incide sulla spesa sanitaria. Le conoscenze Scientifiche Geriatriche sullanziano fragile hanno consentito di sperimentare idonei modelli di cura grazie anche alla specifica formazione Gerontologico Geriatrica degli operatori dellUnit Valutativa Geriatrica. Sempre sullanziano fragile Hazzard pi di recente ha scritto un uomo, o pi spesso una donna, che vive sul filo del rasoio, in bilico tra il mantenimento della propria indipendenza e il rischio di una tragica cascata di eventi patologici, disabilit e complicanze, che troppo spesso si dimostrano irreversibili, rappresentando i pi complessi problemi che i medici e tutte le figure professionali sanitarie si trovano a dover affrontare

Convegno sul Melanoma a Caorle: dati e commenti 24/11/2012 20:13
La sera del 23 novembre si tenuta a Caorle nella sala consiliare un incontro con la popolazione sul tema. " Prevenzione del melanoma". Il 5 novembre del 2011 era iniziata una campagna di sensibilizzazione e diagnosi precoce del melanoma che si sarebbe svolta nell'arco di un anno in tutta la nostra ASL N.10 Tale campagna era stata promosso dai Clubs Service della nostra zona : Rotary Di San Don, Rotary di POrtoggruaro, Lions di San Don , Soroptimist di San Don-Portogruaro e Rotaract. Il Lions di Jesolo pur non partecipando alla campagna ha aiutato attivamente la sensibilizzazione nelle piazze di Jesolo. Il Rotary di Jesolo che nell'anno 2011-2012 era presieduto dal Dr Astolfo non ha voluto partecipare. La campagna era stata finanziata dalla Veneto Banca, Dall'Aqua Nova, dalla MPSystem, dalla Salusjuice e dal Ponte , oltre naturalmente dai Clubs partecipanti. Vi stato anche l'aiuto prezioso della stamperia Passart di Sartorello che come negli anni passati ha sempre sostenuto le nostre iniziative. La serata aveva due fini: 1) Scendere nella piazza di Caorle che rappresenta assieme alla zona del Comune di San Stino un punto del nostro territorio ove si rinvengono persone con melanomi in una proporzione molto maggiore alle altre zone del Veneto ma anche di tutto il territorio italiano. Basta pensare che se la nostra ASL ha una incidenza di melanomi doppia della media nazionale , la zona di Caorle e San Stino ha una incidenza tripla di quella del territorio italiano . Era quindi giusto scendere tra la gente di Caorle e San Stino per sensibilizzare proprio loro che sono a maggior rischio e spiegare cosa devono fare, a cosa devono stare attenti, come controllarsi eccc.. per cercare di fare una prevenzione primaria ( evitare la malattia ) se possibile o, se non possibile, fare una prevenzione secondaria ( diagnosi precoce) 2) Era passato un anno ed era giusto dare i numeri. Dare i risultati che possono in un certo senso rappresentare il risultato anche dal lavoro svolto dai Club che hanno lanciato la iniziativa. La serata stata certamente bella. Caorle di notte splendida e le strade deserte e illuminate da luci artistiche davano un aspetto da sogno alla Piazza del Vescovado, di fronte al Duomo dove nell'Aula consiliare si teneva l'incontro. La sala era piena con gente in piedi in fondo alla sala. Nemmeno la nebbia che era scesa intorno a Caorle e non solo aveva impedito alla gente di arrivare ad ascolare la conferenza. Una signora di una certa et era arrivata in bicletta da una frazione di Corle distante qualche chilometro. Erano naturalmente presenti i Presidenti dei Clubs partecipanti alla inziativa: il Dr Dal Corso attuale Presidente del Rotary di San Don assieme al Presidente del Rotary dell'anno Precedente, Il Presidente del Roatry di Portogruaro Dr Favot, Il Presidente del Lions Rag Trevisiol e per il Sorpotimist la Professoressa Zago Un momento commovente molto sentito dai presenti stato quando prima di iniziare gli interventi la gente si alzata in piedi per un minuto di silenzio in memoria del Dr Briani, il medico di Anatomia Patologica, che recentemente ci aveva lasciato improvvisamente senza neppure salutarci . Il Dr Briani aveva lavorato alla iniziativa e la sua perdita stata molto sentita da tutti noi. Successivamente sono iniziati gli interventi programmati Il Dr Luca Antelmo assessore alla Cultura di Caorle ha portato i saluti della Amministrazione e ha fatto delle considerazioni sulla incidenza dei melanomi nella zona augurando che in un futuro si possa capire la motivazione o meglio le cause di questa incidenza. Successivamente il Dr Lino Baso , in rappresentanza dei Medici di Medicina Generale di Caorle e San Stino, ha spiegato come il medico al centro delle vita del cittadino per quanto riguarda i problemi legati a varie malattie e nel caso specifico al problema del melanoma.. Non giusto intasare gli ambulatori degli specialisti, dermatologi o chirurghi e creare cos liste di attesa che fanno pi danno di bene alla popolazione. Il cittadino deve ,seguendo i consigli dati dalla campagna, rivolgersi al proprio medico di famiglia e sar lui a valutare la necessit o meno di una visita specialistica o di accertamenti specifici. E' il medico di famiglia che ha in mano la persona e la sua famiglia. Sar lui a fere le considerazioni e a valutare il rischi di possibili lesioni che possono portare al melanoma o a ritenere che la lesione sia gi un possbile melanoma. Dopo il Medico di famiglia ha preso la parola il Dr Zago, Presidente dell'Ordine dei Farmacisti della Provincia di Venezia e che ha la Farmacia proprio in una delle zone critiche e cio a San Giorgio. Il Dr Zago ha messo in evidenza che se il Medico di famiglia fa diagnosi ed ha in mano la salute del cittadino, al Farmacista che si rivolge la maggioranza della popolazione. Il Farmacista sostanzialmente un amico, pi facilmente alla portata del paziente. Non deve fare file in ambulatorio e in Farmacia ogni persona va spesso per tanti motivi. Quindi ha spiegato il motivo per il quale lui ha aderito in maniera entusiastica alla Campagna di Prevenzione del Melanona. Proprio perch sapeva l'utilit e il compito dei Farmacisti verso la popolazione nell'aiutare in maniera pratica e concreta con consigli a stare attenti ai segni di allarme e a consigliare di recarsi dal medico quando e solo quando ce ne fosse necessit. Ha brevemente passato in rassegna quali sono i particolari sui quali deve fermarsi la attenzione di ognuno di noi e ha posto in evidenza anche lui la incidenza alta dei melanomi nella nostra zona riferendo notizie di un congresso europeo al quale aveva partecipato. Ho spiegato come l'Ordine dei Farmacisti ha partecipato attivamente distribuendo a tutte le Farmacie i depliants e spiegando alla gente che si recava in Farmacia il problema da dando consigli. Ha chiuso la serata la relazione del Dr Madeyski , Chirugo ma che era presente anche come Past President del Rotary proprio nell'anno della campagna del melanoma. La relazione non stata una relazione scientifica ma ha dato spunti di riflessione sociosaniataria 1) si sono dati i dati della incidenza di melanoma in Italia e nella nostra zona e i dati relativi all'ultimo anno dopo la campagna di Prevenzione in questione. I dati in Italia parlano di 23 casi all'anno ( dati del 2009 ) su una popolazione di 100.00 Nella nostra ASL la popolazione di 204.000 persone per cui ci aspettiamo una incidenza di melanomi di 46 casi all'anno Nella nostra ASL i dati del 2010 mostrano 108 casi e quindi quasi il doppio di quelli del territorio nazionale. Naturalmente si tratta di una media tra i vari comuni. Nel 2011 i casi segnalati dalla anatomia patologica ( e naturalmente si riferiscono solo ai casi diagnosticati nella nostra Anatomia Patologica e quindi non comprendono i pazienti che si sono recati fuori territorio come a Padova e Aviano) sono saliti a 122 e quindi con un aumento del 15% circa . Tale aumento potrebbe essere spiegato con l'aumento dio melanomi che si riscontra annualmente in tutto il mondo per cause atmosferiche ed esposizione a raggi ultravioletti maggiore di anno in anno. Ma potrebbe esserci anche l'aumento di diagnosi dovute alla partenza della campagna di prevenzione che all'inizio stata massiva e capillare con l'aiuto di tutti clubs nei vari comuni Nel 2012 i vasi rivenuti nella nostra ASL sono stati 140. Il numero dato dai casi rinvenuti fin o al 20 novembre aggiungendo la frazione corrispondente al media mensile. Quindi vi stato un aumento del 20% che rappresenta un dato importante nel capire la Campagna di sensibilizzazione. Certamente il melanoma in aumento in tutto il mondo ma un aumento del 20% non spiegato solo da tale incremento mondiale e italiano. Ma il dato migliore ci viene dati dai melanomi iniziali rappresentati da melanomi in situ, melanomi con displasia melanocitaria severa o mediosevera, che probabilmente o possibilmente con alta percentuale sarebbe diventati melanomi maligni nel giro di un periodo imprecisato. Questi casi sono stati fino al 20 novembre 151 casi. E questo sicuramente dovuto ad una diagnosi precoce. La prevenzione secondaria quella attuata secondariamente alla nascita del melanoma o di un suo precursore. In questo caso l'obiettivo stato raggiunto. 2) Il Dr Madeyski ha poi mostrato tramite alcune immagini i melanomi e i nevi che avevano segnali di pericolo e che si stavano tramutando probabilmente in melanomi o che si sono rivelati poi all'esame dei veri melanomi. Alcune diapositive hanno mostrato i segnali di pericolo mettendo l'accento sui rischi di vari soggetti. Ha fatto un breve escurso sulle possibili terapia e sull'iter diagnostico e terapeutico. Ma ha mostrato con dati sul decorso della malattia e sulla mortalit la pericolosit del melanona evidenziando che la loro prognosi molto severa e certamente peggiore di altri tumori come quqllo della mammella e del polmone se non preso in fase iniziale. Ecco perch la prevenzione primaria e secondaria sono fondamentali. 3) vi stato anche un momento caratterizzato da un dato polemico ma che pi che polemico vuole essere uno stimolo alle istituzioni per una maggiore attenzione alla salute del cittadino meno burocrazia e pi cuore . Anche se la crisi in tutti i settori e anche nella sanit con il loro taglio sulle spese crea problemi importanti I clubs con la loro campagna di sensibilizzazione sono andati oltre e avevano regalato all'Ospedale di Portogruaro un videodermatoscopio completo di ogni componente per fare una diagnosi accurata e fare una mappatura utile soggetti a rischio. Tale donazione era stata a Portogruaro in quanto Portogruaro era l'unico centro della nostra ASL senza videodermatoscopio in ambiente pubblico. A San Don ve ne uno in Casa di Cura Rizzola. A Jesolo ve ne uno che era stato regalato anch'esso da quasi 6 anni ma era sempre rimasto imballato e mai usato. A Portogruaro mancava. Orbene nonostante i solleciti abbiamo potuto appurare che a distanza di un anno nulla cambiato in pratica. La Casa di Cura Rizzola ha ed usa un videodermatoscopio moderno e fa nel caso necessiti la mappatura L'Ospedale di Jesolo ha il videodertmatoscpio completo di tutti gli accessori e , sembra , perfettamente funzionante. Ma rimane sempre imballato o chiuso in qualche stanza e mai usato L'Ospedale di Portogruaro e il suo territorio non ha nessun videodermatoscopio . Il videodermatoscopio regalato a Portogruaro, dopo mesi , stato trasferito all'ambulatorio del distretto a Musile di Piave . In tale ambulatorio giace in pace e non mai stato usato. Il Dr Stocco ci aveva assicurato che tali dispositivi medici sarebbero stati utilizzati e nell'ultimo colloquio avuto in settembre aveva preso l'impegno di metterli in funzione. Il fatto che non siano utilizzati lo sappiamo da pazienti che sono stati visitati dalle dermatologhe a Jesolo e a Musile e che hanno riferito il loro non uso. Ma lo sappiamo anche dalle due dermatologhe che hanno confermato di non avere mai usati dai dispositivi adducendo motivazioni diverse. La gente presente ha proposto che i politici locali e i sindaci intervengano e l'Assessore Luca Antelmo si impegnato a portare il problema alla Conferenza dei Sindaci. Ci auguriamo e tutti si augurano che si presti una maggiore attenzione a questo problema La serata si conclusa con domande dal pubblico che molto attento non ha lasciato la sala se non alla fine della riunione soddisfatta di un qualcosa che viene fatto per la popolazione tutta

Interventi di chirurgia pi frequenti in una chirurgia come quella della Casa di Cura Rizzola 07/11/2012 23:23

Chirurgia: di cosa si occupa 01/11/2012 23:14

Quando lo smartphone invita a fumare. Articolo tratto da Repubblica 28/10/2012 18:02
Riportiamo un interessante articolo tratto dal giornale "Repubblica" che vi invita a meditare e a capire perche si continua a fumnare SIGARETTE nelle applicazioni per smartphone, ultima frontiera per il marketing delle "bionde", pi o meno palese. La pubblicit al fumo, diretta o meno, pu arrivare anche cos, e raggiungere un pubblico di tutte le et. Se n' accorta l'Universit di Sydney, Australia, cercando negli "app store" delle varie piattaforme e scovando un centinaio di applicazioni che in qualche modo rimandano alle sigarette e al concetto di fumo. Quello delle app sembra un terreno fertile per divulgare l'immaginario delle sigarette e cos, accanto ad applicazioni anche utili per riferimento, come "Cigarettes", un database di tutte le marche con vari dati associati, il rischio di imbattersi in promozione occulta del fumo effettivamente c'. Alla faccia delle regole sulla pubblicit che l'industria dei produttori di tabacco tenuta a rispettare. Durante la ricerca, a Sydney si sono anche imbattuti in applicazioni che sulla carta vengono descritte come un "aiuto per smettere di fumare", ma che poi si sono rivelate pro-fumo. E naturalmente non mancano programmi che mostrano marche di sigarette e mappe aggiornate dei punti di vendita dei prodotti legati al tabacco. Ovviamente, non tutto ci che in qualche modo appare come un agente promozionale proviene dall'industria delle sigarette. Tra gli sviluppatori delle applicazioni possono di certo esserci estimatori del fumo che desiderano soltanto fornire un servizio utile ad altri estimatori, magari guadagnando qualcosa. Ma secondo i ricercatori, alcune delle app in esame potrebbero nascondere la mano di "Big Tobacco", specificamente quelle che risultano sviluppate da persone singole che si identificano con un nom de plume e non con una denominazione aziendale su cui sarebbe possibile fare ricerche. Il settimanale americano Time ha qundi individuato cinque app tra quelle rintracciabili nello studio particolarmente raffinate. Tra queste, spicca MyAshtray per iOS, un vero e proprio "simulatore di fumo" in cui l'utente tocca lo schermo per far cadere la cenere nel portacenere. Secondo gli sviluppatori, "ciccare" virtualmente potrebbe aiutare a tenersi lontani dal fumo vero, ma i ricercatori sostengono che per questa teoria non c' conferma scientifica. C' iRolling Cigarettes in cui l'utente pu arrotolare tabacco nella cartina virtuale, e la gi citata Cigarettes per Android un archivio dettagliatissimo delle bionde nel mondo, Puff Puff Pass per iPhone un giochino in cui vince chi passa la sigaretta alla personaggio giusto indicata dal gioco, mentre sono gi in 50 mila ad aver scaricato Cigarette Battery Widget per Android, in cui il livello della batteria del telefono viene indicato dal consumarsi di una sigaretta, a continua memoria della loro esistenza. (26 ottobre 2012) Se volete potete leggere l'articolo direttamente da "Repubblica" il link il seguente http://goo.gl/kZv0U

Potete vedere la locandina della conferenza sul Melanoma che si terr a Caorle a fine novembre 27/10/2012 20:32
Locandina per la Conferenza sul Melanoma a Caorle

Ultimo incontro con la Prevenzione del Melanoma a Caorle 27/10/2012 20:16
Un anno fa e precisamente il 5 novembre i Club del Basso Piave rappresentati dal Rotary di San Don di Piave, del Rotary di Portogruaro, del Lions di San Don di Piave e dal Soroptimist di San Don e di Portogruaro, hanno lanciato una campagna di sensibilizzazione per la diagnosi precoce del Melanoma Voi tutti sapete che il Melanoma il piaggressivo dei tumori della pelle. Ma anche uno dei peggiori in senso lato con prognosi molto pi severa di altri tumori forse pi noti come il Tumore della mammella o del Polmone. La Campagna aveva come titolo " Guarire si pu....basta arrivare in tempo". I risultati sono stati soddisfacenti per non dire ottimi Sono stati rinvenuti nevi sospetti, nevi con displasia melanocitaria, nevi melanici in regressione, melanomi allo stadio iniziale. Trovare questi nevi o melanomi allo stadio iniziale ha comportato interventi modesti , non demolitivi, senza ricerca di linfonodo sentinella e senza successivi svuotamenti linfonodali. Bene!. E'0 passato un anno e ora di chiudere ufficialmente la campagna. Viene chiusa la campagna ma i benefici continueranno in quanto la gente rimasta sensibilizzata e quindi star sempre attenta o, almeno, lo si spera Abbiamo fissato la conferenza di chiusura a Caorle Il 23 novembre alle 20.30 nella Sala Superiore del Centro Civico in Piazza Vescovado ( Fronte Duomo) si terr una conferenza o meglio un incontro con la popolazione per spiegare cosa significa melanoma e cosa significa arrivare in tempo Si porteranno anche i risultati della campagna. Parteciparanno -Avv Luciano Striuli : Sindaco di Caorle -Dr Lino Baso : medico di medicina generale di Caorle -Dr Fiorenza Zago: Presidente Ordine dei Farmacisti di Venezia -Dr Paolo Madeyski: Medico Chirurgo Si far il punto della situazione e si mostreranno delle diapositive per fare restare impresso nella mente il melanoma

Interessante iniziativa per prevenire le complicanze del piede diabetico 22/10/2012 22:04
Prevenire, o fare diagnosi precoce, per non ammalarsi, o almeno ammalarsi il pi tardi possibile e in maniera meno grave. Con questo obiettivo l'Azienda USL di Rimini ha attivato un programma di prevenzione e diagnosi precoce delle complicanze vascolari e neurologiche agli arti inferiori, che possono colpire le persone ammalate di diabete. Il Servizio di Diabetelogia coordinato dalla dottoressa Anna Carla Babini (nell'ambito della Unit Operativa di Medicina Interna II, diretta dal dottor Giorgio Ballardini) sta contattando un campione di pazienti diabetici per propor loro la visita di screening alle gambe e ai piedi. I pazienti sono stati selezionati su base clinica in collaborazione con i medici di famiglia: et compresa tra 50 e 75 anni, durata della malattia superiore a 8 anni con presenza di fattori di rischio quali, ad esempio, ipertensione, cardiopatia, obesit, fumo. Coi pazienti (che vengono appositamente contattati a casa da un'infermiera, dopo aver ricevuto una lettera del Servizio ed essere stati informati dai loro medici di famiglia la cui collaborazione parte integrante del progetto) viene fissato un appuntamento durante il quale si procede all'ispezione del piede, ad effettuare un doppler ed altri esami sulla sensibilit cutanea al fine di valutare la severit del rischio ed eventuali misure da intraprendere. Non va dimenticato, infatti, che una diagnosi precoce di alterazioni circolatorie e della sensibilit delle gambe e dei piedi nelle persone diabetiche consente di evitare complicanze pi gravi, che possono degenerare anche nella perdita dell'arto. Al termine dell'appuntamento ai pazienti vengono dati suggerimenti sulle corrette modalit di cura dei piedi specifiche per pazienti diabetici, e sar proposto di aderire ad una terapia di gruppo per modificare lo stile di vita, anche con consulenze dietologiche.

Le varici degli arti inferiori: inquadramento eziologico e diagnostico e terapeutico 16/10/2012 18:55
Le varici sono una patologia frequente, in aumento al giorno d'oggi per tanti motivi ma in modo particolare per lo stile di vita , l'alimentazione e l'aumento dell'et. Le varici sono delle dilatazioni permanenti della parete delle vene e colpiscono gli arti inferiori con la formazione di gavoccioli dilatati che spesso creano problemi alle donne per motivi estetici. Ma noi non ci occupiamo di tali motivi ma ne parliamo per la possibilit di complicanze e per disturbi rischi che non bisogna sottovalutare. Spesso le donne confondono le varici con le le teleangectasie che non sono altro che dei capillari dilatati. Le teleangectasie sono dovute a patologie del microcircolo e comportano un danno estetico e in genere non danno complicanze. Spesso sono presenti nello stesso paziente teleangectasie e varici vere e proprie. Perch si chiamano varici ?. Il termine deriva dal latino ( varus) che significa curvo, piegato e sta ad indicare la caratteristiche delle varici di essere dei gavoccioli non rettilinei nelle gambe In genere colpisce maggiormente le donne per problemi ormonali e costituzionali; per le gravidanze che influisce oltre al problema ormonale per l'aumento della pressione intraaddominale che si riflette sui grossi venosi . Vi poi in gioco anche l'uso degli anticoncezionali orali, la ritenzione idrica e il sovrappeso dovuto allo stile di vita. La familiarit, il tipo di lavoro che obbliga spesso la donna a stare in piedi per ore , la stipsi cronica sono altri fattori di base che ne favoriscono linsorgenza. Gli uomini sono colpiti, in misura minore. Gli uomini non notano il fattore estetico e spesso si recano dal medico alla comparsa di disturbi o di una complicanza. Le varici possono comparire in uno o entrambi gli arti specie legato a fattori costituzionali e genetici. Le varici presentano una alterazione della loro parete e in modo particolare per una alterazione meccanica delle valvole . Quando le valvole sono alterate il flusso nelle vene si inverte, causando una progressiva dilatazione e stasi che si ripercuotono progressivamente sulle strutture a valle. Da qui ledema che spesso la causa prima della gran parte dei sintomi e delle complicazioni. La stasi allinterno delle vene responsabile della comparsa di ulcere per una minore nutrizione delle flebiti e delle trombosi. Quali sono i sintomi ? A parte il problema estetico che non un vero sintomo i sintomi che i pazienti presentano sono rappresentati da un senso di pesantezza e gonfiore delle gambe, edema dei piedi e caviglie, formicolio, bruciori, crampi, prurito . E questi sintomi sono maggiormente evidenti alla sera dopo che si stati in posizione eretta per molto tempo. Caratteristico anche "il nervosismo" alle gambe che le pazienti riferiscono di notte a letto Alcune complicazioni portano la paziente o il paziente al proprio medico che pone una indicazione ad esami e poi ad una terapia. Esse sono rappresentate date da flebiti, trombosi, embolie polmonari, emorragie, infezioni, eczema da stasi e le ulcere alle gambe. La diagnosi viene fatta con una anamnesi, con un esame obiettivo e viene definita meglio con l'aiuto di ecodoppler venoso Lecocolordoppler serve ad escludere complicazioni maggiori a carico delle vene profonde (trombosi soprattutto) e a stabilire quale approccio terapeutico meglio usare tra quelli a disposizione potendo vedere la sede del reflusso venoso, la funzionalit della cross tra il circolo superficiale e quello profondo , la presenza o meno di perforanti non continenti che devono essere legate. La terapia pu essere Chirurgica fisica medica scleroterapia stile di vita e movimento La chirurgia tradizionale e quella mini-invasiva viene attuata quando i principali assi venosi (le safene) sono alterati. Abbiamo a disposizione il classico stripping totale o lo stripping corto oppure intervebnti minori dati dalla legatura selettiva dal laser endovascolare. Lanestesia generalmente periferica, o addirittura locale, e il risultato estetico ottimale. La scleroterapia indicata quando le safene sono ancora sane (varici extrasafeniche) e in alcuni casi di varici safeniche con determinate caratteristiche di reflusso e valvole coinvolte o quando le safene sono state precedentemente asportate (varici recidive). Viene attuata tramite iniezioni nelle vene che le fanno occludere trasformandole in condotti chiusi e infatti si determinano dei cordini fibrotici o sclerotici ( da qui il nome di sclerosanti). La si usa specie nel trattamento dei capillari. Non necessita di anestesia ed un trattamento ambulatoriale. Il laser e la radiofrequenza sono ottime metodiche, ma trovano poche applicazioni. Viene usato il laser transdermico per i capillari pi piccoli, fini e resistenti alla scleroterapia. Nelle varici safeniche e nelle varici recidive il laser endovascolare o la radiofrequenza sono una alternativa valida con alcune limitazioni dipendenti dal calibro, dalla distanza dal piano cutaneo, dalle sedi del reflusso, dal grado e dal tipo di coinvolgimento valvolare. La terapia fisica data principalmente dal movimento , dalla ginnastica e dalla elastocompressione data da calze elastiche La terapia medica rappresentata da farmaci vasoattivi e da farmaci che agiscono sulla parete venosa e dei capillari e sul mircocircolo. Queste terapia non fanno miracoli e sono utili solo nel trattamento dei disturbi, ma non eliminano le cause e le complicazioni. Importante per ultimo lo stile di vita rappresentata da una alimentazione sana, da movimento, da ginnastica, dalla eliminazione del fumo , da evitare di stare molte ore fermi in piedi o con le gambe piegate come si fa in macchina o in aereo Quale terapia migliore? Non si pu dire che una migliore di una altra Per ogni situazione vi sono delle indicazioni e spesso si deve ricorrere alla combinazione di pi tecniche sia chirurgiche che mediche ma sempre associate a stile di vita corretto. Dobbiamo ricordarci che per la patologia spesso costituzionale , genetica e non sempre viene risolta integralmente per tanti motivi legati alla persona e allo stile di vita. Per tale motivo ci possono essere delle varici recidive anche a distanza di anni. Le varici residue invece sono varici che erano presenti e che non sono state trattate in maniera corretta

Prevenire e curare al meglio la infezione nel piede diabetico 13/10/2012 20:51
Il problema della infezione del piede diabetico Una complicazione frequente e pericolosa di unulcera linfezione. La infezione di unulcera ipu portare ad una situaizone seria che , se non presa in tempo, conduce a gravi fenomeni sistemici che che possono provocare amputazioni minori o maggiori ma anche pericolo di vita per la insorgenza di una setticemia Fondamentale agire subito al primo avviso di una infezione Difficilmente pu essere il paziente a capire lurgenza della terapia o atteggiamento da seguire in caso di infezione. Solo un mkeidco che si occupy di diabete o di chirurgia del piede diabetic pu capire come intervenire Sar il medico a distinguere se unulcera infetta necessita di provvedimenti immediati al di l della medicazione o se sufficiente un intervento medicativo e quali indagini o esami eseguire con urgenza. Gli ascessi o le gangrene o le cellulite o le fascite richiedono provvedimenti terapeutici generali e chirurgici, che se non intrapresi con urgenza possono avere conseguenze molto gravi per il paziente. Linfezione si instaura nella maggior parte dei casi su unulcera aperta da molto tempo e non adeguatamente curata. Se linfezione non viene curate immediatamente spesso si pu arrivare ad una unamputazione maggiore, effettuata a livello di gamba o coscia. Normalmente si deve distinguere una infezione acuta da una infezione cronica Lesperienza dimostra che se ci trova davanti ad una infezione acuita in un piede diabetic la rapidit dintervento lunico modo per salvare sia il piede che il paziente. Infatti, il rischio cui sono sottoposti i pazienti con questi tipi di infezione al piede non solo quello di unamputazione maggiore (gamba o coscia) ma anche di morte per shock settico o altre complicanze infettive . Per tale motive il paziente diabetic che si accorga che esiste una infezione o qualsiasi problema al suo piede e che non tende a guiarire o che si apre nella cute o a livello osseo, deve andare subito dal proprio medico che lo invier subito al centro di riferiment del piede diabetico .Il ritardo di pochi giorni, un trattamento chirurgico non adeguato significa esporre il paziente al rischio di un esito grave. Il chirurgo o il diabetologo deve rapidamente rimuovere la zona infetta , drenandola, trqamitre una incisione rimuovere le zone necrotiche che che presentano zone non suscettibile di sola terapia medica). Spesso ci troviamo di fronte ad un ascesso o ad un flemmone. La raccolta ascessuale e il flemmone a livello dei tessuti interni del piede rappresentano delle raccolte di pus che possono rendersi evidenti spontaneamente (fistole superficiali) o nascondersi insidiosamente in profondit (raccolte purulente). Il Chirurgo allora evacuer tali raccolte rimuovendo i tessuti infetti presenti E prassi e nel nostro reparto da protocollo eseguire un esame culturale e un antibirogramma in modo da cercare sia il germne e sia lantibiotico ottimale Spesso sip costretti durante il drenaggio ad una amputazione minore (dita, raggio, o di parti estese di piede). La fascite necrotizzante uninfezione grave che mette a rischio sia larto malato che la vita stessa del paziente. Pu essere sostenuta sia da germi cosiddetti aerobi che da anaerobi (i pi temibili). Linfezione pu estendersi nel giro di poche ore o di pochi giorni in maniera devastante tramite la fascia che ricopre i muscoli (in genere questi ultimi non ne sono coinvolti); la fascia appare di solito grigia, necrotica e il tessuto sottocutaneo necrotico, scollato. Lintervento immediato, cosi come la terapia antibiotica endovena, sono obbligatori. Il trattamento chirurgico prevede la rimozione di tutti i tessuti necrotici infetti presenti sino ad arrivare al tessuto sano e sanguinante. In questi casi la terapia con ossigeno sia iperbarico che normobarico pu essere di estremo aiuto soprattutto in presenza di germi anaerobi, . La gangrena forse il quadro clinico pi noto nel diabetico. La gangrena (cio la necrosi a tutto spessore dei tessuti molli) pu coinvolgere piccole parti (falangi), parti pi estese (dita) sino a gran parte del piede (avampiede, meso e retropiede). Mentre la gangrena secca rappresenta una urgenza relativa, la gangrena umida o gassosa richiede una urgenza assoluta. Anche in questo caso rischiamo non solo la perdita dellarto ma la vita del paziente (sepsi). Il trattamento chirurgico e servir per la rimozione dei tessuti necrotici ed infetti. Nello stesso tempo la terapia antibiotica endovena obbligatoria . Anche qui come in tutte le lesioni aperte del piede diabetico noi siamo convinti che la terapia con ossigeno iperbarico o normobarico sia molto utile Di fronte ad un piede con una infezione acuta lintervento durgenza ci permette di fermare linfezione. A seconda di quanto visibile intraoperatoriamente si decider se in prima battuta la ferita chirurgica debba restare aperta oppure se possibile eseguire una chiusura chirurgica immediata. Noi siamo convinti che quasi sempre sia preferibile lasciare aperta la ferita per non ischemizzare con I punti di sutura la sutura stessa. Ricordiamoci infatti che nel piede diabetic esiste sempre una angioneuropatia diabetcica che comporta un deficit arterioso relatico Spesso poi necessario un secondo intervento, definitivo, che sar scelto in base allandamento clinico del paziente e alla mole di tessuto perduto sia a causa dellinfezione sia per il trattamento chirurgico in urgenza. Se la infezione cronica non necessita di un intervento di urgenza ma deve essere programmata una stadiazioone della malattia e programmato il percorso terapeutico La patologia che pi di frequente si trova nel piede cronico losteomielite cronica provocata da una lesione ulcerativa presente da tempo variabile. Cronica non deve necessariamente significare che esiste da anni o molti mesi. Pu essere presente solo da qualche settimana La causa, spesso la presenza di un sottostante osteomielite che non permette la chiusura dellulcera. In questi casi, oltre ad una lunga terapia antibiotica, lopzione chirurgica costituisce la soluzione definitiva del problema . La cellulite sempre una infezione acuta ma per le caratteristiche di relativa benignit, spesso senza ripercussioni sistemiche (febbre, leucocitosi) e di intervento chirurgico urgente, viene considerata alla pari di una infezione cronica. E uninfezione che interessa i tessuti molli e che necessita di trattamento antibiotico orale o parenterale ma non di un intervento chirurgico demolitivo Credo che sia importante sempre per aprire la cute e fare una pulizia delle zone infette in modo da drenare eeventuali raqccolte non visibili e permettere la terapia con ossigeno che risuta sempre utile. Pu essere trattata ambulatoriamente con antibiotici orali e medicazioni con antisettici. On con ricovero se la infezione appare maggiore da lasciare pi tranquilli una osservazione e una medicazione controllata giornalmente. Altra infezione che si presenta nel piede diabetico come conseguenza di una qualsiasi lesione , anche minima , aperta nel piano cutaneo losteomielite Linfezione che colpisce losso empre uninfezione per contiguit: i germi arrivano allosso a partire da unulcera cutanea infetta che non viene guarita rapidamente. La terapia da attuare varia da una terapia antibiotica prolungata associate a ossigenioterapia iperbarica o normobarica e una terapia chirurgica. Io sono convinto che la terapia chirurgica deve essere sempre attuara nel timing giusto. Infatti sepsso lulcera cutanea si reduce di dimensioni , con lillusione di poter raggiungere la guarigione; in realt, permanendo il processo infettivo a livello osseo, la lesione cutanea, seppure di ridotte dimensioni, richieder continue medicazioni e terapia antibiotica Questo per il pericolo che il processo infettivo si possa estendere dalle ossa delle falangi ai metatarsi e ulteriormente. Diventa un problema impoortante quando lintero piede e il calcagno viene colpito dalla infezione e sir ischia una amputazione maggiore. Naturalmente ogni caso individuale ed in rapporto alle condizioni cliniche del paziente e alla patologia concomitante Un paziente che non si alza e che non si muove , un paziente con stasi venosa o linfatica , un paziente con deficit arterioso , diventa un paziente a rischio da ospedaklizzare be tenere sotto stretto controllo mentre si fanno le indagini e si interveine con terapia medica e chirurgica

Consigli per le persone diabetiche per prevenire complicanze ai piedi 08/10/2012 23:31
Il Diabete sempre pi frequente e le complicanze sono frequenti ma sono subdole e quindi dobbiamo cercare di evitarle e stare attenti a tanti segni particolari Spesso il diabetico non vuole riconoscere la sua malattia e crede che prendere la medicina prescritta sia tutto Spesso per il diabetico non facile seguire la dieta e non crede che sia fondamentale tale sacrificio per evitare complicanze che poi saranno molto importanti Identificare ii fattori di rischio di lesioni ai piedi rappresenta il problema centrale attuare precocemente un programma di prevenzione e cura individuale. Diversi studi i hanno indicato molti fattori che favoriscono linsorgenza di ulcere del piede e poi di osteomieliti fistolizzate. Tutti gli esperti concordano che i fattori pi importanti siano rappresentati dalla presenza di una neuropatia sensitivo-motoria periferica e/o di una arteriopatia obliterante agli arti inferiori, complicanze che coinvolgono pi del 25% dei soggetti diabetici dopo 10-15 anni di malattia. Proprio la diminuzione della sensibilit f si s che ogni trauma non avvertito possa essere fatale nel far nascere una lesione che sia ulcera o osteomielite La perdita della sensibilit propriocettiva (percezione di s in rapporto allo spazio circostante, al mondo esterno) lassenza dei riflessi tendinei e dei polsi arteriosi periferici, segni di scarsa circolazione ai piedi (cute fredda, perdita dei peli, unghia che crescono male etc.) assieme ad alterazioni cutanee (secchezza della pelle, arrossamenti in aree articolari, ipercheratosi alla pianta del piede, fissurazioni e macerazioni, disturbi alle unghie) e a deformazioni congenite ed acquisite (dita in griffe, dita a martello, alluce valgo) con rigidit articolare (piede rigido) sono fattori di rischio importanti LO stesso dicansi per eventuali amputazioni precedenti Vi sono poi i fattori di rischio tradizionali dei quali abbiamo sempre parlato e non ci stancheremo mai di evidenziare: ipertensione arteriosa, ipercolesterolemia, sedentariet, fumo di sigaretta etc. Ma anche lobesit pu essere considerata una concausa nella genesi delle lesioni. Infatti il rapporto tra obesit e rischio ulcerativo, dal punto di vista biomeccanico fa si che il peso corporeo influisca sulla comparsa dellulcera e pu essere considerata un fattore generale di rischio in quanto fattore di rischio metabolico. Importante poi controllare regolarmente i piedi, curarne ligiene tutti i giorni e e consultare il medico per qualsiasi dubbio o in caso insorgano problemi. Dovete sempre fare riferimento al proprio medico di famiglia per la prevenzione primaria della salute dei propri piedi Lesame clinico del piede dovrebbe essere eseguito dal diabetologo sin dalla prima visita specialistica per valutare la salute dei piedi nel loro complesso ed identificare un eventuale rischio di ulcerazione. Lassenza di sintomi, come stato pi volte ribadito, non equivale ad assenza di rischio. Il piede diabetico spesso non ha visibilit e non d dolore. Lesame va ripetuto almeno una volta allanno, meglio comunque ad ogni visita mentre tale esame dovrebbe essere pi frequente in base allentit del problema individuale

Grande successo della iniziativa del Dott Francescon sulla prevenzione della Osteoporosi 08/10/2012 20:13
Fa piacere evidenziare che l'annuncio della settimana si Prevenzione della Osteoporosi che si svolge nella Casa di Cura Rizzola e condotto dallo specialista Dott Francescon ha avuto una risposta eccezionale. In due giorni si sono esauriti i posti a disposizione e tutt'ora continuano ad arrivare telefonate per prenotare tale esame e i consigli dati dallo specialista. La gente ha capito l'importanza di tale esame che rientra nella Prevenzione di cui noi ci battiamo da tempo Tutte le donne dopo i 40 -50 anni dovrebbe sottoporsi a tale esame e seguire i consigli dello specialista su eventuale dieta o terapia Specialmente le donne in menopausa e le donne che sono state operate di isterectomia e di neoplasia mammaria, sia che siano in terapia ormonale o meno ma specialmente quelle che assumono farmaci tipo Nolvadex, Femara o simili dopo intervento per neoplasia mammaria. Prossimamente il Dr Francescon sar ospite della mia trasmissione " Tre minuti per la tua salute" e lo intervister per avere in diretta consigli su tale patologia

Domande frequenti e risposte sulla mammografia e ecografia 08/10/2012 19:07
Il DR Carmelo Bodanza che ha lavorato per anni nell'Ospedale di Jesolo e che ora lavora solo nel suo studio a Jersolo ( Via Cesare Battisti 99 ) distribuisce alla sue pazienti un foglio semplice che ho apprezzato. Tante donne si chiedono cosa la mammografia , cosa la ecografia; perche si deve fare o quando fare la mammografia e quando la ecografia o se farla assieme. Io credo che questa iniziativa del Dr Bodanza possa essere utile a molti che leggono. Quello che troverete qui sotto sono pensieri del Dr Bodanza che condivido e che sono validi per tutte le donne che leggono il nostro sito non solo nel Veneto ma anche in Italia e spesso in varie parti del mondo Che cosa la mammografia La mammografia la radiografia del seno. In alcuni casi pu essere necessario approfondire parte dell'esame ed eseguire una visita al seno e/o una ecografia. Ci non deve allarmare perch, la maggior parte delle volte, tutto si risolve con esito di normalit alla fine degli accertamenti. E' l'indagine pi affidabile per la diagnosi precoce del tumore della mammella a condizione che sia utilizzata una apparecchiatura dedicata-il mammografo- e sia eseguita da personale appositamente formato Perch utile fare la mammografia La mammografia permette di individuare l'eventuale tumore quando non ancora palpabile. Se il tumore piccolo aumentano le possibilit di guarigione e l'intervento chirurgico conservativo (molto ridotto). La mammografia pu sbagliare? La mammografia, come tutti gli esami diagnostici, ha dei limiti che nel caso specifico sono legati, fondamentalmente, al tipo di mammella e ad alcuni tipi specifici di tumore. Durante la mammografia si effettua la compressione, cosa significa? La compressione della mammella una manovra indispensabile, anche se a volte lievemente fastidiosa. Consiste nel comprimere la mammella tra due piani paralleli e consente di utilizzare una minore quantit di radiazioni ed ottenere esami pi leggibili e quindi migliorare la diagnosi. La mammografia dolorosa? L'esame normalmente non doloroso. Solo in una piccola percentuale di donne la compressione pu determinare un leggero fastidio. Se non presente nessuna sintomatologia necessario fare la mammografia? Si in quanto lo scopo della mammografia quello di ricercare piccole lesioni non ancora palpabili. Se la mammografia negativa utile ripeterla a distanza? La mammografia un esame che v ripetuto periodicamente in quanto alcune lesioni della mammella possono crescere molto lentamente e quindi vanno ricercate ripetendo l'esame a distanza. Pu essere dannoso fare la mammografia? La dose di raggi x utilizzata per questo esame molto bassa, circa 12 volte inferiore a quella utilizzata 10 anni fa. Il materiale usato per fare la mammografia sterile? No perch non necessario. Che cosa l'ecografia mammaria? E un esame che utilizza gli ultrasuoni e non i raggi x. E' indicata in donne giovani e per valutare nodi palpabili o anomalie evidenziate dalla mammografia. L'ecografia mammaria pu sostituire la mammografia? L'ecografia non pu sostituire la mammografia in quanto, normalmente, non consente la diagnosi precoce. L'ECOGRAFIA un esame molto importante ma complementare; va eseguito o come primo esame strumentale nelle donne giovani o, nelle donne oltre i 40 anni, a completamento della visita e/o della mammografia. Quali sono le indicazioni alla esecuzione di una ecografia al seno? Studio dei seni in donne giovani. Studio dei seni in gravidanza. Studio complementare alla mammografia per la corretta interpretazione del seno denso. Studio dei reperti mammografici non definiti. Studio delle regioni mammarie mal esplorabili per la loro sede ( piani profondi, regioni parasternali ). Monitoraggio di patologia gi diagnosticata. Guida al prelievo citologico (agoaspirato ). Che cosa l'agoaspirato? Consiste nel prelievo da una lesione mammaria di alcune cellule che successivamente vengono strisciate su di un vetrino e quindi studiate dall' Anatomo Patologo. E' un esame nella maggior parte dei casi non doloroso e praticamente privo di complicanze. Il prelievo viene effettuato utilizzando aghi molto sottili o su guida ecografica o su guida mammografica (stereotassi). Quando indicato l'agoaspirato? L'agoaspirato ed il successivo esame citologico sono indicati in qualsiasi lesione nodulare solida che compaia in una donna di 30 o pi anni o in caso di calcificazioni su cui la natura benigna non sia assolutamente certa. In caso secrezione da capezzolo cosa utile fare? Nella secrezione mammaria indicato l'esame citologico solo nel caso di secrezione ematica, sieroematica o trasparente, monolaterale o monoduttale. La duttogalattografia indicata in caso di citologia indicativa di lesione papillare. Personalmente ritengo utile una citologia sul secreto anche quando la secrezione bilaterale e presenta un colore rosso o nero o marron scuro

Diapositive per la Prevenzione del Melanoma 30/09/2012 23:32
Diapositive sul Melanoma tratte dal Ponte

Consigli per le persone diabetiche per prevenire complicanze ai piedi 30/09/2012 20:11
Il diabete in aumento specie nelle popolazioni cos dette civile o nelle popolazioni civilizzate Il motivo va da ricercarsi nello stile di vita che una persona del mondo occidentale o dei paesi che si stanno industrializzando 1) Poco movimento 2) mancanza di tempo da dedicare a passeggiare e a rilassarsi 3) Stress 4) iperalimentazione 5) alimentazione sbagliata e non sana con troppi grassi e zuccheri 6) invecchiamento della popolazione 7) Mancanza di prevenzione a livello sanitario e personale Ci troviamo di fronte al fatto che tante persone non sanno di essere diabetiche Il consiglio quindi di andare dal proprio medico almeno una volta all'anno ed esporre i propri problemi, i propri dubbi , mentre saril medico ad indagare su possibili malattie o patologie in fieri o conclamate Una volta che sappiamo che siamo diabetici, dobbiamo cambiare stile di vita In primi mettersi a dieta aiutati dal medico o da un dietologo o da un dietista Poi fare movimento, ginnastica in qualsiasi modo ma sempre con l'ausilio del proprio medico che dir quale ginnastica e movimento adatta al vostro fisico Affidarsi al proprio medico o ad un diabetologo per vedere se necessita di una terapia orale o con insulina o se basta una dieta Dovere poi fare controlli giornalieri della vostra glicemia nel sangue e almeno ogni mese delle urine Un consiglio che deve essere sempre presente osservarsi Come ? Dovete osservare se urinate pidel solito o in maniera abbondante o se vate pi sete del normale e in questo caso consultare subito il proprio medico Secondo osservare bene il proprio corpo in modo i piedi Sapete che il diabete conduce prima o poi o in grande percentuale ad una microangioneuropatia degli arti inferiori oltre ad altre malattie come quelle oculare o renali eccc. Poich la neuroangiopatia degli arti inferiori comporta una minore sensibilit specialmente per il dolore ai piedi si deve osservare se vi procurate una lesione anche minima ai piedi. Se uno spillo vi punge spesso non ve ne accorgete in quanto avendo meno sensibilit non pensate di esservi punti. E allora dovete osservavi spesso, tutte le volte che avete i piedi senza calze.. Ma cercate di camminare sempre con scarpe aperte o chiuse ma che abbiamo una suola resiste agli insulti specie a punta Ricordatevi che esistono scarpe per diabetici che servono a scaricare i punti dei piedi pi deboli o malati e per questo dovete sentire il vostro medico, o il diabetologo o un ortopedico Se vedete che vi siete punti o ferite la prima cosa disinfettare la zona ed assumere un antibiotico con consiglio del proprio medico in quanto difficilmente si sa riferire quando si avuta la ferita e non si pu giudicare se esiste una iniziale infezione o meno Se avete un dolore al piede andate dal vostro medico o da un ortopedico o da un diabetologo per vedere se necessita fare una radiografia o una RNM e studiare in segmenti ossei che possono avere una osteomielite Ricordatevi che la prevenzione sempre primaria ( evitare le lesioni e tenere il diabete entro valori stabili e accettabili) ma anche secondaria in modo da curare prima possibile le lesioni che possono apparire modeste e spesso vengono sottovalutate Nel Reparto che dirigo nella Casa di Cura Rizzola il paziente pu seguire tutto l'iter diagnostico e terapeutico per limitare i danni e per potere curare la malattia e in modo particolare le complicanze. In modo particolare applicando la ossigenoterapia normobarica che poi pu essere proseguito a domicilio si possono avere risultati ottimali

Depliant del Progetto di Prevenzione dell'Osteoporosi a disposizione della popolazione gratuitamente presso la casa di Cura Rizzola 28/09/2012 19:16
La casa di Cura Rizzola stata scelta come unica struttura della zona per eseguire le visite per la prevenzione della osteoporosi e delle malattie osteoarticolari. Si tratta di 100 centri in tutta l'Italia e la Casa di Cura Rizzola stata scelta per la presenza di uno specialista della Osteoporosi, il Dr Francescon che lavora nel reparto di Geriatria , essendo lui specialista anche in geriatria Qui potete vedere il depliant

Grande progetto di Prevenzione nella Casa di Cura Rizzola a cura del Francescon verso la Prevenzione della Ostpoporosi 26/09/2012 18:30
Con grande piacere e soddisfazione annunciamo una iniziativa che porta lustro alla Citt di San Don e alla Casa di Cura Rizzola Nella Casa di Cura Rizzola si sempre tenuta in considerazione la Prevenzione con varia iniziative (melanoma, Neoplasia mammaria ecc ) e oggi anche per la osteoporosi Il Dott. Francescon partecipa ad un progetto Nazionale sulla prevenzione dellOsteoporosi Il Dott. Francescon Alessandro, che conduce lAmbulatorio di Osteoporosi della Casa di Cura Sileno e Anna Rizzola , stato invitato a dare la sua adesione a partecipare al progetto Amico- Settimana Nazionale dei disturbi osteoarticolari che vede coinvolti 100 Centri di Eccellenza di tutta Italia. Il prestigioso Progetto, alla sua prima edizione, stato promosso dalle pi importanti Societ Scientifiche Italiane. La SIOMMS,Societ Italiana dellOsteoporosi, del Metabolismo Minerale e delle Malattie dello Scheletro, la SIOT, Societ Italiana di Ortopedia e Traumatologia, la SIR, Societ Italiana di Reumatologia, la ANMAR, Associazione Nazionale Malati Reumatici e la FEDIOS, Federazione Italiana Osteoporosi e Malattie dello Scheletro hanno deciso di promuovere la Settimana dei disturbi Osteoarticolari, in programma , dall8 al 12 ottobre 2012. Liniziativa prevede un indagine conoscitiva su un campione di medici e pazienti nella seconda settimana di Ottobre. In Centri specializzati distribuiti su tutto il territorio Nazionale si eseguiranno visite gratuite a favore dei cittadini che ne faranno richiesta, telefonando dal 1 ottobre 2012 al Numero Verde 800 122 793 (giorni feriali ore 9-18). Il paziente sar informato sulle strutture pi vicine alla sua residenza , che partecipano al Progetto e potr, quindi, prenotare una visita gratuita fino ad esaurimento della disponibilit delle visite. Nella Casa di Cura Sileno e Anna Rizzola, il Progetto sar indirizzato alla Prevenzione dellOsteoporosi, patologia sotto- diagnosticata, la cui diagnosi precoce, oggi possibile, consente di attuare adeguate norme di prevenzione e terapia.

Percorso razionale di diagnosi e terapia per un paziente con ulcere arti inferiori o piede diabetico 22/09/2012 23:32
Quando una persona si presenta nell'ambulatorio dedicato alla patologia delle ulcere degli arti inferiori la strada razionale da seguire secondo la nostra esperienza la seguente 1) Anamnesi per capire la eziologia della lesione 2) esame obiettivo per vedere le caratteristiche della lesione e valutare se vi una componente venosa, arteriosa o diabetica 3) Programmare gli accertamenti : Ecodoppler venoso e arterioso; es culturale e antibiogramma dalla lesione; eventuale radiografia se la lesione su piede diabetico. Come secondolivello AngioRNM , consulenza diabetologica, visita oculistica e esami per definire la crasi ematica, la funzionalit epatica e renale. 6) Tearapia antibiotica mirata 4) se la lesione presenta zone di necrosi, di fibrosi, osteomielite ecc si deve programmare una toilette chirurgica della lesione. 5) Eseguire terapia medica ( se insuff arteriosa) o angiopalstica o bypass se necessita di una rivascolarizzazione. 6) asportazione di zone ossee con osteomielite 7) Medicazioni con sola fisiologica o H2O2 e ossigenoterapia normobarica topica per almeno una ora al giorno 8) Medicazioni e controlli settimanali o con tempi decisi a secondo la situazione locale o generale Riteniamo che questo sia l'approccio razionale ad un paziente che presenta una lesione trofica degli arti inferiori ( ulcere o piede diabetico)

Prevenzione dellOsteoporosi e individuazione dei soggetti da sottoporre allindagine di densitometria ossea 18/09/2012 22:48
Prevenzione dellOsteoporosi e individuazione dei soggetti da Prevenzione dellOsteoporosi e individuazione dei soggetti da sottoporre allindagine di densitometria ossea A cura di : Dott.Alessandro Francescon, Specialista in Geriatria e Gerontologia Ambulatorio di Osteoporosi- Casa di Cura Sileno e Anna Rizzola, San Don di Piave (Ve)- L osteoporosi una malattia in cui vi la riduzione della densit minerale ossea (BMD), ci porta a una fragilit dello scheletro e ad un aumentato rischio di fratture, in particolare a livello della colonna vertebrale, dellanca e del polso. La prevenzione delle fratture un obiettivo che consente un miglioramento della qualit della vita per la riduzione della disabilit e la riduzione dei costi socio sanitari derivanti dalla perdita dellautosufficenza. Conoscere i fattori di rischio dellosteoporosi che ci riguardano il primo passo per rallentare o prevenire questa malattia. E possibile, infatti, rallentare la perdita dei sali minerali e della massa dellosso intervenendo sul suo turnover, cio sul processo di rimodellamento dellosso. Esistono strategie di intervento che possono prevenire o ridurre gli effetti dellosteoporosi, una volta che si riconosciuto il rischio.La densitometria ossea associata ad una esperta valutazione clinica si pu ritenere adeguata ai fini di una prevenzione e cura dellosteoporosi sia per il maschio che per la femmina. Il fumo di sigaretta, lassunzione in eccesso di alcol e di caff, le sostanze stupefacenti, luso di determinati farmaci che interferiscono sul metabolismo osseo risultano fattori di rischio di osteoporosi per entrambi i sessi. Nel maschio, inoltre, il 25-30 % destinato a incorrere in una frattura da osteoporosi nel corso della vita con elevate conseguenze invalidanti e, anche per questo motivo, losteoporosi viene sempre pi studiata anche nei maschi. Spesso conseguenza o associata ad altre patologie croniche come la bronchite cronica ostruttiva, linsufficenza renale cronica , le epatopatie croniche, etc. Altri fattori di rischio sono: precedenti fratture da fragilit, familiarit per osteoporosi e fratture ossee, ipogonadismo, presenza di malattie osteopenizzanti (malattie reumatiche,emolinfopatie, malattie neoplastiche,etc),disendocrinopatie (Iperparatiroidismo,Sindrome di Cushing ,Ipertiroidismo ,Diabete mellito di tipo I e altre malattie endocrine), riscontro radiologico di osteopenia o deformazioni vertebrali, distrurbi nutrizionali comportanti ridotto introito di calcio e Vitamina D, magrezza con indice di massa corporea <19 , patologie comportanti malassorbimento intestinale,allettamento prolungato e altri fattori di rischio meno frequenti. Nella donna il rischio di osteoporosi aumenta in quanto a tutte le patologie e i fattori di rischio su considerati si possono addizionare altri fattori di rischio quali la menopausa precoce (<45 anni), alterazioni del ciclo mestruale con periodi di amenorrea superiori a sei mesi, ipogonadismo , ovariectomia in et fertile.Questi ultimi fattori di rischio, attribuibili al sesso femminile, rendono auspicabile che lindagine strumentale della densit ossea sia effettuata in epoca peri-post menopausale, quando per il venir meno della funzione ovarica si determina un aumento del riassorbimento del tessuto osseo. La densitometria ossea , infatti, un esame importante per decidere se prescrivere una terapia ormonale estrogenica sostitutiva alle donne in menopausa, soprattutto se con sindrome climaterica. Lesecuzione della densitometria ossea indicata, inoltre, anche per il monitoraggio della terapia antiosteoporotica in atto, per entrambi i sessi. Per quanto riguarda il paziente anziano, va fatta una citazione particolare sulluso dei farmaci. Lanziano, spesso, assume molti farmaci ed importante conoscere la loro eventuale azione sul metabolismo osseo. Particolare attenzione va posta alluso di cortisonici, se assunti per un periodo prolungato, immunosoppressori, chemioterapici, anticonvulsivanti e molti altri. In conclusione, si rende necessario individuare i pazienti che per fattori genetici , o per la presenza di fattori di rischio o patologie pregresse o in atto, opportuna lesecuzione della densitometria ossea visto che la riduzione della densit minerale ossea (BMD) rappresenta uno dei maggiori fattori di rischio per le fratture da fragilit. In particolare, questo tipo di esame e la valutazione clinica vanno fatte negli anziani affetti da una polipatologia e che assumono molti farmaci, con frequenti episodi di caduta, fattore, questultimo, determinante la frattura da fragilit.

Un percorso razionale dalla diagnosi alla terapia del piede diabetico 16/09/2012 18:06
Con il termine piede diabetico si indica la patologia che pu svilupparsi a carico del piede nei pazienti affetti da diabete mellito. Non tutti I pazienti dibaetici vanno incontro al Piede Diabetico ma solo una parte e si tratta in genere di pazienti che non sanno di essere diabetici, che non si curano e che quindi hanno una glicemia alta e specialmente hanno sbalzi glicemici in quanto oltre a non curaris non fanno una dieta appropriate. Vanno pi facilmente incontro a tale patologia I diabetici che fumano e che hanno disturbi circolatori , specie arteriosi . Ma non bisogna dimenticare che si sommano fattorti venosi come esiti di trombosi profonda e insufficienza venosa superficiale. I fattori che influenzano tale patologia sonoi la polineuropatia periferica, larteriopatia periferica , la insufficienza venosaa e le infezioni. Tali fattori possono esere presenti singolarmente ma pi frequentemente, coesistere . La patologia del piede diabetico e delle sue comlipcanze in aumento. Laumento dovuto allinvecchiamento della popolazione, allumento dei diabetici ( problema di stile di vita) e naturalkmente ad aumento di sopravvivenza dei pazienti diabetic. Il piede diabetcio diventato un problema sanitario e sociale. Per tale motive si spiega la nascita in ogni Ospedale o quasi di un servizioo o di un reparto che si occupi di questa patologia per cercare di prevenirla, di diagnosticarla e di curarla nella maniera ottimale I problem che nascono da un piede diabetic non curato o non curato in maniera ottimale comportano lunghi periodi di cure ambulatoriali, di prolungati e ripetuti ricoveri ospedalieri e, spesso di mutilazioni minori ma anche maggiori. Secondo il Basel Study che si esteso per 5 anni sono stgate eseguite amputazioni maggiori nel 6,8% dei pazienti diabetici rispetto allo 0,6% dei non diabetic, in relazioni ad alter patologie come larteriopatia. Negli Stati Uniti le amputazioni per cause ischemiche sono circa 200 per milione di abitanti per anno tra i non diabetici, circa 3900 per milione per anno tra i diabetici.. Interessante il dato che emerge da vari studi che mostra che il numero di amputazioni per cause ischemiche risultata essere 10,3 volte maggiore per gli uomini e 13,8 volte maggiore per le donne con diabete rispetto ai non diabetici. In Italia non abbiamo ancora dati sicuri e comprensivi di varie regioni ma solo dati frammentari. Stannmo sorgendo vari centric he si occupano di tale patologia e fra non molto si avranno dati attendibili I costi sono noti in alter nazioni e I dati pi significativi sono quelli degli Stati Uniti ma sono viziati e non comparabili per la differenza della assistenza sanitaria. Per fare un esempio comparative si tenga presente che il costo di una amputazione di un piede diabetic si aggira sui 10.000 dollari mentre in Italia in DRG si aggira sui 4500 euro. Vi sono poi problem legati alla diagnosi , alla terapia e alla riabilitazione di tale patologia. Vengono chiamati a collaborare il diabetologo, il podologo, il chirurgo generale e il chirurgo vascolare , linfettivologo , lortopedico il radiologo ,il fisoterapiasta , il posturologo ecc. La nascita di vari centri e la speciliazzione di vari sanitari tendon a ridurre al minimo le amputazion I e se possibile limitare le amputazioni alle minori, olter a ridurre i tempi dei ricoveri, i ricoveri stessi, il disagio del paziente e dei familiari, oltre naturalmente a ridurre I costi della sanit pubblica e I costi sociali Il paziente deve seguire un percorso razionale Il medico di base o di medicina generale deve essere il punto fermo di ogni paziente Sar il medico di medicina generale a inviare il paziente a fare delgi accertamenti o a mandarlo dal chirurgo o dal diabetologo a secondo che il paziente presenti un diabete non trattato o critic o se il paziente presenti una lesione al piede da trattare chirurgicamente Sar poi il diabetologo o il chirurgo a segnare la strada da seguire. Questa pu essere data da accertamenti ematologici o strumentali o da un ricovero urgente Il ricovero urgente si rende necessario nei seguenti casi 1. Piede ischemico (ulcerazione o gangrena del piede e/o ischemia critica con persistente dolore ischemico a riposo) 2. Ulcera ad eziologia neuropatica infetta Ambulatoriamente o da esterno devono in ogni caso programmatic con urgenza o meno I seguenti accertamenti Doppler arti inferiori e visita eventuale Chirurgo Vascolare Rx piede Arteriografia arti inferiori ed eventuale angioplastica Visita Ortopedica (in previsione di eventuali amputazioni) Tampone ulcera per antibiogramma mirato o agoaspirato tessuti profondi o biopsia dellulcera eventuale Eventuale RMN piede (in caso di sospetta osteomielite) Eventuale Visita Chirurgo Plastico (per courettage esteso dellulcera) Medicazioni locali Trattamento antibiotico sistemico parenterale (in caso di sepsi e/o di lesioni ulcerative infette) Alla dimissione il paziente avr un percorso dedicato e sar seguito sempre dalla stessa equipe medica che potr valutare meglio lo stato comparative dellandamento della patologia Dobbiamo tendere ad un miglioramente della diagosi della eziologia della patologia e a dare al paziente una terapia opportune nei tempi brevi o consono allo stato della patologia. In questo modo ci saran vantaggi per il paziente che vedr ridotta la possibilit di ampuatazioni specie maggiori, una diminuzione di costi e un sollievo psicosociuale al paziente e ai familiari. La diminuzione delle giornate di degenza sono importanti. Al giorno doggi non compatibile con la medicina moderna e con la prevenzione di possibili complicanze che un paziente rimanga ricoverato un mese o due per una lesione al piede diabetico

Il Dott Madeyski non lascia San Don come apparso sulla stampa 10/09/2012 20:19
Poich quasi ogni giorno incontro persone che credono che sia andato o mi trasferisca a Santa Cruz di Tenerife come pubblicato in un articolo della Nuova Venezia un mese orsono, credo opportuno avvisare attraverso i media ( F.B. e i siti che gestisco) che non mi muovo da San Don di Piave. Continuer a lavorare presso la Casa di Cura Rizzola nella quale dirigo il Comparto di Chirurgia. E' vero che sono stato all'Universit di Santa Cruz di Tenerife invitato ad insegnare ed illustrare le mie terapia con la ossigenoterapia normobarica . Sia all'Universit che nei Centri di Medicina pubblici e privati stanno lavorando secondo i miei protocolli e ogni tanto andr per seguire i lavori e fare consulenze. Ma andr all'incirca una settimana ogni 6 mesi. Negli ultimi anni ho creato dei tragitti dedicati e specializzati per la diagnosi e la terapia delle ulcere degli arti inferiori e del piede diabetico, per diagnosi e terapia del melanoma oltre alla senologia della quale mi occupo da oltre 30 anni con il supporto dei vari specialisti che operano nella Casa di Cura Rizzola

Diagnosi e terapia del Melanoma nella Casa di Cura Rizzola 09/09/2012 22:19
Fra poco sar un anno da quando abbiamo iniziato assieme a Rotary, Lions e Soroptimist una campagna di sensibilizzazione per la diagnosi del melanoma. Fra 3 mesi daremo i dati definitivi Possiamo dire che la situazione buona e i risultati sono ottimi Nella Casa di Cura Rizzola a San Don abbiamo un tragitto dedicato per diagnosi e terapia del melanoma Il paziente, sensibilizzato dalla campagna per il melanoma, viene visitato dal nostro dermatologo ( Dr Maturi) che esegue una mappatura dei nevi e con il video dermatoscopio osserva e studia il nevo sospetto. Il nevo viene ingrandito e studiato nelle sua varie caratteristiche , compresa la vascolarizzazione. Se il nevo sospetto viene asportato dal dermatologo stesso o dal chirurgo , a secondo la posizione e la dimensione. Il neve viene esaminato dall\'anatomopatologo. Se il nevo risulta un nevo semplice o displasico e senza atipie , il paziente viene invitato a controllo fra tre mesi e poi ogni sei mesi per controllo e mappatura . SE il nevo risulta un melanoma viene passato al Chirurgo ( Dr Madeyski e collaboratori ) che lo inquadra con gli accertamenti prescritti Il nevo avr delle caratteristiche segnalate nel referto dell\'anatomopatologo e in base a queste caratteristiche si decide la terapia successiva Se il melanoma allo stadio iniziale ( vedansi caratteristiche sulle diapositive pubblicate ) si decide solo per un allargamento della zona nella quale si era eseguita la asportazione del nevo. Se il melanoma risulta in uno stadio avanzato secondo dei criteri fissati, si procede all\'allargamento ( radicalizzazione) e alla asportazione del linfonodo sentinella. Se il linfonodo sentinella e la radicalizzazione non hanno altre cellule neoplastiche il paziente viene visitato dall\'oncologo e successivamente dopo tre mesi dal dermatologo e dal chirurgo ogni 6 mesi. Se il linfonodo sentinella presenta delle cellule neoplastiche allora si procede allo svuotamento completo della stazione linfonodale afferente a quel distretto ascellare o inguine eccc.) Verr eseguita a secondo della situazione una scintigrafia ossea, una TAC ( torace, addome e cranio) o una PET TAC. Il paziente viene poi inviato dall\'oncologo e successivamente far i controlli dermatologici e chirurgici Alla Casa di Cura Rizzola i pazienti accedono con impegnativa rossa ( a totale carico della sanit pubblica) o privatamente. Possono venire inviati dal medico di base o presentarsi spontaneamente se vogliono direttamente una visita del dermatologo o dal chirurgo

Importanza di un ecodoppler per la eziologia delle ulcere degli arti inferiori 08/09/2012 19:57
Importanza di un ecodoppler per la eziologia delle ulcere degli arti inferiori Il Doppler che poi stato sostituito dallecodoppler un esame che da tempo viene usato per capire e definire la eziologia delle ulcere venose e arteriose . In terminologia tecnica lesame Doppler sarebbe una flussimetria (o velocimetria) Doppler e consiste nella misurazione, attraverso gli echi prodotti da un fascio di ultrasuoni, della velocit del flusso del sangue allinterno delle vene, delle arterie . Il Doppler che prende il nome del suo scopritore era usato allinizio per scandagliari il mare e venne usato specie in guerra per stanare o vedere I sommergibili nemici o le bombe sui fondali. Dopo lintroduzione del Doppler per lo studio dei flussi del sangue nelle vene e nelle arterie si passati successivamente allecodoppler. 
Nellecodoppler si aggiunge alla flussimetria anche una rappresentazione ecografica dei vasi , per cui possibile esaminare contemporaneamente la dinamica del flusso sanguigno e la morfologia dei vasi.. 
Nellecodoppler, lecografia aggiunge immagini dellorgano esplorato, entro il quale la flussimetria Doppler misura direzione e velocit del sangue. Dalle alterazioni del flusso del sangue entro un vaso sanguigno possibile risalire alla causa: ostruzioni parziali o complete, dilatazioni, incontinenza delle Valvole venose, tortuosit, malformazioni.

 
 
Lesame non doloroso, innocuo, non richiede preparazione della persona e pu essere ripetuto pi volte. Lunico diffetto dellecodoppler che un eame soggettivo, in quanto dipende da come si posizione la sonda sul vaso da esaminare e quindi linterpretazione di tale esame risente dellesperienza e della manualit dellesecutore.
 Il risultato dellesame immediatamente visibile e udibile da parte dellesecutore e quindi si pu avere in tempo reale una definizione della situaizone dinamica e morfologica dei vasi studiati. 
La flussimetria misura la direzione e la velocit del flusso del sangue entro arterie e vene, risultando utile nel sospetto di malattie delle prime (Stenosi, Trombosi, embolie, aneurismi, malattia di Raynaud, morbo di Brger, fistole arterovenose, angiomi) o delle seconde (Trombosi, incontinenza valvolare, varici).
Lecodoppler aggiunge limmagine del vaso studiato, con eventuali placche aterosclerotiche delle arterie, calcificazioni, trombi adesi alla parete interna La cuasa delle ulcere e lesion trofiche degli arti inferiori reside in ordine di frequenza in patologie venose, arteriose e diabetiche. Orbene nella patologia lo studio velocimetrico ci dice se vi una insufficienza venosa superficiale ( incontinenza della grande o piccolo safena o di perforanti) e problem di insufficienza venosa profonda in cui vi un rallentamento del flusso sanguigno, per cui il sangue tende a ristagnare nella parte inferiore delle gambe). Lo studio delle patologie arteriose studia il flusso, la velocit e quindi indirittamente la quantit di sangue che affluisce negli arti a livello delle lesioni Le vene ed le arterie possono essere interessate anche da varie forme tumorali (emangioma, ectasie, angiosarcoma, emangiopericitoma ) e anche questi possono essere fattori che favoriscono le lesion trofiche degli arti inferiori. Leco Doppler quindi un esame fondamentale asieme alla clinica per definire la eziologia delle ulcere e quindi impostare una corretta terapia Lanamnesi e la visita vdel paziente con le varie manovre semeiologiche spesso non sono sufficcenti a definire la eziologia. Certamente si potr capire subito se ezikologgia venosa o arteriosa ma leco Doppler aiuta a definire la causa e a suggerire altri accertamenti pi avanzati e spcifici come una angioTAC e una angioRNM.

Il Dr Lucio Marrone , il noto posturologo che segue a Santa Cruz di Tenerife lo studio sulla ossigenoterapia normobarica con il dispositivo ULCOSAN. 05/09/2012 23:16
E' arrivato in Italia il Dr Lucio Marrone , il noto posturologo che segue a Santa Cruz di Tenerife lo studio condotto all'Universit La Laguna e nei Centri di Medicina sulla ossigenoterapia normobarica con il dispositivo ULCOSAN. Il Dr Marrone stato ospite nella Trasmissione " Tre minuti per la Tua Salute" in onda sulle emittenti regionali venete ( LA 12- LA 13- TeleVenezia e TeleChiara ). Il Dr Marrone ci ha parlato di come procede lo studio su circa 100 pazienti reclutati negli ambienti universitari a Tenerife e della soddisfazione dello Staff Medico e Infermieristico su come procede il lavoro. Ha registrato anche alcuni interventi che troverete come la sua intervista su YouTube. Tre interventi sono in lingua spagnola per il pubblico locale. In una intervista Il Dr Marrone , intervistato dal Dr Madeyski ha spiegato la differenza della assistenza sanitaria tra Italia e Spagna.

Il Piede di Charcot: inquadramento, eziologia , terapia e consigli 02/09/2012 13:17
Il piede di Charcot la complicanza pi temibile del piede diabetco o meglio la complicanza che I diabetici devono temere maggiormente Quello che colpisce maggiormente la trasformazione del piede come archittetturu per interessamento sia oseo e delle articolazioni del piede: le ossa si frammentano e si deformano tanto da perdere i normali rapporti articolari. Larchitettura del piede viene cos fortemente compromessa portando ad una grave deformit del piede. Questa patologi grave in quanto se non diagnosticata e curata alla sua nascita porta a deformit tali da procurare ulcere difficilmente guaribili o recidivanti e a deformazioni invalidanti che possono portare anche alla amputazione dellarto. Eziologia Le cause possono essere diverse ma sicuramente che sempre presente una neoropatia diabetic e quindi il piede di Charcot lo si trova solo nei diabetici. Non sappiamoi perch non lo troviamo in tutti I diabetici ma senza il diabete non presente. Tale patologia non frequente e quindi non vi una ampia letteratura come per il piede diabetico Lesordio acuto del piede di Charcot caratterizzato dai segni tipici di infiammazione come arrossamento, dolore e aumento della temperature del cute del piede Vi posso gi essere interesamenti ossei con fratture e modeste alterazioni litiche . La mano del Chirugo a volte vede meglio del radiologo. Si vi una lesion o una fistula e si pu tastare losso con una specillo si sentir un suono diverso, ovattato e non durto di un osso compromesso che si possono scoprire prima di una radiografia Spesso il paziente e il medico di base confondono questi sintomi per sintomi caratteristici di una distorsione e trattaa come tale il paziente non mettendo il piede a riposo e aggravando la patologia Se la terapia e le misure vengono messe in atto precocemente si pu fermare o almeno rallentare il processo di degenerazione ossea tentando di impedire che il piede diventi deforme. Di dovr da subito immobilizzare con stivaletto rigido in modo che il piede non appoggi mai per terra perch il carico contribuisce al procedere del sovvertimento osseo. Questo stivaletto deve essere tenuto per molti mesi aggiungendo una terapia medica con difosfonati. Quando la fase acuta viene ritenuta superata e viene confrontata con radiografie, con esame obiettivo e parametri ematici possiamo concludere che siamo arrivati ad una stabilizzazione delal malattia e sdi dovr fare indossare al paziente una scarpa su misura e plantare su calco che contenga alla perfezione il piede e la caviglia provvedendo il pi possibile a stabilizzarlo durante il passo. Spesso il paziente si trascura e il medico non riconosce subito tale patologia e qujin di la terapia e la immobilizzazione non avviene in tempi precoci In tale maniera si alterano I rapport tra le varie ossa del piede, vengono alterati le articolazioni e si osservano distacchi parcellari di frammenti ossei Nellinsieme si osserva la progression di una deformazione del piede fino ad arrivare ad una archiettatura completamente alterata tanto da non riuscire a riconoscere I confine di un osso con laltro. E anche radiologicamente si osserva una deformazione che non fa riconoscere bene I rapport ossei e articolari . Il paziente avr difficolta alla deambulazione anche se spesso si addatta e si avr allora una ulteriore deformazione dovuta al carico sul piede che non dovrebbe averlo del tutto. Ma non solo , oltre alla deformazione possono comparire a ulcere e fistole che portano allosso deformato. Naturalmente spesso tramite le ulcere e le fistole si arriva a nuovi processi infiammatori che complicanzo ulteriormente la situazione del piede Quando si associa una ulcera o una fistula bisogna arrivare alla diagnosi di osteomielite . Spesso la radiografia non sufficiente. Bisogna ricorrere alla RNM o una TAC. Ma rimane fondamentale il dato clinico. Se presenta una ulcera o una fistula spesso si pu arrivare a saggiare losso con uno specillo e il medico abituato a tale manovra sapr disnguere la presenza di lesione ossea a volte prima della radiologia E importante riconoscere la lesion acuta in infiamamtoria dellosso in qaunto la terapia deve essere attuata velocemente , pena laggravamento delle lesioni ossee che si possono propagare lungo le fasce e portare spesso a possibili amputazioni evitabili Sostnzialmente nel caso di presenza di flogosi acuta di osso o di tessuti profondi bisogna fare una toilette chirurgica accurata asportando le zone di osso infetto e spesso tutto il segment osseo. Anche qui , nella asportazione, il chirurgo pu asportare il tessuto seguendo il suono dellosso e capendoi quindi I limiti dellosso malacico A voloite anche in assenza di flogosi acuta o di osteomileite in atto, si arriva ad un intervento chirurgico demolitivo . Tale intervento avviene quando la deformazione non permette una buona deambulazione per correggere la deformit e poter rimprendere una deambulazione buona o sufficiente. Vi sono interventi di demolizione e vi sono interventi non demolitivi o parzialmente demolitivi con osteotomia e con mezzi di sintesi ( viti e fili) per dare stabilit ad una architettura che possa permettere ancora una buona deambulazione Tali interventi devono essere eseguiti solo in mani esperte e sono di competenza ortopedica. Non sono semplici e spesso non danno il risultato richiesto. Bisogna sempre considerare se affidarsi ad un intervento chirurgico o affidarsi uno specialistico di podologia o meglio ancora ad una laureato in postura per fare prepare delle scarpe su misura e sudiate per il tipo di piede e di patologia. Anche con lintervento ci saranno limiktazioni nella deambulazione e vi sar un lungo periodo di riposo. In ogni caso si dovranno portare delle calzature studiate per il piede di questione Se si pu dare un consiglio come conclusion il consiglio migliore sempre quello di volersi bene e di osservarsi bene ricorrendo al medico e allo specialsta ogni qualvolta un diabetic presenta un qualche sintomo al piede o ai piedi

Anche a San Don si fa diagnosi e terapia di osteoporosi nella Casa di Cura Rizzola 01/09/2012 16:10
Valutazione clinica dellosteoporosi e densitometria oseea ad ultrasuoni (QUS) anche a San Don di Piave Da alcuni mesi infatti il Dott.Alessandro Francescon , Specialista in Geriatria e Gerontologia che al suo attivo pi di 30 pubblicazioni scientifiche sull'argomento e partecipato a vari congressi come relatore si adopera nella diagnosi e nella terapia di questa patologia. Vediamo cosa la Osteoporosi e come si fa dignosi LOsteoporosi una malattia multifattoriale che comporta linsorgenza progressiva di marcata fragilit ossea con comparsa di fratture anche spontanee, spesso con recidive che sono causa nel tempo di disabilit e riduzione della qualit della vita. Tale patologia riconosciuta come Malattia Sociale dallOrganizzazione Mondiale della Sanit, sia perch in costante aumento, correlato allinvecchiamento demografico della popolazione, sia per la rilevanza del suo impatto sociale, sia per i costi che la disabilit determina. Solo in anni recenti sono state proposte terapie efficaci che hanno dimostrato, in diversi studi, la riduzione nel tempo dellincidenza delle fratture e conseguentemente della spesa sanitaria. Una attenta indagine clinica verso tale patologia indispensabile per un corretto inquadramento diagnostico, sia al fine di poter effettuare una diagnosi differenziale verso altre malattie, che per poter introdurre adeguate norme di prevenzione e di terapia. Importante strumento nella valutazione clinica sicuramente la densitometria ad ultrasuoni (QUS), che risulta, oggi, ampiamente diffusa tanto da essere la seconda metodica piu usata dopo la tecnica a doppio raggio X ( DEXA ). Studiata e validata dalla Comunit Scientifica Internazionale, consente di valutare la struttura ossea calcaneare, ricca di tessuto osseo trabecolare, che viene preso come riferimento proprio per la sua somiglianza con il tessuto delle vertebre, il calcagno e le vertebre sono, infatti, tra le prime sedi ad essere colpite da un processo osteoporotico. E stato ampiamente dimostrato, sia nelle donne, che negli uomini, che i parametri ultrasonografici costituiscono un importante indicatore di rischio di fratture osteoporotiche, in maniera non inferiore ai dati rilevabili mediante la metodica nota come DEXA lombare o femorale. Lanalisi combinata dei parametri ultrasonografici e dei dati clinici consente allo Specialista una migliore previsione del rischio di frattura ( Societ Italiana dellOsteoporosi, del Metabolismo Minerale e delle Malattie dello Scheletro). La MSOSD (Mediterranean Society for Osteoporosis and other Skeletal Diseases), in una sua recente recensione relativa ad una campagna informativo educazionale sul tema dellOsteoporosi, descrive la tecnica ad ultrasuoni a livello calcaneare, ad oggi, come un mezzo avanzato e lo cita come un test estremamente rapido, non invasivo, indolore e sottolinea lutilizzo degli ultrasuoni anzich delle radiazioni . Ad un approccio allo studio della densit ossea , risulta che altre sedi di esame sono, pi frequentemente, le seguenti: radio prossimale e distale, falangi, vertebre lombari, femore prossimale, il total body. Tuttavia, alcune di queste sedi sono, peraltro, attualmente poco utilizzate, mentre altre, come le vertebre lombari, sono ritenute da pi Autori poco adeguate allo studio dopo i 65 anni per linterferenza di fattori artrosici, calcificazioni extrascheletriche o per la presenza di fratture vertebrali. Differenti risultano, infine, le indagini strumentali che si possono eseguire, tuttavia da rilevare che la nota AIFA 79 prevede , attualmente, la prescrivibilit da parte del S.S.N in classe A (pagamento del solo ticket, ove applicabile) di alcuni farmaci contro losteoporosi se valutata da indagini strumentali eseguite con le seguenti metodiche: DEXA femorale, QUS al calcagno e QUS alle falangi, oltre ad altre specifiche condizioni di rischio. In conclusione, si pu osservare che levoluzione tecnologica permette attualmente di valutare la densit ossea con strumenti sempre meno invasivi, ma efficaci. La tecnica che utilizza gli ultrasuoni rappresenta una metodica equilibrata tra lassenza di invasivit e la precisione diagnostica. Pertanto, poich lobiettivo clinico primario della diagnosi di osteoporosi si fonda sulla necessit di prevenire le fratture, le persone a rischio di osteoporosi ( donne in menopausa, anziani spesso affetti da polipatologia), possono sottoporsi con fiducia a questo esame strumentale sia a fini preventivi che terapeutici.

Ricordiamo la differenza tra ossigenoterapia normabarica e iperbarica per la terapia delle ulcere degli arti inferiori 26/08/2012 17:11
Definizione di ulcera Perdita di sostanza legata a modificazioni emodinamiche, emoreologiche e coagulative: nella sua genesi fondamentale limpegno del microcircolo e conseguente compromissione del trofismo tissutale. Rappresenta lepifenomeno di varie patologie che hanno alla base un insufficiente apporto ematico con conseguente ipossia ed infezione (Bimonte). Classificazione 1) Ulcere da stasi venosa 2) Ulcere arteriose 3) Ulcere traumatiche 4) Ulcere da collagenopatie 5) Ulcere diabetiche Fisiopatologia dell ulcera La ossimetria transcutanea ha evidenziato a livello delle lesioni vasculopatiche una pO2 di 5-10 mm di Hg. Tale valore incompatibile con la vita delle cellule e impedisce la proliferazione e lazione dei leucociti che richiedono valori di pO2 di 30-40 mm di Hg: da ci deriva il pericolo di infezione. Anche la sintesi del collagene a partenza dai fibroblasti non pu prescindere dallossigeno. Nelle condizioni di relativa ipossia si former un collagene immaturo e poco stabile con inevitabili problemi di cicatrizzazione. Per la riepitelizzazione dell ulcera necessita di a) Un apporto ottimale di ossigeno b) Una completa detersione della lesione c) Una buona perfusione ematica La terapia delle ulcere interessa fattori locali e sistemici. 1) Terapie mediche 2) Terapie chirurgiche 3) Terapia con camera iperbarica 4) Terapia con ossigeno normobarico 5) Terapia con ossigeno-ozono Razionale della ossigenoterapia iperbarica Ripristina la diffusione dellO2 dai capillari alle cellule ove questa impedita o per diminuzione della perfusione ematica o per ispessimento dei mezzi di transito (edema, membrane piogeniche, tessuti necrotici) La concentrazione di ossigeno nella camera iperbarica del 23% ma non arriva a contatto della lesione trofica in quanto la lesione rimane medicata e coperta Lossigeno disciolto nel plasma pari a 6 cc% Razionale della ossigenoterapia normobarica La concentrazione di ossigeno nella camera normobarica del 95% e arriva a contatto della lesione in quanto la terapia viene fatta senza alcuna garza oi medicazione Lossigeno agisce quindi direttamente stimolando il tessuto di granulazione e il collagene. Tenete presente che la lesione deve essere detersa da zone necrotiche e fibrina Laumento di ossigeno disciolto nel plasma non avviene e quindi rimane allincirca al 2 cc% DIFFERENZE TRA CAMERA IPERBARICA E CAMERA DISTRETTUALE. Sostanzialmente la camera iperbarica agisce grazie allaumento dellossigeno disciolto mentre la camera distrettuale agisce grazie alla elevata concentrazione di ossigeno a livello delle lesioni trofiche Camera iperbarica vantaggi Aumento dellO2 disciolto Azione battericida Azione antiedema Azione cicatrizzante Camera iperbarica svantaggi Non sopportata da molti pazienti per -Problemi cardiaci,vestibolari, psicologici,ecc. -Numero limitato di centri. -Problemi di trasporto. -Elevati costi Camera normobarica Vantaggi Elevata concentrazione d ossigeno sulla lesione Nessuna controidicazione locale o sistemica Uso domiciliare Elevata compliance Efficacia documentata Basso costo dacquisto e di esercizio Costo sociale Facile reperibilit Assenza di controindicazioni Rapido training del personale Svantaggi Nessun aumento di ossigeno disciolto nel plasma Ma nessuna controidicazione

Prevenzione della Neoplasia della Mammella nella Casa di Cura Rizzola a San Don di Piave 25/08/2012 23:39
Tutti voi ricordate che noi del IL PONTE abbiamo sempre lavorato per sensibilizzare la popolazione a prevenire varie malattie Una delle prime campagne stata stata la sensibilizzazione per la diagnosi precoce della mammella nel 1992 Ora esiste lo screening e i risultati sono buoni ma si potrebbe fare di pi . E allora ricordate tutti che se lo screening inizia ai 50 anni per problemi di costi , ogni donna deve volersi bene e quindi valgono i seguenti consigli Si deve sempre eseguire la autopalpazione delle mammelle almeno una volta al mese tra un ciclo e l'altro se si ha ancora il ciclo. Se si nota una tumefazione o una alterazione delle forma della mammella o del capezzolo o un ispessimento della cute soprastante o se compare una secrezione rossa o nera o marron dal capezzolo bene andare dal proprio medico che far gli accertamenti opportuni o vi invier dallo specialista senologo. Nella Casa di Cura Rizzola a San Don di Piave si possono fare tutti gli accertamenti dalla mammografia alla ecografia o alla RNM e poi farsi vedere da un senologo diplomato in senologia. Sar lui a deeidere se eseguire altri accertamenti e fare una citologia con FNAB a mano libera o ecoguidato

Divieto di fumare in Australia 25/08/2012 20:42
lAustralia ha dichiarato guerra alle sigarette da tempo Ma adesso una proposta di legge sarebbe volta a creare addirittura una generazione senza fumo. La proposta viene dalla Tasmania, una delle regioni Australiane: in pratica tutti gli abitanti dellisola che sono nati dal 2000 in poi non potranno pi fumare, neppure quando avranno raggiunto la maggiore et, vale a dire nel 2018. Con una legge del genere lAustralia pronta a creare di fatto una generazione senza fumo. Se la proposta restrittiva diventasse legge creerebbe un precedente senza riscontri: ve lo immaginate il colpo mortale inferto alle majors del tabacco se fosse adottata anche da altri stati? In Australia la nuova proposta della legge antifumo solo lultimo attacco alle sigarette: gi da qualche tempo il Parlamento ha disposto la vendita di pacchetti senza il logo della marca. I pacchetti sono tutti uguali e resta in bella vista solo una lugubre immagine testimonial del pericolo mortale che corrono i fumatori. In effetti solo eliminado del tutto la sigaretta si pu creare una generazione e un futuro di persone pi sane. Si pu fare risparmiare alla Stato molto perch se vero che lo Stato incassa dalle tasse sul tabacco, pur vero che lo Stato spende di pi di quello che incassa per curare i danni dal fumo

Una buona detersione delle ulcere fondamentale prima della ossigenoterapia 06/08/2012 22:08
Non ci stancheremo mai di dire che la pulizia o la toilette chirurgica di una ulcera la base per porre il piano di una possibile guarigione di ogni tipo di ulcera La toilette spesso chiamata con il termine di " debridement" o anche di " detersione " della ulcera. La toilette eseguita in modo corretto la base per una possibile guarigione del letto della ulcera sia questa acuta o cronica, sia venosa o arteriosa o di altra eziologia. La toilette chirurgica della lesione riduce la carica batterica della lesione ed accelera la riepitelizzazione, normalmente impedita dalla presenza di tessuto necrotico. La lesione pu essere detersa con varie metodi e varie medicazioni ma noi crediamo che solo una corretta detersione chirurgica possa rimuovere in tempi brevi ogni tessuto necrotico e in ogni caso non vitale. La toilette chirurgica va eseguita in presenza di tessuto necrotico ma anche in presenza di sola fibrina o di tessuto fibrosi non vitale. Dopo la detersione noi consigliamo solo di fare impacco con fisiologica e null'altro. Se la detersione stata corretta non ci sar bisogno di mettere garze con antibiotico in quanto la lesione non avr pi germi e con l'ossigeno permetter ad eventuali sistemi enzimatici o proteolitici di continuare ad avere un tessuto senza infiammazioni batteriche Non mettiamo mai garze grasse di vario tipo in quanto siamo convinti che solo l'ossigeno possa stimolare il tessuto di granulazione e una garza grassa o vasellinata non lascia respirare il tessuto Nelle ulcere di origine arteriosa, la toilette chirurgica deve essere eseguita nello stesso modo di quanto si fa nelle ulcere flebostatiche. Alcuni affermano che controindicata tale toilette per i problemi che questa pu creare per una scarsa irrorazione dell'area durante il processo di risoluzione della lesione. Ma noi cediamo che se la detersione viene fatta in maniera corretta lasciando i tessuti vitali e non ischemizzano la lesione e la cute perilesionale anche qui si metter la base perch un tessuto di granulazione venga stimolato dall'osssigeno normarico che noi usiamo con l'Ulcosan. Riteniamo che una corretta ossigenoterapia normobarica con Ulcosan sia un elemento fondamentale di stimolazione del tessuto di granulazione e questo si possa avere solo dopo una buona detersione chirurgica delle lesioni

Il dolore nei vari tipi di ulcere degli arti inferiori 05/08/2012 20:05
Il dolore un problema importante nella vita di un paziente con ulcera agli arti inferori . Lo per il paziente ma anche per la famiglia tutta. Diventa un problema familaire ma anche sociale Diventa un problema che incide in maniera fondamentale sulal qualit di vista del paziente Ma ricordatevi che non tutte le ulcere danno dolori Alcune danno solo fastidio Spesso si dice che il dolore sia fondamentale per fare diagnosi eziologica del tipo di ulcera. Infatti nelle ulcere venose il dolore piu un fastidio e solo in cert tipi con infezione o necrosi compare il dolore.. Invece nelle ulcere di origine arterioso il dolore una caratteristica costante. Bisogna dire che spesso il dolore in questi casi si somma al dolore della arteriopatia. Negli altri tipi di ulcere ( neoplastiche, reumatiche , raumatiche, il dolore variabile. Spesso lulcera venosa caratterizzata da infezione e iperessudazione della lesione, macerazione del margine perilesionale con iperemia della cute perilesionale. In questi casi anche lulcera venosa presenta come sintomo il dolore che viene esacerbato dalla posizione declive e dalla immobilit Dopo terapia con antibiotico ,elastocompressione e ossigenoterapia con lUlcosan che fa diminuire lessudato abbiamo sempre notato la dminuzione e a volte la scomparsa del dolore. Il sintomo dolore appare come un elemento discriminante nella diagnosi differenziale delle ulcere degli arti inferiori. In particolar modo il suo esordio, le esacerbazioni o la diminuzione con i cambiamenti di posizione dellarto rappresentano un faro nellorientamento diagnostico delle stesse. Un piano di fisioterapia o semplicemente un favorire il movimento attivo o passivo magari solo con una pedialiera servoassistita pu fare diminuire in maniera considerevole il dolore Il dolore quindi nelle ulcere flebostatiche non frequente e di intensit non significativa. Quando presente in maniera significativa determinato dallinfezione dellulcera. La identificazione della specie batterica,la terapia antibiotica per via sistemiva ed unaccurata detersione e lutilizzo della ossigenoetarpia normobarica ha permesso, nella nostra casistica la risoluzione o la progressiva scomparsa del dolore. Diverso il dolore nella ulcera di tipo e genesi arteriosa Le ulcere arteriose costituiscono il 10% delle ulcere degli arti inferiorire. Generalmente dipendono da una insufficienza arteriosa secondaria alla malattia aterosclerotica. Si definiscono anche ulcere ischemiche. In genere sono secondarie nell80% dei casi ad aterosclerosi e nel restante 20% ad altre cause (es. infiammatorie) per le quali restano per validi gli stessi concetti fisiopatologici ed etiopatogenetici. La malattia aterosclerotica caratterizzata dalla deposizione sulle pareti arteriose di un ateroma che progressivamente ne restringe il lume e provocano modificazioni dordine emodinamico macro e microcircolatorio, coagulativo e tissutale. Le arteriopatie obliteranti croniche sono caratterizzate da una evoluzione relativamente lenta delle lesioni ostruttive permettendo per tale motivo linstaurarsi di meccanismi compensatori che possono efficacemente rallentare la progressione del processo ischemico. In termini emodinamici una stenosi diventa potenzialmente capace di provocare una sintomatologia ischemica e quindi anche una ulcera quando il lume del vaso ridotto almeno del 75%. Lischemia pu comparire durante la richiesta di maggior perfusione, come avviene nellesercizio fisico, quando si estendono le lesion steno-ostruttive eper il fallimento dei compensi. La ischemia in genere provoca dolore a riposo o durante la deambulazione, seguito dalle lesioni trofiche ulcere. Ma vediamo I fattori di rischio -Il fumo che uamenta il rischio di almeno 15-20 volte -Il diabete -Dislipidemia con ipercolesterolemia - ipertensione arteriosa Ricordiamo che la ischemia porta prima o poi con una evoluzione pi o meno rapida a lesioni trofiche a varie parti degli arti inferiori come dita, avampiede, calcagno, malleoli e parte anteriore della gamba specie sul lato esterno che possono portare anche alla amputazione dellarto Terapia dellarteriopatia e dellulcera arteriosa La terapia dellulcera va di pari passo con quella della arteriopatia Quindi per cercare di guarire lulcera e diminuire il dolore bisogna agire sulla ulcera e sulla arteriopatia Poich larteriopatia fa parte di un problema generale bisogna lavorare assieme ai cardiologi, ai diabetologi, ai fisoterapisti per agire su tutte le cause e diminuire I fattori di rischio e di possibile aggravamento del dolore Ricordiamo che una deambulazione attiva o passiva fondamentale in quanto serve come pompa muscolare e attiva il circolo collaterale. Pu essere utile una terapia medica con farmaci vasodilatatori Tra questi ricordiamo: - pentossifillina e buflomedil␣ - ticlopidina e cardioarpirna - sulodexide, mesoglicano, defibrotide, carnitina␣ -prostaglandine di varia generazioni Naturalmente il controllo dei fattori di rischio che abbiamo citato Prima ( fumo, colesterolo, vita sedentaria eccc.) La terapia chirurgica pu essere -radiologica interventistica con angioplastica e posizionamento di uno stunt -chirurgica tradizionale con bypass Solo come ultima ratio ma a volte indispensabile per la comparsa di una complicanza come necrosi o una gangrene o per eliminare il dolore si arriva alla amputazione

INDICAZIONI ALLA OSSIGENOTERAPIA DISTRETTUALE 02/08/2012 05:54
Ricordiamo le indicazione alla ossigenoterapia normobarica Ulcere flebostatiche Ulcere e soluzioni di continuo in arteriopatici Ferite infette con flora mista Piaghe o ferite o ulcere in pazienti diabetici Osteomieliti aperte in piede diabetico Lesioni di continuo in pazienti in terapia cortisonica come artrite reumatoide Trapianti cutanei a rischio per condizioni locali o generali o per accelerare lattecchimento Ustioni che sono infette o a rischio o per accelerare la epitelizzazione

Curriculum del Dott Madeyski Paolo 01/08/2012 20:17
Poich molti ci hanno scritto chiedendo chi fosse il Dott Madeyskj, per quelli che scrivono da regioni lontane riportiamo qui un curriculum per fare capire chi sia il medico che gestisce questo sito CURRICULUM Dr. PAOLO MADEYSKI Nato a Trieste il 28.08.1946 Laureato in Medicina e Chirurgia presso l'Universit degli Studi di Padova il 19.07.1972 Abilitato alla professione medica a Padova il 02.02.1973 Dal Febbraio 1973 Assistente nel reparto di Prima Chirurgia dellOspedale Civile di Treviso Dal 1973 al 1976 : Incarico annuale di Insegnamento di Anatomia Artistica presso il Liceo Artistico di Treviso Dal 1976 Assistente presso la Divisione di Chirurgia Generale dell'Ospedale di Sacile Nel 1977 Specializzato in Chirurgia Generale presso lUniversit degli Studi di Trieste Nel 1978 ottiene l'Idoneit di Aiuto in Chirurgia a Roma Nel 1978 partecipa al primo centro di Endoscopia Televisiva in Italia Corso pratico in Endoscopia Urologica presso il reparto di Urologia di Monaco di Baviera (Germania) Dal 1980 Aiuto della Divisione di Chirurgia dell'Ospedale Civile di San Don di Piave Nel 1981-1982 iscritto alla specializzazione di Urologia di Verona Dal dicembre 1981 iscritto allOrdine Provinciale dei medici Chirurghi di Venezia Nel 1985 si diploma presso la Scuola Europea di Senologia di Orta San Giulio (Novara) diretta dal Prof. Umberto Veronesi Nel 1986 segue il Corso Pratico di Urologia Audiovisiva presso l'Universit degli Studi di Torino Nel 1987 ottiene l'idoneit a Primario di Chirurgia Generale Nel 1992 segue un Corso di Perfezionamento alla Colecistectomia Laparoscopica presso l'Universit degli Studi di Padova Dal 1994 Responsabile del Comparto di Chirurgia della Casa di Cura Rizzola di San Don di Piave (Venezia) Dal 1994 responsabile dell'Unit Operativa di Chirurgia Generale della Casa di Cura Rizzola di San Don di Piave (Venezia) Nel 1992 in collaborazione con il Comune di San Don di Piave (Venezia) e i medici del reparto di Medicina generale della citt ha organizzato la "Campagna di sensibilizzazione per la Diagnosi Precoce del Tumore al Seno" Nel 1993 ha dapprima ideato e quindi collaborato ai "Corsi di educazione al Non Fumo" nelle scuole del Basso Piave Dal 1993 ad oggi ha tenuto varie conferenze sulla prevenzione dei tumori della mammella, della pelle (melanomi), del colon e sui tumori correlati al tabagismo e alla alimentazione Dal 1993 Webmaster del sito internet Le Pagine della Salute che stato premiato dalla Rivista "PC World" nel 1994 con il terzo premio come sito medico sociale ed ha ricevuto segnalazioni da varie riviste italiane e straniere, siti universitari italiani ed esteri. Alla fine degli anni '80 ed inizi anni '90 ha coordinato la parte medico sociale della trasmissione televisiva San Don e dintorni Dal 2000 dirige la trasmissione medica Tre minuti per la Tua Salute in onda sulle televisioni regionali venete 4 giorni alla settimana Dal 1991 responsabile della trasmissione radiofonica (ad emissione locale) settimanale A tu per tu con il medico di taglio divulgativo, basata principalmente sui temi della prevenzione Negli anni 90 stato amminstratore della locale Casa di Riposo Dal 1999 Coordinatore per Il Comune di San Don di Piave (Venezia) della "Rete Citt Sane" Dal 1999 Vicepresidente della terza commissione (Sanit) del Comune di San Don di Piave Dal 2003 lascia ogni incarico politico dedicandosi solo ad attivit medica e sociale Dal 2001 fa parte della Giunta del Dipartimento di Oncologia della USL N 10 Veneto Orientale Ha partecipato a vari corsi universitari di formazione e diplomi in Colonproctologia, Senologia, Ultrasonografia intraoperatoria Ha insegnato Chirurgia nella Scuola per Infermieri Professionali presso lOspedale Civile di San Don di Piave E stato docente allUniversit per la terza et a San Don di Piave e a Breda di Piave (TV) E stato docente e Direttore Responsabile dei Corsi di Formazione e aggiornamento per Infermieri e addetti allassistenza a San Don di Piave (Venezia). Ha pubblicato una quarantina di pubblicazioni scientifiche Come chirurgo ha eseguito pi di 18.000 interventi chirurgici Nel 2002 ha ideato e brevettato a livello europeo la Camera Iperbarica distrettuale e sta portando avanti la sua produzione industriale in Italia e allestero. Tale brevetto si evoluto successivamente in Camera Normobarica e quidni in Vitosan e dal 2008 in ULCOSAN Negli ultimi anni ha brevettato a livello europeo alcuni presidi sanitari sempre con lo scopo di migliorare il benessere del soggetto: tra questi un materassino antidecubito e contro il mal di schiena; un materassino con ossigenoterapia incorporata per le ulcere da decubito; un erogatore di farmaci che viaggia con il paziente (utile spesso per la terapia antiblastica nei bambini ecc)e diversi altri come la padella discrete e il pappagallo visibile Negli ultimi due anni ha cominciato ad elaborare un progetto per rendere disponibili alla popolazione prodotti che aiutino a mantenere il benessere fisico-mentale. Tra questi, il T verde chiamato T Verde del Benessere che risulta lunico completamente naturale e ricco di antiossidanti con tutti i benefici del T verde. Tutto questo continua la tradizione del Dr. Paolo Madeyski di aiutare a prevenire le malattie e contribuire ad una vita sana nel pieno benessere di ciascuno. Prossimamente sar disponibole Un T Verde Light, primo e unico in Europa sempre completamente naturale e senza dolcificanti. Il 02.06.2010 stato insignito della onorificienza di Cavallieri Ordine al Merito della Repubblica per le attivit sociali svolte verso la popolazione Attualmente gestisce 5 siti in internet www.lasalute.org www.ilponte.ws www.mpsystem.info www.miobenessere.info www.salusjuice.it Nellanno 2011-2012 stato Presidente del Rotary Club di San Don di Piave Nel Maggio del 2012 stato invitato dallUniversit di Santa Cruz di Tenerife a insegnare la ossigenoterapia normobarica con il proprio dispositivo Ulcosan.

ULCOSAN: Camera normobarica e non iperbarica . Attenzione a quello che si legge in internet 29/07/2012 23:27
Andando in giro in Internet mi sono imbattuto in queste diapositive che potete andare a vedere e dopo potete leggere la mia risposta all'autore dove dimostro come abbia scritto senza prima essersi informato sulla nostra terapia (vedi qui)... e ora la mia risposta. Caro collega ho letto per caso andando in giro su Google una tua pubblicazione tratta o presentata a un congresso dal nome " Ci che e ci che non ossigenoterapia iperbarica" Io sono Madeyski Paolo, il medico che ha brevettato l'ULCOSAN Sarebbe stato bello o deontologicamente corretto o gentile che prima di pubblicare o produrre quelle diapositive, ti fossi fatto vivo in modo da capire cosa e come lavora il mio dispositivo MI pare di capire che non hai nemmeno visitato il mio sito : www.mpsystem.info perche altrimenti avresti capito meglio di cosa parlo . Se vuoi vedere chi sono puoi vedere il mio curriculum e vistare i miei siti www.lasalute.org www.ilponte.ws www.mpsystem.info www.salusjuice.it www.miobenessere.info Ti dico solamente che sono un medico che svolge l'attivit di Chirurgica da 42 anni con una casistica che pochi possono vantare. Da 19 anni dirigo il comparto di Chirurgia di una Casa di Cura convenzionata e lavora dalla 6 di mattina alle 24 o dopo ogni giorno. Non faccio mai ferie. Sono stato nominato Cavaliere della Repubblica per l'attivit che svolgo nel sociale a vantaggio della popolazione ( ho promosso finanziando lo screening mammografico che non era presenta nella nostra ASL e cos pure con la prevenzione del melanoma , ho fatto il primo calendario dei Medici in Italia , premiato come miglior calendario nel 2005 con spese a mio carico e incasso totalmente date in beneficenza). Queste poche righe per mettere ben in chiaro che non sono un medico che ha fatto soldi e fa qualcosa per soldi. Non ho mai guadagnato un centesimo ( non un euro) dalla mia attivit con il mio dispositivo. Quando vengo dentro dai soldi dell'investimento passo ad una nuova versione o ad altro dispositivo per altre patologie. Per esempio su richiesta della Div Oculistica di Busto Arsizio ho creato un dispositivo per la ossigenoterapia per le malattie e le ulcere della retina. Sono al secondo prototipo e sembra che vada bene. Ma saranno loro a fare la pubblicazione sulla loro validit. Cos ho gi brevettato il successore dell'Ulcosan con una novit Ma vorrei esporti brevemente qualche considerazione in merito alle tue diapositive Va benissimo scrivere " Ci che e ci che non ossigenoterapia iperbarica" ma vedi il mio dispositivo non lavora e non dice mai che lavora in iperbarismo E quindi trattare il mio dispositivo come un qualcosa che vuole fare credere di lavorare in iperbarismo ma in effetti non da gli stessi risultati non aveva senso Andava bene trattare la differenza tra ossigenoterapia iperbarica e ossigenoterapia normobarica su lacune lesioni Anche perche come io specifico sempre le indicazioni non sono le stesse Il mio dispositivo ha delle indicazioni specifiche e ha dei protocolli ben consolidati Quindi le diapositive spesso dicono cose che non hanno senso e creano confusione in quanto non sono precise riguardo a cosa il dispositivo, a come lavora, a quelli sono i protocolli e le procedure. Io mi sono trovato a congressi a presentare le mie diapositive che sono state discusse ma mai non capite e a volte erano presenti direttori di camere iperbariche. Ad un mio congresso per esempio era presente l'anestesista della camera iperbarica di Trieste Dr Rinaldi assieme Direttore della Chirurgia vascolare dr Adovasio e in un altro quello di Marghera . Ma veniamo ai fatti Dir solo qualche cosa ma se vuoi ci sentiamo per telefono ( tel 0421.44222 telef di casa in quanto in Clinica alla mattina sono in Sala operatoria e al pomeriggio sono nei vari ambulatori della Clinica o esterni) Nulla da dire su quando parli di cosa sia la ossigenoterapia iperbarica, come si usa, vantaggi e ccc. Ma quando dici: Ci che non : ossigenoterapia iperbarica distrettuale somministrata localmente con " camera iperbarica di Madeyski " e ..." Ulcosan.." Non ti sei reso conto che non mai stata usata e brevettata una camera iperbarica distrettuale proprio perch la mia certificazione e validazione scientifica si basa sul normobarismo . Se si usasse un iperbarismo localizzato si avrebbero danno sull'arto come spiego bene nei miei lavori. La prima versione del mio dispositivo si chiamava " Camera iperbarica distrettuale di Madeyski " ma era ben specificato che si chiamava cos perch ricordava la camera iperbarica ma si specificava bene che lavorava in normobarismo per motivi che avevo sperimentato e validato nella certificazione. Quindi questa diapositiva non ha senso perch non mai esistita una Camera iperbarica distrettuale se non nel nome ma con allegato che lavorava in normobarismo e che sarebbe stato dannoso lavorare in iperbarismo in una dispositivo localizzato ad una parte del corpo. Ma andiamo oltre una diapositiva intitolata :" Camera iperbarica distrettuale per ossigenoterapia" arrivi a scrivere "Si tratta di un dispositivo sanitario che stato, purtroppo, brevettato in Italia per l'Europa". Lasciamo perdere che non si tratta di una camera iperbarica ma scrivere che stato purtroppo brevettato in Italia mi pare proprio una offesa o un comportante non deontologico in quanto scrivi senza prima esserti informato. Io la ho brevettata nel 2002 e nel 2003 negli Stati Uniti ne esistevano gi due modelli. In effetti il mio brevetto era solo europea e quindi lo hanno copiato giustamente. Uno sostanzialmente eguale anche nella forma e l'altro ha un modesto iperbarismo ma trascurabile. Un anno fa in Irlanda la ditta americana ha potuto immettere sul mercato il modello con modesto iperbarismo in quanto il mio brevetto era puramente in normobarismo E da quest'anno lo possono per lo stesso motivo vendere anche in Italia. Ma io sono convinto che il mio normabarismo sia migliore. Il brevetto della "camera iperbarica di Madeyski" era del 2003. Successivamente ho brevettato la seconda versione con modifiche chiamata " Vitosan" ma sempre in normobarismo nel 2005 Poi nel 2007 ho brevettato l'Ulcosan con alcune modifiche . Sostanzialmente dal primo dispositivo, al secondo ( Vitosan)e al terzo (Ulcosan) il principio di normobarismo rimane invariato e cambiano solo alcuni dati specifici che vengono sempre certificati La diapositiva seguente corretta. Vi sono ospedali e anche la dermatologia di Pd o quella Treviso adopera i sacchetti di plastica ma io contesto che non una terapia ripetibile con gli stessi parametri e quindi non scientifica. Dici che il prodotto pi conosciuto ULCOSAN. Vedi il primo era " Camera iperbarica distrettuale di Madeyski" Poi ci fu VITOSAN ed ora ULCOSAN ma sempre lo stesso E il mio dispositivo ha il documento certificato di " Unicit" in quanto l'unico con tali principi e l'unico fino ad ora certificato da marchio CEE e dal Ministero della Salute e la certificazione viene validata ogni anno. In questo anno ho gi fatto chiudere due siti che pubblicizzavano e vendevano dispositivi eguali o simili in quanto il mio unico. Nella diapositiva seguente spieghi come fatta e come agisce Ma non vero che dotata di monitoraggio della umidit e della pressione. Il monitoraggio d umidit e di temperatura. Non si monitorizza l'ossigeno in quanto la certificazione garantisce che in 6 minuti si raggiunge il 95% di ossigeno, e quindi non necessita di monitorizzarlo. Non necessita di monitorizzare la pressione atmosferica in quanto la certificazione con la valvola garantisce una pressione che non supere di 1mm di Hg la pressione atmosferica ( variabile tra 1 e 1,5 ) Devo anche precisare che l'ossigeno non viene insufflato a 4 5 cm dala lesione ma sar il paziente a mettere l'ugello alla distanza che ritiene sopportabile. La distanza ha poco importanza in quanto in 6 minuti si raggiunge la concentrazione del 95%. nella diapositiva secondaria vi ancora una cosa del tutto senza senso. Le cose dette nella diapositive vanno bene e credo che nessuno le possa contestare ma la frase: " offre notevoli vantaggi in termini terapeutici in quanto l'apporto di ossigeno pu arrivare a livelli quadrupli rispetto a quelli ottenibili con la terapia iperbarica ( Sic)" Beh SIC !!! dovrei dirlo io per la cavolata scritta Tu fai confusione e quelli che leggono le tue diapositive posso crederci Quando si dice che l'apporto di ossigeno quasi quadruplo rispetto alla terapia iperbarica si specifica sempre e ti deve essere sfuggito in quanto non hai letto nessun lavoro eccc. che noi affermiamo , come vero, che l'ossigeno in concentrazione quasi quadrupla di quello che si trova nella camera iperbarico. E cio l'ossigeno che a contatto della lesione in concentrazione 4 volte quello che a contato nella camera iperbarica. Mi pare evidente Quindi hai scritto una cosa che noi non diciamo perch se la frase scritta si deve leggere tutta la frase che spiega cosa significa. Una frase deve essere letta nel contesto della frase intera. E arriviamo alla penultima diapositiva Dici che non vi nessuna evidenza che l'ossigeno passi la cute. Ma noi agiamo solo sulle lesioni aperte ( ulcera cutanee o osteomielite aperte dopo aver eseguita una toilette chirurgica delle stesse) Lavori che mostrano come agisce l'ossigeno sul tessuto di granulazione ve ne sono molti , quasi tutti in inglese e eseguiti in USA ( motivi economici) Ma anche io lo scritto e lo trovi pubblicato. Al congresso del 2003 quando presentai ufficialmente il primo dispositivo fu il cattedratico di Farmacologia di Perugia che spieg e giustifico la ossigenoterapia e i meccanismi di azione sul tessuto di granulazione. nella ultima diapositiva poi dici " flusso laminare di ossigeno sulla lesione e sulla cute....ma andrebbe bene anche l'aria" Non esiste un flusso laminare sulla lesione ma l'ossigeno al 95% agisce sul tessuto di granulazione e non in forma laminare come flusso e in ogni caso noi non parliamo mai di ossigenazione della cute. Dire poi che andrebbe bene anche l'aria vuole dire negare l'attivit dell'ossigeno sul tessuto di granulazione come dimostrato da una letteratura sull'argomento data da pi di 100 lavori scientifici.. Dire che l'ossigeno ha la stessa composizione dell'aria e ha la stessa azione dell'aria vuole dare degli ignoranti a vari docenti di varie universit che hanno usato la terapia con ossigeno topico anche se in maniera non scientifica ma empirica. Credo che ci vuole un p di buon senso Poi dici " se associato a medicazioni o farmaci ad uso locale i risultati sono ascrivibili solo a questi ultimi" Vedi che non hai letto i miei protocolli che poi sono stati approvati anche negli Stati Uniti, in Irlanda e ora anche in Spagna Noi non usiamo nessuna medicazione e nessun farmaco. Il protocollo vede solo l'uso di fisiologica e di ossigeno e null'altro Non garze grasse o latro. Nemmeno antibiotico Nel protocollo si fa sempre l'esame culturale e l'antibiogramma ma dopo aver eseguita la toilette della lesione non si usa antibiotico ne topico ne locale. Vedi quante cose non esatte hai scritto Bastava informarsi e tutto si spiegava. Cordialmente Madeyski Paolo Lascio a voi i commenti

Filmati su You Tube sulla terapia delle ulcere degli arti inferiori e del piede diabetico 27/07/2012 19:41
Ricordiamo che potete vedere i filmati che mostrano la toilette chirurgica delle ulcere degli arti inferiori. I filmati per adesso sono 5 ma prossimamente e periodicamente ne saranno pubblicati altri. In modo da mostrare filmati sulle ulcere flebostatiche ma anche quelle dei pazienti arteriopatici. Vi filmato ma ce ne saranno sul trattamento chirurgico delle complicanze del piede diabetico Per saperne di pi andate su www.mpsystem.info

Sempre pi persone cercano e vedono i filmati su You Tube che mostrano la toilette chirurgica delle ulcere flebostatiche e le lesioni aperte del piede 25/07/2012 23:18
Un successo strano a capirsi. I filmati che il Dr Madeyski ha posto su You Tube per fare vedere come si fa una corretta toilette chirurgica delle ulcere flebostatiche degli arti inferiori e delle lesioni aperte con osteomielite del piede diabetico sono sempre piu visti. La maggior parte arriva a tali filmati tramite il sito www.mpsystem.info ma molti arrivano cercando su You Tube le voci "ulcere flebostatiche, Dott Madeyski" Piede diabetico". Sicuramente la maggior parte sono operatori sanitari ( sia medici che infermieri) ma certamente vi sono pazienti o soggetti malati da tale patologia. Ricordiamo che le ulcere degli arti inferiori sono presenti nel 6,5% delle persone sopra i 65 anni. Sono lesioni invalidanti e sono un problema per il soggetto e per i familiari

Un successo liniziativa tra i turisti stranieri al camping Union Lido 23/07/2012 21:14
Riportiamo integralmente l'articolo apparso domenica sulla Nuova Venezia. Il Nostro Sito stato il primo a dare la notizia CAVALLINO. Prima area per i non fumatori al camping Union Lido, dopo quella di Bibione. Un altro servizio all'avanguardia per i turisti che lancia il noto camping nel firmamento delle strutture all'aria aperta in tutta Europa e nel mondo. E soprattutto vede la realizzazione di un' area riservata che segna una svolta nella cultura dell'accoglienza anche in Italia. Al Camping Union Lido, con una capienza di oltre 10 mila persone, su proposta e decisione del guest service, Francesco Enzo, stato riservato un ampio spazio di spiaggia per non fumatori. Si tratta di quasi met della spiaggia dellUnion Lido, dove le postazioni di ombrelloni e pedal sono gestite dal dinamico Emiliano, ex giocatore di pallacanestro, infermiere e strumentista. Qui stato posto il divieto assoluto di fumare. LUnion Lido diventa quindi il primo capeggio nel Veneto che preserva la salute dei cittadini italiani e stranieri, elogiato anche dal medico chirurgo della casa di cura Rizzola, Paolo Madeyski, oltre che da Armando Ballarin da anni ai vertici dell'associazione dei camping del litorale. Finalmente le persone che si trovano a riposare durante le meritate vacanze non saranno infastidite dal fumo di sigaretta che spesso si sente forte e intenso anche davanti al mare. E i bambini saranno protetti da aspetti nocivi legati al fumo. Abbiamo riservato una settantina di ombrelloni con i lettini ai non fumatori, spiega Enzo, poi un tratto di spiaggia di circa 400 metri quadri. Si tratta di un primo esperimento e per il prossimo anno abbiamo intenzione di incrementare i numeri e le dimensioni. Per adesso questa dunque una sperimentazione, ma sta gi avendo un notevole successo. Ci sono anche ospiti fumatori che scelgono questo tratto, poi si spostano per fumare la sigaretta e tornano a prendere il sole dove non si fuma. Un traguardo importante e un servizio che piace molto ai turisti provenienti dai paesi di tutto il mondo. (g.ca.)

Un argomento che ha lasciato perplessi tanti cittadini del nostro territorio. La Confartigianato e il Melanoma 22/07/2012 23:17
La Confartigianato non ha aderito alla campagna di Prevenzione per il Melanoma Un argomento che ha lasciato perplessi tanti cittadini del nostro territorio La Confartigianato negli anni di conduzione del Segretario Barbieri aveva sempre sostenuto la prevenzione . Quest'anno con la Presidenza Lava, ha deciso di dissociarsi e di non sostenere la campagna per il melanoma. Tutti si sono meravigliati ricordano quando tutta la Confartigianato era presente al funerale della Buona Michela Boatto a San Stino. Barbieri aveva promesso che la Confartigianato avrebbe sempre aiutato tale prevenzione. Forse Lava in onore della Michela vuole fare lui una campagna da solo sul melanoma. Ce lo auguriamo

La terapia dell'ulcera flebostatica o venosa 21/07/2012 22:22
La terapia di unulcera venosa si basa su alcuni capisaldi . Questi sono: terapia della causa ( eleminazione o risuzione della causa ) e terapia della lesione. 1. trattamento di base 2. terapia medica . 3. elastocompressione 4. medicazione topica 5. chirurgia 6 Ossigenoterapia normobarica 7 scleroterapia 8) Consigli igienico dietetici e fisici e postural 1. Il trattamento di base deve considerare il paziente nella sua globalit, per cui molta importanza ha il suo stile di vita, la sua attivit fisica, il suo lavoro, la presenza di obesit, diabete o altre malattie concomitanti. 2. La terapia medica agisce con farmaci che agiscono sulla parete delle vene, sul tono venoso, laumentata permeabilit capillare, ledema, la ridotta attivit fibrinolitica, lincremento del fibrinogeno plasmatico, le anomalie della funzione leucocitaria, il controllo del dolore e delle sovrainfezioni, le malattie concomitanti. Una buona efficacia posseduta dai bioflavonoidi e non dimentichiamo che gli estratti del mirtillo sono molto utili per le parti delle vene e delle arterie 3. La elastocompressione efficace in tutti i pazienti portatori di unulcera venosa causata da stasi non altrimenti eliminabile. Se la insufficienza venosa data da insufficienza della vena safena grande o piccola chiaramente pi che ricorrere alla elastocompresione si deve passare alla terapia chirurgica. La elastocmpressione viene magnificata dal movimenti. Meglio il movimento attivo ma anche il passivo serve. Trattasi di una pompa muscolare che si potenzia con la elastocmpressione. Nella fase acuta dellulcera preferibile una compressione fatta con bende anelastiche, con bende allossido di zinco o con un bendaggio multistrato. Questi bendaggi si possono lasciare in sede anche una settimana ma meglio cambiarlo almeno ogni 3 giorni per fare respirare la ulcera. In questa maniera si fa diminuire lessudato e si evita che lessudato provochi macerazioni. La compressione mediante calze elastiche utilizzata iin qualsiasi caso in cui vi sia una insufficienza venosa con edema e dermatite e linfostasi anche per prevenire le recidive Si possono usare calze della 2 classe di compressione ma ossono essere usate anche di prima classe . Dobbiamo considerare che una calza da seconda calsse non piacevole da indossare, sia per persone giovani che di una certa et. Nei pazienti anziani o quando coesistono problemi di mobilit articolare pu essere pi facile far indossare due calze sovrapposte luna sullaltra della 1 classe di compressione. 4. la medicazione topica dell'ulcera venosa deve assicurare la detersione della stessa, la conservazione del microambiente, la protezione dagli agenti infettanti e la stimolazione dei meccanismi riparativi cellulari. Il consiglio sempre di agire globalmente in maniera razionale per promuovcere con piu azioni e fattori la guarigione e la granulazione dei tessuti. Quindi anche senza passare alla chirurgia dobbiamo abbinare spesso o quando se ne rende utile lo sbrigliamento o debridement, che pu essere autolitico o enzimatico o meccanico, atto a rimuovere il tessuto necrotico con le componenti essudative e la correzione delle alterazioni del microambiente. Di medicazioni simili e che mirano ad ottenere gli stessi effetti ve ne sono molte anche perche la patologia frequente e tutte le ditte farmaceutiche ne traggono utili vantaggi economici . Lesperienza dimostra che ogni soggetto ha una sua risposta individuale. Non tutte le persone rispondono nelle stessa maniera e negli stessi tempi. Un farmaco pu dare vantaggi per un certo period e poi non avere piu benefici per cui conviene cambiare. Spesso nel corso della terapia si cambia il tipo di farmaco e questo non vuole dire che la terapia attuata non sia quella giusta ma solo che giusta per un certo periodo e poi lorganismo si abitua e non risponde piu in maniera ottimale Nella storia naturale dellulcera si possono avere periodi con fae necrotica, fibrinosa, essudante, infetta, detersa, ganuleggiante, in fase di riepitelizzazione. Solo quando la lesione si superficializza, si pu ricorrere alle medicazioni cosiddette biologiche, utilizzando delle sottili pellicole a base di cellulosa o di acido jaluronico, che da una parte esercitano una funzione protettiva, impedendo linfezione dellulcera, dallaltra forniscono un buon supporto per la migrazione e la proliferazione delle cellule basali dellepidermide, mantenendo un adeguato livello di umidit, che evita lessiccamento della lesione 5. La terapia chirurgica dellulcera mira a risolvere due problemi a) la correzione dellinsufficienza venosa superficiale, qualora presente sia con la safenectomia che con lo striipping breve e sia con la legatura mirata di perforanti isnufficienti b) la copertura dellulcera mediante innesti di cute, non solo autologa, ma anche omologa, allo scopo di ridurre i tempi di guarigione. 6) La ossigenoterapia normobarica una ossigenoterapia localizzata, distrettuale che risulta la terapia pi semplice e con maggior efficacia dopo la terapia chirurgica, sia per favorire la granulazione sia per far attecchire I trapianti. Per tale terapia fare riferimento al sito www.mpsystem.info in cui si parla di tale terapia e del dispositvo medico ULCOSAN . Esso rappresenta lunico dispositivo brevettato, certificato e registrato press oil Ministero della Salute che presente dal 2003 sul mercato italiano 7. La scleroterapia della vena nutrice dellulcera o di altre vene perforanti insufficienti pu trovare la sua indicazione in casi selezionati sotto guida ecografica, anche se presente unulcera aperta. Deve essere compiuta solo da medici esperti in qaunto una scleroterapia non ottimale pu portare a lesion maggiori per necrosi di tessuti periulcera 8 Lo stile di vita poi fondamentale e quindi vale sempre il consiglio di una vita sana con movimenti attivi periodici e costanti. Si deve poi evitare di stare in stazione eretta troppo a lungo. ( specie per le pazienti di sesso femminile abituate a stirare a lungo) . I movimenti attivi e passivi sono poi sempre consigliati per le persone con difficolt la movimento. La terapia fisica pu migliorare la mobilit articolare della caviglia, spesso compromessa in questi pazienti portatori di ulcera venosa da lunga data e servono da pompa muscolare. Utile la biciletta da casa o la pedaliera servoassistita che da possbilit di movinenti servoassistiti e quindi meno impegnativi per la persona anziana

Conosciamo l'ulcera venosa o flebostatica 21/07/2012 18:30
Lulcera flebostatioca una lesione cutanea cronica che non tende a guarigione spontanea, che ha difficolt a riepitelizzare e che tende a recidivare con elevata frequenza o a presentarsi in sede contigue o in alter zone dellarto inferiori. Lulcera pu essere unica o plurima, presenta di solito una forma irregolare, ha il fondo ricoperto da un essudato giallastro, ha margini ben definiti, pu essere circondata da cute eritematosa o iperpigmentata e liposclerotica. Le ulcere possono variare in dimensione e sede, ma nei pazienti affetti da varici si osservano abitualmente nella regione mediale del terzo inferiore di gamba in zona perimalleolare. Unulcera venosa nella parte laterale di gamba spesso associata ad insufficienza della piccola safena. Ma spesso ulcere le ulcere laterali sono di origine arteriosa e quindi bene valutare bene il paziente sia obiettivamente che con un Doppler arterioso e venososo I pazienti con ulcera venosa in genere non lamentano vero dolore come I pazienti con ulcere arteriose, anche in assenza di infezione. Il dolore aggravato dalla stazione eretta e diminuisce fino a scomparire con lelevazione dellarto inferiore poiche il paziente in posizione eretta aumenta la stasi e quindi ledema e quindi la sofferenza dei tessuti. Poich lulcera ha scarsa tendenza alla cicatrizzazione e alla riepitelizzazione e ha tendenza alla recidiva sia in sede che in altre sedi, il medico deve non solo pensare a fare guarire la lesion ma cercare di non avere recidive. La ulcera un problema per ogni persona e per I familiari . Porta il paziente ad una situazione invalidante che minano lumore e il paziente diventa spesso depresso e sfiduciato e quindi abbisogna di un sostegno sia da parte del personale medico e infermieristico e in modo particolare dai familiari. Il trattamento deve essere non solo chirurgico o medico ma anche psicologico perche solo abbinando I tre aspetti di terapia si potr avere dei risultati ottimali

Come agisce l'ossigenoterapia normobarica 21/07/2012 16:46
Dal 2003 la Mpsystem si sta occupando di ossigenoterapia normobarica. Non era una novit da anni ma la MPSystem la ha resa scientifica realizzando un dispositvo certificabile in quanto la validit scientifica era data dalla repetibilit del metodo e dai risultati sostenuti dalla casistica Ma vediamo come agisce l'ossigeno in normobarismo Le le ferite croniche hanno bisogno di una elevata richiesta di sostanza che possano nutrire i tessuti e dare energia per poter guarire. La prima sostanza cellule l'ossigeno. Tutti sappiamo che senza ossigeno si muore e anche i tessuti e le cellule senza ossigeno muoiono . L'ossigeno non solo nutre ma serve anche a molti processi che portano alla disinfezione della ferita e a stimolare la crescita dei tessuti e in particolare del tessuto di granulazione e quindi alla reale guarigione delle ferite. Per tale motivo la mancanza di ossigeno nelle cellule la prima causa del persistere della ferita, che quindi diventa cronica. Con la terapia topica con ossigeno si fornisce ossigeno ai vari tessuti esposti esattamente dove serve, dove il tessuto sofferente e abbisogna di essere nutrito e stimolato. Fornendo ossigeno alla ferita si promuove la formazione di nuovi vasi sanguigni, si migliora la funzione dei leucociti, si stimola la sintesi del collagene e la proliferazione dei fibroblasti. La ossigenoterapia normobarica naturale, non invasiva e specialmente a confronto alla terapia iperbarica, non ha alcuna controindicazioni . Nasce dalla ossigenoterapia che veniva attuata in tanti reparti e cliniche universitarie mettendo la zona che ne aveva bisogno in un sacchetto di plastica in cui insufflava l'ossigeno, anche se tiene conto dei principi derivanti dalla terapia iperbarica, di cui comunque costituisce una evoluzione. La terapia topica con ossigeno indicata come trattamento aggiuntivo per tutte le ferite croniche, ma in particolare ulcere venose, ulcere arteriose, ferite in diabetici, ulcere da pressione, ustioni, trapianti cutanei,amputazioni. Noi abbiamo avuto ottimi risultati anche come terapia che aiuta i trapianti dopo innesti e in suture difficili per evitare infezioni e dare l'ossigeno per fare chiudere meglio le ferite. Il metodo semplice. E' stato come l'uovo di Colombo. Accelera i tempi di guarigione delle ferite e spesso da una reale possibilitdi guarigione in alternativa ad altre terapia che difficilmente portano alla guarigione. Ma importante come abbiamo sempre sostenuto che tale terapia alla portata di tutti, strutture ospedaliere e anche a domicilio fa risparmiare tempo e denaro alle strutture sanitarie e consentendo la terapia anche a domicilio del paziente, economica, e non ha le controindicazioni tipiche delle camere iperbariche.

Terapia del piede diabetico a San Don di Piave 21/07/2012 16:20
Terapia del Piede diabetico E giusto rendere noto che anche a San Don di Piave nella Casa di Cura Rizzola si cura il piede diabetico Cosa il piede diabetico? Il piede diabetico un problema. Si parla di piede diabetico quando compare una patologia al piede in un soggetto diabetici e tale patologia correlata al diabete. Il Diabete, specie se non riconosciuto, se non trattato, se trascurato, porta alla angioneuropatia delle zone periferiche dove terminazioni nervose e arteriose sono minori di dimensioni. Il Diabete in aumento costante dovuto in modo particolare ad uno stile di vita non corretto ( ALIMENTAZIONE ABBONDANTE E POCO MOVIMENTO) I piedi sono le zone maggiormente esposte a lesioni favorite da pressione, da traumi ecc.. . In molti casi si formano ulcere che allinizio superficiali si fanno poi profonde arrivando al piano muscolare e infine osseo. Quando arrivano allosso spesso si produce una infezione con una osteomielite delle falangi o del metatarso o anche del tallone. Al giorno doggi si cerca di amputare meno possibile e si cerca di trattare in maniera conservativa la lesione. Nella divisione di Chirurgia della Casa di Cura Rizzola diretta dal Dott Madeyski Paolo si tratta tale patologia nella maniera conservativa abbinando la terapia chirurgica alla ossigenoterapia distrettuale che potr poi essere proseguita a domicilio . Si pu andare a vedere il sito www.mpsystem,.info e cercare di capire come vengono trattate tali lesioni. Su You tube si trova un filmato in cui si vede asportare la seconda falange del 5 dito di un piede diabetico conservando il dito. Dopo la ossigenoterapia il paziente ritorna ad avere le 5 dita Tutto questo nellottica della prevenzione e nel dare un aiuto alla popolazione che non necessita di andare lontano per una terapia che pu essere svolta in una struttura vicina e successivamente la terapia pu essere continuata a domicilio comodamente e controllata nellambulatorio medico di diabetologia

Scoprono adesso come dimagrire senza dieta 19/07/2012 19:24
Noi lo avevamo detto ancora anni fa ora lo scoprono in America e allora se ne parla "Pi che una dieta la scoperta dell'acqua fredda. E negli Stati Uniti rischia di diventare la dieta del momento da quando dietologi e ricercatori del Virginia Tech si sono messi a studiare il rapporto tra idratazione e perdita di peso e sono riusciti, numeri alla mano, a dimostrare che si pu perdere peso senza rinunce e senza modificare l'alimentazione, semplicemente sorseggiando due bicchieri d'acqua prima di ogni pasto." Bene noi da tre anni suggeriamo un trucco per dimagrire. Lo suggeriamo ma non lo facciamo diventare un metodo o una dieta per dimagrire Noi abbiamo visti che bevendo 500 cc di T Verde del Benessere prima di sedersi a tavola o appena seduti prima di inziare a mangiare , la persona mangia meno Inroduce meno cibo e quindi mangia meno. Si sente sazio in quanto la distensione gastrica ( un p quando si mette il palloncino nello stomaco) crea saziet e in ogni caso ostacola la introduzione di nuovo cibo Rispetto alla semplice acqua l'introduzione del T Verde del Benessere ( completamente naturale) stimola poi la diuresi e quindi non si trattiene acqua nei tessuti Sostanzialmente un trucco ma efficace: si beve, si siede a tavola e si mangia meno. Poi ci alziamo e dopo due ore si urina eliminando l'acqua in eccesso. Naturalmente sempre bene fare movimento e controllare il peso e i parametri in modo che non si creino squilibri nel nostro organismo

Terapia chirurgica del Piede Diabetico o ossigenoterapia distrettuale 19/07/2012 18:48
La chirugia una terapia che spesso si rende necessaria e a volte indispensabile nella patologia e nelle complicanze del del piede diabetico. Spesso la prevenzione non sufficiente a impedire che si instauri una lesione e se la cura della lesione non arriva alla guarigione, si rende necessario un intervento chirurgico per risolvere il problema. 
 
La chirurgia pu essere pu essere con modalit diverse a secondo la patologia, la situazione e la complicanza in atto molto diversi tra loro: 1) chirurgia demolitiva 2) chirurgia correttiva La chirurgia demolitiva si rende necessaria per eliminare una parte malata del piede che non risulta pi vitale e che non pu essere ricuperare. 
La chirurgia correttiva ha lo scopo di eliminare alcune deformit che possono portare alle complicanze per pressione e quindi possono portare con alto rischio ad una ulcera o che non permettono la guarigione . La chirurgia demolitiva 
Abbiamo detto che tale chirurgia ha lo scopo di eliminare parti del piede che sono malate e non vitali e non piu recuperabili. . 
La chirurgia demolitiva nella maggior parte dei casi lavora amputando una parte del piede: si parla di amputazioni minori perch questo tipo di amputazione permette comunque di mantenere la stazione eretta, e permette di camminare. 
Questo lobiettivo principale di chi cura il piede diabetico ulcerato. Naturalmente la chirurgia demolitiva minore per permettere al paziente di camminare deve essere accorta, razionale e eseguita in mani esperte in questo problema. 

Quando nessuna parte del piede vitale ( gangrena del piede) e sia impossibile una amputazione minore, diventa indispensabile una amputazione maggiore, ossia effettuata sopra la caviglia, che non permette il cammino a meno che non si usino delle protesi. Ma quando si deve ricorrere alla chirurgia minore o maggiore? Quando abbiamo delle complicanze come ▪ la gangrena: morte a tutto spessore ( cute, muscoli, ossa) di una parte del piede ▪ linfezione dei tessuti profondi ( sottocute, piano muscolofasciale) ▪ linfezione dellosso Spesso non si pu determinare il livello di amputazione prima dell'intervento specie in caso di gangrena infetta o di ascesso nei piani profondi e allora il chirurgo lo decide durante l'intervento stesso e la amputazione alla "demande" ma sempre rispettando per quanto possibili l'anatomia e la fisiologia per lasciare tessuti vitali. 
La gangrena lesito di una ischemia o sofferenza di un tessuto di una parte del piede che determina la morte di tutti i tessuti di quella parte cui non arriva sangue . La gangrena pu essere secca o umida. 
La gangrena secca quando non risulta infetta ed ben delimitata: il cambio di colore della pelle tra zona gangrenosa e zona sana si presenta nettamente demarcato e non vi sono secrezioni.
Segnaliamo tuttavia come tessuti gangrenosi siano un ottimo terreno di crescita per i batteri: aspettare troppo ad intervenire mette a rischio di tramutare una gangrena secca in gangrena umida. 
La gangrena umida quando infetta e la cute al di l della zona nera gangrenosa infiammata e secernente.
Mentre la gangrena secca consente un certo margine di tempo alla programmazione dellintervento chirurgico, la gangrena umida assume carattere di urgenza: linfezione aggrava la sofferenza dei tessuti e ha la capacit di estendere la dimensione della gangrena. 
La gangrena pu colpire parte delle dita, le dita, la parte anteriore del piede o estendersi fino al calcagno e oltre.

Lintervento chirurgico ha il compito di eliminare le parti gangrenose. 
Spesso non agevole stabilire con esattezza il livello di amputazione: il tentativo di mantenere la parte pi ampia possibile del piede spinge a effettuare amputazioni molto vicine al limite della zona gangrenosa su tessuti che sono comunque sofferenti. Ma se non si radicali nella amputazione o toilette chirurgica si rischia di avere una recidiva precoce di necrosi dei tessuti residui 
. E allora si ha il rischio di dover effettuare un secondo intervento chirurgico . Se si hanno dei dubbi e se non si vuole traumatizzare troppo i tessuti e si temono zone di sichemia o sofferenza ischemica dei tessuti conviene
 lasciare aperta una ferita nella speranza che lo sbrigliamento e la detersione dei tessuti possa permettere una chiusura successiva senza perdita di parte del piede. 
 Quando si amputa si deve evitare di lasciare monconi ossei che possono per pressione o per decubito mandare in necrosi i tessuti circostanti 
Lamputazione del dito estesa alla testa del metatarso evita questo fenomeno. 
La guarigione completa di un intervento chirurgico sul piede necessita sempre di molto tempo. 
 La terapia con l'ossigeno topico che noi usiamo con il nostro dispositivo ULCOSAN permette una guarigione piu rapida e da una sicurezza di una maggior granulazione dei tessuti sofferenti Se si mettono dei punti questi si tengono per diversi giorni in modo da permettere l'attecchimento dei lembi . Ma poi? Bisogna evitare che si formino nuove lesioni, nuove ulcere Quindi i consigli curare scrupolosamente il piede osservandolo ogni giorno, lavarlo e asciugarlo accuratamente, evitare tutto ci che pu offenderlo. 
Ma soprattutto necessario indossare scarpe apposite che proteggano il piede sia da picchi eccessivi di pressione che da frizioni. La chirurgia correttiva 
In alcuni casi indicato effettuare un intervento chirurgico anche in assenza di lesioni ulcerative al fine di correggere specifiche deformit ad alto rischio di ulcerazione. 
Questo tipo di chirurgia indicato per dita in griffe, alluce valgo, cavismo non correggibile con plantare, disallineamento e disarticolazione delle ossa. Se vi sono esiti di pregressi interventi con deformit maggiori del piede,, consigliabile un intervento apparentemente pi demolitivo, come ad esempio una amputazione transmetatarsale Lamputazione maggiore 
Purtroppo a volte si rende necessaria una amputazione maggiore: questa si rende necessaria quando, nei soggetti che non possono essere rivascolarizzati, il dolore continuo e insopportabile e non permette il riposo oppure nei casi in cui la gangrena estesa a tutto il piede.
Una scelta amputativa maggiore, cos come non deve essere precipitosa, non deve essere nemmeno eccessivamente procrastinata ; la permanenza di tessuti necrotici di una gangrena conduce a una tossiemia da riassorbimento e a un progressivo deterioramento delle condizioni generali che aggravano le condizioni cliniche del paziente. 
Tessuti non vitali sono poi un ottimo pabulum per i germi e il pericolo di infezione molto alto: in alcune situazioni pu mettere in pericolo non solo l'arto ma la vita stessa del paziente.

Cosa la Camera normobarica per ossigenoterapia ? 19/07/2012 17:42
Vari studi medici hanno cercato di migliorare la terapia delle lesioni trofiche dei tessuti: ulcere croniche, piede diabetico, osteomieliti aperte eccc. Vi sono sempre state varie terapia ma la terapia con l'ossigeno sempre stato un caposaldo per tale patologia. Vi sono le camere iperbariche che sono localizzate in alcuni centri ( in Italia sono poche) e sono in genere private. Hanno un altro costo e la Sanit permette 60 accessi ad ogni paziente. Si ovviato a queste difficolt ( oltre alle controindicazioni ) adoperando dei sacchetti di plastica in cui veniva introdotto l'arto con la lesione e in esso veniva introdotto l'ossigeno. Era un metodo empirico con una certa efficacia. Ma abbiamo lavorato e siamo arrivati a produrre dei Dispositivi per il trattamento locale delle lesioni cutanee croniche in maniera scientifica con efficacia documentata.. Mentre nella camera iperbarica l'efficacia del trattamento si basa sui meccanismi dovuti all'ossigeno sciolto nel plasma, nel trattamento normobarico viene a mancare l'aumento di ossigeno sciolto nel plasma. Tale mancanza viene compensata dall'aumento della concentrazione dell'ossigeno nella camera normobarica distrettuale e dai meccanismi di contatto del gas sulle superfici cutanee. La concentrazione del gas raggiunge infatti il 95% , un valore che corrisponde al quadruplo e oltre di quello che si ha nella camera iperbarica. Traggono vantaggio da questa terapia distrettuale tutti i tessuti devitalizzati o poco vitali per cause locali o generali (piaghe da decubito, le ferite complesse, le piaghe in diabetici, le piaghe in arteriopatici e le piaghe in flebopatici). I vantaggi di questa terapia vanno ricercati nella mancanza di controindicazioni generali e locali, nella facile utilizzazione con compliance del paziente, facile gradimento e uso da parte del personale paramedico, dimensioni ridotte e praticit di trasporto, basso costo del dispositivo e della sua manutenzione. Il capostite l'ULCOSAN che appartiene come brevetto al Dr Madeyski Paolo. Tale dispositivo stato copiato e modificato negli Stati Uniti, in Irlanda e in maniera artigianale in Italia. Il Dott Madeyski dirige il Reparto di Chirurgia della Casa di Cura Rizzola di San Don di Piave e cura in modo particolare le ulcere croniche degli arti inferiori e il piede diabetico

Terapia del piede diabetico 19/07/2012 16:57
Il piede diabetico un problema. Si parla di piede diabetico quando compare una patologia al piede in un soggetto diabetici e tale patologia correlata al diabete. Il Diabete, specie se non riconosciuto, se non trattato, se trascurato, porta alla angioneuropatia delle zone periferiche dove terminazioni nervose e arteriose sono minori di dimensioni. Il Diabete in aumento costante dovuto in modo particolare ad uno stile di vita non corretto ( ALIMENTAZIONE ABBONDANTE E POCO MOVIMENTO) I piedi sono le zone maggiormente esposte a lesioni favorite da pressione, da traumi ecc.. . In molti casi si formano ulcere che all'inizio superficiali si fanno poi profonde arrivando al piano muscolare e infine osseo. Quando arrivano all'osso spesso si produce una infezione con una osteomielite delle falangi o del metatarso o anche del tallone. Al giorno d'oggi si cerca di amputare meno possibile e si cerca di trattare in maniera conservativa la lesione. Nella divisione di Chirurgia della Casa di Cura Rizzola diretta dal Dott Madeyski Paolo si tratta tale patologia nella maniera conservativa abbinando la terapia chirurgica alla ossigenoterapia distrettuale che potr poi essere proseguita a domicilio . Si pu andare a vedere il sito www.mpsystem,.info e cercare di capire come vengono trattate tali lesioni. Su You tube si trova un filmato in cui si vede asportare la seconda falange del 5 dito di un piede diabetico conservando il dito. Dopo la ossigenoterapia il paziente ritorna ad avere le 5 dita

Il Dott Madeyski insegna in Spagna la osssigenoterapia con ULCOSAN 19/07/2012 07:36
Nelle televisioni regionali di Telechiara, Televenezia, LA 12 LA 13 questa settimana va in onda un servizio sul Dr Madeyski che insegna all'Universit di Santa Cruz la ossigenoterapia distrettuale attraverso l'ULCOSAN. L'accoglienza ststa ottima e ora alle Canarie hanno gi iniziato a lavorare con tale dispositivo e stanno facendo uno studio universitario su tale terapia. Il servizio visibile anche su You TUbe e su Face Book sottoil Titolo Cronache Venete

Su You Tube Nuovi filmati sulle ulcere e piede diabetico 19/07/2012 07:33
Da ieri sono disponibili su You Tube cliccando su search "Dott Madeyski " tre nuovi filmati in cui si vede la pulizia o toilette chirurgica di ulcere flebostatiche e in uno la aspoortazione della seconda falange del 5 dito di un piede diabetico in modo poi da poter agire con l'ossigeneterapia tramite l'ULCOSAN e fare ritornare integro il 5 dito Meno si amputa e meglio per ogni persona.

L'elastocompressione in soggetti con ulcere flebostatiche. Consigli dati dalla MPSystem 19/07/2012 07:29
La terapia compressiva svolge un ruolo fondamentale nella cura delle ulcere flebostatiche Ricordarsi sempre che prima di curare la ulcera o le ulcere si deve prima cercare di togliere la causa o almeno diminuirla. Le cause abbiamo visto possono essere tipo flebostatico, arterioso, diabetico, iatrogenico, reumatico, neoplastico o traumatici. Parliamo di quando la causa venosa Se la causa venosa utile diminuire la stasi venosa e questa diminuzione pu essere applicata con una compressione misurata dell'arto inferiore in modo da diminuire la stasi I fattori da considerare prima prima di applicarla sono: la diagnosi accurata (la patogenesi dell'ulcera determinante nella scelta della terapia), la presenza di controindicazioni terapeutiche (arteriopatie ostruttive, insufficienza cardiaca grave etc.) ed eventuali complicazioni (infezioni, ipodermodermiti etc.); la possibilit di deambulare del paziente; la conformazione anatomica dell'arto (per i motivi gi esposti); le condizioni della cute (una cute fragile oppure zone di atrofia bianca possono essere danneggiate da una pressione troppo forte). La maggiorparte degli studi controllati e randomizzati mostra che la compressione da sola facilita la guarigione delle ulcere venose. Ma non risolutiva nella maggior parte dei casi La compressione forte (35-45 mmHg alla caviglia sembra essere migliore della compressione meno intensa (15-25 mmHG alla caviglia) e i bendaggi multistrato risultano pi efficaci di quelli mono e bi-strato. Per la cura delle ulcere venose si raccomanda l'uso di compressione elastica ed anelastica multistrato ad elevata intensit; nei pazienti non deambulanti o con la caviglia immobilizzata si raccomanda l'impiego di bendaggi anelastici multistrato, La compressione pneumatica intermittente pu essere aggiunta se la guarigione dell'ulcera non procede regolarmente. Il protocollo terapeutico complessivo prevede in sintesi che: nella fase acuta dell'ulcera venosa, dopo l'eventuale debridement del fondo, venga usato un bendaggio anelastico, applicato con tecnica a otto o a otto fissato alla caviglia ed eventuale compressione eccentrica sulla zona della lesione, da rinnovare in media ogni quattro giorni nelle fasi iniziali della terapia e ogni sette giorni in seguito. L'efficacia della terapia deve essere controllata continuamente. Se la lesione migliora clinicamente e si riduce sensibilmente consigliabile continuare con la terapia iniziale, mentre se ci non avviene o se cambia lo stato di salute del paziente necessario un riesame clinico-disgnostico ed eventualmente un prelievo per la coltura batterica e/o una biopsia. La compliance del paziente alla terapia compressiva rappresenta un aspetto determinante per il risultato. L'informazione sul significato e sull'uso della compressione effettuata o prescritta deve essere dettagliata, includendo anche tutte quelle notizie necessarie alla manutenzione ottimale della calza elastica (modalit di lavaggio, durata etc.). Naturalmente la compressione una forza che aiuta. SE noi abbiniamo la ossigenoterapia localizzata ad altra percentuale di ossigeno come con l'ULCOSAN i fattori si sommano portando indubbi vantaggi

YOU TUBE: i video del Dr Madeyski sul trattamento delle ulcere trofiche degli arti inferiori 15/07/2012 17:45
Da primo di luglio su You Tube si possono vedere dei video del Dr Madeyski. Alcuni sono su argomenti di prevenzione ma altri sono dedicati alla toilette chirurgica delle ulcere trofiche degli arti inferiori e del piede diabetico. I video secondo il Dott Madeyski saranno a disposizione in maniera periodica Basta andare tramite il Sito www.mpsyste.info e da li essere reindirizzati su YOU TUBE o andare su YOU TUBE e su "serach" scrivere Dott Madeyski

la MPSystem si sta espandendo in Italia e in Europa con la ossigenoterapia distrettuale 15/07/2012 17:26
In Italia e in Europa la ossigenterapia localizzata o distrettuale tramite la Camera normobarica si sta espandendo. Negli Stati Uniti sono orami piu di centro i lavori scientifici che dimostrano l'efficacia di tale terapia sulle lesioni trofiche degli arti inferiori e nelle lesioni del piede diabetico. La MPSystem , ditta italiana che sfrutta i brevetti del Dr Paolo Madeyski, Primario di Chirurgia a San Don di Piave sta diffondendo tale terapia in alcune regione italiane e in maniera non sistemica in tutta Italia. IL mese scorso il Dr Madeyski andato a Santa Cruz di Teneriffe ad insegnare agli Istituti Universitari e nel Centri di Medicina sia pubblici che privati la terapia con ossigeno localizzato. Tale terapia in tutte le Isole Canarie si sta esapndendo con buoni risultati e ci sono richieste per diffonderla in Spagna. Sul sito www.MPSystem,info si trovano varie notizie in lingua italiana, spagnolo e inglese. In tale sito si trovano i principi che regolano tale terapia, le indicazioni, i protocolli, i documenti, i lavori scientifici, la bibliografia e tante notizie Inoltre ci sono diapositive di congressi e immagini dei vari tipi di ulcere. Dal Sito si pu essere condotti direttamente su You Tube ove si possono vedere filmati del Dr Madeyski su vari argomenti e anche sul trattamento delle ulcere degli arti inferiori

Conoscere Le Ulcere croniche degli arti inferiori. ULteriori spiegazioni su www.MPSystem.info 15/07/2012 17:24
Dobbiamo conoscere Le Ulcere degli arti inferiori in modo di prevenire se possbile la loro formazione Attualmente vi sono varie terapia ma quella che da migliori risultati quella con la ossigenoterapia normobarica tramite il dispositivo: ULCOSA Le ulcere croniche degli arti inferiori: eziologia e fisiopatologia Lulcera cronica degli arti inferiori rappresenta la manifestazione di patologie sottostanti caratterizzate da alterazioni emodinamiche, emoreologiche e coagulative che riducono lapporto ematico ai tessuti con conseguente ipossia e persistenza delle infezioni. Le sedi anatomiche maggiormente colpite da queste lesioni sono la faccia mediale, laterale, anteriore e posteriore della caviglia ed il piede. La causa sempre vascolare ( venosa, arteriosa, traumatica,eccc) in quanto un problema di circolazione deficitaria comporta una minor ossigenazione dei tessuti con conseguente ipossia e deficit di nutrizione. Se il tessuto non viene nutrito soffre e offre le basi per la morte di cellujle e poi di tessuto Indipendentemente dalla patologia di base, la pressione transcutanea dellossigeno a livello delle lesioni vasculopatiche scende fino a valori di pO2 di 5-10 mmHg, una concentrazione decisamente inferiore rispetto alla normale richiesta fisiologica cellulare. I leucociti nella sede della lesione, infatti, proliferano e svolgono la loro attivit fagocitica a valori di pO2 intorno a 30-40 mmHG Inoltre, la sintesi del collagene da parte dei fibroblasti non pu procedere in condizioni di ridotta concentrazione di ossigeno, in quanto la matrice prodotta risulta poco stabile e determina inevitabili problemi di cicatrizzazione. Indipendentemente dalle cause che hanno provocato lulcera, (traumi, alterazioni del circolo arterioso o venoso, malattia diabetica) per ottenere la completa remissione del fenomeno necessaria la corretta perfusione ematica, lottimale apporto di ossigeno ed una costante detersione della ferita. La durata media di un ulcera di circa 26 settimane con un range variabile tra le 4 settimane e i 30 anni. Tuttavia, nel 46% dei pazienti il decorso clinico supera le 26 settimane e nel 15% i due anni. Lulcera una fenomeno ingravescente e spesso recidivo con pesanti ripercussioni sulla vita lavorativa di tutti i giorni e sulla vita di relazione con pesanti costi sociali. La ulcera cronica diventa un problema personale, umano e familiare per sofferenza ma anche per problemi economici

Su You Tube finalmente i filmati della toilette chirurgica delle ulcere degli arti inferiori 12/07/2012 20:37
Da questa settimana sono disponibili dei filmati particolari su You Tube. Abbiamo pensato di mettere a disposizione dei medici e infermieri i filmati come si deve eseguire una corretta pulizia o toilette chirurgica di lesioni trofiche degli arti inferiori. Non solo di ulcere trofiche ma anche di lesioni come ulcere, fistole o osteomielite aperte nei piedi diabetici Solo dopo aver eseguita una pulizia competa di lesioni trofiche asportando tutte le zone necrotiche e la fibrina si pu pensare di fare la ossigenoterapia distrettuale con il dispositivo ULCOSAN Abbiamo visto che solo dopo una settimana i filmati che per adesso sono dolo due hanno avuto ben 100 persone che lo hanno visualizzato. Certamente si saranno anche persone non di ambiente sanitario che le guardano ma credo che a tutti pu essere utile imparare qualche cosa

Novit Nelle Spiagge del Veneto a Cavallino Tre Porti 06/07/2012 21:26
Una notizia che ci fa piacere e che segna una svolta nella cultura anche in Italia. E nel Veneto Cavallino Tre Porti arriva primo! Al Camping UNION LIDO su proposta e decisione del Guest Service FRANCESCO ENZO stato approntato un ampio spazio in spiaggia per non fumatori. In met della spiaggia dell'Union Lido dove le postazioni di ombrelloni e di pedal sono gestite dal dinamico Emiliano ( ex giocatore di pallacanestro e infermiere e strumentista) stato post il divieto di fumare. L'UNION LIDO diventa quindi il primo capeggio nel Veneto che preserva la salute dei cittadini italiani e stranieri.Ma non solo : finalmente le persone che si trovano a riposare le meritate vacanze non saranno infastidite dal fumo di sigaretta. E i bambini saranno protetti da aspetti nocivi legati al fumo. Oramai in varie nazioni questa norma sta diventando abitudine ma in Italia si era rimasti ancora indieto. Grazie a Francesco Enzo e a Emiliano anche nel Veneto si raggiunto un importante traguardo: aiutare i cittadini ad essere liberi di non fumare il fumo degli altri !

La Confartigianato si dissocia dalla Campagna di Prevenzione del Melanoma 30/06/2012 23:57
La Confartigianato che ha sempre appoggiato le campagne di Prevenzione dal 1993 quest'anno si dissociata dalla Campagna di Prevenzione del Melanoma. Sulla parola avuta come si faceva da anni con il segretario Barbieri avevamo inserito il logos della Confartigianato . Ma l'attuale Presidente Lava ha detto che non era d'accordo e non aveva firmato la adesione. Noi ci scusiamo di aver messo il lgos della Confartigianato ma pensavamo che tutto fosse come negli anni precedenti. Ci scusiamo e rettifichiamo : LA CONFARTIGIANATO NON VOLEVA APPOGGIARE TALE CAMPAGNA . Ne prendiamo atto. Forse il Presidente Lava vorrfare lui una campagna di prevenzione del Melanoma in ricordo della loro impiegata Michela Di San Stino , deceduta giovanissimo dopo un mese che aveva dato alla luce un bimbo , proprio per il melanoma

Tumori, sale la sopravvivenza delle donne 15/03/2011 12:38
Aumenta il numero delle guarigioni e aumenta soprattutto la salute delle pazienti oncologiche. Se in generale l'aumento della sopravvivenza in Europa a 5 anni dalla diagnosi di tumore del 5% per gli uomini, per le donne del 7% sul totale dei casi, mentre per il solo tumore al seno si passati dal 74 all'83%. Radicale l'inversione di rotta per i tumori ovarici: in questo caso la sopravvivenza del 30-40% rispetto al 20% di qualche decennio fa. Fare i controlli periodici ed effettuare indagini come il pap-test e la mammografia ha completamente mutato le statistiche relative ai tumori femminili. Se da un lato cresce il numero delle diagnosi, sempre pi precoci e a causa dell'allungarsi dell'et della popolazione, dall'altro aumentano anche le strategie e gli interventi terapeutici sempre pi multidisciplinari e personalizzati. INFORMATE - Dall'incontro al Regina Elena di Roma "L'immagine ritrovata: la centralit della vita delle pazienti" emerge come le donne vogliono essere sempre pi informate sui progetti di prevenzione, ma anche su prognosi, decorso terapeutico e su tutto ci che pu migliorare la loro vita durante e dopo la lotta alla malattia, per essere pienamente consapevoli e vivere al meglio la propria esistenza. Non rinunciano alla sessualit, alla gravidanza e all'esperienza della maternit. Imparano a gestire i sintomi legati alla tossicit di talune terapie e adeguano la corretta alimentazione in un percorso dove la cura integrata della propria persona e del proprio corpo pone dei bisogni e trova risposte condivise. Abbiamo imparato che il benessere psico-fisico un alleato nel combattere meglio determinate malattie - spiega Francesco Cognetti, direttore del Dipartimento Oncologia Medica del Regina Elena -. Nel caso dei tumori femminili inoltre possiamo fin da subito contare su una buona alleanza terapeutica con la donna, sempre pi consapevole e combattiva. FERTILIT - Al convegno si parlato anche di fertilit e delle procedure che permettono di conservarla anche dopo tumori dell'apparato riproduttivo: per le pazienti possibile avere gravidanze fino al 30% dei casi. Su alcune donne possibile fare un intervento che rimuove solo il tumore, senza dover asportare l'intero organo, mantenendo molto basso il rischio di recidive - spiega Domenica Lorusso, del reparto di ginecologia oncologica dell'ospedale Gemelli di Roma -, per il momento per questa tecnica ancora sperimentale, ed effettuata solo nei centri pi specializzati perch la paziente va selezionata accuratamente e seguita dopo la procedura. La tecnica si pu applicare ai tumori dell'ovaio al primo stadio (il 10% dei casi), al 30% dei tumori della cervice, quelli cio scoperti precocemente, e al 5% di quelli dell'endometrio, e le percentuali di gravidanze possono arrivare anche al 50%. Buone notizie anche per le donne, una su mille, che scoprono in gravidanza di avere un tumore: In questo caso si visto che la chemioterapia non provoca danni gravi al bambino, se iniziata al secondo o terzo trimestre, a patto che si scelgano i farmaci giusti - continua Lorusso -. Oggi abbiamo un'ampia scelta per le terapie e due terzi dei tumori in gravidanza possono essere curati senza dover interrompere la gestazione. TUMORE AL SENO - Di tumore al seno ha parlato anche la commissione Sanit del Senato, che ha votato all'unanimit il documento conclusivo della indagine conoscitiva sulle malattie ad andamento degenerativo. Dallo studio risulta che lo screening per la prevenzione del tumore al seno - prima causa di morte nella fascia tra i 35 e i 50 anni e che ogni anno viene diagnosticata a circa 40mila donne italiane - ha una diffusione a "macchia di leopardo" con enormi differenze tra Nord e Sud. L'indagine, durata un anno, ha fotografato la situazione italiana considerando alcune malattie di "particolare rilevanza sociale", come il tumore della mammella, le malattie reumatiche croniche e la sindrome Hiv. Per il tumore al seno, ha sottolineato la senatrice Laura Bianconi, si registra una riduzione del tasso di mortalit proprio grazie alla diagnosi precoce, ma forti restano le differenze tra le regioni: la copertura per gli esami di screening offerti dal Servizio sanitario nazionale alle donne tra 50 e 69 anni fa registrare un tasso dell'89% al Nord, del 75% al Centro e solo del 38% al Sud. La commissione chiede anche di allargare lo screening offerto dall'Ssn alle donne fino ai 74 anni, oltre a considerare l'opportunit di esami preventivi per le donne pi giovani (40-50 anni) visto l'aumentare dei casi anche in questa fascia di et. L'indagine ricorda inoltre come il Parlamento europeo abbia invitato gli Stati membri a organizzare entro il 2016 apposite Unit di Senologia (breast units), stabilendo i criteri minimi per la certificazione: trattare almeno 150 nuovi casi l'anno, disporre di chirurghi che eseguano minimo 50 interventi l'anno, avvalersi di radiologi che refertino almeno mille mammografie l'anno. (Fonte: Ansa)

Diamanti anti-tumore: pi efficaci contro le forme resistenti 15/03/2011 12:36
La resistenza di alcuni tipi di tumori alla chemioterapia potrebbe essere superata grazie allavvento di una innovativa tecnologia. Ricercatori americani della Northwestern University di Evanston hanno realizzato minuscole particelle di carbonio, ribattezzate nano-diamanti, che possono trasportare pi efficacemente le molecole allinterno delle cellule malate. Lo studio pubblicato su Science Translational Medicine. Gli antitumorali possono risultate inefficaci per la capacit che le cellule hanno di espellere le molecole prima che abbiano compiuto la loro azione. Le particelle di carbonio hanno una dimensione di 2-8 nanometri di diametro, tanto minuscola che le cellule hanno difficolt a respingerle. Nei topi trattati con i nuovi materiali contro il tumore al fegato i ricercatori hanno trovato che a due giorni di distanza dalla terapia i principi attivi erano 10 volte pi alti rispetto alle terapie standard. Tra le possibilit supplementari offerte dai nanodiamanti c quella delka carica elettrostatica in superficie che permette una migliore distribuzione della sostanza citotossica. I diamanti, infatti, possiedono una carica elettrica che pu essere modulata per permettere la diespersione nei fluidi. Inoltre non sono tossici e non sembrano causare infiammazioni. Contrariamente a quello che si pu immaginare, essendo di produzione sintetica, i diamanti anti-tumore sono a buon mercato e quindi riproducibili su larga scala a costi convenienti. (fonte: ilsole24ore.com)

Fumo passivo, altamente nocivo per il feto 15/03/2011 12:34
Il fumo attivo, si sa, fa male al feto in gravidanza. Quello che si sospettava, ma non si sapeva con certezza, che anche il fumo passivo rischia di mettere a dura prova la salute del bambino, nuocendo gravemente alle sue condizioni generali. Si tratta del risultato di uno studio condotto dallUniversit di Nottingham il quale tenta di dimostrare come siano alte le probabilit che il bambino di una donna che vive vicino a fumatori accaniti possa presentare dei gravi problemi di salute alla nascita, od addirittura nascere morto. I risultati verranno pubblicati sulla rivista Pediatrics di Aprile. Basta dare unocchiata ai dati relativi alla mortalit infantile per rendersi conto della gravit della situazione: il fumo passivo rappresenta una maggiorazione del fattore di rischio di morte alla nascita in percentuale pari al 23%, mentre rappresenta causa di difetti congeniti nel 13% dei casi. Si tratta di due percentuali molto elevate, che meriterebbero la giusta attenzione da parte delle donne in gestazione. Il pericolo aumenta esponenzialmente se ad essere un accanito fumatore il compagno della donna incinta. Secondo gli esperti bisognerebbe fare attenzione allesposizione al fumo passivo anche prima del concepimento. Si tratta di unanalisi basata su studi, ben 19, condotti in Europa in Asia ed in America. Come spiega il dottor Jo Leonardi-Bee: Il fumo delle madri durante la gravidanza ben riconosciuto quale possibilit di trasportare una serie di rischi gravi per la salute per il nascituro compresa la mortalit fetale, basso peso alla nascita, parto prematuro e una serie di gravi anomalie congenite quali la palatoschisi, piede torto e problemi cardiaci. Questo perch il fumo passivo espone il feto alla stessa gamma di tossine del tabacco alla quale viene sottoposta il fumatore attivo. Si tratta di uno studio di importanza rilevante e dai risvolti inquietanti: prima di tutto perch mette in luce la problematica del tabagismo in gravidanza, e poi perch, sebbene ogni persona responsabile delle proprie azioni, tali comportamenti non devono e non possono incidere nellesistenza di un bambino non in grado di scegliere da solo. (fonte: medicinalive.com)

Test Hpv e prevenzione del tumore al collo dell'utero 15/03/2011 12:33
Il tumore del collo dell'utero ancora oggi una patologia molto rilevante dal punto di vista sanitario e sociale e costituisce in Italia la seconda causa di morte per tumore nelle donne tra i 15 e i 44 anni d'et. Ogni anno si registrano 3.500 nuovi casi, con 1.700 decessi (circa il 50% delle donne affette). Introdurre strategie di prevenzione innovative del tumore del collo dellutero quindi l'obiettivo degli esperti di tutto il mondo. Un obiettivo importante, che viene perseguito attraverso il ricorso ai nuovi strumenti come i vaccini e il test HPV, che permette di rilevare la presenza del Papillomavirus e di intervenire con grande anticipo, ancor prima che compaiano le lesioni cellulari individuate dal Pap test. Una delle pi importanti scoperte mediche degli ultimi 50 anni stata lidentificazione del Papillomavirus (HPV) come causa primaria del tumore del collo dellutero. Questa informazione stata la base dello sviluppo dei vaccini e dei nuovi test di screening che permettono di identificare la presenza del virus direttamente nelle cellule cervicali. Oggi esistono prove convincenti a supporto del ruolo del test HPV DNA come screening a lungo termine e dati di sicurezza concreti rilevati sulle pazienti, che dimostrano che la protezione dopo un test HPV DNA negativo risulta molto pi lunga rispetto a quella dopo un esame citologico negativo. Grazie alla sua elevata sensibilit, il test HPV, basato sulla tecnologia molecolare HC2, consente di allungare lintervallo tra un controllo e il successivo fino a 6 anni, protezione vantaggiosa non solo per le donne, ma anche per il Sistema Sanitario. Sono pi di 100 i genotipi di Hpv classificati a oggi, di cui 13 considerati a alto rischio. In Italia circa il 4-5% dei risultati del Pap test mostrano alterazioni minimali o di significato indeterminato definite come 'Ascus' (Atypical Squamous Cells of Undetermined Significance). Le atipie citologiche Ascus rappresentano il pi comune risultato di un pap test anomalo e necessitano di ulteriori approfondimenti. Un recente studio italiano chiamato Pater (Population-based frequency assessment of HPV-induced lesions in patients with borderline Pap tests in the Emilia-Romagna Region), pubblicato sulla rivista internazionale 'Cmro' e condotto dal dipartimento di Ginecologia e Ostetricia dell'Ospedale Universitario S.Orsola Malpighi di Bologna, ha dimostrato come l'introduzione del test Hybrid Capture 2 (HC2), nella gestione di tali atipie citologiche, consente di ottenere benefici clinici, organizzativi ed economici. Il gruppo di ricercatori ha effettuato un'analisi retrospettiva con test HPV HC2 seguito dalla genotipizzazione, per valutare le pazienti cui era stato rilevato un Pap test Ascus tra gennaio 2000 e dicembre 2007. Il test HPV nel gruppo delle pazienti con CIN3+ e la cui et media vicina a 40 anni ha dimostrato un'ottima sensibilit (98,3%) e una buona specificit (75,5%). Il rischio di un carcinoma invasivo nelle pazienti con citologia Ascus assai ridotto, e varia tra lo 0,1 e lo 0,2%, mentre nel 5-15% presente una lesione preneoplastica di alto grado (CIN2-3), ha spiegato Silvano Costa, dipartimento di Ginecologia e Ostetricia del S. Orsola-Malpighi e autore dello studio. E ha aggiunto: Elevata frequenza e bassa predittivit generano costi umani ed economici rilevanti (ansia, colposcopie, biopsie, esami di follow-up), ma gravemente improduttivi in termini di numero di lesioni preneoplastiche o neoplastiche diagnosticate. In questo contesto, l'adozione di test 'intermedi' come il test Hpv in grado di selezionare le pazienti a rischio per lesioni di alto grado da inviare alla colposcopia, offrirebbe notevoli benefici clinici, organizzativi ed economici connessi alla considerevole riduzione dei costi di gestione della citologia borderline. Si tratterebbe dunque di inviare a colposcopia ed eventuale biopsia mirata solo chi risulta Hpv positivo, cio poco pi del 30% di tutte le Ascus. In questo modo si otterrebbe uno snellimento delle procedure diagnostiche e si porrebbe rimedio al sovraffollamento dei centri di colposcopia. (fonte: italiasalute.it)

Tumori: seno, scoperto gene chiave 22/02/2011 17:18
Un gruppo di ricercatori inglesi e canadesi ha individuato un oncogene responsabile di una forma aggressiva di tumore al seno. L'oncogene ZNF703 e' il primo individuato negli ultimi 5 anni. Nella ricerca, pubblicata su Embo Molecular Medicine, e' stata osservata l'attivita' dei geni coinvolti in oltre mille casi di tumore al seno e si e' rilevato che l'oncogene ZNF703 era iperattivo. Secondo gli autori e' un notevole passo avanti nella conoscenza dello sviluppo del tumore al seno. (fonte: ansa.it)

Il tumore del pancreas per crescere recluta dei linfociti "traditori" 22/02/2011 17:16
Per crescere ed espandersi il tumore del pancreas recluta anche i soldati del sistema immunitario: linfociti "traditori" che, invece di difendere l'organismo dal cancro, si alleano con lui e gli spalancano le porte. A svelare il meccanismo uno studio italiano pubblicato sul Journal of Experimental Medicine, condotto da un team multidisciplinare dell'Istituto San Raffaele di Milano. TUMORE AGGRESSIVO - Il carcinoma del pancreas una malattia molto aggressiva e rappresenta la quarta causa di morte per tumore. La chirurgia ad oggi il trattamento pi efficace, ma solo il 15-20% dei pazienti candidabile all'intervento. Anche in questo caso la sopravvivenza comunque variabile e rimangono pochi i fattori predittivi della prognosi. Per lo sviluppo di terapie pi efficaci, quindi, sono fondamentali sia una comprensione dei meccanismi di base che rendono il tumore cos aggressivo, sia la possibilit di identificare dei fattori prognostici che aiutino a indirizzare le terapie in modo pi mirato. Il gruppo milanese ha individuato un complesso dialogo che coinvolge le cellule tumorali e quelle presenti nel microambiente tumorale, come le cellule stromali e le cellule del sistema immunitario. Il risultato un'alterazione delle naturali difese dell'organismo e in particolare dei linfociti T. Assoldati dal tumore diventano "linfociti deviati" e, invece di produrre le citochine (proteine d'attacco) efficaci nel combattere il tumore, cominciano a produrre citochine che favoriscono ulteriormente la progressione della malattia. NUOVE TERAPIE - Nel corso della ricerca, sono state identificate le molecole principalmente coinvolte in questo meccanismo, rendendo possibile in futuro lo sviluppo di terapie in grado di contrastarle. Per alcune di queste sostanze sono gi disponibili anticorpi capaci di bloccarne l'attivit. stata inoltre verificata, in una casistica di pazienti sottoposti a intervento chirurgico, l'esistenza di una correlazione statistica tra la quantit di linfociti deviati presenti nel tumore e la sopravvivenza del paziente. La valutazione di questo parametro permette la stratificazione dei pazienti in due categorie a migliore o peggiore prognosi. Lo studio - finanziato da Unione Europea, Ministero della Salute, Rich Foundation e Associazione italiana per la ricerca sul cancro (Airc) - opera di un'equipe multidisciplinare guidata da Maria Pia Protti e Lucia De Monte dell'Unit di immunologia dei tumori, in collaborazione con Michele Reni dell'Unit di oncologia medica, Valerio Di Carlo e Marco Braga dell'Unit di chirurgia pancreatica e Claudio Doglioni dell'Unit di anatomia patologica. Tutti medici e ricercatori di Irccs San Raffaele e universit Vita-Salute San Raffaele. Questa ricerca - commenta Protti - rappresenta un passo in avanti sia nella conoscenza dei meccanismi biologici che rendono il carcinoma del pancreas un tumore particolarmente aggressivo, sia nell'identificazione di nuovi target terapeutici che consentiranno di mettere a punto, nei prossimi anni, nuove strategie terapeutiche. (Fonte: Adnkronos)

Sesso orale, aumenta il rischio di cancro alla gola pi del fumo 22/02/2011 17:15
Praticare sesso orale non protetto al di sotto dei 50 anni aumenterebbe il rischio di tumore alla gola, addirittura pi del fumo di sigaretta. La bizzarra quanto inaspettata scoperta stata fatta dal team di ricercatori della Ohio State University, coordinati dalla dottoressa Maura Gillison. I risultati dello studio sono stati rivelati in occasione dellAmerican Association for the Advancement of Science, meeting annuale tuttora in pieno svolgimento a Washington DC. Con grande stupore, infatti, gli scienziati avrebbero rilevato che i soggetti pi a rischio sarebbero proprio i giovani, quasi sempre senza problemi di alcolismo o di tabagismo. Sono loro i nuovi pazienti affetti dal cancro alla laringe, che sarebbe causato dal Papillomavirus umano o Hpv. A quanto pare, quando si fa sesso orale senza precauzioni, il virus in questione penetrerebbe allinterno dellorganismo, attaccando i tessuti di bocca e gola, scatenando successivamente la neoplasia. Tuttavia, un modo per non incorrere in questo spiacevole inconveniente c: vaccinarsi. A partire dal 2008, alcuni stati hanno introdotto la vaccinazione per le ragazzine di et compresa fra i 12 e i 13 anni. Alla luce dei recenti studi, per, gli esperti della Ohio University, hanno consigliato la somministrazione del siero anche per i ragazzi. In base a prove scientifiche, non possiamo dire se il vaccino protegger dallinfezione da HPV che porta al cancro ha dichiarato la Gillison i nostri che lavorano sul campo sono ottimisti sulla sua efficacia. In base alle osservazioni finora fatte su diverse zone del corpo, il vaccino si dimostrato capace nel prevenire il 90% delle infezioni. Una notizia che sicuramente porter molti a riflettere e probabilmente a cambiare le proprie abitudini sotto le lenzuola. (fonte: ilquotidianoitaliano.it)

Tumore al seno: bloccare una proteina per fermarlo 11/02/2011 13:23
Ancora un passo in avanti nella lotta contro il tumore al seno: una ricerca pubblicata sulla rivista scientifica internazionale Plos-One ha evidenziato il ruolo di una proteina che gioca un ruolo particolare e pericoloso nello sviluppo del carcinoma mammario. Si Chiama hMena e si appena scoperto che se in compresenza con il gi noto gene Her2 (nel 70 % dei casi) il tumore al seno si sviluppa in maniera pi aggressiva. Non solo: esperimenti condotti in vitro su cellule prelevate da un carcinoma mammario, hanno rilevato come bloccando la proteina hMena, si riesce a rallentare la proliferazione delle cellule cancerose attivata dal gene Her2, ipoteticamente anche fino ad un blocco totale! La preziosa scoperta stata frutto del lavoro di un team di scienziati coordinati da Paola Nistic del Laboratorio di Immunologia dellIstituto Nazionale Tumori Regina Elena in collaborazione con lUniversit La Sapienza di Roma e lIstituto San Raffaele di Milano. La potenzialit di questa scoperta ovvia. Spiega la Nistic: Si potrebbero individuare farmaci inibitori di hMena per interrompere i segnali che ne permettono la cooperazione col gene Her2, migliorando cos il decorso clinico dei tumori al seno pi aggressivi. Inoltre Il ruolo di queste strutture di filamenti proteici e le loro modificazioni nei tumori rappresentano una nuova area di ricerca che studia i meccanismi biochimici e biomeccanici che aiutano il tumore nella sua crescita. Da qui la necessaria interazione tra biologi, bioingegneri e fisici . La proteina in questione, individuata di recente dalla stessa ricercatrice e dalla collega Francesca Di Modugno, assente nellepitelio delle mammelle sane e compare invece nelle lesioni benigne che evolvono in tumori. E chiaro che potrebbe divenire un importante marker di diagnosi precoce per il cancro al seno oltre che un decisivo target terapeutico. (fonte: salute.pourfemme.it)

Niente fumo, siamo studenti (e anche Obama!) 11/02/2011 13:21
Tutti i 23 campus universitari di Manhattan mettono al bando il fumo, anche allaperto. Questo estende di molto le zone no smoke di tutta New York. Da Columbia a NYU e CUNY, vita dura per quegli studenti e docenti (sono il 13%) ancora prigionieri del tabagismo. Dal quale si finalmente liberato udite udite Barack Obama. Lo ha annunciato Michelle: quasi un anno che non accende una sigaretta. Ormai ci siamo davvero, se lo dice perfino la First Lady che ha condotto una battaglia implacabile contro il vizio del marito. (fonte: rampini.blogautore.repubblica.it)

Un test scova la firma del cancro al polmone 11/02/2011 13:20
ancora in fase di sperimentazione il nuovo test per diagnosticare in anticipo il cancro al polmone, individuandone in anticipo anche l'aggressivit, messo a punto dai ricercatori dellIstituto Nazionale dei Tumori di Milano che guidano uno studio internazionale. firmato da Gabriella Sozzi e Ugo Pastorino, in collaborazione con la Ohio State University di Columbus, la ricerca pubblicata da Proceedings of the National Academy of Sciences che descrive il nuovo esame che con un semplice prelievo di sangue permette di diagnosticare la presenza di forme aggressive di tumore polmonare sino a due anni prima della Tac spirale, il pi avanzato degli strumenti diagnostici oggi a disposizione. Il test si basa sullanalisi dei microRNA, piccole molecole in circolo nel sangue che, come interruttori, accendono e spengono i nostri geni. Grazie allanalisi di campioni di sangue raccolti da oltre 6mila forti fumatori, monitorati nellarco di cinque anni, i ricercatori hanno dimostrato che tutti coloro che nel corso del periodo hanno sviluppato il tumore del polmone hanno valori alterati di particolari microRNA. Queste alterazioni, inoltre, sono visibili gi prima che la Tac spirale sia in grado di rilevare qualsiasi indizio di tumore. La Tac spirale utilizzata per la diagnosi precoce del tumore polmonare poich ricostruisce il polmone a strati di 1 mm e consente di rilevare noduli millimetrici che possono essere l'espressione di un cancro in una fase precoce. Nel corso del periodo monitorato nei due gruppi sono stati diagnosticati con Tac spirale rispettivamente 38 e 53 casi di tumore del polmone. Nell ambito di questi tumori lo studio ha indentificato due diverse categorie: tumori a buona prognosi con soppravvivenza pari al 100% e tumori piu aggressivi (diagnosticati negli anni piu tardivi dello screening) a prognosi molto sfavorevole. I valori alterati di queste molecole nel sangue erano gia presenti due anni prima che la patologia fosse diagnosticata attraverso la Tac spirale ed erano in grado anche di individuare gli individui che avrebbero sviluppato le forme tumorali piu aggressive. Inoltre, questa tecnica capace anche di valutare, in presenza del tumore polmonare, il grado di aggressivit della malattia: nelle lesioni pi gravi, infatti, i microRNA nel sangue sono alterati in maniera particolare e nelle forme meno aggressive hanno caratteristiche altrettanto precise. Nel corso di queste ricerche - spiega Gabriella Sozzi, responsabile della struttura di Genomica tumorale dellIstituto Nazionale dei Tumori di Milano e uno dei coordinatori della ricerca - ci siamo resi conto che la presenza di alti valori di uno solo di questi microRNA non era sufficiente per segnalare la presenza del tumore: la grande innovazione di questa ricerca, infatti, stata studiare i rapporti tra queste molecole, cio, per esempio, cosa succedeva quando uno di questi aumenta mentre un altro diminuisce o quale significato possa avere laumento combinato di due o pi di essi. Cos siamo riusciti a trovare la firma del tumore. (fonte: ilsole24ore.com)

Prevenzione in farmacia: i risultati sono tangibili 11/02/2011 13:18
Parlare di risparmi indotti dalla prevenzione difficile negarlo suscita sempre un consenso di facciata e uno scetticismo di fondo. Anche a dispetto dei molti studi condotti sul tema, come quello ora pubblicato dal British Medical Journal che, oltretutto, presenta diversi motivi di interesse per il lettore italiano (Improving cardiovascular health at population level: 39 community cluster randomised trial of Cardiovascular Health Awareness Program BMJ 2011; 2011; 342:d442). In primo luogo stato condotto in Canada, Paese il cui servizio sanitario di tipo universalistico, come quelli europei, e che presenta istituti, come il medico di famiglia e il servizio farmaceutico, sovrapponibili a quelli italiani. Inoltre, i farmacisti e le farmacie di comunit vi hanno giocato un ruolo importante. Lo studio si proponeva di valutare leffetto di un programma di educazione sanitaria sui temi della salute cardiovascolare condotto a livello di popolazione. Lintervento prevedeva di raccogliere, in 39 comunit di media dimensione, un gruppo di residenti di et superiore ai 65 anni; 20 di questi gruppi sono stati avviati al programma, gli altri 19 no (gruppo di controllo). Il programma prevedeva la raccolta di misurazioni della pressione arteriosa mediante apparecchi automatici e dei fattori di rischio cardiovascolari cos come riferiti dai partecipanti; questi dati sono poi stati comunicati ai medici di famiglia e ai farmacisti di riferimento. Una volta stabilito il profilo di rischio, i partecipanti hanno seguito nellarco di 10 settimane una serie di lezioni mirate ai fattori di rischio modificabili attraverso lo stile di vita, alladesione alla terapia e agli altri aspetti in cui il paziente pu incidere nella prevenzione della malattia o della ricaduta. Il ruolo dei farmacisti Farmacisti e farmacie sono stati al centro di questo programma, e per diversi aspetti. Il primo che il reclutamento delle persone cui lintervento era rivolto avvenuto principalmente attraverso le farmacie che, oltretutto, sono state la sede delle sessioni educative. Inoltre, il farmacista era il riferimento per tutte le questioni attinenti al farmaco che potevano essere sollevate durante gli incontri, cui partecipava assieme a uninfermiera professionale. I numeri hanno dato ragione a questa scelta: in totale sono stati coinvolti poco meno di 16000 cittadini, e sono state condotte oltre 27.000 valutazioni del rischio cardiovascolare. Anche i risultati del programma sono molto positivi: nellanno successivo alla fine dellintervento nella popolazione over 65 delle comunit in cui si era svolto si osservata una diminuzione del 9%, rispetto allanno precedente, dei ricoveri per infarto, insufficienza cardiaca e ictus. Inoltre, si avuto un aumento delle nuove prescrizioni di antipertensivi, segno che il programma non ha soltanto migliorato laderenza al trattamento di chi era gi in cura, ma servito anche a intercettare ipertesi mai diagnosticati prima. Gli autori dello studio tengono a sottolineare che la riuscita del programma si deve anche alla grande disponibilit dei professionisti chiamati in causa, e in effetti i farmacisti hanno dato unadesione molto alta: hanno dato la disponibilit 129 farmacie su 145 interpellate (89%), un dato superiore a quello dei medici di famiglia, che hanno aderito al 63%. Certamente lo studio ha dei limiti nella sua trasferibilit ad altri contesti, per esempio quello di aver fatto anche uso di volontari addestrati per raccogliere i dati, ma ha anche punti di forza, come il fatto di aver coinvolto le piccole comunit, che sono lo scenario prevalente in paesi come lItalia. Soprattutto, per, dimostra che le campagne rivolte alla popolazione, se escono dallepisodicit delle varie giornate dedicate a questa o quella malattia, possono effettivamente modificare gli indicatori di salute. Maurizio Imperiali (da: quotidianosanita.it)

Tumori: vaccino hpv non convince mamme 30/01/2011 12:13
Il vaccino contro il papilloma virus umano, responsabile del tumore del collo dell'utero, stenta a decollare in Italia. I genitori che dovrebbero far vaccinare le loro figlie adolescenti di 11 anni, spesso non lo fanno per dubbi su efficacia e sicurezza, la poca informazione e il parere spesso incerto del medico. Secondo un'indagine dell'Osservatorio nazionale sulla salute della donna su 1500 mamme con figlie tra gli 11 e 18 anni, il 56% dichiara di non aver ricevuto informazioni specifiche. (fonte: ansa.it)

Tumore cutaneo: la cura in una pianta? 30/01/2011 12:12
Alcuni tumori cutanei potrebbero a breve essere curati con lestratto della linfa dellEufhorbia peplus, una pianta molto comune in Europa, considerata anche infestante! Gli studi sono ancora alle prime fasi, ma gi i dati di una sperimentazione sulluomo sono stati pubblicati sul British Journal of Dermatology. Gli autori, del Queensland Institute of Medical Research in Australia hanno selezionato 36 pazienti affetti da tumori della pelle come il carcinoma a cellule basali ed il carcinoma a cellule squamose. Purtroppo per il momento tale cura non sembra essere utile per il melanoma, ma solo per queste ed altre lesioni neoplastiche della pelle, considerate minori, ma non per questo meno pericolose (data anche la maggiore frequenza con cui si manifestano). Ebbene ai volontari stato applicato localmente per tre giorni consecutivi il farmaco in sperimentazione risultante dalla linfa dellEuforbia: 41 lesioni su 48 sono scomparse in meno di trenta giorni e a distanza di quindici mesi, nel 68% di questi pazienti non cera traccia di recidive. Un risultato fortemente incoraggiante, ma che va testato su un numero pi vasto di volontari, oltre che in un periodo molto pi lungo. Ma quale la particolarit anti-cancerogena di questa pianta? Il principio attivo estratto dalla sua linfa sarebbe in grado di stimolare i neutrofili, che agiscono nel sistema immunitario. Questi, dopo aver individuato le cellule cancerose le distruggerebbero, evitando cos le recidive tumorali. I ricercatori per sottolineano: attenzione a non creare in casa rimedi fai da te. La linfa di questa pianta tossica, pu provocare prurito e bruciori sulla pelle, insomma vere e proprie reazioni cutanee violente. Il farmaco in questione infatti preparato in laboratorio. (fonte: sole24ore.it)

Sigarette elettroniche: s o no? 30/01/2011 12:11
Sostenitori e oppositori. Chi dice che siano un valido aiuto contro il tabagismo e chi sottolinea che non si conoscono gli effetti collaterali. Nello Stato di New York si sta pensando di bandirle. Centinaia di migliaia di fumatori provano ad abbandonare il vizio e falliscono puntualmente a dispetto degli sforzi, dei cerotti di nicotina o della (ormai fuori moda?) forza di volont. Le sigarette elettroniche sono pubblicizzate come lultima frontiera per smettere di fumare. Sono dei bastoncini, caricati a batteria e riempiti con una soluzione con o senza nicotina, riscaldata e inalata come un vapore. Molte sono ricaricabili con miscele che contengono differenti concentrazioni di nicotina ed emanano centinaia di aromi. Non contengono le sostanze cancerogene del tabacco ma potrebbero avere altri rischi per la salute. Chi a favore dice che forniscono un aiuto importante per smettere e danno la sensazione di fumare senza assumere le sostanze cancerogene e chimiche che si trovano nel tabacco. Gli scienziati delluniversit della California, a Berkeley, dicono che il marchingegno pu avere un grande potenziale contro la mortalit e le malattie tabacco-correlate. Poche inchieste indipendenti sulle e-cigarettes Negli Stati Uniti si sta cominciando a discutere se rappresentino una nuova cura miracolosa o una minaccia alla salute pubblica. C chi pensa addirittura che siano soltanto un altro vizio che provoca dipendenza, cos da istigare i bambini a fumare pi precocemente e legalmente. Lo scorso anno, il dottor Edward Langston (Associazione medica americana) ha detto: "Esistono pochissimi dati sulla sicurezza delle sigarette elettroniche e la Food and Drugs Administration ha avvertito che provocano potenzialmente dipendenza, con tanto di tossine dannose. Il fatto che abbiano aromi fruttati e caramellati d loro la potenzialit per attirare nuovi utilizzatori di nicotina, specie tra gli adolescenti". Linda Rosenthal, deputata democratica nello stato di New York, ha presentato una proposta di legge: senza certezze sull'eventuale pericolosit, la ex fumatrice vuole bandire le e-cigarettes a New York. La minaccia ha causato indignazione da parte degli ex fumatori che dicono di essere stati aiutati dalle e-cigarettes. Elaine Keller, vice-presidente della CASAA, unassociazione di consumatori per le alternative anti-fumo, ha sostenuto di aver smesso di fumare grazie alle e-cigarettes. "Non conosco niente di sicuro al 100%. Sicuramente sono pi sicure del fumo ha aggiunto la Keller, libera dal tabagismo dal marzo 2009 dopo aver fumato per 45 anni. Come sostituto delle sigarette, il futuro delle e-cigarettes sar deciso dalla Food and Drugs Administration. Non un compito semplice. La Fda ha provato a classificarle come un prodotto farmaceutico e quindi - come ogni farmaco - con tanto di analisi e ricerche scientifiche. Posizione ribaltata da un giudice federale che ha declassato le sigarette elettroniche a "semplice prodotto a base di tabacco", senza la necessit di particolari test di laboratorio. Una cosa comunque sicura: le e-cigarettes danno fastidio a prescindere dalla loro classificazione. Se considerate medicinale anti-fumo entrano in attrito con le lobby farmaceutiche chiamate a vederserla con un avversario nuovo e economico. Se invece venissero trattate come prodotto a base di tabacco darebbero fastidio al mercato di cerotti anti-fumo e di inalatori (fonte: tgcom.it)

Fumo: GB, in 2050 ultima sigaretta 30/01/2011 12:10
L'ultima sigaretta in Gran Bretagna sara' spenta nel 2050. Lo scrivono gli analisti di Citigroup che in un rapporto considerano anche gli effetti che questo cambiamento portera' nell'industria del tabacco. Secondo il Telegraph ci vorranno dai 30 ai 50 anni per decretare la fine delle 'bionde', visto che il numero dei fumatori sta continuando a calare, mentre parallelamente aumenta la consapevolezza dei rischi legati al tabagismo. Precisa Citigroup: si tratta di 'scenari possibili'. (fonte: ansa.it)

U.E. - Tabagismo e morti. 40% donne e 60% uomini. Studio 30/01/2011 12:10
La mortalita' dovuta al tabacco pesa tra il 40 e il 60% nella differenza di longevita' tra uomini e donne in Europa, secondo uno studio pubblicato oggi in linea dalla rivista specializzata Tobacco Control. I motivi per cui le donne vivono piu' a lungo rispetto agli uomini, soprattutto nei Paesi europei sviluppati, e' uno degli argomenti piu' dibattuti, soprattutto -come sostengono gli autori dello studio- se il tabacco nel passato e' stato riconosciuto come il maggiore fattore di questa differenza. Anche cause biologiche sono evocate, ma il fatto determinante in assoluto e' che le donne fanno piu' spesso ricorso a cure mediche che non gli uomini. L'quipe di Gerry McCartney (Social and Public Health Science Unit, Glasgow, Uk) ha utilizzato i dati 2005 di 30 Paesi europei dell'Organizzazione mondiale della Sanita' (Oms) sui tassi di decessi negli uomini e nelle donne in assoluto, e quelli ascrivibili a tabacco e alcool. Le morti legate al tabacco includono il cancro delle vie respiratorie, gli infarti e gli ictus, nonche' la bronchite cronica ostruttiva. Quelli legati all'alcool includono il cancro della gola e dell'esofago, le malattie croniche del fegato, nonche' psicosi alcolica e atti vi violenza. Il numero di morti maschi varia considerevolmente rispetto ai Paesi studiati. La maggior parte di quelli che presentano questa differenza sono dell'Europa dell'est. Belgio, Spagna, Francia, Finlandia e Portogallo hanno anch'essi questa differenza percentuale. (fonte: droghe.aduc.it)

La Svizzera lancia smokefree, pacchetto di sigarette senza sigarette dentro 30/01/2011 12:08
L'ultima trova degli svizzeri per combatte il tabagismo? Vendere pacchetti di sigarette...senza sigarette ma con cartoncini tipo i biglietti della fortuna dei biscotti cinesi o le frasi d'amore dei baci Perugina. Che ovviamente mettono in guardia il consumatore sui rischi del fumo, suggerisci come smettere e elenca i vantaggi di una vita senza bionde. Ed essendo quella elvetica una societ multientica, e dunque anche multilingue, i messaggi sono scritti in una dozzina di idiomi diversi. Non si fuma dunque ma fa riflettere SmokeFree una finta marca di sigarette lanciata dall'Ufficio federale della sanit pubblica (Ufsp) con tanto di slogan pubblicitario: l'unica sigaretta senza veleno e che non fa male. Il pacchetto del tutto uguale a quello di una qualsiasi marca di sigarette per dimensioni e colori, anche se il nome (smokefree significa libero dal fumo) la foto di una bionda spezzata in due fa gi capire cosa troveremo all'interno. Dentro infatti al posto delle sigarette infatti foglietti arrotolai che una volta aperti contengono trucchi e consigli per una vita senza fumo, e l'elenco dei vantaggi della libert dal vizio. Nel mirino della campagna elvetica pro-disassuefazione c' anche la popolazione immigrata. Il materiale sar infatti disponibile in 11 lingue: non solo tedesco, francese e italiano, ma almeno in parte anche albanese, inglese, portoghese, spagnolo, serbo, croato, bosniaco e turco. La fase iniziale della campagna parte in questi giorni con spot cinematografici in uno dei quali, che fa un po' il verso alla pubblicit di una nota marca americana, si vede un bel giovane correre libero, e con un fiato invidiabile, in mezzo a boschi e foreste. Ci saranno poi inserzioni sulla stampa, manifesti, un sito Internet (www.smokefree.ch) e la circolazione di pacchetti SmokeFree. Parola d'ordine nessuna sigaretta meglio di questa. Nella seconda parte del progetto verranno invece evocati motivi pubblicitari noti, ma reinterpretati in un contesto senza fumo. L'obiettivo rovesciare il falso mito che per anni ha fatto della bionda un simbolo di indipendenza e ribellione: la nuova, vera libert, che fa bene e non nuoce a nessuno, non essere schiavo della sigaretta. Questo il messaggio della campagna che, per la prima volta in Svizzera, utilizza anche spot televisivi accompagnati da sottotitoli per gli audiolesi, da attivare su teletext. Tra il 2001 e il 2009, la percentuale di fumatori elvetici di et compresa tra i 14 e i 65 anni scesa dal 33 al 27 per cento, una quota che secondo l'Ufsp rimane comunque elevata in Europea. Il Consiglio federale ha prolungato di quattro anni il Programma nazionale tabacco, allo scopo di ridurre al di ulteriori quattro punti il tasso dei fumatori residenti in Svizzera. (fonte: ilgiornale.it)

FUMO PROVOCA DANNI ISTANTANEI, EFFETTI CANCEROGENI DOPO 15-30 MINUTI 24/01/2011 16:39
Basta una sigaretta per assimilare sostanze tossiche in grado di innescare mutazioni genetiche allorigine di alcuni tumori. A dimostrarlo uno studio dellUniversit del Minnesota pubblicato dalla rivista Chemical Research in Toxicology. I ricercatori hanno tracciato il percorso degli IPA (idrocarburi policilici aromatici) agenti cancerogeni contenuti nel tabacco, presenti anche negli impianti che bruciano il carbone e nei cibi carbonizzato sui barbecue, e ha scoperto che i danni genetici da essi provocati non impiegano anni o mesi a manifestarsi, ma minuti. A 12 volontari stato chiesto di fumare delle sigarette contenenti un particolare isotopo del fenantrene, uno degli Ipa, pi facile degli altri da tracciare una volta inalato. Lo studio ha dimostrato che il fenantrene forma nel sangue un derivato, il diolo epossido, conosciuto perch provoca mutazioni nel Dna che possono portare al cancro, ma quello che ha sorpreso i ricercatori stato il tempo trascorso tra linalazione e la comparsa del composto, che stato al massimo di 15-30 minuti. E la prima volta che uno studio definisce la via seguita dagli Ipa nel metabolismo scrivono gli autori e questi risultati sono un monito molto severo a chi sta pensando di iniziare a fumare. (fonte: infosalute.info)

Con le sigarette il sonno va in fumo 10/01/2011 12:03
Fanno le ore piccole e, magari, nellinterruzione pubblicitaria di un film in seconda serata o tra un capitolo e laltro di un libro fumano una sigaretta. Sono i gufi, gli individui che tirano tardi la sera ma poi non sopportano le alzatacce. Ebbene, secondo uno studio pubblicato sulla rivista Addiction, sarebbero proprio loro le persone a maggior rischi di essere - e rimanere a vita - fumatori. Lo studio tra i pi ampi condotti sul tema: 676 coppie di gemelli nate prima del 1958 sono state seguite per trentanni da ricercatori dellUniversit di Helsinki in Finlandia. Il team ha compiuto tre rilevazioni nel 1975, nel 1981 e nel 1990 attraverso le quali ha indagato lattitudine al fumo dei partecipanti e la loro tendenza a essere "gufi" o "allodole" (cio mattinieri). GUFI COL VIZIO - Circa il 30 per cento del campione si dichiarato decisamente mattiniero mentre il 10 per cento decisamente nottambulo. Gli altri dichiaravano una lieve tendenza nelluno o nellaltro verso. Il dato pi interessante emerso dallo studio, per, la percentuale di fumatori nei diversi gruppi. Nella rilevazione del 1975 il 43 per cento dei "gufi" era fumatore contro il 27 per cento delle "allodole". Nel 1991 le percentuali erano scese rispettivamente al 35 e al 21 per cento. Inoltre la differenza tra "gufi" e "allodole" risultava ancora pi spiccata se venivano confrontati gruppi simili per et, abitudine allalcol o tendenza a soffrire di depressione. Per i ricercatori la sfida ora capire il perch di questa relazione. Le ipotesi sono diverse: pu darsi - sostiene il gruppo - che i neurotrasmettitori coinvolti nei meccanismi del piacere siano decisivi nel determinare sia il profilo del "gufo", sia lattitudine al fumo e alle dipendenze in genere. O, pi semplicemente, che il rimanere svegli fino a tarda notte offra maggiori occasioni di fumare. SIGARETTA NEMICA DEL SONNO - Tuttavia, la relazione causale potrebbe essere invertita. Non detto che fare le ore piccole porti necessariamente un individuo a fumare - ha commentato Ulla Broms, prima firmataria dello studio -. Piuttosto probabile che la nicotina, in quanto stimolante, eserciti un ruolo non indifferente su questi soggetti, proprio perch in grado di tenerli svegli nel tempo. Insomma, potrebbero essere le sigarette a far s che un individuo assuma i comportamenti del gufo, e non viceversa. Inoltre, da tempo la ricerca ha dimostrato una relazione tra fumo di sigaretta e una cattiva qualit del sonno. Un recente studio pubblicato sulla rivista Chest, per esempio, ha confrontato 40 fumatori e 40 non fumatori sottoponendoli a polisonnografia, un esame che misura diversi parametri fisiologici durante il sonno, dallattivit del cervello alla qualit della respirazione. Dai test emerso che nei fumatori si registra una minore durata del sonno profondo, quello pi ristoratore. Non stupisce allora che il 22,5 per cento di essi abbia dichiarato ai ricercatori di non sentirsi riposato al risveglio. Una percentuale che scendeva al 5 per cento nei non fumatori. Inoltre, le maggiori differenze nelle caratteristiche del sonno dei due gruppi si registravano nelle prime fasi del sonno, quando gli effetti della nicotina sono pi forti. In genere i fumatori hanno difficolt ad addormentarsi a causa degli effetti stimolanti della nicotina, ha spiegato uno degli autori, Naresh M. Punjabi, della Johns Hopkins University School of Medicine di Baltimora. Nel corso della notte, poi, i livelli di nicotina calano. Ma se questo rende pi agevole addormentarsi - ha aggiunto -, allo stesso tempo lastinenza da nicotina pu contribuire a causare disturbi del sonno. (fonte:corriere.it)

Oltre 600mila morti lanno nel mondo dovuti al fumo passivo 27/11/2010 18:19
Circa una morte su 100 ogni anno nel mondo causata dal fumo passivo, che uccide pi di 600.000 persone ogni anno. Ma il peggio che circa 165.000 di questi decessi sono di bambini. Queste sono le conclusioni di un articolo che comparir in una prossima edizione di The Lancet, scritto da Annette Pruss-Ustun, dellOMS di Ginevra, Svizzera, e colleghi. Lo studio il primo a valutare limpatto globale del fumo cosiddetto di seconda mano. Al fine di assicurare una comparazione consistente, i ricercatori hanno utilizzato i dati del 2004 per la loro analisi, dato che questo lultimo anno ad avere i dati completi dei 192 paesi studiati. Essi hanno stimato sia i decessi che gli anni di vita in buona salute persi (DALY), un conteggio che stima la perdita di giorni di vita confrontandola con la vita attesa degli individui che invece muoiono prematuramente. In tutto il mondo, il 40% dei bambini, il 33% dei maschi non fumatori, e il 35% delle donne non fumatrici sono stati esposti a fumo di seconda mano (il fumo passivo) nel 2004. E stato stimato che tale esposizione abbia causato 379.000 decessi per malattie ischemiche del cuore, 165.000 da infezioni delle basse vie respiratorie, 36.900 per asma, e 21.400 per cancro ai polmoni. In totale il conto fa 603.000 decessi attribuibili al fumo di seconda mano nel 2004, ossia l1% di tutti i decessi in tutto il mondo. Il 47% di morti per fumo di seconda mano si verificato nelle donne, il 28% nei bambini, e il 26% negli uomini. Il numero dei giorni utili (DALY) persi a causa dellesposizione al fumo passivo stato pari a 10,9 milioni , che era di circa 0,7% del totale delle giornate lavorative perse a livello mondialea causa di malattie nel 2004. Il 61% dei giorni persi era attribuibile ai bambini. Gli oneri pi grandi a causa di malattie sono stati causati da infezioni delle basse vie respiratorie nei bambini di et inferiore ai 5 anni (5.939.000/54%), cardiopatia ischemica negli adulti (2.836.000/26%), e asma negli adulti (1.246.000/11%) e bambini (651.000/6%). Mentre i decessi dovuti al fumo passivo nei bambini sono sbilanciati verso paesi a basso o medio reddito, i decessi negli adulti si sono ripartiti tra tutti i paesi. Ad esempio, nei paesi ad alto reddito dellEuropa si sono verificati solo 71 decessi infantili attribuibili a fumo passivo, mentre negli adulti sono avvenuti 35.388 decessi. Invece in tutti i paesi dellAfrica valutati, circa 43.375 decessi dovuti al fumo passivo si sono verificati nei bambini, rispetto ai 9.514 negli adulti. Gli autori dicono: Due terzi di queste morti si verifica in Africa e nel sud dellAsia, dove i bambini sono esposti al fumo passivo in casa. La combinazione di malattie infettive e di tabacco sembra essere letale per i bambini in queste regioni, e questo potrebbe ostacolare gli sforzi per ridurre il tasso di mortalit per la fascia di et pi giovane di 5 anni come richiesto dal 4 Obiettivo di Sviluppo del Millennio. In tutto il mondo, sono i bambini con meno di 5 anni i pi fortemente esposti al fumo passivo, pi di ogni altra fascia det, e non sono in grado di evitare la principale fonte di esposizione soprattutto se i loro parenti stretti fumano in casa. Gli autori fanno notare che lesposizione a fumo in una casa con fumatori sembra simile nella maggior parte delle regioni, anche se pi intensa in Asia e nel Medio Oriente. Inoltre, i bambini sono il gruppo che mostra il maggior danno attribuibile al fumo passivo. Questi due fattori dovrebbero quindi quelli su cui le politiche di prevenzione dovrebbero concentrarsi di pi. Le donne le vittime pi numerose dopo i bambini Un altro dato inquietante per quello che riguarda le morti attribuibili al fumo passivo sono i decessi avvenuti nelle donne. Il numero assoluto di morti pi elevato nelle donne che negli uomini per due motivi principali. In primo luogo, il numero di donne non fumatrici (e quindi suscettibili di essere esposte al fumo passivo per definizione) circa del 60% superiore a quello di maschi non fumatori (considerando che ci sono ancora molti pi fumatori maschi rispetto alle donne). In secondo luogo, in Africa, in alcune parti del continente americano, nel Mediterraneo orientale e sud-est asiatico, le donne hanno almeno il 50% in pi di probabilit di essere esposte al fumo passivo rispetto agli uomini. Bilancio complessivo Queste morti devono essere aggiunte a circa 5,1 milioni di decessi attribuibili al fumo attivo per ottenere leffetto complessivo sia di fumo passivo e attivo. Il fumo, di conseguenza, stato responsabile di pi di 5,7 milioni di morti nel 2004. Nella loro analisi, gli autori hanno dato per scontato che chi fuma non dovrebbe essere soggetto agli effetti del fumo passivo, o comunque che i suoi effetti sono ricompresi in quelli del fumo attivo. Tuttavia, se non fosse cos (questa eventualit non stata dimostrata chiaramente), il numero di decessi dovuti al fumo passivo dovrebbe essere maggiorato di un buon 30% secondo gli autori. Allo stato attuale, solo il 7,4% della popolazione mondiale vive in paesi con leggi antifumo complete allo stato attuale, e lapplicazione di queste leggi severa in solo poche di tali giurisdizioni (come in Italia, uno dei paesi con le leggi pi avanzate e rispettate, soprattutto nei luoghi pubblici). In tali paesi, la ricerca ha dimostrato che queste leggi riducono lesposizione al fumo passivo in ambienti ad alto rischio, come bar e ristoranti, del 90%, e in generale del 60%. Oltre alla protezione che offrono ai non fumatori, le politiche antifumo riducono il consumo di sigarette tra i fumatori, aumentando i tassi di successo dei tentativi di coloro che vogliono smettere. Gli autori concludono che occorrerebbe estendere il divieto di fumo allinterno di locali chiusi anche alle abitazioni civili, oltre che adottare programmi e strategie educative complementari per ridurre lesposizione al fumo passivo in casa, un luogo particolarmente difficile da controllare da parte delle autorit e facilmente un luogo in cui si scelde a pericolosi compromessi tra fumatori e non fumatori, per chiare ragioni di buona convivenza. In un commento alla ricerca, il dottor Heather L. Wipfli e il dottor Jonathan M. Samet del Dipartimento di Medicina Preventiva dellUniversit della California, Los Angeles hanno dichiarato: Non ci pu essere alcun dubbio che il 1,2 miliardi di fumatori nel mondo stanno esponendo miliardi dei non fumatori al fumo passivo, un inquinante che provoca malattie come poche fonti di inquinamento possono dare. Quando ci troviamo di fronte ad inquinanti di ambienti interni, come abitazioni, uffici e luoghi pubblici al chiuso, spesso difficile eliminare la causa. Ma per il fumo, una questione di divieti che vanno fatti rispettare, e i benefici sarebbero sostanziali, come mostrato da questa nuova ricerca. (fonte: gaianews.it)

Silenziare un gene per aiutare le terapie antitumorali 13/11/2010 14:35
Sul Journal of Biological Chemistry stata pubblicata una ricerca che ha trovato una molecola in grado di disattivare il gene responsabile della sopravvivenza del tumore al livello epatico. La molecola, chiamata Llll12 dai ricercatori della Ohio State University, riesce a silenziare il gene Stat3 che di solito produce una proteina che protegge dalle terapie le cellule tumorali del fegato. Gli studiosi hanno spiegato che nel caso riuscissero a ricavarne un vero e proprio farmaco, si potrebbero avere nuove speranze anche per la cura di altre forme di cancro. (fonte: molecularlab.it)

Cancro ai polmoni: alterazione genetica per i non fumatori 13/11/2010 14:34
Una nuova ricerca sul tumore ai polmoni, uno dei mali pi diffusi della nostra epoca, suggerisce che la forma di cancro che colpisce i fumatori sia differente da quella che affligge i non fumatori. Gli scienziati di Vancouver hanno sottoposto ad analisi pazienti colpiti da tumore ai polmoni ed hanno notato che i non fumatori hanno alterazioni genetiche che non sono invece presenti nei fumatori. Il tumore ai polmoni compare nei non fumatori in pi giovane et, pi frequente nelle donne ed legato spesso alladenocarcinoma, il pi diffuso tipo di cancro, e a mutazioni nei geni che regolano la crescita della pelle. Questo ultimo dato porta a dedurre che il tumore polmonare dei non fumatori abbia altri meccanismi rispetto a quello di chi consuma tabacco: tutto ci potrebbe aprire la via alla differenziazione delle terapie di cura e alla diagnosi precoce anche per chi non fuma. Uno dei fattori di incidenza della mortalit per carcinoma polmonare infatti la ritardata diagnosi, che frequente nei non fumatori. (fonte: benesseresalute.net)

Identificato il gene che fa crescere i tumori 13/11/2010 14:31
Si chiama FOXM1 e sarebbe lui il gene responsabile della crescita incontrollata delle cellule tumorali. Lo ha identificato un gruppo di ricercatori della Barts and The London School of Medicine and Dentistry che ne ha dato notizia in un articolo pubblicato dalla rivista Cancer Research. Gli studiosi avrebbero capito qual' il gene responsabile della nascita e dello sviluppo dei tumori umani. Il gene in questione, FOXM1, non fa altro che sfruttare la propriet intrinseca di auto-rinnovamento delle cellule staminali causando l'eccessiva proliferazione delle cellule. I ricercatori inglese non hanno usato cavie animali per il loro test ma hanno lavorato direttamente sulle cellule umane, utilizzando colture cellulari tridimensionali. La coltura tridimensionale permette proprio di imitare la rigenerazione dei tessuti umani in laboratorio. Le cellule staminali umane adulte di partenza sono state isolate dai tessuti della bocca. I ricercatori hanno dimostrato che le cellule staminali normali ingegnerizzate in laboratorio per esprimere livelli normali del gene FOXM1, non hanno innescato la crescita eccessiva delle cellule all'interno di un sistema 3D di coltura dei tessuti, mentre quando le cellule sono state ingegnerizzate per produrre livelli anormali, maggiorati, del gene FOXM1 questi livelli hanno portato alla crescita incontrollata dei tessuti in coltura. Quindi, quando il gene in questione viene over-espresso, si determina una condizione conosciuta con il nome di iperplasia, il processo biologico progressivo che porta alla crescita del volume di un organo o di un tessuto per aumento del numero delle cellule che lo costituiscono. Secondo i ricercatori della Barts and The London School of Medicine and Dentistry, questo step potrebbe essere il primo di una serie di eventi molecolari anormali che portano alla formazione del cancro. Quindi andando ad intervenire su un gene coinvolto negli stadi iniziali della formazione di un tumore si potrebbe interferire con tutto il processo. Tra i propositi degli studiosi, autori di questa scoperta, quello di sviluppare dei nuovi test per la diagnosi precoce del cancro e anche quello di pensare e mettere a punto nuovi trattamenti che impediscano o blocchino la diffusione e la crescita delle cellule tumorali. Ci proponiamo di tradurre le nostre scoperte in test molecolari diagnostici clinicamente utili per rilevare la crescita del cancro nelle fasi iniziali - ha spiegato il Dr Muy-Teck Teh, autore dello studio - per comprendere l'origine dello sviluppo del cancro e per la ricerca di efficaci farmaci anti-tumorali che bloccano il cancro nella sua primissima fase di sviluppo. La ricerca stata effettuata grazie al co-finanziamento della Barts and The London School of Medicine and Dentistry, della Queen Mary University of London e del Norwegian Research Council. (fonte: italiasalute.leonardo.it)

Usa, campagna choc contro il fumo: le foto dei cadaveri sui pacchetti delle sigarette 13/11/2010 14:30
Il fumo fa male: ed il messaggio deve essere inequivocabile. Lo hanno pensato, evidentemente, le autorit del dipartimento della Salute e dalla Food and Drug Administration che hanno promosso lultima campagna informativa senza mezzi termni. Cadaveri, malati di cancro, radiografie di polmoni devastati: sono alcune delle immagini che dovrebbero comparire su almeno met dei pacchetti di sigarette venduti in America. Il tabacco, secondo le statistiche, infatti responsabile di circa oltre 400mila decessi allanno negli Stati Uniti. Entro giugno, lagenzia selezioner le foto. Per adeguarsi alle nuove direttive, poi, i produttori di sigarette avranno al massimo 15 mesi. (fonte: blitzquotidiano.it)

Cancro al polmone, italiane incoscienti Solo tre su cento si sentono a rischio 14/10/2010 21:27
Superficiali, incoscienti, sprezzanti del pericolo. Le donne italiane, solitamente attente e informate quando si parla di salute, abitualmente disponibili a sottoporsi agli screening per le principali forme di tumore, appaiono invece impreparate di fronte al cancro al polmone. Non a caso, forse, il numero di decessi femminili per questa patologia in costante aumento negli ultimi anni, proporzionalmente allaumento del numero di fumatrici. A scattare una fotografia sul livello di consapevolezza e prevenzione in fatto di carcinoma polmonare una ricerca dellOsservatorio Nazionale sulla salute della Donna (O.N.Da, realizzata grazie al sostegno di AstraZeneca), presentata a Roma in occasione del mese di sensibilizzazione mondiale su questa patologia proclamato per novembre dalla Global Lung Cancer Coalition. DONNE SEMPRE PI IN PERICOLO - I numeri non lasciano dubbi. Solo fino a pochi anni fa il tumore polmonare era prevalentemente maschile: per ogni 5 maschi ammalati cera una femmina. Oggi questa relazione dimezzata e fra i circa 35mila nuovi casi diagnosticati ogni anno in Italia si registra una progressiva riduzione negli uomini e un costante incremento nelle donne. Ma secondo lindagine condotta da O.N.Da su un campione di 600 connazionali fra i 25 e i 60 anni distribuiti su tutto il territorio nazionale, le italiane sottovalutano, quando non ignorano, questa forma di cancro. Sebbene il 32 per cento delle intervistate sappia che negli ultimi anni i decessi sono aumentati proprio fra le donne (fumatrici o meno), solo il sette per cento lo ritiene davvero pericoloso ed consapevole che oggi il carcinoma polmonare il secondo big-killer tra le neoplasie, dopo quello della mammella e dellutero. Il resto lo associa una percezione di rischio medio-bassa. E se le ultime ricerche dimostrano che le donne sono geneticamente pi in pericolo rispetto agli uomini, forse le italiane non lo sanno, visto che solo il tre per cento si sente minacciata. Come confermato dai dati di questo studio - spiega Silvia Novello, pneumologo dellUnit di oncologia toracica allospedale San Luigi Gonzaga di Orbassano (Torino) e presidente di Walce (Women Against Lung Cancer in Europe) -, la sensazione generale che le donne siano pi spaventate da altri tipi di cancro, mammella o utero, non rendendosi conto che il tumore del polmone colpisce il 26,6 per cento delle femmine contro il 19,9 per cento dei maschi. E che ladenocarcinoma negli ultimi anni ha registrato un aumento del 21,6 per cento dei casi fra le prime e solo del 9,6 negli uomini. LA MALATTIA (NON SOLO) DEI FUMATORI - Oggi, inoltre, si ha conferma che le donne sono geneticamente pi predisposte degli uomini a sviluppare il tumore del polmone, siano esse fumatrici o meno - precisa Silvia Novello -. Sono loro infatti a contrarlo con maggiore facilit per una diversa capacit femminile di riparare il Dna danneggiato. Secondo le statistiche, poi, le donne si ammalano prima: nel 23,3 per cento dei casi hanno meno di 50 anni allesordio della malattia, che invece compare dopo i 50 nella stragrande maggioranza (il 78 per cento) dei maschi. Il tumore al polmone - spiega Armando Santoro, responsabile del Dipartimento di oncologia medica ed ematologia dellHumanitas di Milano - causa di circa 35-40mila decessi ogni anno nel nostro Paese. E se si aggiungono altre cause di morte per fumo, quali malattie cardiovascolari e respiratorie, arriviamo a superare gli 80mila decessi annui. Eppure il carcinoma polmonare citato come il tumore pi rischioso per la propria salute solo dal 13 per cento degli intervistati. Colpa, molto probabilmente, del fatto sia percepito come una malattia tipica del fumatore. Cos, chi non fa uso di tabacco non si sente toccato dal problema e assume un comportamento dindifferenza e disinteresse - commenta Francesca Merzagora, presidente di O.N.Da -. E chi fuma si sente razionalmente esposto, ma mette in atto un atteggiamento emotivo difensivo e distaccato. SMETTE CHI HA VISSUTO IL CANCRO DA VICINO - Ma se vero che anche solo la sigaretta occasionale e il fumo passivo possono creare danni potenzialmente seri al Dna delle cellule nelle vie respiratorie, accade sempre pi spesso (circa il 15-20 per cento dei nuovi casi annui) di ritrovarsi con una diagnosi di cancro ai polmoni senza aver mai toccato neppure una sigaretta o quasi. Un fatto appare comunque certo e ben chiaro agli intervistati: il tabacco va evitato. Per solo un ex fumatore su cinque dichiara daver smesso perch preoccupato per la salute, mentre le ragioni che inducono a eliminare le sigarette sono principalmente legate alla famiglia e alla presenza di figli (il fumo vissuto come elemento di "disagio" familiare pi che come un rischio per se stessi) o al fatto daver avuto un caso di tumore polmonare nella cerchia dei parenti. Infine, dallanalisi emerge che la consapevolezza della patologia e ladesione al concetto di prevenzione aumentano al crescere dellesperienza diretta della patologia, della percezione di rischio personale e del senso di responsabilit per la famiglia. Insomma, ancora troppi italiani vivono nellinfinito rinvio del "domani smetto" e si decidono a spegnere davvero la sigaretta solo dopo essersi scottati. (fonte: corriere.it)

Sigarette: non esiste la modica quantit 11/10/2010 09:08
Cattive notizie per chi crede nellinnocenza della sigaretta occasionale: anche un tiro di tanto arreca danni potenzialmente seri al Dna delle cellule nelle vie respiratorie. Lo stesso vale per il fumo di seconda mano. Dunque, lunico livello sicuro di esposizione al fumo di sigaretta zero. LO STUDIO Il fumo, anche alle pi basse concentrazioni rilevabili, ha effetti diretti sul funzionamento dei geni che regolano lattivit delle cellule di gola, bronchi, polmoni. E la conclusione del lavoro di un gruppo di ricercatori americani afferenti alla Cornell University e al Presbyterian Hospital/Weill Cornell Medical Center di New York. Esaminando 121 persone, fra non fumatori, fumatori moderati e forti fumatori, gli studiosi hanno rilevato che alcuni geni, particolarmente sensibili al fumo di tabacco, mostravano funzioni alterate anche in chi fumava poco. Leffetto genetico molto pi lieve rispetto ai fumatori regolari, ma ci non significa che non ci siano conseguenze sulla salute - scrivono gli autori sullAmerican Journal of Respiratory and Critical Care Medicine -. Le funzioni alterate di quei geni altro non sono se non i primi segni di malattia biologica nel polmone o nellindividuo. COME IL CANARINO IN MINIERA - I ricercatori hanno confrontando i livelli di nicotina e di un suo metabolita, la cotinina, nelle urine di partecipanti, e hanno sequenziato lintero genoma di ciascun partecipante a caccia di geni alterati. Nessun livello di nicotina o cotinina appariva slegato da una qualche anomalia genetica. Ronald Crystal, primo autore della ricerca, ha paragonato questi cambiamenti genetici al canarino in una miniera di carbone, poich come lanimaletto che serviva ai minatori nelle gallerie per rilevare eventuali gas pericolosi, avvertono della presenza di malattie potenzialmente letali. Ma il canarino cinguetta per i pazienti poco esposti e strilla per i fumatori abituali conclude Crystal, augurandosi che queste informazioni vadano a sostegno dei divieti di fumo nei luoghi pubblici, dove i non fumatori e i lavoratori delle aziende dove si fuma, sono a rischio di future malattie respiratorie, fra cui i tumori del polmone e la Bpco (broncopneumopatia cronica ostruttiva). (fonte: corriere.it)

Test del DNA per diagnosticare i tumori 30/09/2010 22:38
Un test molecolare per la diagnosi oggettiva dei tumori stato messo a punto da un gruppo di ricerca italiano. La sperimentazione punta ad offrire agli oncologi uno strumento in grado di ottimizzare i tempi della diagnosi per combattere meglio lo sviluppo della neoplasia. Durante la prima fase sono stati analizzati al computer, ricorrendo ad apposite banche dati, i profili di espressione di tutti i geni umani in diversi tessuti normali e tumorali. Per profilo di espressione si intende linsieme dei geni attivamente tradotti in proteine, una sorta di impronta digitale della cellula che consente di determinare il tessuto di appartenenza e, come dimostra lo studio, di distinguere tra le cellule sane e quelle vittime di degenerazioni patologiche, ad esempio cancerose, spiega Graziano Pesole, direttore dellIstituto di biomembrane e bioenergetica del Consiglio nazionale delle ricerche (Ibbe-Cnr) e professore presso lUniversit di Bari. In particolare ci siamo concentrati sullanalisi dello splicing alternativo, un meccanismo di maturazione dellRna che interessa oltre il 90% dei nostri geni e che consente, tramite un processo di taglia e cuci, di ampliarne il potenziale di espressione, ottenendo pi proteine da uno stesso gene. La comparazione dei diversi profili di espressione, in parte prodotti dallo splicing alternativo, ha consentito di identificare proteine biomarcatori, indicative di una condizione tumorale. Durante la seconda fase dello studio lattendibilit dei biomarcatori stata confermata in vivo su pazienti affetti da glioblastoma, unaggressiva forma di cancro al cervello. I risultati di questa ricerca pongono i presupposti per una diagnosi semplice, accurata e veloce dei tumori e per la messa a punto di terapie personalizzate ed efficaci, sottolinea il direttore dellIbbe-Cnr. Le piattaforme di sequenziamento di nuova generazione, una delle quali recentemente messa in esercizio presso lItb-Cnr di Bari, consentiranno infatti di identificare in tempi e costi contenuti biomarcatori, che renderanno possibile la diagnosi delle diverse forme tumorali e costituiranno il bersaglio di nuovi farmaci, in grado di riconoscerli ed eradicare selettivamente le cellule neoplastiche, nelle quali sono espressi. I risultati dello studio cui oltre allIbbe-Cnr hanno partecipato ricercatori dellIstituto di tecnologie biomediche (Itb) del Cnr di Bari, dellUniversit di Milano e della Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo sono stati pubblicati sulla prestigiosa rivista internazionale Molecular Cancer. Puoi fare una domanda agli specialisti del forum e iscriverti alla newsletter, riceverai ogni settimana le notizie pi importanti per la tua salute. (fonte: italiasalute.it)

Nuovi markers per scovare tumori aggressivi 30/09/2010 22:37
Una volta implementato nella pratica clinica il nuovo test su campioni di sangue, si potrebbe arrivare alla diagnosi precoce e a un pi efficace trattamento terapeutico Utilizzando una nuova tecnica proteomica basata su aptameri, i ricercatori della societ Somalogic Inc guidati da Rachel Ostroff hanno individuato alcuni marcatori biologici per due forme neoplastiche molto aggressive, il tumore del pancreas e il mesotelioma, nelle loro fasi iniziali di sviluppo. Questa tecnologia, una volta implementata nella pratica clinica, permetterebbe una diagnosi precoce e consentirebbe una pi agevole ricerca dei possibili target terapeutici. Attualmente queste forme tumorali vengono rivelate in uno stadio avanzato, quando le possibilit di cura sono minime, ha spiegato Ostroff nel corso dellAACR International Conference on Molecular Diagnostics in Cancer Therapeutic Development. La loro individuazione in una fase iniziale una premessa fondamentale per avere un trattamento precoce in grado di aumentare sia la sopravvivenza sia la qualit della vita dei pazienti. Scoperti circa 20 anni fa, gli aptameri sono acidi nucleici che si legano a specifiche proteine. La ricerca di SomaLogic ha sviluppato negli anni una nuova generazione di aptameri denominati SOMAmers (Slow Off-rate Modified Aptamers) caratterizzati da unaffinit e una specificit superiori alla norma. I SOMAmers permettono lidentificazione e la quantificazione simultanea di proteine target in campioni biologici complessi. Nel corso di questultimo studio, lobiettivo era di determinare se la tecnologia proteomica potesse permettere didentificare biomarcatori ematici per tumori pancreatici o mesoteliomi tumori del polmone dovuti allesposizione allasbesto che causano ogni anno 15.000-20.000 vittime nel mondo in soggetti con diagnosi di cancro ma non ancora trattati. I soggetti compresi nel gruppo di controllo avevano invece patologie benigne con sintomi simili (pancreatiti o fibrosi polmonari). Grazie alle analisi dei campioni di sangue, per entrambi i tumori i ricercatori hanno scoperto biomarker che costituiscono una firma di alta accuratezza diagnostica. Gli stessi parametri hanno dimostrato anche unalta specificit, ovvero un basso rischio di falsi positivi al test. Gli studi di validazione della metodica sono tuttora in corso ma speriamo che presto si traducano in vantaggi tangibili per i pazienti, ha concluso Ostroff. (fonte: liquidarea.com)

Il tumore della pelle (melanoma) si curer potenziando le difese 30/09/2010 22:35
I principali tipi di tumore della pelle sono tre: il carconoma basocellulare, quello spinocellulare e il melanoma. Dalle cellule epiteliali hanno origine i carcinomi basocellulari e quelli spinocellulari, mentre dai melanociti si sviluppano il melanoma. La prognosi dei due tipi di tumore molto diversa, i primi crescono molto lentamente, e di rado danno luogo a metastasi, molto raramente sono mortali. Il melanoma, invece, la forma pi grave dei tumori della pelle, ed particolarmente pericoloso perch rispetto ad altri tumori cutanei pu dar luogo con maggiore frequenza a metastasi. Lo sviluppo del melanoma molto complesso, i fattori di rischio si conoscono solo parzialmente, alcuni sono strattemente legati alla persona: nel 10% dei casi si tratta di una predisposizione familiare; la presenza di lentiggini o di nei, soprattutto se sono grossi, dai bordi irregolari, di forma e colore variabile o in gran quantit (pi di 50); occhi, capelli e pelle chiara, queste persone generalmente durante esposizioni solari intense si scottano con facilit, ma non si abbronzano. Il legame tra l esposizione ai raggi solari e l insorgenza del tumore della pelle meno forte rispetto agli altri tumori. Un arma in pi contro il melanoma, un tumore che colpisce la pelle, potrebbe essere rappresentata dalla bioterapia. Si tratta di una cura che agisce potenziando il sistema di difesa naturale dell organismo del malato. Lo studio sul melanoma, presentato in questi giorni a Milano, sar condotto dal Network italiano per la bioterapia dei tumori (Nibit) e valuter l azione combinata dell antiocorpo monoclonale) molecola biologica che scova le cellule tumorali) ipilimumab e di un farmaco chemioterapico standard, la fotemustina. Sinora l efficacia dell ipilimumab in monoterapia (cura con un unico farmaco) ha dato esiti positivi sul tumore al polmone e alla prostata. L obiettivo della bioterapia favorire una forte reazione di difesa contro il melanoma, senza distruggere direttamente le cellule malate. (fonte: mondobenessereblog.com)

Tumore al seno, aumentano i casi. Visite gratuite per la prevenzione a ottobre 30/09/2010 22:34
In Italia lincidenza del tumore al seno in aumento, e si prevede che nel 2010 i nuovi casi nel nostro paese saranno 42mila, molti dei quali guaribili con unadeguata prevenzione. Il dato stato presentato in occasione del lancio della campagna organizzata dalla Lega Italiana per la lotta ai tumori (Lilt), che per il mese di ottobre mette a disposizione i suoi ambulatori per visite diagnostiche gratuite. La campagna, simboleggiata anche questanno da un nastro rosa, giunta alla diciassettesima edizione, e vede come testimonial la giornalista e conduttrice tv Francesca Senette. Per prenotare le visite e sapere quale dei 390 ambulatori pi vicino lassociazione mette a disposizione il numero verde 800-998877, e i siti www.nastrorosa.it e www.lilt.it, dove saranno pubblicati anche gli eventi organizzati nelle citt italiane. Anche se lincidenza aumenta c un calo costante della mortalit ha affermato Francesco Schittulli, presidente della Lilt e lanticipazione diagnostica oggi larma vincente contro questa malattia. Lobiettivo deve essere la mortalit zero, perch sconfiggere la malattia possibile. Fra le varie iniziative previste per la campagna, organizzata con il contributo di Estee Lauder Companies, torna anche lilluminazione di rosa di alcuni monumenti in tutto il mondo, di cui lItalia detiene il primato: nel nostro paese sono circa 50 i comuni che hanno aderito. Lo scorso anno la campagna ha avuto un grande successo afferma Schittulli abbiamo avuto pi di 10mila chiamate al numero verde, e i nostri ambulatori hanno visitato oltre 140mila donne. (fonte: blitzquotidiano.it)

Tumore al seno: fumo e recettori nicotinici in esubero con conseguenti neoplasie 31/08/2010 10:31
Nelle cellule cancerose risultano notevolmente sovraespressi i recettori nicotinici nAChR, e in misura ancora maggiore nelle cellule di tumori in fase avanzata. ben noto come lassunzione di nicotina porti al fenomeno della dipendenza da questa sostanza in virt del legame che instaura con il recettore dellacetilcolina (nAchR). Tale legame in grado anche promuovere linsorgenza del tumore del seno, come mostra una ricerca pubblicata online sul Journal of the National Cancer Institute. Il fumo di sigaretta stato riconosciuto come fattore di rischio per unampia gamma di neoplasie, e in particolare per il tumore della mammella; tuttavia finora erano state tirati in causa componenti diversi del tabacco. Per determinare leffetto di promozione della carcinogenesi della nicotina, Yuan-Soon Ho, ricercatore della Taipei Medical University, e colleghi hanno analizzato 276 campioni di tessuto tumorale per verificare se sottounit del recettore nicotinico nAChR fossero sovra-espresse nelle cellule di tumore del seno rispetto a quelle normali circostanti. I ricercatori hanno trovato come nelle cellule di tumore della mammella fossero notevolmente sovra-espresse le subunit alfa-9 dellnAChR (α9-nAchR), e che tale espressione risultava relativamente pi alta nei tumori in fase avanzata rispetto a quelli in fase iniziale. Negli esperimenti di laboratorio si riscontrato inoltre come con la riduzione dei livelli di α9-nAchR risulti inibita la crescita tumorale, mentre il loro incremento o il trattamento delle cellule tumorali con nicotina promuova lo sviluppo di caratteristiche cancerose. Secondo il commento degli autori: I risultati implicano che i segnali cancerogeni mediati da recettore rivestono un ruolo decisivo nelle funzioni biologiche collegate allo sviluppo del tumore della mammella nellessere umano. (fonte: liquidarea.com)

Tumore al seno: scoperto interruttore molecolare della forma aggressiva 31/08/2010 10:30
Scoperto un gene responsabile delle metastasi originate dal cancro al seno HER2 positivo, una delle forme pi aggressive del carcinoma mammario: lo studio, effettuato dai ricercatori del Breakthrough Breast Cancer Research Unit dellUniversit di Edimburgo e pubblicato sul British Journal of Cancer, mette in evidenza il ruolo chiave del gene, una sorta di interruttore molecolare che, se attivo, sarebbe responsabile della diffusione del cancro ad altri organi. Secondo quanto affermato dai ricercatori, farmaci in grado di inibirne il funzionamento, arrestando lo sviluppo delle metastasi, sarebbero gi in cantiere. una donna su cinque con cancro al seno a soffrire della forma aggressiva della malattia, nota anche come HER2 positivo (Human Epidermal growth factor Receptor 2). Come per tutti i tumori, la chiave per combatterli nel comprendere come si formano e come si sviluppano spiega Elad Katz, che ha guidato lo studio -. Identificare il ruolo chiave di questo gene nella diffusione di questo tipo di tumore al seno una scoperta significativa. Anche se siamo ancora alla fase iniziale, sappiamo che c la reale possibilit di un nuovo trattamento per le donne con carcinoma mammario HER2 positivo. Lobiettivo, adesso, realizzare un farmaco in grado di bloccare lazione del gene: Questo studio rappresenta un importante sviluppo perch ora conosciamo uno dei principali fattori che danno vita alle metastasi di questo tipo di cancro spiega David Harrison, direttore del Breakthrough Breast Cancer Research Unit dellUniversit di Edimburgo -. emozionante sapere che c un farmaco che potrebbe fermare questo processo. (ASCA) (fonte: liquidarea.com)

Cancro alla prostata, presa la cellula madre che lo genera 05/08/2010 07:56
Catturate le sfuggenti cellule madre del cancro alla prostata, ovvero le cellule responsabili di questo tumore e dalle quali il cancro ha inizio. Ci stato possibile grazie ad un originale esperimento che ha portato anche alla creazione di un tumore umano partendo da cellule sane. Annunciata sulla rivista Science, la scoperta importante perch queste staminali del cancro potrebbero divenire un risolutivo bersaglio terapeutico e portare allindividuazione di nuovi marcatori per migliorare la diagnosi e mettere a punto test predittivi della gravita della malattia nel singolo paziente. Le staminali colpevoli, trovate da un team della Universit di Los Angeles, si chiamano cellule basali, ha spiegato Owen Witte, coordinatore dello studio. Si tratta di una scoperta importante, ha commentato il lavoro Ruggero De Maria, Dirigente di ricerca dellIstituto Superiore di Sanit, che fa un po di luce sulle cellule alla base di questo tumore maschile, davvero difficili da isolare in modo certo. Inoltre la procedura con cui stato ottenuto questo risultato, ha aggiunto De Maria, con un lavoro semplice e pulito, consente anche di mettere a disposizione della comunit scientifica nuove cellule su cui studiare il tumore, non prese dai pazienti ma prodotte direttamente in provetta. Da quando si compreso che alla base dei tumori ce un manipolo di poche cellule staminali impazzite che generano lintera massa tumorale, partita una caccia grossa a livello mondiale per lisolamento delle staminali per ciascuna neoplasia. Il punto che, trovandole, si possono colpire direttamente le staminali e quindi eradicare il cancro alla radice, risolvendo anche quei casi di tumore che sono farmaco-resistenti. Ma non sempre facile isolare le staminali del cancro, come nel caso del tumore alla prostata, uno tra i piu frequenti tumori maschili con circa 23 mila nuovi casi ogni anno in Italia. Per la verit ha precisato De Maria sono stati pubblicati vari lavori sul conto delle staminali del cancro alla prostata, tra cui uno su Nature meno di un anno fa da Michael Shen della Columbia University, che pero individuava come staminali del cancro un altro tipo di cellule . I ricercatori hanno preso diverse popolazioni di cellule dalla prostata di volontari sani e poi hanno inserito in ciascuna gli interruttori del cancro, ovvero gli oncogeni legati al tumore alla prostata. Infine hanno inoculato i differenti gruppi di cellule in vari topolini osservando che solo le staminali basali, modificate con i geni del cancro, hanno innescato un tumore nelle cavie, ma non le altre cellule. Si tratta di una buona procedura che anche noi, insieme al gruppo di Giorgio Stassi delluniversit di Palermo, stiamo utilizzando per studiare le staminali del cancro alla tiroide, ha detto De Maria. (fonte: blitzquotidiano.it)

Chiudere le dighe e rafforzare gli argini Ecco la nuova strategia contro il cancro 05/08/2010 07:54
L'angiogenesi non pi un mistero. Che questo processo che porta alla formazione di nuovi vasi sanguigni sia una fase cruciale dello sviluppo di un tumore ormai un fatto noto non soltanto a medici e ricercatori, ma anche a molti pazienti e familiari che toccati dalla malattia hanno deciso di capirne qualcosa di pi. Ora, uno studio italiano pubblicato sulla rivista Developmental Cell individua uno dei meccanismi responsabili delle anomalie e dellalterata organizzazione del sistema vascolare tumorale. La scoperta, realizzata da un team di ricerca dell'Ifom (Istituto FIRC di Oncologia Molecolare), apre la strada a nuove strategie terapeutiche che potrebbero affiancare e potenziare lazione dei farmaci antiangiogenetici utilizzati finora. LE AUTOSTRADE DEL TUMORE - Ecco, in breve, come funziona langiogenesi. La massa tumorale molto presto comincia a stimolare nuove strutture vascolari, a partire da quelle dellorganismo ospite, per rifornirsi cos di ossigeno e di nutrienti. Inoltre, una volta che il sistema vascolare del tumore si organizzato, le cellule cancerose utilizzano i vasi come autostrade attraverso le quali immettersi nel flusso sanguigno e dare inizio al viaggio che le disseminer in giro per il corpo, dando origine nei diversi organi alle metastasi. Per queste ragioni negli anni si sviluppata una precisa strategia di attacco: interferire con la formazione dei vasi nel tumore per inibire da un lato la sua crescita e dallaltro la formazione di metastasi. Tuttavia questa strategia seppur efficace non ha dimostrato di essere ancora risolutiva. VASI SANGUIGNI COME I FIUMI - Quello che diversi studi hanno dimostrato di recente che bisogna guardare non soltanto alla quantit ma anche alla qualit dei vasi che si formano allinterno del tumore spiega Elisabetta Dejana, responsabile del programma di ricerca di angiogenesi dellIfom. Nel momento in cui i nuovi vasi penetrano nel tumore, infatti, questi cambiano le loro normali caratteristiche: diventano molto irregolari e non si distinguono chiaramente le arterie dalle vene. Si tratta di vasi molto fragili e permeabili, che possono facilmente dare origine a emorragie o permettono la fuoriuscita di liquidi che si accumulano nel tessuto tumorale provocando gonfiori e compressioni. In queste circostanze il flusso sanguigno risulta alterato, si creano zone di necrosi e il trasporto e la diffusione dei farmaci chemioterapici allinterno della massa tumorale fortemente ostacolato. Se si pensa a un fiume - continua Dejana - quando gli argini sono ben costruiti, alti e fortificati difficile che avvengano esondazioni e l'irrigazione dei terreni avviene correttamente. Quando invece gli argini sono deboli e discontinui, le acque del fiume possono straripare, lirrigazione alterata ed pi facile accedere al suo alveo dallesterno. Allo stesso modo, i vasi irregolari e altamente permeabili presenti nei tumori non solo sono emorragici, ma offrono una resistenza molto bassa allentrata in circolo delle cellule cancerose e alla loro disseminazione. IL NUOVO STUDIO - Fino a oggi non era chiaro chi fossero tutti i responsabili di unorganizzazione cos anomala delle strutture vascolari tumorali, ma la nuova scoperta realizzata dal team Ifom rappresenta un passo significativo per inquadrare nel mirino alcuni colpevoli. Abbiamo individuato una particolare famiglia di proteine, le Wnt, che controlla la formazione dei nuovi vasi sanguigni - chiarisce Monica Corada, primo autore dello studio e ricercatrice Ifom -. Quando questi attori del processo di vascolarizzazione non agiscono in maniera controllata i vasi che si originano sono anomali e molto pi fragili. Ora, finalmente, abbiamo precisi bersagli terapeutici con cui interferire per regolarizzare la vascolatura. Le terapie che bloccano la vascolarizzazione del tumore restano ovviamente valide, ma - secondo i ricercatori - pu essere rilevante, soprattutto quando il tumore in fase avanzata, anche stabilizzare e normalizzare i vasi per favorire una migliore diffusione dei farmaci allinterno della massa tumorale e contribuire a prevenire o fermare le metastasi. Lobiettivo, insomma, arrivare a identificare la combinazione ideale di diversi trattamenti cos da intervenire in maniera sempre pi mirata e specifica sui diversi tipi di cancro a seconda delle loro caratteristiche e del loro stadio di progressione. (fonte: corriere.it)

Caff, una prevenzione anche contro il tumore di cavo orale e faringe 03/07/2010 10:48
E il risultato di una ricerca coordinata dalla dott.ssa Carlotta Galeone dellIstituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri e dellUniversit di Milano in cui stato analizzato il legame tra caff e rischio di cancro al cavo orale, un argomento su cui nessuno studio passato era mai riuscito a raggiungere risultati univoci. Le conclusioni dellindagine italiana sono invece piuttosto chiare: consumale 4 tazze di caff al giorno ridurrebbe del 39% il rischio di tumori al cavo orale e alla faringe inferiore rispetto a chi non beve caff. Torniamo quindi a parlare dei benefici del caff, ma ci teniamo tuttavia ad esortare a non farne abuso. Le analisi statistiche condotte su un ampio campione di soggetti avrebbe permesso di concludere che il consumo di caff associato a un minore rischio di tumore al cavo orale, alla faringe, ma non alla laringe. I risultati dello studio sono apparsi sulle pagine di Cancer Epidemiology, Biomarkers & Prevention. La studiosa italiana ha sottolineato che le cause che spiegherebbero questo legame siano ancora tutte da chiarire. Carlo La Vecchia dellIstituto Mario Negri ha invece ipotizzato che lesioni precancerose del cavo orale portino i soggetti a diminuire il consumo di caff, ma sono indispensabili ulteriori studi e accertamenti. (fonte: benessereblog.it)

Ideato nuovo test per scoprire il tumore alla vescica 03/07/2010 10:47
E un nuovo metodo per la diagnosi precoce del tumore alla vescica ideato dai ricercatori dellUniversit di Copenaghen. Questo tipo di tumore, tra i pi frequenti nelluomo, pu essere facilmente debellato se diagnosticato in tempo, mentre se scoperto in fase avanzata richiede necessariamente lintervento chirurgico. Lo studio stato riportato sul Journal of Molecular Diagnostics. Gli studiosi danesi hanno modificato un test gi usato per altri tipi di tumori, chiamato MS-MLPA, e sono riusciti a trovare nelle urine i marcatori biologici del cancro della vescica. Lo stesso principio potr essere usato per altri tipi di tumore, ha detto Per Guldberg, uno degli autori, fornendo un metodo veloce ed economico per la diagnosi precoce. (fonte: benessereblog.it)

Il Tea Tree per curare il melanoma 03/07/2010 10:46
Il Tea Tree (chiamato anche melaleuca alternifolia) un albero indigeno dell'Australia. Da tale pianta si ricava un olio, dotato di propriet anti cancro e potenzialmente efficace contro il melanoma. Questa l'ipotesi di una ricerca dell'University of Western Austalia (UWA), diretta dalla dottoressa Sara Greay. Gli scienziati hanno preso in esame alcuni topi da laboratorio, tutti affetti da vari tipi di tumore della pelle. Gli animali sono cos stati trattati con un composto a base di olio di Tea Tree. L'esperimento (durato tre anni) ha mostrato come la sostanza agisse rapidamente inibendo la crescita delle cellule cancerose e provocandone la regressione. Ulteriori approfondimenti hanno poi evidenziato come l'olio in questione attaccasse il cancro anche tramite uno stimolo del sistema immunitario. Inoltre, il team UWA fa notare gli effetti collaterali ridotti. Mentre le sedute di chemioterapia provocano disturbi come nausea e sintomi influenzali, il trattamento con la melaleuca alternifolia si limita ad un'irritazione cutanea passeggera. Conclude cos la dottoressa Greay: "Siamo molto entusiasti di questi risultati e speriamo di trovare finanziamenti per una piccola sperimentazione clinica con circa 50 persone con lesioni pre-cancerose, con l'obiettivo di prevenire lo sviluppo dei tumori della pelle". (fonte: newsfood.com)

Scoperte le cellule zero che causano il melanoma 03/07/2010 10:44
Finalmente le hanno scovate. Ricercatori della Stanford University School of Medicine in California, in uno studio pubblicato sullultimo numero della rivista Nature, spiegano di aver individuato le cellule zero del pi letale cancro alla pelle, il melanoma. La scoperta potrebbe spiegare perch le cure oggi in uso contro questo tumore non funzionano bene e portare a nuove terapie pi efficaci. LO STUDIO - Negli ultimi anni sono state individuate le cellule zero che danno inizio a molti tipi di cancro: sono le staminali che, pur costituendo la parte minoritaria del tumore, ne causano la crescita perch si riproducono dando continuamente vita a nuove cellule malate. Cos anche quando i farmaci annientano la massa neoplastica, queste staminali ne vanificano lefficacia formando un nuovo tumore, spesso pi cattivo del primo. Per il melanoma finora queste cellule originarie mancavano allappello, ma i ricercatori americani le hanno identificate riconoscendole per un loro tratto distintivo: portano in superficie una bandierina molecolare, la molecola CD271. Trapiantando in laboratorio alcune di queste cellule nelle cavie, infatti, gli animali si sono ammalati di melanoma. Le staminali che portano letichetta CD271 mancano invece, del tutto o in parte, delle etichette molecolari TYR, MART e MAGE che sono i pi comuni bersagli terapeutici di farmaci anti-melanoma oggi in uso. Ecco perch questi farmaci non ce la fanno a eradicare la malattia: non riescono a colpire il cancro alla radice perch le staminali sono immuni alle terapie. Grazie a questa scoperta potremo dunque studiare nuovi farmaci che le distruggano ha commentato Alexander Boiko, autore dello studio. UN EX TUMORE RARO Il melanoma era considerato una neoplasia rara fino a pochi anni fa, ma oggi interessa oltre 100mila persone nel mondo e la sua incidenza aumentata del 15 per cento circa rispetto al decennio precedente. In Italia si ammalano in media 12-13 persone ogni 100mila abitanti, mentre in Europa i tassi pi alti si registrano fra gli abitanti con carnagione e occhi chiari dei Paesi del Nord. Le cause della crescita sono molteplici, prime fra tutte la diagnosi precoce e lesposizione solare intensiva e concentrata in poche settimane allanno. Tuttavia la sopravvivenza migliora, come spiega Caterina Catrical, direttore del Dipartimento clinico-sperimentale di dermatologia oncologica dellIstituto San Gallicano di Roma: Grazie alle campagne di sensibilizzazione, alla tecnica diagnostica non invasiva sale il numero di diagnosi precoci, cio troviamo sempre pi melanomi con spessore inferiore al millimetro. In questi casi la sopravvivenza varia dall87 al 97 per cento. Quando invece la diagnosi tardiva e il melanoma supera i tre millimetri o presenta ulcerazione, la sopravvivenza scende intorno al 50 per cento. IN ARRIVO NUOVE CURE - Dopo lannuncio al recente congresso di oncologia di Chicago del primo farmaco efficace contro il melanoma da 30 anni a questa parte (ipilimumab), gi partono sperimentazioni su altri medicinali che si basano su particolari caratteristiche molecolari del tumore del paziente. Da recenti studi risulta infatti chiaro che i melanomi che hanno una mutazione al livello del gene B-Raf e sono sensibili a farmaci che bloccano la proliferazione cellulare e ne determinano la morte. In particolare lutilizzo di questi farmaci nei pazienti portatori la mutazione B-Raf ha dato risultati cos eclatanti che dopo la fase I e linizio della fase II, stato deciso di passare direttamente alla fase III della sperimentazione multicentrica dice Alessandro Testori, responsabile dellUnit Melanoma dellIstituto europeo di oncologia di Milano, dove partendo in questi giorni larruolamento al trial che coinvolger circa 800-1.000 pazienti in 200 diversi centri mondiali. I melanomi con la mutazione B-Raf sono il 90 per cento del totale spiega Testori - e i farmaci sotto sperimentazione sarebbero attivi nel 50-60 per cento di questi. Ma per avere i risultati della sperimentazione dovremo attendere circa un paio danni, mentre vorremmo concludere larruolamento dei pazienti in una decina mesi. SOLE AMICO Il melanoma insorge mediamente intorno ai 50 anni, ma questo tumore interessa frequentemente anche le classi det 35-65 anni. Tutelare la pelle fondamentale e sono molto importanti anche le radiazioni ultraviolette incassate durante i primi dieci anni di vita, perch il danno che poi conduce al tumore un danno cumulativo. Particolare attenzione devono prestare i soggetti a rischio: le persone con fototipo chiaro che si abbronzano poco e si scottano con facilit, quelle che hanno tanti nei e uno o pi casi di melanoma in famiglia. Ma gli esperti condannano ogni fobia nei riguardi del sole, perch una ragionevole esposizione solare di grande beneficio per un gran numero di fattori, che vanno dallumore (stimolo delle endorfine) al metabolismo del calcio nelle ossa (all'attivazione della vitamina D). (fonte: corriere.it)

Vaccino anti-morbillo potrebbe essere il futuro per combattere il tumore alla prostata 03/07/2010 10:44
Il vaccino anti-morbillo potrebbe essere il futuro per combattere il tumore alla prostata. In laboratorio i vaccini si sono, infatti, dimostrati efficaci nelluccidere le cellule del tumore alla prostata. Lo ha scoperto una ricerca condotta negli Stati Uniti, dalla Mayo Clinic, e pubblicata sulla rivista The Prostate. Gli scienziati statunitensi hanno osservato che alcuni vaccini anti-morbillo, per la loro affinit con le cellule tumorali della prostata, sono in grado di infiltrarsi e aggredirle, replicarsi in esse col meccanismo riproduttivo virale e, di conseguenza, ucciderle. La scoperta, ancora molto lontana dalla sperimentazione sulluomo, potrebbe in futuro essere utilizzata per il tumore alla prostata resistente e in uno stadio avanzato (con metastasi). Queste specie di vaccini spiega infatti Mauro Dimitri, urologo e presidente della Fondazione Mondiale di Urologia potrebbero rappresentare una nuova classe di agenti terapeutici contro il tumore che non evidenzia resistenza agli approcci terapeutici esistenti, e dopo ulteriori studi potrebbero essere usati in associazione ai metodi convenzionali. (da blitzquotidiano.it)

Ipilimumab, una nuova molecola contro il melanoma 18/06/2010 11:33
Dopo 30 anni di fallimenti, c' una nuova arma efficace contro il pi aggressivo tumore della pelle, il melanoma, che in Italia colpisce circa 6.000 persone l'anno e ne uccide 1.500. Non attacca direttamente il tumore, ma scatena le difese immunitarie. I risultati della sperimentazione, condotta in 125 centri nel mondo e nella quale l'Italia ha avuto un ruolo importante, sono stati presentati oggi, nel congresso della Societ Americana di Oncologia Molecolare (Asco) in corso a Chicago (Illinois). La molecola, chiamata ipilimumab, giunta alla fase 3 della sperimentazione. Non un vaccino, ma una immunoterapia: "Mentre un vaccino stimola direttamente il sistema immunitario, questo farmaco rimuove un blocco", spiega il coordinatore del ramo italiano dello studio, Paolo Ascierto, dell'Istituto Nazionale Tumori 'Pascale' di Napoli. La molecola sblocca il freno molecolare che in condizioni normali ferma la reazione immunitaria al momento giusto. Di conseguenza, le difese immunitarie sono scatenate senza limiti contro le cellule tumorali. I risultati sono giudicati cos incoraggianti che in Italia i pazienti con la malattia avanzata potrebbero avere il farmaco per uso compassionevole (i primi 20 a Napoli). Alcuni centri, infine, stanno sperimentando il farmaco contro i tumori di prostata e polmone. (fonte: molecularlab.it)

Dieta "Salva-prostata", un aiuto per sconfiggere il cancro prostatico 18/06/2010 11:31
Prestando attenzione a ci che si mangia ogni giorno e seguendo qualche semplice consiglio possibile prevenire fino al 66,7% i casi di cancro alla prostata, il killer numero uno per gli uomini, al primo posto in Italia nella classifica dei tumori pi diffusi nelle persone di sesso maschile. Secondo gli ultimi dati aggiornati ad inizio 2010 dal Centro Nazionale di Epidemiologia Sorveglianza e Promozione alla Salute dellIstituto Superiore di Sanit, ogni anno in Italia si registrano circa 9000 decessi e 33.000 nuovi casi, il 20% dei quali viene diagnosticato in fase gi avanzata. Tali numeri ripropongono lurgenza di sensibilizzare la popolazione maschile, soprattutto gli over 45, sullimportanza della prevenzione e della diagnosi precoce: oggi lunica arma veramente efficace per sconfiggere il cancro. Nel nostro Paese il tasso di sopravvivenza tocca il 47,4%, inferiore rispetto ad altri Paesi europei (Spagna 54,5%, Francia 61,4%, Svizzera 71,4%). Le responsabilit della maggiore incidenza del tumore alla prostata e del minore tasso di sopravvivenza sono egualmente divise tra una componente genetica e lo stile di vita e alimentare anti-prostata. In occasione della Settimana Nazionale di prevenzione del tumore alla prostata svoltasi nello scorso mese di marzo, gli esperti hanno suggerito la cosiddetta Dieta Salva-Prostata: 600 gr di frutta e verdura ogni giorno; 200 ml di succo di melograno; 600 ml di t verde; pomodori e melone (ricchi di licopene, prezioso antiossidante), aglio, verdure a foglia verde, legumi, cereali integrali, pochi zuccheri e grassi e tanta tanta acqua. La scienza, tuttavia, continua il suo arduo cammino nella ricerca di cure e terapie sempre pi efficaci. Nuove conferme arrivano dai polifenoli, sostanze antiossidanti che - stando agli ultimi studi - contribuiscono a prevenire il tumore prostatico. La ricerca in merito stata pubblicata sul The Faseb Journal e sostiene che gli antiossidanti presenti nel vino rosso e nel t riescono a produrre un effetto combinato tale da distruggere una molecola ben precisa che gioca un ruolo molto importante nello sviluppo del cancro alla prostata. Si tratta dellSphK1/S1P che svolge un ruolo chiave nello sviluppo non solo del tumore prostatico, ma anche di altri tipi di neoplasie come quelle al seno o al colon. Dagli esperimenti in vitro emerso che inibendo lSphK1/S1P si verifica un rallentamento nella crescita delle cellule tumorali. Limpatto che i polifenoli contenuti nel t e nel vino hanno sulla nostra salute era assolutamente inimmaginabile 25 anni fa, mentre oggi sappiamo con certezza quanti benefici queste sostanze possano apportare alla nostra salute, ha concluso Gerald Weissmann, direttore del FASEB journal. (fonte: benessereblog.it)

Vitamina B6 e metionina riducono rischi di cancro ai polmoni 18/06/2010 11:29
Livelli ematici di vitamina B6 e metionina costantemente elevati sembrano associati a una riduzione del rischio di sviluppare un cancro del polmone Una ampia analisi epidemiologica ha mostrato che elevati livelli ematici di vitamina B6 e metionina, un amminoacido essenziale, sono associati a una riduzione del rischio di sviluppare il cancro del polmone, anche per quanto riguarda ex fumatori e fumatori. A indicarlo uno studio condotto da ricercatori dellInternational Agency for Re search on Cancer, con sede a Lione, in Francia, coordinati da Paul Brennan, e pubblicato sulla rivista JAMA. Precedenti ricerche avevano indicato che deficienze di vitamine del complesso B potevano portare a un aumento del rischio di danni al DNA e, quindi, a mutazioni nei geni. Dato il loro coinvolgimento nel mantenimento dellintegrit del DNA e nellespressione dei geni, questi nutrienti hanno potenzialmente un ruolo importante nellinibire lo sviluppo del cancro e offrono la possibilit di modificare il rischio di cancro attraverso cambiamenti nella dieta, scrivono gli autori che rilevano anche come, in seguito a errori nutrizionali, le carenze relative di vitamine del gruppo B siano alquanto diffuse anche nei paesi sviluppati. Per la loro analisi i ricercatori si sono basati sui campioni di sangue prelevati nel quadro del progetto EPIC (European Prospective Inves tigation into Cancer and Nutrition) in cui fra il 1992 e il 2000 sono state arruolate 519.978 persone. Dopo unanalisi dellincidenza del cancro del polmone in tutta la corte di EPIC, i ricercatori hanno scoperto che, una volta ponderati i risultati sulla base di vari fattori, il rischio di insorgenza del cancro del polmone fra quanti avevano il livelli pi elevati di vitamina B6 (e in particolare ricadevano nel quartile pi elevato) era decisamente pi basso rispetto agli altri appartenenti agli stessi gruppi. Un rischio inferiore lo mostravano anche i partecipanti con elevati livelli di metionina. Una simile consistente diminuzione del rischio non era mai stata osservata in fumatori ed ex fumatori, indicando che i risultati non sono dovuti a fattori confondenti legati al fumo. La dimensione del rischio rimasta costante anche con laumento della lunghezza del follow up, indicando che lassociazione non spiegata dalla malattia in fase pre-clinica, osservano i ricercatori. I nostri risultati suggeriscono che un valore sopra la mediana sia di vitamina B6 sia di metionina nei cinque anni precedenti sono associati a una riduzione del 50 per cento circa del rischio di sviluppare il cancro del polmone. E stata rilevata anche una debole associazione con i livelli di folati che, quando presente in associazione con quella di vitamina B6 e metionina, diminuiva dei due terzi il rischio di cancro del polmone. Il cancro del polmone oggi la pi comune causa di cancro al mondo e lo rester presumibilmente anche nel prossimo futuro. Per la prevenzione essenziale che qualsiasi nuovo dato sulle cause del tumore non distragga dallimportanza della riduzione del numero di persone che fumano tabacco. Tenendo ben presente questo, importante riconoscere che un buon numero dei casi di cancro del polmone si verifica in ex fumatori e che un numero non irrisorio si verifica fra chi non ha mai fumato, specialmente fra le donne in alcune regioni dellAsia. Chiarire il ruolo delle vitamine del complesso B e dei relativi metaboliti nel rischio di cancro del polmone, appare dunque di particolare rilevanza per ex fumatori e non fumatori, hanno concluso i ricercatori. (fonte: liquidarea.com)

La chemio senza perdere i capelli 18/06/2010 11:27
Non ha scelto un simposio di scienziati e luminari per annunciare le sue ultime battaglie vinte contro il cancro. Ha voluto farlo nel giorno in cui le sue donne sincontrano per gioire insieme e raccontarsi come e perch sono ancora vive. Mille donne che ieri a Milano - e ogni anno cos - hanno ascoltato e applaudito Umberto Veronesi spiegare che c una chemioterapia che non fa perdere i capelli e una radioterapia che non costringe a mesi di viavai negli ospedali. Due terapie sperimentate con successo allIeo su cinquanta donne e ora pronte al grande lancio nazionale su altre cinquecento. Due battaglie vinte non sono la fine della guerra ma queste due vittorie, per le donne, hanno un valore in pi. Veronesi lo sa, e se c una differenza fra il suo modo di essere oncologo e altri, a sentir queste signore si capisce che la differenza nel non dare per scontato che per guarire bisogna rassegnarsi a perdere la femminilit. Grazie alla diagnosi precoce, spiega il Professore le cure per il tumore al seno hanno raggiunto un elevato livello di efficacia tanto che ora possiamo concentrare la ricerca su una nuova sfida: la qualit della vita delle donne. La ricerca a cui si riferisce quella che si fa allIeo, lIstituto Europeo di Oncologia di cui Direttore scientifico. Sappiamo che possiamo guarire oltre l80% delle nostre pazienti, ora ci poniamo il problema del come, con lobiettivo di fare in modo che le cure non spaventino pi della malattia. E cosa spaventa di pi una donna che gi deve subire una mastectomia, del vedersi menomata anche nella chioma, quindi nel volto? La vanitas non centra e Veronesi vuole che le sue donne lo capiscano: Perch i capelli possono essere una componente importante dellidentit. Quindi la parola passa ai medici che finora hanno sperimentato con successo le due terapie su una cinquantina di pazienti. Da tempo queste terapie sono in corso di studio da noi racconta Viviana Galimberti, giovane e bella direttora dellUnit di Senologia molecolare: Ridurre la tossicit della chemioterapia lobiettivo dello studio clinico Ieo sul Caelyx, un farmaco che ha la stessa efficacia di quelli tradizionali ma non leffetto collaterale dellalopecia. Si tratta di farmaci sempre pi mirati a colpire il vero bersaglio, cio le cellule tumorali, lasciando stare quelle sane. Il farmaco non nuovo ed stato finora utilizzato nelle fasi avanzate del tumore allovaio e alla mammella. AllIeo si sperimentato in fase preoperatoria, cio per ridurre la massa tumorale prima dellintervento, ma ora si cerca di proporlo anche nella fase post, cio come prevenzione della ripresa della malattia. Laltra terapia che verr sperimentata su scala nazionale la cosiddetta Iart, Radioterapia intraoperatoria con radiofarmaci. Si tratta di una procedura che sfrutta lattrazione fatale (cos la chiama Veronesi) esistente in natura fra due molecole, e che comincia gi al momento delloperazione. I vantaggi? Li spiega Giovanni Paganelli, direttore della medicina Nucleare Ieo: Permette di evitare il ciclo di terapia esterna di circa due mesi, non necessita di apparecchiature costose ma di una siringa da insulina, pu essere eseguita in regime ambulatoriale. Quando i medici scendono dal palco salgono le donne, con le loro mille storie di dolore e guarigione. Confessioni, esortazioni, racconti spiritosi. Veronesi se li ascolta tutti, inchiodato in prima fila. E quando torna sul palco a ringraziarle tutte, una standing ovation dopo laltra. E le si capisce. Il loro Professore stato candidato per la terza volta al Premio Nobel per la Medicina, ma a loro ha gi fatto vincere quello per la Vita. (fonte: lastampa.it)

Quelle ragazze arrabbiate schiave della sigaretta 31/05/2010 14:41
Fumano perch lo fanno gli amici uscendo da scuola, ma anche da sole, per stress e per rabbia. Sono le baby-fumatrici che paiono affezionarsi alla sigaretta come e pi dei loro coetanei maschi e che, avverte lOrganizzazione mondiale della sanit (Oms), insieme alle loro madri sono uno dei target principali dellindustria del tabacco, che necessita di reclutare nuovi consumatori, per rimpiazzare la quasi met di quelli attuali che morir prematuramente a causa di malattie correlate al fumo. E proprio a donne e mercato dei prodotti da fumo dedicata ledizione 2010 della Giornata mondiale senza tabacco del prossimo 31 maggio. MARKETING ROSA - Attualmente nel mondo sono donne 20 fumatori su cento (200 milioni circa), ma in diversi Paesi il tabagismo femminile in crescita (in Italia la prevalenza di fumatrici triplicata dagli anni 50 ad oggi, che si assesta intorno al 20 per cento). Inoltre, secondo il recente rapporto Oms Women and health: today's evidence, tomorrow's agenda le pubblicit di sigarette puntano sempre pi alle ragazze, che anche in Italia rischiano di abboccare in massa. LA SIGARETTA? UNABITUDINE PER UNA SU 5 - Se un ragazzo su tre afferma di fumare e uno su cinque si definisce un fumatore regolare, fra le ragazze proprio la regolarit sembra pi diffusa (22,3 per cento) e aumenta con let passando dal 9,3 per cento dei 14enni fino al 33,3 per cento dei 18enni. Questo evidenzia una ricerca condotta dallIstituto AstraRicerche sui ragazzi delle scuole superiori milanesi e promossa dalla Fondazione Veronesi e dallAssessorato alla Salute del Comune di Milano. Proprio al capoluogo lombardo spetta il deludente primato di citt con il pi alto numero di giovani fumatrici tra i 15 e i 19 anni. SI FUMA ANCHE PER RABBIA - Le sigarette fumate sono in media otto al giorno, soprattutto con gli amici al termine delle lezioni (77,2 per cento), ma anche da soli (52,2 per cento). Ma se il 68,4 per cento dei giovani afferma di avere iniziato per la compagnia, il 59,9 per cento indica anche lo stress e il 57,3 per cento la rabbia. FUMATRICI, IDENTIKIT DIFFICILE - Probabilmente le donne, adulte e ragazze, stanno entrando oggi in una fase di abitudine al fumo che gli uomini hanno toccato anni fa ipotizza Laura Carrozzi, pneumologa dell'Ambulatorio per la Cessazione del Fumo dell'Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana che, con il collega Francesco Pistelli e con la psichiatra Fiammetta Cosci, risponde alle domande degli utenti sul forum Stop al fumo. Ma esiste un identikit della dipendenza femminile dal tabacco? Si sa ancora poco, si parla di una maggiore fragilit delle donne legata a caratteristiche genetiche e ormonali. Sono dati interessanti, ma mancano conferme risponde Laura Carrozzi -. E non che le donne smettano pi facilmente degli uomini di fumare. Certamente, dal punto di vista sociale e psicologico, le donne hanno pi responsabilit, si sentono un esempio per i figli, e per loro possono pi facilmente pensare di abbandonare la sigaretta. Anche se resta un dato grave che il 10 per cento delle fumatrici in attesa di un bimbo non smette. LA SIGARETTA SI PAGA, ECCOME - E quelle teenager con la sigaretta fra le dita alle 7.30 di mattina fuori del liceo? Le ragazze, e gli adolescenti in genere, sono una tipologia di fumatori complessa. A loro va ricordato quello che mettono sul piatto della bilancia: si perde lautonomia, dato che la dipendenza dal fumo di sigaretta una schiavit come quella da altre droghe, calano le prestazioni fisiche, si rovinano la pelle e i denti, si compromette anche la futura possibilit di procreare: tutte le cose meravigliose della loro et e degli anni a venire. (fonte: corriere.it)

Tra tumore a seno e demenza una proteina 23/05/2010 12:50
Una nuova era contro tumori e demenza. Al centro dellattenzione vi sono proteine solubili che agiscono come fattori di crescita. Si chiamano granuline e sono coinvolte in numerosi processi biologici, fisiologici e patologici, quali lo sviluppo embrionale, la rigenerazione cutanea, linfiammazione. In particolare una di queste, la progranulina, ha un possibile ruolo nella genesi dei tumori, e sta diventando importante anche in malattie apparentemente molto lontane proprio dai tumori. Studi genetici recenti hanno infatti messo in luce che mutazioni del suo gene sono responsabili di una malattia neurodegenerativa, la demenza frontotemporale familiare (FFTD). Il meccanismo attraverso cui la proteina interviene nella patogenesi di questa malattia sembra essere, contrariamente a quanto accade nella genesi del tumore, un ridotto livello di espressione della proteina stessa e quindi una perdita di funzione. Progranulina sembra quindi giocare un ruolo importante nella sopravvivenza neuronale a livello cerebrale. Per approfondire il ruolo di progranulina nella patogenesi di demenza e carcinoma mammario, lOsservatorio Nazionale sulla salute della Donna ha istituito un gruppo di studio composto da Giuliano Binetti, Roberta Ghidoni e Luisa Benussi (IRCCS Fatebenefratelli di Brescia); Emilio Trabucchi, Fabio Corsi ed Elena Piazza (Dipartimento Chirurgico-Onco Gastroenterologico, Polo Universitario Luigi Sacco di Milano) e Maria Antonietta Nosenzo (O.N.Da Osservatorio Nazionale sulla salute della Donna, Milano). Lo studio, avviato lo scorso anno, si concludera nel 2011. (fonte: liquidarea.com)

Tumori alla laringe: con il fumo si decuplicano i casi 23/05/2010 12:48
I tumori della testa e del collo sono il 20% dei tumori che colpiscono luomo e di questi un quarto nascono nella laringe. In Italia, soprattutto nel Nord-Est sono piu frequenti e rispetto alla media mondiale, nel nostro Paese lincidenza e piu alta. I piu colpiti sono gli uomini, ma nellultimo decennio anche tra le donne si e registrato un leggero aumento. Riguardano la popolazione che va dai 60 ai 70 anni, ma qualche caso si registra anche tra i cinquantenni. E uno dei temi affrontati al 97 Congresso nazionale della Societa italiana di otorinolaringologia e chirurgia cervico facciale (Sioechcf), che si sta svolgendo a Riccione dal 19 al 22 maggio. Giuseppe Spriano, Direttore di Otorinolaringoiatria e chirurgia cervico-facciale dellIstituto nazionale tumori Regina Elena di Roma e presidente nazionale dellAssociazione otorinolaringologi ospedalieri italiani (Aooi), spiega quali possono essere i fattori che determinano linsorgenza dei tumori alla laringe: Il fattore principale, come per tutti i tumori della via respiratoria, e il fumo di sigaretta, che determina un rischio di ammalarsi 10 volte superiore. Anche lalcol e un importante fattore di rischio e, se associato al fumo, ne potenzia la pericolosita. Tra i principali sintomi con cui si manifesta sicuramente la disfonia, cioe labbassamento della voce che diventa rauca, e tra quelli piu evidenti. Ma dal cancro alla laringe si guarisce? Come per molti tumori questo dipende dallo stadio di malattia avverte Giuseppe Spriano e in uno stadio iniziale la guarigione si ottiene nel 90% dei casi. Ovviamente questa possibilita diminuisce al crescere dellestensione del tumore. Oggi globalmente siamo in grado di guarire circa il 60 % dei tumori della laringe. Levoluzione terapeutica degli ultimi anni ha eliminato quasi totalmente lintervento chirurgico. Fino a 30 anni fa lunico intervento possibile era la laringectomia totale, cioe lasportazione completa della laringe che provocava la perdita della voce e la tracheotomia definitiva per la respirazione prosegue il presidente Aooi Oggi questo intervento e riservato a casi molto estesi o a recidive di pregressi trattamenti. Ma la vera evoluzione terapeutica degli ultimi decenni, secondo lesperto, e la chirurgia endoscopica. Nonostante gli sviluppi della scienza lotorinolaringologo pero lancia un messaggio forte a favore della prevenzione: Levoluzione della chirurgia, radioterapia e chemioterapia e stata importante e ha portato a miglioramenti terapeutici, ma questo e niente al confronto di quello che si potrebbe ottenere con la prevenzione primaria, cioe eliminando i fattori di rischio. Un esempio per tutto questo: se nessuno fumasse invece di 100 tumori ve ne sarebbero solo 10″. (fonte: liquidarea.com)

Rischio recidiva di cancro al seno se la donna fuma 05/05/2010 15:01
Le donne che sono sopravvissute al cancro al seno in fase iniziale una prima volta possono svilupparne un secondo, sia nella stessa mammella che nellaltra, se fumano. La notizia giunge dai ricercatori statunitensi del Cancer Institute of New Jersey (CINJ), i quali hanno presentato la loro ricerca al meeting annuale della American Radium Society in corso a Cancun (Messico). Il dottor Robert Wood Johnson della Facolt di Medicina del CINJ e colleghi hanno cercato dindividuare i fattori di rischio per le recidive di tumori al seno nelle donne che ne avevano gi avuto episodio. Partendo dalla considerazione che queste donne corrono un rischio da due a sei volte maggiore di sviluppare un nuovo tumore rispetto alle donne che non hanno avuto diagnosi di cancro mammario, i ricercatori hanno identificato come fattori di potenziale aumentato rischio il fumo, il consumo di alcol e lobesit. Per stabilire gli eventuali legami, lo studio si concentrato sui dati di 796 donne fumatrici che avevano una diagnosi di carcinoma mammario in fase iniziale e che seguivano una terapia conservativa del seno atta tuttavia a rimuovere il tumore. I dati provenivano dalla Yale University School of Medicine e si riferivano ai trattamenti offerti tra il 1975 e il 2007. Questo tipo di terapia conservativa un trattamento standard che viene offerto a tutte le donne con la malattia in fase iniziale e consiste in una nodulectomia a cui segue una radioterapia al seno. Lanalisi dei dati ha permesso di stabilire che 15 anni dopo il trattamento il rischio di sviluppare un nuovo tumore allo stesso seno stato maggiore nelle donne fumatrici con un 25% rispetto a un 19% di quelle non fumatrici. Sempre nelle donne fumatrici il rischio di avere un nuovo cancro nellaltro seno, quello non ancora oggetto di malattia, era del 13% contro l8% delle donne non fumatrici. Il fattore fumo stato scoperto essere indipendente da altri fattori come let, la storia familiare, fattori ormonali e altri. Riteniamo che questo studio abbia esaminato il pi grande sottogruppo di donne fino ad oggi su questo tema. Questi nuovi dati sono significativi in quanto mostrano che le donne possono esercitare un controllo su un noto fattore di rischio per lo sviluppo di un nuovo secondo cancro, ha commentato il dottor Johnson. (fonte: lastampa.it)

Vaccino terapeutico contro il tumore alla prostata approvato negli Usa 05/05/2010 14:59
Per la prima volta la Food and Drug Administration statunitense ha approvato un vaccino terapeutico contro il cancro: vaccino, perch induce una risposta attiva e permanente del sistema immunitario, ma terapeutico, perch non serve a prevenire, ma a curare la malattia. Il Provenge, come si chiama, allunga in media di quattro mesi la sopravvivenza degli uomini con cancro alla prostata disseminato ad altre parti dellorganismo e resistente alle cure standard. Obiettivo che si pu raggiungere con una spesa di poco inferiore ai 100 mila dollari per paziente. S UNA STORIA COMINCIUATA 20 ANNI FA - Sono passati quasi ventanni da quando Edgar Engleman, dellUniversit di Stanford, in California, fond, insieme al collega e amico Samuel Strober, una piccola azienda di biotecnologie per sviluppare, grazie allapporto di finanziatori privati, lidea che avevano avuto in laboratorio: armare contro il tessuto del tumore le cellule dendritiche del malato, quella sfuggente frazione dei globuli bianchi che proprio in quegli anni si stava individuando come prima linea di difesa della risposta immunitaria. Isolare queste cellule difficilissimo spiega Michele Maio, responsabile del reparto di immunoterapia oncologica al Policlinico Santa Maria alle Scotte di Siena. Per questo si preferisce generarle in laboratorio, a partire da un semplice campione di sangue del malato. Non per il laboratorio dellospedale, neppure se specializzato come quello di Siena, che pu svolgere questa operazione. Il campione di sangue deve infatti essere inviato ai produttori del vaccino, che, dopo aver ottenuto le cellule dendritiche (da cui il nome stesso dellazienda, la Dendreon), le caricano con una proteina caratteristica del tumore alla prostata, la fosfatasi acida prostatica, e unaltra capace di stimolare le difese immunitare. A questo punto le fiale possono essere rimandate ai medici del centro dove il malato in cura, che gliele inietteranno in tre dosi, a distanza di due settimane luna dallaltra. DIFFICOLT PRATICHE - Le difficolt pratiche sono evidenti: gi la Dendreon ha annunciato che per il momento potr offrire il trattamento solo ad alcuni dei pazienti in cura nei 50 centri in cui finora stata condotta la sperimentazione. Per ora per solo un contesto cos controllato pu garantire la qualit del procedimento commenta Maio, che ottimista sulla fattibilit di una produzione centralizzata del vaccino: Per un altro metodo simile che stiamo studiando, applicabile a diversi tumori, abbiamo calcolato che in Europa basterebbe un solo impianto di riferimento, in una posizione strategica come Francoforte, dove arrivano voli da ogni citt. PROSSIMI SVILUPPI - Lapprovazione del Provenge da parte dellagenzia statunitense apre la strada ad altri approcci simili a questo, che sono gi in fase avanzata di studio, da quelli rivolti contro il bersaglio MAGE-A3 del melanoma, su cui lavorano anche ricercatori italiani, al DCVax, gi approvato in Svizzera contro una particolare forma di tumore al cervello o allOncoPhage, che per ora ha avuto lok solo dalle autorit russe, per combattere la malattia a livello del rene. Il fatto che questi prodotti, come altri venduti in Canada e in alcuni Paesi in via di sviluppo, non abbiano ancora passato il vaglio delle due maggiori agenzie regolatorie del mondo, quella statunitense e quella europea, impone per prudenza commenta Maio. Anche perch gli effetti collaterali possono essere gravi: la sperimentazione di un promettente vaccino contro il tumore del polmone e della mammella, lo Stimuvax, stata recentemente interrotta per linsorgenza di encefalite in un malato che partecipava allo studio.Come sempre, bisogna quantificare i rischi e confrontarli con i benefici dice il ricercatore, tenendo conto che questi ultimi a volte si fanno vedere soltanto dopo un po. IL FATTORE TEMPO - come per una vaccinazione contro una malattia infettiva: ci vuole del tempo perch si instauri la protezione, ma poi questa dura a lungo. Allo stesso modo, leffetto delle terapie immunologiche pu essere meno immediato di quello di una chemioterapia. Ma diversamente da questo, non finisce quando si smette la cura, perch addestra lorganismo a tenere a bada da solo leventuale ricomparsa di cellule tumorali. proprio in questa trappola sui tempi che sono caduti gli sperimentatori del Provenge tre anni fa, quando lFDA, con una scelta che scaten le proteste di molte associazioni di malati, non concesse il suo via libera nonostante il parere positivo della maggioranza degli esperti consultati. La ricerca presentata dallazienda, infatti, che coinvolgeva pi di 500 malati di cancro alla prostata in fase avanzata, era stata impostata in modo da verificare prima di tutto la capacit della procedura di rallentare la progressione del tumore, un effetto che in un primo momento non appariva evidente. Emergeva per una maggiore sopravvivenza, che doveva tuttavia essere confermata nel tempo, in uno studio impostato in modo da accertare questo risultato, piuttosto che levoluzione della malattia in s. Ora che la conferma arrivata, lFDA non si tirata indietro. Alla luce di ci c da scommettere che al congresso annuale dellASCO, lAmerican Society of Clinical Oncology, che si terr a giugno a Chicago, le terapie immunologiche la faranno da padrone. (fonte: corriere.it)

Frutta e verdura non sono tutte ugualmente ricche di antiossidanti 05/05/2010 14:58
Per ridurre il rischio di alcune malattie come il cancro, il diabete o le cardiovascolari opportuno fare il pieno di sostanze antiossidanti. Vanno bene arance, carote, uva, pomodori, frutti di bosco, tuttavia per garantirsi il giusto apporto dei migliori e pi efficienti fitonutrienti sarebbe preferibile scegliere i frutti che ne sono pi ricchi. Un gruppo di studiosi del Nutrilite Health Institute ha analizzato non solo la costanza di assunzione di frutta e verdura, ma anche la scelta di ci che veniva consumato; pertanto, oltre ad aver evidenziato una quantit di fitonutrienti superiore in chi mangia regolarmente frutta e verdura, hanno riscontrato che se si mangiano lamponi piuttosto che fragole, cavolfiore invece che spinaci, patate dolci piuttosto che carote, ci si garantisce una maggiore quantit di fitonutrienti. Per esempio luva ricchissima di antocianina, ma lo ancora di pi il mirtillo, ha spiegato il coordinatore della ricerca Keith Randolph ai colleghi riuniti ad Anaheim, in California, in occasione dellExperimental Biology Meeting. (fonte: benessereblog.it)

Le terapie pi diffuse per smettere di fumare 05/05/2010 14:57
Non esiste al mondo un metodo che liberi in modo indolore dalla dipendenza dal fumo. La scelta di smettere di fumare deve essere vissuta serenamente, senza pensare di aver intrapreso una strada lunga e difficile, altrimenti le paure, i tumori e lansia porteranno al fallimento. Unalta percentuale di fumatori cerca di smettere dalloggi al domani tentando con le proprie forze, ma questo uno dei procedimenti pi difficili per rinunciare in modo durevole alla sigaretta. Nel caso della terapia di sostituzione della nicotina i fumatori assumono la sostanza che d la dipendenza attraverso cerotti, gomme, caramelle da succhiare o spray nasali. In tal modo il corpo riceve la sostanza, dissociandola dal comportamento di dipendenza precedente. Si pu ricorrere anche allorecchino e allagopuntura: lorecchino viene inserito da un agopuntore e dovrebbe ridurere lansia dellastinenza e la voglia di fumare. Lagopuntura prevede linserimento di sottilissimi aghi in precisi punto del corpo; si tratta di rimedi che derivano dalla cultura cinese. Attraverso la stimolazione del punto della dipendenza accanto alingresso dellorecchio vengono stimolate determinate regioni del cervello che riducono fortemente il desiderio e le crisi di astinenza e nello stesso tempo apportano un profondo rilassamento. Molto raccomandabile la terapia del comportamento. Il principio : come ci si abituati alla sigaretta nel corso della vita ci si pu disabituare. Intanto si pu fissare una data e quando questa arriva, eliminare sigarette, accendini, posacenere e qualsiasi altra cosa possa stimolare la voglia di fumare. Liberare lauto i vestiti e gli ambienti dallodore del fumo. E bene tenere mente e corpo impegnati affinche non abbiano la possibilit di reclamare o sentire il bisogno della sigaretta. Importantissimo il movimento: scarica lo stress e ossigena i polmoni. (fonte: takecareblog.it)

Il melone amaro per fermare il cancro al seno 28/02/2010 12:12
Sembra più un cetriolo che non un melone ed è un ortaggio piuttosto comune in paesi come il Sud America, la Cina e l’India dove, da tempi remoti, è un rimedio popolare per controllare e abbassare i livelli di zuccheri nel sangue, utilizzato soprattutto dai diabetici. In questo nuovo studio, i ricercatori della Saint Louis University (Usa) hanno scoperto che un suo estratto ha la capacità di uccidere le cellule cancerose del tumore al seno in vitro. Nella ricerca condotta su cellule coltivate in laboratorio i ricercatori hanno osservato che l’estratto di melone amaro attaccava le cellule cancerose lasciando intatte quelle sane del tessuto mammario. Poiché lo studio è stato condotto su cellule in laboratorio, nonostante i risultati positivi, i ricercatori non si sentono di affermare che possa essere efficace sugli esseri umani: «Quando abbiamo utilizzato l'estratto di melone amaro, abbiamo visto che uccide le cellule del cancro al seno. L’estratto ha ucciso solo le cellule tumorali, non le cellule sane della mammella. Ma il lavoro è stato fatto in un laboratorio, non sugli esseri umani», ha infatti commentato il dr. Ratna Ray, professore di patologia. Il tipo di estratto utilizzato è quello che si trova comunemente in commercio, anche su Internet, fanno notare i ricercatori. Il passo successivo è quello di procedere con una sperimentazione su modello animale e successivamente sugli esseri umani. Un commento interessato è giunto dall’American Cancer Society: «I risultati di questo studio di laboratorio sono intriganti. – ha commentato il Direttore Marji McCullough - «Ma prima di raccomandare gli integratori di estratto di melone amaro per la prevenzione del cancro, abbiamo bisogno di adeguati studi clinici per stabilire la sua sicurezza ed efficacia negli esseri umani», ha aggiunto. L’estratto di melone amaro può comunque avere effetti benefici sulla salute in generale grazie alla presenza di vitamine come la C e di flavonoidi antiossidanti. Una buona dieta che comprenda questi utili elementi è da sé un buon preventivo per le patologie tumorali. Così come il mantenere un peso adeguato, fare regolare esercizio, limitare alcol e fumo, fanno notare i ricercatori. (fonte: lastampa.it)

Dna: scoperti caratteri comuni a 26 tumori 28/02/2010 12:11
Era il 1953 quando il premio Nobel per la medicina James Watson, insieme al collega Francis Crick, pubblicò lo studio dove si descriveva per la prima volta il Dna e sono ormai passati 10 anni da quando, nel 2000, è stato completato il sequenziamento del genoma umano. Ora un team di ricercatori internazionali annuncia sull’ultimo numero di Nature di aver mappato (nel più vasto studio di questo genere) nel genoma di 26 differenti tipi di cancro le regioni più frequentemente sede di grosse alterazioni (duplicazioni di estese zone o ampie perdite di Dna), rivelando più di 100 aree del Dna in cui si potrebbero trovare importanti geni del cancro non ancora identificati. Una «caccia al tesoro» che prosegue ininterrottamente nei laboratori di ricerca di tutto al mondo. Ma cosa serve tutto questo, in concreto, nella lotta ai tumori? DNA E TUMORI, UN RAPPORTO CONCRETO – E a che punto siamo arrivati? Secondo gli addetti ai lavori siamo circa a metà strada del progetto Cancer genome atlas lanciato nel febbraio 2006 con l’obiettivo di tracciare un censimento dei geni coinvolti in tutti i tumori conosciuti. Grazie ai molti studi condotti in questi anni ora si sa che tutte le cellule cancerose hanno un elemento comune: un danno nel loro patrimonio genetico. E si iniziano a conoscere, dei circa 23mila geni che compongono il genoma umano, quali sono coinvolti nelle diverse forme di cancro (fra gli altri, Brca1 e Brca2 per i tumori del seno e dell’ovaio, Ras per il tumori di pancreas e colon, Pml-rar per la leucemia acuta, Bcr-abl per la leucemia mieloide cronica, del recettore Egfr per il polmone). IL NUOVO STUDIO - In pratica, gli scienziati stanno cercando d’individuare i geni-chiave responsabili dell’oncogenesi, ovvero dei processi che – a livello cellulare – portano alla formazione di una neoplasia attraverso lo studio sistematico delle alterazioni che riguardano ampie porzioni del Dna (migliaia-milioni di basi del codice genetico) in un numero molto grande di casi. «Il nostro studio ha rivelato che sono molte le alterazioni del Dna comuni in più tipi di tumori» spiega Matthew Meyerson, professore di Anatomopatologia al Dana-Farber Cancer Institute. Anomalie che sono sostanzialmente di due tipi: amplificazioni, quando nel tessuto tumorale sono presenti più copie di un pezzo di Dna, o delezioni, se invece un frammento di Dna manca del tutto. «Queste anomalie – continua Meyerson - si chiamano SCNAs, alterazioni somatiche del numero di copie del Dna e sono importanti perché possono segnalarci quali sono i geni responsabili della crescita del tumore». IN CHE DIREZIONE VA LA RICERCA - «Questo studio – spiega Liliana Varesco, responsabile del Centro Tumori Ereditari dell’Istituto nazionale per la ricerca sul cancro di Genova - rappresenta un’ulteriore dimostrazione di come sia oggi possibile “vedere” il Dna da punti di osservazione diversi (non solo la sequenza delle singole basi ma il numero di volte in cui una regione del Dna, piccola o grande, è presente in un particolare genoma), cosa fino a pochi anni fa impensabile». Paradossalmente il problema degli scienziati è ora capire quali, tra le migliaia di osservazioni, perseguire per individuare i geni ed i meccanismi genetici veramente importanti nello sviluppo del cancro. È lecito aspettarsi che le ricerche post-genomiche, cioè volte a descrivere e decifrare la complessità del genomi dei vari tipi di tumore, abbiano ricadute in tutti gli ambiti dell’oncologia (dalla diagnosi precoce ai farmaci mirati). TEST GENETICI PER LEGGERE IL FUTURO - L'esame del Dna, poi, permette di capire, se una persona ha più probabilità di sviluppare un tumore e sono ormai molti i centri italiani capaci di fornire consulenze specializzate per verificare se un individuo è o meno portatore di mutazioni che aumentano le probabilità di ammalarsi di una determinata forma di cancro. «Solo una minima parte dei casi di cancro può dirsi realmente ereditaria – chiarisce Varesco - e solo per alcuni rari tipi di tumore la percentuale dei casi ereditari è alta. Riguardo alle forme più comuni, sappiamo oggi che circa 2-5 per cento dei tumori dell’intestino o della mammella è legato alla presenza di una mutazione genetica ereditabile». Ma sia ben chiaro: non si eredita la malattia, solo un rischio più elevato di svilupparla. Se viene riconosciuta la presenza di un rischio genetico è possibile affrontare la situazione, è bene rivolgersi a un centro specializzato nella consulenza genetica oncologica, dove lavorano specialisti capaci di aiutare le persone non solo a conoscere quanto la medicina oggi propone, ma anche a prendere le decisioni più vicine al proprio modo di essere e a superare i momenti più difficili. (fonte: corriere.it)

Carcinoma midollare della tiroide: armi puntate contro il gene responsabile 28/02/2010 12:10
Malattie rare, che colpiscono meno di cinque persone ogni diecimila abitanti. Nel nostro Paese le stime parlano di un minimo di 300mila fino a un massimo di un milione di persone che si trovano a fare i conti con patologie che, essendo poco frequenti, rendono la vita ancora più complicata. A loro è dedicata la Giornata per le Malattie Rare, che si celebra domenica 28 febbraio, per aiutarli a combattere il senso di isolamento, dovuto alla mancanza di informazioni e di medici esperti che possano riconoscere e diagnosticare in tempo queste inconsuete sindromi. SERVONO TEMPI BREVI E CENTRI GIUSTI - «Se la patologia rara è un tumore le cose si complicano e solo pochi pazienti riescono ad arrivare nei centri giusti e, soprattutto, a ricevere le cure adeguate» spiega Maria Luisa Brandi, responsabile del Centro di riferimento regionale sui tumori endocrini ereditari al Careggi di Firenze. Individuare la neoplasia, capire di cosa si tratta, avviare rapidamente il malato verso l’iter di terapie più corretto: è questo, spesso, il punto critico e, allo stesso tempo, quello fondamentale per il futuro. «Considerati nel loro insieme, però, circa il 20 per cento di tutti i tumori è di fatto costituito da tumori rari – prosegue Brandi -. Fra questi c’è il carcinoma midollare della tiroide, che rappresenta circa il 10 per cento delle neoplasie tiroidee nel loro insieme. In totale, più o meno sono 200 i nuovi casi diagnosticati ogni anno in Italia». I TUMORI ENDOCRINI – Il carcinoma midollare della tiroide appartiene alla numericamente ristretta famiglia delle neoplasie endocrine, forme cancerose che interessano le ghiandole endocrine del nostro organismo, come quelle a carico del pancreas e del tratto gastro-enterico (insulinoma, gastrinoma, glucagonoma, VIPoma, PPoma, carcinoidi e tumori non secernenti), della tiroide, delle paratiroidi, del timo, dell’ipofisi, del surrene, del tessuto grasso (lipomi/liposarcomi) e del tessuto nervoso (neurinomi). Sono tutte sindromi che possono anche insorgere isolatamente come qualsiasi altro tipo di tumore, nelle cosiddette forme sporadiche. Oppure, tipologie più rare, possono essere ereditarie, cioè causate da mutazioni genetiche trasmesse alla prole. «Oltre 20 anni di studio sulla genetica di queste patologie – dice Brandi – ci permettono oggi di poter individuare molti casi in fase precoce. E, meglio ancora, di poter predire chi svilupperà un tumore perché ha ereditato una variazione genetica del Dna». UN GENE CHIAVE CONTRO IL CARCINOMA MIDOLLARE TIROIDEO – All’inizio degli anni Novanta, ad esempio, studi scientifici hanno dimostrato che il gene Ret è responsabile dell’insorgenza del carcinoma midollare della tiroide. Se una mutazione di questo gene è presente in uno dei genitori, esiste il 50 per cento di possibilità di trasferirlo ai figli. «Questo non significa, sia ben chiaro, che bisogna rinunciare ad avere un bambino – sottolinea l’esperta -. Ma soltanto che il neonato sarà sottoposto a una sorveglianza speciale e se sarà portatore della variazione genetica sarà bene sottoporlo a una tiroidectomia preventiva in età pre-scolare». Senza ripercussioni di alcun genere sulla sua vita futura. Perché gli stessi ormoni prodotti dalla tiroide asportata possono essere assunti, vita natural durante, in comode compresse che non hanno alcun effetto collaterale. PREVENIRE È MEGLIO, ANCHE PERCHÈ LA DIAGNOSI E’ DIFFICILE – Chi ha avuto casi di carcinoma midollare in famiglia dovrebbe quindi rivolgersi a un centro specializzato in questa patologia per essere sottoposto a un’analisi genetica che verifichi l’esistenza o meno di una mutazione del gene Ret. «Così possiamo davvero prevenire il tumore e agire prima ancora che si manifesti» continua Brandi. Un tumore che altrimenti (come quasi tutte le neoplasie endocrine) è poco aggressivo, ha un’evoluzione lenta, ma è poi anche molto resistente alle cure. E che, siccome non dà sintomi evidenti, viene per lo più scoperto quando ha già raggiunto dimensioni notevoli, tanto da rendersi evidente ai malati stessi come un nodulo sul collo palpabile al tatto. Purtroppo, però, l’unica terapia efficace contro il carcinoma midollare è l’asportazione della lesione cancerosa e dell’intera ghiandola tiroidea. Ma se la diagnosi è tardiva e la malattia è in fase avanzata o metastatica i medici nono dispongono di cure valide. AL VIA UNA SPERIMENTAZIONE CON UN NUOVO FARMACO - «Chemio e radioterapia non funzionano – conclude Brandi -. Per questo stiamo cercando di sviluppare farmaci mirati contro il gente Ret, che possano bloccare la proliferazione delle cellule cancerose». Alcuni mesi fa, infatti, al Centro fiorentino è partito uno studio clinico che coinvolge 80 strutture internazionali (il reclutamento dei pazienti è ancora aperto) che testa in malati affetti da carcinoma midollare della tiroide in fase avanzata (non operabile, localmente avanzato o metastatico) l’efficacia di una nuova molecola (XL 184-301) che agisce come inibitore della Ret-tirosinchinasi e di altri fattori di crescita promotori dell’angiogenesi. (fonte: il corriere.it)

Parte la sperimentazione a Pavia, un centro anti-tumore pronto ad accogliere pazienti da tutta Italia 18/02/2010 18:14
A Pavia il primo Centro Nazionale di Adroterapia oncologica (Cnao) userà un super-raggio di carbonio e protoni per bombardare il cancro risparmiando i tessuti sani. Inaugurata dai ministri Ferruccio Fazio, Giulio Tremonti e Umberto Bossi, insieme con il presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni, la struttura è stata realizzata in 4 anni dalla Fondazione Cnao. È il quarto centro al mondo di questo tipo, dopo Chiba e Hyogo in Giappone e di Heidelberg in Germania, e si concentrerà in particolare nella cura dei tumori solidi resistenti alla radioterapia o difficilmente operabili, grazie a una radioterapia mirata che utilizza al posto dei normali raggi X particelle subatomiche chiamate adroni. La struttura, costata 125 milioni di euro, avvia in queste ore la fase di sperimentazione, che si concluderà nell'ottobre 2011. Entro la fine di quest'anno partiranno i primi test sull'uomo che coinvolgeranno 230 pazienti. I primi trattamenti di cura saranno invece effettuati verso la fine del 2011, e il Centro si prevede lavorerà a pieno regime entro il 2013, quando sarà in grado di curare circa 3 mila pazienti ogni anno in circa 20 mila sedute. Il cuore del Centro è il sincrotrone, la macchina cioè che produce i protoni e gli ioni carbonio con i quali verranno bombardati i tumori, e che è stata realizzata dall'Istituto nazionale di fisica nucleare (Infn). La particolarità di queste particelle è che sono in grado di penetrare in profondità nel corpo umano, arrivando a colpire anche gli organi più difficili da raggiungere con la chirurgia, «senza danneggiare - dicono gli esperti - se non in minima parte i tessuti sani circostanti». Secondo il Cnao, «bastano due o tre minuti per irradiamento e in media una decina di sedute della durata di 25 minuti per curare una varietà sempre più importante di patologie». Tuttavia, aggiunge Roberto Orecchia, direttore scientifico della Fondazione Cnao, «questa terapia non sostituisce la radioterapia convenzionale, ma è un'arma in più a disposizione di medici e pazienti che può essere utilizzata in aggiunta o in sostituzione dei trattamenti tradizionali. Degli oltre 120 mila pazienti che ogni anno vengono sottoposti a radioterapia, si stima che circa il 5% dei casi possa essere curato con i fasci di adroni». La realizzazione del Centro, concludono i suoi responsabili, «consentirà ai pazienti italiani che potrebbero trarre vantaggi dall'adroterapia di non doversi più recare all'estero per la necessaria cura, spesso con onere a carico del Servizio sanitario nazionale. La valutazione dell'efficacia e dei costi della terapia sarà fra gli obiettivi della sperimentazione clinica: si tratta comunque di costi sostenibili all'interno del Ssn». (fonte: iltempo.com)

Tumore alla mammella: più chiaro il ruolo dei geni circadiani 18/02/2010 18:11
Un team di studiosi dell’Università di Yale ha dimostrato per la prima volta una significativa correlazione tra alcune varianti del gene responsabile della regolazione del ritmo circadiano e il processo di tumorigenesi alla mammella. La ricerca, pubblicata sull’edizione online di Cancer Research, dimostra infatti che particolari cambiamenti genetici (polimorfismo a singolo nucleotide -SNP) ed epigenetici (metilazione) del gene denominato CLOCK, componente chiave del sistema circadiano che influisce sull’espressione a cascata di una varietà di altri geni, possano scatenare la maggiore suscettibilità allo sviluppo del carcinoma mammario. I ricercatori hanno rilevato che, nelle donne colpite dal tumore, il promotore di tale importante gene si presenta nella forma ipometilata al contrario di quanto riscontrato nelle donne non affette. La diminuita metilazione, modificazione chimica naturale che modula la quantità di proteine sintetizzate dalla cellula, comporta la sovraespressione di CLOCK nel tessuto tumorale, come per altro dimostrato dal team di ricerca. In particolare, in pazienti affette da tumore negativo per la presenza di recettori estro-progestinici, la forma più aggressiva di tumore alla mammella, i livelli di proteina riscontrati risultano ancora più elevati. “Quale prossimo step, ci proponiamo ora di indagare se l’esposizione alla luce durante le ore notturne possa introdurre modificazioni epigenetiche come quelle osservate nel promotore di CLOCK. Ciò supporterebbe quindi un nuovo meccanismo attraverso cui l’ambiente, sovvertendo i ritmi circadiani, influenzerebbe il rischio di sviluppo del cancro al seno” commenta Yong Zhu, principal investigator della ricerca. (fonte: liquidarea.com)

Gb: reni distrutti e tumore per medicina cinese anti-acne 18/02/2010 18:10
Per più di cinque anni ha preso delle pillole cinesi, che credeva fossero naturali, per sconfiggere i brufoli, e poi ha scoperto che contenevano una sostanza velenosa che le ha distrutto i reni e provocato un cancro: è successo ad una donna britannica di Chelmsford, nell'Essex, che ora ha fatto causa alla titolare dell'erboristeria cinese che le aveva somministrato la cura e al suo socio. LA VICENDA - Patricia Booth, questo il nome della dipendente pubblica che per curare l'acne si era rivolta al negozio di rimedi naturali cinesi, ha cominciato a sentirsi male nel 2002 pochi mesi dopo aver smesso di prendere le pastiglie. Nel febbraio del 2003 alla donna è stata diagnosticata una malattia cronica ai reni. Tre anni dopo si è ammalata di cancro, è stata operata svariate volte ed ha avuto anche un attacco di cuore. La Booth ha quindi scoperto che la sostanza contenuta nelle pillole che le erano state somministrate anni addietro, l'acido aristolochico, ha un'alta tossicità renale, è un potente cancerogeno ed è perciò vietata in Gran Bretagna dal 1999, ma non dal 1997, quando lei aveva cominciato la cura. Ciò nonostante anche allora soltanto un medico qualificato poteva vendere le pillole e Yin Wu, la 48enne cinese che gestiva il negozio insieme col socio Thin Wong, non lo era. L'erboristeria è stato chiusa nel 2003 proprio quando i funzionari dell'ente britannico che regola il commercio di prodotti medici e per la salute hanno visitato il negozio ed hanno scoperto che la Wu, pur sostenendo di essere un medico in Cina, non aveva alcuna qualifica ufficiale. L'erborista è ora accusata di aver somministrato sostanze velenose ed illecite e di aver venduto medicinali senza autorizzazione. Il processo è ancora in corso. (Fonte Agenzia Ansa)

Tumori, scoperto un anticorpo che combatte le metastasi ossee 04/02/2010 20:14
Metastasi ossee: scoperto un anticorpo in grado di bloccarle. L'importante risultato è stato ottenuto da ricercatori italiani. Le metastasi ossee rappresentano la terza sede più comune di metastasi, precedute solo da polmone e fegato. La scoperta è pubblicata sulla rivista scientifica internazionale Bone. L'equipe diretta da Carlo Foresta, ordinario di Patologia clinica all'università di Padova, in collaborazione con Alberto Ferlin, ha scoperto che la relaxina (una sostanza prodotta in elevate concentrazioni dai tumori che generano metastasi ossea) è un potente stimolatore della distruzione dell'osso, quindi è un fattore determinante la liberazione del calcio nel circolo. Gli autori hanno dimostrato in vitro che questa sostanza, agendo su ricettori specifici delle cellule dello scheletro, attiva meccanismi cellulari che portano alla distruzione dell'osso. I ricercatori hanno inoltre messo in evidenza che l'anticorpo antirelaxina è in grado di bloccare completamente la capacità distruttiva di questo ormone sulle cellule dell'osso. L'importante risultato indica un possibile progetto farmacologico per il trattamento delle metastasi ossee. (fonte: ilmessaggero.it)

Cancro all’utero: analisi del Dna più efficace del pap-test 04/02/2010 20:12
Addio pap-test, contro i tumori al collo dell’utero arriva un esame più efficace: l’analisi del Dna. Per la prima volta uno studio condotto in nove centri italiani su un campione di 94.370 donne ha dimostrato che l’esame sul Dna del papilloma virus previene un numero superiore di tumori in confronto al tradizionale pap-test. La differenza sta nel fatto che «l’analisi dell’impronta del virus consente di individuare con grande anticipo eventuali lesioni ancora nella fase pre-cancerosa. Perciò, da oggi – spiegano i ricercatori – il test dell’Hpv può diventare lo strumento principale di screening per la diagnosi precoce nelle donne di età pari o superiore ai 35 anni». Lo studio è stato realizzato nei centri di Torino, Trento, Padova, Verona, Bologna, Imola, Ravenna, Firenze e Viterbo, ed ha avuto come capofila il Centro per l’epidemiologia e la prevenzione oncologica dell’ospedale San Giovanni Antica Sede-Molinette di Torino. «La nostra ricerca – spiega il dottor Guglielmo Ronco, coordinatore dello studio – è la prima a mostrare una maggiore efficacia del test dell’Hpv rispetto al pap-test nel prevenire i tumori invasivi, in un Paese sviluppato dove lo screening citologico si utilizza da anni e i tumori avanzati sono già estremamente rari tra le donne che aderiscono questi screening». Lo studio italiano si è svolto in due fasi, partite tra marzo e dicembre 2004 su donne fra i 25 e i 60 anni: tutte sono state invitate a sottoporsi al controllo nei nove centri di ricerca italiani. «In ognuna delle due fasi – spiegano i ricercatori – le donne sono state assegnate casualmente ai due gruppi: nella prima fase a un gruppo è stato effettuato il pap-test mentre le altre sono state sottoposte sia al pap-test sia all’analisi dell’Hpv. Nella seconda fase, un gruppo è stato sottoposto solo al pap-test, l’altro solo al test Hpv». «I risultati sono inequivocabili – concludono i ricercatori – al termine della prima serie di esami e del primo confronto i due test hanno evidenziato un numero simile di tumori invasivi: 9 nel gruppo del pap-test, 7 nel gruppo del Hpv-test associato al pap-Test. Ma nel secondo round di esami, a distanza di tempo nessun cancro è stato riscontrato nel gruppo sottoposto all’Hpv-test più pap-test, a fronte dei 9 rilevati nel gruppo pap-test. Il che dimostra che l’esame Hpv è più efficace perché permette di trattare con maggiore anticipo le lesioni precancerose prima che le stesse si trasformino in tumori invasivi». I risultati confermano dunque che «combinare il test Hpv con il pap-test non aumenta l’efficacia dello screening». In altre parole: «E’ sufficiente utilizzare soltanto il test Hpv». In Italia si verificano ogni anno 3mila casi di cancro alla cervice uterina. Il rischio di contrarlo è pari al 6,2%, quello di morire è dello 0.8%. Il nuovo test portato alla luce dalla ricerca eviterà anche interventi chirurgici che potrebbero mettere a rischio la gravidanza. Alla luce dei risultati di questo studio sta per partire, per i prossimi tre anni, il primo progetto nazionale di utilizzo del Dna per i test di screening. Si comincia da Torino, Ivrea, Reggio Emilia e Trento. (fonte: blitzquotidiano.it)

Il cancro si può vincere, ma per i poveri è più difficile 04/02/2010 20:11
Oggi si celebra la Giornata mondiale contro il cancro promossa dall’Unione Internazionale contro il cancro, la quale sposa il vecchio motto “prevenire è meglio che curare”. Niente fumo né alcool. E’ questa la parola d’ordine per evitare di ammalarsi. Secondo l'Uicc, quattro casi di tumori su dieci potrebbero essere evitati. Vediamo come. Ogni anno, riferisce l'Uicc, sono circa 12 milioni le persone che si ammalano di tumore, e di queste ben 7,6 milioni non sopravvivono. Dati alla mano, se non si interverrà tempestivamente tra 20 anni, nel 2030 gli ammalati potrebbero arrivare alla spaventosa cifra di 26 milioni. Da quanto riferito da uno dei massimi esperti mondiali, David Hill, presidente dell'Uicc: "Circa il 20% dei 12 milioni di tumori diagnosticati ogni anno può essere attribuito a infezioni virali o batteriche, che sono direttamente cancerogene o aumentano il rischio di sviluppare malattie". "E' la ragione per la quale, con circa 300 organizzazioni rappresentanti di più di 100 Paesi, l'Uicc - dice Hill - ha deciso di sensibilizzare la popolazione, in occasione della Giornata mondiale contro il cancro, sul “contributo” che le infezioni portano al pesante fardello del cancro a livello mondiale". Tumori al collo dell'utero, al fegato, allo stomaco sono causate da infezioni croniche. Per battere queste neoplasie, dunque, servono strategie di prevenzione da mettere in pratica in tutto il mondo: vaccinazioni, maggiore igiene, stili di vita adeguati, antibiotici e altri farmaci ad hoc. Il cancro potrebbe essere evitato nel 40% dei casi puntando sulla prevenzione. E non solo con stili di vita sani, ma anche con la giusta protezione da quelle infezioni che aprono la strada alla malattia. Ma questo tipo di prevenzioni sono possibili nei Paesi così detti “sviluppati”. Dove l’accesso a informazioni mediche, strutture mediche e professionisti specializzati è relativamente semplice. Ma nei Paesi in via di sviluppo la questione cambia radicalmente. Si parla spesso del problema dell’AIDS, ma in pochi sanno che in questi Paesi i casi di tumore crescono in maniera allarmante. E le differenze pesano molto. Uno studio recente, realizzato dal Centro internazionale per la ricerca sul cancro e pubblicato su 'The Lancet Oncology', ha dimostrato che il tasso di sopravvivenza dopo una diagnosi di cancro al seno delle donne del Gambia e' del 12%, contro l'80% delle donne della Corea del Sud. E in caso di tumore al collo dell'utero, in Uganda il 13% delle pazienti ha una sopravvivenza di 5 anni, mentre per le donne di Singapore la speranza di vita e' 5 volte più elevata. Non solo. Secondo i dati più recenti, nei Paesi poveri si concentrano più della metà dei nuovi casi di tumore e più del 60% dei decessi per cancro. La malattia è causa di 7,4 milioni di morti l'anno (dati 2004), rappresenta cioè il 13% della mortalità mondiale. Il cancro ai polmoni, allo stomaco, al fegato al colon e al seno sono i killer principali. Insomma il cancro uccide ma si può battere. Ma l’indifferenza umana, la miseria, il cinismo spregiudicato e miope di moltissime case farmaceutiche, sono malattie molto più difficili da sradicare. (fonte: skytg24.it)

Frutta e verdura per ridurre il rischio di cancro linfatico 25/01/2010 00:32
Gli antiossidanti contenuti in frutta e verdura diventano ogni giorno tra i più preziosi alleati della salute. Ed è un nuovo studio ad affermare che l'assunzione di queste sostanze può ridurre del 30% il rischio di sviluppare il linfoma non-Hodgkin, ovvero una forma di tumori maligni del tessuto linfatico. I risultati di questo studio che sono stati resi noti dall'Iowa Women's Health Study e pubblicati sul "International Journal of Cancer", mostrano come un maggiore apporto dietetico di specifici nutrienti antiossidanti, come la vitamina C, alfa-carotene e proantocianidine siano stati anche individualmente associati a significative riduzioni del rischio di cancro. I ricercatori, guidati dal dr. James Cerhan della Mayo Clinic College of Medicine, hanno analizzato l'assunzione di queste sostanze attraverso la dieta nei confronti di 35.159 donne di età compresa tra i 55 e i 69 anni. Durante il periodo di studio sono stati documentati 415 casi di linfoma non-Hodgkin. L'assunzione di normali quantità di vitamina C è stata associata a un 22% di riduzione del rischio di linfoma, mentre un'assunzione di alfa-carotene, proantocianidine e manganese è stata associata con 29, 30 e 38% di riduzione del rischio. Non è stata osservata alcuna associazione con l'assunzione di integratori vitaminici. Una maggiore assunzione di frutta e verdura è poi stata associata a un 31% di riduzione del rischio, mentre l'assunzione di verdure giallo/arancione è stata associata a una riduzione del 28% e del 18% per le crucifere. Questi risultati mostrano che una maggiore integrazione di vitamine e antiossidanti sia utile nella prevenzione dei questo tipo di patologie e che, tuttavia, debba essere fatta attraverso il cibo e non per mezzo di integratori vitaminici concludono i ricercatori. (fonte: lastampa.it)

Evitare il cancro della pelle indossando i guanti 25/01/2010 00:31
Il consiglio, per quanto comprensibile visto nell'ottica dei medici che cercano di aiutare le persone a prevenire il temibile tumore della pelle, giunge un po' insolito. Difatti, gli scienziati neozelandesi consigliano agli automobilisti di indossare i guanti durante la guida per proteggere le pelle delle mani dai raggi solari nocivi. Fin qui niente di strano, sennonché, potrebbe obiettare qualcuno, i guanti dovrebbero essere indossati d'estate… quando, notoriamente, fa caldo. Be', rispondono gli esperti, non si tratta di indossare guanti di lana ma dei cosiddetti guanti da guida che non dovrebbero causare problemi di calore. A ogni modo, è proprio la Cancer Society di Wellington (Nuova Zelanda) a mettere sull'avviso gli automobilisti dai pericoli derivanti dall'esposizione prolungata ai raggi solari nocivi. Infatti, è proprio quando si è alla guida di un veicolo che ci si espone involontariamente a queste radiazioni che, anche i vetri non riescono a filtrare, secondo il controverso parere degli esperti. Nonostante si ritenga che certi tipi di vetro agiscano in misura totale tal senso, mentre – sempre secondo gli scienziati neozelandesi – i vetri chiari filtrano unicamente circa il 37% delle radiazioni UV-A. Ecco quindi che, in vista di lunghi viaggi o di frequenti tragitti in auto, gli scienziati consigliano di indossare degli indumenti protettivi, cioè dei semplici abiti che coprano le parti più esposte come i già citati guanti o magliette con le maniche lunghe per proteggere le braccia. E se proprio non si resiste con dei capi di vestiario indosso, allora consigliano di proteggersi con delle creme solari e gli immancabili occhiali da sole. (fonte: lastampa.it)

Dalla ricerca biotech italiana una nuova classe di terapeutici anti-tumorali 25/01/2010 00:30
La sfida da affrontare nello sviluppo di farmaci anti-tumorali è garantire la loro selettività solo a danno delle cellule neoplastiche, consentendo trattamenti più efficaci e duraturi, ma anche meno dannosi per l’organismo. In questo ambito una azienda italiana impegnata nella ricerca e nello sviluppo di agenti anti-tumorali, Adriacell pharmaceutical, ha ideato e sviluppato le molecole CROMOC, una nuova classe di terapeutici per la cura di tumori solidi, ossia le neoplasie che, almeno nella fase iniziale, si sviluppano in un’unica area ben localizzata. Si tratta di molecole in grado di sfruttare le caratteristiche peculiari delle cellule tumorali, per agire in modo mirato e ridurre al minimo gli effetti tossici sull’organismo. “CROMOC penetra attivamente nel nucleo delle cellule, si lega al DNA e lo taglia in punti specifici. L’aspetto innovativo della terapia è rappresentato dalla capacità di colpire in maniera assai più puntuale le cellule tumorali. Ciò garantisce alta efficacia a bassi dosaggi, effetti collaterali minimi e prevenzione della resistenza al farmaco” spiega la ricercatrice Elisa Margotti, tra coloro che lavorano al progetto. Il principio attivo appena messo a punto prevede, infatti, due livelli di selezione: il primo si innesca al momento dell’ingresso di CROMOC nel nucleo cellulare, grazie alla presenza di una componente specifica che riconosce alcuni recettori presenti sulla membrana cellulare e che risultano più numerosi nelle cellule tumorali rispetto a quelle sane. Il secondo si attiva durante il processo di riparazione della cellula colpita. In questo modo un numero maggiore di molecole CROMOC entra nelle cellule tumorali. Queste si replicano molto più velocemente di quelle sane, senza preoccuparsi di eventuali errori incorsi durante la duplicazione del DNA. I sistemi di riparazione delle cellule tumorali sono molto spesso difettosi e questo le pone in una situazione di svantaggio nel tentativo di contrastare l’azione di CROMOC. Infatti, mentre le poche cellule sane entrate in contatto con il principio attivo riescono a riparare efficacemente i danni che molecole CROMOC possono avere causato nel loro DNA, le cellule cancerose si trovano a fronteggiare un’azione ben più massiccia, disponendo di sistemi di difesa non all’altezza. Il risultato di questa lotta impari è l’arresto della crescita delle cellule tumorali. La classe di terapeutici messa punto da Adriacell è stata già sottoposta a test pre-clinci in vitro e in vivo. “Speriamo di poter cominciare già tra qualche mese la produzione farmaceutica del principio attivo, disponendo di una documentazione completa da sottoporre all´EMEA (European Medicines Agency). A quel punto, una risposta favorevole ci permetterà di studiare CROMOC in Fase 1 su pazienti volontari” ha spiegato Elisa Margotti. (fonte: liquidarea)

La fontana della giovinezza? Ridurre lo zucchero 25/01/2010 00:29
Su invertebrati, moscerini e topolini c'è la certezza da tempo: mangiar poco allunga la vita, anche di parecchio. Qualche mese fa lo stesso risultato è stato dimostrato in animali che sono nostri parenti stretti, i macachi. Ora una ricerca condotta su cellule umane segna un altro punto a favore della teoria della restrizione calorica, secondo cui «tirar la cinghia» fa vivere più a lungo e molto probabilmente meglio. STUDIO SPERIMENTALE – La ricerca, uscita sul FASEB Journal, è stata condotta su cellule polmonari umane normali e precancerose, in uno stadio che precede di poco la trasformazione tumorale vera e propria. Entrambi i tipi cellulari sono stati fatti crescere in vari terreni di coltura, ricevendo quantità di glucosio normali o ridotte; i ricercatori, del Center for Aging e del Comprehensive Cancer Center dell'Università dell'Alabama, le hanno seguite nel corso di alcune settimane per vedere come e quanto si moltiplicavano e per registrarne la sopravvivenza. Chiari i risultati: se lo zucchero a disposizione scarseggiava, le cellule normali vivevano più a lungo, quelle pre-tumorali morivano. C'è dell'altro: valutando l'espressione e l'attività di alcuni geni-chiave delle cellule i ricercatori si sono accorti che la «dieta» a basso contenuto di glucosio stimolava un aumento dei livelli di telomerasi, l'enzima che «mantiene giovani» i telomeri (le strutture terminali dei cromosomi che si accorciano man mano che si invecchia); inoltre, la scarsità di glucosio riduceva l'attività di un altro gene che invece rallenta la funzione della telomerasi. CONFERME – Tutti effetti che non dipendono da mutazioni nel DNA, ma sono una reazione all'ambiente in cui si trova la cellula: si chiamano effetti epigenetici e stanno assumendo una sempre maggiore importanza agli occhi degli scienziati perché possono condizionare il destino delle cellule molto più di quanto ci si aspettasse in passato. I dati degli statunitensi portano acqua al mulino di chi da anni sostiene che ridurre l'introito di cibo (specialmente dolce, parrebbe) possa farci vivere di più e meglio. Il direttore della rivista su cui è stato pubblicato il lavoro si spinge a prevedere che ci vorrà poco per «ottenere una fontana della giovinezza farmacologica, una pillola in grado di far vivere a lungo e senza tumori»; l'autore dell'articolo, Trygve Tollefsbol, spera dal canto suo che «la scoperta possa aiutare a capire come prevenire i tumori e altre malattie età-correlate, riducendo e controllando l'introito calorico in specifiche popolazioni cellulari». In altre parole, «affamare» selettivamente cellule che altrimenti invecchierebbero presto o le cellule tumorali: per farlo ci vorranno farmaci che per ora sono più che futuribili. Per stare meglio e invecchiare senza acciacchi, meglio cominciare allora mangiando poco e sano: la dimostrazione che basta introdurre cento calorie in meno al giorno per tagliare del 10 per cento il rischio di disabilità tipiche dell'anziano è arrivata poco tempo fa, da una ricerca presentata all'ultimo congresso della Società Italiana di Gerontologia e Geriatra. Condotta non su cellule, ma su uomini e donne in carne e ossa. E visto che gli indizi vanno tutti nello stesso senso, pare proprio che convenga essere parchi a tavola se vogliamo arrivare a soffiare su 80 o 90 candeline, magari in buona salute. (fonte: corriere.it)

Retinoblastoma: un riflesso rivelatore 25/01/2010 00:28
Il retinoblastoma – tumore della retina molto frequente in eta’ pediatrica – e’ una patologia genetica che in Italia colpisce 50/60 bambini all’anno, generalmente entro i primi tre anni di vita. Legato alla perdita di un segmento del cromosoma 13, e’ riconoscibile dalla presenza di un riflesso bianco nella pupilla. Spesso sono gli stessi genitori ad accorgersi dell’anomalia attraverso gli scatti fotografici, magari mentre il bambino spegne la candelina del primo compleanno. Il retinoblastoma e’ l’unico tumore che viene trattato senza la sua rimozione: effettuati tutti gli accertamenti del caso – all’Ospedale Pediatrico Bambino Gesu’ vengono eseguiti in un’unica seduta – la massa tumorale viene neutralizzata con l’obiettivo di conservare l’occhio del bambino per non comprometterne lo sviluppo e l’apprendimento. La diagnosi precoce mette cosi’ in salvo i piccoli dalla cecita’. Per mettere a disposizione le conoscenze in questa specifica area, chiarendo dubbi e fornendo indicazioni utili sulle migliori pratiche per la diagnosi e la cura della malattia, il Bambino Gesu’ pubblica sul Portale Sanitario Pediatrico ( www.ospedalebambinogesu.it) il ”dossier Retinoblastoma”, in grado di rispondere alle domande non solo dei genitori, ma anche dei professionisti in campo sanitario. Il nosocomio Pediatrico rappresenta un punto di riferimento a livello internazionale per il trattamento dei casi di Retinoblastoma ed e’ Centro di Riferimento per l’applicazione del protocollo terapeutico dell’AIEOP (Associazione Italiana di Ematologia ed Oncologia Pediatrica), massimo organo competente in oncologia pediatrica in Italia. (fonte: liquidarea)

Il Kras Test per il tumore del colon retto 25/01/2010 00:27
Il tumore del colon-retto, dovuto alla proliferazione incontrollata delle cellule della mucosa che riveste le pareti interne dell'intestino, è un tumore assai più diffuso di quanto molti ritengono. L’incidenza complessiva della malattia cresce con l’età e diventa più frequente a partire dai 60 anni, raggiungendo il suo picco intorno agli 80 anni. Le stime dell'AIRT per l'Italia, contano oltre 20 mila nuovi casi per gli uomini e più di 17 mila casi per le donne. Determinare lo stato del gene KRAS, se normale o mutato, è essenziale perchè lo stato della proteina KRAS può influenzare la prognosi e la risposta a quei trattamenti mirati all’inattivazione dell’EGFR. La condizione della proteina KRAS può essere identificata con un semplice test, il cui risultato sarà utile al medico per scegliere se sottoporre o meno un paziente a un determinato trattamento con farmaci biologici mirati a inattivare il fattore di crescita epidermico EGF. Il test per l’analisi del KRAS è semplice e non invasivo e analizza il DNA delle cellule tumorali già disponibili dai campioni nei tessuti prelevati con la biopsia e le altre analisi. La presenza o meno di un gene KRAS mutato nelle cellule tumorali può essere individuata attraverso un metodo molto sensibile e specifico: la PCR quantitativa (qPCR), che permette di amplificare selettivamente il DNA del gene KRAS. La procedura di laboratorio utilizzata può essere sintetizzata in sei fasi successive: FASE 1 Prima di iniziare il test di KRAS, un anatomopatologo seleziona da un vetrino il campione di tessuto in cui sono presenti una sufficiente quantità di cellule tumorali, da cui estrarre il DNA su cui determinare il test di KRAS FASE 2 Il campione di tessuto viene successivamente rimosso dal vetrino per permettere l’esecuzione del test per stabilire lo “stato” di KRAS FASE 3 Il DNA del tessuto tumorale viene purificato dal campione di tessuto FASE 4 Il DNA del tessuto tumorale è controllato per verificarne la purezza in base alle procedure di controllo di qualità FASE 5 La PCR è un test, altamente sensibile e specifico, che utilizza sonde marcate per amplificare il DNA e determinare la presenza del KRAS mutato FASE 6 Il prodotto dell’amplificazione viene misurato per verificare se il tumore esprime un gene KRAS normale o mutato. In questo modo, sulla base dello stato di KRAS del tumore, è possibile selezionare in maniera più mirata il trattamento da somministrare al paziente Per supportare il lavoro dei diversi operatori sanitari coinvolti nelle varie fasi della determinazione dello stato del gene KRAS di pazienti affetti da cancro del colon-retto metastatico, dall'anatomo-patologo all'oncologo, è stato realizzato il programma KRAS-aKtive, uno strumento che favorisce lo scambio di informazioni e di materiale scientifico e che intende promuovere la verifica di qualità sull'esecuzione del test. Sono stati stabiliti i requisiti minimi per poter effettuare il KRAS test, il percorso per giungere alla diagnosi ed è stata costruita una vera e propria rete di Centri di anatomia patologica e di biologia molecolare sparsi in tutta Italia in grado di effettuare il test, collegati attraverso il sito www.kras-aktive.it, permettendo così a ogni struttura sul territorio nazionale di ottenere la determinazione del KRAS a fini diagnostici da uno di quei Centri. L’Istituto Regina Elena (IRE) è stato tra i primi nella regione Lazio che ha messo a punto tale metodica ed è considerato un Centro di riferimento in tale settore. “Il Programma KRAS aKtive permette di semplificare e ottimizzare la comunicazione tra i reparti di Oncologia e i laboratori di Anatomia Patologica, - afferma la Dott.ssa Marcella Mottolese, anatomia patologica settore patologia molecolare Istituto nazionale Tumori Regina Elena – Roma, il cui laboratorio conta ormai un'esperienza basata su più di 500 casi - e, quindi, di agevolare il paziente nell'ottenere rapidamente e in modo affidabile la valutazione dello stato mutazionale del gene KRAS, marcatore biologico predittivo di risposta alla terapia con cetuximab”. Ma come funziona, in pratica? “Lo specialista oncologo di una qualsiasi località del Lazio, ma anche delle regioni limitrofe , richiede all'anatomo patologo del suo ospedale che prepari dei vetrini idonei alla valutazione del KRAS per un determinato paziente e sceglie il Centro nel quale verrà eseguito il test (nel Lazio l’Istituto Regina Elena è uno dei quattro i Centri di questo tipo attivi), chiamando un apposito numero verde o accedendo on-line al Programma KRAS aKtive. A questo punto, grazie al Programma KRAS aKtive, il laboratorio del Centro prescelto viene avvertito via e-mail dell'arrivo imminente di un nuovo test da eseguire e si attiva un sistema di corrieri che si incarica di far pervenire materialmente il campione da esaminare. Il paziente non dovrà nemmeno recarsi a ritirare il referto, perché questo verrà immesso direttamente in una speciale banca dati riservata, alla quale ha accesso soltanto l'oncologo, che sarà a sua volta preavvertito da una e-mail. Così, in tempo reale, il medico avrà a disposizione questo utilissimo parametro per supportare la propria decisione clinica”. “In definitiva, con questo servizio – conclude la dott.ssa Mottolese – sia l'Oncologo, sia l'Anatomo patologo si assumono, in qualche modo, un compito supplementare nell'interesse prevalente del paziente. Il Programma KRAS aKtive mette al centro la figura del paziente, risparmiandogli complicazioni e difficoltà, specie in considerazione delle sue condizioni. Va ricordato che tutto il programma si svolge nella più assoluta riservatezza e con l'assoluto rispetto della privacy del paziente, i cui dati sono accessibili solo ed esclusivamente al proprio medico oncologo”. Per ulteriori informazioni contattare: Ufficio stampa Multimedia Healthcare Communication Divisione di Publicis Healthcare Communications Group S.r.l. (fonte: italiasalute)

In arrivo il vaccino contro il melanoma 25/01/2010 00:25
La lotta al melanoma, uno dei tumori della pelle più diffusi e temibili per l’alto tasso di mortalità associato, potrebbe concludersi in due anni con una vittoria schiacciante della scienza contro la malattia. Entro il 2012 infatti potrebbe essere pronto un vaccino per la cura del tumore alla pelle che è stato presentato a Genova in occasione di un convegno nazionale sui linfomi cutanei e il melanoma. Ci sta lavorando l’Istituto nazionale per la ricerca sul cancro e i risultati dei lavori sembrano essere molto incoraggianti. A breve potrebbe partire la prima sperimentazione sull’uomo ed entro due anni, se i risultati saranno all’altezza delle aspettative, essere distribuito. Fino ad allora, restano valide le norme di buon senso: sole con cautela e diagnosi precoce sono le vie da seguire per evitare di imbattersi nella malattia. Le regole: esporsi al sole con moderazione e adeguata protezione e verificare periodicamente la comparsa di nei, monitorando quelli già esistenti. (fonte: benessereblog)

Cannabis. Studio: potente inibitore del tumore al cervello 25/01/2010 00:24
I principi attivi presenti nella cannabis agiscono in sinergia inibendo la crescita delle cellule cancerogene e causandone la morte. Questi i risultati di una sperimentazione preclinica pubblicata sulla rivista scientifica Molecular Cancer Therapeutics. I ricercatori dell'Università della California hanno studiato gli effetti del cannabidiolo, non psicoattivo, in combinazione con il Thc, principio psicoattivo della cannabis con proprietà anticancerogene. Gli studiosi hanno scoperto che la combinazione di questi cannabinoidi è più efficace contro il cancro rispetto alla somministrazione separata di questi principi. "Abbiamo scoperto che il cannabidiolo aumenta l'abilità del Thc di inibire la proliferazione di cellule (cancerogene), inducendo l'arresto del ciclo cellulare e l'apoptosi (la morte programmata delle cellule)", hanno scritto gli autori dello studio. I ricercatori concludono: "Separatamente, Thc e cannabidiolo possono inibire la crescita e la diffusione delle cellule cancerogene in modi distinti, e provocare la loro morte. Abbiamo ipotizzato che, unendo i due agenti, si potesse giungere ad una convergenza delle modalità di azione con un conseguente potenziamento dell'azione inibitoria di certi fenotipi di cellule cancerogene. Questa ricerca dimostra che è così". Una recensione di studi scientifici pubblicata nel 2008 sulla rivista Cancer Reserch aveva riportato che i cannabinoidi inibiscono la proliferazione di cellule di una molteplicità di tumori, tra cui il tumore al cervello, prostata, seno, polmone, pelle, pancreas e il linfoma. (fonte: consumatori.myblog.it)

Bassi livelli di glucosio contrastano i tumori 10/01/2010 12:10
Consumare meno glucosio, lo zucchero più comune nelle diete, può estendere la vita delle cellule polmonari sane e incrementare la velocità di distruzione delle cellule polmonari pre-cancerose, riducendo la crescita del tumore. Questa la scoperta di alcuni ricercatori della University of Alabama a Birmingham (UAB) e pubblicato sulla rivista Faseb Journal. Come spiega Trygve Tollefsbol, autore dello studio: «Questi risultati dimostrano ulteriormente i benefici potenziali per la salute di controllare l'apporto calorico. La nostra ricerca indica che una riduzione delle calorie estende la durata della vita in buona salute delle cellule umane e aiuta la capacità naturale del corpo di uccidere le cellule che formano il cancro». Gli studiosi hanno analizzato gli effetti del glucosio su cellule umane polmonari sane e pre-cancerose in provetta. Ad alcune sono stati dati livelli normali di glucosio e ad altre livelli molto bassi. Le cellule sono state poi lasciate crescere per diverse settimane. «In questo periodo di tempo, siamo stati in grado di monitorare la capacità delle cellule a dividersi e a sopravvivere. È emerso che i livelli bassi di glucosio guidano le cellule sane a crescere più di quanto non facciano in genere e provocano la morte di un gran numero di cellule pre-cancerose». (fonte: sanihelp.it)

In Italia effettuati quattro milioni di esami per screening nel 2008 10/01/2010 12:09
Sono stati circa quattro milioni gli esami di screening oncologici effettuati in Italia nel 2008 e quasi otto milioni e mezzo gli italiani invitati a prendere parte a uno dei tre programmi di prevenzione previsti: quello mammografico per il tumore al seno, il pap test per le neoplasie della cervice uterina e la ricerca del sangue occulto nelle feci per il carcinoma colonrettale. I tumori così individuati sul territorio nazionale sono stati in totale 11.500, dei quali 5.500 alla mammella, 2.700 al colon retto e 3.300 alla cervice uterina. I numeri sono stati resi noti in occasione dell’ottavo convegno dell’Osservatorio Nazionale Screening (realizzato in collaborazione con la regione Piemonte e il Centro di Riferimento per l’Epidemiologia e la Prevenzione Oncologica in Piemonte), che ha il compito di monitorare la diffusione e la qualità dei programmi di screening nelle varie regioni italiane. Gli esami per la prevenzione del carcinoma mammario, del cervicocarcinoma e del tumore colorettale rientrano, infatti, fra i Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) e devono essere garantiti a tutti i cittadini residenti sul territorio nazionale. LA MAMMOGRAFIA - Tra il 2003 e il 2008, in Italia, l'estensione teorica dello screening mammografico (che esprime il rapporto fra la popolazione che vive in un’area dove è attivo un programma di screening e l’insieme della popolazione italiana) è cresciuto dal 56,2 all'87 per cento, pur permanendo uno squilibrio fra Nord e Centro da un lato e Sud e isole dall’altro. Nel 2008, poi, l’estensione effettiva (cioè la percentuale di donne di età compresa tra i 50 e i 69 anni realmente invitate a fare il test) è stata pari al 69 per cento (88 per cento al Nord, 77 al Centro e 38 al Sud). CARCINOMA AL COLLO DELL’UTERO - Per quanto riguarda lo screening della cervice uterina, nel 2008, il 75 per cento del territorio nazionale è risultato coperto da programmi organizzati e in questo caso la differenza tra le parti del Paese è risultata meno marcata. Infatti, nel 2008 si passa dal 68 per cento circa del Nord all’86 per cento del Centro al 77 del Sud. Inoltre, migliora la diffusione dei test preventivi. Se cinque anni fa la percentuale di copertura effettiva riguardava solo il 43 per cento delle italiane, ora il 63 per cento delle donne nella fascia di età 25-64 anni ha ricevuto effettivamente la lettera di invito (65 per cento al Centro, 76 al Nord, 54 Sud e isole). COLON RETTO - Infine, grandi passi avanti sono stati fatti per quanto riguarda il test per la ricerca del sangue occulto nelle feci (impiegato per la diagnosi precoce del carcinoma al colon retto). Mentre prima del 2004 praticamente non esistevano programmi organizzati per questo tumore, nel 2008 risulta coperto dallo screening del carcinoma colonrettale (tramite ricerca del sangue occulto fecale, nella grande maggioranza di casi, o mediante rettosigmoidoscopia) circa il 51 per cento del territorio nazionale. La copertura riguarda essenzialmente il Nord (73 per cento) e il Centro (56), mentre è meno diffusa al Sud (solo il 16 per cento), dove è però comunque in crescita rispetto agli anni precedenti. Le persone effettivamente invitate (donne e uomini fra i 50 e i 70 anni nella maggior parte delle regioni) sono il 36 per cento della popolazione target, con una grande differenza fra Nord (oltre il 60 per cento) e Centro (oltre il 30) rispetto al Sud (soltanto il 5), dove questo tipo di prevenzione interessa ancora oggi una piccola minoranza delle persone che ne avrebbero diritto. (fonte: corriere.it)

Scoperte le cause del tumore al seno 10/01/2010 12:06
Una recente scoperta medica sarebbe in grado si spiegare i motivi dell’insorgenza del tumore al seno. Lo studio, condotto dagli scienziati del Campus IFOM-IEO di Milano in collaborazione con la Fondazione Istituto FIRC di Oncologia Molecolare (INFOM) dell’Istituto Europeo di Oncologia (IEO) e dell’Università degli Studi di Milano, avrebbe mostrato un forte collegamento tra la proliferazione del cancro alla mammella e l’azione svolta dalle cellule staminali del cancro stesso. Esse sarebbero le responsabili della sua comparsa e successivamente della sua crescita. I dati sono stati raccolti sulla base di un’analisi che ha messo in rilievo la presenza di un alto numero di cellule staminali cancerogene nelle pazienti affette da una forma più grave della patologia. Queste sono state individuate grazie ad un liquido di contrasto fluorescente che ha reso possibile evidenziare la loro crescita ed espansione fino a giungere alla conclusione che siano proprio quelle le cellule responsabili della diversa aggressività di differenti tipi di cancro. In merito allo studio il professor Pier Paolo Di Fiore ha dichiarato che “queste cellule sostengono la crescita del tumore in modo simile a quanto accade per le cellule staminali normali nel fisiologico processo di generazione dei tessuti. Le cellule staminali tumorali rappresentano la vera forza motrice in grado di promuovere e sostenere la proliferazione del tessuto tumorale”. Gli esperti hanno dovuto in primis isolare le cellule staminali ‘malate’ da quelle sane. Ciò è servito a rendere chiare le loro caratteristiche molecolari al fine di poter condurre uno studio mirato e i coloranti utilizzati sono stati indispensabili per individuare i marcatori di questo particolare tipo di cellula. Quello che è stato osservato è che il liquido con il quale viene evidenziata la cellula madre rimane in questa ma poi si diffonde disperdendosi mano mano che essa dà vita a nuove cellule progenitrici dello stesso tipo e poi a quelle tumorali a tutti gli effetti. A questo punto il liquido di contrasto rimane visibile solamente nelle cellule staminali cancerogene. Esse purtroppo però si sono anche dimostrate in grado di resistere alle cure cui regolarmente una malata di cancro al seno è sottoposta, come chemioterapia e radioterapia. Una scoperta, quella ottenuta dai professori Pier Paolo Di Fiore e Pier Giuseppe Pelicci, grazie alla quale in futuro forse la cura di questa grave malattia potrebbe essere più vicina. Agendo direttamente sulle cellule ‘pilota’, infatti, si potrà arrivare ad un’azione mirata alla radice del problema, regalando una speranza in più ai malati. (fonte: periodicoitaliano.info)

Tumori: con alcune erbe cinesi più rischi di cancro alla vescica 28/12/2009 00:59
Le erbe che contengono acido aristolochico - una sostanza presente in diversi rimedi della medicina tradizionale cinese - espongono a un maggior rischio di tumori del tratto urinario. Lo rivela uno studio pubblicato online sul «Journal of the National Cencer Institute». Molti Paesi hanno bandito da anni i prodotti contenenti acido aristolochico. Questo per via dell'associazione di tumori uroteliali in associazione al consumo di questo acido. LO STUDIO - Il team di Jung-Der Wang dell'Institute of Occupational Medicine and Industrial Hygiene della National Taiwan University ha condotto uno studio sui pazienti dell'isola dell'Estremo Oriente, che avevano ricevuto una diagnosi di tumore del tratto urinario dal 1 gennaio 2001 al 31 dicembre 2002. L'analisi finale ha coinvolto 4.594 pazienti e 174.701 controlli. I ricercatori, in particolare, hanno esaminato l'associazione tra il Mu Tong, un'erba che contiene acido aristolochico e i carcinomi del tratto urinario. Dopo aver confrontato le cartelle cliniche dei pazienti i ricercatori hanno scoperto che l'assunzione di oltre 60 grammi di Mu Tong o il consumo stimato di oltre 150 milligrammi di acido aristolochico è associato a un maggior pericolo di sviluppare questo tipo di tumore. E il rischio saliva con il crescere del quantitativo di sostanza assunta. I RISCHI - «Oltre alla messa al bando dei prodotti che contengono l'acido aristolochico, raccomandiamo di continuare la sorveglianza di erbe cinesi e prodotti che potrebbero essere stati adulterati con questo acido - scrivono gli autori dello studio - Inoltre, i pazienti che hanno consumato queste erbe prima del divieto dovrebbero essere monitorati regolarmente». Lo studio pubblicato sul Journal of the Cancer Institute sui rischi legati ad alcune erbe cinesi contenenti acido aristolochico, «dimostra che i trattamenti non convenzionali e la somministrazione di erbe considerate benefiche non sottoposti a una valutazione scientifica determinano purtroppo effetti collaterali nefasti», commenta Umberto Tirelli, direttore Dipartimento di Oncologia medica dell'Istituto nazionale tumori di Aviano. «È necessario - continua Tirelli in una nota - che tutti, pazienti medici e politici, tengano conto dei possibili effetti collaterali di sostanze considerate superficialmente benefiche». Queste, secondo l'oncologo, devono essere sottoposte «alla dovuta valutazione scientifica prima del loro impiego. Viene da chiedersi -conclude- quante sostanze che non sono mai state sottoposte a controlli scientifici tradizionali siano collegate ad effetti collaterali anche severi». (fonte: corriere.it)

Sesso femminile: coi rapporti giovanili si rischia il cancro all’utero 28/12/2009 00:58
Attenzione ragazze, il sesso fin da giovanissime è un’abitudine pericolosa, e non solo per il rischio di gravidanze indesiderate. Secondo uno studio pubblicato dal ”British Journal of Cancer” riportato dalla Bbc, infatti, un’attività sessuale troppo precoce raddoppia il pericolo di sviluppare il cancro alla cervice uterina. A far la differenza, a detta degli esperti britannici, sarebbe il numero di anni che il virus Hpv, principale responsabile di questa neoplasia, avrebbe a disposizione per produrre danni in caso di infezione. Tant’è che i risultati della ricerca, realizzata dall’International for Research on Cancer, non riguardano solo le teenager, ma dimostrano che il rischio di cancro della cervice è maggiore anche nelle donne che hanno avuto il primo rapporto sessuale a 20 anni rispetto a quelle che avevano vissuto la loro prima volta a 25. Lo studio è stato condotto su circa 20 mila donne. I ricercatori si sono focalizzati anche sul reddito dal momento che è già noto che l’incidenza del cancro della cervice è più alta tra le meno abbienti. A render più fitto il mistero c’è il fatto che i tassi di infezione da Hpv sono omogenei tra le donne più ricche e le altre, ma il cancro colpisce di più le indigenti. Così, cercando di capirne il motivo, gli studiosi hanno scoperto che le meno abbienti in media fanno sesso prima, ovvero con circa quattro anni di anticipo rispetto alle coetanee benestanti. Finora questo divario, che accomuna le donne di ogni angolo del pianeta, era attribuito alla scarsa attenzione ai test per stanare la malattia tra le classi sociali meno abbienti. Ma, secondo il nuovo studio, il fattore più importante sarebbe un altro: a quanti anni si inizia a far sesso. A incidere, secondo la ricerca, anche l’etá della prima maternità e, in parte, il fatto di fare il Pap-test, mentre nessun legame è stato riscontrato con il numero di partner avuti o col fatto di essere fumatrice. ”Se si viene infettate presto dall’Hpv – spiega Silvia Franceschi, scienziata italiana a capo della ricerca – il virus ha più tempo a disposizione per produrre tutta quella serie di eventi a catena che possono portare allo sviluppo del cancro”. (fonte: blitzquotidiano.it)

Calore contro tumore 28/12/2009 00:57
Contro i tumori aggressivi e di rapida crescita come i glioblastomi cerebrali, si è dimostrata utile una terapia che consiste nel riscaldare il tessuto malato con nanoparticelle magnetiche. Lo fa pensare un esperimento eseguito all'ospedale Charité di Berlino su 59 pazienti recidivi, in corso fin dal 2004. Ebbene, con questo trattamento essi sono sopravvissuti in media 13 mesi dopo la ricaduta -più del doppio rispetto a chi era stato sottoposto alle cure usuali: chirurgia, radiazioni, chemioterapia. Gli specialisti della Charité hanno già inoltrato domanda d'autorizzazione all'Unione europea, che consentirebbe di praticare il trattamento anche a pazienti non inseriti nel programma; la decisione è prevista per la metà dell'anno prossimo (fonte: consumatori.myblog.it)

Tumori, importante scoperta italiana negli Usa: identificate le proteine chiave del cancro al cervello 28/12/2009 00:56
Due proteine chiave che cooperano nella formazione e nella progressione di un particolare tipo di tumore del cervello, il piu' grave, sono state scoperte dal team di scienziati guidato dall'italiano Antonio Iavarone alla Columbia University di New York. Lo riporta online la rivista 'Nature', sottolineando che questi risultati potrebbero presto portare a nuove strategie terapeutiche contro il glioblastoma. Alcuni tipi di glioblastoma umano esprimono geni che sono caratteristici di un fenotipo mesenchimale. Una 'firma', questa, associata a una prognosi infausta. Utilizzando un approccio bioinformatico, Iavarone e colleghi hanno identificato due proteine, la Stat3 e la C7Ebpbeta, responsabili dell''accensione' dei geni mesenchimali della malattia. L'eliminazione di questi due fattori - assicurano - porta a un collasso nell'espressione di questi geni e riduce l'aggressivita' del tumore. (fonte: padovanews.it)

Make-up e trucco pongono seri rischi per salute 28/12/2009 00:55
Apparire più belle vale la salute? La domanda sorge spontanea, direbbe qualcuno, dopo aver saputo dai risultati di uno studio che l'uso di prodotti per il trucco come mascara, fondotinta, ombretto e altri possono causare problemi di salute anche gravi come tumori, infertilità e squilibri ormonali. E più giovani si è quando s'inizia a truccarsi, più rischi ci sono. La ricerca è stata condotta dagli scienziati dell'Environmental Working Group (EWG) di Washington (Usa) per comprendere gli effetti del make-up sulle giovani ragazze che, come riportato da numerose indagini, iniziano a utilizzare i prodotti per la bellezza sempre più in giovane età. Oggetto dello studio sono state ragazze di età compresa tra i 14 e i 19 anni che utilizzavano prodotti di bellezza e per il trucco. Dalle analisi condotte sui prodotti usati si è scoperto che questi contenevano sostanze chimiche come ftalati, triclosan, parabeni e muschi che sono riconosciuti agenti tossici per la pelle e l'organismo in generale, hanno sottolineato i ricercatori. Analizzando le abitudini di queste ragazze è emerso che in media esse utilizzano 17 prodotti ogni giorno tra cui rossetti, ombretti, mascara, smalto per unghie e tinture per capelli, contro una media di 13 utilizzati dalle donne adulte. I ricercatori di sono detti preoccupati per l'aumento dell'uso di questi prodotti che, avvertono, se non usati correttamente possono causare serie reazioni allergiche e danni alla salute. Tra i vari problemi che possono causare ci sono danni anche permanenti agli occhi causati da un eventuale accidentale contatto con le sostanze contenute nelle tinture per capelli; un'intossicazione causata dall'assorbimento del piombo – un metallo pesante, tossico – contenuto per esempio nel kajal o khol. In passato e da altri studi alcune sostanze contenute in certi trucchi e prodotti per la bellezza sono state collegate a problemi ormonali, di riproduzione e alla depressione. (fonte: lastampa.it)

Il fumo uccide, questo si sa: ma soprattutto rende brutti 11/12/2009 19:27
Si legge: "Il fumo uccide"; oppure, "Tenete lontani i bambini dalle sigarette"; o ancora, "Il fumo provoca il tumore". Sono solo alcuni dei messaggi 'minatori' che appaiono sui pacchetti di 'bionde', ormai da molti anni anche in Italia. Una campagna permanente contro il vizio più diffuso al mondo, con l'obiettivo di dissuadere i tabagisti dalla loro brutta abitudine, citando ogni tipo di effetto negativo. C'è però una recente ricerca, condotta da esperti della New York University e dell'università di Basilea, secondo la quale queste frasi finiscono per produrre l'effetto contrario, vale a dire spingere chi li legge ad accendersi una sigaretta. La soluzione, secondo gli studiosi, dovrebbe essere invece puntare su messaggi che evidenzino i danni legati al proprio aspetto fisico, del tipo: "Il fumo rende la pelle opaca"; oppure, "la sigaretta fa invecchiare precocemente". Lo studio, che ha coinvolto 39 studenti fra i 17 e i 41 anni con il vizio del fumo, ed è stato pubblicato sul Journal of Experimental Social Psychology, rivela che, "in generale, quando i fumatori leggono frasi legate alla morte, sviluppano un atteggiamento di ribellione, continuando ad adottare abitudini a rischio". Si tratta della dimostrazione di una vera e propria teoria psicologica, detta della 'gestione del terrore'. E della concretizzazione dell'ipotesi, secondo cui la maggior parte delle persone fuma per mancanza di autostima: l'esperimento ha infatti dimostrato che molti più studenti erano intenzionati a dire addio al pacchetto, dopo aver letto messaggi dissuadenti che puntavano sul proprio aspetto fisico minato dalla sigarette. "Il fumo rende brutti", dunque, è stato proclamato dagli scienziati il messaggio migliore da apporre sui pacchetti. (fonte: larepubblica.it)

La terapia ad ultrasuoni distrugge il cancro rettale 05/12/2009 19:54
All’Hammersmith Hospital di Londra un team di radiologi, chirurghi e oncologi ha per la prima volta al mondo distrutto un cancro rettale per mezzo di una terapia a ultrasuoni ad alta intensità, eseguita sotto anestesia generale. La tecnica, denominata high intensity focused ultrasound (hifu), consente di mirare in modo accurato alle cellule malate e di trattarle in modo più rapido, rispetto alle cure convenzionali. A differenza della radioterapia, l'Hifu può essere eseguita diverse volte sul paziente, con tossicità ridotta al minimo. Come spiega Paul Abel dell'Imperial College Healthcare NHS Trust, «La procedura non comporta alcuna incisione, è completamente non-invasiva, per cui la convalescenza è rapida. Poiché questa è la prima volta che l'intervento viene eseguito su un paziente con cancro al retto, dobbiamo studiare un gruppo di pazienti più ampio per valutare la reale efficacia del trattamento e se ha davvero il potenziale di curare la malattia o comunque estendere la vita del paziente». (fonte: sanihelp.it)

Un peptide della soia può combattere il cancro 05/12/2009 19:53
Ecco un bell'esempio di come riciclare possa essere utile non solo per l'ambiente, ma anche per la salute umana. È il caso di un prodotto "di scarto" della lavorazione della soia che, secondo due studi condotti presso l'Università dell'Illinois (Usa), può essere utile per combattere la leucemia e bloccare l'infiammazione a causa di malattie croniche come diabete, malattie cardiache e ictus. Il peptide in questione si chiama Lunasin e nello studio condotto per verificarne l'effetto sulle cellule cancerose della leucemia, i ricercatori hanno identificato una sequenza chiave di aminoacidi che ha causato la morte delle cellule leucemiche per mezzo dell'attivazione di una proteina detta Caspasi-3. Gli aminoacidi attivi sono l'arginina, la glicina e l'acido aspartico, noti anche come sequenza RGD. La dr.ssa Elvira de Mejia ha descritto l'utilizzo del lunasin confermandone la biodisponibilità nell'organismo umano per mezzo di un altro studio in cui sono stati somministrati 50 g di proteine della soia per cinque giorni. Significativi livelli di questo peptide, infatti, sono stati trovati nel sangue dei partecipanti allo studio. Questo conferma la scoperta di una ricerca che segnalava per la prima volta come il lunasin avesse bloccato o ridotto l'attivazione di un maker chiave (NF-kappa-B) nella catena di eventi biochimici che causano le infiammazioni. Vi è anche stata una riduzione statisticamente significativa dell'interleuchina-1 e l'interleuchina-6, che giocano entrambe ruoli importanti nel processo infiammatorio. In particolare, la riduzione dell'interleuchina-6 è stata molto alta. Un altro studio ha confermato la capacità del lunasin di inibire la topoisomerasi II, un enzima che evidenzia lo sviluppo del cancro. «Sappiamo che l'infiammazione cronica è associata a un aumentato rischio di neoplasie maligne, che essa è un fattore critico nella progressione tumorale» ha dichiarato la dr.ssa de Mejia. «E possiamo vedere che il consumo giornaliero di proteine della soia ricche di lunasin può contribuire a ridurre l'infiammazione cronica. Studi futuri dovrebbero aiutarci a formulare raccomandazioni dietetiche» conclude de Mejia. (lm&sdp) Source: gli studi citati sono stati pubblicati su "Molecular Nutrition and Food Research", "Food Chemistry", "Journal of Agricultural and Food Chemistry", "Journal of AOAC International". (fonte: lastampa.it)

Il cancro uccide meno, ma fumo e alcol fanno «nuove» vittime 03/12/2009 17:06
Scende notevolmente la mortalità per tumore in Europa. Le stime più aggiornate calcolano infatti un calo del 10 per cento negli ultimi 10 anni. Merito insieme di migliori stili di vita, più accurati programmi di screening preventivo e avanzamenti terapeutici. Ma le cifre restano allarmanti all’Est e in Russia, dove si scontano ancora gravi ritardi. E si registrano aumenti preoccupanti in altri Paesi, specie fra le donne, che hanno acquisito abitudini in precedenza tipicamente maschili, come fumo e alcol. LO STUDIO - Nuove analisti sui tumori in Europa, sulla base dei dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, mostrano un costante declino della mortalità tra il 1990-1994 e il 2000-2004. I tassi di mortalità per tutti i tumori nell’Unione europea (Ue) in questo periodo sono diminuiti del 9 per cento negli uomini e dell’8 per cento nelle donne, con un forte calo soprattutto tra le persone di mezza età. Questo è quanto risulta da uno studio pubblicato sulla rivista scientifica Annals of Oncology, che ha evidenziato come la percentuale nei 27 Stati membri dell’Ue sia passata, negli uomini, da 185,2 decessi ogni 100mila abitanti/anno (periodo1990-1994) a 168 nel 2000-2004 e, nelle donne, da 104,8 a 96,9. LE COLPE - Secondo i ricercatori (guidati da Carlo La Vecchia, Capo del Dipartimento di Epidemiologia dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri di Milano e da Fabio Levi, dell'Istituto di Medicina Sociale e Preventiva e dell’Università di Losanna, Svizzera) la persistente riduzione nella mortalità globale per tumore è dovuta soprattutto ai cambiamenti nel consumo di tabacco negli uomini, con la conseguente ampia riduzione di morti dovute a carcinoma polmonare e altre neoplasie fumo-correlate. C’è poi un costante calo nella mortalità per tumore gastrico e, più recentemente, per cancro del colon-retto. Ma il quadro rimane variabile tra i vari paesi Europei e tra i sessi. Per esempio, negli Stati dove l’uso di alcol o tabacco è ancora in aumento (in particolare nelle donne) sale il numero delle persone decedute a causa di neoplasie legate a questi fattori di rischio, quelle di polmoni, cavo orale, faringe o esofago. E I MERITI - Più in generale, poi, gli esperti fanno notare come nei paesi sviluppati le chances di sopravvivenza siano in crescita grazie alla prevenzione e ai programmi di screening per la diagnosi precoce, e per merito dei passi avanti fatti nei trattamenti anticancro. Commentando l’andamento favorevole dei dati statistici, Cristina Bosetti del Dipartimento di Epidemiologia Mario Negri aggiunge: «Lo screening e la diagnosi precoce hanno contribuito alla riduzione nella mortalità per cancro della cervice uterina e della mammella, ma in questo secondo caso molto si deve soprattutto ai miglioramenti nelle cure. I progressi terapeutici – continua - hanno poi svolto un ruolo determinante nel calo dei decessi per tumore del testicolo, linfomi di Hodgkin e leucemie». DISPARITÀ INTERNE ALL’UE – Nello studio gli autori fanno notare che, nonostante questi progressi, nei primi anni Duemila rimane una differenza di circa due volte nella mortalità per tumore e nella sua incidenza tra i vari paesi europei. Disuguaglianza che ancora una volta riflette soprattutto la diversa diffusione del fumo di sigaretta. Negli uomini, i più alti tassi di mortalità nel periodo 2000-2004 sono stati registrati in Ungheria (255,2 decessi ogni 100mila abitanti), Repubblica Ceca (215,9) e Polonia (209,8); mentre quelli più bassi riguardano Svezia (125,8), Finlandia (130,9) e Svizzera (136,9). Nelle donne, invece, le percentuali peggiori vedono in testa Danimarca (141), Ungheria (131,5) e Scozia (123,1), mentre i dati migliori provengono da Spagna (78,9), Grecia (79,7) e Portogallo (80,9). Secondo gli esperti, dunque, la guerra al cancro si combatte partendo dai più noti fattori di rischio connessi con scorretti stili di vita: lotta al tabacco e interventi contro consumo di alcool, sovrappeso e obesità. Uniti a un’estensione degli screening, delle informazioni sulla diagnosi precoce e una condivisione (fra tutti i Paesi) dei più avanzati protocolli terapeutici. BOCCA E FARINGE – Se la mortalità generale per queste due neoplasie è diminuita del 10 per cento circa, è però evidente una crescita della percentuale dei decessi nelle donne. Fumo e alcol, da soli o una combinazione dei due, sono i maggiori fattori di rischio, responsabili di oltre l’80 per cento dei casi di cancro. Lo confermano, ancora una volta, i dati relativi a Francia e Italia, dove la mortalità è scesa a partire dalla metà degli anni Ottanta, quando si è iniziato a porre un freno al consumo di sigarette e bevande alcoliche. ESOFAGO – Anche per questa forma di cancro, sempre strettamente legata alle cattive abitudini si tabacco e alcolici, si registra un moderato abbassamento del numero di morti negli uomini. Ma le cifre non cambiano per le donne e crescono i casi soprattutto in quelle di mezza età e particolarmente nei Paesi del Nord (Danimarca, Paesi Baltici, Inghilterra, Galles e Scozia). TRACHEA, BRONCHI, POLMONI – Scende il numero delle vittime ovunque. Però, nel decennio 1994-2004 al calo del 17 per cento fra gli uomini corrisponde un aumento femminile (più 27 per cento), particolarmente in Ungheria, Polonia, Croazia, Repubblica Ceca, Russia. PELLE – Un dato controtendenza riguarda le neoplasie cutanee e il melanoma, responsabili di una quantità crescente di decessi (2,4 ogni 100mila maschi e 1,5 femmine ogni anno nel periodo 2000-2004), ma soprattutto nelle generazioni più giovani sono evidenti dei miglioramenti. SENO – Buone notizie soprattutto nelle donne fra i 35 e i 44 anni (mortalità in calo del 25 per cento), ma anche fra i 35 e i 64 anni si registra un abbassamento del 17 per cento. Mentre nei Paesi occidentali i tassi seguono costantemente il trend al ribasso da almeno vent’anni, nella maggior parte dei Paesi dell’Est Europa e in Russia, però, il numero di morti resta stabile o sale. Colpa, soprattutto, dei ritardi nelle cure e nella diagnosi precoce, dicono gli autori. CERVICE – Il quadro per il tumore del collo dell’utero si presenta simile a quello del carcinoma mammario: la neoplasia uccide di meno (19 per cento) rispetto al decennio precedente, ma i tassi restano alti all’Est dove non sono diffusi gli screening. PROSTATA – I progressi terapeutici danno risultati evidenti soprattutto in Francia, Germania e Regno Unito, mentre la mortalità continua a crescere in Russia, Paesi Baltici, Polonia e in altri Stati dell’Est. In ogni caso, osservando la mortalità europea nel suo insieme si rileva un modesto declino generale. (fonte: corriere.it)

Fumare poco per molti anni è peggio che fumare molto per pochi 17/11/2009 15:42
Che i fumatori siano particolarmente esposti ai tumori della vescica è noto da mezzo secolo. Ora si sa anche che fumare poche sigarette al giorno per molti anni può essere più pericoloso che fumarne molte per un tempo più breve. Colpa delle nuove evoluzioni dei prodotti dell’industria del tabacco, afferma una ricerca americana appena pubblicata, in primis la trappola delle sigarette light e gli additivi dannosi, fra cui anche l’apparentemente innocuo mentolo. LO STUDIO – Un team di esperti coordinati dal National Cancer Institute di Bethesda ha verificato se il rischio di sviluppare un cancro della vescica per i fumatori, rispetto chi non usa tabacco, fosse cambiato nel tempo. Si è scelto di confrontare i dati raccolti in tre Stati americani, il Maine, il New Hampshire e il Vermont, fra il 2001 e il 2004 con quelli raccolti nelle stesse zone qualche anno prima (1994-1998). L’esito, come riportato sull’ultima edizione online del Journal of the National Cancer Institute, è stato sorprendente: il rischio per i fumatori è cresciuto nel tempo fino a diventare cinque volte più alto per i fumatori rispetto ai non fumatori. Inoltre, un consumo moderato ma più esteso negli anni appare più nocivo di un consumo intenso. Perché? La risposta che gli studiosi si sono dati è che qualcosa dev’essere cambiato anche nelle abitudini dei fumatori e nelle sigarette stesse. PIÙ CANCEROGENI - L’aumento del rischio di incappare in un tumore della vescica per gli affezionati del tabacco potrebbe essere in parte dovuto ai cambiamenti nella composizione dei prodotti da fumo. In particolare, nel tempo sono aumentate le concentrazioni delle ammine aromatiche, cancerogeni ormai riconosciuti come nemici numero uno della vescica, dove si vanno ad accumulano con l’urina. I ricercatori puntano il dito su una di esse in particolare, la naftilammina. ANCHE IL MENTOLO «CAVALLO DI TROIA» - In un commento allo studio, gli esperti dell’università del South Carolina hanno sottolineato come in parallelo alla diffusione di sigarette a basso contenuto di catrame e nicotina siano aumentate le concentrazioni specifici cancerogeni: la naftilammina (più 59 per cento dal 1968 al 1985) e varie nitrosammine (più 17-44 per cento dal 1978 al 1995). Inoltre vari additivi possono diventare pericolosi con la combustione e altri possono agire indirettamente, come il mentolo, che pare aumentare la permeabilità delle membrane facilitando l’azione dei cancerogeni sul Dna delle cellule. Ma non è tutto. IL FUMO «LEGGERO» E ALTRI INGANNI - L’introduzione di sigarette light, a basso contenuto di nicotina, ha verosimilmente portato i fumatori ad aumentare frequenza e intensità dell’aspirazione per soddisfare il bisogno di nicotina (che induce dipendenza nei consumatori di tabacco). Il mercato di questi prodotti è esploso negli anni ’70, dunque è verosimile che 20-30 di consumo di sigarette light ad alto contenuto di ammine facciano sentire ora i loro effetti. Con lo stesso meccanismo, osservano gli esperti americani, anche chi fuma poco tutti i giorni per anni, ma inala con più vigore di un forte fumatore, sembra più esposto a diversi tumori correlati al fumo, come polmone, pancreas, esofago e cavo orale, oltre alla vescica. SMETTERE SERVE - Secondo recenti stime, il fumo di sigaretta pesa sul 65 per cento del rischio di tumore della vescica negli uomini e sul 30 per cento nelle donne. Un fumatore regolare (da una sigaretta al giorno per sei mesi) ha da due a tre volte più probabilità di ricevere una diagnosi di cancro vescicale rispetto a chi non ha mai fumato. E quando si smette? I vantaggi si vedono, il rischio oncologico diminuisce sensibilmente entro i primi cinque anni di non fumo, ma resta comunque più alto rispetto ai non fumatori per almeno vent’anni. (fonte: il corriere)

Migliorare la vita delle donne operate di cancro al seno con la meditazione 04/11/2009 09:59
La vita delle donne operate al seno o sotto cura per il cancro mammario può essere resa cupa dalle preoccupazioni, lo stress a cui sono sottoposte e altri fattori contingenti. Dall'Oriente però arriva un aiuto: è la meditazione trascendentale, un nome che può anche incutere timore e dubbi, ma che in realtà cela una tecnica mentale semplice da eseguire. I risultati ottenuti da uno studio condotto presso l'Ospedale Saint Joseph di Chicago fanno ben sperare. Al trial, durato due anni, hanno partecipato 130 donne affette da tumore alla mammella in cura presso l'ospedale. Le partecipanti sono state suddivise a caso in due gruppi. Le appartenenti al primo gruppo hanno partecipato a un corso di meditazione trascendentale, mentre quelle appartenenti al secondo gruppo – quello di controllo – hanno seguito le normali cure. Durante i due anni di controllo la qualità della vita è stata valutata ogni sei mesi. Il coordinatore dello studio, dr. Sanford Nidich - ricercatore presso l'Institute for Natural Medicine and Prevention del Maharishi University of Management di Fairfield (Iowa) – ha sottolineato come «Lo stress emotivo e psicosociale contribuisca all'insorgenza e alla progressione del carcinoma della mammella e alla mortalità per cancro. Mentre la tecnica di Meditazione Trascendentale riduce lo stress e migliora il benessere emotivo e la salute mentale nelle pazienti, in particolare le più anziane. Le donne dello studio hanno trovato che la pratica di meditazione è facile da fare a casa e hanno riportato significativi benefici nella loro qualità complessiva della vita». Lo studio è stato pubblicato sulla rivista "Integrative Cancer Therapies" e condotto anche grazie a un finanziamento dalla US National Institutes of Health - National Center for Complementary and Alternative Medicine. «È meraviglioso che i medici ora abbiano una serie di interventi da utilizzare, tra cui la meditazione trascendentale, a vantaggio delle loro pazienti affette da cancro. Credo che questo approccio dovrebbe essere apprezzato e utilizzato più in generale» ha dichiarato il co-autore dello studio Dr.ssa Rhoda Pomerantz, capo della gerontologia al Saint Joseph Hospital. (fonte: lastampa.it)

Tumori e leucemie: uno studio italiano aumenta speranze per contrastarli 04/11/2009 09:58
Da uno studio italiano nuove speranze contro le leucemie. Sono pubblicati su ‘Nature Cell Biology’ i risultati di una ricerca del Dipartimento di biologia evolutiva dell’università di Siena. Gli scienziati, coordinati da Cosima Baldari, hanno analizzato le cellule ematopoietiche dimostrando la presenza di un equivalente funzionale delle ciglia primarie in queste cellule non ciliate, e identificando un nuovo meccanismo essenziale per il corretto funzionamento del sistema immunitario. “La maggior parte delle cellule del nostro organismo – spiega Baldari – è dotata di una piccola appendice, nota come ciglio primario. Questo organello funziona come un’antenna capace di captare dall’esterno i segnali e consente di coordinare le risposte cellulari ai fattori presenti nell’ambiente. In particolare, le ciglia primarie sono essenziali per la corretta trasmissione di segnali che regolano la proliferazione, il differenziamento e la sopravvivenza cellulari. Alterazioni di tali segnali sono state associate a numerose patologie sia genetiche che tumorali”, ricorda. Nella ricerca portata avanti dal mio gruppo – prosegue la studiosa – abbiamo osservato che nelle cellule ematopoietiche, ed in particolare nei linfociti T, il macchinario responsabile dell’assemblaggio e del funzionamento di questi organelli è presente e funzionale, nonostante l’assenza di ciglia primarie, e svolge un ruolo essenziale per l’attivazione e la proliferazione di queste cellule”. Dati recenti indicano che i segnali coordinati dalle ciglia primarie sono responsabili del mantenimento delle cellule staminali leucemiche. I dati ottenuti da Baldari e colleghi rappresentano il punto di partenza per la ricerca di nuovi bersagli molecolari contro le leucemie. Il Dipartimento senese di biologia evolutiva vanta un’attività di studio e ricerca importante in questo campo: il gruppo di ricerca coordinato da Pietro Lupetti studia da anni, grazie alle strumentazioni e alle più avanzate tecniche di microscopia elettronica 3D, la fine struttura e la morfologia funzionale di alcuni tra i più importanti elementi costitutivi di ciglia e flagelli, quali ad esempio i motori molecolari responsabili per il loro movimento o i complessi di trasporto intraflagellare (Ift) indispensabili per l’assemblaggio e il turnover di questi fondamentali organuli cellulari. Nell’ambito di queste ricerche, sono stati conseguiti risultati di rilievo relativi alla modellistica 3D ad alta risoluzione dei complessi Ift – ricorda l’ateneo – pubblicati sul ‘Journal of Cell Biology’ (fonte: adkronos)

Il caffè protegge dal cancro dell'endometrio 04/11/2009 09:56
Il caffè si rivela essere un ottimo alleato per le donne: protegge infatti dal rischio di sviluppare il cancro dell'endometrio. Le donne che bevono almeno due tazze di caffè (con caffeina) al giorno potrebbero ridurre le probabilità di ammalarsi. Questo almeno il risultato di studio svedese, che ha anche rilevato che la protezione è maggiore per le donne sovrappeso e obese, come spiega la co-autrice dottoressa Emilie Friberg, del Karolinska Institutet di Stoccolma. Il team di studiosi ha intervistato due volte 60.634 donne svedesi chiedendo quanto caffè consumassero: la prima volta all'inizio dello studio, tra il 1987 e il 1990, la seconda nel 1997. I ricercatori hanno poi seguito le pazienti per una media di 17 anni. In questo periodo, 677 donne, circa l'1%, hanno sviluppato il cancro dell'endometrio. (fonte: sanihelp.it)

Trattare il cancro al seno con la tecnologia spaziale 04/11/2009 09:55
A volte la tecnologia pensata per le macchine può trovare sbocchi felici anche nella vita delle persone ed essere d'aiuto in campo medico. È il caso di una tecnica utilizzata dalla Nasa per ispezionare le navette spaziali che può essere impiegata per predire gli eventuali danni ai tessuti del seno nelle pazienti affette da carcinoma mammario e attualmente sotto radioterapia. Ecco così che i ricercatori del Rush University Medical Center e dell'Argonne National Laboratory di Chicago (Usa) stanno valutando l'utilità della tomografia termica tridimensionale in oncologia. Secondo la dr.ssa Katherine Griem, oncologa del RUMC, circa l'80% delle pazienti in trattamento radioterapico sviluppa reazioni cutanee acute che spesso evolvono in situazioni che possono creare disagio e sofferenza, arrivando in alcuni casi anche all'interruzione del trattamento. Poiché la maggioranza di queste reazioni avverse si verifica da 10 a 14 giorni dopo l'inizio del trattamento «se si potessero prevedere anticipatamente le reazioni cutanee potremmo essere in grado di offrire un trattamento preventivo per massimizzare l'efficacia e ridurre al minimo l'interruzione del trattamento con le radiazioni» sottolinea Griem. Di fatto, gli scienziati stanno studiando se la tomografia termica tridimensionale (3DTT) sia in grado di rilevare i cambiamenti prima che possa innescare una reazione cutanea. Il 3DTT è un processo relativamente nuovo di immagini termiche che è attualmente utilizzato come un mezzo a distanza e non-invasivo per rilevare difetti nei materiali compositi. L'idea di base delle immagini termiche è quella di applicare calore o freddo a un materiale e osservare il conseguente cambiamento di temperatura con una telecamera a infrarossi per conoscere la sua composizione. In questo caso si applicherebbe alla misura termica del tessuto cutaneo. Individuando le velocemente le modifiche nel tessuto danneggiato, si potrebbe essere in grado di prevedere tossicità cutanea acuta, concludono i ricercatori. (lm&sdp) Source: i risultati preliminari dello studio sono stati presentati al meeting annuale della American Society for Radiation Oncology (ASTRO) in corso a Chicago dal 1 al 5 novembre 2009.

I soldi per la ricerca sui tumori...spariscono! 23/10/2009 16:55
Un’indagine ha portato alla segnalazione alla Corte dei Conti di un danno erariale di 90 milioni di euro a carico della Fondazione ‘Tommaso Campanella’, che gestisce il polo oncologico di Germaneto, a Catanzaro. Doveva essere un centro di eccellenza per la cura e lo studio dei tumori, ma in realtà per queste attività veniva spesa appena la metà dei fondi destinati. Inoltre la vera e propria ricerca scientifica in materia oncologica, che avrebbe dovuto costituire la peculiarità dell’ente, è risultata “per qualità e misura trascurabile, aleatoria e minimale rispetto al complesso delle prestazioni fornite dalla fondazione”. Di contro quindi la rendicontazione contabile, hanno detto gli investigatori della Guardia di Finanza, è sempre risultata il doppio del valore delle prestazioni sanitarie effettivamente somministrate. Dagli accertamenti svolti dal Nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza di Catanzaro è emersa la responsabilità di sei dirigenti generali del Dipartimento della Salute della regione Calabria che si sono alternati dal 2005 a oggi. Sono stati questi soggetti ad aver autorizzato l’erogazione dei finanziamenti pubblici alla Fondazione ‘Campanella’. I provvedimenti, hanno rilevato i finanzieri, sono stati deliberati all’unanimità dalle diverse giunte regionali succedutesi negli anni di riferimento dell’inchiesta. ( Fonte: inviatospeciale.com)

Studio italiano: nuova speranza per fermare i tumori 23/10/2009 16:54
Le speranze di giungere nel prossimo futuro a fermare il cancro, combattendolo con farmaci mirati, divengono da oggi un po' più concrete grazie a uno studio italiano pubblicato sulla rivista “Nature Chemistry”. La ricerca è stata interamente condotta da ricercatori dell’Università degli Studi di Milano: dal Molecular Modeling Group del Prof. Maurizio Sironi e del Dott. Stefano Pieraccini del Dipartimento di Chimica Fisica ed Elettrochimica, dal gruppo di sintesi della Prof.ssa Giovanna Speranza e del Prof. Paolo Manitto del Dipartimento di Chimica Organica e dalla Dott.ssa Graziella Cappelletti del Dipartimento di Biologia. L'indagine si è focalizzata sulla tubulina, una proteina essenziale per il processo di divisione delle cellule, la cui moltiplicazione incontrollata ha un ruolo centrale nello sviluppo dei tumori. Le molecole di tubulina si possono infatti impilare l’una sull’altra formando dei lunghi filamenti che si uniscono formando una sorta di tubo cavo, detto microtubulo (da cui deriva il nome della proteina). Nel corso della divisione cellulare, il microtubulo svolge un ruolo fondamentale per distribuire le copie dei cromosomi della cellula madre fra le due cellule figlie. Bloccare la crescita del microtubulo impedisce quindi la divisione cellulare. Attualmente, diversi farmaci antitumorali, ad esempio alcuni principi attivi ricavati dalla pianta della vinca, usano proprio questa strategia per bloccare la proliferazione delle cellule tumorali. Tuttavia, le cellule tumorali possono andare incontro a mutazioni che purtroppo le rendono resistenti ai farmaci esistenti. Nello studio pubblicato su Nature Chemistry, i ricercatori hanno esaminato al computer il network delle interazioni che si instaurano quando una molecola di tubulina si avvicina all’altra per formare il microtubulo, scoprendo in tal modo che, sebbene sulla superficie della tubulina siano presenti migliaia di atomi, solo un piccolo sottoinsieme di questi è importante per la formazione del microtubulo. Dalla simulazione effettuata al computer i ricercatori hanno ipotizzato che “ritagliando” questo sottoinsieme si potesse ottenere una molecola particolarmente adatta ad interagire con la tubulina. L’idea era che il frammento così ottenuto potesse funzionare come una specie di “tappo molecolare”, impedendo a un’altra molecola di tubulina di impilarsi e bloccando quindi la formazione del microtubulo. Le prove sperimentali condotte su cellule tumorali del polmone hanno effettivamente confermato questa ipotesi. Dal momento che le molecole scoperte utilizzano proprio gli atomi che la natura ha selezionato nel corso dell’evoluzione come quelli indispensabili per la formazione di un microtubulo, si ritiene che queste molecole siano meno soggette alla perdita di attività conseguenti a mutazioni. Su questa scoperta, che apre la possibilità di realizzare composti antitumorali fondati su una strategia nuova e diversa rispetto a quelle ad oggi conosciute, l’Università degli Studi di Milano ha già depositato una domanda di brevetto internazionale. Lo studio pubblicato su Nature Chemistry conferma peraltro le grandi potenzialità che la moderna modellistica molecolare, ovvero la simulazione al computer di sistemi altamente complessi quali le biomolecole, può oggi offrire per prevederne proprietà ed attività ancor prima di eseguire test in laboratorio. (fonte: italiasalute.it)

Carcinoma della prostata. Con il robot si recupera potenza erettile e continenza urinaria 07/10/2009 12:27
Con lutilizzo della chirurgia robotica in urologia i pazienti affetti da carcinoma della prostata hanno un maggior recupero della potenza erettile e il mantenimento della continenza urinaria rispetto ai pazienti operati con la chirurgia tradizionale a cielo aperto. quanto emerge dal Congresso Europeo di Chirurgia Robotica che si tenuto nei giorni scorsi a Padova, organizzato dalla Clinica Urologica dell'Universita' di Padova in collaborazione con il san Raffaele di Milano. La chirurgia laparoscopica robotica afferma il prof. Walter Artibani, direttore della Clinica padovana sta rivoluzionando la chirurgia non solo in ambito urologico ma anche in quello della ginecologia, della chirurgia generale e in altri settori. Il miglioramento tecnologico costante ed prevedibile nel giro di un paio di anni unulteriore evoluzione della laparoscopia robotica verso le tecniche single port, che utilizzano cio un unico accesso a livello dellombelico per eseguire lintero intervento. Il Congresso ha riunito a Padova oltre 400 urologi provenienti da tutto il mondo, alcuni dei quali si sono succeduti alla consolle dei robot presenti nelle sale operatorie della Clinica Urologica eseguendo tutti i piu' complessi interventi chirurgici oggi realizzabili con questa moderna tecnica mini-invasiva. Lassistenza del robot aumenta la precisione del chirurgo nota il professor Vincenzo Ficarra della Clinica Urologica dell'Universita' di Padova - e i risultati maturati nei migliori centri americani ed europei hanno evidenziato come lutilizzo della chirurgia robotica offra in molte circostanze un concreto vantaggio per i pazienti soprattutto in termini di riduzione dellinvasivit chirurgica e del rischio di complicanze. (fonte: padovanews.it)

Un vaccino contro il melanoma 07/10/2009 12:25
Al Congresso dell'ASCO (American Society of Clinical Oncology), che raduna a Orlando in Florida oltre 30mila specialisti da tutto il mondo, è stato presentato un vaccino contro il melanoma, che blocca la crescita delle cellule malate, regalando circa 5 mesi di sopravvivenza in più ai malati Patrick Hwu, Direttore del Dipartimento di Oncologia Medica e Melanoma all'A. D. Anderson - Università del Texas - spiega che il vaccino "attiva le cellule T citotossiche dell'organismo, che controllano la risposta immunitaria, le quali iniziano a cercare i punti giusti a livello della membrana, per minare le cellule tumorali, causandone la distruzione". Douglas Schwartzenruber, Responsabile dello studio e Direttore medico al Centro dei Tumori del Goshen Health System in Indiana spiega "Siamo davanti a risultati molto incoraggianti si tratta di un vaccino contro la forma metastatica ed è costituito da una parte di proteina presente sulle cellule del melanoma, che gli permette di agire in maniera mirata". Nello studio sono stati coinvolti due gruppi di pazienti ed i risultati migliori sono stati ottenuti nei malati che hanno assunto il vaccino con l'interleuchina 2 (IL-2) rispetto alla sola IL-2, che rappresenta la terapia standard del melanoma avanzato. Patrizio Mulas, presidente dell'Associazione dermatologi ospedalieri italiani (Adoi) afferma "Questi risultati sono un importante tassello sulla via della ricerca di una efficace cura del melanoma. Speriamo di avere ulteriori riscontri a breve" Con 132 mila nuovi casi l'anno l'incidenza del melanoma è cresciuta nel mondo a un ritmo superiore a qualsiasi altro tumore e Paolo Ascierto, direttore dell'Unità di oncologia medica dell'Istituto Pascale di Napoli sotolinea che "La maggiore incidenza si registra in Australia, Nord America ed Europa, e in Italia si stimano circa 6 mila nuovi casi ogni anno: 3.143 tra gli uomini e 2.851 tra le donne". Al congresso di Orlando Ascierto ha presentato i risultati di uno studio di fase II sulla molecola Ipilimumab, che presenta un meccanismo d'azione rivoluzionario, poichè agisce a livello delle cellule del sistema immunitario, rimuovendo i blocchi che impediscono la risposta antitumorale dell'organismo. (fonte: molecularlab.it)

Test del sangue per aggressività dei tumori 07/10/2009 12:24
Basandosi sul numero di cellule "malate" presenti nel sangue si può conoscere l'aggressività di un tumore, ad esempio nel cancro al seno se le cellule tumorali circolanti nel sangue sono da zero a 4 non è aggressivo, se sono 5 lo è. Per la prima volta l'aggressività di un tumore è misurabile scientificamente, oltre che statisticamente ed in futuro si potranno individuare le cellule staminali del tumore, particolari perchè sono insensibili alle cure e capaci, se presenti, di innescare recidive. I dati sulle cellule tumorali circolanti nel sangue sono uno dei fiori all'occhiello dell'Istituto europeo di oncologia di Veronesi e nello Ieo day 2009 di lunedì 8 giugno ne ha parlato Maria Teresa Sandri, direttore della Medicina di laboratorio, annunciando che il lavoro sarà rivolto anche all'individuazione di specifici recettori sulle cellule tumorali circolanti allo scopo di introdurre cure mirate e personalizzate. Una nuova macchina, grazie ad appositi reagenti, seleziona le cellule tumorali da un campione di sangue, e queste vengono poi esaminate al microscopio a fluorescenza per valutare se siano sono tumorali, il numero e la vitalità, poichè le cellule morte non rientrano nel conteggio. La strumentazione utilizzata non è una nuova invenzione, ma solo l'anno scorso è stata approvata dall'agenzia americana del farmaco (Fda) ed è entrata in funzione nella routine di laboratorio, mentre in italia è presente in diverse strutture ma ancora non operativa nella routine. Maria Teresa Sandri spiega "La rilevazione della presenza delle cellule tumorali circolanti nel sangue permette una valutazione della prognosi del tumore e offre una fotografia dello stato della malattia, permettendo all'oncologo una gestione terapeutica più mirata ed efficace, evitando i trattamenti inutili. Da noi questa tecnica è utilizzata da circa quattro anni nell'ambito di diversi protocolli di ricerca clinica" e continua "In Istituto abbiamo analizzato circa 300 pazienti con tumore al seno, 50 pazienti con tumore alla prostata e 20 con tumori al colon. I risultati confermano che la presenza e la persistenza di cellule tumorali circolanti in prelievi di sangue eseguiti nel tempo sullo stesso paziente indicano una malattia più aggressiva e più resistente ai farmaci. In America è appena iniziato uno studio in pazienti affette da tumore della mammella metastatico, nelle quali la terapia può venire precocemente variata sulla base della persistenza di cellule tumorali circolanti" Allo Ieo day 2009 sono intervenuti anche il viceministro Ferruccio Fazio, il governatore Roberto Formigoni, l'Assessore regionale alla sanità Luigi Bersani e l'Assessore alla salute del Comune Landi di Chiavenna. Oltre al presidente dello Ieo Carlo Buora e all'amministratore delegato Carlo Ciani. Umberto Veronesi ha festeggiato allo Ieo i 15 anni di attività dell'istituto di oncologia, raccontando le scoperte fatte e le prospettive future. Infine è stata annunciata la nascita della "Scuola di chirurgia robotica", diretta da Bernardo Rocco. (fonte: molecularlab.it)

Tumori al colon, i farmaci biologici allungano la sopravvivenza 26/09/2009 16:19
Due mesi di vita in più per i pazienti con tumore al colon, se trattati oltre che con la chemioterapia (da sola assicura una sopravvivenza di quattro mesi), anche con un anticorpo biologico come il panitumumab. È questa una delle novità presentate al Congresso Europeo di Oncologia (Ecco-Esmo) in corso a Berlino. «Sono almeno sette, oggi, i farmaci attivi contro il tumore del colon metastatizzato - spiega Roberto Labianca, direttore dell'oncologia ed ematologia agli Ospedali Riuniti di Bergamo - e ogni mese si registrano progressi, piccoli e grandi passi verso la cronicizzazione della malattia. Il tumore al colon è uno di quelli più frequenti, con 38-40 mila casi ogni anno in Italia. Qui la chirurgia è il primo passo e guarisce la metà dei pazienti, ma molto dipende dallo stadio in cui si trova il tumore: quelli al primo stadio guariscono al 99%, ma sono solo il 5% del totale. Da tempo si sta cercando di estendere a tutta Italia i programmi di screening, per far salire quel 5% intervenendo in maniera sempre più precoce». Dove la chirurgia non basta, per i tumori che hanno già interessato i linfonodi c'è la chemioterapia. «Se un tumore del colon metastatizza - spiega l'oncologo - la sopravvivenza media è di 5-6 mesi senza alcun trattamento. La chemioterapia ha portato questo tempo medio di vita a 2 anni (con punte di 3-4 anni). E in questa fase si inseriscono 3-5 linee di terapia: panitumumab usato da solo come terza linea di trattamento ha aggiunto 4 mesi senza progressione della malattia». La scoperta che un terzo dei pazienti ha il gene Kras mutato, e che per questo non risponde al farmaco, ha permesso di concentrare la terapia biologica sui restanti due terzi. Oggi uno studio di fase III mette insieme panitumumab e chemioterapici e dimostra che così la risposta al farmaco aumenta di 3 volte assicurando in media altri due mesi in più (con punte di 4-6 mesi) di libertà dalla progressione della malattia. «Mesi importanti - conclude Labianca - che permettono di tentare altre strade, di portare avanti altre terapie con l'obiettivo di controllare la malattia cronicizzandola». (fonte: il messaggero.it)

Sorafenib per curare cancro al seno avanzato 26/09/2009 16:18
Sopravvivere a un tumore al seno è una possibilità sempre più concreta, grazie a nuovi farmaci e alla prevenzione, che consente diagnosi e trattamenti tempestivi. Il medicinale antitumorale Sorafenib, in associazione al chemioterapico tradizionale capecitabina, ha dimostrato di poter indurre nelle pazienti un miglioramento della sopravvivenza libera da progressione della malattia (PFS) del 74%. Questo dato è emerso in uno studio di fase II sul carcinoma della mammella in stadio avanzato. La ricerca è stata presentata a Berlino, in occasione del Congresso Multidisciplinare nato dall’associazione del 15th European CanCer Organisation (ECCO) e del 34th European Society for Medical Oncology (ESMO). Le case farmaceutiche Bayer HealthCare AG ed Onyx Pharmaceuticals Inc. hanno annunciato che i risultati completi del primo studio di fase II sponsorizzato da BSP e condotto da un gruppo cooperativo, randomizzato, in doppio-cieco, controllato verso placebo, ha dimostrato che sorafenib(compresse), somministrato in combinazione con l’agente chemioterapico orale, capecitabina, ha prolungato a livello significativo del 74% la sopravvivenza libera da progressione (PFS) in pazienti con carcinoma mammario in fase avanzata. Jose Baselga, M.D., Cattedratico e Professore di Medicina all’Istituto di Oncologia Vall d'Hebron di Barcellona, presidente scientifico del gruppo di ricerca SOLTI ed investigatore principale dello studio, ha riferito che le pazienti trattate con Sorafenib più capecitabina hanno avuto un miglioramento del 74% del tempo di sopravvivenza libero da progressione di malattia rispetto a quelle che sono state trattate con la sola chemioterapia. La differenza tra la media di sopravvivenza libera da progressione (PFS) di sorafenib più capecitabina rispetto a quella osservata nelle pazienti trattate con capecitabina più placebo è stata statisticamente significativa, e, più precisamente, di 6,4 mesi vs. 4,1 mesi (HR=0.576, p=0,0006). “Questi dati costituiscono un importante potenziale progresso per il trattamento del carcinoma mammario, che, come noto, nelle donne rappresenta la seconda causa principale di morte correlata a tumore,” ha detto Dimitris Voliotis, vice president, Global Clinical Development Oncology, Bayer HealthCare. “Oltre all’informazione altamente positiva proveniente da questo studio, Bayer ed Onyx sono impegnate, attraverso un ragguardevole programma clinico, nello sviluppo di sorafenib in numerose altri stadi di trattamento del carcinoma mammario.” Lo studio ha valutato sorafenib in combinazione con il chemioterapico orale, capecitabina, in pazienti affette da carcinoma della mammella localmente avanzato o metastatico i cui tumori non esprimevano HER-2 (HER-2 negative). Complessivamente, il trattamento con sorafenib più capecitabina ha mostrato una tollerabilità accettabile, senza comparsa effetti collaterali di nuovo tipo. Gli eventi avversi di grado 3-4 più frequenti correlabili al trattamento comprendevano reazione cutanea mano-piede, diarrea, dispnea, neutropenia e mucosite. Disegno dello studio di fase II nel carcinoma mammario Lo studio di fase II, randomizzato, in doppio-cieco, controllato verso placebo, ha valutato in 229 pazienti sorafenib in combinazione con l’agente chemioterapico orale, capecitabina. Tutte le pazienti presentavano carcinoma della mammella localmente avanzato o metastatico HER-2 negativo e non erano state precedentemente trattate con più di una linea di chemioterapia. L’endpoint primario dello studio era la sopravvivenza libera da progressione (PFS). Gli endpoints secondari comprendevano la sopravvivenza globale, il tempo alla progressione di malattia e la tollerabilità. Le pazienti sono state randomizzate a trattamento continuato con sorafenib alla dose di 400 mg due volte al giorno o con placebo del tutto indistinguibile, in combinazione con capecitabina alla dose di 1000 mg/m2 due volte al giorno per 14 giorni seguiti da una settimana di sospensione di trattamento. “Bayer ed Onyx hanno già costruito una solida base con sorafenib nel trattamento del carcinoma epatico e di quello del carcinoma renale in stadio avanzato – due aree per le quali precedentemente non esisteva un trattamento,” ha affermato Todd Yancey, M.D., vice presidente dello sviluppo clinico di Onyx. “Questi nuovi risultati rappresentano una tappa importante dal momento che hanno messo in evidenza il potenziale ruolo di sorafenib nel trattamento del carcinoma della mammella”. Informazioni sullo sviluppo clinico di sorafenib nel carcinoma della mammella In un programma di sviluppo clinico noto come Trials to Investigate the Effects of sorafenib in Breast Cancer (TIES), Sorafenib è in corso di valutazione, in collaborazione con singoli ricercatori o gruppi di studio cooperativi, in diversi momenti del trattamento di pazienti con carcinoma mammario. Tra questi studi clinici, vi sono tre studi di fase II randomizzati che comprendono uno studio inteso a valutare Sorafenib più Paclitaxel nel trattamento di prima linea, uno che valuta Sorafenib più Gemcitabina o Capecitabina nel trattamento di prima o di seconda linea dopo progressione da bevacizumab, ed uno che valuta Sorafenib più Docetaxel e/o Letrozolo nel trattamento di prima linea. Informazioni sul carcinoma mammario Nel 2007-2008, il carcinoma della mammella è stata la forma tumorale più comunemente diagnosticata nelle donne nel mondo (circa 1,3 milioni di casi), e la seconda causa principale di morte per tumore nelle donne (circa 465.000 decessi). Negli Stati Uniti rappresenta la forma tumorale più frequentemente diagnosticata nelle donne (1 su 4 diagnosi di cancro è carcinoma della mammella). Negli Stati Uniti si osservano circa 200.000 nuovi casi per anno ed in Europa circa 430.000. Ogni anno più di 40.000 donne negli Stati Uniti e più di 130.000 in Europa muoiono per carcinoma della mammella. Informazioni su Sorafenib Sorafenib, un farmaco antitumorale orale, ha attualmente ottenuto l’approvazione in più di 70 paesi per il trattamento del carcinoma epatico, ed in più di 80 paesi per il trattamento di pazienti con carcinoma renale in stadio avanzato. Sorafenib ha come bersaglio sia la cellula tumorale che le cellule vascolari del tumore. In studi preclinici, è stato dimostrato che sorafenib agisce su due componenti chinasiche note per essere coinvolte nei processi di proliferazione cellulare (crescita) e dell’angiogenesi (apporto sanguigno) – due importanti processi che favoriscono la crescita tumorale. Queste chinasi comprendono la Raf-chinasi, VEGFR-1, VEGFR-2, VEGFR-3, PDGFR-B, KIT, FLT-3 e RET. Sorafenib è in corso di valutazione da parte di società, gruppi di studio internazionali, agenzie governative e singoli ricercatori, sia come agente singolo che in regimi di combinazione, in un’ampia gamma di forme tumorali che comprendono tumori del polmone, ovaio e colon retto, ed anche come trattamento adiuvante nel carcinoma epatico e nel carcinoma renale. Informazioni su SOLTI Fondato nel 1997, SOLTI (Spanish Collaborative Group for the Study, Treatment and Other Experimental Strategies in Solid Tumors) è un gruppo di studio cooperativo che gestisce ricerche cliniche all’avanguardia nel carcinoma mammario allo scopo di potere rispondere ad importanti quesiti che possano portare alla riduzione della morbidità e della mortalità relative a questa malattia, ed inoltre realizza studi clinici con nuove molecole e terapie mirate in oncologia. La consulenza di SOLTI altamente qualificata in oncologia si estende a Spagna e Portogallo nel promuovere attività di eccellenza nella cura del carcinoma della mammella. (fonte: italiasalute.it)

Il calore contro i tumori dei tessuti molli 26/09/2009 16:17
I sarcomi sono tumori del tessuto connettivo. I sarcomi dei tessuti molli nell'adulto, in particolare, sono forme tumorali che si sviluppano a seguito di una formazione di cellule dannose all'interno di un tessuto molle. Ora, un recente studio offre nuove speranze nella cura di questi sarcomi. I ricercatori tedeschi del Klinikum Grosshadern Medical Center presso l'Università di Monaco, hanno scoperto che i pazienti trattati con questo metodo terapico ha il 30% in più di probabilità di guarire e sopravvivere al cancro quasi tre anni dopo l'inizio del trattamento. L'innovativa tecnica del calore messa a punto dall'oncologo prof. Rolf Issels, offre più del doppio di possibilità di rispondere meglio anche ai trattamenti chemioterapici senza aumentarne la tossicità. Conosciuta anche come Ipertermia regionale, la tecnica utilizza un concentrato di energia elettromagnetica per scaldare il tessuto in e intorno al tumore tra i 40° e 43° C. Il calore non solo uccide le cellule tumorali, ma sembra anche far lavorare meglio la chemioterapia, rendendo le cellule tumorali più sensibili. Si migliora anche il flusso di sangue, che consente alla chemioterapia di essere più efficace. Lo studio di fase III ha coinvolto 341 pazienti in trattamento presso diversi centri in Europa e negli Stati Uniti, tra luglio 1997 e novembre 2006, per sarcomi dei tessuti molli di stadio avanzato che erano ad alto rischio di recidiva e diffusione. Oltre la metà dei tumori erano situati nell'addome, mentre gli altri erano nelle braccia e nelle gambe. Tutti i pazienti sono stati sottoposti a chemioterapia prima e dopo l'eventuale intervento chirurgico e radioterapico. Metà delle persone prese a caso nel gruppo ha ricevuto il trattamento termico mirato in combinazione con la chemioterapia. Dopo un follow-up medio di 34 mesi, solo 153 pazienti (44,9%) in totale erano morti. Secondo i dati acquisiti, i ricercatori suggeriscono che coloro che sono stati oggetto della terapia del calore hanno avuto il 44% di probabilità in meno di morire durante il follow-up rispetto a chi è stato curato con la sola chemioterapia. Nella relazione presentata il 22 settembre 2009 all'Europe's Largest Cancer Congress dell'ESMO (European Society for Medical Oncology) ed ECCO (European Cancer Organisation) il prof. Issels ha dichiarato che «questi risultati forniscono una nuova opzione di trattamento standard e crediamo che essi possano cambiare il modo in molti specialisti trattano questi tumori. Ma le implicazioni di questi risultati sono di più ampia portata. Questa è anche la prima prova evidente che la terapia del calore mirata aggiunge alla chemioterapia. Ci aspettiamo che i nostri risultati incoraggeranno altri ricercatori a testare l'approccio su altri tumori locali avanzati. La terapia mirata del calore ha già mostrato risultati promettenti nei cancri del seno ricorrenti e nel cancro cervicale localmente avanzato in combinazione con radiazioni. Studi per associarla con la chemioterapia su altri tumori localizzati, come quelli del pancreas e del retto sono in corso». Il prossimo passo, dichiarano gli scienziati, è quello di scoprire se la terapia del calore mirata può svolgere un ruolo nello stimolare il sistema immunitario ad attaccare il cancro in maniera più efficace. Recenti studi sulla terapia da shock termico sulle proteine hanno indicato che possono attivare il sistema immunitario contro la malattia. (fonte: lastampa.it)

Nuovo test predice la gravita' del cancro alla prostata 26/09/2009 16:16
Sapere in anticipo se il cancro alla prostata diventerà aggressivo ora è possibile grazie a un nuovo test, che consentirà di mettere in campo in via preventiva tutte le terapie più efficaci e mirate per colpire la neoplasia. Il nuovo esame è stato messo a punto dai ricercatori dell'Università di Liverpool, in Gran Bretagna: consiste nella rilevazione della proteina 27 da shock termico (Hsp-27) nei tessuti cancerosi prelevati da pazienti con cancro alla prostata in fase ancora non aggressiva. Laddove questa proteina è presente ci si trova di fronte a una neoplasia prostatica a decorso rapido e violento, che può provocare la morte del paziente nei 15 anni successivi al nuovo test con una probabilità doppia rispetto ai soggetti colpiti da un cancro prostatico a decorso più lento. Non tutti i tumori della prostata, infatti, sono uguali, come spiega il coordinatore dello studio inglese,il prof.Chris Foster, che ha pubblicato il lavoro scientifico sulla rivista “British Journal of Cancer”. Il dott.Foster ricorda come sia importantissimo riuscire a riconoscere, già al momento della prima diagnosi, di fronte a quale tipo di tumore ci si trovi, per poter applicare tempestivamente tutte le terapie più idonee al fine di far guarire il paziente. Finora non si disponeva di uno strumento diagnostico in grado di prevedere l'evoluzione di un tumore prostatico: questo comportava, talvolta, un'errata cura dei malati, che morivano pochi anni dopo l'inizio delle terapie. Il nuovo test basato sulla rilevazione della proteina Hsp-27, invece, rende possibile svelare l'identikit del carcinoma prostatico già dalle sue prime fasi evolutive: ciò permette ai medici di curare i pazienti con i medicinali giusti, assunti per tempo, in dosi più basse e meglio tollerabili. Non sono pochi i pazienti oncologici, infatti, che vengono oltremodo debilitati dai farmaci chemioterapici. Il vantaggio dato dal nuovo test non si riduce solo in cure più “leggere”, tempestive e mirate per i pazienti, ma consente anche ai sistemi sanitari nazionali di realizzare un sensibile risparmio sui costosi farmaci antitumorali: questi ultimi, infatti, vengono usati in quantità minori. Ma come si è arrivati al varo di questo nuovo strumento diagnostico? Gli studiosi britannici hanno prelevato tessuti malati da 553 uomini a cui era stato diagnosticato un cancro alla prostata: analizzando e confrontando i reperti biologici, i ricercatori si sono accorti che i tumori più aggressivi erano quelli in cui era presente la proteina Hsp-27. Il prossimo obiettivo dei medici inglesi è ora duplice: da un lato, si cercherà di perfezionare un test del sangue da effettuare nei pazienti al momento della diagnosi, dall'altro, si lavorerà alla messa a punto di farmaci che mirano a colpire la proteina Hsp-27, in maniera tale da impedire, o quantomeno limitare, il propagarsi delle cellule cancerose. Ma le novità nella cura del cancro alla prostata non finiscono qui. In uno studio pubblicato sull' “American Journal of Clinical Nutrition”, alcuni studiosi americani affermano che l'assunzione quotidiana di vitamina B6 può prolungare le aspettative di vita dei malati di tumore prostatico. Questa affermazione dei ricercatori dell'Harvard School of Public Health di Boston nasce dall'osservazione di 525 uomini, malati di cancro alla prostata: quelli fra loro con più alti livelli di vitamina B6 presentavano un tasso di mortalità più basso rispetto agli altri. I medici americani sottolineano che nessuno degli individui studiati faceva uso di integratori alimentari, ma tutti assumevano la vitamina B6 solo attraverso quel che mangiavano ogni giorno. Alcuni cibi contengono buone quantità di vitamina B6 e, tra essi, ricordiamo i fagioli, il salmone, il pollo e le banane. Viene dunque confermato, anche da quest'ultimo studio, il ruolo fondamentale dell'alimentazione nel preservare la nostra salute. (fonte: italiasalute.it)

Prostata: quando conviene «convivere» con il tumore e rimandare le cure 08/09/2009 17:29
Operare o non operare? Radio o brachiterapia? Fare un trattamento o tenere la malattia «sotto controllo»? Le opzioni a disposizione degli uomini con un tumore della prostata sono diverse e le scelte vanno fatte, prima di tutto, in base al tipo di neoplasia e al suo stadio di evoluzione. Uno studio pubblicato sull’ultimo numero della rivista Cancer offre però ulteriori conferme a sostegno di una strategia osservazionale, ancora sperimentale in Italia: la sorveglianza attiva. Secondo gli esiti della ricerca, infatti, convivere con il cancro rinviando le cure non crea ansia né stress nei malati che scelgono di rinviare il trattamento radicale e che sono quindi sottoposti a controlli periodici. I PAZIENTI: «SORVEGLIATI SPECIALI» - E’ una tattica riservata solo a determinate tipologie di malati, con un carcinoma di piccole dimensioni e poco aggressivo (in termini tecnici, appartenenti alla cosiddetta «classe di rischio bassa»: T1 e T2a, Gleason non superiore a 6, Psa inferiore a 10 e con non più di due biopsie positive). «La sorveglianza attiva consiste, in sostanza, nel posticipare le terapie al momento in cui il carcinoma diagnosticato cambia atteggiamento, se lo cambia – spiega Riccardo Valdagni, direttore del Programma Prostata della Fondazione Irccs Istituto Nazionale dei Tumori di Milano -. Nel frattempo, il paziente viene gestito come un sorvegliato speciale e sottoposto a esami e visite periodiche per tenere la malattia sotto stretta osservazione». Esplorazione rettale e Psa ogni tre mesi, dunque. E, in aggiunta, una biopsia a scadenze prestabilite (a un anno dalla diagnosi, poi alla fine del secondo, del quarto, del settimo e del decimo anno). SEIMILA OGNI ANNO I CANDIDATI ITALIANI - Il vantaggio? «Si evitano del tutto, o al limite si rinviano, i probabili effetti collaterali dei vari trattamenti anticancro: incontinenza e disfunzione erettile per l’intervento chirurgico, sanguinamento rettale e bruciori urinari per radio e brachiterapia», risponde Valdagni, che nel suo protocollo sperimentale di sorveglianza attiva (l’unico per ora in Italia) ha arruolato 145 pazienti dal 2005. «Stando alla nostra esperienza finora - prosegue – in sei casi su dieci il tumore non evolve, per cui i malati non devono far altro che seguire i controlli». Nel nostro Paese sono circa 45mila i nuovi casi di carcinoma alla prostata diagnosticati ogni anno. Di questi, grazie anche alla diagnosi precoce, circa il 40-50 per cento viene catalogato come classe di rischio bassa e, all’interno di questo gruppo, il 30-40 per cento è potenzialmente adatto alla sorveglianza attiva. A conti fatti, dunque, sarebbero circa seimila i candidati a evitare quello che gli specialisti definiscono «over-treatment», sovra-trattamento. Cure in eccesso per i diretti interessati, che si ritrovano poi a doverne affrontare le conseguenze indesiderate, e per il Servizio sanitario nazionale, che paga terapie inutili. APPRENSIONE E STRESS A LIVELLI ACCETTABILI – Sorveglianza attiva significa, insomma, convivere con il tumore anche per anni. E, stando agli esiti dello studio olandese apparso su Cancer , il carico psicologico – in termini di ansia e tensione - che questa scelta comporta per i pazienti è tollerabile. I ricercatori dell’Erasmus Medical Center di Rotterdam hanno inviato a 150 uomini, con tumore sottoposti a un programma di stretto monitoraggio clinico, un questionario mirato a misurare il loro livello di depressione e ansietà. Sono state 129 le risposte ricevute e i parametri contenuti in più dell’80 per cento dei test indicano che la condizione emotiva generale dei partecipanti è buona. Con tassi di ansia e stress paragonabili a quelli riportati in altri studi a cui partecipavano pazienti che avevo scelto però di sottoporsi alle terapie. «E’ difficile accettare l’idea di non intervenire contro il cancro per tenerlo soltanto sotto controllo – conclude Valdagni -, ma la nostra esperienza (dei 145 pazienti arruolati in sorveglianza attiva solo tre hanno poi deciso di abbandonare i controlli e farsi curare, ndr) ci insegna che i malati ben informati vivono più serenamente e gestiscono al meglio le loro angosce». Infatti, se s’instaura un buon rapporto fra medico e paziente, la fiducia ha un valore duraturo nel tempo, capace di dare tranquillità a malati e familiari. Secondo gli specialisti, poi, è importante che il curante non solo ascolti i dubbi, ma solleciti domande da parte dell’interessato, che deve ricevere tutte le notizie necessarie. Infine, un ruolo chiave lo giocano anche coniugi e parenti: è infatti importante che chi sceglie la sorveglianza attiva senta che la sua decisione è condivisa dai propri cari, che possono così contribuire ad alleviare la pressione psicologica. (fonte: ilcorriere.it)

Una nuova terapia per la cura del melanoma 08/09/2009 17:28
Un team di ricercatori internazionali ha condotto uno studio, finanziato dalla Genetech, in cui si è scoperto come l'Hedgehog Pathway Inhibitor GDC-0449 in molti casi blocchi l'evoluzione del melanoma o ne riduca l'estensione locale e le metastasi. Gli scienziati del Sidney Kimmel Comprehensive Cancer Center, della Johns Hopkins University di Baltimora e il Karmanos Cancer Institute di Detroit, hanno osservato come la riduzione del tumore si sia resa evidente tramite i raggi X su 18 dei 33 pazienti oggetto dello studio. In più, vi sono stati benefici duraturi, miglioramento dei sintomi e assenza di ulteriore crescita del melanoma. Molti hanno beneficiato di una stabilizzazione della malattia, mentre soltanto 4 dei pazienti trattati hanno mostrato una progressione del cancro. Una anormale attivazione del percorso Hedgehog pare essere alla base dello sviluppo, la crescita e la sopravvivenza di numerosi tipi di cancro. Durante lo studio è stata utilizzata una sostanza dal nome ciclopamina, estratta dal Giglio, che mostra interessanti potenzialità nel bloccare l'Hedgehog. I risultati raggiunti per mezzo di questa terapia fanno ben sperare i ricercatori che sottolineano come sia efficace applicare le informazioni genetiche alla medicina e come questo apra nuovi spiragli per nuove mirate cure. (fonte: lastampa.it)

Dietrofront: gli antiossidanti non causano il melanoma 30/08/2009 13:44
La notizia di qualche settimana fa che Vitamina C, Vitamina E, beta carotene, selenio e zinco potessero aumentare il rischio di melanoma nelle donne è stata ridimensionata da un nuovo studio. Il primo avviso aveva allarmato molte persone poiché l'abitudine di assumere antiossidanti per mezzo di supplementi è particolarmente diffusa e sentire che questo poteva aumentare di 4 volte il rischio di sviluppare il temuto tumore della pelle, il melanoma, aveva fatto preoccupare. Ora, un nuovo studio ridimensiona nettamente l'allarme. I ricercatori del Kaiser Permanente Northern California di Oakland (Usa) hanno esaminato i dati relativi a 69.671 uomini e donne che hanno preso parte allo "Studio Vitamins and Lifestyle" (VITAL) promosso proprio per valutare il collegamento tra l'uso di supplementi alimentari con antiossidanti e il rischio di cancro. Il progetto, che ha preso il via nel 2000, ha previsto di raccogliere i dati, per due anni, relativi allo stile di vita, il tipo di dieta seguita, l'uso di eventuali integratori, la storia clinica e altri fattori di rischio per il cancro. I dati sono poi stati elaborati in seguito e il dr. Maryam M. Asgari e il suo team hanno scoperto che un'assunzione protratta per circa dieci anni di supplementi (tra cui proprio gli antiossidanti messi sotto accusa) non è stata associata al rischio di melanoma né nelle donne né negli uomini. I ricercatori, commentando i risultati hanno aggiunto: «Coerentemente con i risultati presenti, lo studio ha preso in esame dei livelli di beta carotene, vitamina E e selenio nel sangue non ha mostrato alcuna associazione con un conseguente rischio di melanoma. In più il "Nurses' Health Study" che non ha riportato alcuna associazione tra l'assunzione delle vitamine A, C ed E con il rischio di melanoma in 162mila donne durante il periodo di follow-up che ha coinvolto più di 1,6 milioni di persone in un anno». A fronte di questi risultati, gli scienziati suggeriscono come invece le cause del melanoma siano più che altro da ricercare in predisposizioni genetiche, esposizioni al sole e altri fattori. Ad esempio, sottolineano, il melanoma si può anche sviluppare internamente e, questo, non è da ricondurre unicamente a una esposizione ai raggi solari. E poi, gli antiossidanti sono stati collegati da altri studi nella prevenzione e nella riparazione del Dna dai danni causati dai raggi solari. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista "Archives of Dermatology". (fonte: lastampa.it)

Il matrimonio? Il segreto per "battere il cancro", non solo per smettere di fumare 30/08/2009 13:42
Ieri è uscita dalle Agenzie, e poi rimbalzata con grande enfasi su numerosi quotidiani, la notizia che l'uomo guadagna di più in salute sposandosi che non smettendo di fumare. Sì, è vero per l'uomo. Ma la donna? Per la donna, secondo lo studio, non ci sarebbero stati vantaggi. Ma, forse non è proprio così, e lo suggerisce un altro nuovo studio condotto dai ricercatori dell'Indiana University School of Medicine di Indianapolis che riguarda un problema molto serio, come quello del cancro. Secondo questo nuovo studio, infatti, le persone sposate, di entrambe i sessi, hanno maggiori probabilità di sopravvivere al cancro. Al contrario, i separati ne avrebbero molte meno poiché, secondo i ricercatori, lo stress a cui è sottoposto la persona che si separa intacca il sistema immunitario rendendolo più suscettibile agli attacchi del cancro. La ricerca, coordinata dal dr. Gwen Sprehn, ha preso in esame una massa imponente di dati ricavati dal database del Surveillance Epidemiology and End Results (SEER) basato sui rendiconti dei casi di cancro registrati negli Usa. Tutto questo per cercare le tendenze in termini di sopravvivenza tra i pazienti affetti da cancro che fossero separati, divorziati, vedovi e non sposati. Lo studio ha dimostrato che i rapporti personali hanno un ruolo significativo nella salute fisica: in particolare che i buoni rapporti sono positivi, mentre quelli scandenti sono deleteri. Nei casi di prognosi di cancro, poi, si è scoperto che chi è sposato vive più a lungo di chi è tornato a essere single. Nello specifico i ricercatori hanno valutato i tassi di sopravvivenza a 5 e 10 anni su un campione di 3,79 milioni di pazienti con diagnosi di tumore tra gli anni 1973 e il 2004. I dati hanno mostrato che tra le persone sposate il tasso di sopravvivenza era del 57,5 – 63,3%, mentre tra le persone separate era del 36,8 – 45,4%. Per quanto riguarda i vedovi la percentuale è del 40,9 – 47,2%; tra i divorziati del 45,6 – 52,4% e, infine, per chi non si è mai sposato tra il 51,7 e il 57,3%. Il dr. Sprehn, commentando i risultati ha suggerito come tra i più vulnerabili ci siano proprio le persone che stanno attraversando una separazione ed è su queste persone che bisogna porre le maggiori attenzioni, anche in fase di valutazione e identificazione dei rapporti tra stress e sopravvivenza. In questo modo si potrà agire tempestivamente per contribuire a migliorare le possibilità di sopravvivenza laddove manchi una relazione di coppia stabile e serena. Lo studio sarà pubblicato nel numero di novembre 2009 sulla rivista della American Cancer Society. (fonte: lastampa.it)

Una birra al giorno potrebbe causare il cancro 30/08/2009 13:41
Una ricerca condotta dai ricercatori dell’università canadese McGill ha messo in relazione il consumo assiduo di birra e alcolici con l’insorgere di alcune tipologie di tumori. È stata osservata una correlazione diretta tra il consumo di questi alcolici e i tumori che colpiscono i seguenti organi: esofago, stomaco, polmoni, pancreas, fegato e prostata. I risultati della ricerca sono emersi studiando 3600 uomini canadesi tra i 35 ed i 70 anni. In conclusione, quindi, è emerso che chi beve da una a sei volte a settimana ha una probabilità più elevata dell’83% di ammalarsi di tumore dell’esofago rispetto a chi non consuma alcolici. Inoltre, il rischio è tre volte più elevato per le persone che bevono quotidianamente. D’altra parte questo rischio non sembra essere presente nei bevitori di vino, che è legato però ad altre patologie. (fonte: bioblog.it)

Il fumo spegne i sapori perché mette ko le papille gustative 20/08/2009 10:26
Le sigarette uccidono i sapori non solo perchè lasciano in bocca il gusto di tabacco ma perchè fumare mette «fuori uso» le papille gustative. Lo dice uno studio pubblicato sulla rivista BioMed Central da Pavlidis Pavlos dell'Universitaì Aristotele di Thessaloniki in Grecia, che ha dimostrato come i fumatori abbiano sulla lingua un minor numero di papille gustative rispetto a chi non fuma, e che quelle rimaste sono più piatte del normale. LO STUDIO - Gli esperti hanno esaminato la lingua di 62 persone, di cui 28 fumatori. In un primo esperimento hanno misurato la loro soglia di sensibilità ai sapori usando degli elettrodi collegati alle papille fungiformi, un tipo di papilla gustativa. È emerso che la soglia di percezione del sapore è più alta nei fumatori, ovvero questi sono meno sensibili ai sapori, infatti serve una maggiore intensità di corrente per accendere le papille dei fumatori. Nella seconda parte della ricerca i ricercatori hanno usato un endoscopio per studiare forma, numero e dimensioni delle papille. È risultato che sulla lingua dei fumatori ce ne sono meno e quelle presenti sono di forma più appiattita. Secondo gli esperti, quindi, le sigarette mandano in fumo i sapori guastando le «antenne» predisposte per captarli. (fonte: ilcorriere.it)

Lettini abbronzanti e raggi Uva: Sono cancerogeni come il fumo 19/08/2009 11:53
Gli esperti in oncologia dell’Organizzazione mondiale delle Sanità hanno deciso di classificare i lettini abbronzanti e l’esposizione intensiva ai raggi ultravioletti nella categoria degli agenti cancerogeni più pericolosi. L’ha scritto la rivista scientifica “Lancet”. La nuova classificazione vuol dire che l’esposizione ai raggi Uva può causare il cancro alla stregua di tabacco, epatite-b, o sostanze chimiche come l’arsenico. Questo studio, che compila una ventina di studi precedenti, conclude che il rischio cancro alla pelle cresce del 75% tra chi ha fatto uso di lampade abbronzanti prima dell’età di 30 anni. Lo studio dovrebbe scoraggiare i giovani che ricorrono all’abbronzatura, soprattutto quella artificiale, in maniera eccessiva. (fonte: ilquotidiano.net)

Le insidie del panino: troppi insaccati per decenni espongono a rischio cancro 19/08/2009 11:52
Attenzione alle merende dei bambini, ma anche ai pranzi mordi e fuggi degli adulti: carne trattata e insaccati se usati per decenni in modo spropositato aumentano le probabilità di contrarre il cancro. È questo l'avvertimento degli esperti riportato oggi dal Guardian e dalla Bbc nella loro edizione on-line. Il World Cancer Research Fund (Wcrf) sollecita le famiglie a sostituire prosciutto e salumi con carne di pollo, pesce, formaggi a basso contenuto di grasso, pasta di ceci o piccole quantità di carne magra, quando preparano i panini da mettere negli zainetti dei ragazzi. «Metterci salame o prosciutto - spiega il Wcrf - può portare i ragazzi ad abitudini alimentari che aumentano il rischio per loro di sviluppare una forma di cancro più tardi nella loro vita». Lo scorso anno il Wcrf ha raccolto prove scientifiche convincenti che il consumo di carne conservata (insaccata o sotto sale) aumenta significativamente il rischio di cancro al colon. Anche se la ricerca è stata condotta sugli adulti, l'organizzazione pone ora l'accento sulla necessità che anche i bambini ne evitino il consumo e, con esso, le cattive abitudini alimentari. Anche la Uk's Food Standards agency mette in guardia dall'uso “troppo sovente” della carne lavorata per i panini. Già dal 1997 il World Cancer Research Found e l'American Institute for Cancer hanno diffuso indicazioni su uno stile nutrizionale che favorisca la prevenzione del cancro e di altre malattie croniche, con particolare riferimento alla cultura italiana e mediterranea. In particolare viene consigliato di scegliere prevalentemente alimenti di origine vegetale, con un'ampia varietà di verdure e di frutta, di legumi e di alimenti amidacei non o poco raffinati. Mantenersi in peso-forma e fisicamente attivi. Mangiare almeno 4 porzioni al giorno (pari a 600-800 grammi) di verdure o di frutta approfittando delle varietà stagionali. Basare l'alimentazione quotidiana su cereali e legumi e preferire prodotti che non abbiano subito importanti trattamenti industriali. Evitare il più possibile, invece, farine e zuccheri raffinati. Le bevande alcoliche sono sconsigliate. Per chi ne fa uso, l'invito è alla moderazione, soprattutto per le donne. L'uso abituale di carne rossa è sconsigliato: è preferibile consumare pesce e, più raramente, carni bianche o di animali selvatici. Limitare il consumo di grassi, soprattutto di origine animale. Bene, invece, piccole quantità di oli vegetali. Evitare il consumo di cibi conservati sotto sale e limitate per quanto possibile l'uso del sale per cucinare o per condire: privilegiare, al suo posto, l'uso delle erbe aromatiche. Non lasciare a lungo cibi deteriorabili a temperatura ambiente ma conservarli in frigorifero. Certi additivi alimentari possono essere pericolosi, così come i residui di diserbanti e insetticidi. Evitare poi il consumo abituale di carni o pesci cotti a elevate temperature, alla griglia o affumicati. Per chi segue queste raccomandazioni ogni integratore alimentare o supplemento vitaminico è inutile. (fonte: ilmessaggero.it)

I "nuovi" broccoli per ridurre il rischio di malattie cardiache e cancro 19/08/2009 11:51
Li hanno chiamati "Booster Broccoli" e sono i nuovi super broccoli che, a differenza di quelli "normali" contengono molte più vitamine e antiossidanti (fino al 40% in più) e pare che siano anche più dolci. Li hanno creati i ricercatori del Victoria's Department of Primary Industries (DPI) in Australia in collaborazione con il New Zealand Institute for Plant & Food Research e, secondo le intenzioni sarebbero stati prodotti proprio per contrastare e ridurre i casi di malattie cardiache e il cancro. Il dr. Rod Jones e il suo team hanno testato ben 400 varietà di broccoli - frutto di una partnership tra il DPI e diverse grandi aziende – e alla fine hanno selezionato quella che è stata ritenuta la migliore in quanto ritenuta più ricca di sostanze antiossidanti, in particolare il sulforafano, e da qui sono nati i Booster Broccoli. Con questo nuovo ortaggio possiamo fare del bene in più modi, hanno dichiarato gli scienziati. Miglioriamo la salute delle persone che possono consumare verdure di cui conosciamo bene i pregi e miglioriamo la rendita dei coltivatori che possono vendere a miglior prezzo questo prodotto "di marca". Booster Broccoli è prodotto dalla Vital Vegetables. (fonte: lastampa.it)

Dietrofront: gli antiossidanti non causano il melanoma 19/08/2009 11:50
La notizia di qualche settimana fa che Vitamina C, Vitamina E, beta carotene, selenio e zinco potessero aumentare il rischio di melanoma nelle donne è stata ridimensionata da un nuovo studio. Il primo avviso aveva allarmato molte persone poiché l'abitudine di assumere antiossidanti per mezzo di supplementi è particolarmente diffusa e sentire che questo poteva aumentare di 4 volte il rischio di sviluppare il temuto tumore della pelle, il melanoma, aveva fatto preoccupare. Ora, un nuovo studio ridimensiona nettamente l'allarme. I ricercatori del Kaiser Permanente Northern California di Oakland (Usa) hanno esaminato i dati relativi a 69.671 uomini e donne che hanno preso parte allo "Studio Vitamins and Lifestyle" (VITAL) promosso proprio per valutare il collegamento tra l'uso di supplementi alimentari con antiossidanti e il rischio di cancro. Il progetto, che ha preso il via nel 2000, ha previsto di raccogliere i dati, per due anni, relativi allo stile di vita, il tipo di dieta seguita, l'uso di eventuali integratori, la storia clinica e altri fattori di rischio per il cancro. I dati sono poi stati elaborati in seguito e il dr. Maryam M. Asgari e il suo team hanno scoperto che un'assunzione protratta per circa dieci anni di supplementi (tra cui proprio gli antiossidanti messi sotto accusa) non è stata associata al rischio di melanoma né nelle donne né negli uomini. I ricercatori, commentando i risultati hanno aggiunto: «Coerentemente con i risultati presenti, lo studio ha preso in esame dei livelli di beta carotene, vitamina E e selenio nel sangue non ha mostrato alcuna associazione con un conseguente rischio di melanoma. In più il "Nurses' Health Study" che non ha riportato alcuna associazione tra l'assunzione delle vitamine A, C ed E con il rischio di melanoma in 162mila donne durante il periodo di follow-up che ha coinvolto più di 1,6 milioni di persone in un anno». A fronte di questi risultati, gli scienziati suggeriscono come invece le cause del melanoma siano più che altro da ricercare in predisposizioni genetiche, esposizioni al sole e altri fattori. Ad esempio, sottolineano, il melanoma si può anche sviluppare internamente e, questo, non è da ricondurre unicamente a una esposizione ai raggi solari. E poi, gli antiossidanti sono stati collegati da altri studi nella prevenzione e nella riparazione del Dna dai danni causati dai raggi solari. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista "Archives of Dermatology". (fonte: lastampa.it)

Scoperto gene chiave nello sviluppo del tumore al seno 10/08/2009 14:27
Secondo un recente studio condotto da un team di ricercatori del Walter and Eliza Hall Institute e dell'Institute's Victorian Breast Cancer Research Consortium Laboratory di Melbourne in Australia, la mutazione del gene il BRCA1 che si riscontra nel 10-20% delle donne affette da tumore al seno potrebbe essere una delle cause dello sviluppo della malattia. Questa scoperta, secondo i ricercatori, potrebbe portare a una rivoluzione nel modo in cui si ritiene si possa sviluppare il cancro al seno. A tale proposito, il dr. Visvader ricorda che negli ultimi anni si è pensato che fossero le cellule staminali del seno a provocare il tumore BRCA1, mentre con questo studio si è evidenziato come il tessuto mammario delle donne affette da tumore con la mutazione del gene presenti un numero elevato di cellule progenitrici luminali. Da questo aspetto l'attenzione si è concentrata maggiormente sulle espressioni geniche che mostrano come il tessuto BRCA1 e il tumore basale siano molto più simili alle normali cellule progenitrici luminali rispetto a qualsiasi altro tipo di cellula del tessuto mammario, piuttosto che le cellule staminali. In questo caso, le cellule progenitrici luminali è come se avessero dimenticato come si devono comportare. Di solito, infatti, queste cellule proliferano solamente in presenza di precisi fattori scatenanti, invece nelle donne BRCA1 queste cellule sembrano proliferare senza motivo. Le donne cosiddette "BRCA1", che presentano cioè una mutazione del gene, hanno circa il 65% di rischio in più di sviluppare il carcinoma mammario. E poiché le terapie e i trattamenti sono piuttosto limitati, questa scoperta è importante per promuovere nuove strategie d'intervento e prevenzione, hanno dichiarato i ricercatori. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Nature Medicine. (fonte: lastampa.it)

Abbassare il colesterolo può aumentare il rischio di cancro 10/08/2009 14:26
La guerra al colesterolo scoppiata qualche anno fa, anziché eliminare il "nemico" delle arterie, potrebbe mietere delle vittime inaspettate: l'essere umano. L'inquietante allarme arriva direttamente dagli Stati Uniti e, più precisamente, dai ricercatori della Tufts University School of Medicine. Il colesterolo, in particolare quello definito "cattivo" è stato demonizzato e attaccato con tutte le armi possibili; tra queste ci sono numerosi farmaci e, proprio tra i consumatori di questi farmaci (statine) anticolesterolo, i ricercatori hanno scoperto un più alto numero di casi di cancro. I ricercatori sottolineano che, anche se non è chiaro il collegamento tra i farmaci e il cancro, è evidente che ridurre drasticamente i livelli di colesterolo mette a rischio cancro. L'idea che viene promossa dai produttori è che per combattere le malattie cardiache il modo migliore è quello di ridurre i livelli di LDL (il colesterolo "cattivo"), eppure il 75% delle persone che subiscono attacchi di cuore hanno normali livelli di colesterolo, fanno ancora notare i ricercatori. Il colesterolo, continuano gli scienziati, è uno degli elementi base dell'organismo: è necessario alla produzione di testosterone, alla costruzione e riparazione delle membrane cellulari, per la produzione della guaina protettiva delle cellule nervose… Privare il corpo in maniera drastica di questo elemento espone a tutta una serie di problemi di salute. Livelli molto bassi di colesterolo sono collegati a disturbi come debolezza muscolare, stanchezza, depressione, diminuzione del desiderio sessuale e confusione mentale. Questa nuova ricerca dimostra che ci potrebbero essere ancora più micidiali conseguenze. Quello che è importante, sottolinea lo studio, è che il livello di colesterolo HDL (quello "buono") sia alto; non importa se il livello totale è alto, l'importante che nella proporzione tra i due tipi di colesterolo, quello HDL sia in netta maggioranza. Questo può proteggere dalle malattie cardiovascolari. Per fare questo non è obbligatorio assumere dei farmaci, ma basterebbe, ad esempio, seguire una dieta corretta, priva di grassi dannosi e ricca di grassi benefici e elementi essenziali. Lo studio è stato pubblicato sul "Journal of the American College of Cardiology". (fonte: lastampa.it)

Individuata molecola chiave del cancro ai polmoni 01/08/2009 13:14
In uno studio condotto da ricercatori americani della Ohio State University Comprehensive Cancer Centre e del National Cancer Institute, è stata identificata una proteina che pare svolgere un ruolo chiave nello sviluppo del cancro ai polmoni. Secondo le analisi fatte su non-fumatori affetti da cancro ai polmoni è emerso che questi presentavano alti livelli di una molecola detta MIR-21 e modificazioni genetiche a carico del gene EGFR, una caratteristica tipica del cancro dei non-fumatori. Lo studio è stato condotto analizzando il tessuto malato in 28 casi di tumore ai polmoni e di tessuto sano di non-fumatori per stabilire le modificazioni nel microRNA. Le cellule tumorali hanno mostrato di avere livelli oltre la norma di microRNA e con un incremento di oltre il doppio di MIR-21. Questa scoperta potrebbe portare alla formulazione di nuove terapie per questo tipo di malattia anche in chi ha evidenti resistenze a certi tipi di farmaci, che risultano inefficaci nel 30% dei casi quando si presenti la mutazione del gene, ricorda il dr. Carlo M. Croce che ha coordinato lo studio. La possibilità di inibire la molecola MIR-21 potrebbe portare a terapie anti-EGFR più efficaci, conclude poi il dr. Croce. Lo studio è stato pubblicato sul "Proceedings Of The National Academy Of Sciences". (fonte: lastampa.it)

«Lampade solari cancerogene» 01/08/2009 13:13
Niente più dubbi. Le lampade abbronzanti sono cancerogene e, soprattutto se l’abitudine al lettino solare inizia da giovanissimi, aumentano notevolemente i rischi di tumore cutaneo, anche di una forma aggressiva come il melanoma. Sono le conclusioni dell’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (Iarc) dell’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms), che ha deciso di alzare il livello di rischio delle apparecchiature Uv, passandole dalla categoria di «probabili cancerogeni» a quella di «cancerogeni per l’uomo». «PROVE SUFFICIENTI» - «L’analisi di oltre 20 studi epidemiologici dimostra che il rischio di melanoma aumenta del 75 per cento se l’uso delle apparecchiature abbronzanti inizia prima dei 30 anni» spiegano in un comunicato gli autori della revisione (20 ricercatori di nove paesi diversi). Non solo, risulta altrettanto evidente che le lampade espongono anche a rischi più elevati di melanoma oculare. «Tutto ciò – riassumono i ricercatori – rafforza le raccomandazioni dell’Oms di evitare lampade solari e proteggersi dall’esposizione eccessiva al sole». Il rapporto completo appare sul numero di agosto della rivista Lancet Oncology . C’E’ CHI RISCHIA DI PIÙ - Con la nuova classificazione, lettini e docce solari vanno dunque ad affiancare fattori di rischio come l’amianto, gli alcolici, il fumo, l’epatite o il radon (questi agenti, infatti, compaiono nella lista di cancerogeni «gruppo uno» dell’Iarc). Dire che sono fattori di rischio certi per i tumori significa anche dire che sono egualmente pericolosi? «Non direi – risponde Natale Cascinelli, referente del programma melanoma dell’Organizzazione mondiale della sanità -. L’amianto è pericoloso per tutti, così come le sigarette. I raggi Uv sono pericolosi soprattutto per chi appartiene al fototipo uno: pelle e occhi chiari, capelli rossi o biondi». E l’esempio classico è il «paradigma degli Scozzesi»: «In Scozia ci sono 13-15 casi di melanoma ogni 100mila abitanti. Fra gli scozzesi emigrati nel Queensland, «the sunshine state» in Australia, la cifra sale a 63 ogni 100mila, proprio per la combinazione micidiale fra caratteristiche genetiche e esposizione ambientale. In Europa l’incidenza del melanoma è massima in Scozia , Svezia e Norvegia, dove di certo non abbonda il sole, ed è invece più bassa nei paesi Mediterranei». LAMPADE PIU’ PERICOLOSE DEL SOLE? – Si parla spesso degli effetti benefici del sole, che fra le altre cose, stimola la produzione di vitamina D, alleata nella prevenzione di molte malattie, compresi alcuni tumori. Eppure l’Iarc classifica le radizioni solari come cancerogeni del gruppo 1 sin dal 1992. «Certo che il sole è un cancerogeno, quello mal preso, senza filtri e senza precauzioni – spiega Giovanni Leone, responsabile del servizio di fotodermatologia dell’Istituto San Gallicano di Roma –. In teoria il meccanismo di cancerogenesi è lo stesso per i raggi solari e per quelli delle lampade. Ma il sole fa parte del nostro ambiente naturale, ne abbiamo bisogno. Al contrario, le lampade sono uno strumento spinto dal mercato della bellezza. Emettono radiazioni Uva anche sette o otto volte superiori a quelle che si possono assorbire in una giornata di sole». Ma non aiutano a preparare la pelle alla spiaggia? «E’ una sciocchezza, una vecchia credenza. L’abbronzatura prodotta dagli Uva – prosegue Leone - non è protettiva, a differenza di quella solare, che è un fenomeno decisamente più completo. Se proprio le lampade si devono usare, che almeno ci siano informazione, controlli e prevenzione». VUOTO NORMATIVO – E non è solo il mondo scientifico a chiedere regole per l’industria del colorito dorato (13mila esercizi autorizzati più qualche migliaio non autorizzati, comprese apparecchiature sparse in hotel, palestre, negozi di parrucchieri), ma anche quello politico. A fine giugno, i senatori radicali-Pd Donatella Poretti e Marco Perduca hanno presentato un’interrogazione al ministro del Lavoro, Salute e Politiche Sociali Maurizio Sacconi e al ministro dello Sviluppo Economico Claudio Scajola, ricordando che la legge sull’attività di estetista (legge n. 2 del 1990) prevedeva norme per regolare caratteristiche tecniche, cautele, modalità di regolazione e esercizio (compresa la formazione degli addetti) delle apparecchiature elettromeccaniche usate nei beauty center. Tali norme dovevano essere emanate entro 120 giorni dall’entrata in vigore della legge, invece sono passati 19 anni. Solo la Regione Piemonte ha prodotto nel 2003 un regolamento regionale che prevede sanzioni fino alla chiusura dell’attività. CHI CONTROLLA CHI? - Chi controlla che un quindicenne non si arrostisca in un lettino solare un giorno sì e uno no? E quanti gestori rimanderebbero indietro un cliente pel di carota? Alzi la mano chi non è mai entrato in un solarium andando dritto verso la cabina, senza che nessuno si sognasse di regolare prima tempi e intensità adatti. «Servono subito norme – insiste Giovanni Leone - che definiscano l’obbligo di qualifica per il personale che gestisce le attrezzature, di informazione all’utenza dei potenziali rischi, di selezione dell’utenza in base a fattori di rischio, come l’età e il tipo di pelle». NIENTE SOLARIUM PER I RAGAZZI – In Francia, oltre a promuovere controlli a tappeto sugli esercizi, è stato vietato ai minorenni l’uso dell’abbronzatura artificiale, come raccomandato da Oms e Unione Europea, mentre Germania e Gran Bretagna ci stanno pensando. Negli Stati Uniti le norme sono generalmente severe, sempre con un occhio di riguardo per i teenager. «Tanto più giovane è l’individuo, tanto meno i melanociti sono maturi e pronti a reagire alle radiazioni Uv» ammonisce Cascinelli. Meglio allora che i giovanissimi si accontentino del colorito di una giornata all’aperto. USARE LA TESTA – In generale vale l’invito al buon senso, ribadisce Cascinelli: «Quando si va a fare una lampada bisogna comportarsi come quando si prende il sole, occorre procedere con gradualità. Se una persona pallida dopo l’inverno ha fretta di abbronzarsi e fa un lettino da venti minuti è come se si sdraiasse al sole cocente di mezzogiorno! E le scottature sono un segnale d’allarme, sia al sole sia dall’estetista, da non sottovalutare». Meglio darsi una regolata e, in caso di dubbi, chiedere al dermatologo. (fonte: corriere.it)

Tumori, verso la chemioterapia di mantenimento? 01/08/2009 13:11
Usare la chemioterapia in modo continuativo, trattando i tumori come malattie croniche da tenere sotto controllo a vita: è questo uno degli obiettivi principali nella lotta al cancro. Il dibattito sui pro e i contro di una cura farmacologia prolungata a oltranza ha tenuto banco anche durante l’ultimo meeting annuale dell’American society of clinical oncology (tenutosi a maggio negli Stati Uniti), a cui hanno partecipato oltre 30mila oncologi e specialisti provenienti da tutto il mondo. Ora un articolo del New York Times rilancia l’argomento: «Ovviamente - ha dichiarato al quotidiano Usa Lawrence Einhorn, professore di medicina alla Indiana University - dietro al nuovo trend c’è anche la pressione delle case farmaceutiche affinché i loro prodotti vengano usati il prima e il più a lungo possibile». C’è, in effetti, un concetto-chiave da tenere presente: «Il farmaco giusto al paziente giusto», spiega Giorgio Cruciani, primario do Oncologia a Ravenna e past president del Collegio italiano dei primari oncologi medici ospedalieri (Cipomo). Solo così si risparmiano, oltre ai costi, trattamenti inutilmente tossici per malati che, invece, potrebbero beneficiare di altro. PER BLOCCARE LA CRESCITA DELLE METASTASI - Utilizzata finora principalmente nelle fasi acute, ovvero come «terapia d’urto» per bloccare la diffusione dei tumori e poi sospesa una volta ottenuto questo risultato, la chemioterapia – come suggerisce una serie di studi effettuati negli ultimi anni - porterebbe benefici aggiuntivi se somministrata anche come cura di mantenimento per le neoplasie in fase metastatica. Per prevenire le recidive della malattia prima che si manifestino e prolungare (anche per anni) la sopravvivenza dei pazienti. «Ma è necessario fare una premessa fondamentale – ribadisce Marco Venturini, direttore dell’Oncologia all’Ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negar (Verona) e segretario nazionale dell’Associazione italiana di oncologia medica (Aiom) -: la chemio di mantenimento si è dimostrata valida solo in casi specifici. Ovvero su determinati pazienti, con determinate tipologie di tumori. Altrimenti è troppo dispendiosa, sia per i pazienti che devono tollerare gli effetti collaterali dei farmaci, sia per il Servizio sanitario nazionale che paga cure costosissime inutilmente». POSSIBILE GRAZIE AI NUOVI FARMACI – Per molti anni le ricerche sulla chemio cronica non hanno portato a risultati interessanti. I trattamenti «a oltranza», infatti, risultavano non vantaggiosi per i pazienti dal punto di vista dei costi (in materia di tossicità dei medicinali) in confronto ai benefici che se ne potevano ricavare. Negli ultimi anni, invece, si sono aperte altre possibilità perchè i farmaci di nuova generazione (quelli a bersaglio molecolare, o farmaci target) sono meno dannosi e meglio tollerati dai malati. Inoltre cresce il numero dei preparati che possono essere presi per bocca, senza recarsi in ospedale per la chemio endovena: un fatto di non poca importanza se si tratta di seguire una terapia per molti anni. SEGNALI POSITIVI PER I TUMORI DEL SANGUE - «I dati sono particolarmente interessanti per alcune malattie onco-ematologiche e con farmaci biologici – commenta Giorgio Cruciani, primario di Oncologia a Ravenna e past president del Collegio italiano dei primari oncologi medici ospedalieri -. Ad esempio, al meeting Asco 2009 di Orlando, sono stati commentati i risultati a lungo termine di uno studio già pubblicato nel 2004 che dimostra come il mantenimento con rituximab è in grado di estendere la remissione nel linfoma follicolare. Infatti, fra i pazienti che rispondevano alla terapia, il gruppo sottoposto a sola osservazione ha avuto una remissione di 12 mesi, contro i circa 36 mesi dei malati trattati con rituximab a oltranza: dopo otto anni, il 35 per cento dei pazienti sottoposti a extended-rituximab era ancora in remissione. E – prosegue l’esperto - anche nel mieloma multiplo una terapia prolungata con inibitori del proteasoma sembra prolungare significativamente il tempo di progressione della malattia». COLON E MAMMELLA – Esistono poi gruppi di pazienti con carcinoma mammario o colonrettale metastatico nei quali sono stati dimostrati dei benefici. «Trastuzumab e lapatinib, ad esempio, sono efficaci nel ritardare la progressione della malattia nelle donne con un tumore del seno Her2 positivo, che sono circa il 15 per cento sul totale delle neoplasie mammarie», aggiunge Venturini. Le due molecole, ad oggi, vengono somministrate a questo gruppo di pazienti prima in associazione alla chemioterapia standard, e poi continuate da sole, finché non si verifica una ripresa della malattia. A quel punto s’interrompe la cura con una e s’inizia con l’altra. «Per quel che riguarda il colon – continua Venturini - sappiamo che può essere utile, sempre per rallentare l’evoluzione di una neoplasia metastatica, una terapia di mantenimento con cetuximab in quei pazienti che hanno il gene Kras non mutato (circa il 50-60 per cento del totale, ndr). E buoni segnali arrivano anche dal bevacizumab, per il quale però ancora non sappiamo su quale categoria di malati è utile». (fonte: corriere.it)

Un intenso esercizio fisico dimezza il rischio di cancro 01/08/2009 13:10
Il fatto che una regolare attività sportiva aiuti il benessere fisico generale è cosa nota. Oggi, però, arriva una nuova conferma del fatto che lo sport riduce significativamente le possibilità di ammalarsi di cancro. Ad affermarlo è uno studio finlandese pubblicato sul British Journal of Sports Medicine, secondo il quale il rischio di sviluppare tumori diminuisce sensibilmente - fino in alcuni casi a dimezzare – se si fanno 30 minuti di intenso esercizio quotidiano, grazie al consumo di ossigeno che questo comporta. SIAMO UN PAESE DI PIGRI – Una notizia che dovrebbe contribuire a invogliare anche gli italiani più pigri. Stando alle statistiche più recenti , infatti, sono più di 17 milioni gli sportivi in Italia, ma solo 3,5 milioni sono coloro che fanno agonismo e i tesserati di qualche federazione. Ben il 41 per cento dei connazionali, invece, non muove un dito. Sebbene sia ormai stato provato da diversi studi che l’attività fisica aiuta a prevenire molte malattie, quali diabete e obesità, cardiopatie e tumori: nella prevenzione del cancro del seno e del retto, ad esempio, il 30 per cento è dovuto alla buona attività fisica. E cifre alla mano, uno studio statunitense (pubblicato nel 2008 sul Journal of the National Cancer Institute) su 65 mila donne tra i 24 e i 42 anni aveva dimostrato che praticare sport fin dall’età dello sviluppo riduce del 23 per cento il rischio di un tumore mammario in pre-menopausa. LO STUDIO – Ora i ricercatori hanno seguito per circa 17 anni 2.560 uomini della Finlandia dell’est, di età compresa tra i 42 e i 61 anni, senza precedenti di cancro in famiglia. Misurando l’attività fisica in Met (ovvero l’equivalente metabolico del consumo di ossigeno) sembra che, in assenza di fattori influenzanti - come consumo il eccessivo di alcol e fumo o soprappeso -, coloro che arrivano a una media di 5.2 Met per circa 30 minuti al giorno dimezzano il rischio di cancro rispetto a chi fa meno attività sportiva. Secondo la ricerca, camminare per mezz’ora corrisponde a 4,2 Met, fare jogging equivale a 10,1, il giardinaggio fa consumare 4,3 Met e andare in bicicletta al lavoro 5,1. PREVENZIONE ANTICANCRO - Circa i due terzi delle neoplasie sono direttamente o indirettamente correlati con il tabacco e un regime alimentare non corretto. Teoricamente l’abolizione del fumo, una dieta più appropriata, una vita più sana in un ambiente meno inquinato possono drasticamente ridurre l’incidenza del cancro. Inoltre, numerosi esperti in oncologia ricordano che sarebbe buona regola fare almeno mezz’ora al giorno di esercizio, alternando lo sport alla semplice attività motoria (come passeggiare o salire le scale). Tutto questo con l’obiettivo di mantenere un peso corporeo desiderabile: molti studi, infatti, hanno provato come un’eccessiva introduzione calorica e l’obesità siano in relazione con un’aumentata mortalità per alcune neoplasie, tra le quali i tumori del colon, della mammella, dell’utero e della prostata. (fonte: corriere.it)

Smettere di fumare migliora la salute del cuore 19/07/2009 20:02
Smettere di fumare non ridurrà immediatamente il rischio di tumore al polmone ma almeno produrrà degli immediati benefici per il cuore. Gli effetti del fumo sul cuore sono stati al centro di uno studio condotto da un gruppo di ricercatori del Feinstein Institute for Medical Research (Manhasset, NY - USA). I risultati della ricerca sono stati pubblicati sulla rivista dell'American College of Chest Physicians (Chest, Luglio 2009). In base a quanto osservato dai ricercatori, le persone che smettono di fumare hanno dei benefici immediati sul cuore e in generale su tutto l'apparato cardiovascolare. Gli studiosi, effettuato una serie di analisi su un gruppo di donne che avevano deciso di smettere di fumare, hanno analizzato dei particolari biomarcatori correlati a specifiche infiammazioni dell'apparato cardiovascolare. Analizzando i dati raccolti si è rilevato un aspetto molto interessante. Nel momento in cui le pazienti smettevano di fumare, e di conseguenza cessava l'introduzione delle sostanze tossiche presenti nel fumo di sigaretta, nell'organismo vi era una consistente diminuzione del fattore di necrosi tumorale (TNF), del recettore solubile TNF di tipo I e II e della Molecola-1 di adesione delle cellule vascolari (VCAM-1). Smettere di fumare non può che fare bene al nostro organismo. Anche se i risultati di alcune ricerche hanno dimostrato che una volta abbandonato il vizio del fumo servono degli anni per ridurre i rischi per la salute, in alcuni casi, come nelle patologie legate all'apparato cardiovascolare, i benefici potrebbero essere immediati. (fonte: universionline.it)

Mamma "anziana", bimbo a rischio cancro 19/07/2009 20:01
Il monito arriva dai pediatri dell'Università del Minnesota (Usa) che, tuttavia, ridimensionano l'allarme sottolineando che l'aumento del rischio è solamente "leggero". Secondo quanto dichiarato dal dr. Logan Spector, pediatra, infatti pare che il rischio che un bambino sviluppi una qualche forma di tumore durante l'infanzia è pressoché molto basso, tuttavia, precisa Logan, il rischio esiste ed è collegato alla maggiore età della mamma. Per capire come mai un numero sempre crescente di bambini si ammala di cancro negli Usa, i ricercatori hanno esaminato i dati relativi ai registri dell'anagrafe di alcuni stati come New York, Washington, Minnesota, Texas e California. Lo studio ha preso in esame 17.672 casi di cancro tra bambini di età compresa tra i 0 e i 14 anni e diagnosticati tra il 1980 e il 2004 e i record relativi a 57.966 bambini che invece non hanno sviluppato forme di cancro. Dai dati raccolti i ricercatori hanno notato che il rischio relativo alle sette più comuni patologie - come cancro alle ossa, leucemie e altri – è aumentato tra il 7 e il 10% in proporzione a un aumento di cinque anni in cinque anni nell'età della madre. Nonostante ciò, ricordano i ricercatori, dovranno essere fatte ulteriori ricerche per comprendere come e perché un aumento dell'età della mamma possa essere collegato a un maggior rischio di cancro nei bambini. Una prima ipotesi è quella che con l'età avanzata ci possano essere modifiche ormonali o dei mutamenti nel Dna degli ovuli che possono essere trasmesse al feto. I risultati sono stati pubblicati nel numero di luglio della rivista "Epidemiology". (fonte:lastampa.it)

Carboidrati e rischio tumore al seno 19/07/2009 20:00
Secondo un recente studio* sostenuto dal Swedish Cancer Foundation e condotto da ricercatori svedesi il cosiddetto "carico glicemico" avrebbe un impatto significativo sul rischio di sviluppare il tumore al seno. Lo studio è stato condotto su un campione di 61.433 donne svedesi che hanno compilato regolarmente un questionario sulle proprie abitudini alimentari tra il 1987 e il 1990. Il follow-up è durato ben 17,4 anni e ha voluto stabilire come un'associazione tra carboidrati, indice e carico glicemico potesse avere un'influenza sulla possibilità di contrarre il carcinoma mammario. Partendo da questo concetto, si è tuttavia stabilito come i diversi tipi di carboidrati agiscano in modo differente sul carico glicemico che ha delle oscillazioni in caso di assunzione di alimenti raffinati o integrali; per esempio il pane o la pasta bianchi aumentano notevolmente l'indice glicemico in quanto producono zuccheri che aumentano velocemente il livello nel sangue, al contrario dei carboidrati assunti per mezzo di cereali integrali. Dai dati acquisiti è emerso che, durante questo tempo, 2.952 donne si sono ammalate di tumore al seno e che questo poteva essere collegato al carico glicemico. I ricercatori fanno però notare che non sono necessariamente i carboidrati a essere collegati al carcinoma mammario, ma piuttosto l'indice e il carico glicemico che, tuttavia, può appunto essere modificato dai carboidrati. Nel totale, le donne che seguivano una dieta che causava un alto indice glicemico sono state reputate a rischio tumore nel 44% dei casi, contro rispettivamente l'81% per quelle che avevano un alto carico glicemico e il 34% per quelle che assumevano in genere un gran numero di carboidrati. I ricercatori concludono suggerendo che un elevato apporto di carboidrati e le diete con un elevato indice glicemico e carico glicemico possono aumentare il rischio di sviluppare il cancro al seno. (fonte: lastampa.it)

Dalla Brachiterapia nuove speranze contro il tumore alla prostata 09/07/2009 20:15
Secondo uno studio pubblicato sulla rivista "International Journal of Radiation Oncology, Biology,Physics" che è l'organo ufficiale della American Society for Radiation Oncology, le persone che usufruiscono di un trattamento radioterapico con la brachiterapia, che non è tuttavia una terapia "nuova", possono contare sul fatto di non subire ricadute nell'arco di 10 anni, a patto che non l'abbiano avute entro i primi 5. I risultati ottenuti durante lo studio, condotto presso il Mount Sinai Medical Center Departments of Radiation Oncology and Urology di New York, fanno ben sperare; difatti tra i 742 pazienti affetti da carcinoma prostatico, a distanza di 5 anni dal trattamento, nessuno di questi ha avuto una ricaduta né ha sviluppato nuove metastasi o è morto di tumore alla prostata. Questi risultati sono stati ottenuti dopo aver sottoposto i pazienti a cure con la brachiterapia da sola o in concomitanza a terapie ormonali e radioterapia tradizionale. In seguito al test classico utilizzato come indicatore. Detto "antigene prostatico specifico" (PSA) si sono ottenute indicazioni sulla possibilità che nel 97% dei casi, a distanza di 10 anni dal trattamento, i pazienti non avrebbero subito ricadute o sviluppato il tumore. (fonte: lastampa.it)

Il cancro è "servito"… alla griglia 09/07/2009 20:14
L'allarme giunge dai dietologi dell'Anderson Cancer Center di Houston, in Texas. La carne e il pesce alla griglia possono essere cancerogeni. La dietista, dr.ssa Vicki Piper dell'Università del Texas, è stata chiara: dove c'è fumo, c'è rischio di cancro. E la carne che sgocciola bruciacchiando sulla brace o sulla griglia produce fumo. E, continua la dietista, questo avviene con qualsiasi tipo di carne, anche di pollo o pesce. In più, marinare la carne prima di grigliarla contribuisce a creare precursori chimici di agenti cancerogeni. L'ideale, suggerisce Piper, sarebbe fare una pre-cottura in casa in modo da togliere già un po' del grasso che oltre a fare meglio per la dieta, evita di provocare fiamme e fumo estremamente dannosi. In più, la carne è già stata sottoposta a un'alta temperatura e sopporta meglio quella altissima della griglia dato che, sottolinea la dr.ssa Piper, maggiore è la temperatura di cottura, più agenti cancerogeni sviluppa. Altri suggerimenti: per il barbecue è meglio utilizzare legno che brucia a minori temperature come i trucioli di pino; oliare la griglia aiuta a far attaccare ad essa il materiale carbonizzato anziché alla carne e poi l'olio aiuta a mantenere interi pollo e pesce; pulire accuratamente la griglia dopo l'uso evita che successivamente gli agenti cancerogeni attaccati siano trasferiti al nuovo cibo. (fonte: lastampa.it)

Danni del sole: le proprietà del tè verde in spray per prevenire il tumore alla pelle 09/07/2009 20:13
Le proprietà del tè verde sono ormai note e il suo potere antiossidante è tra i più apprezzati. Adesso si aggiunge alla lista dei benefici anche la capacità di intervenire positivamente nella prevenzione dei tumori alla pelle se usato sotto forma di spray, attualmente alla fase dei test clinici, prima e dopo l’esposizione solare. A Cleveland, nell’Ohio, si stanno studiando gli effetti immunitari dei polifenoli contenuti nel tè verde sulle cellule della pelle: un campione di volontari è stato sottoposto a esposizione ai raggi ultravioletti dopo un trattamento con spray al tè verde e le loro cellule si sono rivelate più resistenti ai danni provocati dai raggi UV rispetto a chi non aveva usufruito del trattamento. Ottime prospettive, dunque, nella prevenzione dei danni del sole. (fonte: benessereblog.it)

Smettere di fumare migliora la salute del cuore 09/07/2009 20:12
Smettere di fumare non ridurrà immediatamente il rischio di tumore al polmone ma almeno produrrà degli immediati benefici per il cuore. Gli effetti del fumo sul cuore sono stati al centro di uno studio condotto da un gruppo di ricercatori del Feinstein Institute for Medical Research (Manhasset, NY - USA). I risultati della ricerca sono stati pubblicati sulla rivista dell'American College of Chest Physicians (Chest, Luglio 2009). In base a quanto osservato dai ricercatori, le persone che smettono di fumare hanno dei benefici immediati sul cuore e in generale su tutto l'apparato cardiovascolare. Gli studiosi, effettuato una serie di analisi su un gruppo di donne che avevano deciso di smettere di fumare, hanno analizzato dei particolari biomarcatori correlati a specifiche infiammazioni dell'apparato cardiovascolare. Analizzando i dati raccolti si è rilevato un aspetto molto interessante. Nel momento in cui le pazienti smettevano di fumare, e di conseguenza cessava l'introduzione delle sostanze tossiche presenti nel fumo di sigaretta, nell'organismo vi era una consistente diminuzione del fattore di necrosi tumorale (TNF), del recettore solubile TNF di tipo I e II e della Molecola-1 di adesione delle cellule vascolari (VCAM-1). Smettere di fumare non può che fare bene al nostro organismo. Anche se i risultati di alcune ricerche hanno dimostrato che una volta abbandonato il vizio del fumo servono degli anni per ridurre i rischi per la salute, in alcuni casi, come nelle patologie legate all'apparato cardiovascolare, i benefici potrebbero essere immediati. (fonte: universonline.it)

Cure soft per i tumori ginecologici 30/06/2009 23:10
L’ultima novità è un dispositivo del tutto simile alla spirale anticoncezionale, ma progettato per portare i farmaci direttamente nei pressi della massa tumorale, così da ottenere il massimo vantaggio terapeutico e il minimo disagio per la donna in chemioterapia. L’idea, ancora in fase sperimentale, è un brevetto messo a punto e depositato da Francesco Raspagliesi, direttore dell’Oncologia ginecologica dell’Istituto nazionale dei tumori di Milano. E’ stata presentata al congresso nazionale della Società italiana di ginecologia oncologica tenutosi nel capoluogo lombardo dal 18 al 20 giugno, dove si è parlato di chirurgia conservativa, salvaguardia della fertilità e qualità di vita. Se il nuovo dispositivo intrauterino dimostrerà di funzionare, sarà la riprova che la parola d’ordine, contro i tumori femminili, è soprattutto una: leggerezza. LA «SPIRALE» ANTITUMORE – Si tratta di un piccolo cilindro da collocare all’interno della cervice uterina (proprio come accade con la spirale, o Iud), che rilascia sul posto i farmaci oncologici normalmente iniettati per via endovenosa (come taxolo, platino e topotecan). Il vantaggio? «Si può aumentare la concentrazione dei medicinali, che rilasciati localmente seguono le stesse vie di diffusione del tumore, riducendo i tempi della terapia e gli effetti tossici sistemici, come la nausea, il vomito o la caduta dei capelli» spiega Francesco Raspagliesi. Il meccanismo sembra semplice: il dispositivo intracervicale è rivestito di un polimero costituito da diversi strati di molecole che, come una spugna, trattengono i farmaci e poi, degradandosi lentamente, li rilasciano sul posto. CURE MENO INVASIVE - Per ora questo cavallo di Troia anticancro è stato provato su un numero limitato di pazienti e non risultano altri brevetti simili al mondo. Nei prossimi due anni, comunque, si lavorerà a un progetto sperimentale per determinare le dosi ottimali di chemioterapici e per sondare tutte le possibilità di utilizzo. «Le premesse sono buone – dice Raspagliesi – e la speranza è di poterlo usare, ad esempio, per evitare l’asportazione dell’utero in donne giovani con un carcinoma cervicale al di sotto dei quattro centimetri, oppure per rendere rimuovibile un tumore di grosse dimensioni, con una chemioterapia preoperatoria meno pesante di quella classica». BISTURI LEGGERO - Gli specialisti riuniti a convegno si sono confrontati anche su altre tecniche d’avanguardia, tutte all’insegna dell’approccio più rispettoso possibile al corpo femminile. La chirurgia «senza tagli», ovvero in laparoscopia, con l’inserimento degli strumenti tramite piccoli fori e la guida ecografia, trova sempre più spazio in ginecologia oncologica. «Nel nostro istituto e nei centri più avanzati ormai oltre un terzo degli interventi e il 40 per cento delle isterectomie (l’asportazione dell’utero) seguono questa modalità. E sono destinati ad aumentare – scommette Raspagliesi -. Contiamo, nei prossimi anni, di arrivare a trattare i carcinomi dell’endometrio solo in laparoscopia». TUTELARE SESSUALITA’ E FERTILITÀ - Altra frontiera è quella della chirurgia «nerve sparing» che, come già accade con gli interventi sulla prostata, consente quando possibile di effettuare isterectomie radicali impegnative senza danneggiare le vie nervose che regolano le funzioni sessuali, urinarie e intestinali. Si usa, anche nella pelvi come per la mammella e i melanomi, la tecnica del linfonodo sentinella, per individuare e asportare solo i linfonodi che possono essere intaccati dalla malattia e togliere gli altri solo se necessario. Al tempo stesso, si lavora per salvaguardare, almeno nelle donne più giovani, la possibilità di diventare mamme. «I tumori della cervice insorgono in media intorno ai 35 anni, un’età in cui oggi molte donne non hanno ancora avuto figli, ma spesso contano di averne – spiega Raspagliesi -. Per questo si persegue una chirurgia che salvi l’utero e almeno un ovaio, e si predilige una chemioterapia poco tossica alla radioterapia, più tradizionale ma più pericolosa per le funzioni riproduttive. Se la radioterapia non si può evitare, è possibile intervenire e spostare le ovaie al di fuori del campo di irradiazione limitando i danni nel 90-95 per cento delle pazienti». (fonte: ilcorriere.it)

Mangiare grassi animali può aumentare il rischio di cancro al pancreas 30/06/2009 23:09
Il cancro al pancreas è uno dei tipi di patologie più a rischio mortalità tra quelle conosciute. Riuscire a prevenirlo è senz’altro tra le azioni migliori che si possano compiere. Una di queste, potrebbe essere quella di assumere pochi grassi animali per mezzo di carne rossa e prodotti lattiero caseari. Questo è quanto suggerisce una nuova ricerca pubblicata sul "Journal of the National Cancer Institute". In questo nuovo studio, condotto dal dr. Rachael Z. Stolzenberg-Solomon della Divisione Cancer Epidemiology and Genetics presso il National Cancer Institute di Bethesda, sono stati analizzati i dati raccolti dal National Institutes of Health - AARP Diet and Health Study da più di 500mila persone. I partecipanti alla ricerca hanno dovuto compilare un questionario riguardante le abitudini alimentari tra il 1995 e il 1996, per poi essere seguiti per una media di 6 anni valutando lo stato di salute e le eventuali diagnosi di cancro al pancreas. Dai risultati è emerso che gli uomini e le donne che avevano consumato grandi quantità di grassi animali mostravano rispettivamente un tasso maggiore del 53% e 23% di casi di cancro pancreatico rispetto a coloro che consumavano meno grassi. In media, il rischio di tumore al pancreas era del 36% maggiore nei soggetti che consumavano molti grassi animali. I ricercatori hanno commentato i risultati suggerendo che vi sia una possibile correlazione tra l’assunzione di grassi animali da carne rossa e prodotti lattiero caseari nel maggiore rischio di cancro pancreatico. Al contrario non vi sono evidenze di sorta nell’assunzione di grassi polinsaturi da fonti vegetali. (fonte: lastampa.it)

Tumori, batteri come "cavalli di Troia" per aggredire cellule malate 30/06/2009 23:08
Ricercatori australiani hanno scoperto e sperimentato una maniera per superare la resistenza dei tumori ai farmaci, usando nanoparticelle come “cavalli di Troia”, per somministrare agenti terapeutici alle cellule cancerose e ucciderle. La nuova tecnica, sperimentata su topi e descritta sulla rivista Nature Biotechnology, consente di colpire direttamente con chemioterapia solo le cellule cancerose, come alternativa al trattamento corrente in cui i farmaci, iniettati nel paziente, attaccano anche le cellule sane. In una prima fase le particelle, o minicellule, ricavate da batteri da cui è stato rimosso il materiale genetico, penetrano nelle cellule cancerose e le disarmano rilasciando molecole di acido ribonucleico. Queste disattivano la produzione delle proteine che rendono le cellule cancerose resistenti alla chemioterapia. In una seconda ondata una settimana dopo, le minicellule chiamate EDV (EnGeneIC Delivery Vehicle), caricate con farmaci anticancro, vengono accettate nelle cellule cancerose e le uccidono. «Il bello è che le nostre EDV operano come 'cavalli di Troia. Arrivano alle porte delle cellule malate e viene sempre permesso loro di entrare», scrive la professor Jennifer MacDiarmid, coautrice dello studio. «Così battiamo le cellule maligne al loro stesso gioco. Loro attivano il gene che produce la proteina per resistere ai farmaci, e noi disattiviamo il gene in modo che i farmaci possano entrare». Le sperimentazioni umane inizieranno la prossima settimana presso il Cancer Centre del Royal Melbourne Hospital con la collaborazione di scienziati dell'università di Melbourne, su pazienti di tumori solidi alla testa, al collo, ai polmoni, fegato e colon. MacDiarmid ha osservato che le cellule cancerose resistenti ai farmaci sono la più grande minaccia alla sopravvivenza di lungo termine dei pazienti di cancro. Mentre i farmaci uccidono la maggior parte delle cellule malate, un piccolo numero di cellule cancerose può produrre proteine che le rendono resistenti alla chemioterapia. I tumori diventano così intrattabili e continuano a prosperare, uccidendo il paziente. (fonte: ilmessaggero.it)

Il tè verde attivo nel ridurre la progressione del cancro alla prostata 23/06/2009 17:37
Ancora il tè verde protagonista di un nuovo studio grazie ai suoi numerosi effetti sulla salute. Questa volta a dichiarare che le sostanze contenute in questa pianta possono rallentare il carcinoma della prostata, sono ricercatori statunitensi della Louisiana. Secondo questo nuovo studio condotto da un team di ricercatori del "Weiller Cancer Center, Louisiana State University Health Sciences Center-Shreveport", coordinati dal dr. James A. Cardelli, gli uomini che consumano tè verde mostrano una riduzione nel siero dei bio-marcatori predittivi la progressione del tumore. Lo studio è stato eseguito su 26 uomini di età compresa tra i 41 e i 72 anni, tutti con diagnosi di carcinoma della prostata e con in previsione l'asportazione della prostata (prostatectomia radicale). Ai pazienti sono stati fatte assumere quattro capsule al giorno contenenti Polyphenon E, che equivalgono, come concentrazione di elementi, a circa 12 tazze di tè verde mediamente concentrato. La supplementazione è durata in tutto 73 giorni. Tuttavia, alcuni pazienti ne hanno beneficiato per soli 12 giorni, altri di più. Nel totale la media è stata di 34,5 giorni, fino al giorno prima dell’intervento chirurgico. Le analisi condotte al termine della ricerca hanno evidenziato una significativa riduzione del livello dei marcatori. In alcun pazienti ha addirittura sfiorato il 30%. Purtroppo, dichiarano gli scienziati, questo studio non è stato randomizzato; cosa che avrebbe dato la possibilità di essere certi che i buoni risultati sono imputabili unicamente al tè verde e non ad altri fattori come una modifica in positivo dello stile di vita o altri. (fonte: lastampa.it)

Prostata: farmaco killer contro il cancro. Ora operabili anche le neoplasie gravi 23/06/2009 17:35
Speranze da un nuovo farmaco contro il cancro alla prostata testato dai ricercatori della statunitense Mayo Clinic, in Minnesota. Tre uomini con neoplasia in stato avanzato hanno avuto risultati talmente brillanti, a detta dei ricercatori capitanati da Eugene Kwon, che ora sarà possibile operarli, nonostante la malattia fosse giunta ad una fase che sbarrava ai tre pazienti le porte della sala operatoria. Quando al cancro alla prostata avanza troppo, superando i confini stessi della ghiandola, l’intervento chirurgico diventa una strada che gli addetti ai lavori preferiscono non percorrere. Si passa, in questi casi, alle cure palliative, attendendo che la malattia faccia il suo corso. Nel caso dei tre uomini su cui il farmaco, un anticorpo monoclonale che stimola il sistema immunitario, ha avuto «risultati straordinari», il tumore si è ridotto a tal punto che i tre hanno potuto sottoporsi all’intervento per rimuovere la neoplasia. E il primo trial su 108 pazienti ha mostrato risultati talmente positivi, assicurano i ricercatori, che si è ora deciso di passare a un altro studio su 30 volontari per testare dosi più alte del ritrovato. Una ricerca che accende speranze, soprattutto considerando che sono ben poche attualmente le terapie che consentono di intervenire sulla malattia in stato avanzato. Il farmaco «rappresenta il Santo Graal della ricerca sul cancro alla prostata -afferma Kwon, usando una metafora leggendaria, sulle pagine dell’Independent- eravamo sulle sue tracce da anni». «Non avevamo mai assistito a nulla di simile prima d’ora -gli fa eco Michael Blute, un chirurgo coinvolto nella ricerca- ho avuto difficoltà, dopo la terapia, a individuare il cancro da rimuovere». Ma sulle pagine della Bbc online, John Neate, chief executive del Prostare Cancer Charity, invita alla prudenza. «Va ricordato -sottolinea- che si tratta di risultati preliminari. Vanno condotti studi su larga scala per vedere se si tratta di esiti replicabili. Se lo fossero - riconosce - non c’è dubbio che avremmo stanato una strada estremamente promettente». (fonte: quotidianonet.com)

Il super test del sangue per i tumori 14/06/2009 12:14
Da un campione di sangue si può conoscere l'aggressività di un tumore. In base alle cellule «malate» presenti: per il tumore al seno e per quello alla prostata il numero è 5, per il colon è 3. Che cosa significa? Nel cancro al seno, per esempio: se le cellule tumorali circolanti nel sangue sono da zero a 4 non è aggressivo, se sono 5 o più allora lo è. Finora il termine «aggressivo» era statistico. Di facile comprensione per i pazienti, ma non misurabile. Oggi, grazie a una macchina «leggi sangue», diventa misurabile scientificamente. Gli studi, in vari centri del mondo, stanno individuando il numero magico per ogni tumore. Non solo. Un domani si potranno individuare le cellule staminali del tumore: «insensibili» alle cure e capaci, se presenti, di innescare metastasi e di far «riapparire» il male anche quando sembra sconfitto. Questo è il tema di Pier Giuseppe Pelicci nello Ieo day 2009 di lunedì 8 giugno, «vetrina» dell'Istituto milanese guidato da Umberto Veronesi. I dati sulle cellule tumorali circolanti nel sangue sono uno dei «fiori all'occhiello» dell'Istituto europeo di oncologia di via Ripamonti. Ne parlerà Maria Teresa Sandri, direttore della Medicina di laboratorio, che allo Ieo day annuncerà anche la ricerca appena avviata per caratterizzare, con questo esame del sangue, le cellule tumorali isolate e «vedere» se esprimono determinati «agganci» di superficie (recettori) bersaglio dei farmaci intelligenti. La cura mirata, «personalizzata», di cui si è parlato all'Asco (il congresso degli oncologi americani) di Orlando, avrà in questo esame di laboratorio il miglior complice. LA «MACCHINA» - Il campione di sangue prelevato dal paziente si affida alla nuova macchina che in tre ore e mezza, grazie ad appositi reagenti, seleziona le cellule tumorali poi esaminate al microscopio a fluorescenza: si vede se sono tumorali, quante sono, se sono morte o vive. Le morte non fanno numero. Messa a punto negli Stati Uniti 6-7 anni fa, approvata dall'agenzia americana del farmaco (Fda) nel 2008, la strumentazione (classificata l'anno scorso dalla Cleveland Clinic tra le 10 apparecchiature più innovative in ambito medico-scientifico) è stata finora utilizzata per «tarare» i possibili esami. In Italia è anche a Padova, Prato, Brescia e Napoli. A Roma è arrivata ma non è ancora operativa. Solo negli Stati Uniti, ma in pochi centri, l'esame del sangue per conoscere l'aggressività del tumore è già entrato nella routine clinica. Presto dovrebbe essere lo stesso in Italia e in Europa. «La rilevazione della presenza delle cellule tumorali circolanti nel sangue — spiega Maria Teresa Sandri — permette una valutazione della prognosi del tumore e offre una fotografia dello stato della malattia, permettendo all'oncologo una gestione terapeutica più mirata ed efficace. Evitando i trattamenti inutili. Da noi questa tecnica è utilizzata da circa quattro anni nell'ambito di diversi protocolli di ricerca clinica». I RISULTATI - I risultati di questi studi saranno illustrati durante lo Ieo day dalla Sandri. In sintesi? «In Istituto abbiamo analizzato circa 300 pazienti con tumore al seno, 50 pazienti con tumore alla prostata e 20 con tumori al colon. I risultati confermano che la presenza e la persistenza di cellule tumorali circolanti in prelievi di sangue eseguiti nel tempo sullo stesso paziente indicano una malattia più aggressiva e più resistente ai farmaci. In America è appena iniziato uno studio in pazienti affette da tumore della mammella metastatico, nelle quali la terapia può venire precocemente variata sulla base della persistenza di cellule tumorali circolanti». Lo Ieo day 2009 è anche compleanno: l'Istituto fondato da Veronesi celebra i 15 anni di attività. Interverranno: il viceministro Ferruccio Fazio, il governatori Roberto Formigoni, l'Assessore regionale alla sanità Luigi Bersani e l'Assessore alla salute del Comune Landi di Chiavenna. Oltre al presidente dello Ieo Carlo Buora e all'amministratore delegato Carlo Ciani. Umberto Veronesi, padrone di casa, festeggerà il suo Ieo raccontando i «15 anni di ricerca e cura», le scoperte fatte e le prospettive future. Infine l'annuncio della «Scuola di chirurgia robotica», diretta da Bernardo Rocco. (fonte: ilcorriere.it)

Tumori del seno: alcuni antidepressivi possono intralciare la terapia 14/06/2009 12:13
Alcuni fra i farmaci più usati contro depressione e «vampate» rischiano di diventare un boomerang per le donne che, dopo aver rimosso con successo un carcinoma mammario, seguono una cura antiricaduta con tamoxifene. Dal meeting annuale dell’American society of clinical oncology (Asco), il più importante appuntamento mondiale per l’oncologia clinica, arriva la conferma che i certi casi il mix di farmaci porta a un rischio di recidive quasi raddoppiato. SORVEGLIATI SPECIALI – Gli antidepressivi in questione sono medicinali piuttosto diffusi, appartenenti alla famiglia degli Ssri (selective serotonine reuptake inhibitors), che agiscono sui meccanismi di attivazione della serotonina. Comprendono molecole come la fluoxetina, la paroxetina e la sertralina . Da tempo la loro interazione con il tamoxifene era tenuta d’occhio dagli esperti, ma senza che ci fossero prove delle eventuali conseguenze per le pazienti. LO STUDIO – I ricercatori dell’Indiana University hanno seguito 1.300 donne per due anni, dal momento in cui hanno iniziato a prendere il tamoxifene in avanti. La terapia viene prescritta alle donne operate per tumore del seno per abbattere il rischio che la malattia si ripresenti. Ma le percentuali di successo si sono rivelate più basse della media fra le donne che assumevano anche una classe particolare di Ssri, diretti contro un microenzima chiamato CYP2D6. Per loro, il tasso di recidiva nell’arco dei due anni è stato del 16 per cento, contro il 7,5 di chi prendeva solo tamoxifene. Nessuna differenza, invece, per le pazienti in cura con antidepressivi che non agiscono su CYP2D6, come citalopram, escitalopram o fluvoxamina. UNA DONNA SU TRE - «Questi dati sono importanti perché parliamo di terapie diffuse e di malattie diffuse. Se ben utilizzate, le cure possono aiutare molto le pazienti» commenta Paolo Pronzato, direttore dell’oncologia medica dell’Istituto nazionale per la ricerca sul cancro di Genova. Negli Stati Uniti, circa il 30 per cento delle donne in cura ormonale dopo un cancro al seno prende antidepressivi. «In Italia ci sono 500mila donne che hanno avuto una diagnosi di tumore della mammella. Hanno attraversato momenti difficili e possono avere segni di depressione, che va curata a dovere». AFFIDARSI AL MEDICO – E non c’è solo la depressione. «Gli Ssri portano anche un beneficio contro alcuni sintomi tipici della terapia ormonale, come le vampate – prosegue Pronzato - . Inutile e fuorviante, quindi, demonizzare i farmaci, che vanno piuttosto gestiti al meglio per ogni singola paziente. Se è il caso, si possono scegliere alternative al tamoxifen (come gli inibitori dell’aromatasi) e ai Ssri che agiscono sulla proteina incriminata». Ecco perché è fondamentale che la mano destra sappia cosa fa la sinistro, ovvero che oncologo, medico di famiglia e psichiatra lavorino sempre in squadra, evitando di prescrivere farmaci senza conoscere le terapie concomitanti o tenerne conto. (fonte: ilcorriere.it)

Scoperta una possibilità di fermare il cancro al cervello 14/06/2009 12:12
Scienziati britannici hanno scoperto un possibile modo per fermare la diffusione del cancro nel cervello. Lo studio, condotto da ricercatori dell'Università di Oxford, grazie a un finanziamento del Cancer Research UK, del Medical Research Council e del National Institutes of Health, ha voluto indagare su come esattamente si sviluppa e cresce il cancro. Dalle analisi condotte hanno potuto constatare che il tumore alimenta se stesso dirottando letteralmente i vasi sanguigni per ottenere il nutrimento necessario per crescere. In questo modo i ricercatori, guidati dal dr. Shawn Carbonell, hanno scoperto che le cellule del cancro metastatico iniziano a crescere sulle pareti dei vasi sanguigni nel cervello in oltre il 95% dei casi, e non sulle cellule nervose come si pensava. La "chiave" di tutto questo, secondo gli scienziati, potrebbe essere una proteina detta Integrina che consentirebbe alle cellule tumorali di aderire ai vasi sanguigni. Da questa importante scoperta i ricercatori ora pensano che si potrebbe provare a intervenire con i farmaci per attaccare questa proteina in modo che le cellule cancerogene non possano alimentarsi e moltiplicarsi. (fonte: lastampa.it)

Tumore al pancreas, 30 minuti per rimuoverlo 14/06/2009 12:11
Bastano solo 30 minuti, tre sedute da 10 minuti l'una, per rimuovere il tumore al pancreas. Grazie ad una tecnica poco invasiva, presso il Policlinico San Matteo di Pavia, in un'anziana paziente si è riusciti a distruggere un tumore al pancreas in mezz'ora. La notizia del buon esito di questa nuova tecnica sperimentale è stata data in questi giorni (Giugno 2009). Il professor Sandro Rossi, medico che ha eseguito l'intervento e direttore della Struttura di medicina VI ed ecografia interventistica, spiega che per la prima volta si è operato un tumore al pancreas per via percutanea (una tecnica chirurgica a basso impatto sul paziente conosciuta anche come tecnica mininvasiva). L'esperto spiega che si è applicato un trattamento di termoablazione per via percutanea, una tecnica che fino a questo momento era stata applicata solo a tumori del polmone e dei reni. Aiutati da un'ecografia si inserisce nel tumore un elettrodo attraverso il quale si emanano onde ad alta frequenza che bruciano letteralmente il tessuto tumorale. La procedura standard prevede l'asportazione chirurgica della testa del pancreas. Con le tecniche tradizionali, nel periodo immediatamente precedente e in quello successivo all'intervento, la mortalità è di circa il 10 per cento e i tempi di degenza sono piuttosto lunghi. Nel caso della paziente in questione sono invece bastate tre sedute in anestesia locale. Il tumore asportato aveva raggiunto la dimensione di 2 centimetri e già nel corso della prima applicazione è stata distrutta il 90 per cento della massa malata. Il tumore al pancreas è uno dei più aggressivi che si conoscano. Se non curato in tempo non lascia nessuno scampo all'individuo colpito (la sopravvivenza dopo 5 anni è vicina a zero). Il professor Sandro Rossi spiega che non tutte le forme di tumore al pancreas possono essere curate con questa tecnica, la paziente è stata fortunata perché era affetta da un tipo di tumore che non dà facilmente metastasi, contrariamente a quanto accade di solito. In certi casi il rischio che frammenti del tumore si stacchino e si reinstallino in altre parti del corpo è troppo alto. Lo staff del professor Rossi adopera già da tempo delle tecniche innovative, negli ultimi 7 anni ha trattato con tecniche mini-invasive oltre mille pazienti affetti da tumore epatico di cui circa due terzi con tumore primitivo (carcinoma epatocellulare) ed un terzo con metastasi epatiche da carcinoma del colon. (fonte: universonline.it)

Da un nuovo farmaco le speranze per la cura del melanoma 14/06/2009 12:10
Il melanoma fa meno paura: un gruppo di ricercatori che lavora per la Roche è riuscito a mettere a punto un farmaco che aggredisce questo letale tumore della pelle nella sua forma più avanzata, spesso incurabile. Il farmaco, ancora in fase sperimentale, è stato ribattezzato PLX4032 (R7204) e potrebbe allungare la vita di molti pazienti affetti dal melanoma, ritardando la diffusione e la progressione della malattia, come emerso dai dati di un primo trial presentati dalla Roche e dal suo partner in questa ricerca, la Plexxikon, all’incontro dell’American Society of Clinical Oncology in Florida, negli Stati Uniti. Il PLX4032 funziona scovando e distruggendo le cellule tumorali portatrici della mutazione BRAF presente nel 60% dei melanomi maligni. Questo non solo aiuta a ridurre il tumore ma ritarda la sua diffusione. Attualmente solo il 5% dei pazienti il cui tumore si è diffuso in altre aree del corpo sopravvive più di due anni. Lo studio di fase I ha coinvolto 16 pazienti con melanoma BRAF-positivo e in più della metà l’estensione del tumore si è ridotta di almeno il 30%. Grazie al PLX4032 i pazienti sono vissuti per sei mesi senza che la malattia progredisse e in più della metà il tumore si è notevolmente ridotto. La Roche e la Plexxikon stanno ora progettando dei trial più vasti per studiare la sicurezza del farmaco e individuare il dosaggio più efficace. Gli esperti hanno ricordato che il melanoma è più facile da curare se diagnosticato tempestivamente. Per questo, è bene controllare i nei e riferire al medico ogni eventuale anomalia (modifica nella forma, dimensione, colore di un neo). Inoltre, occorre evitare un’eccessiva esposizione ai raggi ultravioletti: il sole è il fattore di rischio principale - e facilmente evitabile - perchè causa cambiamenti genetici nella pelle. (fonte: quotidiano.net)

Sconfitta la «triplice resistenza» dei tumori al seno 09/06/2009 15:09
Sono la bestia nera degli oncologi, ma stanno per essere domati: parliamo dei tumori al seno «triplo-negativi», così chiamati perché non hanno i tre classici bersagli che possono essere colpiti dai farmaci. E cioè: i recettori per gli ormoni estrogeni e progestinici e il recettore Her 2 (quello contro cui sono diretti i nuovi farmaci intelligenti). Questa loro triplice resistenza li rende particolarmente difficili da controllare e l’unica soluzione di terapia sono i classici chemioterapici. Almeno finora. Ma una nuova categoria di composti, diversa da tutte le altre, e presentata con una serie di studi a Orlando in occasione del meeting annuale degli oncologi americani (Asco), sembra davvero promettente: si chiamanoParp-inibitori (la sigla Parp indica un enzima che ripara i danni del Dna). L’EREDITARIETÀ - «Questi tumori – spiega Luca Gianni dell’Istituto Tumori di Milano – crescono rapidamente, sono aggressivi e non danno grandi speranze di sopravvivenza. Non sono frequentissimi, ma rappresentano pur sempre un quindici per cento di tutti i tumori alla mammella». I tumori triplo-negativi comprendono anche una quota di forme familiari, quelle che si ereditano e che sono legate alla mutazione dei geni Brca1 e 2 (geni che interferiscono con la capacità di riparazione del Dna delle cellule tumorali). «Se le cellule del tumore - spiega Gianni – acquisiscono la capacità di “autoripararsi” diventano anche resistenti ai chemioterapici: questi ultimi, infatti, funzionano proprio perché danneggiano il Dna della cellula e ne provocano la morte». Una volta individuato l’enzima-chiave di questi processi riparativi, appunto il Parp, i ricercatori hanno potuto costruire farmaci diretti contro il nuovo bersaglio: i Parp-inibitori, capaci di bloccare l’enzima e, quindi, la crescita del tumore. I RISULTATI - «I Parp inibitori – continua Gianni – funzionano se associati ai vecchi chemioterapici, come il cisplatino o la ciclofosfamide: bloccando i meccanismi di riparazione del Dna, danno il via libera all’azione tossica di questi ultimi». All’Asco sono stati presentati i risultati di due studi con questi nuovi farmaci (ce ne sono cinque o sei in sperimentazione) in diverse combinazioni. Il primo condotto dal Bayor-Charles A. Sammons Cancer Center di Dallas, il secondo dal Kings College di Londra. Entrambi hanno dimostrato una maggiore sopravvivenza nelle donne trattate con il farmaco rispetto a quelle in chemioterapia soltanto (sopravvivenza che gli oncologi hanno definito «rilevante da un punto di vista clinico»: in qualche caso ha superato i sei mesi) e una riduzione delle dimensioni del tumore. CANCRO ALL’OVAIO - «I risultati – ha commentato Andrew Tutt del Kings College – sono incoraggianti, ma andranno verificati con altri studi su un numero più grande di pazienti». Un altro piccolissimo studio ha dimostrato che uno di questi farmaci, sempre appartenenti alla categoria dei Parp-inibitori, funziona anche in certe forme di cancro all’ovaio dove è presente un’alterazione dei geni Brca. (fonte: corriere.it)

Il te' verde per trattare una forma incurabile di leucemia 09/06/2009 15:06
Un composto chimico presente nel te verde sembra in grado di ridurre il numero dei globuli bianchi in una forma incurabile di leucemia: è quanto sostiene uno studio condotto presso la Mayo Clinic di Rochester in Minnesota e pubblicato sulla rivista Journal of Clinical Oncology. I ricercatori, visionando altri studi che avevavo già evidenziato l'utilità del te verde in queste forme tumorali e in particolare l'utilità di una molecvola chiamata epigallocatechina, EGCG, hanno somministrato a 33 pazienti affetti da una forma incurabile di leucemia, ai primi stadi e senza sintomi, capsule contenenti da 400 a 2000 mg di EGCG. Anche usando un dosaggio di EGCG molto elevato gli effetti collaterali sono stati minimi. Più alta è stata la dose di EGCG somministrata migliore è stata la risposta biologica con una significativa riduzione nella conta dei globuli bianchi soprattutto nei pazienti che hanno ricevuto EGCG ad una dose compresa fra 1200 e 2000 mg. Dai primi studi, quindi, sembra che una tempestiva somministrazione di EGCG a dosi elevate nelle primissime fasi della malattia possa stabilizzare la malattia stessa. (fonte: sanihelp.it)

Il super test del sangue per i tumori 09/06/2009 15:06
Da un campione di sangue si può conoscere l'aggressività di un tumore. In base alle cellule «malate» presenti: per il tumore al seno e per quello alla prostata il numero è 5, per il colon è 3. Che cosa significa? Nel cancro al seno, per esempio: se le cellule tumorali circolanti nel sangue sono da zero a 4 non è aggressivo, se sono 5 o più allora lo è. Finora il termine «aggressivo» era statistico. Di facile comprensione per i pazienti, ma non misurabile. Oggi, grazie a una macchina «leggi sangue», diventa misurabile scientificamente. Gli studi, in vari centri del mondo, stanno individuando il numero magico per ogni tumore. Non solo. Un domani si potranno individuare le cellule staminali del tumore: «insensibili» alle cure e capaci, se presenti, di innescare metastasi e di far «riapparire» il male anche quando sembra sconfitto. Questo è il tema di Pier Giuseppe Pelicci nello Ieo day 2009 di lunedì 8 giugno, «vetrina» dell'Istituto milanese guidato da Umberto Veronesi. I dati sulle cellule tumorali circolanti nel sangue sono uno dei «fiori all'occhiello» dell'Istituto europeo di oncologia di via Ripamonti. Ne parlerà Maria Teresa Sandri, direttore della Medicina di laboratorio, che allo Ieo day annuncerà anche la ricerca appena avviata per caratterizzare, con questo esame del sangue, le cellule tumorali isolate e «vedere» se esprimono determinati «agganci» di superficie (recettori) bersaglio dei farmaci intelligenti. La cura mirata, «personalizzata», di cui si è parlato all'Asco (il congresso degli oncologi americani) di Orlando, avrà in questo esame di laboratorio il miglior complice. LA «MACCHINA» - Il campione di sangue prelevato dal paziente si affida alla nuova macchina che in tre ore e mezza, grazie ad appositi reagenti, seleziona le cellule tumorali poi esaminate al microscopio a fluorescenza: si vede se sono tumorali, quante sono, se sono morte o vive. Le morte non fanno numero. Messa a punto negli Stati Uniti 6-7 anni fa, approvata dall'agenzia americana del farmaco (Fda) nel 2008, la strumentazione (classificata l'anno scorso dalla Cleveland Clinic tra le 10 apparecchiature più innovative in ambito medico-scientifico) è stata finora utilizzata per «tarare» i possibili esami. In Italia è anche a Padova, Prato, Brescia e Napoli. A Roma è arrivata ma non è ancora operativa. Solo negli Stati Uniti, ma in pochi centri, l'esame del sangue per conoscere l'aggressività del tumore è già entrato nella routine clinica. Presto dovrebbe essere lo stesso in Italia e in Europa. «La rilevazione della presenza delle cellule tumorali circolanti nel sangue — spiega Maria Teresa Sandri — permette una valutazione della prognosi del tumore e offre una fotografia dello stato della malattia, permettendo all'oncologo una gestione terapeutica più mirata ed efficace. Evitando i trattamenti inutili. Da noi questa tecnica è utilizzata da circa quattro anni nell'ambito di diversi protocolli di ricerca clinica». I RISULTATI - I risultati di questi studi saranno illustrati durante lo Ieo day dalla Sandri. In sintesi? «In Istituto abbiamo analizzato circa 300 pazienti con tumore al seno, 50 pazienti con tumore alla prostata e 20 con tumori al colon. I risultati confermano che la presenza e la persistenza di cellule tumorali circolanti in prelievi di sangue eseguiti nel tempo sullo stesso paziente indicano una malattia più aggressiva e più resistente ai farmaci. In America è appena iniziato uno studio in pazienti affette da tumore della mammella metastatico, nelle quali la terapia può venire precocemente variata sulla base della persistenza di cellule tumorali circolanti». Lo Ieo day 2009 è anche compleanno: l'Istituto fondato da Veronesi celebra i 15 anni di attività. Interverranno: il viceministro Ferruccio Fazio, il governatori Roberto Formigoni, l'Assessore regionale alla sanità Luigi Bersani e l'Assessore alla salute del Comune Landi di Chiavenna. Oltre al presidente dello Ieo Carlo Buora e all'amministratore delegato Carlo Ciani. Umberto Veronesi, padrone di casa, festeggerà il suo Ieo raccontando i «15 anni di ricerca e cura», le scoperte fatte e le prospettive future. Infine l'annuncio della «Scuola di chirurgia robotica», diretta da Bernardo Rocco. (fonte: ilcorriere.it)

Da un nuovo farmaco le speranze per la cura del melanoma 09/06/2009 15:05
Il melanoma fa meno paura: un gruppo di ricercatori che lavora per la Roche è riuscito a mettere a punto un farmaco che aggredisce questo letale tumore della pelle nella sua forma più avanzata, spesso incurabile. Il farmaco, ancora in fase sperimentale, è stato ribattezzato PLX4032 (R7204) e potrebbe allungare la vita di molti pazienti affetti dal melanoma, ritardando la diffusione e la progressione della malattia, come emerso dai dati di un primo trial presentati dalla Roche e dal suo partner in questa ricerca, la Plexxikon, all’incontro dell’American Society of Clinical Oncology in Florida, negli Stati Uniti. Il PLX4032 funziona scovando e distruggendo le cellule tumorali portatrici della mutazione BRAF presente nel 60% dei melanomi maligni. Questo non solo aiuta a ridurre il tumore ma ritarda la sua diffusione. Attualmente solo il 5% dei pazienti il cui tumore si è diffuso in altre aree del corpo sopravvive più di due anni. Lo studio di fase I ha coinvolto 16 pazienti con melanoma BRAF-positivo e in più della metà l’estensione del tumore si è ridotta di almeno il 30%. Grazie al PLX4032 i pazienti sono vissuti per sei mesi senza che la malattia progredisse e in più della metà il tumore si è notevolmente ridotto. La Roche e la Plexxikon stanno ora progettando dei trial più vasti per studiare la sicurezza del farmaco e individuare il dosaggio più efficace. Gli esperti hanno ricordato che il melanoma è più facile da curare se diagnosticato tempestivamente. Per questo, è bene controllare i nei e riferire al medico ogni eventuale anomalia (modifica nella forma, dimensione, colore di un neo). Inoltre, occorre evitare un’eccessiva esposizione ai raggi ultravioletti: il sole è il fattore di rischio principale - e facilmente evitabile - perchè causa cambiamenti genetici nella pelle. (fonte: ilquotidiano.net)

Oggi giornata mondiale senza tabacco 31/05/2009 13:45
"Attenzione agli effetti dannosi del fumo". Si celebra oggi la Giornata mondiale senza tabacco, e l'Oms ha scelto come tema per quest'anno proprio le "Tobacco health warnings", le avvertenze sanitarie sul tabacco, ritenute le piu' efficaci per contrastare l'epidemia globale di tabagismo. Non solo le classiche scritte, ma anche immagini eloquenti. La convenzione quadro per il controllo del tabacco, infatti, obbliga piu' di 160 stati membri a introdurre le avvertenze sanitarie sui danni da fumo sui pacchetti di tabacco e sugli imballaggi esterni, raccomandando che le avvertenze contengano figure. Anche in Italia e' allarme per la crescita del numero dei fumatori, per la prima volta dopo sei anni, e per la diminuzione dell'eta' media della prima sigaretta, scesa a 16 anni. Se fino allo scorso anno si assisteva ad un declino costante, seppur lieve, dei fumatori quest'anno il rapporto Iss sul fumo registra un aumento di 3,4 punti percentuali. In entrambi i sessi, ma piu' marcatamente in quello femminile. Aumento a cui corrisponde una diminuzione degli ex fumatori, passati dal 18,4 del 2008 al 14,6% del 2009. Non si registra, invece, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, un incremento delle vendite di tabacco, che anzi sono calate nel 2008 dello 0,9%. Rimane stabile, infine, il numero medio di sigarette fumate quotidianamente: 14. Attualmente fuma il 25,4% delle persone di 15 anni e piu' corrispondenti a circa 13 milioni di cittadini italiani (7,1 milioni di uomini e 5,9 milioni di donne), i non fumatori sono il 60% e gli ex fumatori il 14,6%, pari rispettivamente a 30,7 milioni di italiani e 7,5 milioni di italiani. La fascia d'eta' in cui si registra la prevalenza maggiore di fumatori e' quella dei 25-44 anni, 32,1%, mentre per i giovani di 15-24 anni la percentuale di fumatori e' della stessa entita' di quella degli adulti di 45-64 anni, rispettivamente 29% e 29,3%. I giovani fumatori di 15-24 anni, in particolare, sono piu' di un milione e 700 mila e la percentuale e' cresciuta dal 24 per cento del 2008 al 29 (+5 punti percentuali). A far registrare l'incremento maggiore sono le ragazze, passate dal 17,5 al 23,8 per cento (+6,3 punti percentuali), mentre i ragazzi sono aumentati dal 30,3 al 34 per cento (+3,7 punti percentuali). L'eta' media di 'iniziazione' e' a 18 anni, ma con il passare del tempo si sta abbassando notevolmente: se i fumatori di oltre 65 anni dichiarano di aver cominciato a 20 anni, oggi sempre piu' giovani iniziano a 16 anni, molti anche prima.Oggi come 50 anni fa la motivazione che spinge il giovane ad incominciare a fumare e' legata all'influenza degli amici, oltre il 60 per cento di giovani ed adulti hanno dichiarato che cominciano a fumare in occasioni di feste o con i compagni di scuola. Sono uguali anche la frequenza di consumo: il 90 per cento di fumatori, sia giovani che adulti, fumano tutti i giorni. L'unica differenza si registra tra le ragazze fumatrici, dove il 18,2 per cento dichiara di fumare occasionalmente o nel fine settimana, mentre i propri coetanei che fumano saltuariamente sono solo il 5 per cento. Anche il tipo di prodotto scelto dai giovani e' lo stesso degli adulti. Il numero medio di sigarette fumate al giorno non e' significativamente diverso da quello dei grandi (10 contro 14) e i ragazzi spendono quasi la stessa cifra, con una differenza minima di 3 euro. E la prima sigaretta viene accesa assai presto: se si confrontano i dati con una delle principali domande del test di Fagerstrom (test utilizzato per valutare il grado di dipendenza dalla nicotina) si osserva che i giovani come gli adulti (oltre l'88 per cento) accendono la prima 'bionda' poche ore dopo il risveglio. (fonte: agi.it)

Tumori al polmone, due nuove molecole frenano la malattia 31/05/2009 13:44
Il tumore ai polmoni è il primo della lista nei paesi occidentali per mortalità: sono 1,5 milioni i nuovi casi che ogni anno si contano nel mondo e 35.000 solo in Italia, con un alto tasso di mortalità (3.000 morti al giorno complessivamente nel mondo). Due molecole però danno nuove speranze nella terapia. Sono le bevacizumab e erlotinib: hanno dimostrato di aumentare la sopravvivenza dei pazienti bloccando, appunto, l'avanzare della malattia. La novità arriva da due studi presentati al Congresso della Società americana di oncologia clinica (Asco) in corso a Orlando. Il primo è lo studio Atlas di fase III: ha evidenziato che i pazienti con tumore al polmone avanzato non a piccole cellule (l'85% di tutti i cancri al polmone; una forma molto aggressiva, tanto che meno del 5% dei malati sopravvive dopo 5 anni) se sottoposti ad una terapia di mantenimento “combinata” con le due molecole, registrano un aumento del 39% del tempo di sopravvivenza senza progressione della malattia. L'efficacia di Erlotinib è dimostrata anche da un altro studio di fase III, Saturn. I risultati dei due studi, ha rilevato Federico Cappuzzo dell'Istituto clinico Humanitas Irccs di Milano e principale coordinatore dello studio Saturn, «sono molto importanti, poichè l'allungamento del tempo che il paziente vive senza progressione della malattia è un obiettivo chiave per il trattamento di questo tumore. Inoltre - ha aggiunto - si evitano gli effetti collaterali della chemioterapia e migliora la qualità di vita del malato». Test per chemioterapia. Ma oltre alle molecole frena-cancro, sono pronti anche nuovi esami per finalizzare i trattamenti: è il caso del test, sempre presentato all'Asco, per identificare (a seconda della presenza di una particolare proteina nell'organismo) quali pazienti risponderanno meglio alla chemioterapia. E se le terapie fanno passi avanti, la prevenzione resta fondamentale. Gli oncologi lo ricordano alla vigilia della Giornata mondiale senza tabacco, che si celebra domani 31 maggio. Proprio il fumo da sigaretta, ribadiscono, è la causa dell'insorgenza del tumore al polmone in 9 casi su 10. Un uomo che fuma, infatti, ha 23 volte maggiore probabilità di ammalarsi di tale patologia, mentre per la donna il pericolo è 13 volte maggiore. E se in Italia si registra un calo della mortalità maschile (-2,6%), sale quella femminile (+1%) per la maggiore abitudine al fumo tra le donne (il 30% di nuovi casi di cancro al polmone ogni anno riguarda proprio le donne). Per correre ai ripari, però, non è mai troppo tardi: se un tabagista smette di fumare, avvertono gli oncologi, il rischio di sviluppare il tumore al polmone si riduce progressivamente, fino a diventare, dopo 10-15 anni, pari a quello di chi non ha mai fumato. (fonte: lastampa.it)

Vaccino contro il melanoma : risultati promettenti 31/05/2009 13:43
Risultati positivi e promettenti contro il melanoma. Così è definito il vaccino presentato oggi al Congresso dell'ASCO (American Society of Clinical Oncology), che raduna a Orlando in Florida oltre 30mila specialisti da tutto il mondo. Il vaccino, infatti, blocca la crescita delle cellule malate, regalando circa 5 mesi di sopravvivenza in più dei malati. Agisce come la 'benzina' di un caccia bombardiere, che sorvola il territorio e individua le zone migliori dove sferrare l'attacco. Il vaccino infatti "attiva le cellule T citotossiche dell'organismo, che controllano la risposta immunitaria, le quali iniziano a cercare i punti giusti a livello della membrana, per minare le cellule tumorali, causandone la distruzione", spiega Patrick Hwu, Direttore del Dipartimento di Oncologia Medica e Melanoma all'A. D. Anderson - Università del Texas. "Siamo davanti a risultati molto incoraggianti - prosegue Douglas Schwartzenruber, Responsabile dello studio e Direttore medico al Centro dei Tumori del Goshen Health System in Indiana - si tratta di un vaccino contro la forma metastatica ed è costituito da una parte di proteina presente sulle cellule del melanoma, che gli permette di agire in maniera mirata". I pazienti coinvolti nello studio sono stati suddivisi in due gruppi: i risultati migliori sono stati ottenuti nei malati che hanno assunto il vaccino con l'interleuchina 2 (IL-2) rispetto alla sola IL-2, che rappresenta la terapia standard del melanoma avanzato. "Questi risultati sono un importante tassello sulla via della ricerca di una efficace cura del melanoma. Speriamo di avere ulteriori riscontri a breve", commenta Patrizio Mulas, presidente dell'Associazione dermatologi ospedalieri italiani (Adoi), che a fine giugno promuove il 'Melanoma Day' sotto l'Alto Patronato della Presidenza della Repubblica, proprio per informare e sensibilizzare l'opinione pubblica sull'importanza della prevenzione. L'incidenza di melanoma è cresciuta nel mondo a un ritmo superiore a qualsiasi altro tumore (eccetto il cancro al polmone nelle donne), con 132 mila nuovi casi l'anno. "La maggiore incidenza - sottolinea Paolo Ascierto, direttore dell'Unità di oncologia medica dell'Istituto Pascale di Napoli - si registra in Australia, Nord America ed Europa, e in Italia si stimano circa 6 mila nuovi casi ogni anno: 3.143 tra gli uomini e 2.851 tra le donne''. In oltre il 50% dei casi, poi, questo killer viene diagnosticato in giovani e adulti sotto i 59 anni. Al congresso di Orlando Ascierto presenta i risultati di uno studio di fase II su 'ipilimumab', una molecola con un meccanismo d'azione ''rivoluzionario, che agisce a livello delle cellule del sistema immunitario, rimuovendo i 'blocchi' che impediscono la risposta antitumorale dell'organismo, migliorando la sopravvivenza media". (fonte: larepubblica.it)

Un virus killer che colpisce solo le cellule cancerose 27/05/2009 10:57
Un virus Herpes aggressivo intelligente sfonda le porte dei tumori più maligni del seno e dell’ovaio uccidendo una a una le cellule malate, ma rimanendo assolutamente innocuo per le limitrofe cellule sane: unico nel suo genere, è il risultato di un elegante esperimento di ingegneria genetica messo a punto da ricercatori italiani, che promette di spalancare nuove frontiere di cura contro neoplasie aggressive e anche contro le metastasi al cervello oggi incurabili. Secondo quanto annunciato sulla rivista dell’Accademia americana delle scienze (Pnas), si tratta del primo virus Herpes anti-cancro modificato geneticamente per essere allo stesso tempo innocuo contro i tessuti sani e cattivissimo contro le cellule cancerose delle neoplasie mammarie e ovariche, che ogni colpiscono in Italia 42mila persone e ne uccidono oltre 10mila. COLPISCE SOLO IL BERSAGLIO - È stato creato dall’equipe della virologa Gabriella Campadelli-Fiume dell’Università di Bologna. La novità, rispetto a tentativi simili di creare virus da usare come terapie anticancro, è proprio che questo herpes-virus è molto distruttivo solo contro le cellule malate risparmiando totalmente quelle sane, per cui non c'è bisogno di ridurne la virulenza. «Infatti, quando si manipola geneticamente un virus per usarlo come arma contro i tumori - spiega la virologa - di solito lo si indebolisce per renderlo innocuo verso l’organismo cui viene somministrato». Questo, però, finisce spesso col renderlo poco aggressivo anche verso la neoplasia che si intende curare. E questa è una delle ragioni per cui questo tipo di armi anti-cancro non decolla nella pratica clinica. COME FUNZIONA IL VIRUS - «Noi abbiamo invece scelto una strada più sofisticata - aggiunge Campadelli-Fiume. Abbiamo lasciato inalterata la sua virulenza, ma tolto le «chiavi» molecolari con cui il virus entra nelle cellule sane. In pratica, abbiamo introdotto un anticorpo capace di aprire la «serratura» (recettore) delle cellule dei tumori del seno e dell’ovaio che producono la proteina Her-2». È proprio questa molecola, che riveste in abbondanza le cellule cancerose, a trasformale in bersaglio. Il virus modificato aggredisce queste cellule, l’infezione si autoalimenta, perchè il virus si replica progressivamente fino ad esaurimento delle cellule malate. Eliminata la neoplasia, non trovando più cellule dove insediarsi, il virus è destinato ad estinguersi senza arrecare danni all’organismo. FUNZIONA SULLE CAVIE DA LABORATORIO – L'efficacia del virus è stata misurata sui topi, in test condotti nei laboratori di Dipartimento di patologia sperimentale dell'ateneo nel corso degli ultimi dodici mesi. Il 60 per cento dei topolini trattati è completamente guarito dal tumore, mentre nel restante 40 per cento se ne è inibita significativamente la crescita. Il nuovo virus, che l’ateneo ha già chiesto di brevettare, potrebbe inoltre rivelarsi efficace contro le metastasi cerebrali dei tumori Her-2, che invece i principali farmaci oggi comunemente adottati nella terapie non riescono a raggiungere. Il prossimo passo sarà quindi quello di indagare la possibilità di veicolare il virus attraverso il sistema circolatorio, in modo da intercettare eventuali metastasi tumorali ignote, oltre ovviamente a portare la sperimentazione sull’uomo. (fonte: ilcorriere.it)

Un "nuovo" cereale combatte obesità e cancro 27/05/2009 10:56
È opera di un ricercatore dell’Università dell’Illinois: il dr. Soo-Yeun Lee, professore di scienza dell'alimentazione e della nutrizione. Il "nuovo" cereale a base di soia, a cui avrebbe donato un delizioso aroma di cannella, sarebbe in grado di combattere l’obesità e ridurre il rischio di cancro alla prostata e al seno. La soia, già utilizzata nella preparazione di molti prodotti a base di cereali per la colazione, non era ancora stata usata come base o ingrediente principale. Ora, con questo nuovo prodotto, si può fruire di un alimento bilanciato senza gli elevati contenuti in grassi o zuccheri dei normali cereali da colazione. La soia, infatti, possiede 10 g di proteine e 5 g di fibre per tazza. In questo modo, si può fare una colazione nutriente e che rende sazi fino all’ora di pranzo. Evitando di mangiare fuori pasto, magari ingurgitando poco sani spuntini che favoriscono il sovraccarico proteico e il sovrappeso. Il prof. Lee ricorda che consumare proteine della soia aiuta a ridurre il rischio di tumori al seno e alla prostata, in più riduce il livello di colesterolo nel sangue. Per questo e altri motivi, come la protezione contro l’osteoporosi, è bene introdurre la soia nella propria dieta, in particolare a colazione. Lee e colleghi stanno lavorando per dare al loro supercereale un sapore più adatto ai gusti delle persone comuni, nonostante affermino che quello che già possiede ora – un aroma di cannella – è stato giudicato buono. Una volta trovato il sapore "migliore" il prodotto potrà essere immesso sul mercato. (fonte: lastampa.it)

Tumori: conflitti di interesse per uno studio scientifico su tre 23/05/2009 17:17
In un terzo delle sperimentazioni in oncologia viene dichiarato qualche tipo di conflitto di interesse, soprattutto un coinvolgimento delle aziende farmaceutiche. E’ il calcolo compiuto da una ricerca dell’università del Michigan, apparsa sul numero di giugno della rivista Cancer. LO STUDIO - Su 1.534 pubblicazioni scientifiche esaminate (tutte tratte da otto fra le maggiori riviste del settore), il 17 per cento dichiara un finanziamento da parte dell’industria e il 12 per cento la presenza di almeno un autore con qualche incarico presso imprese farmaceutiche. E con quale effetto? In generale, hanno concluso gli autori, gli studi che dichiarano conflitti di interesse hanno la tendenza a ottenere risultati più positivi rispetto alla media. RICERCA ALLO SPECCHIO - «E’ da tempo che scienza indaga su se stessa e le conclusioni del gruppo di lavoro americano non sono una novità», sottolinea Silvio Garattini, direttore dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri di Milano: «Altri studi hanno evidenziato che le ricerche con un conflitto di interesse presentano dati più favorevoli». Così, fra gli altri, un’indagine apparsa su Cancer nel 2007 sugli studi per il cancro al seno che ha registrato un 84 per cento di esiti positivi per le sperimentazioni che avevano un coinvolgimento delle case farmaceutiche contro il 54 per cento di quelle che non l’avevano. E non solo in oncologia: un confronto di 124 metanalisi su farmaci contro l’ipertensione, apparso sul British Medical Journal nel 2008, ha evidenziato che anche se i risultati effettivamente positivi riguardavano poco più della metà degli studi, oltre il 90 per cento degli articoli riportava conclusioni comunque positive. IL BICCHIERE MEZZO PIENO - «Non c’è bisogno di grandi imbrogli – spiega Garattini – bastano piccole distorsioni, dire che un farmaco è molto meglio di un altro, anche se la differenza è lieve, oppure dire che un certo prodotto consente un notevole aumento della durata di vita, quando poi si va a vedere e magari si parla di un mese o poco più. Inoltre, spesso nella ricerca sponsorizzata si pubblicano solo gli studi con esiti favorevoli all’azienda e quelli con risultati negativi non escono neppure. Così - conclude il farmacologo – diventa molto difficile capire come vanno realmente le cose». RICERCA INDIPENDENTE «CANE DA GUARDIA» - E allora, c’è da chiedersi, non bisogna credere agli studi sponsorizzati dall’industria? «No, certamente non è così – risponde Garattini -. Significa piuttosto che bisogna essere molto più critici nei confronti di questi studi e, al tempo stesso, cercare di potenziare la ricerca indipendente, come sta facendo adesso l’Aifa, l’Agenzia italiana del farmaco, con un programma apposito». Già. Ma una ricerca che non ha bisogno dell’industria non è un’utopia? «Sì, un po’ sì. Ma bisogna cercare di avvicinarsi all’utopia. Se ad esempio per ogni nuovo farmaco invece di avere solo il rapporto dell’industria farmaceutica fosse obbligatorio abbinare anche uno studio indipendente, le cose sarebbero molto più equilibrate» suggerisce Silvio Garattini. «DIFENDERE ETICA E LIBERTÀ» - Umberto Veronesi commenta con un occhio preoccupato all’Italia: «Viviamo in un Paese in cui la percentuale del Pil dedicata alla ricerca scientifica - tutta le ricerca , non solo oncologica e non solo biomedica - non raggiunge neppure l’un per cento. Qui sta il cuore del problema, che da economico diventa anche culturale e sociale: manca cultura d’innovazione e manca capacità di attrarre menti e capitali. Ovvio che in questa situazione l’industria farmaceutica ha un ruolo imprescindibile, che non va demonizzato. Tuttavia l’eticità e la libertà della ricerca va difesa a tutto campo. Ci sono tanti modi per esercitare un’influenza , oltre agli studi. Per esempio le sponsorizzazioni dei medici per la partecipazione ai convegni, che sono comunque un sottile invito ad una scelta a favore di un farmaco o un prodotto, piuttosto che un altro. All’Istituto Europeo di Oncologia (del quale Veronesi è direttore scientifico, ndr)nessun medico può partecipare ad un incontro a spese di un’azienda, ma ogni viaggio è a carico dell’istituto che valuta e autorizza in base al valore scientifico». «L’INDUSTRIA? NON E’ IL NEMICO» - «Non c’è dubbio che le aziende giocano un ruolo fondamentale, poiché non ci sono istituzioni pubbliche che producono farmaci» commenta Francesco Boccardo, oncologo, direttore del Dipartimento di oncologia, biologia e genetica dell’università di Genova e presidente Aiom (Associazione italiana di oncologia medica) . «Magari – prosegue - producono dei brevetti (sempre meno, purtroppo), ma poi non sono in grado di produrre il farmaco. Anche i centri che fanno ricerca indipendente hanno bisogno dei farmaci e li chiedono alle aziende produttrici». Questo comunque non significa che la ricerca perda di credibilità, aggiunge Boccardo: «I sistemi di verifica ci sono. L’Italia è il Paese dei comitati etici, sono più di 250 – spiega l’oncologo -. Spetta a loro vigilare e chiedersi, per ogni fase della sperimentazione, ‘ma il paziente cosa ci guadagna?’. Inoltre gli studi più importanti sono in genere multicentrici, coinvolgono cioè più istituti in vari Paesi. E più comitati etici. L’Italia però è anche il Paese che investe poco in ricerca e se avessimo più risorse potremmo forse svincolarci in parte, non certo dall’industria farmaceutica, perché sarebbe un controsenso, ma piuttosto dai suoi obiettivi». (fonte: ilcorriere.it)

Trovati i geni che scandiscono le età della donna, dal menarca alla menopausa 18/05/2009 15:32
Spuntano i seni, si disegnano le forme, ed arriva il primo ciclo mestruale coi suoi fastidi e il suo messaggio: “sei diventata donna”. L'età in cui inizia la vita riproduttiva di una donna non è casuale ma, almeno in parte, è scritta nel Dna e adesso ben cinque distinti lavori, pubblicati tutti sulla rivista Nature Genetics della prossima settimana, hanno ricostruito la mappa dei geni che scandiscono l'età del menarca e quella della menopausa. A scoprirli sono stati i guru della genetica del centro deCODE genetics in Islanda diretti da Kari Stefansson, che hanno ricollegato alcune sequenze sul cromosoma sei alla variabilità individuale di alcuni mesi nell'età del menarca; indipendentemente, esperti del britannico Medical Research Council (MRC) Epidemiology Unit di Cambridge, hanno scoperto sempre sul cromosoma 6 un gene, LIN28B, importante per l'ingresso nella pubertà. E un altro lavoro, svolto invece presso l'istituto olandese Erasmo da Rotterdam, ha trovato i geni che segnano l'età della menopausa. L'età del menarca è ampiamente variabile e dipende da molti fattori, tra cui alcuni ambientali come l'alimentazione o anche il regime di attività fisica svolto. Ma dipende anche da fattori genetici, e precedenti studi su gemelle avevano permesso di stimare che dal 44 al 95% della variabilità individuale nell'età del menarca è ereditaria. Ciò nondimeno, sequenze genetiche che influenzano il tempo della pubertà finora non erano state rintracciate. Tutti i gruppi di ricerca cui si devono le rispettive pubblicazioni sulla rivista scientifica britannica hanno svolto la propria indagine allo stesso modo: hanno considerato un diverso campione di migliaia di donne ciascuno, e confrontato il Dna delle donne con l'età del menarca e della menopausa. In tutti i casi è emerso il coinvolgimento di sequenze genetiche poste sul cromosoma 6, un'altra sequenza sul cromosoma 9. Sul cromosoma 6 è stato localizzato un gene specifico, LIN28B, i cui differenti alleli (forme diverse in cui può presentarsi lo stesso gene) sono responsabili di una variabilità di circa tre mesi nell'età del menarca. Tutte le sequenze legate all'età del menarca da sole sono responsabili di una variazione piccola di pochi mesi, ma nell'insieme il loro assortimento nel Dna di una bambina fa una differenza sostanziale sull'età in cui le arriva il primo ciclo. Nello studio in cui ci si è occupati anche dell'età della menopausa, sono state isolate sequenze genetiche sui cromosomi 5, 19 e 20 tutte importanti nello scandire il tempo in cui finisce la vita riproduttiva. Si tratta, affermano gli esperti, di una scoperta significativa in quanto l'età del menarca e quella della menopausa sono legate, come è noto da precedenti studi, ad un differente rischio per varie malattie come obesità, diabete, cancro al seno e alle ovaie, osteoporosi. Inoltre, i geni della pubertà trovati sul cromosoma sei in precedenti studi erano stati associati alla variabilità della statura. Tutto quadra, concludono i genetisti: infatti, di solito, le ragazze che hanno presto la prima mestruazione restano più basse di quelle che “si sviluppano” quando sono un po' più grandi, segno che il gene dell'età del menarca segna anche lo stop alla crescita in altezza. (fonte: ilmessaggero.it)

La risposta antitumorale della brostallicina 18/05/2009 15:31
Nell'ambito dell'incontro annuale 2009 dell'American Association for Cancer Research tenutosi a Denver, Colorado, U.S.A. la Systems Medicine LLC (SM) ha presentato i risultati di uno studio, condotto in collaborazione con la divisione Pharmaceutical Genomics del Translational Genomics Research Institute di Scottsdale, Arizona, U.S.A., volto ad identificare i marker genetici che migliorano la risposta antitumorale alla brostallicina, utilizzando l'interferenza dell'RNA (RNAi) e delle routine bioinformatiche. L'obiettivo dello studio è stato identificare i determinanti molecolari della risposta antitumorale della brostallicina, dati che possono guidare lo sviluppo clinico e gli studi su un approccio farmacogenomico integrato. Jack Singer, Chief Medical Officer di CTI, ha dichiarato "Lo studio ha identificato certi gruppi di pazienti che potrebbero avere maggiori probabilità di trarre vantaggio dalla terapia a base di brostallicina ed è stato prezioso nel permetterci di individuare promettenti farmaci. In ultima analisi, riteniamo che questo approccio possa abbreviare i tempi di sviluppo clinico ed aumentarne il tasso di successo, facilitando lo sforzo di offrire il farmaco giusto al paziente giusto". (fonte: molecularlab.it)

Cancro, oggi un paziente su due ce la fa 18/05/2009 15:30
Contro il cancro oggi un paziente su due ce la fa. Il 47 % delle persone che si trovano a combattere con la malattia è vivo dopo 5 anni. I progressi più evidenti nel cancro al seno: ai primi stadi il tasso di sopravvivenza è al 98%. A fare il punto sono gli esperti in occasione del convegno “Per una vita come prima” all'ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar. Un appuntamento giunto alla terza edizione, e che si arricchisce anche di un sito internet (www.perunavitacomeprima.org) in cui sono raccolte le storie di persone che «ce l'hanno fatta». Sopravvivere al tumore, sottolineano gli oncologi, è oggi, per fortuna, la realtà per quasi due milioni di persone nel nostro Paese, ma «poco si sa - avvertono - dei bisogni e delle difficoltà incontrate dopo la malattia». Il cancro della mammella è una fra le neoplasie dove i successi sono più evidenti: se si interviene ai primissimi stadi, la sopravvivenza raggiunge il 98%. In quello del testicolo sfiora il 100%. Di cancro, sottolinea Marco Venturini, a capo dell'Oncologia di Negar, «si parla ormai come di una malattia cronica: ma se i farmaci “a bersaglio” rivestono un grande merito nella diminuzione della mortalità, la prevenzione primaria, in particolare dieta e movimento, gioca un ruolo almeno altrettanto importante». Esistono infatti prove evidenti che l'attività fisica sia protettiva nei confronti dei tumori, in particolare colon e seno: le donne che svolgono regolarmente attività fisica, affermano gli oncologi, presentano una riduzione del rischio relativo di ammalarsi di carcinoma mammario. Non solo: l'attività fisica è importante anche per la qualità di vita durante i trattamenti oncologici. I dati in pazienti che hanno già un tumore della mammella sono altrettanto chiari: l'attività fisica esercita un effetto protettivo sia sull'insorgenza di recidive che nel ridurre la mortalità. E questo effetto si evidenzia soprattutto nelle donne obese o in sovrappeso. (fonte: ilmessaggero.it)

I danni del fumo passivo 18/05/2009 15:29
Chengbo Wang, fisico del Dipartimento di radiologia del Children's Hospital di Philadelphia, negli Stati Uniti, grazie alla collaborazione con i ricercatori che sia occupano di radiologia, ha raccolto immagini di risonanza magnetica di adulti fumatori e non fumatori, e ha presentato i risultati della sua ricerca all'annuale convegno della Radiological Society of North America, svoltosi a Chicago, provando che per la prima volta si è trovata l'evidenza di un danno strutturale microscopico a carico dei polmoni dovuto al fumo di sigaretta passivo. Nello studio sono stati coinvolti 60 adulti di età compresa tra 41 e 79 anni, 45 dei quali non hanno mai fumato. Questi ultimi sono poi stati suddivisi in due gruppi in base alla bassa o all'alta esposizione al fumo passivo, dove con alta esposizione si intendeva quella dei soggetti che hanno vissuto per almeno dieci anni con un fumatore, spesso durante l'infanzia. Il gruppo di controllo era costituito da attuali o ex fumatori. Per sfruttare al meglio la tecnica di imaging si è fatto uso di elio-3 polarizzato, diluito nell'azoto, e fatto in seguito inalare ai volontari. Grazie all'apparecchiatura MRI si è così potuta misurare la diffusione degli atomi di Elio per 1,5 secondi. Nei soggetti esposti al fumo, gli atomi di elio percorrono una distanza maggiore rispetto a i soggetti normali, indicando la presenza di spazi creatisi all'interno degli alveoli. Wang ha spiegato "Abbiamo interpretato questi cambiamenti come primi segni di un danno polmonare ovvero come forme molto lievi di enfisema" e ha poi detto che "Per il nostro studio abbiamo utilizzato un particolare tipo di tecnologia a risonanza magnetica per identificare variazioni strutturali nei polmoni, quasi un terzo dei non fumatori che sono stati esposti a fumo passivo per un lungo periodo di tempo mostrano queste variazioni strutturali. (fonte: molecularlab.it)

Una maggiore densità ossea collegata al cancro alla prostata 05/05/2009 14:41
I ricercatori statunitensi del Johns Hopkins University School of Medicine ritengono che gli uomini con una maggiore densità ossea possano avere più probabilità di sviluppare il cancro alla prostata. I risultati della ricerca sono stati presentati al meeting annuale dell’American Urological Association in concomitanza all’Engineering & Urology Society annual meeting di Chicago in corso dal 25 al 30 aprile 2009. In questo nuovo studio, gli scienziati hanno analizzato i dati relativi alla misurazione della densità ossea di 519 uomini tra il 1973 e il 1984. Dopodiché hanno nuovamente controllato, dati alla mano, se tra questi uomini ci fossero stati casi di diagnosi di cancro alla prostata. Il team guidato dal dr. Stacy Loeb ha così potuto constatare che 76 dei 519 uomini avevano sviluppato il tumore alla prostata e tutti questi hanno mostrato di avere una densità ossea che è rimasta praticamente alta anche con l’avanzare dell’età, rispetto invece a quelli che non hanno maturato il cancro. I ricercatori ammettono che le ragioni per cui accade questo non sono chiare, ma che i fattori di crescita delle ossa potrebbero contribuire allo sviluppo del cancro. In più, fa notare il team di scienziati, la densità ossea può riflettere i livelli degli ormoni sessuali maschili che possono anch’essi influenzare l’evoluzione della patologia prostatica. (fonte: lastampa.it)

Fumo e ipertensione causano una (evitabile) morte su cinque 05/05/2009 14:40
I killer non sempre devono per forza essere spietati e la morte inevitabile: è il caso di fumo e ipertensione, causa di un decesso ogni cinque, che potrebbe essere evitato. È quanto suggerito da uno studio della School of Public Health di Harvard, pubblicato sulla rivista “PLoS Medicine”. Un sano controllo sugli stili di vita, sottolineano i ricercatori, potrebbe evitare molte morti inutili negli Stati Uniti. Per arrivare a queste conclusioni, nello studio, sono stati valutati 12 fattori di rischio e il numero di possibili decessi a essi associati. Tra questi fattori ci sono il fumo, una dieta che comprende un elevato consumo di grassi e sale, ma poca frutta e verdura, e anche la scarsa attività fisica: tutti elementi che contribuiscono a creare o accentuare problemi metabolici e disturbi come i livelli di glucosio nel sangue e l’ipertensione, le malattie cardiovascolari, ictus e cancro riducendo così l’aspettativa di vita. Tuttavia, avvertono i ricercatori, questi fattori di rischio sono modificabili o controllabili tramite un’attenta vigilanza da parte dell’individuo stesso o da parte di medici. Dai dati raccolti dai ricercatori riguardanti le statistiche nazionali di mortalità del 2005 si è stabilito che dei circa 2,5 milioni di decessi negli Usa, quasi 470.000 sono state associati al fumo e circa 400.000 all’ipertensione. Inoltre, un morto su dieci è stato associato a sovrappeso e obesità, mentre uno su venticinque all'elevato consumo di sale. Di fronte a queste cifre i ricercatori concludono che «la ricerca, l'attuazione, il monitoraggio e la valutazione connessi con gli interventi è fondamentale per ridurre il numero di morti evitabili negli Stati Uniti e altrove». (fonte: lastampa.it)

Una sola goccia di sangue per seguire l’evoluzione del cancro 05/05/2009 14:40
Una recente scoperta americana annuncia promettenti esiti da un test sul sangue che sembra in grado di rivelare l’efficacia di una terapia contro il cancro. Lo studio è stato condotto da un gruppo di ricercatori della Stanford University School of Medicine in California (USA), che ha messo a punto una macchina in grado di separare le proteine legate al cancro tramite l’impiego di cariche elettriche. Grazie all’uso di reagenti che consentono di differenziare i diversi tipi di cancro e a specifiche analisi di laboratorio, gli studiosi affermano che possono individuarsi in un piccolissimo campione biologico come una goccia di sangue i livelli delle proteine legate al cancro. In più possono anche essere osservate le variazioni dovute agli interventi terapeutici. Entrando più nello specifico, i ricercatori spiegano che questa tecnica permette di monitorare i vari livelli di attività dei geni cancerogeni all’interno dei linfomi umani e di distinguere i diversi tipi di questi ultimi. Questa tecnica lavora molto bene sulle cavie da laboratorio sia per i linfomi sia per le cellule tumorali in generale. Il sistema è stato battezzato col nome nanofluidic proteomic immunoassay (NIA). “Questa tecnologia ci permette di analizzare le proteine associate al cancro in scala ridottissima. Non solo si individuano i livelli di proteina nell’ordine dei psicogrammi, un trilionesimo di grammo, ma si osservano anche i più piccoli cambiamenti che avvengono nella proteina”, spiega Dean Feisher, uno degli scienziati che hanno preso parte allo studio. Questo tipo di test consente di diagnosticare precocemente il tumore e di monitorare il decorso della malattia senza l’ausilio di interventi chirurgici invasivi come la biopsia. “Attualmente è necessaria l’anestesia totale e il prelievo di grandi quantità di tessuti – afferma Alice Fan, coordinatrice dello studio – mentre adesso, grazie a questo nuovo test, basta un ago per prelevare le poche cellule necessarie consentendo ai medici di ripetere le analisi con maggiore frequenza”. Allo stato attuale delle cose questa tecnica si è rivelata valida negli studi sui tumori del sangue ma gli esperti stanno lavorando per svolgere test anche su altre forme di tumori maligni. (fonte: panorama.it)

Le donne sono più a rischio di cancro ai polmoni 05/05/2009 14:38
La scorsa settimana alla Conferenza Europea Multidisciplinare di Oncologia Toracica che si è tenuta a Lugano in Svizzera, sono stati resi pubblici due studi che mostrano le differenze tra i sessi nell’incidenza del cancro ai polmoni e l’eventuale recupero nel caso di intervento chirurgico. Mentre il primo dei due studi mostra come le donne siano più soggette a sviluppare il cancro ai polmoni, il secondo, per contro, suggerisce che, sempre le donne, tendono a recuperare meglio in caso di rimozione del tumore. Tra gli anni 2000 e 2005, gli scienziati hanno analizzato 683 pazienti affetti da tumore e hanno scoperto che le donne tendono a sviluppare il cancro in più giovane età rispetto agli uomini, nonostante abbiano fumato mediamente meno. «I nostri risultati suggeriscono che le donne possono essere più esposte agli agenti cancerogeni del fumo» ha commentato il dr. Martin Frueh del team di ricercatori che ha condotto il primo studio. Dello stesso avviso è la dr.ssa Enriqueta Felip, un ricercatore presso l'Ospedale Universitario Vall d'Hebron di Barcellona e co-presidente della conferenza. Tuttavia, ricordano i ricercatori, nei primi anni del Ventesimo secolo il cancro ai polmoni nelle donne era un fatto eccezionale, ma dagli anni ’60 in poi, solo negli Stati Uniti, è diventato una delle cause principali di morte. Il secondo studio, condotto da un team di scienziati irlandesi coordinati dal dr. Bassel Al-Alao, suggerisce che le donne tendono a recuperare meglio degli uomini dopo un intervento chirurgico per rimuovere il tumore del polmone. Nel corso di un periodo di 10 anni gli scienziati hanno studiato 640 pazienti, di cui 239 erano donne, sottoposti a rimozione delle cellule cancerogene. Essi hanno scoperto che la sopravvivenza media dopo l'intervento chirurgico è stata di 2,1 anni per gli uomini e 4,7 anni per le donne. (fonte: lastampa.it)

La strana Italia dei malati di cancro 05/05/2009 14:35
Oggi quasi due milioni di persone in Italia vivono in compagnia di una diagnosi di tumore, più o meno lontana nel tempo. In generale, si curano meglio di ieri, guariscono nella metà dei casi, ottengono più in fretta un sostegno economico e sanitario. Però non sono tutti uguali. Anzi. C’è chi ha accesso a nuovi farmaci in tempi brevi e chi no, chi ha un infermiere accanto al letto di casa e chi no, chi viene incoraggiato a fare riabilitazione per tornare a respirare, parlare, camminare, deglutire e chi, se proprio la vuole, se la cerca e se la paga. Lo ribadiscono i risultati di un’indagine condotta da Censis e Favo , la federazione delle associazioni di volontari in oncologia effettuata per la Giornata nazionale del malato oncologico del 3 maggio. La ricerca ha cercato di tracciare un identikit su chi e quanti sono i malati di cancro in Italia e, soprattutto, di cosa hanno bisogno. L’INDAGINE - Sono 1.841.000 gli italiani che nel corso della loro vita hanno avuto una diagnosi di tumore, per il 43,8 per cento uomini e per il 56,2 per cento donne. Erano 600mila in meno appena otto anni fa e oggi le regioni con il più alto numero di malati o ex-malati rispetto alla popolazione totale sono la Liguria, il Friuli Venezia Giulia e la Valle d’Aosta. La mortalità per tumore rappresenta in Italia il 30 per cento circa del totale dei decessi annui, ma migliora costantemente la sopravvivenza a cinque anni dalla diagnosi, pari al 47 per cento (in linea con la media europea). PENSIONI E INVALIDITÀ – Rispetto al passato si contano più persone e più anni di vita con una malattia che ormai viene frequentemente definita cronica. E si vede dai dati dell’Inps. Circa il 57 per cento delle inabilità pensionabili accolte dall’Istituto fra il 1998 e il 2008 è ascrivibile a patologie tumorali. Nello stesso periodo le invalidità pensionabili legate a tumore sono state più di 89 mila e dal 2005 sono al primo posto tra le cause di riconoscimento, avendo per la prima volta superato quelle dovute alle malattie del sistema circolatorio. Per il riconoscimento dell’invalidità civile, vanno migliorando i tempi di accertamento e nel 2008 l’Inps ha esaminato quasi tutti i verbali trasmessi dalle Asl entro 30 giorni (l’accertamento sanitario da parte delle Asl, invece, deve essere effettuato entro 15 giorni dalla domanda, per legge). Restano però tempi profondamente diversi sui tempi di pagamento delle prestazioni economiche, secondo Favo perché sono ancora troppi gli enti investiti del potere di concederle (oltre all’Inps, Regioni, Province, Comuni e Prefetture) e molto meglio sarebbe se fosse solo l’Inps ad avere questo compito per tutti i malati di cancro italiani. ASSISTENZA DOMICILIARE INTEGRATA – Da un’iniezione di antibiotico a gli antidolorifici, dalla spesa per chi non può uscire alla ginnastica riabilitative. E’ la formula con cui infermieri, medici, assistenti sociali e volontari assicurano assistenza a casa degli ammalati, migliorando dignità e qualità di vita e facendo anche risparmiare un bel po’ al servizio sanitario pubblico. Ma non tutto funziona come dovrebbe. Le prestazioni dell’assistenza domiciliare integrata (Adi) sono riservate prevalentemente alle persone anziane e i malati oncologici vi figurano soprattutto tra i pazienti terminali (l’ otto per cento di tutte le persone seguite a casa). Sono in media otto casi ogni mille abitanti (variando fra 1,18 in Valle d’Aosta a 20,58 in Friuli Venezia Giulia) a ciascuno dei quali vengono dedicate in media 22 ore d’assistenza (15 ad opera di infermieri, quattro di terapisti della riabilitazione e tre di altre figure, assistenti sociali, psicologi, specialisti, medici di famiglia). Ma anche qui il ventaglio è ampio, poiché si va dalle sette ore dedicate al paziente friulano alle 152 di quello valdostano. RIABILITAZIONE FANTASMA – Un primo dato è che mancano i dati. L’indagine Censis-Favo rileva come il Sistema informativo sanitario non prenda in considerazione le patologie oncologiche come generatrici di specifici bisogni riabilitativi. Esistono rilevazioni statistiche distinte per la riabilitazione cardiologica, motoria, neurologica, pneumologica, psicosensoriale e neuropsichiatrica infantile, ma nulla per i tumori. Inoltre, la riabilitazione oncologica non è ancora contemplata come livello di assistenza da garantire a tutti in caso di bisogno, né nella normativa nazionale, né nella gran parte delle disposizioni regionali. Fanno eccezione le reti oncologiche di Toscana, Piemonte e Valle d’Aosta. I FARMACI – Non sono enormi, ma i divari restano. Di regione in regione, possono cambiare i tempi e le modalità di accesso alle nuove cure. Nello specifico, la maggior parte delle regioni (14) prevede che fra il via libera dell’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) e la disponibilità di un nuovo prodotto per il paziente ci debba essere una commissione che autorizzi l’inserimento del farmaco nel Prontuario terapeutico regionale. Altre invece, come Piemonte e Lombardia, saltano un passaggio e ammettono alla rimborsabilità tutti i farmaci autorizzati dall’Aifa. CHE COSA PREOCCUPA I MALATI – L’esperienza dei pazienti cambia di molto lungo la penisola, e così gli aspetti ritenuti più problematici nel rapporto con i servizi sanitari. Al sud appaiono molto più preoccupati di come individuare l’oncologo e la struttura adatti (un problema per il 60 per cento, contro appena il 24 al nord-ovest) e della qualità dei servizi negli ospedali. Sembrano invece un cruccio dei pazienti settentrionali l’assistenza domiciliare, nonché la disponibilità e l’attenzione del medico di medicina generale una volta tornati a casa. Più uniforme, invece, la delusione per le capacità professionali degli operatori sanitari incontrati e i tempi d’attesa, che sono un problema per un terzo degli interpellati. CHE COSA PENSANO I VOLONTARI - Il giudizio delle associazioni del volontariato oncologico sull’operato della sanità è molto diversificato: positivo per il 51,3 su scala nazionale, ma decisamente più disilluso il sud, con appena il 29 per cento delle associazioni soddisfatte rispetto al 64,2 per cento del nord. In particolare, piace la gestione della terapia farmacologica (bene per il 93 per cento), della chirurgia e radioterapia (72,6 per cento) e della diagnostica (71,6 per cento). Tasti dolenti, non a caso, la riabilitazione (42 per cento), l’assistenza domiciliare (34 per cento) e l’informazione (33,7 per cento). LO PSICOLOGO PER POCHI - Particolarmente critica l’opinione delle associazioni sul sostegno psicologico ai malati. Sarebbe poco più del 26 per cento dei pazienti a beneficiare del sostegno psicologico offerto dalle Asl, molto più al nord (38 per cento) che al sud (12 per cento). Restano forti barriere all’accesso, scarseggiano gli specialisti nei centri pubblici e, infine, non si capisce a chi ci si può rivolgere. Sul sito interne si può leggere la sintesi completa dei risultati dell’indagine, condotta con la collaborazione dell’Inps e delle società di oncologia medica (Aiom) e radioterapia oncologica (Airo). (fonte: corriere.it)

Le domande più frequenti sull'Influenza suina 27/04/2009 18:52
Cos'è l'influenza suina? L'influenza suina è una malattia respiratoria acuta dei maiali causata da virus influenzali del tipo A, che causano abitualmente epidemie di influenza tra i suini. I virus dell'influenza suina causano alti livelli di malattia e bassa mortalità nei maiali. Tali virus possono circolare tra i maiali in tutti i mesi dell'anno, ma la maggior parte delle epidemie si manifestano nel tardo autunno e in inverno, così come accade per le epidemie nella popolazione umana. Il virus dell'influenza suina classica (virus influenzale A/H1N1) è stato isolato per la prima volta negli anni Trenta del secolo scorso. Quanti sono i virus dell'influenza suina? Come tutti i virus influenzali anche quelli dell'influenza suina mutano continuamente: i maiali possono essere infettati dai virus dell'influenza aviaria così come da quelli dell'influenza suina. Quando virus influenzali di differenti specie animali infettano i suini, i virus possono andare incontro a fenomeni di "riassortimento" e nuovi ceppi che sono un mix di virus umani/aviari/suini possono emergere. Nel corso degli anni, si sono manifestate diverse varianti di virus influenzali suini ; al momento, nei maiali sono stati identificati 4 sottotipi principali di virus influenzali di tipo A : H1N1, H1N2, H3N2 e H3N1. Comunque, la maggior parte dei virus isolati recentemente nei maiali sono stati H1N1. L'influenza suina può infettare l'uomo? I virus dell'influenza suina non infettano normalmente l'uomo. Comunque, possono verificarsi infezioni umane sporadiche con virus influenzali suini. Comunemente questi casi di infezione umana da virus influenzali suini si manifestano in persone con esposizione diretta ai maiali (per esempio lavoratori addetti ad allevamenti e industrie suinicole, frequentatori di fiere zootecniche) . Quali sono i sintomi dell'influenza suina nell'uomo? I sintomi dell'influenza suina sono simili a quelli della "classica" influenza stagionale e comprendono: febbre, sonnolenza, perdita d'appetito, tosse. Alcune persone hanno manifestato anche raffreddore, mal di gola, nausea, vomito e diarrea. Come l'influenza stagionale, anche quella suina può causare un peggioramento di patologie croniche pre-esistenti e in passato sono stati segnalati casi di complicazioni gravi (polmonite e insufficienza respiratoria) e decessi associati ad infezione da virus dell'influenza suina. Quanto è grave l'influenza suina nell'uomo? Come l'influenza stagionale, l'infezione da virus influenzale suino nell'uomo può presentarsi in forma lieve o grave. Le persone possono prendere l'influenza suina mangiando carne di maiale? No, i virus dell'influenza suina non sono trasmessi dal cibo; non si può contrarre l'influenza suina mangiando maiali o prodotti a base di carne di maiale. In ogni caso è bene, a titolo precauzionale, cuocere la carne a temperatura interna di 70-80 °gradi. In tal modo si uccide il virus dell'influenza suina, così come gli altri batteri e virus. Come si trasmette l'influenza suina? I virus influenzali possono essere trasmessi direttamente dai maiali all'uomo e dall'uomo ai maiali. Le infezioni umane con virus influenzali di origine suina si manifestano con maggiori probabilità in persone che hanno contatti ravvicinati con i suini, come negli allevamenti o nelle fiere zootecniche. E' possibile anche la trasmissione da persona a persona. Si ritiene che ciò accada con le stesse modalità di trasmissione dell'influenza stagionale, cioè attraverso la diffusione di goccioline di secrezioni naso-faringee con la tosse e lo sternuto. Le persone possono anche infettarsi toccando superfici contaminate con secrezioni infette e poi portando alla bocca e al naso le mani. Per questo il lavaggio delle mani è una misura molto importante per ridurre il rischio di infezione. Il virus di quest'epidemia in Messico e USA è contagioso? Ci sono evidenze, stabilite dai CDC (Centers for Disease Control and Prevention, Centri per il controllo e la prevenzione delle malattie) degli Stati Uniti d'America, che il virus responsabile dei casi negli Stati Uniti si sta diffondendo da persona a persona: comunque in questo momento non è possibile sapere quanto facile sia questa trasmissione. Come si può diagnosticare l'infezione da virus influenzali suini nell'uomo? Per la diagnosi di influenza suina A è necessario raccogliere un campione di secrezioni respiratorie (tampone nasale o faringeo) entro i primi 4 – 5 giorni dall'inizio dei sintomi (quando è maggiormente probabile che la persona elimini i virus). Comunque, alcune persone e in particolar modo i bambini possono eliminare il virus influenzale per 10 giorni e più. L'identificazione del virus dell'influnza suina richiede l'invio del campione ad un laboratorio di riferimento della rete Influnet, con il coordinamento dell'Istituto superiore di sanità. Quali farmaci possono essere usati per trattare le infezioni da virus influenzali suini nell'uomo? Sono disponibili diversi tipi di farmaci antivirali per il trattamento dell'influenza: amantadina, rimantadina, oseltamivir e zanamivir. Mentre la maggior parte dei virus dell'influenza suina si sono rivelati suscettibili a tutti e quattro i farmaci, i virus influenzali suini isolati recentemente dagli uomini sono resistenti alla amantadina e alla rimantadina; pertanto solo oseltamivir e zanamivir sono raccomandati per il trattamento / prevenzione dell'influenza umana da virus influenzale suino. Esiste già un vaccino efficace contro l'influenza suina? Gli esperti sono al lavoro. Il primo passo è conoscere tutte le caratteristiche del virus. Le sta analizzando da il Centro Novartis Vaccines and Diagnostics di Siena diretto da Rino Rappuoli. Dal 1997 lo stesso gruppo di esperti sta lavorando a un vaccino pre-pandemia, basato sul virus H5N1 diffuso nel 1997 a Hong Kong e, grazie all'esperienza accumulata in questi anni, secondo Rappuoli sarà possibile produrre i primi milioni di dosi in meno di sei mesi. Quante epidemie di influenza suina si conoscono? Probabilmente l'epidemia più conosciuta è quella che ha colpito i soldati di Fort Dix , New Jersey (USA), nel 1976, con circa 200 casi tra i soldati presenti nel campo. Il virus causò malattie con segni radiologicamente evidenti di polmonite in almeno 4 soldati e 1 decesso: tutti i colpiti erano precedentemente in buona salute . Il virus si era trasmesso attraverso contatti stretti nel corso di sedute di addestramento, con trasmissione limitata al di fuori di questo contesto. Si ritiene che il virus abbia circolato per un mese, per scomparire spontaneamente. La fonte del virus, il momento esatto della sua introduzione a Fort Dix e i fattori che possono avere influenzato la sua diffusione e durata sono sconosciuti. L'epidemia potrebbe essere stata causata da un virus animale introdotto in contesto di particolare affollamento nel periodo invernale. Il virus influenzale suino isolato dai soldati di Fort Dix fu denominato A/New Jersey/76 (Hsw1N1). L'episodio fu alla base di una estesa campagna di vaccinazione antinfluenzale nel 1977. Fonte: CDC (Centro controllo prevenzione malattie) e Ministero Lavoro, Salute e Politiche Sociali - Direzione generale Prevenzione sanitaria

Fumatori, un test delle urine per predire il rischio di cancro 20/04/2009 13:24
I ricercatori potrebbero aver scoperto perché alcuni fumatori si ammalano di tumore ai polmoni e altri no. L’ipotesi è stata esposta durante il convegno dell’American Association for Cancer Research a Denver. Che il tabacco aumenti notevolmente il rischio di cancro è un fatto ormai noto: più di un quarto di tutte neoplasie, nel mondo occidentale, è causata dall’abitudine alla sigaretta. Tumori non soltanto polmonari, ma che colpiscono anche l’esofago, la laringe, le corde vocali, la bocca, la vescica, il pancreas, il rene, lo stomaco e il sangue. «Ma quel che finora ci sfugge – ha spiegato Jian-Min Yuan, docente di Salute pubblica all’università del Minnesota – è il motivo per cui il danno delle sigarette si concretizzi in alcune in alcune persone e in altre no». In uno studio, Yuan e colleghi hanno ipotizzato che la presenza del metabolita NNAL nelle urine di un paziente possa aiutare a predire il rischio di un carcinoma polmonare. Il metabolita è un prodotto intermedio o finale delle reazioni chimiche del metabolismo e il NNAL, nello specifico, ha dimostrato – su cavie da laboratorio - di favorire la formazione di questa forma di cancro, ma ancora non sono state seguite verifiche su esseri umani. LO STUDIO - I ricercatori hanno raccolto i dati di 18.244 uomini precedentemente arruolati in un altro studio (Shanghai Cohort Study) e quelli di 63.257 uomini e donne partecipanti al Singapore Chinese Health Study. Hanno poi condotto interviste riguardanti il livello di sigarette fumate, il tipo di dieta e altri fattori inerenti lo stile di vita. Infine, hanno raccolto campioni di sangue e urine di oltre 50mila pazienti. Per valutare il reale impatto di NNAL, gli studiosi hanno selezionato 246 fumatori che hanno poi sviluppato un carcinoma polmonare e 245 «colleghi tabagisti» che invece - nei 10 anni successivi alle interviste e ai test di sangue e urine - non si sono ammalati. I livelli di NNAL sono stati divisi in tre gruppi: confrontati con i pazienti con i livelli più bassi, i soggetti con un tasso medio del metabolita hanno dimostrato il 43 per cento di rischio superiore di sviluppare un tumore. Infine, nelle persone con i livelli di NNAL più elevati il pericolo è risultato più che doppio, anche in considerazione l’effettivo numero di sigarette fumate al giorno, il numero di anni in cui si è fumato e i livelli di cotonina (un metabolita della nicotina) presenti nelle urine. Anche il tasso di nicotina nella urine è stato preso in analisi: in presenza di NNAL, le persone con i livelli più alti hanno mostrato un rischio 8,5 volte superiore ai fumatori con un grado minore di nicotina. «L’abitudine al fumo è causa di un cancro polmonare – ha concluso Yuan -, ma ci sono circa 60 possibili carcinogeni nel tabacco e quanto più precisamente riusciamo a identificare i “colpevoli”, tanto meglio riusciamo a predire il rischio». SMETTERE «FUNZIONA» - In Italia si stimano oltre 32mila nuovi casi di tumore ogni anno (circa 26mila uomini e 6mila donne) e sono quasi 30mila all’anno i decessi dovuti a questa malattia, che rappreresenta la prima ragione di morte oncologica negli uomini e la seconda nelle donne. Secondo l’ultimo rapporto Istat, la mortalità per cancro diminuisce del 2 per cento circa l’anno, ma nel caso di quello polmonare la riduzione riguarda solo gli uomini, mentre nelle donne i decessi sono aumentati dell’1,5 per cento. Bastano però cinque anni di stop al fumo per diminuire del 20 per cento il rischio di morire per un carcinoma polmonare e dimezzare quello per malattie coronariche. Dopo 30 anni dall’ultima bionda, il pericolo d’ammalarsi diventa uguale a quello di chi non ha mai fumato. (fonte: corriere.it)

Prevenire i tumori con l'autopalpazione del seno 16/04/2009 10:12
I pareri sono spesso contrastanti. C’è chi sostiene che l’autopalpazione non sempre serve perché quando si avverte un nodulo con le proprie mani significa che ha già raggiunto dimensioni troppo elevate. Altri invece affermano che è indiscutibilmente un valido aiuto e può diagnosticare in tempo un eventuale tumore. «Scoprire e trattare in modo tempestivo un nodulo piccolo è di fondamentale importanza per la terapia: se si riesce ad identificare un tumore in fase precoce le probabilità di guarigione sono vicine al 90%» afferma la Dott.ssa Virginia Cirolla, medico chirurgo-senologo con formazione specifica in prevenzione dei tumori. Per eseguire l’autopalpazione e l’autoesame serve una mezz’ora al mese e uno specchio, è semplice e non richiede particolari capacità, l’importante è che venga eseguito sempre nello stesso periodo del ciclo. «Prima la donna inizia a praticare l'AES (in inglese Breast Self Examination) e più conosce il suo seno perché l'importante non è saper fare la palpazione quanto capire se ci sono variazioni nel tempo» sottolinea il dott. Antonio Michele de Nicolò, specialista in ginecologia e ostetricia, che prosegue «L’autoesame viene effettuato mediante autopalpazione». «L’autoesame e l’autopalpazione servono a controllare che nel seno non ci siano noduli o irregolarità nuove rispetto a quelle avvertite in passato. È opportuno eseguirli una volta al mese preferibilmente nello stesso periodo del ciclo perché le variazioni ormonali cambiano l’aspetto e la consistenza del seno» aggiunge la dr.ssa Cirolla. Come si esegue a livello pratico? Abbiamo domandato alla dottoressa Cirolla. «L’autoesame si esegue davanti allo specchio, in più posizioni. Si comincia con le braccia distese lungo i fianchi, per controllare che non ci siano irregolarità del capezzolo o alterazioni del profilo e della superficie del seno come, per esempio, un gonfiore localizzato. Ricordiamo che piccole variazioni da destra a sinistra sono frequenti, quasi di norma anche nei seni normali; quindi l’occhio si deve concentrare su eventuali variazioni nel corso del tempo. Per questo bisognerebbe eseguire l’esame con regolarità. In seguito si mettono le braccia allungate sulla testa, e anche in questo caso bisogna fare caso a eventuali variazioni del seno come alterazioni della pelle o cambiamenti della superficie, rispetto all’autoesame precedente. Dopodiché si mettono le mani sui fianchi e si preme con energia in modo da contrarre e tendere i muscoli pettorali il più possibile. Anche qui, è necessario verificare che non vi siano irregolarità e differenze tra i due seni». E l’autopalpazione? «Anche l’autopalpazione prevede più controlli: primo si effettua palpando con delicatezza il seno, per esaminarlo: mettendo il braccio destro in alto e con il braccio sinistro palpiamo il seno effettuando una leggera pressione. Si ripete la stessa procedura anche per il seno sinistro invertendo la posizione delle braccia. L’esame prosegue in posizione sdraiata per il seno sinistro. È utile mettere un cuscino sotto la spalla sinistra con la mano sinistra sotto la nuca in modo da appiattire i seni e, a questo punto, si preme con delicatezza sul seno in modo che diventi piatto effettuando movimenti circolari e concentrici. Dopo aver esaminato con cura tutto il seno, si ripete la sequenza sull’altro lato invertendo la posizione. Per eseguire l’autopalpazione descritta possono essere utilizzati tre tipi di movimenti della mano: movimenti circolari, concentrici, in senso orario, dall’alto verso il basso, dal basso verso l’alto e viceversa, oppure movimenti radiali. Si consiglia di scegliere il movimento che risulta più facile e utilizzarlo nell’esame mensile. Alla fine dell’autopalpazione, si stringe il capezzolo in senso ispettivo premendo con l’indice e il pollice, con delicatezza, per controllarne la fuoriuscita di secrezione e individuare la natura della secrezione: se è rosa, lattescente, trasparente ecc. da comunicare poi al proprio senologo di fiducia». «Le secrezioni del capezzolo bianche o gialline non devono spaventare mentre secrezioni rosse o marroncine impongono un controllo presso un medico» aggiunge il dott. Antonio De Nicolò. (fonte: lastampa.it)

Aglio contro il cancro. Nuove conferme 16/04/2009 10:11
Anche se a periodi alterni, l’aglio è sempre stato ammantato di un alone da rimedio utile contro diversi disturbi: dalla pressione alta, al più comune raffreddore, fino ad arrivare al più temuto cancro. Un nuovo studio, oggi, suggerisce che l’aglio utilizzato regolarmente nelle diete può avere buoni effetti protettivi nei confronti del cancro e, in più, proprietà attive che possono inibire, ritardare o addirittura invertire il processo di cancerogenesi umana. I risultati di questo studio sono stati presentati al simposio internazionale sulle “Nuove frontiere in Ematologia e Oncologia”. Secondo quanto riferito dai ricercatori indiani, la perossidazione lipidica conosciuta per i danni che provoca alle cellule, svolge un ruolo nocivo verso tutti i tumori della pelle compresa la cancerogenesi. Nello studio condotto sui topi si è dimostrato come una carcinogenesi della pelle indotta tramite un composto chimico detto “Dmba” sia stata contrastata dall’aglio che ha inibito il processo di ossidazione dei lipidi, proteggendo le cellule dagli attacchi delle molecole ossidate. Vi è stata anche una migliore risposta ai trattamenti chemioterapici nei topi a cui è stato fatto il trattamento con l’aglio prima e dopo l’induzione della carcinogenesi. «L’assunzione di aglio ritarda la formazione di papillomi negli animali e, contemporaneamente, riduce le dimensioni e il numero di papillomi che si riscontra anche nell’istologia della pelle dei topi trattati» conclude la relazione dei ricercatori presso il Dipartimento di Chemioprevenzione del cancro del Chittaranjan National Cancer Institute di Kolkata, India. (fonte: corriere.it)

Una molecola per fermare il cancro alla prostata 16/04/2009 10:10
Il cancro alla prostata è una neoplasia che colpisce in Italia circa 45.000 persone. La scoperta di una molecola che rallenta la crescita del tumore è una buona notizia. Un gruppo di ricercatori del Memorial Sloan Kettering Cancer Center di New York, secondo lo studio pubblicato sulla rivista Science, ha sperimentato la molecola MDV3100 su 30 pazienti affetti da cancro alla prostata. Su 22 di questi pazienti la molecola ha avuto effetti positivi, rallentando la velocità di crescita del tumore. In seguito all’esperimento è stato notato che la quantità di proteina PSA, il marcatore della presenza del cancro alla prostata, si è ridotta in molti pazienti e nella metà di essi si è dimezzata. La ricerca, sebbene non fornisca soluzioni, è un passo avanti nella sperimentazione di terapie e cure che, se affiancate ai metodi tradizionali, possono ridurre notevolmente la crescita del cancro e allungare la vita dei pazienti. (fonte: benessereblog.it)

Cancro: capire se la chemio funziona dopo un solo trattamento 16/04/2009 10:09
Un gruppo di oncologi del Jonsson Comprehensive Cancer Center dell’Ucla in California ha messo a punto un sistema combinato di PET (Tomografia emissione di positroni) e tomografia computerizzata per determinare dopo un solo trattamento se la chemioterapia a cui è sottoposto un paziente oncologico sta avendo effetto. La messa a punto di questo sistema diagnostico permetterà ai medici di interrompere la terapia che si dimostra inefficace. Gli oncologi spesso devono aspettare mesi prima di poter determinare se un trattamento sta funzionando. Ora, grazie a un metodo non invasivo, i ricercatori dell’Ucla hanno mostrato che è possibile capire dopo un solo ciclo di chemioterapia se i farmaci stanno o meno uccidendo il cancro. L’esperimento è stato fatto su 50 pazienti affetti da sarcoma sei tessuti molli (tessuto connettivo) che stavano ricevendo una chemioterapia che aveva lo scopo di ridurre i tumori prima dell’intervento chirurgico. Lo studio ha dimostrato che era possibile determinare la risposta alla terapia dopo appena una settimana dalla prima dose di farmaci chemioterapici, contro i tre mesi solitamente richiesti per poter appurare se la terapia sta funzionando. Fritz Eilbert, assistente alla cattedra di Oncologia chirurgica e direttore del programma Sarcoma al Jonsson Cancer Center dell’Ucla, nonché autore dello studio, pubblicato sul numero odierno della rivista Clinical Cancer Research, ha dichiarato: “Non ha senso somministrare al paziente un trattamento che non sta funzionando. Questi farmaci fanno stare i pazienti molto male e hanno seri effetti collaterali a lungo termine”. La PET mostra le funzioni biochimiche in tempo reale, come fosse una macchina fotografica molecolare. Per questo studio Eilbert e i la sua squadra hanno monitorato le funzioni metaboliche del tumore, o quanto zucchero veniva consumato dalle cellule tumorali. Siccome crescono senza controllo, le cellule tumorali consumano più zucchero delle cellule normali, il che le rende più visibili alla PET. Per determinare l’efficacia della terapia, i ricercatori dovevano notare una diminuzione dell’attività metabolica del tumore del 35 per cento. Dei 50 pazienti considerati, 28 non hanno risposto in maniera attesa, ed è stato possibile accertarlo dopo una sola settimana dall’inizio del trattamento. Questo ha permesso di interrompere immediatamente la somministrazione e passare a un trattamento sperabilmente più efficace per fare in modo che il paziente potesse sottoporsi all’intervento chirurgico più rapidamente. Per più della metà dei pazienti dello studio, quindi, proseguire la chemioterapia non aveva senso. “Nonostante lo studio fosse incentrato su pazienti in attesa di intervento”, ha dichiarato Eilbert, “penso che questi risultati avranno un impatto ancora maggiore sui pazienti con tumori inoperabili o con metastasi, perché consentono di fare una valutazione molto più rapida dell’efficacia del trattamento e aiutano i medici a prendere decisioni che avranno un impatto enorme sulla qualità della vita”. Eilbert e colleghi continueranno a seguire i pazienti e un trial clinico è in corso sulla base dei risultati ottenuti con lo studio, che ha coinvolto esperti in chirurgia, oncologia, radiologia, farmacologia molecolare, patologia, medicina nucleare e biostatistica. (fonte: panorama.it)

Italiani svelano la tecnica per rivelare le cellule staminali nel pancreas 09/04/2009 16:33
È grazie a due ricercatori italiani Mario Capecchi ed Eugenio Sangiorgi, rispettivamente premio Nobel per la medicina 2007 e ricercatore dell'Istituto di Genetica medica dell'Università Cattolica di Roma, che oggi sappiamo come rivelare dove si nascondono le cellule staminali nel pancreas. Lo studio, pubblicato sulla rivista Proceedings of the National Accademy of Science (Pnas), fornisce le indicazioni per indicare con sicurezza e isolare una cellula staminale, cosa che sino ad oggi non era possibile fare. Al contrario del midollo osseo, fino a qualche anno fa non si sapeva nemmeno se questo tipo di cellule fosse presente nei tessuti. A questo proposito il dr. Sangiorgi ha commentato "Al di là di quello che talune volte si legge o che l'opinione pubblica crede delle cellule staminali non sappiamo ancora molte cose. Sembrerà strano, ma per esempio non abbiamo un modo per distinguere a priori in un tessuto una cellula staminale in mezzo a tutte le altre. Per esempio dalla forma o dalla funzione. Che una cellula sia davvero una staminale lo possiamo capire solo osservandone il comportamento. Già in passato, assieme al professor Capecchi avevamo individuato una maniera per marcare le cellule staminali in un tessuto: una specie di bandierina che ci aiuta a capire quali sono effettivamente le cellule che stiamo cercando". Per poter individuare le staminali nei tessuti, in particolare nel pancreas dei topi, i ricercatori hanno impiegato una sorta di 'interruttore' molecolare. Questo interruttore, formato da una parte di Dna, scatta nel momento in cui viene somministrato uno speciale farmaco, questo fa sì che le cellule staminali diventino fluorescenti in modo da essere individuate. Ma come stabilire se si tratta proprio di una staminale? Risponde ancora il dr. Sangiorgi "Per capire che sono staminali non c'è altro da fare che aspettare. Una cellula normale è destinata a morire prima o poi. Una cellula staminale invece conserva la capacità di autorinnovarsi e riprodursi. Insomma, se passati molti mesi vediamo che quella cellula luminosa è ancora viva, vuol dire che è una staminale - o una cellula derivata dalla divisione di una cellula staminale". La ricerca ha anche dato modo di scoprire una determinata qualità di staminali, dette 'acinari'. A tal riguardo c'illumina il dr. Capecchi "Finora la cellula staminale era considerata come una specie di generale che comanda tutte gli altri, ma non fa nulla: una cellula cioè indifferenziata, sì, ma senza altri compiti specifici che non fosse quello di generare nuovo tessuto. Le cellule acinari, invece, pur essendo staminali, hanno un compito ben specifico nel pancreas. Sono come dei soldatini che svolgono il loro lavoro ma che, alla bisogna, sono in grado di prendere le redini del comando". Ma le staminali sono tutte innocue? "Grazie alla loro capacità straordinaria di riprodursi queste cellule possono anche essere cancerogene. Ma se riusciamo a costruire uno strumento efficace come il nostro per isolarle e studiarle anche negli altri organi, possiamo comprenderne le proprietà e dare molte risposte sul loro funzionamento. Una delle cose che vorremmo capire è se anche in vivo questo tipo di cellule in qualche modo eterne sono più suscettibili al tumore - per esempio a causa del fatto che vivendo tanto a lungo accumulano tutti i possibili fattori di modificazione derivanti dall'ambiente" conclude Sangiorgi. (fonte: lastampa.it)

Una medicina in uso contro l'Aids potrebbe ridurre proliferazione cellule tumorali 09/04/2009 16:32
La medicina contro l"Aids Abacavir (ABC), puo" ridurre la proliferazione ed indurre il differenziamento di cellule umane di medulloblastoma attraverso la riduzione dell"attività telomerasica, che potrebbe portare a nuove efficaci terapie contro tumori devastanti quali quello al cervello, secondo una ricerca pubblicata dall"International Journal of Cancer. "Abbiamo scoperto che l"ABC, oltre ad inibire l"attività telomerasica, riduce la proliferazione ed induce al differenziamento, suggerendo cosi" che il suo uso potrebbe rappresentare una strategia terapeutica efficace per il trattamento dei tumori che esprimono la telomerasi, quali il medulloblastoma", afferma la dott.ssa Francesca Pentimalli PhD, leader del gruppo di ricerca, ricercatrice del CROM, Centro di Ricerche Oncologiche di Mercogliano, in provincia di Avellino e Assistant adjunct professor presso lo Sbarro Institute for Cancer Research and Molecular Medicine, presso il Center for Biotechnology nel College of Science & Technology della Temple University, Philadelphia, PA, fondato dal prof. Antonio Giordano. L"autore principale dell"articolo è stata la dott.ssa Alessandra Rossi, PhD, ricercatrice presso lo Sbarro Institute. Lo studio è stato condotto attraverso una collaborazione tra ricercatori dello Sbarro Institute, del CROM, dell"Università di Siena, del Dipartimento di Informatica e Scienze dell"Informazione dell"Università di Genova, del Dipartimanto di Farmacologia dell"Università di Salerno, Fisciano e della Divisione di Oncologia Medica dell"Istituto Regina Elena di Roma. L"ABC è uno tra i più efficaci analoghi dei nucleosidi con una ben-caratterizzata attività di inibizione della trascrittasi inversa di origine retrovirale. Di recente, l"ABC si è dimostrato efficace nell"inibire anche l"enzima telomerasi delle cellule umane. L"attività telomerasica sembra essere richiesta in essenzialmente tutti i tumori per la immortalizzazione di alcuni tipi di cellule, incluse le cellule staminali. Infatti, molte cellule cancerose dipendono dalla telomerasi per la loro continua proliferazione. I ricercatori hanno testato se l"ABC potesse inibire la telomerasi nel medulloblastoma, il più comune tra i tumori maligni del sistema nervoso centrale tra i bambini. Nonostante il miglioramento, in termini di sopravvivenza, grazie al trattamento multimodale, il medulloblastoma resta una malattia a prognosi infausta. La dott.ssa Pentimalli sostiene che un vantaggio dell"ABC, rispetto ad altri farmaci anti-telomerasi che sono tutt"ora utilizzati in studi pre-clinici, è che l"ABC è stato usato per anni per trattare l"AIDS, il che comporta ovvi vantaggi visto il suo profilo di sicurezza favorevole ed il suo record epidemiologico di buona tolleranza in seguito alla somministrazione a lungo termine. Inoltre, sottolinea, la natura lipofilica dell"ABC gli permette di passare attraverso la barriera emato-encefalica più facilmente, il che rappresenta un ulteriore vantaggio per il suo possibile uso nel trattamento del medulloblastoma. "Il nostro report, suggerisce che l"uso dell"ABC come agente anti-telomerasico nel cancro merita di essere attentamente considerato". (fonte: molecularlab.it)

I broccoli prevengono il cancro allo stomaco 09/04/2009 16:31
Uno studio giapponese dell’università Johns Hopkins, ci fa sapere che mangiare circa 70 grammi di broccoli al giorno, per almeno due mesi, potrebbe prevenire gastriti, ulcere e addirittura proteggere dal cancro allo stomaco. Secondo lo studio, pubblicato sulla rivista Cancer Prevention Research, i broccoli sono ricchi di sulforafano, una sostanza che favorisce la produzione di enzimi che proteggono contro infiammazioni e attacchi al DNA. Il sulforafano è già noto essere un ottimo antibiotico contro il batterio dell’ Helicobater pylori, responsabile di gastriti e ulcere, ma è la prima volta che la sua azione viene correlata anche alla prevenzione del cancro. Durante la ricerca, 25 persone hanno mangiato 70 grammi di broccoli per due mesi; alla fine della somministrazione non solo queste persone avevano degli enzimi protettivi più alti, ma i livelli di infiammazione e infezione erano più bassi, rispetto all’inizio della dieta. Cominciare a introdurre 70 grammi di broccoli nella dieta sembra essere, quindi, un ottimo suggerimento, al fine di prevenire malattie gravi quali il cancro, e per cominciare a proteggersi quotidianamenti da lievi disturbi e bruciori di stomaco. (fonte: benessereblog.it)

Fumo, arriva il bugiardino nel pacchetto 31/03/2009 20:02
Un "bugiardino" nei pacchetti di sigarette. Un foglietto illustrativo, proprio come quello dei medicinali, per indicare la presenza di sostanze cancerogene, sconosciute ai consumatori. Insieme al divieto di vendita ai minori di 18 anni, è uno dei punti salienti del disegno di legge sul fumo elaborato dal senatore Ignazio Marino (Pd), in spirito bipartisan, che la Commissione Sanità del Senato potrebbe varare in tempi brevi, forse addirittura entro l'estate. Con l'obiettivo di disincentivare l'abitudine al fumo soprattutto tra i più giovani, che troppo spesso viene ancora considerata una moda. "Fuma il 32% dei maschi adolescenti - ricorda Marino - e il 20,7% delle ragazze, e abbiamo ancora 18.000 morti l'anno per patologie riconducibili al fumo. Dobbiamo fare qualcosa, e questa legge, se approvata, diventerà un modello per molti Paesi, per certi aspetti sarà la più avanzata del mondo", dice Marino, firmatario del testo insieme al presidente della Commissione, Antonio Tommasini (Pdl). Se alle scritte 'minatorie' sul pacchetto ci si è abituati, si spera che il bugiardino riesca ad avere un maggiore impatto. "Nel fumo ci sono circa 4.000 sostanze chimiche, di cui almeno 40 identificate come cancerogene. Invece della scritta sul pacchetto, che ormai non fa paura a nessuno, i produttori dovranno inserire un libretto che le elenchi tutte avvertendo dei rischi. Quando il fumatore vedrà che sta per fumarsi cadmio, piombo, mercurio, silicio, ammoniaca, credo che ci sarà una presa di coscienza. Non ci sono solo catrame e monossido di carbonio", ha spiegato il senatore del Pd. Anche il divieto ai minorenni è un ulteriore inasprimento. "La precedente legge sui limiti di età è del 1934... Credo ormai sia indispensabile alzare l'età minima a 18 anni". Inoltre, è previsto l'aumento del prezzo dei pacchetti, per creare con il ricavato un fondo nazionale per la lotta al tabagismo e per programmi educativi nelle scuole. E multe da 250 a 1000 euro per i tabaccai che venderanno ai minori, fino anche alla sospensione dell'esercizio, l'obbligo di chiedere i documenti e, per i distributori automatici, un sistema di rilevamento del documento. Infine, riferisce Marino, non è escluso che nel ddl trovi posto la proposta di Piergiorgio Zuccaro, direttore dell'Osservatorio Alcol e Fumo dell'Iss, che chiede di vietare i pacchetti "dei teen ager", cioè quelli da 10 sigarette. "E' un lavoro totalmente condiviso - conclude Marino - e spero che i tempi di approvazione siano brevi: potremmo deliberare in Commissione entro l'estate". (fonte: larepubblica.it)

Parte dal cervello la molecola complice delle metastasi 29/03/2009 18:07
L'interazione tra le cellule del nostro organismo gioca un ruolo fondamentale nella risposta immunitaria e nello sviluppo di molte patologie, comprese le neoplasie e la formazione di metastasi. Nei tumori infatti, le cellule perdono le connessioni presenti normalmente, e acquisiscono la capacità di migrare in nuovi siti. Per aderire le une alle altre e alla matrice extracellulare, e così formare dei tessuti compatti e impermeabili, le cellule hanno bisogno di speciali molecole. Si tratta delle molecole di adesione. Il ruolo della molecola di adesione L1 era fino ad oggi ben noto nello sviluppo cerebrale: sue mutazioni provocano infatti una complessa sindrome neurologica detta CRASH (Corpus callosum agenesis, Retardation, Adducted thumbs, Spastic paraplegia, Hydrocephalus). Uno studio condotto al Campus IFOM-IEO di Milano da Ugo Cavallaro, direttore del programma Adesione cellulare nella progressione neoplastica e nell'angiogenesi della Fondazione IFOM (Istituto FIRC di Oncologia Molecolare) in collaborazione con Maria Rescigno, direttrice del programma Immunologia delle cellule dendritiche e immunoterapia del Dipartimento di Oncologia dell'Istituto Europeo di Oncologia rivela sulle pagine della rivista The Journal of Experimental Medicine che L1 in realtà gioca un ruolo chiave anche nel sistema immunitario, aprendo delle interessanti prospettive terapeutiche nella cura sia dei tumori sia delle patologie del sistema immunitario. Tramite un approccio sperimentale in vitro e in vivo, lo studio condotto da Cavallaro ha osservato per la prima volta il ruolo di questa molecola di adesione neurale nella cascata di eventi che innesca la risposta immunitaria: L1 è espressa sulla superficie delle cellule dendritiche, vale a dire le cellule "sentinella" che trasportano gli antigeni dai tessuti periferici ai linfonodi, innescando così l'attivazione dei linfociti e quindi la risposta immunitaria. Per far questo, le cellule dendritiche devono entrare e uscire dal sistema circolatorio (vasi sanguigni e linfatici), ed è proprio qui che interviene L1, regolando il processo di attraversamento della parete dai vasi da parte delle cellule dendritiche. Lo studio ha inoltre dimostrato che a seguito di stimoli infiammatori anche le cellule endoteliali (che rivestono i vasi) iniziano a produrre L1, ed è il legame tra L1 delle cellule dendritiche e L1 delle cellule endoteliali che favorisce l'interazione tra i due tipi cellulari e la "transmigrazione". Oltre a offrire una comprensione più approfondita di come funzionano le nostre difese immunitarie questa scoperta apre le porte a interessanti approcci terapeutici per diverse patologie:"nel caso di risposta immunitaria "eccessiva" come, ad esempio, nelle malattie autoimmuni - spiega Cavallaro - sarebbe possibile prevenire l'interazione tra cellule dendritiche e parete vascolare neutralizzando L1 con uno specifico anticorpo. Mentre per i pazienti affetti da sindrome CRASH che sono soggetti a frequenti infezioni generalmente considerate conseguenza del deficit neurologico, localizzare la disfunzione di L1 nelle cellule dendritiche rappresenterebbe una causa più diretta e anche più trattabile terapeuticamente". La ricerca apre promettenti prospettive anche per l'individuazione di nuovi bersagli farmacologici nelle terapie anticancro: "alcuni tipi tumorali come il tumore al colon, il melanoma e il carcinoma ovarico – precisa Cavallaro – esprimono alti livelli di L1 che correlano con il potenziale invasivo e metastatico. Come dimostrato in altri contesti, spesso le cellule tumorali utilizzano meccanismi molto simili a quelle del sistema immunitario per entrare nei vasi sanguigni e metastatizzare, per cui inattivare L1 potrebbe rappresentare una valida strategia anti-disseminazione". "La presenza di L1 – aggiunge Maria Rescigno - potrebbe inoltre aiutare le cellule cancerose a sfuggire al controllo del sistema immunitario, chiarendo un fenomeno frequente in molti tumori noto come "immunoevasione". Infatti in seguito all'espressione aberrante di L1, le cellule dendritiche potrebbero essere indotte a migrare al linfonodo drenante in uno stato di parziale attivazione che potrebbe favorire lo sviluppo di linfociti T tollerogenici, che inibiscono cioè la risposta immunitaria verso il tumore" La ricerca è stata condotta grazie al sostegno dell'AIRC (Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro), della Fondazione Telethon, della Fondazione Cariplo, del Ministero italiano della Salute, dell'Association for International Cancer Research, dal Cancer Council Victoria e dall'Australian Health and Medical Research Council Fellowship. (fonte: molecularlab.it)

Il tumore al seno si combatte con tè verde e funghi 29/03/2009 18:06
Le donne che mangiano funghi e bevono tè verde in abbondanza potrebbero abbassare il loro rischio di sviluppare il cancro al seno, secondo uno studio condotto in Cina su oltre 2.000 soggetti. I ricercatori hanno scoperto che le donne che mangiavano più funghi, freschi o secchi, avevano il rischio più basso di ammalarsi di tumore al seno e che il rischio si riduceva ancora di più se le stesse donne bevevano anche tè verde ogni giorno. "I risultati del nuovo studio suggeriscono che la dieta tradizionale cinese può aiutare a spiegare la minore incidenza del cancro al seno in Cina", ha spiegato la Dr.ssa Min Zhang. La ricerca, pubblicata dall'International Journal of Cancer, è stata condotta nel sud-est della Cina e ha coinvolto 1.009 pazienti con cancro al seno di età compresa fra 20 e 87 anni e un uguale numero di donne sane della stessa età; a tutte è stato sottoposto un questionario sulle abitudini alimentari. Le donne che mangiavano più funghi freschi (10 grammi o più al giorno) avevano circa due terzi di probabilià in meno di sviluppare il cancro al seno delle donne che non ne mangiavano; le donne che mangiavano 4 grammi o più di funghi secchi al giorno avevano un rischio dimezzato e quelle che mangiavano funghi e in più bevevano ogni giorno tè verde avevano solo l'11-18% del rischio di cancro al seno rispetto alle donne che non bevevano te' verde e non mangiavano funghi. (fonte: esseredonnaoggi.it)

Gli Omega-3 riducono il rischio di cancro della prostata 29/03/2009 18:05
Degli effetti benefici degli omega 3 se n'è già parlato molto, ma probabilmente c'è ancora molto da scoprire su come agiscano e quali possano essere tutte le aree di applicazione. Una di queste riguarda la protezione sul temibile cancro alla prostata che, oggi, si arricchisce di una nuova importante scoperta. La notizia giunge dai ricercatori statunitensi dell'Università della California a San Francisco, i quali hanno dichiarato che "precedenti ricerche hanno dimostrato una protezione contro il cancro alla prostata, ma questo è uno dei primi studi per dimostrare la protezione avanzata contro il cancro alla prostata e l'interazione con il gene della COX-2" I ricercatori hanno eseguito un'analisi su 466 uomini con diagnosi di carcinoma della prostata aggressivo e 478 uomini sani. Di questi ne è stata valutata e controllata la dieta. Il gruppo di uomini che hanno consumato molti acidi grassi omega-3 a lunga catena ha mostrato un 63% di riduzione dei rischi di cancro alla prostata aggressivo rispetto agli uomini che hanno assunto basse dosi di omega 3. I ricercatori hanno poi valutato l'effetto degli omega-3 tra gli uomini con la variante in rs4647310 COX-2, un noto gene infiammatorio. Dai risultati è emerso che gli uomini che presentano una basso livello di omega-3 e questa variante hanno più di cinque volte un maggiorerischio di cancro alla prostata avanzato. Invece gli uomini con un elevato apporto di acidi grassi omega-3 hanno mostrato una sostanziale riduzione del rischio. (fonte: lastampa.it)

Il cane e il farmaco che batte il tumore 29/03/2009 18:04
Oscar è ormai una celebrità. La sua storia comincia quando si ammala di tumore, un adenocarcinoma dell'intestino molto maligno: non si muove più e può sperare di sopravvivere solo tre mesi. La chemioterapia e la radioterapia non servono a niente, così sperimentano su di lui un farmaco, nuovissimo, che fa il miracolo: il cancro scompare e lui torna a camminare. Oscar è un paziente speciale: è un cagnolino, un Bichon frisè, di quelli che hanno il pelo bianco e un po' riccioluto e ha dieci anni. La sua fortuna (e dei suoi padroni) è stata quella di incontrare un gruppo di oncologi della Cleveland Clinic, in Ohio, che da un bel po' di anni stavano studiando un farmaco che funzionasse come un cavallo di Troia: capace cioè di penetrare, inosservato, nelle cellule tumorali e di liberare, una volta dentro, l'arma capace di distruggerle. IL FARMACO - Il farmaco è la nitrosilcobalamina, un mix di vitamina B12 e di monossido di azoto (NO): la B12 entra nelle cellule attraverso recettori presenti in gran numero sulla superficie (perché questa vitamina è indispensabile alla proliferazione cellulare) e libera NO che è tossico. Così Oscar-il miracolato ha conquistato la platea al congresso annuale dei chimici americani a Salt Lake City, dove è stato presentato il caso, e la sua fotografia sta facendo il giro del mondo. Dopo di lui sono stati curati, con la nitrosilcobalamina, altri due cani, con buoni risultati e senza effetti tossici: Buddy, un golden retriver di sei anni, con un tumore della spina dorsale e Haley, uno schnauzer gigante di 13 anni, con un tumore della tiroide: la risonanza magnetica e gli ultrasuoni hanno dimostrato una riduzione della massa per entrambi. Quando la lista comprenderà dieci «casi clinici » in tutto, i ricercatori chiederanno all'Fda, l'ente americano per i farmaci, l'autorizzazione per la sperimentazione sull'uomo. Cani e uomini sono molto simili da un punto di vista genetico e l'idea che ha avuto Joseph Bauer, coordinatore della ricerca, è intelligente: offrire subito un'opportunità di cura agli animali ammalati di cancro (Negli Usa sono 6 milioni) e ricavarne informazioni per salvare, in prospettiva, anche i pazienti. Del resto uomini e cani si ammalano allo stesso modo anche perché, genetica a parte, sono esposti agli stessi rischi ambientali. TUMORI NEI CANI - E come sta avvenendo per noi umani, anche nella popolazione a quattro zampe i tumori sono in aumento «Sono in crescita — spiega Laura Volontè, specialista all'Ospedale Veterinario Città di Pavia — anche perché aumenta l'età media degli animali, perché c'è più prevenzione e una maggiore disponibilità a curare. Anche i proprietari sono più attenti alla salute degli animali». I tumori più frequenti sono quelli della pelle, della mammella nelle femmine e dei testicoli nei maschi, ma ci sono neoplasie che si manifestano più frequentemente in certe razze. «Il Golden retriever per esempio — continua Volontè — si ammala di emangiosarcoma, un tumore della milza. Ecco perché nelle razze a rischio sarebbe bene, attorno agli otto anni, fare un'ecografia dell'addome». Anche per i cani si sta cominciando a parlare di prevenzione e di diagnosi precoce, oltre che di nuove chemioterapie. (fonte: ilcorriere.it)

Frutta e verdura riducono il rischio di tumori 29/03/2009 18:03
Buone notizie per i vegetariani: da uno studio pubblicato sull' American Journal of Clinical Nutrition, emerge che il tasso d’incidenza del cancro è significativamente più basso tra chi non mangia carne. Lo studio, condotto nel Regno Unito, ha preso in esame i dati provenienti da 52.700 uomini e donne, reclutate negli anni ’90. Ma un altro aspetto interessante, destinato ad aprire un nuovo filone di ricerche, è emerso sempre da questo studio: tra coloro che hanno sviluppato, pur essendo vegetariani, un tumore, si è trattato principalmente della forma di tumore del colon-retto, una malattia sino ad oggi collegata al consumo di carne rossa. Nonostante i ricercatori ricordino che è ampiamente raccomandato mangiare cinque porzioni di frutta e verdura al giorno per ridurre il rischio di cancro e di altre malattie, fanno però notare che vi sono poche prove sul fatto che questa riduzione del rischio sia esclusiva di una dieta vegetariana. Inoltre sarà necessario condurre nuove indagini per verificare una forte riduzione dell'incidenza del cancro nei vegetariani e nei consumatori di pesce. Gli scienziati inglesi hanno suddiviso le persone in quattro gruppi: vegetariani, vegan, mangiatori di carne e mangiatori di pesce. Le persone esaminate avevano un'età compresa tra i 20 e gli 89 anni e appartenevano entrambi i sessi. Confrontando i dati è emersa una minore incidenza di casi di tumore tra i vegetariani e quelli che consumano pesce rispetto a quelli che mangiano carne. Il Professor Tim Key, del Cancer Research UK, epidemiologista presso l'Università di Oxford, e uno degli studiosi che hanno firmato la ricerca, ha dichiarato che lo studio mostra un'interessante correlazione tra una riduzione del rischio di cancro e l'assunzione di verdure e pesce e ha invitato la comunità scientifica a porre attenzione a questo rapporto, per poter stabilire come e quanto una dieta di questo genere possa effettivamente agire positivamente sulla salute. Uno studio che apre nuove vie di indagine, ma non pone ancora dei puntelli fissi nella ricerca sul cancro. A dimostrare che il tumore è una malattia complessa e che tra i fattori che ne determinano lo viluppo giocano diversi elementi, la dieta, ma anche gli stili di vita in generale. (fonte: finanzainchiaro.it)

Carni rosse, e non i vegetali, a rischio tumore al colon 23/03/2009 17:44
Secondo il dott. Franco Berrino, direttore del dipartimento di Medicina preventiva dell'Istituto dei tumori di Milano, è da diverso tempo ormai che è stato accertato il collegamento tra una dieta ricca di carne, in particolare quelle rosse, con il tumore al colon-retto. Berrino si pone in contrasto con lo studio dell'Università di Oxford, commentando che secondo lui è sbagliato concludere che una dieta vegetariana possa aumentare il rischio di cancro al colon. Nonostante lo studio confermasse il collegamento tra l'assunzione sistematica di carni rosse e il tumore all'intestino, evidenziava come dato 'a sorpresa' che tra le persone che seguono una dieta vegetariana si presentasse potenzialmente un rischio legato alla possibilità di sviluppare il cancro al colon-retto. Il dott. Berrino, tuttavia, ricorda che lo studio dell'Università di Oxford è stato fatto su un campione poco rappresentativo – 57.000 persone – rispetto al più largo studio Epic, eseguito proprio sulla correlazione tra alimentazione e tumori, che è stato invece fatto su un campione di 500mila persone. Questo studio ha mostrato come una dieta che includa più fibre e meno carne diminuisca 'significativamente' l'incidenza di tumori all'intestino, ponendo l'accento tra la principale relazione proprio tra cancro dell'intestino e carni rosse, per le quali se ne consiglia un uso molto moderato. Lo scienziato italiano ritiene che le probabili dubbie conclusioni tratte dallo studio inglese siano da ricondurre al fatto che bisogna valutare anche altri fattori di rischio che concorrono allo sviluppo del tumore all'intestino come l'età, il sesso, un eventuale vizio del fumo o, ancora, un'assunzione di zuccheri che, secondo alcune recenti ipotesi, potrebbero avere anch'esse una stretta relazione con il rischio di cancro all'intestino. (fonte: lastampa.it)

Contro Il Cancro Al Seno Funghi E Te' Verde, Ecco La Dieta Amica Delle Donne 23/03/2009 17:42
Le donne che mangiano funghi e bevono te' verde in abbondanza potrebbero abbassare il loro rischio di sviluppare il cancro al seno, secondo uno studio condotto in Cina su oltre 2.000 soggetti. I ricercatori, guidati dalla Dr.ssa Min Zhang, hanno scoperto che le donne che mangiavano piu' funghi, freschi o secchi, avevano il rischio piu' basso di ammalarsi di cancro al seno e che il rischio si riduceva ulteriormente se tali donne bevevano te' verde ogni giorno. In Cina, l'incidenza del cancro al seno e' quattro-cinque volte inferiore di quella dei Paesi occidentali, anche se i tassi sono aumentati negli ultimi decenni nelle aree piu' ricche del Paese asiatico. I risultati del nuovo studio suggeriscono che la dieta tradizionale cinese - che prevede molti funghi e grandi quantita' di te' verde - puo' aiutare a spiegare la minore incidenza del cancro al seno in Cina, dice la Dr.ssa Zhang, che insegna alla University of Western Australia, a Perth. La ricerca, pubblicata dall'International Journal of Cancer, e' stata condotta nel sud-est della Cina e ha coinvolto 1.009 pazienti con cancro al seno di eta' compresa fra 20 e 87 anni, e un uguale numero di donne sane della stessa eta'. A tutte e' stato sottoposto un questionario sulle abitudini alimentari. Le donne che mangiavano piu' funghi freschi (10 grammi o piu' al giorno) avevano circa due terzi di probabilita' in meno di sviluppare il cancro al seno delle donne che non ne mangiavano. Le donne che mangiavano 4 grammi o piu' di funghi secchi al di' avevano un rischio dimezzato. Inoltre, quelle che mangiavano funghi e in piu' bevevano ogni giorno te' verde avevano solo l'11-18% del rischio di cancro al seno rispetto alle donne che non bevevano te' verde e non mangiavano funghi. (fonte: cybermed.it)

Tumori alla prostata, test Psa deludente: evita poche morti, provoca troppe analisi 23/03/2009 17:40
Riduce la mortalità meno del previsto, il test dell'antigene prostatico specifico (Psa): risulta dai primi due grandi studi condotti sull'efficacia di questo test, che da quasi vent'anni è il punto di riferimento nella diagnosi del tumore della prostata. È il risultato deludente delle ricerche, una statunitense e una europea, pubblicate nell'edizione online del New England Journal of Medicine. Entrambe giungono alla conclusione che il test del Psa riduce la mortalità per cancro alla prostata fino al 20%, ma è associato a un eccesso di diagnosi e a trattamenti invasivi inutili. Test valido ma ci sono sprechi. Il presidente della Società americana per la ricerca sul cancro, Otis Brawley, non ha esitato a definirli «fra gli studi più importanti nella storia della salute maschile». Tuttavia non è detto che prevenzione e diagnosi del tumore della prostata debbano ripartire da zero: per Andrea Lenzi, andrologo dell'università di Roma La Sapienza, «il test del Psa è un indicatore valido». È probabile, osserva, che «indagini di massa mettano in evidenza l'esistenza di sprechi, ma bisogna considerare che viviamo in una società avanzata che fa prevenzione». Il test del Psa, insomma, è utile quanto il Pap test per la diagnosi del tumore del collo dell'utero ed è oggi «l'unica possibilità di analisi non invasiva». Ma è anche vero, aggiunge che «da solo il valore elevato del Psa non dice molto: servono altri esami e controlli successivi» prima di qualsiasi intervento radicale. Due studi per placare le polemiche. A imporre la necessità di questi primi studi su larga scala è stata la grande disparità di opinioni sull'effettiva utilità del test, che per quasi vent'anni è stata discussa dalle società scientifiche di tutto il mondo: non c'è mai stata, finora, unanimità di vedute su quando, a che età e con quale periodicità sottoporsi al test, nè sui livelli soglia ai quali far scattare il campanello d'allarme. La ricerca americana. E' stata condotta nell'ambito del Plco (Prostate, lung, colorectal and ovarian) fra il 1993 e il 2001 in dieci centri e su circa 76.700 uomini. I dati mostrano che «lo screening non è associato ad una riduzione della mortalità dovuta al cancro della prostata» e non rilevano benefici per il 67% degli uomini seguiti per dieci anni. In pratica il numero di morti non è molto diverso fra chi ha fatto il test e chi non lo ha fatto. Lo studio considera quindi il test non indicato per gli uomini di oltre 75 anni. Lo studio europeo. L'Erspc (European randomized study of screening for prostate cancer) è stato condotto su 182.000 uomini (di età compresa fra 50 e 74 anni). I risultati, ancora preliminari, indicano che il test del Psa risulta associato a una riduzione delle morti per tumore della prostata pari al 20% per gli uomini fra 55 e 69 anni, unico gruppo per il quale sono indicati dei benefici. Si segnala poi il problema dell'eccesso di diagnosi, che riguarda il 50% degli uomini che hanno fatto regolarmente il test (fonte: ilmessaggero.it)

Settimana di prevenzione del tumore della prostata 16/03/2009 15:52
Se in Italia ci sono ben 9,3 milioni di persone potenzialmente a rischio di tumore alla prostata è indispensabile, non solo poter trovare una cura efficace, ma anche e soprattutto poter prevenire questa grave patologia. In occasione della Settimana di prevenzione del tumore della prostata, organizzata dalla World Foundation of Urology e in programma dal 12 al 19 marzo 2009, il presidente Mauro Dimitri ha dichiarato che l'Italia è passata da una media incidenza a una alta incidenza di casi di tumore alla prostata. Secondo gli stessi dati della fondazione, ogni anno vengono diagnosticati 23mila nuovi casi contro i 17mila di tre anni fa. Le persone più a rischio sono gli obesi con un 47% di rischio in più di ammalarsi, ma anche la sedentarietà e una dieta scorretta possono concorrere al rischio. Ma ecco arrivare un nuovo allarme. Secondo uno studio condotto da un team di scienziati dell'Australia's National Drug Research Institute presso la Curtin University, bere più di due bicchieri al giorno di alcolici aumenta significativamente il rischio di cancro alla prostata. Il team internazionale di scienziati ha esaminato 35 studi per valutare il rapporto tra il livello di alcol e il rischio di sviluppare la malattia. Da questi dati è emerso che gli uomini che bevono più di 14 bicchieri di bevande alcoliche a settimana hanno circa un 20% in più di possibilità di sviluppare il cancro alla prostata rispetto a coloro che bevono meno. Mentre con altri tipi di cancro l'alcol rappresenta un fattore di rischio già con meno di due bicchieri al giorno, nei confronti del tumore alla prostata si sono evidenziati effetti a partire da due o più bicchieri, ha dichiarato la dottoressa Tanya Chikritzh a capo dello studio. Questi risultati vanno in contrasto con precedenti attività di ricerca che hanno suggerito che bere due o più bevande poco alcoliche al giorno potrebbe aiutare a prevenire gli attacchi di cuore. A tale proposito gli autori della ricerca dichiarano che sono necessari altri approfonditi studi per valutare i rischi e gli eventuali benefici per le differenti tipologie di malattie e i diversi livelli di assunzione di alcol. Tuttavia, gli scienziati raccomandano comunque di bere con moderazione. (fonte: lastampa.it)

Poche ore di sonno notturno aumentano il rischio di diabete, cancro e ictus 16/03/2009 15:50
Alcuni giorni fa è stata pubblicata da molti la notizia che il pisolino pomeridiano potrebbe predisporre al diabete, oggi dagli Usa arriva un nuovo studio che suggerisce un collegamento tra il dormire poche ore di notte e anormali livelli di zucchero nel sangue, e altri fattori, che mettono a serio rischio la salute. Lo studio condotto dai ricercatori dell'Università di Buffalo a New York ha messo in evidenza come le persone che hanno dormito meno di 6 ore a notte avessero 4,5 volte più probabilità di sviluppare anomali livelli di zucchero nel sangue. "Questo studio sostiene la prova che la crescente mancanza di sonno è associata a effetti negativi sulla salute" ha dichiarato la ricercatrice dottoressa Lisa Rafalson che ha presentato le sue conclusioni alla Conferenza sulle Malattie Cardiovascolari Epidemiologia e Prevenzione a Palm Harbor in Florida. Rafalson e colleghi hanno voluto accertare se la mancanza di sonno potesse essere collegata all'aumento del rischio di diabete di tipo 2, rischio che aumenta in caso di obesità e stili di vita sedentari. Per fare ciò hanno analizzato i dati di un grande studio durato sei anni, qui hanno identificato 91 persone il cui livello di zucchero nel sangue è aumentato durante il periodo di studio e li hanno confrontati con 273 persone i cui livelli di glucosio sono rimasti nella normalità. I dati hanno suggerito che le persone che dormono poco hanno maggiori probabilità di sviluppare alterazioni della glicemia (una condizione che può portare al diabete di tipo 2), rispetto a coloro che dormivano da 6 a 8 ore per notte. "Con i nostri risultati speriamo di incoraggiare ulteriori ricerche nel settore molto complesso del sonno e delle malattie collegate" hanno commentato i ricercatori. Diversi studi hanno dimostrato le conseguenze negative per la salute connesse al dormire troppo poco. Nei bambini, gli studi hanno mostrato che aumenta il rischio di obesità, depressione e ipertensione. Negli adulti aumenta il rischio di infezioni, malattie cardiache, ictus e cancro. Negli anziani aumenta il rischio di cadute. Secondo il CDC (Centers for Disease Control and Prevention) americano, gli adulti in genere necessitano tra le 7 e le 9 ore di sonno notturno. (fonte: lastampa.it=

Tumori dell’ovaio, scoperto il meccanismo di resistenza ai farmaci 16/03/2009 15:49
Aggirare e sconfiggere la farmaco-resistenza che si crea nelle cellule tumorali: è quanto sono riusciti a fare alcuni ricercatori italiani dell’università Cattolica di Campobasso e della Fondazione Santa Lucia Irccs di Roma nel caso del carcinoma ovarico, che hanno individuato un nuovo meccanismo biologico attraverso il quale le cellule maligne riescono a opporsi a uno dei medicinali più usati per questa patologia, il paclitaxel. «Nonostante una buona risposta alla chirurgia e alla fase iniziale della chemioterapia, in molti casi assistiamo a un fallimento in termini di efficacia dei farmaci antitumorali - spiegano Lucia Cicchillitti e Michela di Michele, autrici dello studio pubblicato in questi giorni sulla rivista scientifica Journal of Proteome Research -. Il tumore sembra diventare indifferente e torna a essere aggressivo. Ecco perché il nostro principale obiettivo in questo momento è quello di capire i meccanismi biologici che stanno alla base della resistenza al paclitaxel». A questo scopo i ricercatori hanno fatto ricorso alla proteomica, una scienza relativamente giovane che studia i processi attraverso i quali l’insieme delle proteine di una cellula, una volta formate a partire dall’informazione genetica, vengono modificate ed adattate alla loro funzione. Si sono concentrati sulle proteine che sono maggiormente coinvolte nella resistenza al farmaco, in particolare la disulfide isomerasi ERp57, che può rappresentare un valido biomarcatore. E che interagisce con un’altra proteina - la tubulina di classe tre (TUBB3) – anch’essa dimostratasi attiva nell’opposizione al paclitaxel nel carcinoma ovarico, ma anche in altri tipi di tumore. Gli scienziati hanno così scoperto che il legame tra le due proteine è più evidente nel nucleo della cellula, fatto finora sconosciuto. BENEFICI - Comprendere meglio i meccanismi della farmaco-resistenza significa arrivare a distinguere, prima di iniziare la cura, le pazienti che possono trarne beneficio e quali no, evitando così trattamenti inefficaci. Nel trattamento dei tumori ovarici, infatti, la chemioterapia svolge un ruolo cruciale perché ad oggi non è possibile individuare le donne che presentano un rischio più elevato di sviluppare questa neoplasia, quindi è assai difficili per i medici poter fare prevenzione mirata. Inoltre i sintomi, nelle fasi iniziali, sono praticamente inesistenti. La diagnosi, dunque, è spesso tardiva e, di fronte a una malattia in fase avanzata, il solo intervento chirurgico non è sufficiente. (fonte: corriere.it)

Alimentazione, vegetariani più protetti contro il cancro 16/03/2009 15:40
La dieta vegetariana è un aiuto contro il cancro. Lo suggerisce una ricerca britannica condotta su 52.700 persone, uomini e donne, che però fa emergere anche un dato che ha stupito gli stessi ricercatori: tra i vegetariani hanno infatti rilevato un aumento dell'incidenza di tumore colorettale, una forma che invece viene normalmente associata al consumo di carne rossa. La ricerca è iniziata nel 1990 ed ha suddiviso i partecipanti in mangiatori di carne rossa, mangiatori di pesce, vegetariani e vegani (questi ultimi non mangiano alcun derivato animale): si è evidenziata appunto un'incidenza significativamente più bassa di tutti i tumori nei vegetariani e in chi mangiava pesce, rispetto a chi mangiava carne. Tuttavia per il tumore colorettale, tale tendenza si è invertita. Lo studio è pubblicato sull'American Journal of Clinical Nutrition. (fonte: istablog.org)

Tumori, stop ai pregiudizi sui malati più anziani 07/03/2009 00:28
Ogni anno, in Italia, vengono diagnosticati 270mila nuovi casi di tumore. Il 56 per cento delle persone colpite ha più di 65 anni e di questi il 45 per cento ha superato i 70. E se fino a pochissimi anni fa i malati seniores non vivevano abbastanza per trarre giovamento da una terapia antitumorale, molti studi recenti dimostrano invece l’esatto contrario: che le cure funzionano, allungano la vita e ne migliorano la qualità. A patto, però, che siano opportunamente calibrate e che nel programma terapeutico vengano tenuti nella giusta considerazione anche tutti gli elementi che caratterizzano la salute (e la malattia) della terza età. Gli anziani oggi rappresentano il 24,5 per cento della popolazione italiana (14 milioni di persone) e, secondo le stime dell’Onu, arriveranno al 35 per cento nel 2040, rendendoci il Paese più vecchio al mondo. Alla luce di questi dati, presentati in occasione del primo congresso nazionale della neonata Federazione Italiana di Medicina Onco-Geriatrica (Fimog), «s’impone – dicono gli esperti - la necessità di cure oncologiche appropriate per gli over 65». UNA PATOLOGIA TIPICA DELLA TERZA ETÀ - Il problema di terapie che tengano in conto le variabili dovute all’età, del resto, è evidente se solo si considera che l’incidenza del cancro è strettamente connessa con l’età: il rischio di sviluppare una neoplasia dopo i 65 anni, insomma, è circa quaranta volte più alto rispetto a quello di quando si ha un’età compresa tra i 20 e i 44 anni, e circa quattro volte quello medio della fascia che va dai 45 ai 64. Il cancro si potrebbe in sostanza definire una malattia tipica della vecchiaia. Ma la diagnosi e il trattamento di un tumore in un over 65 pongono immediatamente sul piatto una serie di questioni assenti in un individuo più giovane. Perché l’anziano, spesso, è già affetto da altre patologie, non di rado croniche, assume vari farmaci che possono costituire un ostacolo per le cure anticancro. E, fatto determinante nella vita quotidiana, talvolta vive solo o non è pienamente autosufficiente. UN TEAM DI SPECIALISTI - Chirurgo, oncologo e radioterapista, dunque, non bastano. «L’approccio diagnostico-terapeutico del paziente in età senile deve essere eseguito con modalità multidisciplinare e cioè con l'intervento congiunto di più specialisti – conferma Silvio Monfardini, presidente consiglio scientifico dell’Associazione italiana oncologia della Terza Età (Aiote ) -. Accanto a queste figure mediche bisogna aggiungere geriatra e anestesista. Ma anche psicologi, fisioterapisti e riabilitatori, terapisti del dolore, infermieri, farmacisti, personale per l’assistenza domiciliare, nutrizionisti. Solo così si avrà la certezza di evitare valutazioni incomplete del paziente e conseguenti errori di trattamento eccessivo o, al contrario, inferiore al necessario». E si può parlare di cure appropriate solo se si assicura l’aiuto a casa (magari coinvolgendo l’assistenza sociale) dopo le dimissioni ospedaliere. ANCORA INSUFFICIENTI I CENTRI SPECIALIZZATI – Aggiunge Adriano Tocchi, presidente Fimog e direttore del dipartimento di chirurgia Pietro Valdoni del Policlinico Umberto I di Roma: «Per il trattamento delle neoplasie negli anziani non esistono in Italia, allo stato attuale, abbastanza centri specializzati e mancano protocolli di trattamento definiti. Per questo, fra gli obiettivi principali di Fimog, c’è quello di mettere a punto protocolli terapeutici adeguati alle condizioni fisiche di questi pazienti, introducendone progressivamente l’uso omogeneo in tutto il Paese». Ma qualcosa già si muove: l’oncologia geriatrica italiana cresce, lentamente ma in modo costante e capillare. Secondo il primo sondaggio Aiote , rispetto a qualche anno fa, i gruppi che oggi si occupano specificamente della gestione del malato oncologico anziano sono più numerosi e meglio distribuiti sul territorio nazionale, sia pure con qualche differenza nord-sud. «CURARLI? NON NE VALE LA PENA» – In totale sono stati circa 59mila gli italiani over 65 ricoverati in assistenza ospedaliera per un tumore maligno nel 2005 (fonte: Ministero della salute). Molti hanno dovuto scontrarsi con una mentalità ancora diffusa, purtroppo anche fra i medici: «Anziano malato di cancro? Meglio lasciar stare. Non vale la pena sottoporlo a operazioni e farmaci…» Ma oggi a 65 anni si è vecchi? Secondo i dati raccolti dal Gruppo di Oncologia Geriatrico Italiano (Gogi), nei prossimi dieci anni il numero di anziani nel nostro Paese, soprattutto dagli 85 anni in su, è destinato a crescere. «Esistono, fondamentalmente, due tipi di vecchi – prosegue Tocchi -. I “grandi vecchi”, che raggiungono la età geriatria con i propri mezzi, per lo più senza aver dovuto ricorrere, se non per malattie occasionali, al medico. E gli anziani che, invece, hanno invece raggiunto l’età geriatrica solo grazie a terapie mediche, protratte nel tempo, per correggere patologie croniche. È sui primi che possono persino essere eseguiti interventi di chirurgia maggiore» e sui quali, secondo gli specialisti, pesano ancora troppi pregiudizi. ANCHE GLI ANZIANI GUARISCONO - L’età avanzata, insomma, non è di per sé una condanna né un fattore che da solo possa influenzare negativamente le possibilità di sopravvivenza. Quindi, non dovrebbe limitare più di tanto le decisioni dei medici. Le prove, ancora una volta, arrivano dalla statistica: nonostante i numerosi casi di tumore diagnosticati in Italia dal 1970 a oggi, il numero di morti per questa causa si è ridotto. Da quasi 100mila nel 1970, dopo un’impennata fra gli anni Ottanta e il 2005 (quando ne sono stati registrati 130mila), la quantità di decessi ha avuto un nuovo calo in questi ultimi anni, arrivando a poco più di 100mila. Se la maggior parte dei casi oncologici riguarda gli anziani, dunque, bisogna dedurne che anche gli anziani guariscono. «Un risultato ottenuto grazie alle più moderne terapie – spiega Lazzaro Repetto, direttore dell’unità di oncologia presso l’Istituto nazionale di riposo e cura per gli anziani di Roma – e ai progressi chirurgici, tanto che oggi il paziente oncologico può convivere con la malattia per molti anni e godere di una buona qualità della vita. Per quello che riguarda gli anziani, però, i miglioramenti nella sopravvivenza sono legati quasi esclusivamente alle maggiori possibilità di operare, perché quando si deve procedere con la chemioterapia, purtroppo, sono ancora molti i problemi da risolvere». POCHE RICERCHE E TROPPI FARMACI – Perchè le cure siano adeguate, infatti, servono farmaci efficaci. Ma da tempo ormai gli esperti denunciano che, per i malati di tumore con i capelli bianchi, i conti non tornano. «Gli anziani sono ancora fuori dalla ricerca – conferma uno dei massimi esperti mondiali in materia, Ludovico Balducci -, perché troppi pregiudizi frenano il loro coinvolgimento nelle sperimentazioni sui medicinali». Infatti, se circa il 60 per cento dei tumori si manifesta in persone di almeno 65 anni, la loro partecipazione ai trial clinici per studiare terapie migliori non supera il 25 per cento. «Assodato che i soggetti anziani sono i principali utilizzatori dei nuovi farmaci - precisa Repetto -, i preparati vengono però sperimentati su pazienti più giovani, di 40 e 50 anni, con il rischio di veder aumentare gli effetti collaterali quando impiegati nei 70 e 80enni». Il risultato? I medici non sanno con certezza quanto le cure siano valide e tollerabili anche per un organismo senile e, soprattutto, quale sia il rapporto benefici-effetti collaterali. Senza considerare che ancora troppo spesso ci si dimentica del fatto che le persone anziane, solitamente, soffrono di piccoli o grandi disturbi (cardiolocircolatori, respiratori, diabete, ad esempio) per cui già assumono un discreto numero di medicinali. Così, le prescrizioni si sommano e gli effetti collaterali lievitano con conseguenze anche gravi per i malati. I «PUNTI DEBOLI» DA SOSTENERE - Resta comunque un fatto indiscutibile: il paziente geriatrico, a seguito dei fenomeni tipici dell’invecchiamento, presenta una diminuzione delle riserve dell’organismo e le condizioni fisiche generali si deteriorano. Il che comporta una significativa e diversa resistenza allo «stress» determinato dai trattamenti anticancro alla quale verrà sottoposto. E poi, purtroppo, i malati anziani sono spesso soli, hanno difficoltà a muoversi e a conciliare le necessità della vita di tutti i giorni (fare la spesa, lavarsi, tenere in ordine la casa, cucinare, ecc.) con gli spostamenti per le visite e gli effetti collaterali delle cure e dell’intervento. Fornire loro un’adeguata assistenza è quindi indispensabile. A tutto ciò va ancora sommato l’impatto psicologico della malattia: «La solitudine e le difficoltà concorrono ad aumentare la depressione di cui generalmente soffrono, almeno dopo il primo shock iniziale, tutti pazienti oncologici – spiega Daniele La Barbera, docente di Psichiatria all’università di Palermo e responsabile del master in psiconcologia durante un recente convegno nazionale tenutosi nell’ateneo siciliano -. Così si crea un ulteriore problema che accresce lo stato d’ansia, rende gli anziani ancora più fragili e spesso finisce per contrastare l’efficacia dei trattamenti. Offrire a questi malati un supporto psicologico, perciò, è fondamentale». (fonte: ilcorriere.it)

Leucemia, una nuova speranza trapianto da genitori a figli 07/03/2009 00:26
Verrà dal midollo osseo dei genitori la salvezza dei bambini colpiti da leucemia acuta che non possono essere curati con la chemioterapia e che non trovano un donatore compatibile. Per loro finora non c'era più niente da fare. Il trapianto da genitori era, se non impossibile, tanto difficile da essere chiamato "il trapianto della disperazione". Ora, grazie a uno studio tutto italiano realizzato dal Gaslini di Genova e dal S. Matteo di Pavia, il trapianto da genitori diventa possibile, con percentuali di successo vicine al 75% dei casi. In genere, i bimbi leucemici vengono curati con il ricorso alla chemioterapia e questa cura ottiene risultati decisivi in circa l'80% dei casi. Per gli altri piccoli malati si apre la strada obbligata del trapianto di midollo osseo. Una strada difficile, irta di ostacoli: già è complesso trovare un donatore compatibile ed è una vera e propria lotta contro il tempo. Possono essere donatori i fratelli compatibili, ma sono presenti solo nel caso di un bambino leucemico su quattro. Oppure si fa ricorso a un donatore compatibile non consanguineo, ma anche qui se ne trova solo un caso su tre. La drammatica conseguenza è che per circa il 40% dei bambini malati che non possono essere curati con chemioterapia non ci sarà più niente da fare. Ma uno studio italiano di grandissimo rilievo che verrà pubblicato sul prossimo numero dalla rivista internazionale Blood apre prospettive che sembravano irrealizzabili fino a oggi. Lorenzo Moretta, immunologo di fama internazionale e direttore scientifico dell'Istituto Giannina Gaslini di Genova, ha collaborato con un'équipe clinica diretta da Franco Locatelli del S. Matteo di Pavia. La strada seguita dai ricercatori si chiama "trapianto aploidentico", che significa "identico a metà": è quello che ha come donatore uno dei genitori del bambino leucemico. Fino a ieri i risultati non erano del tutto soddisfacenti proprio perché il midollo di un genitore è "incompatibile a metà" rispetto a quello di un figlio. C'era il rischio, quasi la certezza, che un gruppo di cellule del nuovo sistema immunitario (le cellule T) attaccassero i tessuti dell'ospite, dando vita a una vera e propria aggressione contro il suo organismo. Contro questi meccanismi distruttivi interviene lo studio dei ricercatori del Gaslini. Quando si trovano di fronte a un bambino malato di leucemia acuta che non ha altre possibilità di cura, analizzano il midollo di entrambi i genitori e scelgono quello che ha le cellule più idonee a debellare la malattia. A questo punto prelevano il midollo del genitore e lo ripuliscono delle cellule T, cioè quelle che se infuse nel corpo del bambino lo ucciderebbero. Ma lasciano nel midollo infuso un particolare tipo di cellule, chiamate Natural Killer (Nk), globuli bianchi molto agguerriti che hanno la capacità di uccidere le cellule leucemiche (e che hanno un ruolo chiave nella difesa contro i virus). Da una parte quindi si eliminano le cellule cattive (i linfociti T) e dall'altra si potenzia il ruolo dei Natural Killer, che eliminano la malattia. I risultati clinici sono molto incoraggianti: "Con la nostra tecnica - afferma Franco Locatelli - l'aspettativa di guarigione è vicina al 75%. Ricordo che, senza un trapianto, tutti questi bimbi sarebbero morti a causa della leucemia o delle sue complicazioni. Dati questi risultati, ritengo che il trapianto aploidentico possa diventare la tecnica di riferimento nella cura delle leucemie acute del bambino che non rispondono alla chemioterapia". A Genova Moretta ha coordinato un gruppo di lavoro che comprende Daniela Pende, Stefania Marcenaro, Stefania Martini, Michela Falco, Maria Cristina Mingari e Alessandro Moretta. (fonte: larepubblica.it)

Tumore al seno, italiani scoprono molecola che provoca le metastasi 07/03/2009 00:25
Si chiama FOXP3 ed è una molecola la cui presenza nelle cellule del tumore al seno è legata allo sviluppo di metastasi. È stata scoperta da un gruppo di ricercatori italiani grazie alla collaborazione tra l'Unità Operativa Bersagli Molecolari dell'Istituto Tumori di Milano (Int), diretta da Elda Tagliabue e il gruppo che fa capo ad Andrea Balsari, docente di Immunologia all'Università Statale. La scoperta, che sarà utile per personalizzare sempre più le terapie, è stata fatta analizzando il tessuto neoplastico di pazienti operate di tumore al seno. Lo studio, finanziato dall'Airc, è stato pubblicato dal Journal of Clinical Oncology. L'analisi del tessuto neoplastico ottenuto da più di 300 pazienti - spiega una nota dell'Int - ha evidenziato come la presenza di FOXP3 nelle cellule tumorali mammarie si associa significativamente col rischio di sviluppare metastasi, quindi con una condizione di maggiore aggressività della malattia. In particolare, nelle pazienti che non presentavano cellule maligne nei linfonodi, la presenza di FOXP3 nelle cellule del tumore primario si correlava con un peggioramento della prognosi dovuto a metastasi, mentre nelle pazienti con coinvolgimento dei linfonodi, l'assenza di FOXP3 nelle cellule tumorali era in correlazione con una prognosi più favorevole. «Gli sforzi dei due gruppi di ricerca - sostiene Balsari - sono ora rivolti all'individuazione del meccanismo biologico attraverso cui la molecola FOXP3 spinge le cellule del tumore della mammella a diffondersi in altri organi». «E con le conoscenze acquisite - aggiunge Tagliabue - sarà possibile studiare il modo di usare FOXP3 per individuare i tumori più aggressivi contro cui indirizzare terapie mirate, oppure disegnare nuove molecole in grado di contrastare l'azione della stessa FOXP3». (da: ilmessaggero.it)

La marijuana aumenta il rischio di tumore ai testicoli 01/03/2009 20:52
In uno studio condotta al Fred Hutchinson Cancer Research Center di Seattle (Usa), pubblicato su "Cancer", è risultato chiaro il legame tra un uso frequente o prolungato di marijuana e l'aumento dell'incidenza di tumore ai testicoli. La ricerca è stata condotta su 369 uomini dai 18 ai 44 anni e ha rilevato che fra i consumatori abituali di questa sostanza il rischio raddoppia rispetto ai coetanei che non hanno mai fumato uno spinello. Il campione, composto interamente da pazienti con cancro ai testicoli, è stato sottoposto a un questionario e le risposte sono state poi confrontane con quelle di mille coetanei apparentemente sani. Il consumo di marijuana comporta un 70% di pericolo in più, mentre per chi la fuma regolarmente o fin da giovanissimo il rischio di contrarre il cancro ai testicoli risulta il doppio rispetto a chi non l'ha mai provata. Tra gli autori della ricerca c'è Janet Daling, per la quale la pubertà potrebbe essere un periodo nel corso della quale i ragazzi sono più vulnerabili a fattori ambientali, come la marijuana. (fonte: molecularlab.it)

Nuovo farmaco a base vegetale per combattere il melanoma 01/03/2009 20:49
I composti estratti da verdure come broccoli e cavoli potrebbero essere utilizzati come un potente farmaco contro il melanoma. È quanto affermato dai ricercatori del Penn State College of Medicine (Usa) che hanno individuato un potenziale bersaglio contro le proteine che causano il cancro della pelle. I test effettuati sui topi indicano che questi composti, quando sono combinati con il selenio, risultano più sicuri ed efficaci della terapia convenzionale. "Al momento non esistono farmaci che vanno a colpire direttamente le proteine che scatenano melanoma" ha dichiarato Gavin Robertson, professore associato di farmacologia, patologia e dermatologia presso il Penn State College of Medicine. “Abbiamo sviluppato il farmaco da composti naturali in grado di inibire la crescita di tumori nei topi dal 50 al 60% a fronte di una dose molto bassa" aggiunge Robertson. Già precedentemente gli scienziati avevano dimostrato il ruolo della proteina Akt3 nei casi di melanoma e la ricerca di un farmaco per bloccare la proteina li condusse a una classe di composti chiamati isotiocianati. Queste sostanze chimiche presenti naturalmente nelle verdure della famiglia delle crocifere sono noti per le loro proprietà anticancerogene. Tuttavia, la potenza di questi composti presi singolarmente è così bassa che per ottenere risultati evidenti ce ne sarebbe bisogno di grandi quantità. Per ovviare a questo i ricercatori hanno modificato i composti di zolfo di cui sono fatti gli isotiocianati ricombinandoli con il selenio. Secondo le loro affermazioni, il risultato è stato un farmaco più potente che può essere iniettato per endovenosa in dosi anche basse. "Un deficit di Selenio è comune nei pazienti affetti da cancro, compresi quelli con diagnosi di melanoma metastatico" - ha spiegato Robertson – “Inoltre, il selenio è conosciuto per destabilizzare le proteine Akt nelle cellule del cancro alla prostata". I risultati dello studio sui topi che saranno pubblicati nel numero di marzo del Clinical Cancer Research mostrano che i composti modificati hanno ridotto la crescita dei tumori del 60%, rispetto ai composti a sola base vegetale. E anche se l'esatto meccanismo di come selenio inibisca il cancro rimane ancora poco chiaro, ci sono buone speranze di sviluppare un farmaco efficace e potente per combattere adeguatamente il melanoma. E poiché “con questa modifica sono necessarie piccole dosi di farmaco, questo significa meno tossicità ed effetti collaterali per i pazienti” conclude Robertson. (fonte: corriere.it)

Gli italiani e i tumori del colon: più consapevoli, ma ancora distratti 01/03/2009 20:48
Gli Italiani conoscono il tumore del colon? Così così, ovvero più di prima, ma non ancora abbastanza. Lo collocano al quinto posto per gravità, mentre è la terza forma di cancro per mortalità e frequenza nei Paesi occidentali. Sono più consapevoli della pericolosità e delle potenzialità della prevenzione, ma sottovalutano ancora l’aggressività della malattia e restano ancora piuttosto distratti in tema di controlli. Soprattutto gli ultra 50enni, proprio la fetta di popolazione che entra nella fascia d’età più a rischio. Questo è il quadro delineato da un’indagine Lexis Ricerche, sostenuta da Amgen Dompé, su un campione di 600 persone. I DATI - La convinzione generale è che il numero dei tumori in Italia sia cresciuto (64 per cento degli interpellati) e, dovendo indicare quale forma sia la più grave, in testa alla classifica si colloca quello al polmone (59 per cento), al seno (20 per cento), fegato (18 per cento), pancreas (16 per cento), colon e cervello (12 per cento). In Italia, secondo l’Airc, ogni anno vengono diagnosticati circa 38mila nuovi casi di tumore del colon-retto, 20.500 fra gli uomini (la terza forma di cancro per incidenza) e 17.300 fra le donne (la seconda). LA PREVENZIONE – Le campagne d’informazione a qualcosa sono servite: la maggior parte degli intervistati riconosce che controlli e vita sana sono essenziali. Il 57 per cento si considera attento anche se non così scrupoloso nelle azioni di prevenzione, il 23,3 per cento si dice molto attento e il 20,2 per cento invece ammette di essere rimasto un po’ superficiale sull’argomento. Fanno prevenzione più al Nord che al Centro Sud (29 contro 19 per cento), più le donne degli uomini (28 contro 18 per cento), più le persone mature, sopra i 45 anni, dei 35-45 enni (26 per cento contro 20). CONTROLLI, MOVIMENTO E DIETA SANA - Ma cosa si deve fare per prevenire il tumore del colon? Secondo la quasi totalità (94-95 per cento) degli interpellati sono necessari un check-up completo ogni due o tre anni, visite periodiche da specialista, ed esame del sangue una volta all’anno; l’88-91 per cento ritiene che si debba controllare l’alimentazione e gli alcolici, fare esami periodici delle feci, ridurre lo stress. BUONE INTENZIONI - La gente è più sensibilizzata, osservano gli autori dell’indagine, ma non ancora pronta a tradurre le buone intenzioni in comportamenti pratici. Il professor Roberto Labianca direttore del dipartimento di Oncologia ed Ematologia degli Ospedali Riuniti di Bergamo ha così commentato: «Alimentazione corretta ed esercizio fisico sono fondamentali deterrenti all’insorgere di questa aggressiva neoplasia. Occorre che gli sforzi delle amministrazioni locali volti al vaglio e all’analisi della popolazione a rischio siano seguite dal maggior numero possibile di persone». IL DOTTORE E LA TV – Da chi arrivano le informazioni su come mantenersi sani? Soprattutto dal medico di famiglia, per il 58,2 per cento degli intervistati, da amici, parenti e conoscenti (27,7 per cento) e dal farmacista (7.3 per cento). Quattro su dieci, però, considerano anche la televisione una fonte autorevole e utile. FIDUCIA, CON RISERVA – I tumori sono per gli Italiani la patologia maggiormente correlata al peggioramento della qualità della vita, più dello stress, della depressione e delle malattie cardiovascolari. Il 66 per cento ritiene che le malattie oncologiche oggi sono meglio curate che in passato, soprattutto in termini di attesa di vita, ma restano molti dubbi sulla capacità della società di essere di supporto al malato e alla sua famiglia. Solo il 13 per cento ritiene siano molto seguiti, il 56 che lo siano «abbastanza» e il 31 che non lo siano affatto. Quasi tutti chiedono che ai malati di cancro siano offerte le terapie più innovative, un’assistenza domiciliare di qualità, servizi di supporto informativi e accessi privilegiati per le urgenze. SPERANZE DALLA RICERCA - Gli specialisti tengono a sottolineare che i passi avanti sono stati fatti, specie per quei pazienti che prima non avevano speranze. Osserva Salvatore Siena, direttore della divisione di Oncologia dell’Ospedale Niguarda Ca’ Granda di Milano: «Negli ultimi cinque anni l’armamentario terapeutico per il tumore del grosso intestino, in particolare metastatico, si è arricchito di farmaci biotecnologici, come gli anticorpi monoclonali, che hanno permesso di aumentare la sopravvivenza complessiva e soprattutto la sopravvivenza senza progressione della malattia». «Se diagnosticato e trattato chirurgicamente e farmacologicamente nelle sue prime fasi – conclude Roberto Labianca - il tumore del colon retto permette di raggiungere percentuali di guarigione insperate per altre malattie neoplastiche». (fonte: corriere.it)

Testicoli, maggiore rischio-tumore per gli uomini non fertili 01/03/2009 20:47
Nuove prove sembrano confermare un’ipotesi già sollevata nella comunità scientifica internazionale: esiste un legame fra l’infertilità maschile e il rischio di sviluppare un tumore del testicolo. A sostenere questa tesi è ora uno studio pubblicato sull’ultimo numero della rivista Archives of Internal Medicine e firmato dai ricercatori della University of California (San Francisco) e della University of Washington School of Medicine (Seattle). LO STUDIO - Le analisi americane sono state condotte sui dati riguardanti 22.562 uomini che, con le loro compagne, si sono rivolti a centri della fertilità fra il 1967 e il 1998 per essere aiutati a concepire un figlio. L’incidenza di cancro testicolare fra questi soggetti è poi stata confrontata con quella relativa a maschi coetanei riportata nel Registro tumori nazionale (il National Cancer Institute's Surveillance Epidemiology and End Results program), basandosi sui casi di neoplasie segnalati dal 1988 al 2004. I risultati dimostrano che i maschi che soffrono d’infertilità hanno un rischio quasi triplo (2,8 volte superiore alla popolazione sana) di ammalarsi di un seminoma, la variante più diffusa di cancro dei testicoli che include circa il 90 per cento dei casi. DUE PROBLEMI CON ORIGINI COMUNI - «Attenzione, però. Questo non significa che l’infertilità causa il tumore – sottolinea Nicola Nicolai, urologo dell’Istituto Nazionale Tumori di Milano esperto di questa patologia -, ma sta a indicare che si tratta di due fenomeni paralleli, che molto probabilmente hanno origini comuni. Origini che vanno ancora in parte comprese». Potrebbe trattarsi, ad esempio, di piccoli danni al Dna o di un’errata risposta dell’organismo a possibili difetti genetici, come ipotizzano gli autori dello studio. Ma per avere sicurezze servono ulteriori indagini. Fra i fattori di rischio certi per le neoplasie testicolari, invece, ci sono la familiarità e il criptorchidismo, ovvero la mancata o tarda discesa del testicolo nello scroto. Quali sono, allora, i risvolti pratici della notizia? «In concreto – aggiunge Nicolai – si tratta d’informazioni che aggiungono qualcosa alla nostra conoscenza della malattia e ci sostengono nel proseguire sulla stessa lunghezza d’onda attuale. Gli uomini che si sottopongono a visite nei centri fertilità, infatti, vengono già sottoposti a esami per individuare le cause del problema e verificare lo stato di salute dell’apparato genitale. Fra i controlli previsti, dunque, c’è anche l’ecografia testicolare che può individuare una neoplasia». GUARIGIONI NEL 99 PER CENTO DEI CASI – Secondo le stime della Società Italiana di Andrologia e Medicina della Sessualità, oltre 250mila italiani risultano attualmente infertili pur essendo anagraficamente in età feconda (18-50 anni). I tumori del testicolo sono malattie relativamente rare, con un’incidenza annuale complessiva di circa quattro casi ogni 100mila uomini, ma attualmente rappresentano le neoplasie solide più comuni nei maschi fra i 15 e i 35 anni. I seminomi, che interessano solitamente i maschi adulti (30-40 anni), oltre a essere la forma più diffusa sono anche quella più «buona», ovvero con un’evoluzione più lenta. Il paziente con questo tumore, comunque, guarisce nel 99 per cento dei casi, perché si tratta di una neoplasia poco aggressiva e molto sensibile alle cure. Le statistiche parlano chiaro: di 100 malati con un seminoma allo stadio iniziale, 75 guariscono con il solo intervento chirurgico. Altri 25, all’incirca, hanno invece una recidiva, che viene individuata in fase precoce se si sottopongono regolarmente ai controlli previsti. E, anche quando la malattia si ripresenta, è sufficiente procedere con chemio o radioterapia per eliminarla definitivamente. (fonte: corriere.it)

Calcio, un nuovo alleato contro i tumori femminili 01/03/2009 20:46
Yogurt, latte e formaggi magri nuovi alleati anti-cancro? Lo sostiene uno studio pubblicato sulla rivista Archives of Internal Medicine, che sembra dimostrare il potere benefico di un maggiore apporto di calcio nella dieta femminile come scudo contro i tumori. E’ cosa ormai che i latticini sono cibi amici della salute perché costituiscono ottima fonte di calcio, elemento essenziale per una corretta formazione e per la crescita delle ossa e dei denti. Ora, però, i ricercatori americani del National Cancer Institute di Bethesda forniscono buoni motivi in più per assumere dosi maggiori di questo elemento: diminuirebbe, nelle donne, il rischio di sviluppare un tumore in generale e, in particolar modo, un carcinoma del colon retto o una neoplasia dell’apparato digerente. LO STUDIO - I suggerimenti in arrivo dagli Usa si basano sui dati derivanti da 293.907 uomini e 198.903 donne che hanno preso parte ad un’indagine finalizzata a chiarire i rapporti fra regime alimentare e salute (AARP Diet and Health Study. I partecipanti hanno risposto, dal 1996 al 2003, a questionari mirati sulle loro abitudini a tavola e i risultati sono poi stati incrociati con gli elenchi che registrano i casi di tumore. Nell’arco di sette anni sono state identificate 39.965 neoplasie negli uomini e 16.605 nelle donne. Se per i maschi l’assunzione di calcio non si è dimostrata particolarmente importante, per le femmine pare giocare un ruolo fondamentale: il rischio di tumori appare, infatti, decisamente inferiore (circa il 23 per cento in meno) fra le signore che sono solite consumare fino a 1.800 milligrammi di calcio al giorno. L’apporto di calcio, secondo le stime dei ricercatori, sarebbe utile soprattutto a limitare la formazione di neoplasie del colon retto e dell’apparato digerente (contro i quali sembra avere effetti positivi anche per i maschi). LATTE E DERIVATI - La mancanza di calcio è una delle cause principali di osteoporosi, una patologia che colpisce soprattutto il sesso femminile. Motivo per cui gli specialisti hanno fissato una dose giornaliera raccomandata di calcio per le signore dai 50 anni in su (circa 1.000- 1.200 milligrammi) e consigliano di inserire nell’alimentazione quotidiana il latte e i suoi derivati (compresi yogurt, latte scremato e formaggi magri), ma anche alici, sgombri, sardine e, in misura minore, alcune verdure, come broccoletti, insalate verdi, carciofi, cardi. Attenzione a non esagerare, però: un eccesso di calcio porta alla formazione di calcoli renali. CIBO E CANCRO, UNA CERTEZZA: VERDE A TAVOLA - Nel 1983, l’Accademia delle Scienze degli Stati Uniti è giunta alla conclusione che, dopo il tabacco, i fattori dietetici e nutrizionali costituiscono i fattori più rilevanti nello sviluppo dei tumori, responsabili di circa un terzo di tutte le morti per cancro nei Paesi sviluppati. Da allora, è stato un fiorire di ricerche epidemiologiche, nel tentativo di scovare quei componenti della dieta capaci di incrementare il rischio neoplasia e quelli, invece, in grado di contrastare la degenerazione cellulare. Se è certo, quindi, che esiste una relazione dieta-cancro, ci sono scarse prove effettive che suggeriscano la supremazia di un particolare componente della dieta su un altro. L’unica certezza su cui paiono concordare tutti gli esperti? Alti consumi di frutta e verdura ostacolano la comparsa della gran parte dei tumori. Numerosi studi condotti su diversi gruppi di popolazioni nel mondo hanno, poi, documentato che la maggiore o minore diffusione del cancro dipende in larga misura da come si vive, da quel che si mangia e da quanto si mangia nei diversi Paesi. (fonte: corriere.it)

Il tumore della cervice uterina, ancora una malattia "da poveri" 20/02/2009 18:08
A volerla disegnare, la geografia del tumore del collo dell’utero ricalcherebbe in gran parte quella delle aree a maggiore deprivazione sociale, con i livelli di reddito e di istruzione più bassi. La conferma – l’ultima di una lunga serie – arriva dalla Gran Bretagna e dal lavoro degli epidemiologi del King's College di Londra, che hanno esaminato i dati di oltre 2.200 casi di cancro cervicale per vedere se e quanto influisce lo svantaggio socioeconomico. DA QUARTIERE A QUARTIERE - In tutto il Sud-est del Paese, tra Londra, Kent, Surrey e Sussex, è nella capitale britannica che i ricercatori hanno registrato la più alta incidenza della malattia, in particolare nelle aree caratterizzate da maggiore povertà, elevata abitudine al fumo e alti tassi di gravidanze fra teenager. Il tutto anche nel raggio di pochi chilometri, hanno spiegato su BMC Public Health : «Le zone ad alta e bassa incidenza sono geograficamente molto vicine e i tassi variano in maniera vertiginosa all’interno di una stessa regione; in certi posti si contano percentuali tre volte più alte rispetto alle aree limitrofe». Per minimizzare le diseguaglianze nel tumore della cervice uterina, concludono gli studiosi inglesi, gli interventi di sanità pubblica dovrebbero concentrarsi sulle fasce di popolazione maggiormente svantaggiate. MENO CONTROLLI E PIU’ RISCHI - Più di altre forme di cancro, il tumore del collo dell’utero sembra legato allo status socio-economico. A livelli bassi di reddito, istruzione e integrazione sociale si associano meno prevenzione e maggiori fattori di esposizione alla malattia, prima fra tutti l’infezione da Hpv (papilloma virus umano) cui si deve almeno il 70 per cento dei casi di tumore cervicale. Poi, ricorda l’Istituto superiore di sanità, pesano i rapporti non protetti con un elevato numero di partner sessuali, il fumo di sigaretta, l’uso a lungo termine di contraccettivi orali e altre co-infezioni sessualmente trasmesse, come quelle da Chlamydia trachomatis o da herpes simplex. HPV:QUESTIONE DI STATUS – Una recente ricerca americana dei Centers for Disease Control and Prevention di Atlanta ha cercato di esaminare l’associazione fra le forme tumorali legate all’infezione da papilloma virus e la condizione socioeconomica. Sono stati analizzati i registri tumori e le diagnosi fra il 1998 e il 2003, e il risultato, descritto in un numero speciale della rivista Cancer, ha indicato che i tumori del pene, del collo dell’utero e della vagina sono legati al basso livello di istruzione e alla povertà. NEL MONDO - A livello globale, il carcinoma cervicale risulta il secondo per mortalità fra le donne e, ricorda l’Organizzazione mondiale della sanità, di mezzo milione di nuovi casi che si manifestano ogni anno, otto su 10 colpiscono nei Paesi in via di sviluppo, in Africa, America latina e Asia, dove non ci sono programmi di screening, il 95 per cento delle donne non ha mai fatto un Pap test in vita sua e i trattamenti medici disponibili non sono quelli migliori. Già nel 1997 un rapporto dell’Agenzia internazionale sul cancro (Iarc) di Lione intitolato Diseguaglianze sociali e cancro, segnalava il tumore della cervice uterina come quello più comune fra le donne nei Paesi in via si sviluppo e il sesto nei Paesi più ricchi. Non solo. Il documento rilevava che, a qualunque latitudine, la malattia tende a colpire di più le donne di basso status socioeconomico e che laddove si diffondono programmi di screening si riducono sia l’incidenza che la mortalità. In Italia ci sono circa 3.400 nuovi casi di tumore cervicale l’anno, è il decimo tumore per frequenza fra le donne di tutte le età e il terzo fra le più giovani (15-44 anni). (fonte: ilcorriere.it)

L'alcol aumenta il rischio di cancro 20/02/2009 18:07
Consumare bevande alcoliche ogni giorno può aumentare i rischi di cancro. Le probabilità di contrarre un tumore crescono dal 9 al 168%, a seconda delle quantità di alcol ingerite e della tipologia delle diverse neoplasie. Che anche un buon bicchiere di rosso al giorno possa fare male lo dichiarano Dominique Maraninchi, direttore dell'Istituto Nazionale del Cancro della Francia (Inca), e Didier Houssin, direttore generale della Sanità, presentando un opuscolo rivolto ai medici sui consigli dietetici per prevenire il cancro intitolato "Alimentazione e prevenzione del cancro. Dalle conoscenze scientifiche alle raccomandazioni”. I consigli e gli avvertimenti della mini-guida scaturiscono da un rapporto internazionale del 2007 che, esaminando oltre 7mila studi scientifici, aveva messo in luce il rapporto tra consumo eccessivo di alcol e probabilità di sviluppare un cancro. Stando a quel rapporto, il 10,8% dei tumori negli uomini e il 4,5% delle neoplasie nelle donne sono causati dall'alcol. Questa notizia sembra un vero e proprio contrordine: fin dal 1990, infatti, i medici avevano affermato e verificato in varie ricerche scientifiche che bere una moderata quantità di vino rosso al giorno (uno o due bicchieri) poteva proteggere cuore e arterie grazie al resveratrolo, al tannino e ad altre sostanze benefiche e antiossidanti contenute nel nettare di Bacco. Tuttavia l'avvertimento che viene dalla Francia non fa distinzione di bevande, ma mette sul banco degli imputati l'alcol in generale: certamente, perchè aumenti il rischio di cancro, variano le quantità delle diverse bevande scelte: perchè faccia male basta bere ogni giorno un quarto di bicchiere di whisky, una pinta media di birra o un bicchiere di vino rosso. Per i medici francesi le bevande alcoliche possono incrementare del 168% il rischio di sviluppare un cancro alla bocca, alla faringe o alla laringe, del 28% il rischio di un tumore all'esofago, del 10% le possibilità di ammalarsi di un cancro alla mammella e del 9% quelle di una neoplasia al colon. Bere troppo, poi, è la causa principale della cirrosi epatica e dei tumori al fegato. Ma da cosa dipende questa cancerogenicità delle bevande alcoliche? Per gli esperti americani del National Cancer Institute l'alcol, una volta entrato nell'organismo, viene trasformato in acetaldeide, sostanza cancerogena che può danneggiare la salute umana anche se assunta in piccole dosi. Certamente occorreranno ulteriori conferme scientifiche a questo allarme che viene da Oltralpe, vista la mole impressionante di lavori scientifici che premiano la scelta di bere almeno uno o due bicchieri di un buon vino rosso a settimana. Forse la chiave del benessere è proprio nell'equilibrio: non bere troppo e nemmeno tutti i giorni, ma solo ogni tanto e preferibilmente vino rosso, ricco di molecole antiossidanti. (fonte: italiasalute.it)

Virus del morbillo contro cancro alla prostata 13/02/2009 11:53
Alla Clinica Mayo (Usa) è stato condotto uno studio, i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista "The Prostate", dal quale è emerso che alcune specie di vaccino contro il virus del morbillo, inclusa la specie nota come MV-CEA, possono rappresentare un trattamento efficace per la cura del cancro alla prostata in fase avanzata. Tramite la viroterapia il virus viene applicato con facilità direttamente sul tumore della prostata attraverso aghi guidati via ultrasuoni e può infettare, riprodursi per replicazioni e quindi uccidere le cellule del cancro alla prostata, una delle più diffuse cause di morte degli uomini nel mondo occidentale. Evanthia Galanis, autrice senior dello studio, spiega "Queste specie oncolitiche di virus del morbillo rappresentano una nuove classe di agenti terapeutici contro il cancro che non evidenza una cross-resistenza con gli approcci terapeutici esistenti e che può quindi essere combinata con i metodi convenzionali". Uno stretto monitoraggio della terapia può essere realizzato attraverso tecniche non invasive come ultrasuoni e imaging a risonanza magnetica. (fonte: molecularlab.it)

Mappati i geni dell'infarto 13/02/2009 11:52
Nell'arco di dieci anni uno studio condotto dal Consorzio di genetica dell'infarto del miocardio e coordinato da Sekar Kathiresan, responsabile del servizio di Cardiologia preventiva del Massachusetts General Hospital di Boston, ha esaminato il Dna di 26 mila persone, metà sani e metà che avevano avuto un infarto, riuscendo così ad identificare un grande numero di fattori genetici che possono favorire un attacco cardiaco ed a mappare i geni coinvolti nell'infarto. Dalle pagine di Nature Genetics, sul quale son stati pubblicati i risultati dello studio, si apprende che sono state isolate nove regioni del genoma umano coinvolte nella suscettibilità all'infarto in età precoce, cioè meno di 50 anni per gli uomini e meno di 60 per le donne. Queste informazioni aiuteranno a comprendere i meccanismi che predispongono all'infarto e in futuro a mettere a punto test di rischio, considerando che chi possiede tutte le mutazioni fin qui isolate ha un rischio doppio di avere un infarto rispetto chi ne ha solo una o alcune. Allo studio hanno preso parte anche gli italiani Diego Ardissino, dell'università di Parma, e Pier Mannuccio Mannucci, dell'università di Milano. (fonte: molecularlab.it)

Tumore alla prostata:per la diagnosi basta un test delle urine 13/02/2009 11:51
Una proteina in grado di diagnosticare precocemente e curare il cancro alla prostata. É il risultato di una ricerca condotta da studiosi dell'Università del Michigan e pubblicato dalla rivista "Nature". Lo studio approfondito dell'urina maschile ha permesso all'equipe di ricercatori, coordinata dal professor Aru Chinnaiyan, di individuare la sarcosina, una particolare proteina derivata dalla glicina, che aiuterebbe, appunto, a diagnosticare uno dei tumori maschili più frequenti. "Una delle sfide più importanti è arrivare a capire se il cancro è aggressivo - ha detto Chinnaiyan - perché quasi sempre i pazienti vengono trattati in maniera pesante, in quanto non riusciamo ancora ad essere sicuri se il tumore che li ha colpiti è di tipo aggressivo o no. Questa ricerca può aiutarci in tal senso". (fonte: agoranews.it)

Mutazione genetica causa tumori nel trevigiano 13/02/2009 11:50
Dovrebbe trattarsi di una malattia ereditaria molto rara ed invece nel trevigiano ha coinvolto già sei generazioni della stessa famiglia che, per questa specifica patologia, rappresenta la più grande mai scoperta fino ad ora in Italia. La causa è una mutazione del gene, chiamato MEN1, che può predisporre il corpo umano all’insorgenza di tumori endocrini multipli, legati quindi al sistema ormonale. La scoperta è stata possibile grazie alla collaborazione tra l’Unità Operativa di Endocrinologia dell’Azienda Ospedaliera di Padova e l’Istituto Oncologico Veneto che da circa un anno sta procedendo ad una meticolosa raccolta dati. “Quello di questa famiglia trevigiana – mette in evidenza il professor Giuseppe Opocher, Responsabile dell’Unità Tumori Ereditari dell’Istituto Oncologico Veneto – è un triste primato. Tuttavia, grazie alle nostre indagini, siamo riusciti ad individuare 111 componenti dell’albero genealogico. Di questi ne abbiamo già rintracciati e sottoposti ad analisi molecolare 29, dei quali in 20 hanno dimostrato di presentare una mutazione dei propri geni”. La complessità del progetto sta anche nel riuscire a trovare fisicamente le persone che fanno parte della famiglia. I diversi componenti hanno perso i contatti fra loro, alcuni si sono trasferiti e quindi i ricercatori dello IOV hanno dovuto compiere delle vere e proprie indagini investigative. “Tra le persone identificate 70 sono ancora da rintracciate e i loro casi andranno studiati singolarmente – sottolinea Opocher – Tuttavia in realtà, secondo le informazioni raccolte, la famiglia non si limita ai soli 111 soggetti da noi schedati anagraficamente. Dovrebbe essere infatti molto più ampia perché la discendenza di 4 dei 6 antenati dell’albero genealogico è ancora da identificare”. La complessità del progetto del resto è dovuta anche al fatto che questa mutazione genetica ereditaria, alterando la funzione di un gene che ha il compito di controllare la crescita cellulare, predispone all’insorgenza di più tumori diversi, rendendo quindi la cura molto articolata. Per questa ragione lo IOV ha creato un team di esperti che comprende anche endocrinologi di Castelfranco e Montebelluna. “E’ fondamentale proseguire con la ricerca e riuscire a metterci in contatto con tutti i componenti della famiglia – conclude il responsabile dell’Unità Tumori Ereditari dell’Istituto Oncologico Veneto – poiché, trattandosi di una malattia rara, i medici non specializzati potrebbero trovare notevoli difficoltà a fare la giusta diagnosi”. Inoltre lo studio, tanto da un punto di vista clinico quanto molecolare di un campione così vasto, potrebbe permettere di approfondire notevolmente le ricerche. Incrociando infatti i dati relativi alle migliaia di varianti di sequenze di DNA individuate, si potrebbero comprendere meglio tempi, modalità di comparsa e sviluppo dei diversi tumori provocati da questa specifica mutazione genetica. (fonte: italiasalute.it)

Tra dieci anni mortalità zero per il tumore al seno 13/02/2009 11:49
Secondo gli ultimi dati disponibili dalla ricerca nel campo dei tumori l"incidenza nelle donne del tumore al seno è in aumento, mentre diminuisce il tasso di mortalità, grazie alla prevenzione, alla diagnosi precoce ed all"efficacia delle terapie. Ogni anno in Italia il carcinoma colpisce circa 40mila donne, e una donna su nove riceve una diagnosi di cancro al seno; la chiave per abbassare il tasso di mortalità risiede nella diagnosi precoce, che permette di individuare la malattia molto velocemente quando non è in stato di grande evoluzione. Il Professore Umberto Veronesi, fondatore di un progetto chiamato "Mortalità Zero", dichiara che l"obiettivo è quello di arrivare ad un tasso di mortalità pari a zero nel giro di dieci anni. Il progetto vede coinvolte come testimonial anche Nadia Ricci, Olivia Toscani e Monica Guerritore, fotografate da Oliviero Toscani per la campagna dedicata al tumore al seno. Tre donne che, nella loro vita, hanno avuto a che fare con questa malattia, vincendo la battaglia. Veronesi ha detto "La malattia si può battere trent"anni fa quattro donne su dieci non ce la facevano, adesso sono la metà. Più di un terzo delle pazienti ha la percentuale di guarigione che sfiora il 100%" e continua "Con gli strumenti di diagnosi e cura oggi a disposizione, mortalità zero entro 10 anni è un traguardo raggiungibile. Sappiamo infatti che tanto più il tumore è piccolo tanto maggiore è la speranza di sopravvivenza: i tumori diagnosticati in fase precocissima, quando la lesione è impalpabile, guariscono nella quasi totalità dei casi. Il progetto della Fondazione Umberto Veronesi prevede da un lato azioni mirate ad accrescere tra le donne la consapevolezza dell"importanza della diagnosi precoce e dall"altro la diffusione capillare di centri adeguatamente attrezzati e con personale medico debitamente formato, dove le donne possano accedere alle metodologie diagnostiche e terapeutiche più avanzate". (fonte: molecularlab.it)

Fare sport dopo un tumore? Si può, anzi si deve, per vivere meglio 13/02/2009 11:47
Mens sana in corpore sano scriveva il poeta latino Giovenale già intorno al 100 d.C. e molti studi scientifici nei secoli successivi gli hanno dato ragione. Per vivere in buona salute è importante godere di benessere sia fisico che psichico. Una regola semplice, che più volte è stata confermata da ricerche specifiche in ambito oncologico e che viene rilanciata da un sondaggio pubblicato sull’ultimo numero della rivista Cancer Epidemiology Biomarkers and Prevention: un’attività fisica regolare contribuisce alla migliore qualità di vita dei pazienti curati per un tumore polmonare in fase iniziale. IL SONDAGGIO - Gli scienziati del Fox Chase e del Memorial Sloan-Kettering Cancer Centers hanno intervistato 175 persone operate per un carcinoma del polmone non a piccole cellule ai primi stadi nei sei anni precedenti lo studio. I malati, tutti liberi da malattia (quindi potenzialmente guariti), avevano in media 68 anni al tempo dell’intervista e hanno risposto a un questionario in merito alla loro abitudini sportive prima e dopo l’intervento chirurgico. Lo scopo delle domande era proprio quello di valutare la loro qualità di vita in termini di benessere fisico, mentale e sociale e l’esito non ha lasciato dubbi ai ricercatori: «I pazienti che fanno sport costantemente mostrano un maggiore vigore fisico, un umore migliore e, in generale, un livello più elevato di salute». BASTA ANCHE UNA CAMMINATA CON PASSO SVELTO - Naturalmente non si tratta di fare maratone, ma una minima attività quotidiana, come passeggiare almeno mezz’ora al giorno con un’andatura veloce. Solo un intervistato su quattro ha però dichiarato di seguire le linee guida sul dopo-tumore proposte dai medici, che prevedono almeno 60 minuti alla settimana di attività intensa (corsa, jogging, cyclette, ad esempio) o 150 minuti di esercizio moderato, come una bella camminata. E il test sulla qualità di vita ne ha segnalato i benefici: i più sportivi hanno mostrato inferiori sintomi di depressione, una maggiore vitalità e meno fiato corto rispetto ai «colleghi» sedentari. GINNASTICA SUBITO DOPO L’OPERAZIONE - «Purtroppo la maggior parte dei pazienti operati non segue i suggerimenti sulla ginnastica – sottolineano gli studiosi americani -, soprattutto nei sei mesi successivi all’operazione, quando invece sarebbe già utile per recuperare un po’ di capacità respiratoria». Se da un lato è comprensibile che i malati si sentano indeboliti e abbiano minor vigore rispetto alla loro vita precedente, dall’altro sono ormai molti gli studi scientifici che depongono a favore di un leggero e costante sforzo graduale che li aiuta a recuperare sul piano psico-fisico. SPORT UTILE, PRIMA E DOPO IL CANCRO - Una ricerca inglese pubblicata sul Journal of Clinical Oncology ha provato, per esempio, come un moderato ma costante esercizio aerobico, tre volte a settimana, migliori il benessere delle donne operate di tumore al seno. Palestra e cyclette possono aiutare molte donne in terapia anticancro a guarire più in fretta, a sentirsi in forma nonostante le cicatrici, la chemio e la radioterapia, ma anche a stare meglio con gli altri, in famiglia e sul lavoro. Mentre uno studio su 65mila donne pubblicato sul Journal of the National Cancer Institute sostiene che l’attività fisica praticata fin dall’età dello sviluppo riduce del 23 per cento il rischio di un carcinoma mammario in pre-menopausa. Inoltre, in bambini e ragazzi con una neoplasia cerebrale muoversi per prendersi cura di sé e fare ginnastica aiuta a bilanciare i danni causati dalle cure. (fonte: corriere.it)

Prevenzione dimenticata in gravidanza 13/02/2009 11:46
Le giovani donne che sviluppano un tumore del seno durante la gravidanza non vanno incontro a rischi più gravi delle altre malate, ma presentano le stesse prospettive di sopravvivenza, di recidiva o di diffusione della neoplasia. Contrariamente a quanto molte persone credono, dunque, la gestazione di per sé non peggiora la prognosi, piuttosto può contribuire ad un ritardo nella diagnosi e nell’inizio dei trattamenti. Lo rende noto un gruppo di ricerca dell’M.D. Anderson Cancer Center di Houston, in Texas, uno fra i centri oncologici che per primi si sono occupati di cancro mammario in gravidanza e che possiede una fra le più ampie casistiche al mondo. LO STUDIO – La ricerca, pubblicata sull’edizione ondine della rivista Cancer, ha coinvolto 652 donne di 35 anni o meno, 104 delle quali (poco più del 15 per cento) che avevano sviluppato la malattia quando erano in stato interessante o nell’anno successivo al parto. A distanza di 10 anni, i ricercatori americani non hanno rilevato differenze fra i vari gruppi di pazienti in termini di recidiva locale, metastasi o sopravvivenza. DIAGNOSI TROPPO LENTA - «Ciò che abbiamo rilevato, comunque, è che le donne con una patologia correlata alla gravidanza presentavano una malattia più avanzata, sia al seno che ai linfonodi – hanno dichiarato gli autori -. Queste donne hanno avuto un ritardo significativo nella diagnosi e i loro sintomi non sono stati identificati come segni di cancro per un lasso di tempo considerevole, tanto da ritardare le cure necessarie». Quasi tutte le future mamme colpite da malattia (l’88 per cento) avevano avuto segnali d’allarme trascurati e a tre di loro era stata comunicata la diagnosi di cancro con la raccomandazione, però, di non iniziare alcun trattamento fino a dopo il parto. Una scelta che i ricercatori di Houston hanno bollato come imprudente: «I medici e i ginecologi devono essere pronti a valutare i sintomi mammari nelle donne in gravidanza, per arrivare ad una diagnosi tempestiva e consentire un trattamento multidisciplinare. Bilanciare la salute di mamma e bambino è della massima importanza e oggi sappiamo che per entrambi è possibile ottenere dei risultati positivi». PREVENZIONE TRASCURATA - Nonostante la gravidanza sia un periodo denso di visite mediche, troppo spesso l’attenzione si concentra solo sulla gestazione e nel 90 per cento dei casi di tumore è la donna stessa che rileva i primi segnali d’allarme, col risultato che ci si ritrova con una malattia che ha già intaccato i linfonodi in un numero di casi due volte e mezza superiore alla media. Sono le stime degli esperti della Foncam, la Forza operativa nazionale sul carcinoma mammario, che rilevano un ritardo medio fra un mese e mezzo e sei mesi. Ma perché si arriva tardi, anche oggi, nell’era della cosiddetta «medicalizzazione» della maternità? Secondo la Foncam succede per la congestione della ghiandola mammaria, preparata all’allattamento, che rende più difficile l’esame medico, ma anche per la tendenza a rimuovere inconsciamente l’idea della malattia e per il timore di danneggiare il feto con accertamenti diagnostici. Uno scrupolo immotivato, rassicurano gli esperti. ESAMI SICURI – Le linee guida proposte dai senologi italiani prevedono di eseguire tutte le procedure diagnostiche normali, visita, ecografia, esame citologico. E, se si sospetta una neoplasia, è giustificato anche eseguire mammografie, schermando il feto dalla pur minima quantità di radiazioni che può raggiungere l’addome e tenendo conto delle difficoltà di lettura date dall’età della donna e dalla densità del seno. IN UNA GRAVIDANZA SU 3MILA - La scoperta di un cancro mammario col pancione è un’evenienza rara, ma forse meno di quanto si pensi: circa il dieci per cento delle pazienti con meno di 40 anni, infatti, riceve la diagnosi della malattia quando è incinta o nell’anno successivo al parto. In generale, il carcinoma della mammella è la neoplasia più comune nelle donne gravide e al giorno d’oggi complica circa una gestazione su tremila, ma è un tasso destinato a crescere, di pari passo con il progressivo aumento dell’età media delle neomamme. (fonte: corriere.it)

La molecola del tumore del colon 04/02/2009 09:24
Sull'ultimo numero della rivista "Cancer Research" vengono riportati i risultati di una ricerca guidata da Janusz Jankowski della The Barts and London School of Medicine and Dentistry di Londra, nel Regno Unito, che chiarisce che la P-caderina, una molecola di adesione cellulare, sarebbe implicata nello sviluppo del tumore del colon, una patologia che ogni anno uccide 655.000 persone nel mondo. E' gia noto come la P-caderina sia espressa dalla mucosa dell'intestino in fase infiammatoria e i ricercatori hanno cercato di comprendere in che modo ne sia controllata l'espressione e quali siano gli effetti della sua presenza non fisiologica nell'intestino. La molecola in questione gioca un ruolo fondamentale nello sviluppo embrionale ma il gene responsabile della sua espressione viene silenziato nelle fasi successive dello sviluppo negli individui sani. Se la mucosa è infiammata l'inibizione dell'espressione della P-caderina non avviene e ciò determina una diffusione della condizione infiammatoria nei tessuti mucosali. Il gruppo ha chiarito i meccanismi genetici e molecolari che attivano il gene all'interno di una mucosa infiammata ha rivelato in che modo l'intestino subisca un allungamento anomalo ben prima che siano evidenti cambiamenti istologici al microscopio. E' inoltre stato chiarito in che modo le prime cellule precancerose si diffondano all'interno dell'organo. (fonte: molecularlab.it)

Svelato il segreto della protezione dal Cancro 04/02/2009 09:23
I ricercatori sono molto soddisfatti della loro scoperta in quanto questa avrà importanti effetti per la diagnosi e la cura del cancro. La nuova scoperta riguarda il gene Tp53, scoperto per la prima volta 30 anni fa, e la proteina p53: una proteina che si trova in ogni cellula umana. Il suo è un ruolo determinante nella prevenzione del possibile sviluppo del cancro. La proteina p53 interviene in molti processi, tra cui la riparazione del DNA danneggiato; non solo dalle cellule tumorali, ma anche dai trattamenti a base di radiazioni come la chemioterapia. Può inoltre indurre al suicidio le cellule malate in modo da bloccare la diffusione del cancro stesso. Lo studio, pubblicato in “Genes & Developement” è stato condotto da un team di scienziati dell’Università di Dundee e di Singapore. Per la ricerca sono stati utilizzati embrioni di pesciolini tropicali conosciuti come Zebrafish (o Danio rerio) che condividono con gli esseri umani questo tipo di gene. Con un trucco genetico hanno marchiato il gene Tp53 per evidenziare (di colore verde) quando questi viene attivato. In questo modo gli scienziati hanno scoperto come e quando il gene si attiva generando la ben nota proteina p53, ma anche una variante di questa proteina, detta isoforma. Normalmente gli Zebrafish sopravvivono all’esposizione a basse dosi di radiazioni, ma quelli che non hanno avuto modo di beneficiare dell’azione della proteina e dell’isoforma sono morti. Se non scatta “l’interruttore” la proteina non riesce a fare il suo lavoro correttamente. I ricercatori hanno dimostrato che questo interruttore ha svolto un ruolo fondamentale nel consentire alla p53 di eseguire la riparazione del DNA danneggiato. Il Professor Sir David Lane del team di scienziati ha detto: “La funzione di p53 è un fattore critico per il modo in cui molti trattamenti contro il cancro uccidono le cellule in quanto la radioterapia e la chemioterapia provocano il suicidio delle cellule in risposta ai danni al DNA”. La comprensione di questi meccanismi e del funzionamento del gene Tp53 è molto importante per lo sviluppo di nuovi farmaci e per migliorare le possibilità di diagnosticare in tempo e correttamente lo sviluppo della malattia. (fonte: lastampa.it)

Mangia pomodoro e vivi cent'anni! A dirlo sono i risultati di uno studio tutto italiano 04/02/2009 09:22
Che il pomodoro facesse bene ormai lo sanno tutti. Quello che forse non tutti sapevano è che il licopene, la sostanza contenuta nel pomodoro con potenti proprietà antiossidanti, si trova in misura 10 volte maggiore nel concentrato di pomodoro. Lo studio ‘Progetto 100 anni’ è stato promosso dall’azienda Mutti che, nel comunicato relativo ai risultati informa che questi “ha coinvolto 250 persone ultra ottantenni, sia di sesso maschile che femminile, residenti in diverse regioni italiane coprendo l’intero territorio nazionale ed ha evidenziato una correlazione tra gli anziani in buona salute (più dell’80% degli intervistati si ritiene tale) ed il consumo quasi giornaliero di prodotti a base di pomodoro, componente essenziale della Dieta Mediterranea (62% degli intervistati). Inoltre si è osservato che il 77,7% degli intervistati consumano concentrato di pomodoro con una frequenza compresa tra 1 e 3 volte la settimana e di tali soggetti il l’85,6% si ritiene in buono stato di salute. è stato condotto su 250 e nato con l’obiettivo di valutare l’impatto dell’alimentazione sulla salute della popolazione anziana, al fine di evidenziarne il ruolo di fattore preventivo contro l’invecchiamento e malattie collegate”. “I dati dello studio sono avvalorati e interpretati scientificamente in relazione agli importanti nutrienti contenuti nel concentrato di pomodoro e scoperti nelle due ricerche nutrizionali coordinate dal Prof. Fiorenzo Pastoni, Videpresidente dell’Ordine dei Biologi Italiani, la prima sul contenuto di licopene e la seconda sul contenuto di minerali. Il concentrato di pomodoro, infatti, contiene il licopene in quantità sino a 10 volte superiore rispetto al pomodoro fresco. Il licopene è un potente antiossidante che svolge la funzione di difesa naturale contro l’invecchiamento e se assunto regolarmente con l’alimentazione protegge le cellule contrastando l’attività ossidativa dei radicali liberi”. “Per coloro che raggiungono la terza o la quarta età, è ancora più importante seguire un’alimentazione personalizzata, variata ed equilibrata - dice Gianni Tomassi, Professore di Scienze dell’Alimentazione e Direttore Scientifico FoSAN - Fondazione per lo Studio dell’Alimentazione e della Nutrizione – che deve comprendere frutta e ortaggi di stagione, ricchi oltre che di fibra, minerali e vitamine di sostanze ad attività protettiva antiossidante. Infatti, l’azione dei radicali liberi, non solo causa un rapido invecchiamento cellulare, danneggiando le molecole lipidiche delle membrane cellulari, ma può favorire l’insorgere di gravi patologie come il cancro, l’aterosclerosi e altre malattie degenerative. E poiché l’organismo umano riesce solo in parte a difendersi da questo attacco radicalico, è fondamentale inserire nella propria dieta alimenti naturalmente ricchi di antiossidanti, come il concentrato di pomodoro”. (fonte: lastampa.it)

Dal Vietnam l'albero che cura i tumori 04/02/2009 09:19
Grazie a una équipe di ricercatori italiani e vietnamiti che ha studiato gli effetti di una pianta utilizzata da sempre come farmaco naturale dalle popolazioni che vivono nel Nord del Vietnam, si potrebbe avere una decisiva svolta nella ricerca sugli immunosoppressivi. Il team diretto dal professor Domenico V. Delfino dell’Università di Perugia (sezione di Farmacologia, tossicologia e chemioterapia del dipartimento di Medicina clinica e sperimentale) ha lavorato insieme ai ricercatori dell’Institute of Chemistry dell’Università di Hanoi (diretto dal prof. Tran Van Sung) in virtù di un accordo di cooperazione scientifico-tecnologica concluso dal Ministero degli Affari esteri con il Governo vietnamita. Nelle ricerche condotte con l’obiettivo di individuare sostanze immunosoppressive in grado di agire in modo mirato e selettivo in maniera tale da evitare il verificarsi quegli effetti collaterali che possono pregiudicare l’efficacia della terapia immunosoppressiva e i possibili danni all’organismo, gli studiosi si sono imbattuti nell’Artocarpus Tonkinensis: un albero che cresce spontaneo nel Vietnam settentrionale e da secoli utilizzato nella medicina tradizionale della tribù dei Hmong come rimedio nella cura di patologie autoimmunitarie, quali l’artrite reumatoide. Da alcuni anni ormai sono oggetto di studio i principi attivi presenti nelle foglie di quest’albero. Oggi, si sa che una volta somministrati non sembrano sortire effetti collaterali specifici e gli scienziati stanno integrando questi studi con ricerche di laboratorio condotte presso l’Università di Perugia, indirizzate alla possibilità di sperimentare nuove forme di applicazioni terapeutiche, in particolare nei confronti di tumori, linfomi e leucemie. Si aprono così nuovi orizzonti per l’integrazione scientifica si conoscenze tradizionali o popolari con la medicina allopatica per riuscire a ottenere farmaci efficaci e con ridotti effetti collaterali. (fonte: lastampa.it)

Tumore, ogni giorno 700 casi in Italia 04/02/2009 09:17
Sono oltre 270mila gli italiani colpiti ogni anno da tumore, più di 700 nuovi casi ogni giorno. Questi i risultati dell'indagine "Vivere con il cancro" realizzata in occasione della Giornata mondiale contro il cancro, appuntamento promosso dall'Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) e dall’Unione Internazionale contro il Cancro, che si celebra il 4 febbraio. Secondo le stime nel 2010 saranno circa 1,9 milioni gli italiani che hanno avuto una neoplasia contro i 1,7 milioni attuali. Una realtà sempre più diffusa, che coinvolge circa una famiglia italiana su 20. Per questo motivo la Giornata, istituita per informare e sensibilizzare su tematiche inerenti i tumori, ha come tema la qualità di vita dei pazienti e dei familiari. GODERE LA VITA FINO IN FONDO – Il sondaggio (effettuato da Eurisko) ha voluto approfondire quali siano il significato e il valore del tempo per i malati oncologici e per i loro care givers (ovvero chi fornisce le cure ai pazienti: familiari, amici, conoscenti). Ne è emerso che per i malati di cancro «la priorità è il presente, avere il tempo per assaporare fino in fondo ogni attimo di una vita a cui viene restituito valore». E se da parte dei pazienti si evidenzia un’accettazione silenziosa della malattia e un conseguente sviluppo di grande attaccamento alla vita, con sentimenti di ottimismo e determinazione, i parenti sono più in difficoltà: provano sentimenti di impotenza, costantemente concentrati sulle difficoltà dell’assistenza e sull’ineludibilità della fine. PIÙ DIFFICOLTÀ PER I PARENTI - Il concetto di qualità della vita viene ridefinito dai pazienti in base a cosa si fa nella quotidianità, dal riuscire a fare le cose che si facevano prima (come lavorare, uscire con gli amici, fare sport) all’essere autosufficienti fino a sentirsi utili. Un modo di poter godere del presente senza rimorsi e malinconia verso il passato e senza angoscia per il futuro, focalizzandosi su una gestione del tempo a medio-breve termine, ponendosi dei piccoli traguardi (come accompagnare i figli a scuola o fare un weekend con la famiglia) e guardando a un futuro più lontano (scrivendo un libro, creando associazioni di volontariato o portando avanti la propria azienda). I parenti invece navigano a vista, tra la difficoltà di riuscire a progettare e il costante paragone con quello che si riusciva a fare prima della malattia, vivendo sempre in una continuo stato d'allerta. In entrambi i casi, per gestire al meglio la quotidianità, si chiede supporto al sistema sanitario, che viene percepito come alleato e vicino, ma a cui si domanda soprattutto una maggiore sensibilità alla dimensione psicologica (risulta prezioso l'aiuto dello psiconcologo). PREVENZIONE CONTRO OBESITÀ - La Giornata di quest'anno non è dedicata solo alla qualità di vita dei malati di cancro. L'altro tema cruciale è la prevenzione, partendo fin dalla più tenera età. L'Uicc, infatti, lancia per l’occasione una campagna mirata contro sovrappeso e obesità, che si sono dimostrati fattori di rischio certi per lo sviluppo di un tumore e il cui tasso continua a salire pericolosamente fra adulti e bambini. I numeri parlano chiaro: secondo le stime dell'Oms sono un miliardo gli adulti sovrappeso nel mondo, di cui almeno 300 milioni dichiarati clinicamente obesi. Fra i 5 e i 17 anni, poi, un bambino su dieci è fuori forma e ben 45 milioni sono quelli obesi (circa il 3 per cento del totale). Per questo l’Uicc lavorerà con genitori, insegnanti e politici perché si portino avanti programmi che incoraggiano i bambini a seguire una dieta sana, fare sport e mantenere un peso corporeo salutare. COLON, SENO, POLMONE - In Italia tra i tumori più frequenti ci sono quello al colon-retto, con 48mila nuovi casi all’anno, alla mammella (primo tra le donne con 40mila nuove diagnosi) e il tumore al polmone con 32mila, la neoplasia più diffusa tra gli uomini ultraquarantenni e tra quelle a più elevata mortalità. Grazie a screening, diagnosi precoci e innovazioni terapeutiche la lotta contro il tumore sta registrando molti successi, anche nei pazienti negli stadi più avanzati. «Per molti tipi di tumore abbiamo oggi farmaci efficaci e meno tossici. I farmaci anti-angiogenetici, e quelli biologici in generale, hanno cambiato molti paradigmi di trattamento» ha spiegato Alberto Sobrero, responsabile della divisione di Oncologia medica dell'ospedale San Martino di Genova. (fonte: corriere.it)

Annusare il tumore 02/02/2009 11:37
I ricercatori del Monell Chemical Senses Center a Filadelfia hanno presentato al convegno della American Chemical Society i risultati della loro ricerca dalla quale emerge che gli odori della pelle possono essere utilizzati per riconoscere il carcinoma basocellulare, la forma più comune di cancro della pelle. La scoperta verrà pubblicata sul numero del mese prossimo del British Journal of Dermatology. Partendo dalla nozione che la pelle umana produce numerose molecole chimiche volatili, molte delle quali odorose (VOC), i ricercatori hanno campionato l'aria immediatamente soprastante a tumori basocellulari in 11 pazienti, identificando un profilo di composti chimici VOC chiaramente differente da quello riscontrabile nella stessa posizione in altrettanti soggetti sani di controllo. Utilizzando tecniche di gas-cromatografia di massa gli studiosi hanno scoperto che i profili VOC contengono la stessa serie di composti chimici ma si riscontrano differenze notevoli nelle quantità dei diversi composti, alcuni dei quali sono presenti in misura maggiore in caso di carcinoma basocellulare, mentre altri appaiono ridotti. Lo studio ha mostrato anche che l'invecchiamento non influenza il tipo di VOC trovati nei profili, tuttavia alcune sostanze chimiche appaiono presenti in maggiori quantità negli anziani che nei giovani. Questo lavoro rappresenta la prima caratterizzazione complessiva dei VOC in siti dell'epidermide che non siano le ascelle in persone di età e genere differente. Lo studio ha mostrato anche che l'invecchiamento non influenza il tipo di VOC trovati nei profili, tuttavia alcune sostanze chimiche appaiono presenti in maggiori quantità negli anziani che nei giovani. Michelle Gallagher, che ha diretto la ricerca, ha affermato "La nostra scoperta potrà un giorno permettere ai medici di stabilire una diagnosi di cancro della pelle fino dagli stadi più iniziali" e ha specificato anche che la tecnica potrà essere utilizzata anche per altre forme di tumori della pelle. I ricercatori infatti ora mirano a tracciare il profilo VOC anche del melanoma e del cancro a cellule squamose, sperando che le loro scoperte siano gemellabili con i risultati delle ricerche nel campo delle tecnologie dei neno-sensori applicata alla produzione di "nasi elettronici", per introdurre una nuova forma di diagnosi. (fonte: molecularlab.it)

Ricercatori finanziati dall'UE affrontano il cancro della cervice 02/02/2009 11:36
Il cancro della cervice è la forma tumorale più comune a livello mondiale. Ogni anno viene diagnosticato in circa 60.000 donne e in più o meno nella metà di esse è causa di decesso. Bloccare il problema sul nascere è un'impresa difficile se la malattia non viene scoperta e curata in uno stadio sufficientemente precoce. Il progetto ASSIST ("Association studies assisted by inference and semantic technologies"), finanziato dall'UE con 2,63 milioni di euro, aveva l'obiettivo di risolvere questo problema attraverso la creazione di collegamenti tecnologici tra centri medici specializzati nella diagnosi e nel trattamento del cancro della cervice, nonché di aumentare lo scambio dei dati e la creazione di maggiori quantità di dati. Mentre gli scienziati accettato il fatto che il papillomavirus (HPV) rappresenta il maggiore rischio per il cancro della cervice, essi riconoscono anche che l'HPV non è l'unico responsabile. I ricercatori hanno valutato il ruolo dei fattori genetici e ambientali specifici nella determinazione della persistenza dell'HPV e la conseguente progressione della malattia. Studi precedenti avevano suggerito meccanismi patogenici che avrebbero potuto fornire nuovi marcatori del rischio, diagnosi e prognosi e avrebbero condotto a potenziali nuovi trattamenti. Il progetto ASSIST intendeva combinare i diversi tipi di dati raccolti dai ricercatori, automatizzare il processo di valutazione delle ipotesi mediche, fornire un motore di inferenza capace di valutare il materiale statisticamente, riunire le cartelle cliniche dei pazienti delle istituzioni partecipanti, e sviluppare strumenti grafici espressivi per i ricercatori medici dove indirizzare i loro quesiti. I ricercatori medici usano studi associativi per individuare i fattori comuni presenti nelle varie malattie. Essi valutano i dati clinici dei test ospedalieri, dati sullo stile di vita (come il fumo o le abitudini alimentari) e dati genetici. I ricercatori confrontano anche i dati dei pazienti con quelli di soggetti sani. "Quello che cerchiamo di fare è di permettere ai ricercatori medici impegnati negli ospedali e nei centri medici specializzati di usare i dati reciproci e di combinarli in un contesto più ampio", ha detto il professor Pericles Mitkas del Centro per la ricerca e la tecnologia - Hellas, Informatics and Telematics Institute, in Grecia. "Il problema è che ogni ospedale usa formati diversi, regole diverse per la conservazione dei dati, anche se si tratta di esattamente lo stesso test," ha detto il coordinatore del progetto. "Perfino nello stesso ospedale, ogni medico potrebbe avere il suo modo particolare di fare le cose." Il prof. Mitkas ha fatto notare che il più grande successo raggiunto da ASSIST è stato quello di rafforzare il dialogo tra medici, biologi molecolari e esperti informatici. "Finalmente si parlano e capiscono il rispettivo 'linguaggio tecnico'," ha spiegato. Tre ospedali in Belgio, Germania e Grecia hanno partecipato alla prima parte del progetto. Dopo essersi trovati d'accordo sulla terminologia e sulla rappresentazione e consultazione dei dati, il team di ricerca ha sviluppato una piattaforma software prototipo che assicura ai ricercatori la ricezione dei dati nel formato richiesto. "Lo facciamo usando la rappresentazione semantica, il ché significa che assegniamo un'interpretazione ad ogni valore per aiutare il computer a capire a cosa si riferisce un determinato dato," ha spiegato il capo del progetto. Facilitiamo anche l'interpretazione di valori soggettivi come "alto rischio" o "basso rischio", "caso serio" e "caso non serio", e usiamo tecniche inferenti basate su una serie di norme mediche fornite dai medici per dire al computer quali risultati sono più validi," ha detto. "I risultati delle biopsie, ad esempio, sono più attendibili dei risultati del Pap test e potrebbero indicare uno stato precanceroso che il Pap test non ha rivelato." La piattaforma prototipo ASSIST ha offerto ai ricercatori accesso ai dati dei pazienti dei reparti di ginecologia e ostetricia dei tre ospedali. "Man mano che andiamo avanti, aggiungiamo funzionalità, ma almeno ora i medici hanno tra le mani qualcosa con cui lavorare e valutare," ha detto il prof. Mitkas. "Più in là, capire il percorso della malattia e i fattori che influiscono su di essa, aiuterà i singoli medici a diagnosticarla più precocemente, prevenirla dando indicazioni alle loro pazienti, e sviluppare farmaci o procedure per curare la malattia," ha detto. "Ma ASSIST è soprattutto uno strumento per i ricercatori, che attraverso i risultati delle loro ricerche potranno aiutare tutte le donne. (fonte: molecularlab.it)

Due nuovi bersagli contro i tumori 27/01/2009 21:12
Un gruppo di scienziati del Laboratorio Nazionale Consorzio Interuniversitario Biotecnologie (LNCIB) dell'AREA Science Park e del Dipartimento di Scienze della Vita dell'Università di Trieste, che ha lavorato in collaborazione con ricercatori dell'IFOM Fondazione Istituto FIRC di Oncologia Molecolare, dell'Università di Milano, dell'Università di Padova e del Wistar Institute di Filadelfia, ha pubblicato su Nature Cell Biology i risultati della ricerca grazie alla quale han potuto scoprire che l'enzima Pin1 causa un cambio conformazionale della proteina Notch1. Notch1, che induce le cellule a crescere incontrollate avviando lo sviluppo di un tumore, è più attiva a seguito del cambio conformazionale attuato da Pin1 Secondo Giannino Del Sal, coordinatore dello studio e responsabile dell'Unità di Oncologia Molecolare del LNCIB e ordinario di Biologia presso la Facoltà di Medicina dell'Università di Trieste, senza l'enzima Pin1, Notch1 perderebbe gran parte della sua capacità di promuovere la crescita tumorale. Nel tessuto prelevato da pazienti con tumore alla mammella le due proteine tendono ad andare di pari passo: quando l'una è presente in quantità superiori alla norma, anche l'altra si accumula, e cio fa sospettare che notch1 sia a sua volta promotore della formazione di Pin1 Del Sal ha spiegato che "Interrompere il circuito molecolare che ha come punti di forza Notch1 e Pin1 o modularlo farmacologicamente significherebbe bloccare la crescita del tumore". Grazie a questa ricerca è ora disponibile un nuovo bersaglio verso cui sviluppare farmaci antitumorali , e infatti i ricercatori hanno dimostrato che in modelli di cellule cancerose che esprimono livelli alterati di queste due proteine i trattamenti con farmaci che interferiscono sia con l'azione di Notch1 sia con le funzioni di Pin1 contrastano più efficacemente la crescita tumorale. La ricerca è stata condotta grazie a finanziamenti specifici dell'Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro (AIRC). (fonte: molecularlab.it)

Fumo: non solo cancro al polmone. Le sigarette ree di 70% morti tumore uomini 27/01/2009 21:11
Cambia l'accusa e diventa ancor più pesante: il fumo siede sul banco degli imputati non solo per il cancro al polmone, ma pare legato a doppio nodo con il 70% di tutte le morti maschili imputabili a tumori. Una stima da brividi quella che arriva dallo studio della University of California, soprattutto considerando che raddoppia i numeri sullo scottante tema, fermi al 34% secondo una ricerca analoga del 2001. Ma il bicchiere potrebbe sembrare anche mezzo pieno ai più ottimisti. Più morti legate alle bionde, certo, ma anche più vite da salvare riducendo il consumo di tabacco. La ricerca, che ha guadagnato la pubblicazione su Bmc Cancer online, è stata condotta utilizzando i dati del National Center for Health Statistics. Gli studiosi guidati da Bruce Leistikow hanno comparato i numeri sulle morti di cancro al polmone con tutti gli altri decessi causati da tumori negli uomini del Massachusetts nell'arco di ben 25 anni, ovvero dal '79 al 2003. Così hanno potuto osservare che le morti, su entrambi i fronti, cambiavano 'in tandem', con una forte correlazione soprattutto nella fascia d'età 30-74 anni. "Lo studio - spiega Leistikow - mostra che il fumo, compreso quello passivo o comunemente definito di seconda mano, è stato ampiamente sottovalutato, sinora, come fattore reo di neoplasie diverse dal cancro al polmone. Ora abbiamo un motivo in più per intensificare la lotta al tabagismo". ( Fonte: Tio.ch)

Tumori del seno: bisturi "preventivo" solo in casi eccezionali 27/01/2009 21:10
Le donne che hanno avuto un carcinoma a una mammella sono esposte a un rischio maggiore di un tumore anche all’altro seno rispetto alla media. Ma quando si può dire che questo pericolo sia così grande da giustificare l’ipotesi di intervenire con un’asportazione preventiva, di un intervento impegnativo e irreversibile, per «togliere tutto e non pensarci più»? In pochi, selezionati casi, e solo dopo un esame attento della storia medica della paziente e della patologia del tumore. E’ questa la risposta che i chirurghi dell’MD Anderson Cancer Center di Houston, in Texas, hanno tratto da uno studio condotto su centinaia di donne operate fra il 2000 e il 2007, i cui risultati appariranno sul numero del 1 marzo 2009 della rivista Cancer. LA RICERCA – Gli esperti americani hanno revisionato i casi di 542 donne colpite da tumore a un solo seno, ma sottoposte a mastectomia profilattica controlaterale (così si chiama la rimozione preventiva della mammella senza segni di malattia). Esaminando i tessuti asportati, è emerso che fra loro 25 avevano effettivamente un carcinoma controlaterale e 82 mostravano cellule anomale che indicavano un certo rischio di evolvere in carcinoma mammario (nello specifico si trattava di iperplasia atipica duttale o lobulare, carcinoma lobulare in situ). Ma 435 donne, ovvero l’80 per cento del campione, non avevano anomalie patologiche e per loro, dunque, la mutilazione non sarebbe stata necessaria. TRE INDICATORI - Per capire che cosa differenziasse quel 20 per cento più a rischio, e soprattutto le rendesse riconoscibili, i ricercatori hanno cercato le peculiarità associate al tumore controlaterale, trovando tre fattori-chiave: determinate caratteristiche istologiche di aggressività delle cellule tumorali, la presenza di cancro in più di un quadrante della mammella e, infine, un’elevata esposizione individuale alla malattia. Quest’ultimo elemento è misurato tramite il cosiddetto modello di Gail, un algoritmo che comprende età, data delle prime mestruazioni e del primo parto, familiarità per tumore del seno, biopsie precedenti, e che serve a esprimere il rischio di sviluppare un tumore mammario invasivo nei cinque anni a venire. Viene considerato alto rischio se maggiore o uguale all’1,67 per cento. SBAGLIATO SCEGLIERE PER PAURA - «Le donne spesso considerano l’eventualità di una mastectomia preventiva controlaterale non per raccomandazioni mediche, ma perché temono che il cancro ritorni – ha dichiarato Kelly Hunt, prima firma dello studio -. Al momento è molto difficile identificare quali pazienti abbiano un rischio tale da trarre beneficio da questa procedura aggressiva e irreversibile. Abbiamo voluto determinare le caratteristiche per definire queste donne, affinché in futuro le decisioni siano più consapevoli». La questione ha una rilevanza particolare negli Stati Uniti, dove il numero delle donne che opta per la chirurgia preventiva è cresciuto del 150 per cento fra il 1998 e il 2003 (passando dal 4,2 all’11 per cento di tutte le donne sottoposte a mastectomia), come riportato in uno studio dell’Università del Minnesota apparso qualche anno fa sul Journal of Clinical Oncology. UTILE IN CASI D’ECCEZIONE - In Europa il ricorso al bisturi preventivo è molto meno esteso e riservato a circostanze particolari. Secondo le linee guida della Foncam (Forza Operativa Nazionale sul Carcinoma Mammario ), l’indicazione principale è rappresentata da donne portatrici di mutazione Brca, un’alterazione genetica legata ad un rischio più alto di tumori del seno e dell’ovaio, che però riguarda circa il cinque per cento dei casi di carcinoma mammario. In questi casi, secondo alcuni studi, la mastectomia profilattica ridurrebbe anche del 90 per cento l’incidenza di un tumore, ma non è chiaro quali siano i vantaggi in termini di sopravvivenza, dato che oggi, ricordano gli esperti Foncam, la chirurgia conservativa e la radioterapia offrono le stesse probabilità di sopravvivere ad un tumore del seno, che la paziente sia portatrice o meno di una mutazione Brca. DUBBI SUI REALI VANTAGGI - Spiega Alberto Luini, direttore della divisione di Senologia dell’Istituto europeo di oncologia di Milano (Ieo): «Sappiamo che in rari casi (il quattro per cento circa) la presenza di cellule tumorali nel seno controlaterale è stata documentata anche nella casistica del nostro centro. Lo studio dell’MD Anderson Cancer Center mette in luce elementi di rischio che vanno tenuti in considerazione e, chissà, forse in futuro si considereranno fattori significativi per indicare la mastectomia profilattica controlaterale in alcuni casi di tumore mammario, ma è necessario tempo per stabilirne la reale efficacia. Attualmente, però, eseguire l’asportazione preventiva della mammella sana in donne operate per un tumore mammario non è un approccio applicabile o condivisibile a priori. Il punto è che non si è certi che la mastectomia profilattica sia la reale soluzione, le pazienti operate ricevono in ogni caso una terapia precauzionale successiva alla chirurgia, e non è escluso che questa terapia riduca il rischio di tumore anche nell'altro seno». INFORMAZIONE INDISPENSABILE - Concordano le conclusioni della Cochrane Collaboration, la rete internazionale che si dedica alla revisione sistematica dell’efficacia delle procedure mediche: «In gran parte dei casi la mastectomia profilattica riduce la preoccupazione di un cancro, ma dal momento che le donne possono sovrastimare il pericolo che corrono di ammalarsi di tumore, è necessario che comprendano il loro rischio reale». Ecco perché ad una scelta ponderata si deve giungere solo dopo colloqui con i vari specialisti chiamati in causa, compreso il genetista e il chirurgo plastico, perché, ribadisce Alberto Luini: «L’uso di questa procedura resta controverso, ogni caso va valutato approfonditamente e discusso con attenzione per evitare eccessi non utili alle donne e dannosi sul piano estetico e psicologico». (fonte: corriere.it)

Un tumore sconfitto dallo stress 27/01/2009 21:09
Lo studio, finanziato dall'Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro (Airc), Cariplo (NoBEL project), Ministero della Sanità, Miur (CoFin and Center of Excellence in Physiopathology of Cell Differentiation), e Telethon è stato pubblicato su Blood e realizzato dai ricercatori dell'Istituto Scientifico Universitario San Raffaele e dell'Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, con la collaborazione di ricercatori delle Università di Torino, Pavia e Parma e della Harvard Medical School di Boston, Usa. Il mieloma multiplo è un tumore del midollo osseo molto frequente e ancora incurabile, responsabile del 2% di tutte le morti per cancro. Ha origine dalla trasformazione tumorale delle plasmacellule, le cellule del nostro sistema immunitario deputate a produrre gli anticorpi, le difese del nostro organismo. Recentemente il nuovo farmaco bortezomib, della categoria degli inibitori del proteasoma, si è rivelato in grado di aumentare l'aspettativa di vita. Abbiamo utilizzato linee tumorali già disponibili in laboratorio e cellule tumorali selezionate da campioni di midollo osseo di pazienti, mediante sofisticate tecniche bio-molecolari, e abbiamo misurato l'attività dei proteasomi e la quantità di "scorie" accumulate dalle cellule tumorali. E abbiamo scoperto che, paradossalmente, i tumori che presentano meno proteasomi, a causa di un'intensa attività metabolica, ne hanno più bisogno: di conseguenza sono carichi di scorie e quindi più "stressati". Non solo: questi stessi tumori sono anche i più sensibili al bortezomib che, bloccando il lavoro del proteasoma, aumenta lo stress della cellula fino a farla morire come "soffocata" dalle scorie. Infine, manipolando la quantità dei proteasomi o sovraccaricandoli di lavoro siamo riusciti a modificare la vulnerabilità del tumore al farmaco. Lo sbilanciamento nelle cellule tumorali tra la scarsa capacità di degradare le proteine ed il carico di lavoro sui proteasomi genera un particolare tipo di stress che può essere sfruttato per distruggere selettivamente le cellule del mieloma multiplo, rappresentando un vero tallone d'Achille del tumore. Ecco un caso in cui lo stress può far bene. La scoperta apre la strada a studi clinici per cercare di individuare in anticipo i pazienti che risponderanno meglio a questo nuovo farmaco. Inoltre lo studio potrà servire a individuare nuovi bersagli per colpire in maniera più efficace le cellule tumorali. * Capo progetto dello studio (fonte: iltempo.it)

Nanotecnologie per interventi di microchirurgia 22/01/2009 17:31
I ricercatori del Micro/Nanophysics Research Laboratory della Monash University (Australia) hanno messo a punto il prototipo di un minuscolo motore, del diametro di 250 micron, in grado di alimentare sonde chirurgiche autonome. Il progetto si inquadra nel campo della chirurgia mini invasiva che utilizza cateteri e sottili tubicini introdotti nelle cavità del corpo attraverso cui introdurre strumenti chirurgici miniaturizzati. Tali procedure riducono i danni e i rischi delle operazioni tradizionali ma i pericoli non sono del tutto annullati e l'applicabilità delle tecniche è limitata dal calibro dei cateteri inseriti, che possono anche lesionare le pareti delle arterie in cui vengono inseriti. I ricercatori australiani hanno ora realizzato un motore piezoelettrico miniaturizzato, definito "sottomarino", che può essere iniettato nel circolo eseguire procedure microchirurgiche utili a identificare e rimuovere trombi ed emboli direttamente dall'interno del corpo del paziente. Al motore è infatti possibile collegare una serie di sensori e attuatori adatti a vari scopi. La piezoelettricità si basa sulla capacità di alcuni materiali di generare un potenziale elettrico in risposta a uno stress meccanico. Ora i ricercatori stanno passando alla fase di progettazione e di assemblaggio del motore e dei sensori. James Friend, coordinatore della ricerca, ha spiegato che "Le possibilità di impiego dei micromotori abbondano in campi molto diversi, dalla biomedicina all'elettronica, fino all'aeronautica e all'industria automobilistica. Le risposte alle diverse necessità differiscono e sono stati sviluppati apparati elettromagnetici, elettrostatici termici e osmotici. La progettazione piezoelettrica tuttavia ha però caratteristiche di scalabilità particolarmente favorevoli ed, in generale, una più semplice progettabilità". (fonte: molecularlab.it)

Grazie al lievito aumenta la conoscenza del metabolismo del colesterolo 22/01/2009 17:30
I ricercatori del Johns Hopkins University pubblicano un articolo sull'ultimo numero della rivista "Cell Metabolism" nel quale presentano la ricerca condotta sui meccanismi molecolari che permettono alle molecole farmacologiche note come statine di abbassare i livelli di colesterolo nel sangue inibendo un enzima, la HMG-CoA reduttasi. Tali risultati sono stati conseguiti grazie allo studio di un lievito unicellulare. Le componenti del sistema di regolazione del colesterolo si sono conservate per circa 400 milioni di anni e il lievito Schizosaccharomyces pombe rappresenta un buon modello per indagare i meccanismi molecolari che sottendono alla regolazione cellulare della reduttasi HMG-CoA nei mammiferi, nei quali è coinvolta la proteina detta Insig. In ricercatori han così potuto scoprire che anche nel lievito il gene Insig regola la HMG-CoA reduttasi, ma in modo differente. Nei mammiferi, Insig degrada l'enzima mentre nel lievito semplicemente lo inattiva promuovendo l'aggiunta di un gruppo fosfato con la reazione di fosforilazione che viene avviata grazie al coinvolgimento di un'altra proteina chiamata MAPK. Peter J. Espenshade, fisiologo del dipartimento di biologia cellulare e membro del Center for Metabolism and Obesity Research della School of Medicine della Johns Hopkins University, ha commentato "Si tratta di una differenza fondamentale e sorprendente" e ha continuato "Grazie a questo studio non solo abbiamo capito alcune cose nuove di come funziona la proteina Insig e della biologia del colesterolo, ma abbiamo anche trovato una raro esempio di come la MAPK controlli un enzima biosintetico". (fonte: molecularlab.it)

Gli scienziati accelerano i sistemi di riparazione del corpo 22/01/2009 17:29
Alcuni ricercatori finanziati dall'UE sono riusciti ad ingannare il midollo osseo in modo da fargli rilasciare un numero maggiore di cellule staminali adulte nel flusso sanguigno. Gli scienziati sperano che le loro scoperte, pubblicate sulla rivista Cell Stem Cell, porteranno allo sviluppo di nuove terapie per accelerare la cura delle malattie cardiache e delle fratture ossee. Il sostegno dell'UE a questo studio è giunto dal progetto INNOCHEM ("Approcci terapeutici innovativi basati sulle chemochine per l'autoimmunità e le infiammazioni croniche"), finanziato nell'ambito dell'area tematica "Biologia, genomica e biotecnologia per la salute" del Sesto programma quadro (6°PQ). Quando siamo ammalati o abbiamo una ferita, il nostro midollo osseo aumenta la produzione di diversi tipi di cellule staminali per riparare il nostro corpo. "Il corpo si ripara continuamente," ha spiegato la dott.ssa Sara Rankin del National Heart and Lung Institute dell'Imperial College di Londra, nel Regno Unito. "Sappiamo che la pelle si risana quando ci tagliamo e, allo stesso modo, all'interno del corpo ci sono cellule staminali che vigilano e eseguono riparazioni dove necessario. Quando il danno è grave, però, ci sono dei limiti a ciò che il corpo può fare spontaneamente. Una strategia per aumentare il numero di queste cellule staminali nel sangue è quella di raccoglierle, aumentare il loro numero in laboratorio e reinserirle nel corpo. Questa tecnica, però, comporta una serie di complicazioni pratiche e tecniche. L'altra possibilità consiste nell'usare farmaci per aumentare la produzione di queste cellule da parte del midollo osseo. Questa tecnica viene già usata nei donatori di midollo osseo per aumentare il numero di cellule staminali ematopoietiche in circolo nel loro sangue. Le cellule staminali ematopoietiche si trasformano alla fine in cellule del sangue. In questo recentissimo studio, gli scienziati hanno trattato topi sani con uno o due fattori di crescita, VEGF o G-CSF. Ai topi è stato quindi somministrato un nuovo farmaco chiamato Mozobil. Quando i topi venivano trattati con VEGF e Mozobil, il loro midollo osseo rilasciava un numero 100 volte maggiore di cellule staminali endoteliali e mesenchimali nel sangue rispetto ai topi non trattati. Le cellule staminali endoteliali possono produrre vasi sanguigni e quindi potrebbero essere usate per riparare i danni al cuore. Le cellule mesenchimali possono trasformarsi in tessuto osseo e cartilagine, e inoltre reprimono il sistema immunitario; il che significa che potrebbero essere usate per curare le malattie autoimmuni (come l'artrite reumatoide) nelle quali il sistema immunitario entra in overdrive. Questo gruppo è il primo a mobilitare in modo selettivo questi due tipi di cellule staminali nel midollo osseo. I topi trattati con G-CSF e Mozobil hanno mobilitato un gran numero di cellule staminali ematopoietiche; questo trattamento è già usato nei trapianti di midollo osseo. Il prossimo passo che gli scienziati dovranno compiere sarà quello di studiare se queste cellule staminali in più nel sangue accelerano effettivamente la velocità di rigenerazione dei tessuti nei topi che hanno avuto un infarto. Se questi studi avranno un esito positivo, il team spera di provare la nuova combinazione di farmaci in esperimenti clinici su esseri umani entro i prossimi dieci anni. I ricercatori desiderano anche saggiare l'impatto delle malattie e dell'invecchiamento sulla capacità del midollo osseo di produrre diversi tipi di cellule staminali adulte. "Speriamo che rilasciando più cellule staminali, come siamo riusciti a fare nel nostro nuovo studio, potremo potenzialmente richiedere un numero maggiore di qualunque tipo di cellule staminali si rendano necessarie al corpo per aumentare la propria capacità di ripararsi e accelerare il processo di guarigione," ha commentato la dott.ssa Rankin. "In seguito, il nostro lavoro potrebbe condurre verso nuovi trattamenti per combattere varie malattie e ferite che funzionino mettendo in moto le cellule staminali di una persona dall'interno." (fonte: molecularlab.it)

Le diete ad alto contenuto di grassi fanno diventare cattiva la variante "buona" di un gene 22/01/2009 17:28
Secondo una ricerca finanziata dall'UE e pubblicata sulla rivista Cell Metabolism, una versione di un gene che protegge le persone magre dall'obesità e dal diabete ha l'effetto contrario in persone che seguono una dieta ricca di grassi. Queste scoperte potrebbero condurre allo sviluppo di strumenti diagnostici che permetterebbero ai medici di offrire terapie e consigli di vita su misura per uno specifico genotipo. Il lavoro è stato in parte sostenuto dall'UE tramite il progetto Eugene2 ("Rete europea sulla genomica funzionale del diabete di tipo 2"), finanziato attraverso l'area tematica "Biologia, genomica e biotecnologia per la salute" del Sesto programma quadro (6° PQ). Il gene in questione si chiama Pparg2 e riveste un ruolo primario nell'accumulo di grasso e nel mantenimento dei livelli di glucosio e della sensibilità all'insulina. La versione comune Pro12 del gene è stata associata ad un aumento del rischio di diabete di tipo 2. Al contrario, la versione più rara Ala12, di cui è portatore circa il 12% della popolazione, sembra abbassare il rischio di obesità in molte persone. In alcune persone però, l'Ala12 sembra avere l'effetto contrario. In questo recente studio i ricercatori hanno esaminato in dettaglio questa anomalia. Hanno studiato topi aventi diverse versioni del gene, nutrendone alcuni secondo una dieta normale ed altri secondo una dieta ricca di grassi. Hanno scoperto che i topi nutriti secondo una dieta normale e sana, e aventi due copie della versione Ala12 del gene, sono più magri, migliorano la loro sensibilità all'insulina, hanno un migliore profilo plasma-lipidi e vivono più a lungo rispetto ai topi aventi due copie di Pro12. "I nostri risultati sostengono l'opinione secondo la quale il Pro/Pro del Pparg2 è un genotipo di rischio che influenza negativamente l'omeostasi del glucosio e la durata della vita," concludono i ricercatori. Quando però i topi aventi due copie di Ala12 sono stati nutriti secondo una dieta ricca di grassi, questi benefici sono scomparsi e gli animali sono diventati persino più grassi dei topi con la versione Pro12 del gene. Secondo i ricercatori, ciò rivela un'importante interazione tra il gene Pprag2 e l'ambiente. "Il ruolo protettivo del genotipo Ala/Ala dipende dal contesto dietetico, e ciò suggerisce che l'impatto metabolico di questa mutazione dipende fortemente dalle interazioni gene-ambiente," scrivono gli scienziati. I ricercatori fannoo notare che testare il gene per stabilirne la variante potrebbe essere uno strumento diagnostico utile per consigliare alle persone aventi la versione Ala12 del gene di seguire una dieta sana. "Attraverso una consulenza dietologica, i portatori potrebbero essere avvertiti di stare attenti agli alti contenuti di grassi nella loro dieta," ha commentato Johan Auwerx dell'università Louis Pasteur in Francia e dell'Ecole Polytechnique Fédérale de Lausanne in Svizzera. I ricercatori aggiungono che le nuove scoperte potrebbero portare allo sviluppo di nuove cure per il diabete di tipo 2 e per la sindrome metabolica.

Cancro della cavità orale: il caffè può prevenirlo 22/01/2009 17:26
Ne beviamo svariate tazzine ogni giorno. E’ un’abitudine quotidiana di cui pochi riescono a fare a meno. Ora c’è un motivo in più per bere con gusto una tazzina di caffè. Si tratta di un nuovo studio condotto in Giappone che ha dimostrato come bevendo caffè si possa diminuire il rischio di sviluppare un cancro alla cavità orale o alla gola. Lo studio è stato condotto su oltre 38.000 persone tra i 40 e i 64 anni divisi in due gruppi: quelli senza precedenti di cancro e quelli che avevano sofferto di cancro alla bocca, alla faringe o all’esofago negli ultimi 13 anni. Ebbene, paragonati alle persone che non bevono caffè, i pazienti che hanno bevuto una o più tazzine al giorno hanno sperimentato la metà del rischio di sviluppare questo tipo di cancro. La riduzione dei casi si è verificata anche in persone considerate ad alto rischio perchè ne avevano già sofferto in passato. (fonte: benessereblog.it)

Radon, micidiale alleato del fumo 22/01/2009 17:25
Non c'è verso di accorgersi della presenza del radon: non ha odore, non ha colore, non ha sapore. Ma in alcune case c'è, eccome, e non è una bella notizia. Perché è un gas radioattivo: produce particelle ionizzanti che, una volta inalate, si depositano nei bronchi e possono danneggiare il DNA delle cellule. Favorendo la comparsa del cancro al polmone: secondo una ricerca condotta in Inghilterra, appena pubblicata online dal British Medical Journal, ogni anno in Europa 18 mila decessi per questo tumore sarebbero provocati dall'esposizione al radon. In 6 casi su 7 si tratta di fumatori o ex fumatori: su di loro l'effetto del radon è maggiore perché il gas fa schizzare alle stelle il rischio, già assai elevato, di chi cede alle sigarette. Ciò che colpisce ancora di più, però, è scoprire che nel Regno Unito solo il 4% dei casi si registra in chi abita in case con concentrazioni di radon superiori ai 200 becquerel per metro cubo, il limite indicato dalla raccomandazione europea del 1990 per i nuovi edifici (per quelli esistenti la soglia oltre cui sono consigliati interventi di bonifica sale a 400 Bq/m3). In Inghilterra il 70% dei tumori polmonari attribuibili al radon, scrivono gli autori, si manifesta in abitazioni dove il gas è inferiore a 50 Bq/m3(in Italia la media è 70): che i limiti siano da rivedere? NON C'È UNA SOGLIA - «Non abbiamo evidenze dell'esistenza di una “soglia”, cioè di un valore al di sotto del quale non c'è rischio: la probabilità di tumore polmonare cresce all'aumentare della concentrazione di radon e del tempo di esposizione. I valori di riferimento europei sono un compromesso, fra i tanti possibili, tra diminuzione del pericolo e costo e fattibilità degli interventi per ridurre il rischio — spiega Francesco Bochicchio dell'Istituto Superiore di Sanità, coordinatore del Piano Nazionale Radon —. Detto ciò, i dati si spiegano perché gran parte della gente vive in abitazioni dove i livelli di radon sono medio- bassi: in generale, perciò, il numero di tumori polmonari fra chi vive in edifici con tanto radon è comunque più basso rispetto alla quota di casi che si verificano nel resto della popolazione». Di sicuro è bene ridurre l'esposizione: secondo i dati del Piano Nazionale Radon, che a breve diffonderà alcune raccomandazioni, ogni anno circa 3.000 italiani (in gran parte fumatori) muoiono per un tumore al polmone attribuibile al radon. Difendersi a prima vista non pare facilissimo: secondo lo studio inglese, però, basterebbero interventi tutto sommato poco costosi per mettere in sicurezza le case e ridurre il numero di vittime di cancro al polmone. «Misurare il radon costa qualche decina di euro, i rimedi per ridurne l'ingresso (azzerarlo è impossibile) poche centinaia di euro: è bene diffidare di chi propone interventi a prezzi esagerati — specifica Bochicchio —. È possibile intervenire anche sulle case esistenti, ma arginare il radon nei nuovi edifici è di certo più semplice. Nessuno oggi costruisce in funzione dei livelli di radon misurati nel terreno: è difficile quantificarli perché variano molto ed è impossibile prevedere la concentrazione che ci sarà in ciascuna casa. Tra un paio di mesi sarà approvato il documento tecnico del Piano Nazionale Radon con le indicazioni da seguire per le nuove costruzioni» conclude Bochicchio. (fonte: corriere.it)

Salute rosa: le ultime scoperte dei ricercatori su Alzheimer e tumore al seno 14/01/2009 15:33
L’Alzheimer colpisce più le donne degli uomini e la colpa starebbe nel corredo genetico femminile. Secondo uno studio del Mayo Clinic College di medicina, pubblicato sulla rivista Nature genetics, a esporre le donne a un rischio maggiore di sviluppare questa malattia sarebbe la variante chiave di un gene presente nel cromosoma X, presente in doppia coppia nel sesso femminile e in una sola in quello maschile. I ricercatori hanno identificato infatti una particolare variante del gene PCDH11X, che sembra essere collegata a un alto rischio di ammalarsi di questa patologia. Gli studiosi hanno rilevato che l’aumento del rischio non era statisticamente rilevante negli uomini che presentavano una copia sola della variante genetica in questione, così’ come nelle donne che ne avevano una sola copia. Le cose cambiano invece, e di conseguenza il rischio sale, nelle donne con due copie del gene, ognuna delle quali ereditata da ciascun genitore. Il PCDH11X controlla la produzione di una proteina, la protocaderina, che fa parte di una famiglia di molecole che aiuta le cellule del sistema nervoso centrale a comunicare tra loro. Secondo alcuni studi la protocaderina può essere spezzata da un enzima collegato ad alcune forme di Alzheimer. “E’ molto interessante aver scoperto un nuovo gene collegato alla malattia, il primo ad avere un effetto specifico sul sesso - spiega Steven Youkin, coordinatore dello studio - E’ probabile che molti geni contribuiscano al rischio di sviluppare questa patologia, anche se l’età resta il fattore più significativo”. Nuove scoperte sono state fatte anche per quel che riguarda il rischio di sviluppare il cancro al seno. In questo caso non di genetica si tratta ma di zuccheri. Un alto livello di insulina (ormone prodotto dal pancreas quando il livello di glucosio nel sangue è alto) nelle donne in menopausa sarebbe infatti responsabile di un aumentato rischio di sviluppare il cancro al seno. E’ quanto emerso da una ricerca dell’Albert Einstein College of Medicine della Yeshiva University pubblicata sul Journal of National Cancer Institute. I ricercatori hanno selezionato nel 2004 un gruppo di oltre 1600 donne in menopausa. Il gruppo individuato era composto da 835 donne che avevano sviluppato il cancro al seno nel corso della ricerca e da 816 donne scelte casualmente. I ricercatori hanno valutato il loro livello di insulina, i livelli di estradiolo e l’indice di massa corporea. Successivamente, le donne sono state divise in quattro sottogruppi, in base al livello di insulina riscontrato ed è emerso che quelle con i più alti livelli di insulina avevano quasi il 50 per cento di probabilità in più di sviluppare il cancro al seno. Il maggior numero di questi casi è stato osservato nel sottogruppo che non aveva mai utilizzato la terapia ormonale sostitutiva. “Quando abbiamo effettuato i controlli per l’insulina - ha detto il professor Marc Gunter, autore dello studio - l’associazione tra obesità e cancro al seno è diventata molto più debole, ciò significa che una larga parte della relazione obesità e cancro potrebbe essere mediata dai livelli di insulina”. (fonte: panorama.it)

E' nata la prima bambina senza gene del cancro al seno 14/01/2009 15:32
Nel Regno Unito è nata la prima bambina ‘geneticamente selezionata' che non ha ereditato dai genitori il gene del cancro al seno. Ad annunciarlo è stato lo stesso medico che ha seguito la coppia, Paul Serhal. "Questa bambina non dovrà affrontare la paura di sviluppare questa forma genetica di cancro al seno o di cancro alle ovaie da adulta", ha spiegato, "l’eredità duratura di questa operazione è lo sradicamento della trasmissione di questa forma di cancro che ha devastato queste famiglie per generazioni". La bimba non ha quella particolare variante genetica che nell’80 per cento dei casi è responsabile del cancro al seno. I medici della University College di Londra hanno riferito che sia la mamma sia la bimba stanno bene. L’embrione è stato esaminato e selezionato prima di effettuare la procedura di fecondazione in vitro, ed è stato verificato che non avesse il gene ‘Brca1’ alterato, a differenza delle donne di tre generazioni della famiglia del padre colpite dal tumore al seno prima dei trent’anni. Per la prima volta anche le persone che non hanno all’interno delle loro famiglie persone che hanno sofferto di tumore al seno, all’utero o alla prostata potranno usufruire di test genetici per scoprire se sono a rischio di queste malattie. E’ il programma messo a punto dall’University College London, la stessa che ha contribuito alla nascita della prima bambina geneticamente modificata, scrive The Times. Lo screening sugli embrioni è infatti alla base della nascita di questa bimba a cui si è voluto evitare un futuro di sofferenza come è invece capitato alla maggior parte delle donne della famiglia del padre, colpite da cancro al seno. La piccola è nata grazie alla fecondazione assistita e alla diagnosi pre-impianto effettuata a giugno 2008 su undici embrioni di tre giorni da Paul Serhal in una clinica privata dell’University College Hospital di Londra. Degli undici embrioni prodotti con la IVF (In Vitro Fecondation), sei avevano il gene BRCA1 mutato e cinque sono risultati liberi, di questi, due sono stati impiantati nell’utero della donna. Il gene Brca1 e Brca2 sono tra i più coinvolti nello sviluppo di tumore al seno se sono presenti in forma alterata e le donne portatrici delle mutazioni hanno probabilità di ammalarsi sette volte maggiori rispetto alle donne che non hanno i geni alterati. Finora i test sui geni portatori di tumore veniva effettuato su persone che correvano il rischio di familiarità della malattia, ma dalle statistiche risulta che circa il 50% delle donne che si ammala di tumore al seno non ha alcuna precedente tra i parenti per questo un più ampio approccio preventivo potrà ridurre non solo i casi di tumori, ma anche di altre malattie. (fonte: quotidianonet)

La genomica dei tumori 14/01/2009 15:31
Le alterazioni genomiche che consentono alle cellule normali di trasformarsi in cellule tumorali nel caso di glioblastoma multiforme (il più comune dei tumori cerebrali) e il cancro del pancreas sono state descritte in due nuovi studi pubblicati sull'ultimo numero di "Science", che han dimostrato l'esistenza di alterazioni dei processi di regolazione comuni in molti tipi di tumori. Il primo studio è stato condotto da Williams Parsons e colleghi dell'Howard Hughes Medical Institute di Baltimora, nel Maryland, del Johns Hopkins Kimmel Cancer Center sempre di Baltimora, e dell'Università di San Paolo, in Brasile. I ricercatori hanno analizzato 22 campioni di glioblastomi umani per rivelare potenziali mutazioni in sequenze di più 20.000 geni che codificano per proteine; inoltre sono andati alla ricerca di variazioni tumore-specifiche negli schemi di espressione dei geni. Grazie a questo studio sono state riconosciute responsabili dei tumori in esame alterazioni genetiche che fino ad ora non erano state considerate. Nei "glioblastomi secondari" che derivano da tumori di livello più basso e nei pazienti più giovani sono state identificate mutazioni del gene IDH1 che potrebbe quindi essere considerato come marker clinico per lo screening e il trattamento. Nel secondo studio sono stati analizzati i dati genetici del cancro del pancreas, scoprendo che in una percentuale di tumori compresa tra il 70 e il 100 per centorisultano alterazioni genetiche, sopratutto a carico di 12 cammini di segnalazione cellulare. Secondo gli autori: "Il maggiore motivo di speranza per lo sviluppo di terapie risiede nella scoprta di agenti che bersaglino gli effetti fisiologici dei cammini e dei processi alterati, invece che le loro singole componenti genetiche." (fonte: molecularlab.it)

Caffè, tè, mirtillo: perchè ci aiutano a stare meglio 09/01/2009 12:30
Il caffè e il tè riducono il rischio di cancro all’endometrio, la mucosa che ricopre la cavità interna dell’utero. Secondo una ricerca pubblicata dall’International Journal of Cancer, nelle consumatrici di caffè e di tè si è riscontrata una minore incidenza di tumore dell’endometrio. Paragonando le consumatrici di tutte e due le bevande con le non consumatrici di nessuna delle due, si è osservata un’associazione inversa, diventata sempre più forte all’aumentare della quantità, dimostrando che caffè e tè insieme possono ridurre il rischio di cancro all’endometrio. La ricerca ha riguardato 1082 donne, di cui la metà con diagnosi di cancro endometriale e l’altra metà con un utero sano e senza diagnosi di precedente tumore di alcun tipo. «I risultati di questa analisi - dice il professor Carlo La Vecchia, ricercatore dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri e dell’Università di Milano e coautore dello studio - indicano che rispetto alle non bevitrici di caffè, le donne che ne bevono in quantità ridotta o moderata hanno una protezione del 13% sul rischio di ammalarsi di tumore dell’endometrio, mentre quelle che ne bevono in quantità elevata hanno una protezione del 36%». Per soddisfare il palato sono un must, ma ora i mirtilli si confermano come altamente benefici per la nostra salute: questi frutti di bosco sono infatti in grado di inibire la crescita dei tumori e di stimolare il «suicidio» delle cellule cancerose, come dimostra un esperimento su topi con neoplasia all’esofago condotto da esperti dell’Ohio State Comprehensive Cancer Center e pubblicato sulla rivista «Cancer Prevention Research». Secondo gli esperti, le proprietà chemiopreventive del mirtillo sono dovute alla presenza di antocianine, una classe di flavonoidi in grado di ostacolare il percorso del cancro verso lo sviluppo e la diffusione nel nostro organismo. In più, pare che questa sostanza possa indurre l’apoptosi delle cellule neoplastiche. Gary D. Stoner e il suo team lo hanno verificato nutrendo un gruppo di roditori con un estratto concentratissimo di mirtilli, rilevando un chiaro effetto preventivo nei confronti delle neoplasie. Si tratta di una delle prime conferme su modello animale di studi precedenti effettuati in vitro. Secondo gli esperti, che stanno già tentando di procedere con i trial clinici, per godere dei benefici delle antocianine un uomo dovrebbe assumere circa 60 grammi di polvere di mirtillo al giorno. «Ora che sappiamo che l’estratto di antocianine è efficace quanto l’assunzione di frutti interi - assicurano gli esperti - speriamo di poter un giorno utilizzare un mix standardizzato di queste sostanze per combattere i tumori. L’obiettivo è di sostituire la polvere di mirtillo con i soli componenti attivi e poi identificare un modo per distribuirli meglio ai tessuti, incrementandone l’efficacia». (fonte: lastampa.it)

Ricercatori spagnoli scoprono nuovi componenti antitumorali nell'olio extravergine d'oliva 09/01/2009 12:28
Ricercatori in Spagna hanno scoperto componenti dell'olio extravergine d'oliva che proteggono contro il cancro della mammella HER2-positivo e HER2-negativo. Le loro scoperte, che hanno implicazioni per la progettazione di nuovi farmaci contro il tumore della mammella, sono stati pubblicati nella rivista BMC cancer. L'olio extravergine d'oliva, protagonista della dieta mediterranea, è unico tra gli oli vegetali per il fatto che è poco elaborato e per questo motivo ricco di polifenoli (sostanze comuni contenute nelle piante). Studi precedenti avevano mostrato gli effetti benefici dell'acido oleico e di un componente fenolico contro determinati tumori del seno. Il dottor Javier Menendez dell'Istituto Catalano di oncologia e il dottor Antonio Segura-Carretero dell'università di Granada hanno condotto uno studio sugli effetti che altri componenti fenolici, trovati nell'olio extravergine d'oliva, hanno sulle cellule cancerogene mammarie umane. Nello specifico, essi hanno indagato l'effetto di queste sostanze sull'HER2, uno dei geni più frequentemente analizzati negli studi sul cancro. L'HER2 riveste un ruolo importante nella trasformazione dei geni normali in geni cancerogeni, creando tumori e diffondendo la malattia. Secondo lo studio, il gene è abbondantemente presente nel 20 - 30% dei tumori al seno invasivi e viene associato a "prognosi non favorevole, tempi di ricaduta più brevi e una diminuita sopravvivenza generale." L'azione antitumorale dei componenti dell'olio, perciò, dipende in gran parte dalla loro capacità di sopprimere l'espressione dell'HER. In laboratorio i ricercatori hanno separato l'olio in frazioni e hanno valutato l'effetto di ognuna di esse sulle cellule tumorali del seno. Hanno scoperto che tutte le frazioni contenenti i principali polifenoli dell'olio extravergine d'oliva (ad esempio i lignani, anche presenti nei semi di lino, e i secoiridoidi, anche presenti nel gelsomino) inibiscono efficacemente l'HER2. "Le nostre scoperte rivelano per la prima volta che tutti i fenoli complessi presenti nell'olio extravergine d'oliva sopprimono drasticamente la sovra-espressione del gene tumorale HER2 nelle cellule mammarie umane cancerose," ha detto il dott. Mendez. Tuttavia, è forse ancora troppo presto per tradurre questi risultati in consigli nutrizionali. L'azione dei componenti dell'olio extravergine d'oliva, come i secoiridoidi e i lignani, "devono essere affrontati con attenzione in modelli animali e studi pilota sugli uomini," avvertono gli autori. Le sostanze fitochimiche attive uccidono efficacemente le cellule tumorali nelle colture, ma soltanto in presenza di livelli che difficilmente potrebbero essere raggiunti nella vita reale attraverso il consumo di olio d'oliva. Le scoperte forniscono nuove prospettive sui meccanismi attraverso i quali l'olio extravergine d'oliva ricco di polifenoli potrebbere contribuire a ridurre il rischio di tumore al seno. "Queste scoperte, insieme al fatto che l'uomo ha assunto da sempre quantità considerevoli di lignani e secoiridoidi attraverso il consumo di olive e olio extravergine d'oliva, indicano fortemente che questi polifenoli potrebbero costituire un eccellente e sicuro punto di partenza per lo sviluppo di nuovi farmaci antitumorali per il seno," conclude lo studio. (fonte: molecularlab.it)

Più rischio di cancro alle ovaie per le donne obese 09/01/2009 12:27
Non è più solo una questione estetica: i chili di troppo non danneggiano soltanto la linea, ma anche la salute e spesso lo fanno in maniera molto grave. Oltre agli aumentati rischi di andare incontro a malattie cardiovascolari, ictus e infarti, l'obesità sembra aumentare le probabilità di ammalarsi di tumore all'ovaio nelle donne che aumentano di peso dopo la menopausa e che non si sono mai sottoposte a terapie ormonali. A questa conclusione è giunta l'equipe di scienziati americani del National Cancer Institute, coordinata dal dott.Michael Leitzmann, dopo aver condotto uno studio epidemiologico durato sette anni su 95mila donne in età compresa tra i 50 e i 71 anni. La ricerca scientifica, pubblicata online sulla rivista “Cancer”, ha messo in luce come l'incremento del peso, e specialmente della massa grassa, nelle donne nel periodo post-menopausa incrementi le possibilità di ammalarsi di cancro alle ovaie in assenza di terapie ormonali. Dei 303 casi di cancro alle ovaie riscontrati tra le partecipanti alla ricerca, ben l'80% erano donne obese che non si erano mai sottoposte a terapie ormonali sostitutive. Gli studiosi statunitensi ritengono dunque che l'aumento del peso in menopausa faccia crescere la produzione di estrogeni, stimolando la crescita delle cellule ovariche, fattore, quest'ultimo, che predispone allo sviluppo di cancro alle ovaie. I rimedi, oltre a uno stile di vita sano con alimentazione corretta e un po' di moto, sembrano essere quelli volti a definire adeguati programmi di salute pubblica, che riescano a contrastare il dilagante fenomeno dell'obesità. (fonte: italiasalute.it)

Come colpire le cellule staminali leucemiche 09/01/2009 12:25
velata dagli scienziati del Campus IFOM-IEO di Milano la strada per eliminare le cellule staminali del cancro, le vere responsabili dell’inguaribilità della malattia. I risultati della ricerca, tutta italiana, appaiono sulla rivista “Nature”. I ricercatori, guidati da Pier Giuseppe Pelicci, hanno scoperto come le cellule staminali del cancro diventano immortali: sono gli stessi oncogèni (i geni che innescano il processo tumorale) che impediscono alle staminali di invecchiare, mantenendo intatta la loro capacità di formare nuovo tessuto, il tumore. I farmaci attuali sono diretti contro le altre cellule tumorali (“figlie”); questa scoperta apre la via all’altra fase della cura, mirata a colpire le cellule staminali (“madri”). Nuovi farmaci con questa funzione sono già in sperimentazione clinica sull’uomo: nei prossimi 5-10 anni potrebbero diventare disponibili, per alcune forme di tumore. La ricerca è stata effettuata in collaborazione con l’Università degli Studi di Milano. Già sapevamo che, a differenza delle normali cellule staminali dei tessuti, che invecchiano e muoiono, le cellule staminali del cancro sono immortali e mantengono indefinitamente la loro capacità d’automantenersi e di generare cellule tumorali. Ma non sapevamo perché. Come fanno le staminali del cancro ad evadere il processo fisiologico dell’invecchiamento e della morte alimentando all’infinito il tumore? È la domanda su cui si è focalizzato lo studio che appare su Nature. Il team di ricerca di Pelicci - Direttore Scientifico del Dipartimento di Oncologia Sperimentale dell’Istituto Europeo di Oncologia e Professore di Patologia generale presso l’Università di Milano - ha scoperto che gli stessi geni responsabili (oncogèni) di uno specifico tipo di tumore – leucemia mieloide acuta – sono anche la causa diretta dell’immortalità delle cellule staminali. Questo effetto era del tutto inatteso, perché si sapeva che le cellule del nostro organismo si difendono dagli oncogèni attivando un processo d’invecchiamento precoce (senescenza) o addirittura di morte (apoptosi). Ma questa procedura di difesa, hanno osservato i ricercatori, non si attiva nelle cellule staminali. Le cellule staminali, infatti, sopravvivono all’oncogène e non smettono di funzionare. “Le normali cellule staminali dei nostri tessuti – spiega Andrea Viale, uno degli autori della scoperta – accumulano, nel tempo, danni a carico del loro genoma, smettono di funzionare e quindi muoiono. Nel caso delle staminali del cancro, sono gli oncogèni a renderle invece immortali aumentando le loro capacità di riparo del danno genomico. In questo modo le cellule staminali leucemiche non invecchiano e continuano ad alimentare, indefinitamente, la leucemia”. Gli scienziati hanno scoperto che gli oncogèni facilitano il riparo del genoma (e quindi l’immortalità delle cellule staminali) provocando l’attivazione di un gene (p21). Il p21 rallenta la proliferazione delle cellule staminali, lasciando loro più tempo per riparare il genoma danneggiato. In sostanza, le cellule staminali della leucemia non invecchiano perché proliferano poco. Infatti, straordinariamente, quando l’équipe di Pelicci ha tolto il gene p21 dalle leucemie, ha visto le cellule staminali proliferare di più, accumulare danni al genoma e quindi morire (e con loro anche la leucemia!). Questi risultati forniscono una rappresentazione nuova dei tumori. Essi sono formati da rarissime cellule staminali – che proliferano poco – e da tante cellule “figlie” – che, come già sapevamo, proliferano molto. Tutto questo ha una grande implicazione per il trattamento dei tumori: le terapie anti-tumorali disponibili, infatti, colpiscono principalmente le cellule proliferanti, e sono quindi poco, o per nulla, efficaci sulle cellule staminali del cancro. Occorre quindi trovare terapie che agiscano sulle staminali. È ora la strada è segnata. “La nostra scoperta – commenta Pelicci – definisce un metodo per eliminare le cellule staminali del cancro: bloccare i loro sistemi di riparazione del genoma. In questo modo, infatti, le cellule staminali del cancro accumuleranno danno genomico, invecchieranno e moriranno, come fanno normalmente le cellule staminali dei nostri tessuti. Nuovi farmaci che inibiscono il riparo del genoma stanno muovendo i primi passi della sperimentazione clinica nell’uomo. Sapremo nei prossimi 5-10 anni quanto sono importanti nella cura dei tumori”. La ricerca è stata realizzata presso i laboratori dell’Istituto Europeo di Oncologia (IEO), in collaborazione con l’Università degli Studi di Milano (Dipartimento di Scienze Biomolecolari e Biotecnologie e Dipartimento di Medicina, Chirurgia e Odontoiatria) e con l’Università degli Studi di Perugia (Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, Policlinico Monteluce) ed è stata possibile grazie ai finanziamenti dell’Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro (AIRC), del Ministero della Salute, di Cariplo e della Comunità Europea. NOTE EDITORIALI Pubblicazione: Nature del 1 gennaio 2009 Titolo originale dell’articolo: "Cell-cycle restriction limits DNA damage and maintains self renewal of leukaemia stem-cells" Autori: Andrea Viale, Francesca De Franco, Annette Orleth, Valeria Cambiaghi, Virginia Giuliani, Daniela Bossi, Chiara Ronchini, Simona Ronzoni, Ivan Muradore, Silvia Monestiroli, Alberto Gobbi, Myriam Alcalay, Saverio Minucci, Pier Giuseppe Pelicci. (fonte: italiasalute.it)

Carne e latticini nemici della prostata 03/01/2009 18:04
Mangiare troppo spesso carne e latticini potrebbe aumentare il rischio di sviluppare il cancro alla prostata. Lo suggerisce uno studio pubblicato di recente sugli Annals of Internal Medicine dal quale è emerso che una dieta ricca di questi alimenti fa salire i livelli dell'ormone IGF-1 (fattore di crescita insulinosimile, di tipo 1) che promuove la crescita cellulare ed è risultato associato a un rischio maggiore di sviluppare alcuni tumori, tra cui quello della prostata. EFFETTO ORMONALE – La ricerca è stata condotta da ricercatori dell’Università di Oxford i quali hanno esaminato i risultati di 12 studi precedenti, per un totale di circa 9 mila uomini coinvolti: 3.700 con tumore della prostata e 5.200 non ammalati, serviti come gruppo di controllo. I ricercatori hanno scoperto che gli uomini con livelli alti nel sangue di IGF-1 avevano fino al 40 per cento di probabilità in più di sviluppare il cancro alla prostata rispetto a quelli con livelli bassi. Il coordinatore della ricerca, Andrew Roddam, puntualizza che non è ancora chiaro fino a che punto l'alimentazione influisca sui livelli di IGF-1, ma pare che i suoi livelli possano essere fino al 15 per cento più alti nelle persone che mangiano molta carne e molti prodotti derivati dal latte. ALIMENTAZIONE - «E’ ormai evidente da tempo che l’alimentazione gioca un ruolo importante nello sviluppo del tumore della prostata – conferma il professor Francesco Rocco, direttore della I Clinica urologica dell’Università di Milano -. Osservazioni fatte in Cina sono molto esplicative in questo senso. Si è infatti visto che in chi vive nelle zone rurali i casi di tumore della prostata sono molto meno rispetto a quelli riscontrati in chi vive in città industrializzate come Pechino. Non solo, vari studi hanno evidenziato che i cinesi di campagna che emigrano negli Usa, dopo una generazione raggiungono la stessa incidenza di tumore prostatico dei bianchi americani. E il motivo di questo fenomeno risiede principalmente in diverse abitudini alimentari». INDICAZIONI DIETETICHE – Tra gli alimenti considerati nemici della prostata, e non solo, rientrano quelli ricchi di grassi saturi, tra cui carni rosse e buona parte dei latticini. Ma vari studi hanno evidenziato che esistono anche cibi protettivi. «Un più basso tasso di tumore della prostata è stato riscontrato in chi consuma tanto tè verde e ha una dieta ricca di soia, probabilmente per l'azione dei cosiddetti fitoestrogeni che bloccano la crescita delle cellule della prostata. Effetti protettivi sulla prostata sono stati evidenziati anche in alcune verdure, in particolare nelle crucifere e nei pomodori, ricchi di licopene, una sostanza antiossidante» segnala Rocco. Non bisogna tuttavia dimenticare che il tumore della prostata è una malattia multifattoriale: conta l’alimnetazione, ma contano anche l’età (incidenza e mortalità aumentano con l’aumentare degli anni) e la familiarità (a causa di una predisposizione genetica). (fonte: corriere.it)

Scoperta l'immortalità delle cellule; tolto il gene p21, ora il cancro "muore" 03/01/2009 18:03
Svelata dagli scienziati del campus Ifom-Ieo di Milano la strada per eliminare le cellule staminali del cancro, le vere responsabili dell’inguaribilità della malattia. I ricercatori guidati da Pier Giuseppe Pelicci, direttore scientifico del dipartimento di oncologia sperimentale dell’istituto europeo di oncologia (Ieo) e docente di patologia generale all’università di Milano, hanno scoperto come le cellule staminali del cancro diventano immortali. Sono gli stessi oncogeni, i geni che innescano il processo tumorale, che impediscono alle staminali di invecchiare, mantenendo intatta la loro capacità di formare nuovo tessuto, il tumore. In pratica le cellule madri del cancro si replicano più lentamente delle altre per avere il tempo di riparare i danni. E così facendo diventano virtualmente immortali. La scoperta si è guadagnata le pagine della prestigiosa rivista Nature. " I farmaci attuali - spiegano, in una nota, gli oncologi che hanno lavorato al progetto - sono diretti contro le altre cellule tumorali, le figlie. Questa scoperta apre la via all’altra fase della cura, mirata a colpire le cellule staminali da cui originano, dunque le madri». Nuovi farmaci con questa funzione sono già in sperimentazione clinica sull’uomo: «Nei prossimi 5-10 anni - assicurano gli scienziati - potrebbero diventare disponibili, per alcune forme di tumore». La ricerca è stata effettuata in collaborazione con l’università degli Studi di Milano. «Già sapevamo che, a differenza delle normali cellule staminali dei tessuti che invecchiano e muoiono, le staminali del cancro sono immortali e mantengono indefinitamente la loro capacità d’automantenersi e di generare cellule tumorali. Ma - spiega Pelicci - non sapevamo perchè. Come fanno le staminali del cancro a evadere il processo fisiologico dell’invecchiamento e della morte alimentando all’infinito il tumore?», chiede provocatoriamente il ricercatore che ha trovato la risposta al quesito. Il team ha infatti scoperto che «gli stessi geni responsabili di uno specifico tipo di tumore, nel caso dello studio della leucemia mieloide acuta, sono anche la causa diretta dell’immortalità delle cellule staminali. Questo effetto - ammette - era del tutto inatteso, perchè si sapeva che le cellule del nostro organismo si difendono dagli oncogeni attivando un processo d’invecchiamento precoce, la senescenza, o addirittura di morte, cioè l’apoptosi». Ma questa procedura di difesa, hanno osservato i ricercatori, non si attiva nelle cellule staminali. «Le cellule staminali, infatti, sopravvivono all’oncogene e non smettono di funzionare». «Le normali cellule staminali dei nostri tessuti - interviene Andrea Viale, uno degli autori della scoperta - accumulano nel tempo danni a carico del loro genoma, smettono di funzionare e quindi muoiono. Nel caso delle staminali del cancro, sono gli oncogeni a renderle invece immortali aumentando le loro capacità di riparo del danno genomico. In questo modo le cellule staminali leucemiche non invecchiano e continuano ad alimentare, indefinitamente, la leucemia». Gli scienziati hanno scoperto che gli oncogeni facilitano la riparazione del genoma, e quindi l’immortalità delle cellule staminali, provocando l’attivazione di un gene: il p21). Questo, proseguono, rallenta la proliferazione delle cellule staminali, lasciando loro più tempo per riparare il genoma danneggiato. In sostanza, le cellule staminali della leucemia non invecchiano perchè proliferano poco. Infatti, straordinariamente, quando l’èquipe di Pelicci ha tolto il gene p21 dalle leucemie, ha visto le cellule staminali proliferare di più, accumulare danni al genoma e quindi morire. E con loro anche la leucemia. Questi risultati forniscono una rappresentazione nuova dei tumori. Essi sono formati da rarissime cellule staminali - che proliferano poco - e da tante cellule figlie che, come già sapevamo, proliferano molto. «Tutto questo - affermano i ricercatori italiani - ha una grande implicazione per il trattamento dei tumori: le terapie anti-tumorali disponibili, infatti, colpiscono principalmente le cellule proliferanti, e sono quindi poco, o per nulla, efficaci sulle cellule staminali del cancro. Occorre quindi trovare terapie che agiscano sulle staminali. E ora la strada è segnata». «La nostra scoperta - commenta Pelicci - definisce un metodo per eliminare le cellule staminali del cancro: bloccare i loro sistemi di riparazione del genoma. In questo modo, infatti, le cellule staminali del cancro accumuleranno danno genomico, invecchieranno e moriranno, come fanno normalmente le cellule staminali dei nostri tessuti. Nuovi farmaci che inibiscono il riparo del genoma stanno muovendo i primi passi della sperimentazione clinica nell’uomo. Sapremo nei prossimi 5-10 anni quanto sono importanti nella cura dei tumori». La ricerca - precisa infine il comunicato - è stata realizzata nei laboratori dell’Ieo, in collaborazione con l’università degli Studi di Milano (dipartimento di scienze biomolecolari e biotecnologie e dipartimento di medicina, chirurgia e odontoiatria) e con l’università degli Studi di Perugia (dipartimento di medicina clinica e sperimentale, policlinico Monteluce). Ed è stata possibile grazie ai finanziamenti dell’Associazione italiana per la ricerca sul cancro (Airc), del ministero della Salute, di Cariplo e della Comunità europea. (fonte: ilsole24.it)

Dal succo d'uva una speranza contro i tumori 03/01/2009 18:01
Un estratto di semi d'uva per indurre le cellule leucemiche al suicidio. E' il cuore dell'esperimento effettuato in laboratorio da scienziati dell'università del Kentucky (Usa), che riportano gli incoraggianti risultati sulla rivista 'Clinical Cancer Research'. I dati ottenuti fanno sperare in un futuro impiego di composti naturali per prevenire o curare la grave malattia. Nel giro di 24 ore - riportano gli esperti - abbiamo osservato che il 76% delle cellule leucemiche esposte a un estratto di semi d'uva comunemente reperibile sul mercato è morto per apoptosi. Il tutto pare sia avvenuto perché il composto utilizzato è in grado di attivare la proteina Jnk, che regola proprio il processo di suicidio cellulare, la cosiddetta apoptosi. Gli studiosi sono riusciti peraltro a evidenziare che l'estratto non agisce sulle cellule sane, anche se il motivo non è ancora stato chiarito. In ogni caso, questa indagine si aggiunge ad altri studi precedenti, che avevano rilevato come l'estratto di semi d'uva fosse in grado di combattere, nei topi, anche le cellule del cancro al seno e della pelle. (fonte: rainews24.it)

Così i nuovi farmaci possono prevenire le malattie 03/01/2009 18:00
Il principio è lo stesso dell'Arte della Guerra del generale cinese Sun Tzu: «Per combattere un nemico bisogna innanzitutto conoscerlo bene». L'oncologo Umberto Veronesi è convinto che per mantenersi in salute è necessario soprattutto conoscere quali sono i fattori di rischio delle malattie. L'informazione va di pari passo con la prevenzione? «Vivere comporta correre dei rischi che noi non siamo in grado di eliminare, ma che possiamo quantificare per proteggerci». Quali, allora, i comportamenti da adottare per cercare di non ammalarsi? «Per la medicina moderna è proprio la prevenzione, legata a doppio filo alla conoscenza, lo strumento più efficace a disposizione di ognuno di noi per ridurre l'incidenza delle malattie e la mortalità». Ciascuno, insomma, deve capire che è artefice almeno in parte del proprio destino. «Guidare un'auto comporta un rischio di incidente stradale, ma se indossiamo le cinture di sicurezza le probabilità individuali di subire un trauma diminuiscono. Così vale anche nella lotta alle malattie». È un richiamo all'autoresponsabilità? «La prevenzione sposta il carico della protezione della salute dalla società (attraverso i medici e gli ospedali) all'individuo». Ma qual è il compito dello Stato? Che cosa deve fare per tutelare la salute dei suoi cittadini? «Rimane saldamente nelle mani della società la responsabilità di creare conoscenza. La partecipazione dei cittadini alla difesa del proprio benessere non può e non deve essere un alibi per la latitanza della comunità ». Il ruolo dei medici? «A noi spetta il compito di informare e sensibilizzare i pazienti perché possano liberamente e consapevolmente scegliere comportamenti che riducano le probabilità di ammalarsi ». L'informazione, però, da sola non basta. «È necessario, poi, proporre programmi di prevenzione a cui i cittadini informati possano decidere di aderire». In concreto? «Vanno in questa direzione, in campo oncologico, il programma di vaccinazione contro il tumore del collo dell'utero nelle adolescenti, le Tac spirali per i forti fumatori per la scoperta tempestiva del tumore ai polmoni, la strategia mortalità zero per il cancro del seno con un'informazione capillare alle donne sugli esami salvavita per ogni fascia d'età». La ricerca, indispensabile per le cure, è utile anche per la prevenzione? «Grazie alle nuove conoscenze informatiche gli esami basati sulla diagnostica per immagini hanno raggiunto livelli di precisione molto avanzata. Ciò è importante per risalire sempre più indietro nel processo di formazione delle malattie». Prendere farmaci può servire a tenere lontane le malattie? «Oggi si sta diffondendo la farmacoprevenzione. I ricercatori stanno studiando principi attivi in grado di impedire sul nascere lo sviluppo di malattie. Per lo più sono derivati di vitamine e altre sostanze naturali. Prima di prendere qualsiasi medicina, però, è meglio parlarne con il proprio medico». Per quali patologie sono consigliate? «Vengono già impiegate nella prevenzione delle malattie cardiovascolari. Ora progressivamente sono somministrate anche in oncologia. Sono già utilizzate molecole che proteggono dal manifestarsi del cancro del seno e sono in cantiere nuove sostanze per il tumore della prostata (come il Bicatulamide) e per quello del colon». (fonte: corriere.it)

Paclitaxel nella terapia adiuvante del cancro al seno 24/12/2008 21:18
Esiste un significativo aumento del periodo libero da malattia dopo trattamento con paclitaxel somministrato 1 volta alla settimana o docetaxel ogni 3 settimane, mentre si ha un aumento della sopravvivenza in chi ha assunto paclitaxel 1 volta alla settimana. La chemioterapia adiuvante riduce il rischio di ricaduta e la mortalità nelle donne con neoplasia maligna della mammella operabile. In questo studio sono stati confrontati due differenti taxani, docetaxel e paclitaxel, somministrati ciascuno settimanalmente oppure ogni tre settimane. Il protocollo è stato stilato dal Eastern Cooperative Oncology Group (ECOG); hanno inoltre partecipato altri gruppi di lavoro tra cui il Southwest Oncology Group (SWOG), il Cancer and Leukemia Group B (CALGB) ed il North Central Cancer Treatment Group (NCCTG). Criteri di inclusione erano la presenza, confermata all’esame istologico, di adenocarcinoma operabile della mammella con linfonodi positivi (T1, T2 o T3 e N1 o N2) oppure con linfonodi ascellari negativi anche se ad alto rischio (T2 o T3, N0) ma senza metastasi a distanza. Tutte le pazienti sono state sottoposte a terapia standard con doxorubicina (60 mg/m2 somministrata lentamente e.v. in 5-15 minuti) e ciclofosfamide (600 mg/m2 somministrata e.v. in 30-60 minuti) ogni tre settimane per quattro cicli. Questa terapia è stata seguita dai taxani. Le donne sono state assegnate ad uno dei seguenti quattro gruppi di trattamento: - Paclitaxel 175 mg/m2 e.v. in 3 ore ogni 3 settimane per 4 dosi; - Paclitaxel 80 mg/m2 e.v. 1 ora ogni settimana per 12 dosi; - Docetaxel 100 mg/m2 e.v. 1 ora ogni 3 settimane per 4 dosi; - Docetaxel 35 mg/m2 e.v. 1 ora ogni settimana per 12 dosi. Le pazienti, dopo quadrantectomia o mastectomia radicale, sono state sottoposte, se necessario, a cicli di radioterapia. Le pazienti con positività per i recettori degli estrogeni, del progesterone o di entrambi hanno ricevuto 20 mg/die di tamoxifene per 5 anni. Nel giugno 2005 il protocollo è stato modificato per permettere alle donne in post-menopausa di poter assumere un inibitore delle aromatasi. Tra Ottobre 1999 e Gennaio 2002 sono state arruolate 5052 pazienti, di cui 4950 (98%) eleggibili per lo studio. L’età media era di 51 anni. Circa il 12% non aveva linfonodi positivi, il 56% ne aveva da 1 a 3 ed il 32% ne aveva 4 o più. La neoplasia era positiva per i recettori degli estrogeni, del progesterone o di entrambi nel 70% dei casi e positiva per HER2 nel 19% dei casi. Il 60% delle pazienti è stata sottoposta a mastectomia, il 40% a quadrantectomia. Questo trial è stato disegnato per confrontare l’efficacia di paclitaxel rispetto a docetaxel e per confrontare la cinetica standard di somministrazione dei taxani ogni 3 settimane con una modalità settimanale. End point primario era valutare la sopravvivenza libera da malattia, intesa come il tempo trascorso dalla randomizzazione alla ricaduta della malattia, la morte senza recidiva di malattia o la comparsa di neoplasia alla mammella controlaterale. Dopo un follow-up medio di 63.8 mesi, 1048 pazienti hanno avuto una recidiva o la comparsa di una neoplasia all’altra mammella e 686 sono decedute. Non ci sono state differenze statisticamente significative per quanto riguarda la sopravvivenza libera da malattia tra i gruppi trattati con paclitaxel e docetaxel (CI 0.91-1.17; p=0.61) o tra i gruppi che hanno ricevuto il trattamento ogni 1 o ogni 3 settimane (odds ratio, 1.06; 95% CI 0.94-1.20; p=0.33). Il periodo libero da malattia è stato più lungo per le pazienti che hanno ricevuto paclitaxel 1 volta alla settimana (odds ratio, 1.27; p=0.006) o docetaxel ogni 3 settimane (odds ratio, 1.23; p=0.02) rispetto alle pazienti trattate con docetaxel una volta alla settimana (odds ratio, 1.09;p=0.29). La sopravvivenza totale è risultata notevolmente migliore nel gruppo con paclitaxel 1 volta alla settimana rispetto al gruppo trattato ogni 3 settimane (odds ratio, 1.32; p=0.001), ma non nel gruppo con docetaxel 1 volta alla settimana (odds ratio, 1.02; p=0.80) o ogni 3 settimane (odds ratio, 1.13; p=0.25). Le pazienti con neoplasia HER2 negativa, trattate con somministrazione settimanale di paclitaxel, hanno avuto un prolungamento del periodo libero da malattia indipendentemente dalla presenza o meno di recettori ormonali; effetti simili non sono stati osservati nel gruppo trattato con docetaxel. Il 28% delle pazienti che ha ricevuto la monosomministrazione settimanale di paclitaxel ha avuto effetti tossici di grado 3 e 4, rispetto al 30% delle trattate con paclitaxel ogni 3 settimane (p=0.32), il 71 % di quelle trattate con docetaxel ogni 3 settimane (p<0.001) ed il 45% di quelle trattate con docetaxel 1 volta alla settimana (p<0.001). La più elevata percentuale di effetti avversi di grado 3 e 4 comparsi con la terapia con docetaxel era rappresentata da neutropenia (46%) che risultava in una più frequente comparsa di neutropenia febbrile (16%) ed infezioni (13% vs 1-4% degli altri gruppi). L’incidenza di neuropatia di grado 3 e 4 nei 4 gruppi andava dal 4% all’8% con un’incidenza maggiore nel gruppo trattato con paclitaxel 1 volta alla settimana (27%). Alla luce dell’analisi statistica dei dati raccolti gli autori hanno concluso che esiste un significativo aumento del periodo libero da malattia dopo trattamento con paclitaxel somministrato 1 volta alla settimana o docetaxel ogni 3 settimane, mentre si ha un aumento della sopravvivenza in chi ha assunto paclitaxel 1 volta alla settimana. Rispetto al gruppo trattato con terapia standard, in quello che ha assunto paclitaxel 1 volta alla settimana, si ha una maggiore insorgenza di neuropatia moderata-severa, mentre il gruppo trattato con docetaxel ogni 3 settimane presenta un maggior rischio di insorgenza di neutropenia e delle complicanze ad essa correlate. (fonte: pillole.org)

Ritorna la Talidomide: questa volta per curare un tumore raro 24/12/2008 21:17
Torna in Italia un farmaco dal triste passato ma che, accompagnato da uno strettissimo programma di sicurezza, servirà per la cura di un grave tumore del midollo osseo, il mieloma multiplo, di cui si registrano in Italia dai 3 ai 4 mila casi ogni anno. L’agenzia italiana del farmaco, l’Aifa, in una delle riunioni di dicembre ha dichiarato chiusa la negoziazione per inserire nel nostro prontuario terapeutico il Talidomide, ritirato dal commercio nel novembre del '61 dopo aver causato nel mondo almeno 10 mila casi di focomelia (malformazione congenita che provoca un'insufficiente crescita degli arti ) nei bambini e un numero imprecisato di aborti In quegli anni veniva usato come antinausea, sedativo blando o antinfluenzale. Decine di migliaia di donne lo presero in gravidanza quando ancora gli effetti collaterali della molecola sul feto non erano noti o venivano volutamente sottaciuti dall’azienda produttrice tedesca. FARMACO «ORFANO» - Ma adesso per il Talidomide comincia una nuova vita che non ha niente a che fare con la precedente. Prodotto dall’azienda americana Celgene, che l’ha solo rilevato e non ha responsabilità nei fatti degli anni ’60, è stato già approvato dalle Emea, l’agenzia europea del farmaco, come medicinale «orfano», per la cura di un tumore che viene classificato tra le malattie rare per la bassa incidenza (i medicinali orfani sono quelli che godono di particolari procedure di registrazione perchè destinati a un mercato ristretto per la rarità delle malattie cui sono destinati). Si è visto infatti che grazie alle sue caratteristiche di anti angiogenesi (cioè di bloccare la crescita di vasi che servono al tumore per procurarsi nutrimento) capace di bloccare il nutrimento del tumore. SOLO IN OSPEDALE - Verrà distribuito solo in ospedale con un programma di controllo che garantirà ai pazienti l’assoluta sicurezza. Non potrà essere dato in gravidanza. Non solo: le donne curate con Talidomide dovranno prendere la pillola anticoncezionale nei tre mesi precedenti e successivi la terapia oncologica. Tra l’altro è previsto un meccanismo di tracciabilità delle confezioni in modo da avere la certezza che il farmaco vada a finire nelle mani del paziente che ne ha bisogno. Tutte le schede di ogni malato in trattamento saranno on line per dare modo all’Aifa di vigilare sull’uso appropriato. Un sistema di sicurezza e di allerta condiviso da tutte le associazioni di vittime di Talidomide nel mondo. Favorevole all’immissione in commercio è Nadia Malavasi, presidente dell’associazione Thali Onlus, che raccoglie circa 80 talidomidici italiani: «Non abbiamo timori. Accompagnata da questo programma di sicurezza il Talidomide non potrà più provocare dolore, ma sarà di enorme aiuto nella cura di una malattia difficile. L’azienda produttrice ha chiesto il nostro parere. La gente e i medici avranno le informazioni che mancarono ai tempi delle nostre mamme». Nata alla fine degli anni ’50 con focomelia a tre arti, Nadia Malavasi nel 2004 ha fondato l’associazione che ha l’obiettivo primario di ottenere un risarcimento dallo Stato. E’ probabile che nella prossima Finanziaria le vittime de Talidomide otterranno un indennizzo equiparabile a quello già percepito dai danneggiati da vaccino. In Europa il farmaco venne ritirato nel novembre del '61. In Italia il decreto per il ritiro uscì in Gazzetta il 25 luglio dell’anno successivo. Ma prima che venissero eliminate le scorte dalle farmacie passarono altri mesi. Si calcola che attualmente le vittime del farmaco, oggi cinquantenni, siano 150-200. Non è mai stato fatto un censimento. (fonte: ilcorriere.it)

Terapia ormonale associata a radioterapia nel cancro prostatico localmente avanzato 24/12/2008 21:16
La terapia ormonale associata alla radioterapia riduce la mortalità specifica e quella totale in pazienti con cancro prostatico localmente avanzato. Questo studio è stato presentato in anteprima al 50° Meeting dell'American Society for Therapeutic Radiology and Oncology (Boston, settembre 2008). Durante la presentazione dello studio si è sottolineato che attualmente nel cancro prostatico localmente avanzato si prescrive di solito solo la terapia ormonale perchè si ritiene che il tumore sia, comunque, già diffuso. Questo atteggiamento pessimistico però dovrebbe cambiare alla luce dei risultati di questo RCT in cui sono stati reclutati 880 pazienti (età media 67 anni) con malattia in stadio T3. Tutti i pazienti sono stati sottoposti a 3 mesi iniziali di terapia ormonale intensiva e successivamente un gruppo ha continuato con la terapia medica mentre ad un gruppo è stata aggiunta anche la radioterapia. Dopo un follow-up medio di 7,5 anni erano deceduti per cancro della prostata il 18% dei pazienti del gruppo terapia ormonale e l'8,5% del gruppo terapia ormonale + radioterapia. Inoltre la mortalità totale risultò essere del 30% nel primo gruppo e del 21,6% nel secondo (P = 0,004). La qualità di vita era lievemente peggiore nel gruppo radioterapia per la presenza di incontinenza urinaria (6% vs 3%) e disfunzione erettile (85% vs 72%). (fonte: pillole.org)

Tumori e speranze 24/12/2008 21:14
La necessità di ricorso alle nuove tecniche è confermata da una recentissima indagine che ha lo scopo di comprendere l'importanza del valore del tempo e della qualità della vita nei malati di cancro, nei loro familiari, amici, conoscenti. L'attuale situazione è drammatica. Nel nostro Paese circa dieci milioni di connazionali, un italiano su sei, ha problemi causati dal tumore. Un tema cruciale, dunque, per 1,7 milioni di persone (oltre 1,9 milioni stimati per il 2010) che hanno conosciuto la malattia e per chi sta loro vicino; riflessioni che evidenziano soprattutto l'importante progresso fatto dalla medicina nella lotta contro il cancro, permettendo ai malati di aumentare il tempo di vita e di migliorarne la qualità. Questi alcuni degli aspetti principali che emergono dalla ricerca «Vivere con il cancro», realizzata da Federazione Italiana Associazioni di Volontariato in Oncologia (F.a.v.o.) e GfK Eurisko con il supporto di Roche. L'indagine ha voluto approfondire quale sia il significato e il valore del tempo nei malati oncologici e nei care givers (l'intera sfera relazionale), costruendo uno spazio libero in cui raccontare, confrontare e condividere esperienze e opinioni riguardanti le attese sulla qualità della vita e la dimensione del tempo in relazione alla malattia. Una ricerca del genere, solamente pochi anni fa, non avrebbe avuto senso. Il tempo a disposizione dei malati di cancro in fase di recidiva non lasciava spazio a riflessioni sulla qualità della vita e sul valore del tempo. Come afferma Alberto Sobrero, Responsabile della Divisione di Oncologia Medica dell'Ospedale San Martino di Genova, «Non sono stati scoperti, né è realistico attenderselo, farmaci che da soli consentano la guarigione in condizione di malattia avanzata. Tuttavia, solo dieci anni fa il carcinoma del colon-retto era invariabilmente inguaribile l'aspettativa media di vita di 10 mesi circa; oggi, anche in condizioni di malattia avanzata, la guarigione è ancora possibile, anche se rara, e l'attesa media di vita è più che raddoppiata». In questa prospettiva la vitrificazione degli ovociti e la selezione del seme maschile rappresentano una visuale di grande valore per non dire assolutamente rivoluzionaria. La nuova metodica di selezione degli spermatozoi permette, infatti, di scegliere in maniera scientificamente accurata i migliori spermatozoi da impiegare nelle tecniche di fecondazione assistita. Tramite un complesso sistema di lenti e d'ingrandimenti è possibile osservare, in tempo reale, la morfologia fine degli spermatozoi. Molte, infatti, sono le patologie che affliggono il seme maschile. Con questa metodica si possono osservare la presenza di malformazioni a carico delle diverse regioni degli spermatozoi. Diventa possibile selezionare lo spermatozoo in maniera diversa, ancora più rigorosa. Inoltre, ora è possibile individuare anche quegli spermatozoi dall'aspetto morfologicamente normale, con anomalie dell'ultrastruttura interna. L'impiego di questa metodica diventa quindi ancora più precisa. Lo stesso accade per la vitrificazione del gamete femminile, un processo che adesso può essere impiegata con successo; le tradizionali metodiche di congelamento, "lento" e "rapido", hanno fornito e forniscono tuttora ottimi risultati, ma oggi l'attenzione è decisamente spostata verso questa tecnica, di recente introduzione in Italia, ma già in uso in altri paesi. Sul tema della conservazione dei gameti negli ammalati di tumore si è svolto a Roma un convegno scientifico organizzato dalla Warm, l'organizzazione mondiale della medicina riproduttiva, al quale hanno partecipato esperti di grande valore a cominciare da Hal Hasani che opera in Germania fino al professor Sasso della Cattolica. Moderatore Hossein Gholami che ha sottolineato il grande valore della relazione della dottoressa Monica Antinori sulla vitrificazione. Ferme restando alcune valutazioni in tema di riproduzione assistita,tutti i partecipanti hanno concordato che è assolutamente necessario, nel caso di persone giovani colpite da malattie neoplastiche, far presente le nuove possibilità tecniche di conservare gli elementi riproduttivi fondamentali per poterli poi utilizzare a cura ultimata. Il professor Severino Antinori nella sua presentazione del tema ha passato in rassegna tutte le procedure attuali terminando che la nuova frontiera del trattamento oncologico è costituita proprio dalla necessità di conservare la possibilità di riproduzione utilizzando le nuove forme di protezione degli ovociti. È bene ricordare che con le tecniche di vitrificazione si ottengono risultati di valore assoluto con possibilità di tornare in maniera positiva alla procreazione anche diversi anni dopo la conservazione dell'elemento riproduttivo femminile. Inutile dire che questa scelta rappresenta un grande motivo di speranza che deve essere assolutamente incoraggiato a tutti i livelli e in tutte le forme. Sarebbe addirittura auspicabile l'intervento dello Stato, del servizio sanitario nazionale per assicurare a tutti i malati neoplastici questa possibilità. (fonte: iltempo.it)

Nuova cura per il tumore dell'occhio nei bambini 18/12/2008 18:17
Per la prima volta in Europa è stata messa a punto a Siena, presso il policlinico Santa Maria alle Scotte, una nuova terapia per la cura del retinoblastoma, il tumore dell’occhio più diffuso nei bambini. L’importante risultato è stato realizzato grazie alla collaborazione della dottoressa Doris Hadjistilianou, responsabile del centro retinoblastoma dell’U.O.C. Oculistica, e del dottor Carlo Venturi, direttore della Neuroradiologia Diagnostica e Interventistica del policlinico Santa Maria alle Scotte. Di cosa si tratta? “E’ una nuova opportunità terapeutica – spiega Doris Hadjistilianou – che si aggiunge a quelle tradizionali e che può permettere di evitare l’enucleazione dell’occhio attraverso una tecnica di chemiochirurgia, eseguita dal neuroradiologo e che abbiamo studiato presso lo Sloane Kettering Centre di New York. Prima dell’intervento i pazienti vengono accuratamente selezionati, in base alle caratteristiche cliniche della malattia, dall’oculista”. La tecnica di chemiochirurgia che è stata messa a punto è una metodica angiografica di microcateterismo. “Attraverso un catetere sottilissimo e flessibile, che viene introdotto all’altezza dell’inguine nell’arteria femorale – spiega in dettaglio Venturi – possiamo arrivare sino all’arteria oftalmica da cui origina l’arteria centrale dell’occhio, e somministrare selettivamente una sostanza chemioterapica attiva ed efficace, con minima invasività oculare, che aggredisce il tumore e che ha bassissima tossicità per la retina”. In considerazione della vascolarizzazione dell’occhio, alimentato dalla sola arteria oftalmica, la somministrazione locale di chemioterapici, ripetibile ed a dose ridotta, può potenziarne l’attività e l’efficacia riducendo nello stesso tempo le complicanze tipiche dell’infusione sistemica tradizionale. Secondo i dati della letteratura mondiale, circa il 60% degli occhi con retinoblastoma è destinato all’enucleazione. “Il ruolo dell’oculista esperto in oncologia oculare – concludono Hadjistilianou e Venturi - è quindi fondamentale per diagnosi, stadiazione, impostazione terapeutica e valutazione della risposta del tumore alle terapie. Allo stesso tempo la complessità dell’intervento e la precisione di particolari micro-manovre all’interno dell’occhio sono frutto della competenza del neuroradiologo”. Poter risparmiare gli effetti collaterali della chemioterapia sistemica e ridurre i cicli di terapie e l’ospedalizzazione è un notevole miglioramento della qualità della vita per i piccoli pazienti. Il “primato europeo” senese nell’attuazione della nuova terapia è legato alla fortunata presenza, all’interno dell’ospedale, di due reparti di alta specializzazione, quello oftalmologico e quello neurointerventistico, da anni punti di riferimento nazionali ed internazionali. (fonte: italiasalute.it)

Scoperto il segnale che fa scattare il tumore dell'intestino 18/12/2008 18:16
Le cellule staminali all'origine del tumore dell'intestino sono attivate da un segnale che è stato scoperto per la prima volta dopo ricerche condotte sui topi in Olanda e negli Stati Uniti. I risultati dello studio sono stati pubblicati su Nature. I ricercatori europei coordinati da Hans Clevers, dell'istituto Hubrecht di Utrecht, hanno osservato che nei topi geneticamente modificati in modo da essere privi del gene Apc le cellule staminali del tumore dell'intestino perdono ogni freno e cominciano a moltiplicarsi in modo incontrollato. Le cellule staminali all'origine del tumore dell'intestino sono state identificate recentemente, ma finora non era chiaro il meccanismo che le attiva nè erano stati individuati criteri per riconoscerle. Adesso, secondo Clevers, il passo ulteriore dei ricercatori sarà verificare se le cellule staminali del tumore dell'intestino si comportano nello stesso modo anche nell'uomo. Parallelamente prosegue anche la ricerca per identificare altri possibili geni coinvolti nella malattia. (fonte: ilmessaggero.it)

Con il fumo a rischio anche il colon-retto 18/12/2008 18:15
Nuovo capo d’accusa per le sigarette. Il fumo aumenta del 18% il rischio di sviluppare un cancro del colon-retto e del 25% di morire per questo tumore. Lo rivela uno studio condotto da Edoardo Botteri, epidemiologo ricercatore all’Istituto europeo di oncologia di Milano, e pubblicato su Jama. Il ricercatore ha portato avanti per la prima volta un lavoro di revisione e sintesi dei dati già esistenti sul legame tra incidenza e mortalità per tumore del colon-retto e il fumo. Sebbene il fumo di tabacco sia stato responsabile di circa 5,4 milioni di morti nel 2005, nel mondo sono ancora ben 1 miliardo e 300 milioni i fumatori. Le sigarette erano già sotto accusa per l’insorgenza di alcune forme tumorali, primo fra tutti il cancro del polmone, ma non era risultato significativo il legame con il tumore del colon-retto. «Identificare questa relazione - sottolineano gli autori dello studio - può aiutare a ridurre le vittime di tale tumore, il terzo più diffuso nel mondo e che attualmente causa ogni anno 500 mila morti. Solo negli Stati Uniti, si stima che nel 2008 le morti per tumore del colon-retto siano cinquantamila». L’equipe ha preso in esame 106 studi d’osservazione per un totale di circa 40 mila nuovi casi di tumore del colon-retto. Il fumo risulta associato a un aumento del 18% del rischio di sviluppare un tumore. I ricercatori inoltre hanno rilevato «l’esistenza di un rapporto significativo tra casi di tumore e dose di tabacco, con un aumento dei malati in proporzione al numero di pacchetti di sigarette consumati ogni anno e numero di sigarette aspirate ogni giorno. Il rapporto è comunque risultato statisticamente rilevante solo dopo 30 anni di fumo», sottolineano. Il rischio sia di incidenza che di mortalità è risultato maggiore per il tumore del retto rispetto a quello del colon. «Fino ad oggi il fumo non è mai stato considerato un fattore significativo per determinare le fasce di popolazione che necessitano dello screening per tumore del colon-retto», spiegano gli autori, che aggiungono: «Tuttavia molti studi dimostrano che questo tumore compare più precocemente nei fumatori, e in particolare nei forti fumatori, e i dati raccolti sia in passato che oggi forniscono prove evidenti di quanto la sigaretta abbia un effetto determinante sullo sviluppo dei polipi adenomatosi (tumori benigni) e del tumore vero e proprio. È dunque un fattore importante da tenere in considerazione quando si deve determinare l’età in cui iniziare lo screening». (fonte: lastampa.it)

Nicotina, una dipendenza reale 15/12/2008 20:44
“Ho provato più volte a smettere di fumare. Ce la faccio al massimo per un mese, durante il quale divento nervosissima e intrattabile. Poi non ce la faccio più e riprendo. Esiste una vera "dipendenza" da fumo o è solo un problema mio psicologico?” Nicoletta Sì, il fumo è una vera e propria dipendenza. Il “bisogno di nicotina” tipico del fumatore risponde a tutti i criteri che, secondo il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM), qualificano una dipendenza: 1) tolleranza; 2) dipendenza; 3) crisi di astinenza (anche il nervosismo e l’irritabilità ne sono un chiaro segno) ; 4) uso superiore a quello programmato; 5) persistente desiderio di smettere, che non riesce a tradursi in cambiamento reale ; 6) grande quantità di tempo utilizzata a fumare;7) attività ridotte a causa del fumo; 8) continuo utilizzo nonostante problemi fisici o psicologici con la sostanza. Come ha provato lei stessa, il fumo si radica nel nostro comportamento in modo sottile e complesso! La dipendenza, peraltro, ha sempre due componenti, a seconda del tipo di sostanza usata, il fumo in questo caso: a) la dipendenza fisica, in quanto l’esposizione alla nicotina e ai suoi componenti determina un “bisogno” che si struttura in modificazione di alcune aree cerebrali che segnalano la mancanza di questa e altre sostanze contenute nel tabacco e attivate nel fumo; b) la dipendenza “psicologica” cui contribuiscono diversi aspetti, anche comportamentali: la “liturgia” dl fumare, la pausa che il fumo legittima e consente, la gratificazione emotiva. Ecco perché per riuscire a smetter bisogna agire sui diversi meccanismi, biologici e psicoemotivi, che mantengono la dipendenza. Prof. Alessandra Graziottin (www.alessandragraziottin.it) (fonte: kataweb.it)

Trastuzumab riduce recidive tumore al seno HER2-positivo 15/12/2008 12:40
Circa il 70% delle donne affette da tumore al seno HER2-positivo localmente avanzato, trattate con trastuzumab e chemioterapia prima dell'intervento chirurgico (terapia neo-adiuvante), risultano libere da malattia dopo tre anni dall’inizio del trattamento, rispetto al 50% circa delle pazienti trattate con la sola chemioterapia. Questi i risultati dello studio di fase III NOAH, presentato al San Antonio Breast Cancer Symposium negli USA. Si tratta di una notizia molto positiva poiché le pazienti affette da questo tipo di tumore al seno, in fase precoce ma localmente avanzato, ovvero esteso ai tessuti attigui al seno (pelle, muscoli, linfonodi), generalmente vanno incontro ad un alto rischio di recidiva e una breve aspettativa di vita. "I risultati positivi dello studio NOAH dimostrano che iniziare il trattamento con trastuzumab prima dell’intervento chirurgico di rimozione del tumore offre benefici a lungo termine per le donne con tumore al seno HER2-positivo" – ha affermato William M. Burns, CEO della Divisione Farmaceutica della casa farmaceutica Roche che produce il medicinale– "Trastuzumab migliora significativamente la prognosi per le donne con tumore al seno in fase precoce, anche quando è già localmente avanzato". "Il tumore al seno HER2-positivo localmente avanzato è una forma difficile da trattare" – ha commentato il professor Luca Gianni dell’Istituto Nazionale Tumori di Milano, principale ricercatore dello studio NOAH – "I risultati dello studio NOAH suggeriscono che l’utilizzo di trastuzumab per un anno insieme alla chemioterapia deve diventare lo standard di cura per le donne con tumore al seno HER2-positivo localmente avanzato". L’obiettivo della terapia neo-adiuvante è quello di migliorare il controllo locale del tumore per facilitare l'intervento chirurgico e inoltre verificare la sensibilità del tumore verso un trattamento specifico. Lo studio NOAH è il più importante trial randomizzato di fase III che valuta i benefici della somministrazione di trastuzumab in fase neo-adiuvante in combinazione con chemioterapia rispetto alla sola chemioterapia nelle donne con cancro al seno localmente avanzato HER2-positivo. I risultati di questo studio dimostrano che il trattamento con trastuzumab in fase pre-chirurgica aiuta a ridurre la massa tumorale e migliora i risultati a lungo termine. Lo studio NOAH La studio NOAH è un trial multicentrico, randomizzato, open label che coinvolge 228 pazienti con tumore al seno HER2-positivo localmente avanzato (LABC), una forma particolarmente aggressiva della malattia. 115 pazienti hanno ricevuto chemioterapia standard più trastuzumab (per un anno) e 113 pazienti hanno ricevuto la sola chemioterapia prima dell'intervento chirurgico. L’end point primario era la sopravvivenza libera da eventi (EFS), definita come il tempo che intercorre tra la randomizzazione e la recidiva/progressione della malattia, o la morte per qualsiasi causa. Gli end points secondari erano la risposta completa al trattamento, il tasso di risposta globale, la sopravvivenza globale e la sicurezza. I risultati finali dello studio hanno dimostrato che trastuzumab più chemioterapia migliorano la sopravvivenza libera da evento a 3 anni rispetto alla sola chemioterapia (70% vs 53%). L'aggiunta di trastuzumab alla chemioterapia ha ridotto il rischio relativo di recidiva di circa la metà (HR 0,56, p = 0,006). Inoltre, trastuzumab più chemioterapia hanno dimostrato di sradicare completamente il tumore (risposta completa al trattamento) in circa il doppio dei casi rispetto alla sola chemioterapia (39% vs 20%, p = 0,002). Il tasso di risposta globale è risultato notevolmente superiore (89% vs 77%, p = 0,02). Informazioni sul carcinoma mammario Il carcinoma mammario è uno dei più diffusi tipi di cancro nelle donne di tutto il mondo. Ogni anno, più di un milione di nuovi casi di carcinoma mammario vengono diagnosticati in tutto il mondo, con un tasso di mortalità annuo di quasi 400.000 donne. Nel carcinoma mammario HER2 positivo, la proteina HER2 è presente sulla superficie delle cellule tumorali in quantità elevata. Questa condizione è conosciuta come ‘positività all'HER2’. Elevati livelli di HER2 sono presenti in una forma di malattia particolarmente aggressiva, caratterizzata da una risposta molto scarsa alla chemioterapia classica. La ricerca mostra che la positività all'HER2 colpisce circa il 20% delle donne affette da carcinoma mammario. Trastuzumab Trastuzumab è un anticorpo monoclonale umanizzato, creato per identificare e bloccare l’attività di HER2, una proteina prodotta da un gene specifico a potenziale cancerogeno. Il meccanismo di azione di trastuzumab è unico in quanto attiva il sistema immunitario e inibisce i recettori HER2 per distruggere il tumore. Si è dimostrato efficace nel trattamento del carcinoma mammario HER2 positivo, sia allo stadio iniziale sia allo stadio avanzato (metastatico). Trastuzumab, sia in monoterapia sia in combinazione o dopo chemioterapia standard, ha mostrato un aumento delle percentuali di risposta, della sopravvivenza libera da malattia, della sopravvivenza generale e della qualità della vita delle donne con tumore al seno HER2 positivo. Trastuzumab ha ricevuto l'approvazione dell'Unione Europea nel 2000 per l'uso nei pazienti con carcinoma mammario metastatico HER2-positivo e nel 2006 per il trattamento dei tumori al seno HER2-positivi in stadio precoce. Nel trattamento del tumore avanzato, trastuzumab, oltre ad essere indicato per l'uso in combinazione con docetaxel come terapia di prima linea nei pazienti HER2 positivi, è anche indicato come terapia di prima linea in combinazione con paclitaxel nei casi in cui le antracicline risultano inadatte, e come singolo agente nella terapia di terza linea. Trastuzumab ha inoltre ricevuto l’approvazione per la terapia delle pazienti affette da carcinoma mammario HER2 positivo allo stadio iniziale dopo chemioterapia standard. Trastuzumab è inoltre approvato in associazione con un inibitore dell’aromatasi per il trattamento delle pazienti in post-menopausa con tumore al seno metastatico HER2 positivo e ormono-sensibile. Un importante programma di trials clinici internazionali sta attualmente valutando l’utilizzo di trastuzumab per il trattamento del tumore gastrico HER2 positivo. Trastuzumab viene commercializzato negli Stati Uniti da Genentech, in Giappone da Chugai e a livello internazionale da Roche. Dal 1998, trastuzumab è stato utilizzato per curare più di 500.000 pazienti affette da carcinoma mammario HER2 positivo in tutto il mondo. (fonte: italiasalute.it)

Stati Uniti, scoperto un nuovo enzima nella crescita tumorale 15/12/2008 12:38
Una speranza in più per la lotta contro i tumori giunge dal centro di ricerca medica dell’Università dell’Oklahoma, dove un gruppo di studiosi guidato da Patrick McKee, indagando sul meccanismo dei coaguli ematici ha individuato nel plasma un enzima denominato sFAP, che sembra svolgere un ruolo fondamentale nella crescita e nella progressione tumorale. Dopo averne analizzato le caratteristiche biochimiche, identificando inoltre il gene che ne controlla la funzione, i ricercatori hanno scoperto che l’enzima in questione è quasi identico a una proteina nota per indurre la crescita cellulare nei tessuti, compresa quella tumorale. La funzione principale della proteina, che nella sua forma originaria è indicata con l’acronimo inglese FAP (proteina di attivazione dei fibroblasti), è infatti quella di accelerare la crescita tissutale durante lo sviluppo fetale, il processo di risanamento di ferite gravi e, per l’appunto, la progressione di determinate forme tumorali, come quelle al seno, ai polmoni, al pancreas e al colon. Come spiega McKee, tutte le cellule cancerose crescono sulla base di qualcosa che faccia da impalcatura, alla quale appoggiarsi per la loro proliferazione e migrazione. Egli ritiene che sia proprio l’enzima appena scoperto a svolgere tale funzione, scavando uno spazio intorno al tumore e contribuendo a creare la struttura d’appoggio in questione. La scoperta che una simile proteina esiste anche nel sangue, e non solo nei tessuti, se si trova il modo di inibirla apre la strada a terapie più efficaci che, in combinazione con quelle già esistenti, potrebbero rallentare o arrestare la crescita tumorale. Le ricerche in questa direzione saranno ora portate avanti dal gruppo guidato da McKee in collaborazione con altri oncologi dell’Università dell’Arkansas per le Scienze Mediche. (fonte: panorama.it)

Olio, ceci e fagioli bloccano il tumore 15/12/2008 12:37
Trattate con questi alimenti le cellule malate hanno in effetti rallentato sensibilmente lo sviluppo. Ne ha dato notizia la stessa professoressa Brandi intervenendo a un convegno scientifico sui prodotti tipici organizzato dal Centro di Ricerca e Valorizzazione degli Alimenti (CeRA), una struttura interdipartimentale che fa capo all'ateneo fiorentino. «Solo con la biologia molecolare» - ha ricordato - sapremo davvero perché certi cibi fanno bene o male alla salute». L'esperimento è stato condotto in vitro e ha utilizzato due identiche culture di cellule umane di cancro del colon, ovvero due nuclei con un numero di cellule equivalenti, 10 mila circa. Per 12 giorni consecutivi uno dei nuclei è stato lasciato a se stesso, mentre l'altro ha ricevuto un trattamento a base di olio extravergine di oliva, ceci e fagioli. Due i tipi per ciascun alimento: in particolare un olio toscano della zona di Montalcino e uno ligure della zona di Imperia; per i ceci, uno di Prato, l'altro di Sorano (Grosseto); per i fagioli, uno di nuovo della campagna di Sorano, l'altro di Pratomagno (Firenze). Ne hanno fatto un estratto e ne hanno ricavato una polvere che è stata poi dissolta nella coltura delle cellule cancerose. La proliferazione di entrambe le masse tumorali è stata controllata ogni 48 ore e dopo poco meno di due settimane il risultato è apparso evidente. Le cellule non trattate si sono sviluppate in misura esponenziale, da 10 mila a 980 mila. Il gruppo trattato è invece rimasto abbondantemente sotto le centomila cellule, arrivando per l'esattezza a quota 86 mila, ovvero circa 12 volte in meno. «Se questo eccezionale processo possa ripetersi sull'uomo è presto per dirlo - commenta la professoressa Brandi - Di sicuro lo possiamo ipotizzare. Gli effetti sono talmente marcati da lasciar pensare che un opportuno consumo quotidiano di olio extravergine di oliva e di legumi un paio di volte la settimana rappresenti un'azione preventiva nei confronti del tumore del colon». Dati più significativi potranno venire solo da una diretta sperimentazione sull'uomo. Nell'attesa, ulteriori test condotti dall'equipe Brandi (ne fanno parte i dottori Elisa Bartolini, Francesca Ieri, Carmelo Mavilia, Barbara Pampaloni, Annalisa Romani, Annalisa Tanini, Pamela Vignolini) hanno rilevato nei tre prodotti in questione alcune sostanze con attività simili a quelle degli estrogeni, gli ormoni femminili. Olio extravergine d'oliva, ceci e fagioli contengono sostanze, cioè, che si comportano come estrogeni di origine vegetale (fitoestrogeni), noti per l'efficacia nel contrastare molti disturbi della menopausa (vampate di calore, disturbi dell'umore, ecc.). Il vantaggio è che non presentano gli effetti collaterali indesiderati legati alla terapia ormonale sostitutiva. Secondo la professoressa Brandi, una dieta con apporto regolare di legumi può perciò giovare soprattutto alle donne in menopausa per riequilibrare in parte, in modo del tutto naturale, il calo ormonale tipico del periodo. I test su olio e legumi hanno peraltro consentito di individuare alcuni geni coinvolti nei processi che controllano i meccanismi di formazione dei tumori estrogeno-dipendenti (cancro del colon, della mammella, dell'ovaio). (fonte: iltempo.it)

Un nuovo topo per uno studio sul morbo di Creutzfeldt-Jakob 11/12/2008 20:30
Ricercatori italiani hanno allevato un nuovo topo che presenta deficit simili a quelli cui sono soggette le persone affette dal morbo di Creutzfeldt-Jakob, una malattia prionica simile all'encefalopatia spongiforme bovina. Lo studio, finanziato dall'UE, pubblicato sulla rivista Neuron, fornisce informazioni che potrebbero aiutare nella diagnosi precoce delle malattie prioniche, nella fase in cui un intervento terapeutico potrebbe essere efficace. Il morbo di Creutzfeldt-Jakob (CJD) è una malattia neurodegenerativa causata dai prioni, agenti infettivi che sono fatti di versioni mal piegate di proteine (la corretta ripiegatura di una proteina è essenziale per la sua funzione). Nel CJD i prioni fanno in modo che le normali proteine si ripieghino in uno stato malato. Ciò avviene dapprima lentamente, ma le proteine normali nel cervello si trasformano a una velocità sempre crescente, in una specie di loop di risposta. Le proteine malate disgregano il normale funzionamento delle cellule e in definitiva provocano la morte delle cellule, creando "buchi" nel tessuto. Il CJD è sempre mortale e ogni anno circa una persona su un milione contrae l'infezione, in tutto il mondo. Le malattie prioniche colpiscono molte specie diverse, poiché la proteina prione è simile in tutti i mammiferi. L'encefalopatia spongiforme bovina ("morbo della mucca pazza") è forse la più conosciuta di queste malattie. Uno dei problemi che incontrano i ricercatori di prioni quando usano modelli animali per studiare il CJD, è che queste malattie prioniche hanno negli umani una più complessa gamma di segnali clinici rispetto a quelli visibili nei topi. Gli esseri umani sono colpiti da demenza e altri disturbi che non riguardano il movimento, mentre nei topi sono state osservate disfunzioni motorie, che si presentano ad uno stadio più avanzato della malattia. In questo studio, i ricercatori hanno studiato una mutazione della proteina prione (chiamata D178N/V129) associata ad un tipo di CJD nel quale i pazienti soffrono di un deterioramento della memoria, cambiamenti comportamentali e anormalità motorie. Gli unici esperimenti su topi disponibili riguardavano topi nei quali si era ottenuta una forma di CJD ereditaria, e questi topi non mostravano nessuna delle menomazioni cognitive che colpivano le loro controparti umane. Il dott. Roberto Chiesa dell'Istituto di ricerca farmacologica Mario Negri in Italia ha spiegato: "Abbiamo bisogno di modelli sperimentali con un più ampio spettro di segnali clinici per avere dati sul meccanismo di disfunzione e la sua evoluzione, e per identificare segni più precoci della malattia clinica, nello stadio in cui un intervento terapeutico potrebbe essere efficace." Gli scienziati sono stati in grado di trasferire permanentemente il gene difettoso nel materiale genetico di un topo, in modo che il topo esprimesse la propria versione della mutazione D178N/V129. Il risultato è stato un animale che presentava sintomi simili a quelli degli esseri umani affetti da CJD. Gli animali, chiamati topi Tg(CJD), mostrano menomazioni della memoria e deficit neurofisiologici, tra cui anormalità dell'elettroencefalografia (EEG) e alterazioni del sonno, simili a quelle presentate da un malato di CJD con la stessa mutazione. I ricercatori hanno inoltre osservato altre anormalità biologiche nei topi Tg(CJD) che suggeriscono che le alterazioni del reticolo endoplastico (una parte della cellula responsabile della ripiegatura delle proteine) potrebbe contribuire alla patologia CJD. "I nostri risultati costituiscono il primo modello animale di una malattia prionica genetica che riprende le anormalità cognitive, motorie e neurofisiologiche della malattia umana," ha spiegato il dott. Chiesa. "Questo nuovo modello permette analisi approfondite dei meccanismi della malattia e potrebbe essere utile per testare potenziali terapie per malattie prioniche ereditarie." Lo studio è stato finanziato in parte dalla rete NeuroPrion ("Prevenzione, controllo e trattamento delle malattie prioniche") nell'ambito del Quinto e del Sesto programma quadro dell'UE (5°PQ e 6°PQ). NeuroPrion è un progetto quinquennale che terminerà a dicembre di quest'anno e che ha ricevuto 14,4 Mio EUR in finanziamenti per coordinare le attività di ricerca sulle malattie prioniche con lo scopo di assicurare la protezione della salute di esseri umani ed animali e per evitare conseguenze economiche dannose. (fonte: molecularlab.it)

Un cerotto per il cuore 11/12/2008 20:28
Gli scienziati del prestigioso Massachusetts Institute of Technology di Boston (Mit) hanno creato un tessuto biodegradabile che sarà utile per riparare il cuore colpito da infarto o per curare malformazioni congenite: si tratta di un supporto poroso a fisarmonica su cui vengono "seminate" cellule staminali cardiache. Questa "impalcatura" biotech si integra perfettamente con il tessuto cardiaco e crea un "cerotto" biologico che si riassorbe piano piano e ripara il muscolo cardiaco. Grazie ad un laser simile a quello usato per curare la miopia è stato possibile realizzare uno "scheletro" di tessuto che successivamente è stato "seminato" con cellule neonatali cardiache di topo. Stimolato elettricamente il tessuto, in modo simile a quel che avviene nel cuore, le cellule si sono orientate tutte ordinatamente, esattamente come succede al tessuto nativo dell'organo. "Abbiamo seguito il più possibile le lezioni della Natura - hanno concluso gli scienziati del Mit - e creato un tessuto molto simile a quello nativo e quindi veramente utile in futuro per eventuali applicazioni terapeutiche". George Engelmayr sulla rivista "Nature Materials" ha spiegato che il vantaggio dell'impalcatura è che rispecchia fedelmente il tessuto cardiaco dal punto di vista strutturale e funzionale, quindi si integra bene con esso, rispettandone la complessa struttura che vede le cellule cardiache disposte tutte con orientamento omogeneo per permettere la conduzione dell'impulso di contrazione. (fonte: molecularlab.it)

Selenio, rischio cancro 11/12/2008 20:26
Il selenio è un oligonutriente per gli esseri umani e viene impiegato per eliminare i radicali liberi in sinergia con la Vitamina E e in molti enzimi antiossidanti e gioca anche un ruolo importante nel funzionamento della ghiandola tiroide. In clinica, il selenio può essere usato in sindromi a livello del sistema cardiovascolare, soprattutto come cofattore per il controllo della pressione arteriosa, ma sembrerebbe esserci altro. Recentemente i ricercatori della Dartmouth Medical School hanno confrontato i livelli di questo minerale in 767 pazienti con recente diagnosi di tumore al rene con quelli di più di 1100 soggetti estratti dalla popolazione generale. L’associazione inversa tra i livelli di selenio e tumore è stata riscontrata non nella popolazione complessiva dello studio, ma solo, e in modo significativo, in alcuni sottogruppi di soggetti, ovvero nelle donne, nei fumatori moderati e nei soggetti con tumore positivo al p53. «Si ritiene che esistano diversi cammini di progressione di questo tipo di tumori e in uno dei più importanti sembra che siano implicate significative alterazioni del gene p53 gene», ha spiegato Margaret Karagas, docente di medicina presso il Norris Cotton Cancer Center del Dartmouth e coautrice dello studio. «Inoltre, quelle forme che derivano da questo tipo di alterazioni sono associate alla patologia nelle sue forme più avanzate». Neanche a dirlo, la dieta che appare più adeguata appare ancora una volta quella a base di pesce, verdure e cereali, dove la concentrazione del selenio è più elevata. (fonte: bioblog.it)

Lotta ai tumori, in campo anche matematici e bioinformatici 08/12/2008 22:37
San Francisco, 8 dic. La medicina del futuro dovra' cercare nuovi alleati per provare a mettere la parola fine al cancro. E precisamente dovra' arruolare bioinformatici e matematici per studiare al meglio il ruolo e gli effetti della nuova era di farmaci biotecnologici appena iniziata. Parola di Michele Milella, ematologo e oncologo dell'istituto Regina Elena di Roma, a San Francisco per il 50esimo congresso dell'American Society of Hematology (Ash). ''I nuovi farmaci intelligenti, a bersaglio molecolare -spiega all'ADNKRONOS SALUTE- ci impongono di fare un salto di livello, ossia misurarne l'interazione tra loro, e non piu' in associazione alle terapie tradizionali''. Per il medico-ricercatore italiano, quindi, la nuova sfida e' rappresentata ''dall'uso di piu' farmaci biologici insieme, una volta messo in luce il meccanismo di una certa malattia. In questo modo - continua - si ottiene un effetto sinergico 'a cascata' molto superiore a quello che si registra dall'uso di un farmaco biotech insieme alle cure standard. Per studiare questa nuova alleanza tra molecole biotech, i possibili benefici e i rischi da evitare, pero' - aggiunge - la medicina deve dotarsi di strumenti nuovi. E soprattutto di professionalita' diverse: in primis di esperti di bioinformatica, in grado di disegnare mappe dei segnali cellulari, e di matematici capaci di costruire modelli di interpretazione dei dati''. Prepariamoci dunque a fare spazio in laboratorio, perche' ''la biologia dei sistemi sara' un nuovo e proficuo settore per la ricerca medica''. La sfida del futuro pero', "ci trova impreparati - ammette Milella - perche' non solo in Italia, ma anche nel resto d'Europa, e in misura crescente negli Usa, cominciano a scarseggiare le figure dei medici traslazionali. Cioe' dei camici bianchi che dividono il loro tempo tra il letto del malato e le provette e i microscopi". "Dovremmo -suggerisce l'oncologo- tornare a formare nuove generazioni di professionisti in grado di muoversi a proprio agio in tutti e due i campi, della clinica e della ricerca. Purtroppo a crisi economico-finanziaria non gioca a nostro favore. I 'cervelli' della ricerca non diventano una rarita' solo in Italia, dove sono sottopagati e male impiegati, ma anche in quello che finora e' stato l'Eldorado, cioe' gli Usa". "Negli Stati Uniti -assicura Milella- diventa sempre meno interessante fare il ricercatore rispetto al medico. Proprio per via dei piu' sicuri guadagni". Da qui l'appello "alle istituzioni italiane affinche' affrontino finalmente, in maniera adeguata, questo aspetto cruciale per gli interessi del Paese". (fonte: padovanews.it)

Con anastrozolo meno recidive di tumore al seno 08/12/2008 22:35
Gli 8 anni di follow up dello studio internazionale ATAC100 dimostrano che l’inibitore dell'aromatasi anastrozolo aumenta il tempo di sopravvivenza libera dal carcinoma della mammella. “Con oltre 4.000 nuovi casi all'anno, il 10% del totale dei casi registrati nella Penisola, il Lazio è al secondo posto tra le Regioni del Centro-Sud per incidenza dei tumori al seno” - afferma il Prof. Giuseppe Naso, professore associato di Oncologia dell’Università "La Sapienza" di Roma. Il carcinoma della mammella è, nel mondo, il tumore più frequente nel sesso femminile e nel 77% dei casi colpisce le donne con più di 50 anni di età. Si stima che 1 donna su 14 sia destinata ad ammalarsi nel corso della propria esistenza, con una mortalità di circa 11.000 pazienti l'anno. In Italia, ogni anno, i nuovi casi diagnosticati sono circa 40.000, con un’incidenza nel Sud Italia inferiore del 30% rispetto a quella che si rileva al Nord e maggiore nelle aree urbane di tutta la penisola. L’incremento di nuovi casi si accompagna, per fortuna, ad un costante aumento della sopravvivenza registrato in questi ultimi decenni: se nei primi anni '80 la sopravvivenza a 5 anni registrava punte del 73%, oggi l’81% delle donne vince il tumore. Nonostante ciò la più forte preoccupazione delle donne che hanno subito un trattamento per un primo tumore al seno è che si presentino recidive della malattia a distanza di tempo. Sono proprio le recidive, infatti, le principali responsabili della malattia metastatica. "Le recidive dei tumori al seno mostrano un doppio picco di insorgenza.” - continua il Professore - Generalmente vi è una maggiore probabilità che si presentino nei primi due o tre anni e poi, dopo un certo periodo di latenza, verso i quattro-cinque anni dall'esordio del tumore primitivo”. In effetti, considerato che le recidive sono associate ad un più elevato tasso di mortalità rispetto al tumore primitivo, prevenirle è la chiave per aumentare la possibilità di guarigione. L’ormono-terapia rappresenta un’importante opzione terapeutica volta a prevenire eventuali recidive di malattia nelle pazienti a rischio: è stato infatti riscontrato che in circa l’80% dei tumori della mammella, le cellule neoplastiche dispongono di recettori estrogenici e sono pertanto sensibili all'ormono-terapia adiuvante. L’inibitore della aromatasi anastrazolo ha dimostrato una superiore efficacia nel prevenire tutte le forme di recidiva rispetto a tamoxifene,fino a poco tempo fa considerato la terapia gold standard nel trattamento del tumore alla mammella. Efficacia che si mantiene nel tempo, come dimostra lo studio ATAC, uno degli studi clinici più ampi e con il periodo di osservazione più lungo condotti su donne in post-menopausa con carcinoma mammario precoce. "Anastrozolo ha dimostrato che la sua efficacia si mantiene a distanza di cento mesi con un effetto cosiddetto di “carry over” molto significativo,” - spiega il Prof. Naso – “poiché permane anche dopo quasi quattro anni dalla conclusione del trattamento”. I nuovi dati provenienti dallo studio ATAC100, basati appunto su un'osservazione di oltre 8 anni consecutivi, confermano, infatti, per la prima volta, che anastrozolo nelle donne in post-menopausa con tumore primitivo ormono-sensibile riduce l'incidenza di recidive a distanza del 24% rispetto a tamoxifene. "Tra gli inibitori dell'aromatasi, questo farmaco è a tutt'oggi il solo a presentarsi con un follow-up così lungo, il che ci permette di contare anche su un'elevata sicurezza a distanza di tempo.” - sostiene il Prof. Naso. - “Vi è anche da aggiungere che il significativo prolungamento del tempo libero da recidive potrebbe rappresentare un importante surrogato della sopravvivenza globale (over-all survival). Infatti, in studi di chemioterapia con follow-up molto più lunghi, è stato osservato che ritardare l'insorgenza di recidive, sia locali che a distanza, si traduce in un vantaggio in termini di sopravvivenza globale. Ecco perchè non dobbiamo tardare a sfruttare i vantaggi offerti da questo farmaco rispetto al tamoxifene ". Anastrozolo è un inibitore dell’aromatasi per uso orale, utilizzato nel trattamento del carcinoma della mammella con recettori ormonali positivi delle donne in post-menopausa, che agisce riducendo il livello di estrogeni. L'importante studio clinico ATAC (anastrozolo, tamoxifene in monoterapia o in associazione) condotto su oltre 9.000 pazienti, ha dimostrato che nelle donne che iniziano il trattamento con anastrozolo e lo continuano per 5 anni il tasso di recidive e’ ridotto rispetto a tamoxifene anche dopo il termine della terapia. Infatti, nelle donne con tumore ormonosensibile, la differenza assoluta in termini di ricadute tra i due farmaci cresce dal 2.8% dopo 5 anni al 4.8% dopo 9 anni di osservazione. Alle donne affette da patologia ormono-sensibile, anastrozolo offre anche altri benefici aggiuntivi rispetto a tamoxifene in termini di riduzione del rischio, tra cui una riduzione del 53% dell'insorgenza di carcinomi controlaterali dopo i 5 anni di terapia e una riduzione della mortalità per carcinoma mammario di circa il 10% sebbene quest’ultima non sia statisticamente significativa. Complessivamente, i dati dello studio ATAC hanno, quindi, confermato che le donne con diagnosi di tumore al seno ormono-sensibile in fase iniziale, dovrebbero iniziare la terapia con anastrozolo come primo trattamento ormonale dopo l'intervento chirurgico. "Ad oggi, non vi sono dubbi che anastrozolo debba essere prescritto come terapia up-front.” - afferma il Prof. Naso - “Per le donne in post-menopausa, non vi è alcun motivo per ritardare l'assunzione di anastrozolo, anche perchè, come dimostra l'aggiornamento degli ultimi dati dell'ATAC100, prescritto dall'inizio questo farmaco riduce significativamente il rischio di tutte le recidive nelle donne con tumore primitivo ormono-sensibile". Inoltre, un'analisi congiunta di tre studi clinici, la "switching meta analysis" (condotta su circa 4.000 donne in cui, dopo intervento chirurgico e trattamento iniziale con tamoxifene per 2-3 anni, la terapia è stata sostituita con anastrozolo) ha dimostrato che questi vantaggi si estendono anche alle donne che, dopo l'intervento chirurgico, siano già state curate per 2 anni con tamoxifene e successivamente abbiano potuto usufruire del trattamento con anastrozolo, con un miglioramento della sopravvivenza totale a 30 mesi pari al 29%. Anastrozolo è l’unico inibitore dell’aromatasi ad aver ottenuto, nel mondo, sia l’indicazione per la terapia up-front che per il cambio di terapia dopo 2 anni di trattamento con tamoxifene (switch precoce): una nuova speranza alle donne che già assumevano tamoxifene per il trattamento di tumori al seno ormono-sensibili in stadio precoce. Le pazienti a cui sia stato appena diagnosticato un tumore ormono-sensibile alla mammella, invece, secondo le più recenti evidenze, possono giovare fin dall'inizio di anastrozolo. In futuro, accanto alla prevenzione e alla diagnosi precoce, la ricerca scientifica si prefigge di sperimentare e sviluppare farmaci sempre più innovativi che, unendo l’efficacia a un’elevata tollerabilità, consentano il controllo della malattia e dei sintomi sia in fase precoce che in fase avanzata, per periodi di tempo sempre più lunghi. Bibliografia 1. ISS, Rep. Epidemiologia dei Tumori. I tumori al seno in Italia, http://www.tumori.net/it/conoscereitumori.php?page=mammella. 2. Bonadonna G., Medicina Oncologica, Masson 2003; 766. 3. National Institute for Clinical Excellence (NICE), Guidance on cancer services. Manual update (www.nice.org.uk). 4. Indicatore Istat, 5 2005. 5. Zanetti R, Russo S; Fatti e cifre dei tumori in Italia; Il Pensiero Scientifico; Roma 2003. 6. Forbes J, per conto del gruppo di studio ATAC. ATAC: 100 month median follow-up shows continued superior efficacy and no excess fracture risk for anastrozole compared with tamoxifen after treatment completion. Abstract n. 41. San Antonio Breast Cancer Symposium 2007. 7. Early Breast Cancer Trialists’ Lancet 2005; 365: 1687–1717. 8. ATAC Trialists' Group. Lancet Oncology 2006; 7 (8): 633-643.. 9. Baum M. Breast Cancer Res Treat 2001; 69 (3): 210, Abstr 8. 10. ATAC Trialists' Group. Lancet 2005; 365 (9453): 60-62. 11. Jakesz R, Jonat W, Gnant M et al. Lancet 2005. 12. ATAC Trialists' Group. Lancet Oncology 2008;9(1):45-53 Studio ATAC I risultati dello studio di confronto tra anastrozolo e tamoxifene per il trattamento dei tumori ormonosensibili in stadio precoce delle pazienti in postmenopausa, avevano già mostrato che anastrozolo è significativamente più efficace e meglio tollerato di tamoxifene e comporta numerosi vantaggi quali: - minor rischio di tumore alla mammella controlaterale (- 53%); - riduzione del rischio di recidiva a distanza (- 16%); - minor rischio di morte da tumore al seno (- 13%); - riduzione significativa del rischio di tumore dell'endometrio, di trombosi venose profonde e di ictus. Bibliografia ATAC Trialists' Group. Lancet 2005; 365 (9453): 60-62. Early Breast Cancer Trialists’ Lancet 2005; 365: 1687–1717. ATAC Trialists' Group. Lancet Oncology 2006; 7 (8): 633-643. Anastrozolo è attualmente registrato in Italia nelle indicazioni: Trattamento del carcinoma della mammella in fase avanzata in donne in postmenopausa. L’efficacia non è stata dimostrata nelle pazienti con recettori per gli estrogeni negativi a meno che non avessero precedentemente avuto una risposta clinica positiva a tamoxifene. Trattamento adiuvante degli stadi precoci del carcinoma invasivo della mammella con recettori ormonali positivi in donne in postmenopausa. Trattamento adiuvante degli stadi precoci del carcinoma della mammella con recettori ormonali positivi in donne in postmenopausa, dopo 2 o 3 anni di terapia adiuvante con tamoxifene. (fonte: italiasalute.it)

Combattere il cancro fa invecchiare più in fretta? 02/12/2008 15:00
Le cellule si chiudono e smettono di dividersi quando il loro Dna è danneggiato, fornendo di fatto una protezione contro il cancro. Ma una nuova ricerca, pubblicata su Plos Biology, ha verificato che contemporaneamente a questo processo avvengono anche dei cambiamenti nel microambiente circostante. Il fenomeno, noto come senescenza cellulare, se da un lato aiuta a combattere il cancro, dall’altro causa infiammazione e prepara le condizioni per lo sviluppo di malattie correlate all’età, tra le quali paradossalmente il cancro. Judith Campisi e i membri del suo team al Buck Institute for age research, in California, hanno mostrato che le cellule senescenti secernono una serie di proteine che mutano drasticamente il tessuto intorno alle cellule malate, sia in coltura sia in risposta ai danni al Dna causati dalla chemioterapia nei pazienti. I dati ottenuti in vivo si riferiscono al confronto tra campioni di tessuto di pazienti con cancro alla prostata prima e dopo il completamento della chemioterapia. Lo studio ha anche mostrato che le cellule normali che acquisiscono una versione mutante della proteina conosciuta come RAS, correlata all’insorgenza del cancro, secernono maggiori quantità di molecole che alterano il tessuto, proprio come fanno le cellule che perdono le funzioni della proteina p53, considerata un oncosoppressore. In pratica questo spiega come le cellule senescenti stimolino la crescita e l’aggressività delle cellule cancerose e precancerose che le circondano, e definisce un nuovo meccanismo in base al quale queste cellule che hanno perso p53, l’oncosoppressore, o hanno acquisito un oncogeno come il RAS, facciano avanzare il cancro in maniera così “efficiente”. Questo spiegherebbe anche perché i pazienti si sentono così male quando praticano la chemioterapia. “La chemioterapia”, spiega Campisi, “è brutale. Sia le cellule normali sia quelle cancerose sono forzate alla senescenza. Il risultato è la secrezione di fattori infiammatori che possono produrre sintomi simili a quelli dell’influenza nel corso del trattamento”. Ma allora bisogna rivedere le terapie anticancro e trovare delle alternative? Secondo Campisi la chemioterapia può curare il cancro, ma lo studio invita alla cautela nella cura dei pazienti più giovani, che ricevono trattamenti che potrebbero promuovere lo sviluppo di altri tipi di tumore più avanti con gli anni. C’è perciò bisogno di nuove terapie che possano sfruttare differenze più specifiche tra le cellule normali e quelle tumorali. Attualmente la chemioterapia si focalizza sulle cellule che si dividono rapidamente, e causa un danno al Dna sia delle cellule tumorali sia di molte altre sane. “La sfida”, conclude Campisi, “è ora quella di preservare l’attività anti-cancro del processo di senescenza abbattendone gli effetti sull’invecchiamento”. (fonte: panorama.it)

Nuova proteina antitumorale: nasce Omomyc 02/12/2008 14:58
E' opera di Sergio Nasi e Laura Soucek, ricercatori presso l'Istituto di Biologia e Patologia Molecolare del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Roma, la creazione di Omomyc, una piccola proteina che potrebbe aprire uno spiraglio per una cura del cancro efficace e priva degli effetti collaterali delle attuali terapie. Sergio Nasi, autore dell'articolo pubblicato su Nature che riporta la scoperta, spiega "La proteina Myc è protagonista nello sviluppo della gran maggioranza dei tumori nell'uomo ma è stata sempre trascurata come bersaglio terapeutico, per due motivi: Myc è una sorta di direttore d'orchestra della crescita dei tessuti, anche di quelli sani, e si pensava che la sua inibizione avesse effetti devastanti sull'organismo, uccidendo anche le cellule normali. Inoltre non c'erano prove che colpire Myc, cosa tutt'altro che facile, fosse efficace contro il cancro" Myc espleta la sua funzione associandosi ad un'altra proteina chiamata Max; il complesso Myc/Max interagisce con altre molecole sul DNA e regola l'attività di moltissimi geni. Modificando la proteina Myc, sostituendone 4 aminoacidi in punti chiave, i ricercatori del CNR hanno ottenuto l'Omomyc, proteina inibitrice del legame tra Myc e Max. L'attività di Myc viene così reindirizzata divenendo un efficace oncosoppressore. Nell'articolo pubblicato vengono anche riportati i risultati di uno studio, frutto della collaborazione tra il gruppo del CNR ed il gruppo di Gerard Evan dell'Università di San Francisco, che mostra come l'inibizione di Myc possa rappresentare una terapia efficace e sicura. Utilizzando il modello murino i ricercatori hanno dimostrato che "sebbene l'inibizione di Myc in animali sani rallenti la proliferazione di tessuti in rapida rigenerazione come la pelle ed i villi intestinali, i topi continuano a godere di buona salute. Inoltre, tali effetti collaterali sono ben tollerati e rapidamente reversibili in quanto le anomalie spariscono rapidamente se si spegne Omomyc". Per quanto riguarda i tumori "In presenza di Omomyc, non solo non si sviluppa più il cancro al polmone ma addirittura, se si accende questa proteina in topi che avevano precedentemente sviluppato il cancro al polmone, anche in stadi molto avanzati, i tumori regrediscono rapidamente fino a scomparire". I risultati di questo studio pongono le basi per ideare terapie con minori effetti collaterali a danno dell'organismo del paziente. "L'idea è che sia possibile una cura non distruttiva. Un farmaco che bersagli la proteina Myc potrebbe rappresentare una terapia efficace e con minori controindicazioni". (fonte: molecularlab.it)

In fumo la legge Sirchia e i tumori aumentano 02/12/2008 14:56
A lanciare l'allarme è lo stesso Sirchia: «Sui treni si fuma - denuncia - ma soprattutto nei locali, nei ristoranti e nelle discoteche. Anzi, in quasi tutte le discoteche i divieti ormai stanno solo sulla carta. Pochi gestori impongono nel proprio locale di non fumare, i più chiudono un occhio per quieto vivere o per convenienza». Il problema, attacca Sirchia, «è la totale assenza delle istituzioni, che dovrebbero controllare e che non lo fanno». I casi sono molteplici: «Mi ha scritto un giovane - racconta l'ex ministro - dicendomi che siccome fumavano nel suo ufficio si è rivolto ai carabinieri, e gli hanno risposto che non è compito loro intervenire. Neanche chi è chiamato a farle rispettare conosce le leggi. Se si continua così arriveremo fatalmente al punto da cui siamo partiti, prima della mia legge». Sotto la sua gestione, ricorda Sirchia, «facevamo un certo numero di ispezioni periodiche con i Nas, di cui davamo conto pubblicamente. La mia legge prevedeva anche il sostegno ai fumatori per smettere». Mercoledì scorso il sottosegretario alla Salute Ferruccio Fazio ha annunciato alcune iniziative per "misure più aggressive contro il fumo", a partire dall'ormai "classica" idea di alzare il prezzo delle sigarette, fino a 5 euro. «Certo sarebbe un intervento efficace - commenta Sirchia - ma si dice da anni». E che il fumo non sia al centro delle preoccupazioni degli italiani, lo conferma una recente indagine del Censis, secondo cui la gente è preoccupata per l'ambiente e l'inquinamento, ma c'è un drastico crollo dell'attenzione verso gli effetti nocivi delle sigarette, con un 21% in meno di persone rispetto a dieci anni fa che considera il fumo come un elemento rilevante per il benessere fisico. I numeri parlano chiaro: dopo il salutare shock della legge Sirchia, nel 2005 si registrò un secco -6% nella vendita di sigarette. Già l'anno dopo, si assistette a un aumento dell'un per cento. In sostanza, il numero di bionde vendute ha smesso quasi subito di calare, e si è stabilizzato a dispetto degli appelli di grandi oncologi come Veronesi. Uno zoccolo duro di 17 milioni di fumatori, che continuano a perseverare nel loro vizio esponendo i propri e gli altrui polmoni a rischi gravissimi. Tanto che, pur calando la mortalità grazie soprattutto a interventi più precoci, anche le statistiche sul tumore al polmone restano inchiodate alla terribile cifra di 250.000 casi ogni anno, con 35.000 morti. «Le idee ci sono: a Milano - racconta l'ex ministro, premiato recentemente dall'Unione Europea proprio per il suo impegno antifumo - con il Comune stiamo pensando a una campagna che crei dei personaggi positivi, dei modelli con cui i giovani si identifichino lanciando dei mini spot al cinema che veicolino il messaggio che vogliamo dare. La bella ragazza non fuma più perché non intende macchiarsi i denti, il giovane manager non ci pensa proprio a rischiare il suo futuro brillante; l'ex fumatore ha smesso perché teme di perdere quel che si è costruito». (fonte: iltempo.com)

Usa, dietrofront del cancro prima volta in 80 anni 26/11/2008 11:49
LA DIMINUZIONE dell'incidenza dei tumori negli Stati Uniti, legata al minor numero di casi di tumore al polmone, segna il successo dell'impegno e della serietà con cui gli americani hanno affrontato la lotta al fumo, agendo sulla consapevolezza individuale e il consenso sociale. Dovrebbe essere quindi un riferimento per tutto il mondo. Il tumore del polmone ha avuto negli anni '50 una forte diffusione perché la sigaretta era una forma di fuga dallo stress post-bellico e il principale rito in cui si riconoscevano gli ex soldati. Negli anni '80 il governo acquista la consapevolezza che questa abitudine è causa di sofferenza e morte anche per le nuove generazioni e avvia una campagna informativa-educativa senza precedenti, sfociata nelle grandi cause legali contro i giganti produttori di fumo. Oggi negli Stati Uniti fumare è un comportamento mal sopportato socialmente. Il risultato di questa enorme azione culturale è: meno casi e meno morti di cancro al polmone, meno sofferenza e meno costi sanitari e sociali. Lo stesso risultato è stato in parte ottenuto anche in Europa, grazie soprattutto alla legislazione di paesi "illuminati" come il nostro. L'Italia è stata tra i primi in Europa ad adottare la legge che proibisce il fumo nei luoghi pubblici, a seguito della mia proposta del 2000, quando ero ministro della Sanità. E' un esempio di normativa che ha inciso profondamente nella cultura del paese perché ha avuto risultati quantitativi (sono diminuiti i pacchetti di sigarette vendute) e anche psico-sociali perché oggi il fumatore si sente a disagio. Il nostro esempio è stato seguito da Spagna, Francia e recentemente anche dalla Germania. Certo resta ancora molto da fare. Primo, dobbiamo salvare le donne dal fumo. Purtroppo, infatti, mentre i maschi hanno iniziato a disdegnare la sigaretta, il mondo femminile l'ha assunta come modello di emancipazione ed ora vediamo gli effetti di questa scelta fuorviante perché la mortalità per tumore al polmone nella donna è vorticosamente aumentata e se continua il trend attuale, in futuro le morti da fumo supereranno quelle per tumore del seno. Occorrono quindi nuove campagne educative e nuovi interventi legislativi. Io sto pensando di fare appello in primo luogo alla madre che c'è in ogni donna, proponendo un disegno di legge che tuteli i più piccoli dal fumo passivo e dai modelli comportamentali negativi, vietando ai genitori di fumare in presenza dei loro figli. (fonte: larepubblica.it)

Fumare danneggia gli spermatozoi 26/11/2008 11:47
Si sa che il fumo di sigaretta è dannoso per la salute e aumenta l'incidenza di particolari patologie come ad esempio il tumore al polmone, altri effetti collaterali sono però meno noti, per esempio, secondo un recente studio il fumo ha anche un effetto tossico sugli spermatozoi umani. Un gruppo di ricercatori del Dipartimento di Scienze Biomediche (DISB) dell'Università di Catania, in base ad una serie di dati ottenuti in laboratorio, ha dimostrato che il fumo di sigaretta può bloccare la motilità degli spermatozoi ma non solo, altera anche il grado di compattazione della cromatina (la cromatina è contenuta nel nucleo dello spermatozoo). I risultati di questo nuovo studio sono stati presentati in occasione dell'ottavo Congresso Nazionale della Società Italiana di Andrologia e Medicina della Sessualità (Novembre 2008). Per condurre lo studio i ricercatori hanno selezionato dei soggetti sani, non fumatori, con normali parametri di liquido seminale. Dai campioni di liquido seminale raccolti sono stati isolati gli spermatozoi che presentavano una morfologia nella norma e una buona mobilità. Successivamente, per un periodo che andava dalle 3 alle 24 ore, gli spermatozoi prescelti sono stati esposti a dosi crescenti, dallo 0.1 fino al 5 per cento, di condensato di fumo. Aldo Calogero, coordinatore della ricerca, spiega che dalla combustione delle sigarette, ma anche dei sigari e del tabacco da pipa, si sprigiona un fumo contenente sostanze gassose e polveri. Le sostanze che si formano durante il processo di combustione sono circa 2 mila ma quattro sono particolarmente dannose per l'organismo: la nicotina, il monossido di carbonio, le sostanze irritanti ed ossidanti e le sostanze cancerogene. Gli studiosi spiegano che lo scopo di questa ricerca era proprio quello di valutare gli effetti del fumo di sigaretta sugli spermatozoi. Grazie ai dati raccolti si è dimostrato che il fumo di sigaretta non solo causa un danno al DNA dello spermatozoo, ma riduce anche in maniera significativa la motilità degli spermatozoi fino a renderli completamente immobili. Dopo 24 ore di esposizione al condensato di fumo, gli spermatozoi erano tutti immobili. Questo dato dimostra che il fumo di sigaretta può influire pesantemente sulla capacità fecondante degli spermatozoi con pesanti conseguenze sulla fertilità maschile. In occasione del Congresso Nazionale della Società Italiana di Andrologia e Medicina della Sessualità sono stati presentati anche i dati di un altro studio che ha messo in relazione il fumo con la fertilità. Un gruppo di ricercatori dell'università di Siena ha dimostrato che in presenza di varicocele, una patologia varicosa che interessa il sistema vascolare del testicolo, il rischio di infertilità aumenta se si fumano più di dieci sigarette al giorno. Lo studio di Siena ha coinvolto due gruppi di pazienti, suddivisi in fumatori e non, tutti affetti da varicocele. In base ai risultati raccolti si è notato che nei pazienti che fumavano almeno dieci sigarette al giorno, la combinazione dei due fattori (fumo e varicocele), portava a una diminuzione della motilità degli spermatozoi e riduceva la qualità del liquido seminale. (fonte: universoonline.it)

Tumori: il più diffuso fra i giovani italiani è al testicolo 26/11/2008 11:36
Il cancro ai testicoli in Italia è il tumore più diffuso negli uomini fra i 16 e i 40 anni di età. Le cause sono soprattutto ambientali: diossina e altri inquinanti dei cibi, esposizione a colle, vernici e insetticidi e pesticidi. A fotografare la diffusione di questo tipo di tumore ed analizzarne le cause è uno studio dell'Università di Roma La Sapienza presentato a Roma durante la settimana per l'andrologia. LO STUDIO - Per comprendere le cause dell'insorgenza di questo tumore, che negli ultimi 40 anni è triplicato nel nord Europa, lo studio ha osservato 50 pazienti dal punto di vista ecografico, ormonale e seminale. Fra i fattori di rischio individuati ad esempio per il seminoma (uno dei quattro tipi di tumore testicolare), vi sono i prodotti caseari e il pesce. «Pensiamo - ha detto una delle autrici dello studio, Loredana Gandini - che sono le sostanze inquinanti, come la diossina, presenti in questi cibi, responsabili dell'insorgenza del tumore». Le altre sostanze inquinanti associate ai tumori testicolari, evidenziate dallo studio sono quelle definite endocrine, disruptig chemicals presenti in pesticidi, colle e vernici. Questi agenti chimici, ha osservato Andrea Lenzi, presidente della società italiana di andrologia e medicina della sessualità, mimano l'azione degli estrogeni naturali o si confortano come antiandrogeni che danneggiano i tessuti dei testicoli fino a determinare la proliferazione delle cellule cancerose. Queste sostanze, hanno sottolineato gli esperti, anche in gravidanza (se vi è una esposizione ad esse da parte delle donne) possono interferire con il normale equilibrio ormonale del feto e alterare i processi di differenziamento sessuale maschile. (fonte: corriere.it)

Tumore al seno: per una donna su 10 la diagnosi arriva tardi 26/11/2008 11:35
In Italia ogni anno sono circa 40.000 le donne colpite da tumore al seno. Grazie ai programmi di screening mammografico e alla diagnosi precoce, che permettono di identificare la malattia nelle fasi iniziali, sono sempre più numerose le donne che guariscono. Ma una paziente su 10 riceve la diagnosi quando la malattia è già nella fase avanzata o metastatica. E arrivare per tempo a volte non basta: circa il 20% delle donne a cui la malattia viene diagnosticata precocemente, non riesce a evitare una ricaduta o la metastasi. Con percentuali che possono raggiungere l'85% a seconda delle caratteristiche del tumore e della terapia utilizzata. Per offrire un sostegno psicologico alle donne colpite dalla malattia, è stata inaugurata presso l’IEO di Milano Foemina: il seno nell’arte e nella medicina, una mostra curata da Alberto Agazzani e promossa da O.N.Da con il supporto di Roche, che racconta il parallelo tra due evoluzioni: quella della rappresentazione del seno nella storia dell’arte e quella della ricerca scientifica nella lotta contro il tumore al seno. Il tumore al seno, che è il secondo tumore per diffusione al mondo, è una malattia che colpisce nel fisico e nell’anima, un affronto alla femminilità. La mostra vuole lanciare un messaggio di speranza per tutte le donne che ne sono affette. Per tutte queste pazienti si aprono nuove opportunità terapeutiche, grazie all’inibizione dell’angiogenesi, uno dei meccanismi chiave alla base della crescita tumorale. Una strategia terapeutica che da pochi mesi è disponibile in Italia anche per il trattamento del tumore al seno in fase metastatica e che arriva a raddoppiare il tempo in cui le pazienti vivono senza progressione di malattia con un conseguente miglioramento della qualità di vita. L’inibizione dell’angiogenesi riduce l’apporto di sangue, essenziale per la crescita del tumore e la sua diffusione nel corpo. Riducendo la formazione dei vasi sanguigni, quindi, taglia i viveri al tumore e in questo modo ne danneggia lo sviluppo. In associazione con la chemioterapia, bevacizumab, il primo anticorpo monoclonale ad agire con questo meccanismo, permette di affrontare la crescita e la diffusione del tumore, consentendo alle pazienti di ottenere un beneficio clinico rilevante. La mostra rimarrà aperta al pubblico fino al 10 gennaio 2009. Il ricavato della vendita dei cataloghi della mostra sarà devoluto alla Fondazione IEO. (fonte: sanihelp.it)

Scoperta la miccia della diffusione del cancro del pancreas, uno dei principali 'big killer' 23/11/2008 18:56
Raro, poiché colpisce il 5% della popolazione, questo tumore si conferma una 'bestia nera': solo il 5% dei pazienti operati, può sperare oggi nella guarigione. E infatti è la quarta causa di morte per neoplasia nel mondo occidentale, con un'incidenza in aumento. La ricerca che ha portato a individuare una delle basi molecolari (una chemochina) che guida il cancro del pancreas a diffondersi invadendo i nervi circostanti, è frutto del lavoro di un'equipe della Fondazione Humanitas per la ricerca, guidata da Paola Allavena e dal professor Alberto Mantovani. Hanno collaborato i ricercatori dell'Istituto scientifico San Raffaele, coordinati da Lorenzo Piemonti. Lo studio, condotto con il sostegno di Airc (Associazione italiana per la ricerca contro il cancro) è pubblicato su 'Cancer Research'. Notevoli le implicazioni della scoperta sulla terapia, oggi rappresentata dall'intervento chirurgico, in abbinamento a farmaci mirati. La diffusione attraverso i nervi, infatti - spiegano in una nota i ricercatori - è uno dei motivi per cui il tumore, anche se asportato chirurgicamente, ricompare nelle vicinanze o in altre parti dell'organismo. Ossia dà origine a metastasi. "Cellule maligne che lasciano il tumore d'origine per migrare lontano, colonizzare altri organi, riprodursi e formare altri tumori, sono uno dei principali problemi legati al cancro - sottolinea Mantovani, direttore scientifico di Humanitas e docente dell'Università degli studi di Milano - Se si trattasse solo di una malattia locale sarebbe più semplice sconfiggerla, rimuovendola chirurgicamente e con la radioterapia". "Perciò è molto importante - aggiunge - capire con quale meccanismo i tumori invadono e metastatizzano. Una via è quella nervosa: alcuni tipi di cancro infatti, primi fra tutti quello del pancreas e del colon, invadono i nervi e li utilizzano come una vera e propria 'autostrada' per diffondersi nei tessuti circostanti". Secondo l'equipe, chiarire il meccanismo molecolare alla base della diffusione del cancro attraverso i nervi consentirà di mettere a punto nuove terapie, mirate a bloccare la chemochina responsabile di questo processo. Inoltre, l'interazione con i nervi sembra avere un ruolo importante nel dolore associato al cancro del pancreas. La scoperta potrebbe, dunque, aprire strade terapeutiche nuove per il controllo del dolore spesso legato a questa malattia. (fonte: finanzainchiaro.it)

Un gene che ferma il cancro? Il segreto dei nani dell'Ecuador 23/11/2008 18:53
Con la sinistra mi abbarbico al sedile, la mano destra saldata alla maniglia sopra la portiera della 4x4 a noleggio. Procediamo a balzelloni su una strada tutta solchi tra banani e asini al pascolo. Siamo nel profondo sud rurale dell'Equador, un'area depressa tropicale fino a poco tempo fa tagliata fuori dal resto del mondo. All'apparenza è il luogo più improbabile per andare in cerca della causa del cancro, e di una possibile cura. Al volante della 4x4 siede il Dr. Jaime Guevara, endocrinologo di Quito, la capitale dell'Ecuador. Circa 25 anni fa iniziò a studiare un gruppo di abitanti di quest'area affetti da una rara patologia, detta nanismo di Laron o sindrome di Laron, che ne arresta la crescita. In termini medici in questi soggetti i recettori dell'ormone della crescita sono inibiti. "Nel mondo si contano circa 300 casi di questa patologia. 100 sono in Ecuador", spiega Guevara mentre affronta le insidie della strada tortuosa. "In Ecuador si trova quindi un terzo della popolazione mondiale affetta da questa sindrome". L'anomalia dei Laron. Vent'anni fa il dott. Guevara iniziò a studiare i nani dell'Ecuador meridionale a scopo terapeutico. Ma dalle sue indagini emerse un dato strano e interessante: tra di loro non si era mai registrato neppure un caso di cancro o di diabete. "Mi colpì che in una zona nota in Ecuador per l'alta incidenza di neoplasie nessuno di questi pazienti fosse mai morto di cancro", racconta. "Mi riferisco a circa 135 persone di cui ho memoria. Nessuno di loro è mai morto di cancro. A mio avviso è pressoché impossibile che si tratti di una coincidenza, perché nelle loro famiglie si contano almeno uno, due o tre componenti morti di tumore". I cosiddetti nani di Laron sono storicamente molto longevi. Non si concentrano in un'unica comunità, sono sparsi nelle cittadine e nei villaggi sperduti nell'arco di 100 miglia dalla città principale Piñas. Da queste parti li chiamano affettuosamente Viejitos - vecchietti - per via dell'aspetto precocemente invecchiato. Ci fermiamo in una casa modesta ma ben curata fuori dalla cittadina di Balsas. Ne esce Norman Apolo, un uomo normale in tutti i sensi, solo che è alto circa un metro e venti. Racconta di aver scoperto di essere affetto da un disturbo della crescita verso i 6 7 anni, alle elementari. Sposato e padre di tre figli, Norman Apolo conduce una vita molto normale. E' uno stimato insegnante e autore e manda avanti una piccola fattoria. La sua statura non gli impedisce di guidare l'auto con l'ausilio di prolunghe sui pedali. A trecento miglia di distanza, dal suo studio presso l'Istituto ecuadoregno di endocrinologia nella capitale, Guevara segue i suoi particolarissimi pazienti. "Il protocollo prevede che i pazienti siano periodicamente fotografati o ripresi in video registrando le variazioni di statura nel tempo", spiega. "Ho documentato la loro crescita da quando erano bambini fino ad oggi, è molto importante". Questa forma di nanismo fu identificata per la prima volta 40 anni fa dal Dr. Zvi Laron , studioso israeliano, che ne osservò dodici casi in Israele e in Europa. Un unico antenato. Incredibile a dirsi, pare che i nani di Laron ecuadoregni abbiano una discendenza comune, i loro antenati sarebbero ebrei fuggiti dal sud della Spagna secoli fa ai tempi dell'Inquisizione. Convertiti da generazioni al cattolicesimo, hanno da tempo dimenticato la discendenza ebraica. Ma i test genetici hanno rivelato che in Israele vive un nano di Laron che è con quasi assoluta certezza un loro lontano cugino. Probabilmente i suoi antenati fuggiti dalla Spagna meridionale si diressero in Europa orientale e quindi nell'attuale Israele. Norman Apolo, insegnante, alla guida della sua auto modificata per permettergli di raggiungere i pedali "Uno di loro evidentemente arrivò qui portando con sé la malattia genetica per via delle unioni tra consanguinei", dice Guevara. "In quest'area esiste un alta incidenza di unioni tra consanguinei perché si tratta di zone isolate, la patologia ha avuto quindi opportunità di emergere". Assieme al fratello Marco, anch'egli medico, il Dr. Guevara studia l'incidenza del cancro tra i familiari dei nani di Laron di statura normale. Marco preleva campioni di saliva per i test genetici. Jaime invece raccoglie anamnesi e dati relativi ai casi di cancro verificatisi nelle famiglie. Tutti i risultati vengono inviati alla University of Southern California di Los Angeles, per essere analizzati. La ricerca in California. Ben prima di occuparsi dei nani di Laron ecuadoregni i ricercatori della USC realizzarono su cavie di laboratorio una simulazione della mutazione genetica provocata dalla malattia. Secondo la loro tesi inibendo il recettore dell'ormone della crescita si potrebbe fermare l'avanzata del cancro bloccando il fattore di crescita insulino-simile o IGF-1. Valter Longo, docente presso l'Andrus Gerontology Center, lavora su questo progetto da più di 15 anni. Longo ha scoperto che i topi in cui viene inibito il recettore dell'ormone della crescita "non solo hanno una longevità superiore del 50% ma registrano anche meno del 50% di episodi di cancro. Se fosse confermato che l'incidenza di neoplasie tra i nani di Laron in Equador è scarsa o nulla avremmo la prova che inibire il recettore della crescita è uno strumento efficace per prevenire il cancro e potremmo sviluppare farmaci, come già stiamo facendo, per mimare queste mutazioni genetiche". Grazie ai fondi milionari stanziati per la ricerca dai National Institutes of Health, Longo e altri ricercatori sono all'opera per creare un farmaco in grado di replicare la mutazione genetica del nanismo di Laron e arrestare la crescita dei tumori. Il farmaco potrebbe essere sul mercato da qui a dieci anni. I tempi sarebbero stati molto più lunghi se Longo non avesse incontrato Guevara nel 2002 apprendendo dell'esistenza dei nani di Laron ecuadoregni. Farmaci tra dieci anni. "Gli studi sui Laron potrebbero accelerare la nostra ricerca forse di vent'anni", dice Longo. "Molti dei dati clinici relativi ai topi si rivelano inapplicabili ai soggetti umani. La maggioranza dei farmaci testati su topi non risultano efficaci nella sperimentazione umana. Ma se esiste una popolazione umana che dimostra l'efficacia di questa strategia si è già a buon punto". In Ecuador, il Dr. Jaime Guevara e i suoi pazienti collaborano con i ricercatori della USC. "Qui abbiamo un meraviglioso esperimento della natura", dice il Dr. Guevara. "E' una condizione tragica per i pazienti ma una splendida opportunità per noi ricercatori di comprendere cosa accade nel corpo umano quando si abbassa l'IGF-1". Quanto alla possibilità che grazie a questi studi si giunga ad una cura per il cancro Guevara esprime cautela . "Posso solo dire che tutto questo porterà a conoscere un po' meglio il fenomeno del cancro". Una cura contro il nanismo. Ma Guevara e i suoi pazienti hanno anche altre aspettative. L'arresto della crescita nei pazienti affetti da sindrome di Laron potrebbe essere evitato con regolari iniezioni di ormone della crescita prima dell'adolescenza. La cura però viene a costare decine di migliaia di dollari, ben oltre le disponibilità economiche della maggioranza della popolazione di un paese in via di sviluppo come l'Ecuador. Le case farmaceutiche hanno promesso farmaci gratuiti ma non sono mai arrivati. Norman Apolo ribadisce che la ricerca non deve limitarsi ad una possibile cura per il cancro, vuole che i giovani affetti da sindrome di Laron ricevano le cure di cui hanno bisogno. "Sono disponibile a collaborare se può essere d'aiuto alla ricerca", dice, "Ma non voglio essere usato. Non vogliamo essere usati". (fonte: larepubblica.it)

Broccoli e cavolfiori prevengono il cancro ai polmoni 20/11/2008 17:07
Mangiare frutta e verdura in buone quantità ogni giorno si sa che fa bene alla salute. I medici e i nutrizionisti consigliano di assumerne cinque porzioni al giorno, assortendo tutti e cinque i colori dei vegetali e della frutta (blu, rosso, giallo, bianco e verde). Broccoli, cavolfiori e cavoletti di Bruxelles sono impiegati come coadiuvanti alimentari nelle terapie antitumorali per le loro numerose proprietà benefiche: una recente scoperta ora dimostra che sono efficaci anche nel prevenire il cancro ai polmoni nei fumatori accaniti. Un buona scorpacciata di questi ortaggi, infatti, difendono i polmoni di chi non dire addio al vizio della sigaretta, limitando in parte i danni causati dal fumo. Il Roswell Park Cancer Institute di Buffalo, New York, ha condotto una ricerca scientifica esaminando 948 ammalati di cancro polmonare e 1743 persone sane che avevano effettuato un precedente screening diagnostico per scoprire l'eventuale presenza di tumore ai polmoni. Tutti sono stati alimentati con broccoli, cavolfiori e cavoletti di Bruxelles e la squadra di scienziati, guidata da Li Tang, ha monitorato le loro abitudini alimentari, il loro stile di vita e l'incidenza del vizio del fumo nelle loro giornate. I risultati dell'indagine, presentata in occasione del congresso dell'American Association for Cancer Research, hanno evidenziato che gli effetti benefici e protettivi dei polmoni sono più forti quando è più accanita la dipendenza dalle “bionde”. Un vantaggio, cioè, riscontrabile in maniera sensibile tra coloro che fumavano più di 20 sigarette al giorno. I rischi di ammalarsi diminuivano tra il 20% e il 55% in chi consumava abitualmente broccoli e cavolfiori, rispetto a coloro che li mangiavano solo di tanto in tanto. "E l'effetto scudo - assicura Tang - era molto piu' evidente tra gli ex e i fumatori abituali, mentre era estremamente labile tra coloro che non avevano mai ceduto al fascino delle bionde". Tuttavia, "occorrono nuovi studi - precisa la ricercatrice - per far si' che il consumo di questi alimenti si trasformi in una vera e propria raccomandazione di sanita' pubblica. Se fumi - ricorda infine Tang - non c'e' nulla che possa aiutarti realmente". La prima regola, dunque, resta sempre la stessa: rinunciare al vizio per evitare ai propri polmoni brutte sorprese. Il fumo, inoltre, non colpisce solo i polmoni, ma anche la bocca, le altre vie respiratorie, il sistema cardiocircolatorio e il cuore, la vescica, la prostata e molte altre parti del nostro organismo che possono sviluppare neoplasie in conseguenza della cattiva abitudine del fumare. Un altro studio scientifico, sempre presentato all'incontro dell'American Association for Cancer Research, ha affermato che non tutti i fumatori incalliti sviluppano necessariamente il cancro al polmone. Questo avviene solo in quegli individui in cui avviene la “metilazione”, cioè quel processo che modifica l'espressione di alcuni geni e, quindi, la sintesi delle rispettive proteine. La ricerca in questione è stata condotta dalla dott.ssa Emily A. Vucic del British Columbia Cancer Research Centre di Vancouver e presentata in occasione del settimo convegno annuale sulle frontiere della ricerca nella prevenzione dei tumori. L'esposizione al fumo attivo e passivo rappresenta il maggior fattore di rischio per il cancro ai polmoni. Nel primo caso, anche per coloro che hanno smesso di fumare da molto tempo. Ma mentre alcuni ex fumatori sviluppano il cancro ai polmoni, altri non ne vengono colpiti nonostante stili di vita simili. Lo studio ha coinvolto 16 persone (otto sane e otto con un tumore ai polmoni), ex fumatrici da piu' di 10 anni, a cui sono state prelevate cellule di bronchi e polmoni. Analizzando le cellule polmonari, i ricercatori hanno scoperto che tra i due gruppi ci sono differenze a livello del processo di metilazione del Dna, che subisce danni a causa del fumo. "Le alterazioni osservate nei pazienti con cancro ai polmoni potrebbero dirci perche' alcuni ex fumatori subiscono danni genetici addizionali a quelli del normale invecchiamento", ha spiegato Vucic. "Piu' del 50 per cento dei malati di cancro ai polmoni sono ex fumatori - ha continuato - e capire perche' solo alcuni sviluppano la malattia e' il primo passo per una diagnosi precoce". I ricercatori stanno portando avanti ulteriori studi per confermare questi risultati preliminari. Il campione di soggetti esaminati è comunque assai esiguo e, in ogni caso, è sempre fortemente consigliato a tutti i fumatori di smettere il prima possibile, perchè i danni che fumando provocano al loro organismo sono moltissimi e li colpiscono tutti indistintamente, a prescindere dalle caratteristiche genetiche di ognuno. (fonte: italiasalute.it)

Il punto sui tumori ereditari del colon-retto 20/11/2008 17:06
Condividere le esperienze di ricerca scientifica per diagnosticare prima e curare meglio i tumori ereditari, in particolare quelli che colpiscono l'apparato digerente. Il cancro al colon-retto è la seconda causa di morte nei paesi sviluppati con un'incidenza di 40 nuovi casi l’anno su 100.000 persone. La “poliposi adenomatosa familiare” la cui età di insorgenza è intorno ai 25 anni e il “tumore ereditario non poliposico” o Sindrome di Lynch, che compare in genere vicino ai 40 anni di età, rappresentano circa il 5%- 10% del totale dei tumori al colon retto. Lo studio delle patologie ereditarie che predispongono allo sviluppo dei tumori gastrointestinali può condurre alla comprensione dei meccanismi molecolari di questa temibile neoplasia. Tali sindromi genetiche sono trasmesse con carattere “autosomico dominante”, il che vuol dire che, se non intervengono programmi di sorveglianza sui soggetti a rischio, il 50% dei discendenti da un individuo affetto svilupperanno il cancro colon-rettale. Simili programmi sono estremamente costosi per la Sanità pubblica e creano forti disagi psicologici al paziente che nel corso della vita deve sottoporsi a circa 30 controlli endoscopici in caso di poliposi adenomatosa familiare e circa 50 esami in caso di Sindrome di Lynch. Il test genetico risolve questi problemi grazie all’identificazione delle mutazioni responsabili di queste malattie, con due vantaggi: l'esclusione dei soggetti non portatori delle mutazioni, con evidente risparmio di risorse e una maggiore motivazione ad aderire ai programmi di sorveglianza da parte dei portatori di mutazione. I tumori a carattere ereditario rappresentano pertanto un problema non solo di rilievo scientifico ma anche sociosanitario. Da qui nasce l’esigenza di una realtà come l’“Associazione Italiana per lo Studio della Familiarità ed Ereditarietà dei Tumori Gastrointestinali (AIFEG”) che promuove, come ogni anno, il VII Congresso Nazionale sui tumori Colonrettali ereditari. L’incontro si svolgerà il 20 e il 21 Novembre a Roma presso il Centro Congressi Frentani. Responsabile del Comitato Scientifico del Congresso la Dott.ssa Vittoria Stigliano, referente per i programmi di prevenzione dei tumori dell’apparato digerente della Gastroenterologia dell’Istituto Nazionale Tumori Regina Elena (IRE). Sono note numerose condizioni che predispongono in maniera ereditaria allo sviluppo di un tumore del colon-retto. Due di esse, la poliposi adenomatosa familiare (FAP) che compare in 1-7 casi su 8000 nascite e il tumore ereditario non poliposico (HNPCC o S. di Lynch), 1 caso ogni 200 nascite, si caratterizzano per l’ insorgenza in età giovanile. E' stato dimostrato recentemente che programmi di sorveglianza sanitaria possono ridurre l'incidenza e la mortalità per tali forme di cancro. Essi si basano su controlli endoscopici annuali per i familiari a rischio a partire da 10-15 anni fino a 40 anni di età per la FAP e da 20-25 anni fino a 65 anni per l'HNPCC. Da un punto di vista genetico sono stati identificati i geni responsabili di queste due sindromi. “La maggioranza delle mutazioni associate alla FAP causa un arresto prematuro nella sintesi di una proteina codificata dal gene oncosoppressore APC (Adenomatous Polyposis Coli) – spiega la Dr.ssa Vittoria Stigliano referente per i programmi di prevenzione dei tumori dell’apparato digerente della Gastroenterologia IRE – ciò determina il precoce sviluppo di innumerevoli adenomi colon-rettali e l’inevitabile loro evoluzione in cancro e in lesioni neoplastiche extra-colonrettali, che includono forme di fibromatosi aggressiva. Maggiormente difficoltoso è il riconoscimento dei casi di HNPCC, la quasi totalità dei pazienti affetti da tale sindrome presenta inserzioni e/o delezioni di semplici sequenze ripetitive di Dna.” “Lo studio di queste patologie rappresenta spesso una premessa alla comprensione dei meccanismi implicati nelle comuni forme non-ereditarie di tumore – afferma il Dr. Giovanni Viceconte Responsabile della Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva IRE - Inoltre il riconoscimento e l'inquadramento nosologico di questi casi rappresenta un aspetto di particolare rilevanza sociosanitaria, in quanto ha riflessi positivi sulla gestione clinica dei pazienti e dei familiari a rischio. Da questo punto di vista l’identificazione dei geni responsabili della sindrome, apre nuove possibilità ad una diagnosi più sicura e precoce delle mutazioni predisponenti e consentirà un migliore riconoscimento ed una più adeguata gestione di questi pazienti. Tale gestione permetterà l’effettuazione di controlli endoscopici periodici, ad intervalli di tempo variabili in relazione non solo alle caratteristiche cliniche-fisiopatologiche ma soprattutto biomolecolari del paziente.” In questo ambito opera il un gruppo multidisciplinare IRE coordinato dalla dr.ssa Vittoria Stigliano che collabora con altri gruppi nazionali che lavorano sulla familiarità ed ereditarietà dei tumori dell’apparato digerente e che si riuniranno, come ogni anno, in occasione del Congresso Nazionale AIFEG, per fare il punto della situazione. “La caratteristica principale del team IRE che si occupa dell’ereditarietà dei tumori gastrointestinali è l’interdisciplinarità – precisa la Prof.ssa Paola Muti Direttore Scientifico del Regina Elena di Roma - Genetisti, Gastroenterologi, Chirurghi, Biologi Molecolari, Internisti, Oncologi, Psicologi ed altri specialisti collaborano attivamente determinando una interazione tra ricerca di base e clinica e creando le condizioni per trasferire rapidamente a livello clinico-diagnostico le conoscenze derivanti dagli studi di genetica molecolare.” Nelle due giornate del Congresso si toccheranno argomenti quanto mai svariati e più o meno complessi e si discuterà anche dell’identificazione, da parte del gruppo di ricercatori guidati dalla Dr.ssa Stigliano, di una nuova variante patogenetica che causa la “Muir Torre”, sindrome ereditaria molto rara alla quale si associano tumori del colon e tumori della cute e di cui parlerà il Dr. Pietro Donati Istopatologo dell’Istituto San Gallicano. Di rilievo le Letture Magistrali del Dr.Carlo Garufi dell’Oncologia medica C IRE: “Chemioterapia nei tumori ereditari” e del Dr. Riccardo Capocaccia Direttore del Reparto di Epidemiologia dei Tumori dell’Istituto Superiore di Sanità: “ Il cancro del colon retto: Epidemiologia”. (fonte: italiasalute.it)

Sirchia, pochi controlli sulla sua legge antifumo 20/11/2008 17:05
"Questo paese non conosce il controllo. Controllare significa educare, ma in Italia questo concetto non passa". Queste sono le parole di Girolamo Sirchia, riferendosi alla legge antifumo (3/2003) entrata in vigore durante il suo Ministero. Si continua a fumare sui treni, nei locali pubblici dopo una certa ora - ha dichiarato Sirchia questa mattina, nella sede romana della Lega Italiana per la lotta contro i Tumori (LILT), dopo aver ricevuto, dalle mani del Sottosegretario Ferruccio Fazio, il Premio Smoke Free Progress Award 2008. La legge prevedeva invece controlli severi che non sono stati rispettati, ha continuato l'ex ministro della Salute. La legge per evitare il fumo passivo era solo la prima di tre iniziative - ha continuato - che prevedevano il sostegno ai fumatori per aiutarli a smettere, attraverso strutture e reti sociali, e la lotta contro la vera piaga, l'iniziazione al fumo dei giovanissimi.Molto da fare, appunto, per quel 24% della popolazione italiana ancora nella morsa del "vizio", come la campagna anti-fumo rivolta ai giovani che Girolamo Sirchia sta pensando, assieme al comune di Milano: "L'idea - ha spiegato Sirchia - e' quella di creare dei personaggi positivi, dei modelli con cui i giovani si identifichino lanciando dei mini spot al cinema che veicolino il messaggio che vogliamo dare. La bella ragazza che non fuma più perchè non intende macchiarsi i denti, il giovane manager non ci pensa proprio a rischiare il suo futuro brillante; l'ex fumatore ha smesso perchè teme di perdere quel che si è costruito. (fonte: takecareblog.it)

Sperimentato con successo sui topi il pomodoro antitumore 20/11/2008 17:03
Uno studio internazionale, con la collaborazione italiana dell'Istituto Europeo di Oncologia e dell'Universita' Cattolica di Campobasso, ha portato alla creazione di pomodori transgenici arricchiti di antiossidanti, dimostrando che tali pomodori ogm hanno la proprieta' di prevenire i tumori in topolini geneticamente predisposti ad ammalarsi di cancro. Nello studio, la pianta del pomodoro e' stata geneticamente modificata aggiungendo al suo Dna due geni della pianta bocca di leone, 'chiave' per la produzione di antocianine, molecole antiossidanti che danno il caratteristico colore rosso scuro ai tarocchi e ad alcuni fiori. Un estratto di questi pomodori OGM e' stato quindi somministrato a topolini geneticamente suscettibili al cancro e la somministrazione ha permesso di prevenire la comparsa dei tumori allungando considerevolmente la vita media delle cavie. I pomodori sono il frutto di uno studio coordinato da Cathie Martin del John Innes Centre, Norwich Research Park presso Colney, Gran Bretagna, e condotto da Eugenio Butelli che oggi lavora presso lo stesso istituto, insieme a ricercatori dell'Universita' Cattolica di Campobasso e dell'Istituto Europeo Oncologico (IEO) di Milano. (fonte: molecularlab.it)

Contro il cancro al seno contano le ore di sonno 20/11/2008 17:01
L’esercizio fisico, si è detto tante volte, può contribuire a ridurre i rischi di sviluppare un cancro al seno. Ma solo se, è il risultato di una nuova ricerca, viene corredato da una buona notte di sonno ogni giorno. Lo ha scoperto uno studio decennale del National Cancer Institute americano, condotto su 6mila donne. Il risultato? Nel gruppo di coloro che svolgevano esercizio fisico i casi di cancro erano minori. Ma i casi diminuivano ulteriormente nel gruppo di donne che dichiarava di dormire in media sette ore a notte. (fonte: benessereblog.it)

Uno studio getta nuova luce sulla resistenza al tamoxifene 20/11/2008 17:00
Una ricerca condotta da scienziati nel Regno Unito e negli Stati Uniti rivela perché alcune donne malate di cancro al seno rispondono bene al tamoxifene mentre altre sviluppano una resistenza al farmaco. Nell'articolo apparso su Nature gli scienziati spiegano che due molecole si contendono efficacemente il controllo di un gene chiave del cancro al seno che causa la divisione delle cellule del cancro del seno. Secondo i ricercatori, mentre la proteina PAX2 lavora per tenere il gene disattivato, impedendo alle cellule di dividersi, un'altra molecola, AIB-1, agisce per attivare il gene e in questo modo favorisce la crescita del tumore. Gli scienziati hanno scoperto che il rapporto tra PAX2 e AIB-1 all'interno del tumore è indicativo dell'efficacia della terapia a base di tamoxifene. "Il tamoxifene è stato un enorme successo, ha aiutato a prevenire la ricomparsa del cancro al seno in molte donne," ha commentato il professor Sir David Lane, a capo della Cancer Research UK, che ha sostenuto lo studio. "È importantissimo capire la ragione per la quale a volte smette di funzionare, perché in questo modo ci permette di identificare nuovi obiettivi nello sviluppo di farmaci e le persone che avranno bisogno di tali trattamenti." Il tamoxifene è progettato per evitare che il cancro al seno si ripresenti e normalmente viene dato alle pazienti per cinque anni dopo la prima diagnosi della malattia. Alcune persone però sviluppano una resistenza a questo farmaco, rendendo quindi più probabile la ricomparsa del cancro. In molte donne affette da cancro al seno l'ormone estrogeno si chiude in un ricettore sulle cellule del cancro e causa il moltiplicarsi delle cellule. Il tamoxifene blocca questo recettore e in questo modo impedisce all'estrogeno di favorire una proliferazione incontrollata di cellule cancerose, fino a questo momento però gli esatti meccanismi coinvolti in questo processo erano sconosciuti. In questo studio, gli scienziati hanno applicato la tecnologia genomica più moderna per scoprire dove il recettore estrogeno interagiva con il genoma. "Sapevamo che le donne sviluppavano una resistenza al tamoxifene, ma prima la nostra conoscenza del perché ciò avvenisse era paragonabile al cercare di aggiustare una macchina senza sapere come funziona il motore," ha spiegato l'autore principale dello studio, il dott. Jason Carroll del Cancer Research nel Regno Unito. "Adesso capiamo come funzionano tutte le parti del motore e possiamo cercare di pensare a come ripararlo." La ricerca ha rivelato che il tamoxifene usa una proteina chiamata PAX2 per disattivare il gene del cancro al seno ERBB2. Si è scoperto che tra le pazienti che assumevano il tamoxifene quelle con più alti livelli di PAX2 nei campioni di tumore mostravano un più alto tasso di sopravvivenza rispetto alle pazienti con livelli di PAX2 più bassi. Allo stesso tempo si è scoperto che i tumori resistenti al farmaco avevano livelli più alti di un'altra molecola, chiamata AIB-1. L'AIB-1 compete con la PAX2 per il controllo dell'interruttore ERBB2; ma mentre la PAX2 mantiene l'interruttore nella posizione inattiva, la AIB-1 lavora per attivare il gene, riuscendo a riattivarlo. In generale, gli scienziati hanno scoperto che l'equilibrio tra PAX2 e AIB-1 determina il livello di attività dell'ERBB2 e in definitiva determina se il tamoxiflene sarà efficace o meno. Le pazienti i cui tumori erano positivi alla PAX2 e negativi alla AIB-1 avevano la migliore prognosi in assoluto, con un tasso di recidiva di appena 5,8%. Sebbene questi risultati rappresentino indubbiamente un enorme passo avanti nella nostra conoscenza del tumore al seno, sono necessarie ulteriori ricerche prima che essi possano essere trasformati in un test da usare a livello clinico per prevedere la risposta di una paziente al tamoxiflene. (fonte: molecularlab.it)

Nuovo farmaco previene il diabete e l'obesità indotta dalla dieta 18/11/2008 11:14
Un recente studio finanziato dall'UE e svolto da un team internazionale di ricercatori, guidato dalla Svizzera, ha scoperto che un nuovo farmaco sintetico, sviluppato da alcuni ricercatori negli Stati Uniti, è in grado di prevenire il diabete e l'obesità indotta dalla dieta. Al contempo, il farmaco migliora la tolleranza al glucosio e la sensibilità all'insulina e aumenta la resistenza all'esercizio fisico aumentando l'utilizzo dei grassi in alcuni tessuti. Lo studio è stato pubblicato online nella rivista Cell Metabolism. Sebbene una riduzione dell'apporto calorico di circa il 20% possa determinare benefici significativi sotto il profilo metabolico, la dieta e l'esercizio, se non associati ad altro, riescono raramente a fermare l'obesità e i disturbi del metabolismo ad essa correlati. Studi relativi a possibili interventi farmacologici hanno dimostrato che abbondanti dosi di resveratrolo, una sostanza naturalmente presente nel vino rosso, possono determinare benefici sul piano metabolico come la prevenzione del diabete e dell'obesità indotta dalla dieta. Sia l'assunzione di resveratrolo che la diminuzione delle calorie portano all'attivazione di SIRT1, un enzima che svolge un'importante funzione regolatrice in numerosi processi metabolici che si verificano quando i livelli di energia sono bassi. Questo studio ipotizza che, poiché l'enzima SIRT1 viene attivato con la restrizione calorica, l'induzione della sua attività "apre la possibilità di riprodurre farmacologicamente livelli energetici bassi e dunque di stimolare l'utilizzo di grassi per prevenire l'obesità indotta dalla dieta e i disordini ad essa correlati. I ricercatori hanno utilizzato sui topi una nuova entità chimica, denominata SRT1720, al fine di attivare il percorso SIRT1 e hanno poi valutato il suo ruolo in relazione a obesità, diabete, invecchiamento e resistenza. Hanno osservato che i topi sottoposti a una dieta ricca di grassi e trattati con dosi elevate di SRT1720 per un periodo di 15 settimane non sono diventati obesi. È importante notare che nei topi erano ridotti i livelli di trigliceridi, colesterolo, glicemia a digiuno e insulina. I risultati dei test di resistenza all'esercizio fisico, inoltre, erano sensibilmente migliori di quelli ottenuti dagli animali di controllo. "SRT1720 ha reso gli animali capaci di correre il doppio" afferma il Professor Auwerx, in riferimento agli esercizi del test. È stato di fatto osservato che nel corso dello studio l'attività volontaria dei topi subiva un calo riconducibile allo sforzo di risparmiare energia; il farmaco funziona determinando il passaggio del metabolismo dell'organismo a una modalità "brucia-grassi" che subentra, di norma, in presenza di livelli di energia ridotti. La ricerca dimostra che l'attivazione del percorso SIRT1 in realtà previene l'obesità indotta dalla dieta aumentando l'utilizzo dei grassi nel muscolo scheletrico, nel fegato e nel tessuto adiposo bruno. Lo studio ha inoltre dimostrato che SRT1720 induce adattamenti metabolici che coinvolgono l'attivazione di un altro enzima, AMPK, che regola il glucosio nel muscolo scheletrico e il metabolismo degli acidi grassi. "Questi risultati dimostrano che i nuovi attivatori sintetici SIRT1 sono in grado di riprodurre gli effetti metabolici positivi precedentemente dimostrati con l'impiego di resveratrolo" ha affermato il Dott. Joahn Auwerx del Politecnico Federale di Losanna (EPFL). "Ma diversamente dal resveratrolo, queste nuove entità chimiche hanno come obiettivo esclusivamente il percorso SIRT1, e questo le rende più efficaci e selettive ai fini dell'ottenimento dei benefici metabolici." Il Professor Auwerx ha spiegato che il principale vantaggio presentato da SRT1720 rispetto al resveratrolo è rappresentato dalla probabilità che lo stesso presenti una quantità inferiore di effetti collaterali; per confermare questo punto sarà tuttavia necessario un ulteriore studio. Lo studio sottolinea che SRT1720 ha delle ripercussioni sulla temperatura centrale del corpo e sull'attività locomotoria spontanea, che potrebbe costituire un potenziale effetto collaterale quando si utilizza il farmaco per il trattamento dei disturbi del metabolismo. Tuttavia, gli autori suggeriscono che questi effetti potrebbero essere desiderabili nel trattamento di altri disturbi, non correlati. Gli autori concludono: "Riteniamo che SRT1720 possa agire come 'mimetico' della restrizione calorica, inducendo quindi un adattamento metabolico complessivo simile a quello che si verifica in presenza di bassi livelli di energia." Il limite principale di SRT1720, hanno scoperto, è costituito dal fatto che gli effetti osservati, in modo particolare l'azione anti-diabete del farmaco, sono stati ottenuti esclusivamente attraverso la somministrazione di dosi relativamente elevate. (fonte: molecularlab.it)

L'orgasmo fa bene al cuore e aiuta a prevenire il tumore 18/11/2008 11:12
Non può essere più considerato un luogo comune. Ormai esistono diversi studi scientifici che dimostrerebbero che l’orgasmo, oltre a regalare sensazioni uniche, fa veramente bene alla salute. L’apice del piacere, infatti, sembrerebbe liberare l’ormone Dhea e l’ossitocina, che fanno bene al cuore oltre a contribuire nella prevenzione di alcuni tumori. Senza distinzioni di sesso. A fare una piccola rassegna di tutte le ricerche che hanno evidenziato gli effetti benefici dell’orgasmo è stato il quotidiano Los Angeles Times. Lo studio scientifico - Due grandi studi, diffusi nel 2003 e nel 2004, hanno rilevato che gli uomini di mezza età che hanno dichiarato di avere almeno quattro orgasmi a settimana avevano un terzo in meno di probabilità di sviluppare un tumore alla prostata. Questo, secondo alcuni ricercatori, perchè l’eiaculazione potrebbe liberare la prostata da agenti cancerogeni. Simile effetto per le donne, che se avrebbero orgasmi frequenti sono più protette dal rischio di sviluppare un cancro al seno. Secondo quanto riportato dal Los Angeles Times, diverse ricerche in laboratorio avrebbero dimostrato che le donne riescono a sopportare meggiormente il dolore quando viene contemporaneamente stimolata la loro vagina. Questa stimolazione, infatti, raddoppierebbe la soglia del dolore. Non solo. Ulteriori studi hanno concluso che l’orgasmo aiuterebbe le donne che soffrono di emicrania. Infine, da uno studio del 1997 su uomini gallesi è emerso che coloro che avevano due o più orgasmi a settimana avevano anche un rischio dimezzato di morire rispetto a coloro sessualmente meno attivi. (fonte: ilgiornale.it)

Tumore al pancreas, uno studio italiano fa luce sul meccanismo di diffusione 18/11/2008 11:11
E’ uno dei big killer, quarta causa di morte per tumore nel mondo occidentale, un killer silenzioso, perché non dà avvisaglie fino a che spesso non è già tardi: solo il 5 per cento dei pazienti operati può sperare nella guarigione. Negli ultimi decenni la sua incidenza è sensibilmente aumentata, sia perché si fanno più diagnosi, sia per un aumento generalizzato dell’età media. Questo tumore colpisce infatti maggiormente gli anziani, per lo più maschi. Ora uno studio italiano ha finalmente fatto luce su una delle basi molecolari che guida il cancro del pancreas a diffondersi invadendo i nervi che lo circondano: si tratta del recettore di una proteina che fa parte della famiglia delle chemochine. Lo ha scoperto un gruppo di ricercatori di Fondazione Humanitas per la Ricerca, in collaborazione con i ricercatori dell’Istituto Scientifico San Raffaele, che hanno pubblicato i risultati sulla rivista scientifica Cancer Research. Lo studio è stato condotto con il sostegno di AIRC, Associazione Italiana per la Ricerca contro il Cancro. La diffusione della malattia attraverso i nervi è uno dei motivi per cui i tumori, anche in seguito all’esportazione, possono ricomparire nelle vicinanze dell’organo malato in forma di metastasi. Capire il meccanismo biologico che sta alla base della loro diffusione all’interno dell’organismo può perciò essere un aiuto per combattere la formazione di metastasi. “Invasione e metastasi, cellule maligne che lasciano il tumore d’origine per colonizzare altri organi, riprodursi e formare altri tumori, sono uno dei principali problemi legati al cancro - spiega Alberto Mantovani, Direttore Scientifico di Humanitas e docente dell’Università degli Studi di Milano -. Se il tumore fosse solo una malattia locale sarebbe più semplice sconfiggerlo. Oggi infatti il tasso di guarigione nei tumori individuati precocemente è altissimo, e la battaglia si concentra sulle metastasi, vero pericolo per il paziente. Prevedere, al momento della diagnosi, se e dove queste si svilupperanno, è determinante per la cura. Perciò è molto importante capire in che modo, con quale meccanismo i tumori invadono e metastatizzano. Una via è quella nervosa: alcuni tipi di tumori, primi fra tutti quelli del pancreas e del colon, invadono i nervi e li utilizzano come una vera ‘autostrada’ per diffondersi nei tessuti circostanti”. Che ruolo ha la chemochina al centro dello studio? “Si tratta di una famiglia di proteine che fanno muovere le cellule in una direzione”, spiega a Panorama.it Lorenzo Piemonti, Responsabile dell’Unità della Biologia della cellula Beta all’Istituto Scientifico San Raffaele. “Si sa da sempre che le chemochine hanno un ruolo nella migrazione dei globuli bianchi e ora si sta sempre più valutando come siano in grado di modulare la migrazione anche di cellule tumorali. Nel nostro caso in realtà quello che abbiamo dimostrato è che il tumore al pancreas esprime un recettore (CX3CR1) per una chemochina (CX3CL1) che viene espressa dai nervi”. Come può questa scoperta aiutare nella cura di un tumore che ancora oggi quasi non lascia scampo? “Individuato un meccanismo molecolare che sta alla base della sua diffusione” spiega Piemonti, “l’idea è sviluppare dei farmaci che vadano a bloccare questo ‘messaggio’ e così facendo impedire che il tumore dilaghi a livello dei nervi”. “Purtroppo”, prosegue Piemonti, “non esistono metodiche di screening che ci permettano di trovare efficientemente la malattia in stadi abbastanza precoci. Le correlazioni con fattori di rischio sono poche e i sintomi molto poco specifici: si va dai dolori alla schiena alla difficoltà a digerire, alla comparsa o al peggioramento del diabete. Quindi si arriva a intervenire quasi sempre quando il cancro è in stadio localmente avanzato, impossibile da asportare chirurgicamente, o ha già sviluppato metastasi. Al di là di qualche avanzamento minimo nella terapia farmacologica avvenuto negli ultimi 10 anni, con poca incidenza clinica, questo è un tumore che uccide sempre e la sua incidenza, per quanto bassa, è in aumento”. Si spera che i risultati di questa ricerca possano aiutare gli studiosi a elaborare strategie di contrattacco efficaci per aumentare la sopravvivenza dei pazienti. (fonte: panorama.it)

Tumori della pelle, scoperto vaccino: partono i test sull'uomo 18/11/2008 11:10
Scienziati australiani hanno scoperto un vaccino che “insegna” al sistema immunitario come combattere i virus che causano una delle forme letali di cancro alla pelle. L'equipe guidata dal professor Ian Frazer, noto per aver scoperto il vaccino contro il cancro alla cervice, ha annunciato che le sperimentazioni umane cominceranno fra pochi mesi, dopo il successo dei test su animali, e che il vaccino potrebbe essere disponibile al pubblico fra 5-10 anni. L'obiettivo, ha spiegato oggi Frazer nella sua relazione al Congresso australiano di ricerca medica a Brisbane, è di formulare un vaccino di routine da somministrare una sola volta ai bambini sani dai 10 ai 12 anni. Il vaccino è diretto contro il carcinoma a cellule squamose, ma non contro il più pericoloso melanoma. Frazer ha spiegato che la sua equipe ha trovato la maniera di attivare e disattivare certe cellule, in modo da permettere all'organismo di combattere le cellule divenute cancerose, o cellule infettate da virus, come il virus del papilloma, che possono causare cancro alla pelle. Anche se le sperimentazioni umane avranno successo, ci vorranno ancora anni prima che il vaccino sia messo a punto, nonostante che il progetto sia iniziato nel 1985. «Ci sono voluti tutti questi anni per capire come funziona il sistema immunitario nella pelle, prima di poter ottenere questi risultati. Se il vaccino confermerà la sua efficacia sull'uomo, sarà un grande passo avanti». Il Consiglio australiano per il cancro ha accolto con grande soddisfazione la scoperta, ma avverte che il vaccino non potrà sostituire le altre misure preventive, come le creme di protezione, gli occhiali da sole e ripararsi all'ombra. Solo in Australia 380 mila persone sono diagnosticate con cancro alla pelle ogni anno, e 1600 ne muoiono. (fonte: ilmessaggero.it)

Crio-oncologia 12/11/2008 15:35
Il freddo per distruggere le masse tumorali è già da tempo usato per il cancro alla prostata, al rene e osseo. Per la prima volta in Italia la Crioablazione, o Crioterapia, viene applicata anche per contrastare il tumore al polmone. I primi interventi sono stati eseguiti in Sardegna da un’équipe guidata dal dottor Claudio Pusceddu, all’Ospedale oncologico Businco di Cagliari, usando un dispositivo costituito da sonde e da diversi aghi attraverso i quali passa del gas Argon in grado di congelare i tessuti a una temperatura di -41 °C. Successivamente attraverso gli stessi aghi viene fatto passare del gas Elio che fa sollevare la temperatura fino a provocare uno shock termico che causa la necrosi delle cellule malate. Il sistema (Galil medical systems) è stato messo a punto da una società israeliana. Tramite le criosonde possono essere posizionati all’interno dei tessuti da trattare fino a venti crioaghi monitorati grazie a un tomografo computerizzato. L’intervento richiede circa un’ora, è però necessaria una estrema precisione soprattutto quando si interviene in particolari zone come il mediastino tra i due polmoni. Possono essere trattate masse tumorali fino a dieci centimetri nella stessa seduta. Ad oggi i pazienti malati di cancro al polmone curati a Cagliari con la crioablazione sono tre, le loro condizioni sono buone tanto che sono stati dimessi dopo una breve degenza. I risultati ottenuti fanno dunque sperare in una più ampia applicazione di questa metodica. L’intervento è indicato per i pazienti non operabili chirurgicamente o per coloro che non rispondono a chemio o radioterapia. L’utilizzo di questa tecnica per il cancro polmonare è recente e non è ancora possibile stabilire se nel tempo potrà in parte sostituire gli interventi chirurgici classici. (fonte: bioblog.it)

Tumore al polmone: farmaco rallenta progressione malattia 12/11/2008 15:34
Il Gruppo Roche ha annunciato che lo studio SATURN ha raggiunto il suo endpoint primario: la sopravvivenza senza progressione di malattia. Lo studio ha dimostrato che l’utilizzo del farmaco erlotinib come terapia di mantenimento in prima linea - immediatamente dopo il trattamento iniziale con chemioterapia a base di platino - estende in maniera significativa il tempo libero da malattia vissuto dai pazienti con tumore del polmone non a piccole cellule (NSCLC) a uno stadio avanzato. I pazienti con tumore del polmone infatti hanno bisogno di opzioni terapeutiche che rallentino il rapido progredire di questa malattia senza gli effetti collaterali della chemioterapia. Lo studio SATURN dimostra che erlotinib offre questa possibilità. Erlotinib ha già dimostrato di essere efficace nei pazienti con tumore del polmone a uno stadio avanzato che non hanno avuto beneficio da trattamenti precedenti. Quello del polmone è il tumore più diffuso al mondo, con 1.400.000 nuovi casi ogni anno; l’80% è rappresentato della forma non a piccole cellule. Gli obiettivi chiave nel trattamento di questa patologia sono il prolungamento del tempo libero da malattia e il controllo degli effetti collaterali, pertanto i risultati dello studio SATURN sono molto significativi sia per i pazienti sia per i clinici. IRoche intende richiedere una nuova indicazione per erlotinib. E in collaborazione con OSI Pharmaceuticals e Genentech, continuerà con l’ampio programma di sviluppo di erlotinib, che comprende oltre 130 studi clinici negli stadi iniziali della patologia e in combinazione con altri trattamenti, per valutare ulteriormente i benefici di questo farmaco per i pazienti con NSCLC. (fonte: sanihelp.it)

Un farmaco biologico dopo la chemioterapia 09/11/2008 19:18
L'esito positivo della sperimentazione del Tarceva, il primo farmaco biologico orale per la terapia del cancro al polmone – sviluppato da Osi Pharmaceutical, dalla multinazionale svizzera Roche e dalla sua controllata americana Genentech – apre la strada a un nuovo approccio clinico per la cura di una patologia che è la prima causa di morte per tumore nel mondo. L'annuncio della conclusione dello studio "Saturn", condotto su 889 pazienti e coordinato da un giovane oncologo siciliano, Federico Cappuzzo, approdato all'Istituto Humanitas di Milano dopo importanti esperienze all'estero, è di ieri. E accende la speranza delle decine di migliaia di persone colpite da questa grave e inguaribile forma di neoplasia. Le stime dell'Istituto superiore di sanità indicano per l'Italia oltre 32mila nuovi casi nel 2008. «Dalla sperimentazione è emerso – spiega Cappuzzo, in partenza per il Giappone per una serie di conferenze – che il Tarceva, una semplice pillola, oltre che scarsamente tossico, riduce in maniera significativa il rischio di progressione della malattia contribuendo a ridurre l'insorgenza dei sintomi a essa collegati quali tosse, difficoltà respiratorie e dolore». Un precedente studio, che ha portato alla registrazione del farmaco, «ha già mostrato – riferisce l'oncologo – che pazienti con certe caratteristiche trattati con Tarceva hanno una mediana di sopravvivenza che supera i venti mesi, risultato impensabile appena qualche anno fa». L'attesa media di vita di un soggetto che scopre di avere una metastasi al polmone è infatti, in questa fase, intorno ai dieci mesi. «I più reattivi al farmaco – prosegue Cappuzzo – si sono dimostrati i pazienti che presentano la mutazione di un particolare tipo di gene che produce il recettore del fattore di crescita epidermoidale, mutazione presente in circa il 10% dei malati». La malattia oggi è aggredita con farmaci chemioterapici che, nella migliore delle ipotesi, portano alla temporanea regressione del male, non alla cura definitiva. Generalmente non si va oltre i 4-6 cicli per il rischio di dare al paziente solo gli effetti collaterali della chemioterapia: nausea, vomito, caduta dei capelli, riduzione dei globuli bianchi (con rischi di malattie infettive). Ora il Tarceva rende possibile una terapia di mantenimento alternativa alla chemio, che finora è mancata. «Le attuali terapie di mantenimento – dice Cappuzzo – essendo a base di chemioterapici e richiedendo ulteriori ricoveri ospedalieri finiscono per essere rifiutate dai pazienti, mentre d'ora in poi, conclusa la chemio, ci si potrà continuare a curare in modo non solo efficace ma anche più comodo, assumendo una pillola». Essendo peraltro mirato alle cellule responsabili della proliferazione del tumore, il farmaco biologico non dà gli effetti indesiderati tipici della chemioterapia. Cappuzzo è visibilmente soddisfatto per i risultati della sperimentazione. Laureatosi all'Università di Palermo, sua città natale, l'oncologia è stata la sua passione, da sempre. «Sono stato spinto verso questo campo – racconta – per il terrore che mi sono portato dentro fin da bambino per questo tipo di malattia». Nel '93 è andato a specializzarsi all'Istituto dei tumori di Milano, allora diretto da Umberto Veronesi, per poi prendere la via dell'estero: prima, a partire dal '97, al Gustave Roussy di Parigi diretto da Thierry Le Chavalier, poi a, partire dal 2004, negli Stati Uniti d'America, al Colorado Cancer Center di Denver diretto da Paul Bunn, una delle massime autorità mondiali in materia di cancro al polmone, ex presidente della prestigiosa società americana di oncologia. Il rientro in Italia all'Humanitas, nell'equipe diretta da Armando Santoro, è di qualche anno fa. Oggi, a 40 anni, Cappuzzo può già vantarne 15 di esperienza come medico e ricercatore. «Il problema italiano – dice – non è tanto la mancanza di ricerca quanto l'assenza di una cultura della ricerca. Negli Usa il medico non solo trascorre del tempo col paziente, ma continua anche a studiarlo in laboratorio. In Italia, purtroppo, fare il ricercatore non paga, né economicamente né professionalmente, e la ricerca è considerata una perdita di tempo. In medicina e in particolare in oncologia, dove purtroppo si continua a morire, non è possibile garantire la migliore cura senza ricerca. Ho la fortuna di lavorare in una struttura che ha la ricerca come missione e mi offre la possibilità di confrontarmi quotidianamente – conclude Cappuzzo – con ricercatori di grande spessore e rigore scientifico come Armando Santoro e il nostro direttore scientifico, Alberto Mantovani, un grande esempio per tutti noi». (fonte: ilsole24ore.com)

Le arance combattono il tumore alla prostata 07/11/2008 12:29
L’arancia è il frutto antitumorale per eccellenza, e questa ricerca apparsa su Cancer reserach e presentata da un gruppo di studiosi italiani, lo dimostra una volta in più: negli oli essenziali della buccia sono contenute sostanze in grado di combattere il cancro alla prostata. In questi oli essenziali, infatti, sono contenute molecole simili ai triterpenoidi naturali, con i quali si realizzano nuovi farmaci antinfiammatori e antitumorali che potrebbero costituire un valido aiuto alla popolazione maschile soggetta a cancro alla prostata, soprattutto per quegli individui per i quali c’è una familiarità con la patologia. Perché funziona? In pratica i triterpenoidi ottenuti sinteticamente uccidono le cellule di tumore insensibili alla terapia ablativa ormonale riattivando alcune vie di morte cellulare programmata potenzialmente molto efficaci, ma sopite nelle cellule malate. (fonte: gustoblog.it)

Risonanza magnetica mammaria vede troppi falsi positivi 07/11/2008 12:28
La RM mammaria è una tecnica sofisticata che viene consigliata come mezzo di screening nelle donne ad alto rischio di cancro mammario, ma è gravata da una elevata percentuale di falsi positivi. Lo scopo di questo studio era di valutare la frequenza dei falsi positivi alla risonanza magnetica mammaria in donne portatrici della mutazione BRCA. Sono state studiate 196 donne con tale mutazione, seguite in media per 2 anni (range da 1 a 9) con mammografia e RMN annuali. In tutto il 41% delle donne (81 su 196) avevano almeno un riscontro positivo alla mammografia o alla RM. Un cancro venne diagnosticato in 17 donne: in 11 grazie al programma di sorveglianza, in 4 grazie all'esame istologico, mentre in 2 il cancro era intervallare (cioè venne diagnosticato per la comparsa di segni clinici nel periodo tra un controllo e l'altro). La mammografia e la RM avevano una sensibilità del 71% ed una specificità del 90%. La probabilità che un risultato positivo alla RM fosse in realtà un falso positivo fu dell'83%. Alle donne, in occasione del primo esame e dopo che era stata diagnosticata la mutazione BRCA, venne chiesto se preferivano la mastectomia profilattica oppure la sorveglianza stretta. Tra quelle che avevano risposto di preferire la mastectomia profilattica l'intervento venne effettuato realmente nell'89% delle donne con reperto radiologico falsamente positivo e nel 66% delle altre; nel gruppo di donne che avevano risposto di preferire la sorveglianza la mastectomia venne effettuata rispettivamente nel 15% e 11%. Gli autori concludono che la percentuale di falsi positivi alla RM è elevata, tuttavia l'impatto del risultato sulla scelta se eseguire o meno una mastectomia profilattica è limitato ed è determinato soprattutto dalla preferenza espressa in precedenza dalla paziente. Fonte: Hoogerbrugge N et al. The impact of a false-positive MRI on the choice for mastectomy in BRCA mutation carriers is limited. Annals of Oncology 2008 19(4):655-659

Scoperto ruolo delle staminali responsabili del tumore alla tiroide 07/11/2008 12:28
Potrebbero essere le cellule staminali le responsabili di alcune forme aggressive di tumore tiroideo (Atc). La scoperta e' di un gruppo di giovani biotecnologi, biologi e medici della sezione di Endocrinologia - Policlinico dell'universita' degli Studi di Palermo. Nello studio, pubblicato ieri su Plos One, i ricercatori hanno descritto un subset di cellule staminali tumorali che, in quanto capaci di proliferare continuamente, sarebbero responsabili della crescita incontrollata del tumore. Infatti, tali cellule sono resistenti ai chemioterapici e spiegherebbero perche' l'Atc abbia un decorso clinico cosi' infausto nell'arco di pochi mesi. Inoltre, gli autori hanno scoperto quali marcatori specifici esprimono le cellule staminali tumorali tiroidee: sulla base di tali osservazioni presto sara' possibile identificarle e renderle bersaglio per nuovi approcci terapeutici. 'Questa scoperta - dice Carla Giordano, responsabile del laboratorio di Endocrinologia Molecolare, in cui e' stato condotto lo studio - apre delle possibilita' per il trattamento non solo del tumore anaplastico della tiroide, ma anche per tutte quelle neoplasie considerate incurabili a causa della resistenza alle terapie convenzionali'. (fonte: molecularlab.it)

L’allergia protegge dal cancro 05/11/2008 02:29
Allergici? Rallegratevi. Sopporterete con maggior pazienza l’infinita serie di starnuti, il naso rosso come un pomodoro e gli sfoghi cutanei che spesso visitano la vostra pelle, sapendo che chi è allergico gode di un vantaggio rispetto agli altri: minor rischio di soffrire di cancro. Pare infatti, secondo uno studio pubblicato su The Quarterly Review of Biology, che i sintomi allergici aiutino ad espellere eventuali agenti cancerogeni grazie agli sfoghi cutanei e agli starnuti, al prurito e alla sudorazione eccessiva, alla tosse e alla lacrimazione abbondante. Lo hanno scoperto i ricercatori della Cornell University che hanno sottoposto al vaglio circa 650 studi scientifici sull’argomento giungendo alla conclusione secondo cui il cancro che colpisce organi a diretto contatto con l’ambiente esterno (pelle, bocca, gola, colon-retto e cervice uterina) ha una minore incidenza nel caso di soggetti allergici.

Nuove molecole per terapia personalizzata dei tumori 05/11/2008 02:28
Nel prossimo futuro potrebbe essere realtà una terapia antitumorale calibrata sull'organismo e le caratteristiche di ogni singolo paziente. Uno studio finanziato dall'AIRC (Associazione Italiana Ricerca sul Cancro) e svolto dall'Istituto Nazionale Tumori Regina Elena insieme all’Istituto Weizmann di Israele è stato pubblicato sulla rivista “Cell Cycle”. Questa ricerca ha portato ad individuare nuove molecole per la terapia personalizzata dei tumori e a interrompere il legame pericoloso di due proteine, che legate insieme compiono seri danni, mentre separate hanno funzioni fondamentali di protezione e di risposta terapeutica. Il cancro è una patologia che si sviluppa a causa di molti fattori, di certo origina dall’aberrante attivazione di geni, gli oncogeni. L’insorgenza e la progressione tumorale è il risultato di attività di geni modificati che in condizioni normali presiedono alle funzioni fisiologiche di una cellula e dal blocco di attività di geni, gli oncosoppressori, la cui funzione principale è il controllo della proliferazione cellulare e dell’integrità del patrimonio genetico. Obiettivo dei ricercatori è trovare “l’interruttore” che accende e spegne il funzionamento corretto delle nostre cellule. L’aberrante produzione di proteine oncogeniche e la ridotta presenza o l’assenza di quelle oncosoppressorie determina l’attivazione dei processi di trasformazione neoplastica di una cellula normale. Le attuali conoscenze nel campo della oncologia molecolare, la scienza che studia la formazione e lo sviluppo dei tumori, hanno dimostrato che l’anomala attività di complessi proteici contribuisce significativamente all’insorgenza di un tumore. Uno dei principali “focus” oggi della ricerca in campo oncologico dell’Istituto Nazionale Tumori Regina Elena, e non solo, è rappresentato dall’individuare tali complessi proteici e nuove molecole sintetiche in grado di inibire tali attività incontrollate. I risultati dello studio condotto dal Regina Elena con l'Istituto Weizmann di Israele ha raggiunto due importanti conclusioni: è stato identificato il complesso proteico fra una proteina ad attività tumorale, p53 mutata, e la proteina oncosoppressoria p73, il cui risultato ha rivelato una forte attività oncogenica; l’inattivazione di questo complesso pro tumorale mediante l’uso di piccole molecole rende le cellule tumorali più vulnerabili e sensibili ai vari trattamenti farmacologici. Le nuove molecole peptidiche sono state disegnate, prodotte e brevettate dall’IRE, e si sono confermate capaci di rompere il complesso p53mutata/p73 e di attivare le funzioni anti-tumorali della proteina p73. “Tali risultati sono stati possibili – sottolinea la Prof.ssa Paola Muti, Direttore Scientifico IRE - grazie al lavoro di cooperazione del laboratorio di Farmacocinetica e Modelli Animali con la Dr.ssa Di Agostino - già borsista FIRC- e il Dr. Gennaro Citro, del gruppo di studio della Chemioprevenzione Molecolare con la dr.ssa Sabrina Strano ed il Dipartimento di Chimica (Dr.ssa Miriam Eisenstein) dell’Istituto Weizmann. Questa fattiva collaborazione ha permesso la produzione di nuove molecole sintetiche la cui attività antitumorale in vivo sembra specificamente correlata al tipo di mutazione del gene p53, che è mutato nel 50% dei tumori umani”. ”L’ulteriore approfondimento di questi studi – dichiara il Dott. Giovanni Blandino, Coordinatore Scientifico del Rome Oncogenomic Center - sono rivolti all’identificazione di molecole sintetiche specifiche e all’associazione con agenti chemiopreventivi da applicare a pazienti oncologici con specifiche mutazioni del gene p53 e quindi contribuire alle terapie tumorali sempre più personalizzate”. “Tale studio potrebbe quindi aprire interessanti prospettive grazie alla possibilità di individuare farmaci che simulino l’attività di questi piccoli peptidi – dichiara la Dott.ssa Sonia Lain della University of Dundee, Scotland, nel commento all’articolo apparso sullo stesso numero di Cell Cycle - che tra l’altro svolgono un’azione selettiva, poiché sono dannosi per le cellule tumorali con p53 mutato, o almeno con un particolare tipo di mutazione di p53, pur avendo effetti trascurabili sulle cellule normali”. Molti altri studi IRE su questo filone sono diretti e focalizzati ad interrompere i processi di trasformazione neoplastica mediante l’identificazione di nuove molecole che vadano ad interferire o inattivare gli “interruttori” oncogenici. (fonte: italiasalute.it)

Pattern di attività genica potrebbe aiutare nella scelta dei trattamenti per il cancro 01/11/2008 17:32
Scienziati francesi hanno individuato il pattern di attività genica che prevede in modo preciso a quali trattamenti i pazienti affetti da cancro colon-rettale risponderanno meglio. Nel futuro le scoperte potrebbero essere applicate nello sviluppo di test per determinare in modo tempestivo il tipo di farmaci da somministrare a ciascun paziente. Il team francese è stato il primo a dimostrare che nei pazienti con cancro del colon-retto la determinazione genica prevede la risposta ai trattamenti. I risultati sono stati presentati al 20° Simposio sui target molecolari e le terapie per il cancro (Symposium on Molecular Targets and Cancer Therapeutics), tenutosi il 22 ottobre a Ginevra, in Svizzera. Il cancro del colon-retto può generalmente essere curato attraverso la chirurgia se viene scoperto allo stadio iniziale. Tuttavia, nella metà dei pazienti il tumore si diffonde al fegato, e questi casi sono molto più difficili da trattare. Generalmente, il primo intervento che si fa su questi pazienti è una chemioterapia, come il FOLFIRI, che comprende leucovorina, fluoruracile e irinotecan. Ma nonostante siano ora disponibili farmaci nuovi e migliori, questi protocolli si rivelano inefficaci in circa la metà dei pazienti. Inoltre, con il passare del tempo i tumori tendono a diventare resistenti ai farmaci, anche quelli che inizialmente rispondono bene al trattamento. Attualmente non esistono metodi per prevedere quali pazienti risponderanno ai trattamenti di prima scelta e quali, invece, risponderebbero meglio ad approcci alternativi. "Per la riuscita complessiva del trattamento è necessario che al suo inizio venga scelto il regime chemioterapico con la maggiore probabilità di indurre la massima risposta," dichiara la dott.ssa Maguy Del Rio dell'Istituto per la ricerca sul cancro di Montpellier, in Francia. "Il fatto di riuscire ad individuare i pazienti che potrebbero rispondere bene ad una particolare chemioterapia rappresenta una grande sfida, e anche quello di individuare quei pazienti che non risponderebbero e che quindi hanno bisogno di trattamenti alternativi." In questa ultima ricerca la dott.ssa Del Rio e il suo team hanno studiato i livelli di attività di una serie di geni presenti in campioni prelevati su 19 pazienti con tumore del colon-retto diffuso al fegato. Nessuno dei pazienti aveva iniziato una chemioterapia al momento del trial. Il team ha individuato una "marcatura" genetica che coinvolge 11 geni che indicano chiaramente quali pazienti risponderanno bene al trattamento con il FOLFIRI e quali invece no. Sulla base di questi risultati, gli scienziati hanno sviluppato un modello matematico capace di classificare i pazienti in gruppi con un'esattezza del 100%. "Il fatto di aver raggiunto un'esattezza del 100% potrebbe essere dovuto al numero limitato di 19 campioni," ammette la dott.ssa Del Rio. "È ovviamente necessaria una convalida e, se del caso, bisogna migliorare la marcatura dei geni in un numero maggiore di pazienti. Finché non sarà adeguatamente convalidata, la marcatura genetica non potrà tovare un'applicazione clinica." Tuttavia, una volta convalidate, le scoperte potrebbero essere convertite in un test per stabilire quali pazienti risponderebbero meglio ai trattamenti più comuni e quali invece trarrebbero beneficio da farmaci diversi. I pazienti che si rivelerebbero non-rispondenti, potrebbero immediatamente essere sottoposti a regimi farmacologici alternativi e più avanzati. "Per i pazienti con tumore colon-rettale metastatizzato il tempo è un fattore prezioso e il fatto di poter compiere una scelta della terapia iniziale azzeccata, potrebbe rivelarsi decisivo per la riuscita generale del trattamento," ha commentato la dott.ssa Del Rio. Secondo i dati dell'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (parte dell'Organizzazione mondiale della sanità) nel 2006 sono stati rilevati circa 300.000 casi di cancro del colon-retto nell'UE, facendone il terzo tipo di cancro più comune, dopo il cancro del seno e della prostata. Nello stesso anno sono decedute circa 140.000 persone a causa di questa malattia. A livello mondiale ne vengono diagnosticati ogni anno circa 945.000 nuovi casi. (fonte: molecularlab.it)

E' soltanto l'inizio. Basta con i pregiudizi su OGM 01/11/2008 17:31
Sappiamo da tempo che il cibo è responsabile di un'ampia quota di tumori e che alcuni alimenti come frutta e verdura hanno un valore protettivo. La lettura del genoma ci ha permesso di capire il perché: questi cibi contengono gli antiossidanti che sono in grado di proteggere i nostri geni da mutazioni che trasformano cellule sane in cellule tumorali. In futuro, la conoscenza del genoma delle piante ci permetterà di individuare meglio veri cibi anti cancro. La genetica applicata alla produzione alimentare è una delle aree in cui la ricerca scientifica può migliorare la nostra vita. È uno degli strumenti offerti dalla conoscenza del Dna e con cui possiamo combattere le grandi piaghe del pianeta: fame, malattie tumorali o cardiache. Questo studio va in quella direzione, anche se è ovvio che ci vorranno altre ricerche. Con linee guida rigorose per l'uso delle biotecnologie si può assicurare un rapporto più equilibrato fra piante, animali e gli ecosistemi ad essi collegati: un passo avanti verso la riduzione dell'incidenza del cancro e di malattie correlate ad ambiente e alimentazione. Resta molto da fare, l'importante è non fermare tutto per pregiudizi. O addirittura per equivoci. Crea equivoci la parola OGM. Organismo è una definizione della vita biologica che sa di meccanicistico e modificare fa pensare a manipolare. Il risultato è un termine minaccioso che non evoca il concetto di miglioramento. Dovremmo cominciare a parlare di organismi geneticamente migliorati. Nel processo di miglioramento genetico non si fa altro che aggiungere qualche caratteristica più favorevole ad alcune già presenti nell'alimento. Conosciamo molti cibi che hanno valori protettivi per il cancro. Il pomodoro contiene licopene, che si libera ancora di più quando il pomodoro è cotto fino a ottenere una salsa. Il licopene è protettivo nei confronti del tumore della prostata e forse del seno. È logico quindi che le ricerca si concentri nello studio e potenziamento delle proprietà di questo alimento. Altri cibi preziosi sono le crucifere, l'uva, i lamponi, i mirtilli, le ciliege, le fragole e le arance rosse che contengono antocianidine, potenti antiossidanti. Ora stiamo cercando di individuare nuove sostanze e stabilire per tutte la dose giornaliera efficace nella prevenzione. Ma la speranza di prevenire molte malattie degenerative e forme tumorali è legata soprattutto al miglioramento genetico di piante e frutti. È così che abbiamo iniziato a cercare di produrre i vaccini. Si è scoperto che è possibile inserire nella pianta i geni per la produzione di antigeni, per creare vaccini da somministrare per bocca. Le prime sperimentazioni risalgono a fine Anni 90 e riguardano i vaccini contro colera, enterocolite, epatite B, malaria, influenza, Aids. Il vaccino contro l'enterocolite (in via di sperimentazione) è prodotto nella banana: si accumula nel frutto ed è possibile conservarlo senza congelarlo. Così lo si può dare ai bambini attraverso un omogeneizzato che può essere tenuto a temperatura ambiente e ha un buon sapore. Come si può fermare tutto questo per pregiudizio? Siamo liberi di scegliere, e di condannare, se siamo altrettanto liberi di sapere. (di Umberto Veronesi. fonte: corriere.it)

Se è carente di vitamina D, l'uomo rischia l'infertilità 01/11/2008 17:30
Uno studio australiano sull’infecondità maschile ha rivelato livelli allarmanti di carenza di vitamina D fra gli uomini con problemi di sterilità. La scoperta ha sorpreso i ricercatori del centro di trattamento dell’infecondità Fertility First di Sydney: guidato dalla direttrice medica del centro, Anne Clark, lo studio ha esaminato l’incidenza della frammentazione del Dna dello sperma, un fattore significativo di infecondità maschile. Tale frammentazione è legata a lesioni delle cellule causate da infezioni, fumo e invecchiamento. La luce del sole è la fonte maggiore di vitamina D, che aiuta a regolare i livelli di calcio e di fosforo da cui dipende un’ossatura sana. I ricercatori hanno analizzato campioni di sangue di quasi 800 uomini con problemi di fecondità, con il risultato che quasi un terzo aveva livelli di vitamina D inferiori alla norma. «In un numero significativo di questi uomini, sono stati anche rilevati livelli alti di omocisteina, un amminoacido nel sangue associato con tossicità delle cellule, e una deficienza di acido folico, che è essenziale per la salute delle nuove cellule», spiega la dottoressa Clark. La studiosa ha ammesso che i risultati erano inaspettati, anche se era già nota l’associazione fra la carenza di vitamina D e di acido folico, e l’infecondità femminile. Fra i possibili fattori legati a tali carenze, ha aggiunto, vi sono le preoccupazioni per il cancro alla pelle e le forme di lavoro e di stile di vita che riducono l’esposizione al sole. Circa 100 uomini nel campione hanno deciso di smettere di fumare, di minimizzare caffè ed alcol, perdere peso e sottoporsi a tre mesi di trattamento di vitamine e antiossidanti, ottenendo risultati sorprendenti in termini di fecondità. La maggioranza ha migliorato significativamente la qualità dello sperma, il 40 per cento ha conseguito una gravidanza con fecondazione assistita, e l’11 per cento una gravidanza naturale. (fonte: lastampa.it)

Guerra al cancro: quel che resta da vincere 30/10/2008 11:38
Come mai si è riusciti a mandare un uomo sulla Luna in dieci anni, come promesso dal presidente americano John Kennedy, e in quasi 40 anni non è stato possibile vincere la “guerra al cancro”, annunciata dal suo successore, Richard Nixon? Una risposta approssimativa mi sembra semplice. Arrivare sulla Luna era una sfida tecnologica e le basi scientifiche erano chiare da Galileo e Newton in poi. Per vincere il cancro, invece, occorre capirlo: una questione biologica, prima che tecnologica. E la ricerca biologica richiede sì investimenti, ma ha i suoi tempi, procede a piccoli passi. Dal 1971 in poi, quando fu dichiarata la guerra al male del XXI secolo, come il cancro è stato definito, di passi avanti se ne sono fatti: non pochi, alcuni di grande importanza». A dirlo è Lucio Luzzatto, oncologo e genetista di fama mondiale, nella prefazione al libro di Devra Davis, La storia segreta della guerra al cancro (Codice), presentato lunedì 27 ottobre al Festival della scienza di Genova. Molto di più sappiamo oggi sui fattori che hanno contribuito nei paesi industrializzati a delineare «l’epidemia» del cancro. «Sono migliorate le tecniche di diagnosi, e i programmi di screening, sull’intera popolazione, favoriscono una diagnosi sempre più precoce. Talora fin troppo, tanto da far coniare il neologismo di over-diagnosis» scrive Luzzatto. E poi? Il fattore età. «La maggior parte dei tumori insorge dopo i 60 anni e se per chi nasceva un secolo fa era questa l’aspettativa di vita, oggi si superano gli 80. È il prezzo che si deve pagare e la maggior parte di noi pensa ne valga la pena, almeno finché la qualità della vita è buona». Le cifre dicono che la mortalità per tutti i tipi di tumore è in calo, anche se cresce l’incidenza. Uno dei modi per migliorare le percentuali di sopravvivenza è individuare il cancro precocemente. Due esempi: il pap test, che nei paesi occidentali ha ridotto la mortalità per tumore del collo dell’utero del 70 per cento, e la mammografia che, estesa a tutte le donne sopra i 49 anni, si è rivelata efficace ad anticipare la diagnosi. «Prevenire è meglio che curare. Un caso clamoroso di prevenzione primaria è la vaccinazione contro il virus dell’epatite B per il carcinoma del fegato. Da noi la trasmissione del virus è quasi debellata, ma in paesi come la Nigeria per i maschi il top della mortalità per cancro è l’epatoma, per le femmine il tumore al collo dell’utero. L’aver scoperto un’associazione forte (oltre il 95 per cento dei casi) tra infezione da papilloma virus e tumore ha aperto la strada a un altro vaccino». Eludendo l’infezione si evita il carcinoma (ogni anno al mondo 500 mila casi e 225 mila vittime), specialmente nei paesi non industrializzati dove risorse economiche e organizzazione di salute pubblica ostacolano la diagnosi precoce e dove, paradossalmente, il costo del vaccino è per ora inarrivabile. L’eradicazione con antibiotici dell’Helicobacter pylori, che può causare cancro gastrico e dello stomaco, è stato un altro passo avanti. «Fare prevenzione primaria significa anche intervenire sullo stile di vita, ma deve tradursi in cambiamenti concreti, non sempre proponibili» dice l’esperto. «Man mano che una società diventa occidentalizzata la frequenza del cancro alla mammella cresce, e per una donna che voglia proteggersi l’indicazione sullo stile di vita, provocatoria, c’è: fare il primo figlio a 16 anni, averne una decina, e allattare ciascuno fino a 2-3 anni. E, ovviamente, niente contraccezione». Per evitare il tumore al polmone un intervento decisivo è smettere di fumare. Nel libro della Davis si fa un resoconto critico e appassionato delle strategie usate dall’industria del tabacco per nascondere le prove sulla nocività del fumo, arrivando a corrompere chi voleva produrre l’evidenza. «C’è poi la dieta. La questione non risolta è quanto incidano i fattori nutrizionali. Dal 30 al 50 per cento? L’incertezza è molta e vale ciò che si è detto per lo stile di vita: identificati i fattori dietetici, resta da vedere quanto è realistico calarli nella realtà. Su un punto tutti concordano, l’apporto calorico: più alto è, maggiore è la frequenza del cancro» dice Luzzatto. Come si spiega? «Il meccanismo è oscuro ma i dati sono convincenti e consistenti. E l’indicazione anticancro va bene anche per prevenire le malattie cardiovascolari e, probabilmente, per allungare la vita». La tempestività della diagnosi è importante anche per pianificare la migliore forma di trattamento. Le terapie sono più efficaci quando il tumore è a uno stadio iniziale. E le tecnologie per scoprire almeno alcuni ditipi di tumore esistono, ma i segnali vanno letti in modo corretto. Per individuarli a uno stadio molto precoce, alcuni puntano ora sui cosiddetti biomarcatori, proteine o modificazioni del dna che facciano da indicatori molecolari di processi normali o patologici. Molto ci si attendeva dalla proteomica, ossia dalle tecniche di analisi delle centinaia di proteine delle cellule tumorali in circolo nel sangue. Lance Liotta, pioniere di questa possibile applicazione, nel 2002 promise un test per il carcinoma all’ovaio basato su una goccia di sangue, non se n’è fatto nulla. «Il suo risultato era chiaro e affascinante: aveva trovato una proteina particolare in chi aveva carcinoma all’ovaio. Il problema era un altro: la trovava anche in rare pazienti, il 3 per cento, senza tumore. Significa che quelle donne, per escludere una diagnosi così seria, avrebbero poi dovuto sottoporsi a ecografia, risonanza magnetica… In uno screening di massa il 3 per cento significa milioni di persone e costi elevati. Ma questo potrebbe valere per altri marcatori» aggiunge. Basti pensare al test che misura nel sangue i livelli dell’antigene prostatico specifico, il Psa, il più sperimentato. Come evidenziano vari studi, mancano prove che la diagnosi precoce del tumore con questo marcatore modifichi significativamente la mortalità, anche scegliendo la strada del bisturi: nessun paese ha adottato lo screening di massa con il Psa, né in Europa né oltreoceano. Molte informazioni si ricavano dall’analisi delle mutazioni ereditarie, quelle della linea germinale, che predispongono a tumori detti eredo-familiari; e quelle di geni che aumentano anche solo di un po’ il rischio. «Geni oncògeni forti, così li chiamo io, come il BrcA-1 e il BrcA-2, che incrementano l’eventualità di cancro al seno dell’80 per cento, e geni oncogeni deboli con un rischio più piccolo, un fattore di 2 o 3. Ma nei grandi numeri, come in metà della popolazione, ha un peso. Oggi si può il dna di cento pazienti con carcinoma al colon e altri cento di controllo, uguali per sesso ed età, e vedere se c’è un qualunque snip, ossia la variazione di un singolo nucleotide, più frequente in chi ha il tumore. Da un punto di vista biologico è di enorme interesse». Il mesotelioma è un tumore legato all’amianto, ma non si presenta in tutti quelli esposti. Alla maggioranza viene l’asbestosi, non il cancro. Forse una mutazione genetica lo favorisce. È così per altri tumori al polmone: non tutti i fumatori lo sviluppano. Oggi sappiamo molto di più su cosa trasforma una cellula da normale a cancerosa. Fattori mutageni ambientali, radiazioni, sostanze chimiche, emissioni inquinanti e lavorazioni a rischio possono accelerare il processo. «Le mutazioni somatiche si accumulano con l’età e noi ne collezioniamo fin dalla nascita, anzi da prima ancora, a ogni divisione cellulare. E sono miliardi. Supponiamo che per ogni tumore io sappia quali mutazioni somatiche sono avvenute, cosa impensabile fino a 2-3 anni fa. I costi della sequenza genica sono calati e non passerà molto che, fatta la biopsia, si proceda all’analisi delle mutazioni genetiche. Significherà avere decine di potenziali bersagli per farmaci. E, combinandone diversi, colpirne magari più di uno». L’analisi molecolare ha già permesso di creare terapie mirate che puntano su differenze specifiche tra cellule normali e tumorali. Sono i farmaci «intelligenti», con una tossicità ridotta: anticorpi molecolari e piccole molecole che inibiscono recettori e segnali sulle cellule neoplastiche con un ruolo chiave nella crescita tumorale. «Allo studio terapie ancora più mirate per azzerarne la tossicità» dice Luzzatto. «Un passo avanti sarebbe un farmaco che abbia come bersaglio il punto di fusione di due proteine, mutazione che riguarda la leucemia mieloide cronica (su cui funziona il Glivec) e altre leucemie, ma che nei tumori solidi non si pensava ci fosse. Nel 2005 si è scoperta una fusione simile fra due geni nel tumore della prostata e ci stiamo lavorando» precisa. L’obiettivo? «Una classificazione dei tumori in cui l’analisi molecolare complementi quella morfologica. Per lo stesso tumore si potranno stabilire sottogruppi, e la terapia si baserà su target diversi». Cinquant’anni fa si diceva «è una leucemia mieloide acuta», ora se ne conoscono almeno otto sottotipi, ognuno corrisponde a una lesione molecolare diversa. Una simile eterogeneità c’è anche in quello della mammella. Ma, a livello molecolare, per ora ne sappiamo meno. «Il successo della cura dei tumori solidi è ancora nelle mani del chirurgo. Anzi, in molti casi la terapia adiuvante post-chirurgica potrebbe non essere necessaria: se solo sapessimo quali». Perciò si studia la possibilità di reperire nel sangue delle donne operate, con anticorpi monoclonali, le rare cellule tumorali circolanti: se non ci sono, niente chemioterapia adiuvante. «Ciò che emerge è la maggiore sinergia che oggi esiste tra ricerca di base e clinica che spesso procedevano su due binari paralleli, anziché integrarsi e potenziarsi» conclude Luzzatto. (fonte: panorama.it)

Test unico per le malattie ereditarie, nuova polemica sul versante etico 30/10/2008 11:36
Si chiama karyomapping l'ultima rivoluzione della diagnosi prenatale, una tecnica che permetterà di sapere in anticipo, con un unico test, se l'embrione crescendo svilupperà la stessa malattia ereditaria dei genitori. I ricercatori del Bridge Centre di Londra hanno messo a punto questo nuovo test pensando alle coppie in cui uno dei due è affetto da una malattia ereditaria. Per effettuarlo bisognerà ricorrere alla fecondazione assistita, procedura costosa, che non tutti possono permettersi, e il test costerà circa 2000 euro. Molto più caro di quelli finora in circolazione. "Useremo un'unica piattaforma con tutti i pazienti e rispetto a tutte le malattie, senza bisogno di differenziare i test in base alla persona", spiega il genetista Alan Handyside, che ha coordinato il progetto di ricerca. Lo scopo del test è dunque quello stabilire il cariotipo del nascituro, cioè la sua "carta di identità genetica", escludendo la presenza di anomalie. Le uniche patologie che il karyomapping non sarà in grado di individuare saranno quelle non ereditarie e quindi non legate al codice a elica del Dna. I test di diagnosi prenatale sono già una realtà per circa 350 patologie ereditarie, non costano molto e possono essere richiesti con facilità negli ospedali e nei centri specializzati, anche nel caso di malattie rare. Ma individuano solo un'anomalia per volta e non forniscono uno spettro esauriente delle possibilità cui va incontro il nascituro, soprattutto considerando che le patologie ereditarie in tutto sono circa 15mila. In molti casi poi è difficile capire quale sia il test più adatto alla propria situazione e spesso molte malattie ereditarie, perché rare o mal diagnosticate, vengono confuse con patologie di altro tipo. L'universo delle coppie che decidono di avere un figlio è infatti spaccato a metà. Da una parte ci sono le persone sane che in famiglia non hanno mai avuto malattie ereditarie o casi di tumore. Dall'altra ci sono coloro che sono malati o hanno parenti malati. Nel mondo esistono circa 6500 malattie rare e ogni settimana le riviste scientifiche di tutto il mondo aggiungono alla lista cinque nuove tipologie. Due terzi di queste patologie sono legate alla trasmissione ereditaria. La tecnica del karyomapping permetterà a medici e genitori di individuare in anticipo disturbi di questo tipo (vedi morbo di Huntington, una delle gravissime malattie che il test è in grado di individuare), sarà utile anche in caso di patologie più diffuse come fibrosi cistica, distrofia muscolare, e individuerà tumori, morbo di Alzheimer e diabete. Il test farà anche da spia a eventuali malformazioni che potrebbero causare la morte prematura dell'embrione e potrà essere effettuato anche "al contrario", vale a dire sul bambino già nato, per capire la natura della sua malattia. La tecnica è stata messa a punto da Handyside, in collaborazione con il professor Gary Harton, del Genetics and IVF Institute di Fairfax in Virginia, e dall'equipe del Bridge Centre specializzata in trattamenti di fertilità e analisi genetiche. Il test è ancora in fase di sperimentazione ma potrebbe entrare in commercio l'anno prossimo, sempre che venga concesso il via libera dalle autorità competenti. Tutto si basa sull'analisi del patrimonio genetico dell'embrione. Nell'uomo si hanno 23 coppie di cromosomi, di cui 22 sono omologhe e una è composta da cromosomi diversi, che sono poi quelli sessuali. Ogni coppia è formata da un cromosoma ereditato dalla madre e da uno ereditato dal padre. Il karyomapping permetterà di analizzare ogni componente del Dna e di confrontarlo con il patrimonio genetico dei genitori. Verrà eseguito creando degli embrioni con la fecondazione in vitro: due giorni dopo la formazione, i medici preleveranno una cellula dall'embrione per poi testarla, comparandola con il Dna del genitore. In caso di anomalie, solo gli embrioni sani verranno reinseriti nell'utero. Proprio intorno a quest'ultimo punto è nata la polemica e sono in molti a pensare che il dibattito sui "bambini su misura" sia destinato ad accompagnare il futuro di questo nuovo test. Vi sono inoltre numerosi problemi legati alla tutela della privacy, dato che le informazioni relative al patrimonio genetico della persona vanno trattate con il massimo riserbo. Il creatore del nuovo metodo di "revisione", com'è stato definito il karyomapping dalla stampa inglese, presenterà il test il mese prossimo al meeting annuale dell'American Society for Reproductive Medicine e subito dopo farà richiesta di licenza alla Human Fertilisation and Embryology Authority: "Stiamo ultimando le verifiche - ha dichiarato Handyside - Se funzionerà, sarà una vera rivoluzione". (fonte: repubblica.it)

Prostata dalle staminali 30/10/2008 11:35
I ricercatori della Genentech hanno usato con successo una singola cellula staminale per far crescere ghiandole della prostata in un topo. Questa scoperta potrebbe rivelarsi molto importante per lo studio dei tumori alla prostata che colpisce un uomo ogni sei. Le staminali sono caratterizzate dalla presenza di diverse proteine sulla superficie esterna. Tre marcatori erano stati precedentemente associati con le cellule staminali della prostata; i ricercatori hanno scoperto un nuovo marcatore, il CD117, che ha permesso loro di isolare singole cellule staminali dalle ghiandole di topi adulti. Per aver la certezza di essere riusciti a ottenere staminali, le hanno trapiantate nei reni di topi adulti. Nelle otto settimane successive, i ricercatori hanno osservato la formazione di tessuto dalle caratteristiche tipiche di quello prostatico. Con le staminali della prostata, gli scienziati potranno studiare il loro ruolo nello sviluppo del tessuto, in accordo con quanto affermato da Leisa Johnson, una biologa molecolare al Genentech di San Francisco (California) e co-autrice dello studio pubblicato su Nature. Conseguenza diretta della scoperta del nuovo marker sarà l’analisi delle staminali e cellule tumorali, per determinare se queste ultime contribuiscano materialmente allo sviluppo del tumore maligno. «Se il marker CD117 si dovesse rivelare associato alla presenza di tumore, potrebbe diventare l’obiettivo da colpire con le cure» ha conluso Leisa. (fonte: bioblog.it)

Test molecolare per la diagnosi del tumore alla prostata 30/10/2008 11:34
PROGENSA PCA3 è il primo test molecolare specifico per il carcinoma prostatico che si basa su una tecnologia innovativa e servirà come ausilio nella diagnosi di questa specifica forma tumorale. L’esame, che si basa su una tecnologia innovativa, servirà come ausilio nella diagnosi di questa specifica forma tumorale. L’accuratezza di PROGENSA PCA3 come predittore di positività alla biopsia in soggetti con precedente esito negativo si è rivelata superiore rispetto al test del PSA (antigene prostatico specifico). Uno studio pubblicato sul Journal of Urology nel maggio di quest’anno ha dimostrato che i punteggi ottenuti con PROGENSA PCA3 ben si correlano con le dimensioni del tumore prostatico, cosa che può favorire l’identificazione, da parte dei medici, di quei pazienti che necessitano di una terapia aggressiva, differenziandoli da coloro che, affetti da forme localizzate e di basso grado, possono essere invece destinati alla vigilanza attiva. La corretta identificazione dei pazienti ideali per una strategia di vigilanza attiva è stato finora un compito estremamente difficile per i medici. Il biomarcatore PCA3, in aggiunta ai dati clinici esistenti, sembra essere il candidato ideale per aumentare il livello di accuratezza nell’identificazione di questi pazienti. Il Prof. Montorsi, Ordinario di Urologia all’Università Vita-Salute, Ospedale San Raffaele di Milano, ha dichiarato: “La diagnosi di tumore alla prostata può essere difficile. Gli attuali strumenti diagnostici impiegati per questo tipo di cancro, come il PSA sierico, hanno dei limiti. Per questo, la comparsa sulla scena di PROGENSA PCA3 è da considerarsi un fatto positivo. Questo esame potrebbe rappresentare una grande svolta per un certo numero di pazienti, in quanto faciliterebbe la decisione del medico sull’opportunità o meno di procedere con un’ulteriore biopsia, intervento che può essere doloroso e causare effetti collaterali indesiderati. È stato inoltre dimostrato che il PCA3 è in grado di identificare i pazienti affetti da forme tumorali circoscritte o di basso grado, per i quali una vigilanza attiva potrebbe risultare più adatta rispetto a una terapia aggressiva”. La specificità del test PROGENSA PCA3 potrà contribuire ad eliminare parte dell’incertezza che ancora avvolge la diagnosi di carcinoma prostatico, fornendo risultati più accurati e definitivi. Ma la vera novità è che il test PROGENSA PCA3 potrebbe contribuire ad evitare ripetute biopsie in quei pazienti che presentano risultati contradditori, riducendo al minimo il senso di ansia e disagio spesso provato da chi deve convivere con il sospetto di un tumore alla prostata. Il PCA3 è un gene specifico per la prostata che si presenta sovraespresso in caso di tumore3. Il test PROGENSA PCA3 si avvale della tecnica della TMA (Transcription Mediated Amplification) per quantificare il livello di mRNA corrispondente al gene PCA3 presente in un campione di urina; maggiore è la quantità di PCA3, maggiori saranno le probabilità della presenza di una neoplasia.1 Dagli studi è emerso che PROGENSA PCA3 è in grado di predire, fra i pazienti con precedente biopsia negativa, chi risulterà positivo alla biopsia di controllo in modo più accurato rispetto al solo test del PSA. Il Prof. Scarpa, Ordinario di Urologia all’Università degli Studi di Torino e Direttore della Struttura Complessa a Direzione Universitaria di Urologia dell’AOU San Luigi Gonzaga, spiega: “Il problema più serio quando si pone una diagnosi di tumore alla prostata è dato dall’incertezza che avvolge l’aumento dei livelli di PSA. PROGENSA® PCA3 potrebbe contribuire ad aumentare le probabilità di una diagnosi precoce. Qualsiasi esame che riduca il rischio di essere sottoposti a una biopsia senza che ce ne sia realmente il bisogno e che possa favorire l’identificazione delle forme di carcinoma prostatico localizzate o di basso grado rappresenta una buona notizia per i pazienti”. Lo screening periodico e la diagnosi precoce delle forme letali di tumore alla prostata sono fondamentali per ridurre gli indici di mortalità dovuti a questo tipo di neoplasia4. Tuttavia, la variabilità e i limiti degli strumenti diagnostici attualmente a disposizione, come il test del PSA e la biopsia, hanno finora impedito di stabilire in modo tassativo la presenza di un carcinoma e di differenziare fra forme tumorali più o meno significative da un punto di vista clinico. Allo stato attuale, i pazienti con sospetta diagnosi di carcinoma prostatico vengono sottoposti al test del PSA, seguito dall’esplorazione digitorettale (DRE). La presenza di un carcinoma prostatico può elevare i livelli di PSA, ma l’aumento di questo antigene può essere dovuto a una serie di altri fattori5,6, e questo rende il PSA un parametro poco selettivo. Inoltre, nel 10-25% dei pazienti con risultato bioptico negativo la diagnosi di carcinoma prostatico viene successivamente confermata7. Pertanto, il margine di incertezza rimane spesso consistente anche dopo l’esecuzione del test del PSA e/o della biopsia. (fonte: bioblog.it)

Conservare la fertilità dopo la chemioterapia, una nuova tecnica 30/10/2008 11:31
Nell'ambito del convegno "PMA-Procreazione medicalmente assistita: nuove strategie", organizzato dal ginecologo Raffaele Ferraro, direttore sanitario del Centro Genesis, tenutosi a Caserta, si è discusso di crioconservazione dell'ovocita e del tessuto ovarico, al fine di permettere a una donna che ha sviluppato un tumore in eta' fertile di proteggere le sue potenzialita' riproduttive che potrebbero essere compromesse da trattamenti di chemioterapia o radioterapia. E' questo uno degli ultimi traguardi raggiunti dalle tecniche di procreazione medicalmente assistita. L'innovativa tecnica permette di conservare a bassissime temperature ovociti maturi che, dopo la guarigione della donna, vengono scongelati, messi in coltura e poi impiegati per una fecondazione extracorporea attraverso la Fivet o la Icsi. Salvatore Dessole, direttore della clinica di Ostetrica e ginecologia dell'Università di Sassari, ha spiegato che la nuova tecnica consistente nel prelievo di tessuto ovarico e il suo riutilizzo tramite reimpianto in siti eterotopici porterebbe ad un ripristino della funzione gametogenica. Ferraro ha detto "In medicina si assiste ogni giorno a progressi diagnostici e terapeutici ma è la procreazione medicalmente assistita ad avere raggiunto negli ultimi anni sviluppi inaspettati, anche per le limitazioni introdotte dalla legge 40/2004 che ha reso necessario a chi si occupa di questa branca un grande sforzo di perfezionamento delle procedure per aumentare le possibilità di successo". Tra gli argomenti affrontati dal meeting di Caserta anche quello della personalizzazione dei trattamenti nella stimolazione ovarica, del varicocele come causa di infertilità maschile e delle recenti tecniche di prelievo dei gameti dal testicolo. (fonte: molecularlab.it)

Tumori: quelli rari sono "sconosciuti" persino agli oncologi 30/10/2008 11:30
I tumori rari complessivamente sono responsabili del 20% di tutte le neoplasie. ma presi uno per uno riguardano pochissime persone, e questo probabilmente spiega perchè persino alcuni esperti fanno talvolta fatica a riconoscerli. Lo hanno sottolineato a Milano gli esperti riuniti al convegno sui tumori rari solidi dell'adulto, organizzato dall'Istituto nazionale tumori (Int) di Milano e a cui ha partecipato amche il sottosegretario alla salute Ferruccio Fazio. ERRORI DI VALUTAZIONE - «Poche persone affette da tumori rari riescono ad arrivare nei centri giusti e, soprattutto, a ricevere le cure giuste» spiega Anna Costato, presidente dell'associazione nazionale Gist, che si occupa di pazienti con un raro tumore gastrointestinale (il Gist). L'associazione, dice Costato, riceve continuamente e-mail di malati che raccontano i «disguidi» con gli specialisti che li hanno in cura: un esempio «lo racconta il parente di un malato al quale l'oncologo, dopo aver asportato un tumore del gruppo Gist, ha consigliato di tenersi sotto controllo con una Tac all'anno. Indicazione errata: una tac all'anno non basta, e la salute di quel paziente è stata messa a rischio». Alle persone colpite da un tumore raro, in pratica, «mancano i punti di riferimento - conclude Casato - il 40% dei malati si affida al web per orientarsi e per chiedere aiuto. Le migliaia di e-mail che arrivano alla nostra associazione sono allarmanti. Parlano di oncologi che ignorano l'esistenza dei tumori rari, anche di quelli più noti». (fonte: corriere.it)

Bassi livelli di vitamina D aumentano del 75% il rischio di cancro al seno 23/10/2008 09:48
Bastasse solo rifornirsi costantemente di vitamina D, per scongiurare il pericolo di incorrere nel cancro al seno, sarebbe la scoperta del secolo. Purtroppo non è così semplice, ma possiamo fare molto intervenendo sui livelli di vitamina D, grazie ai recenti studi che hanno dimostrato come livelli troppo bassi possano aumentare il rischio fino al 75%. Numerosi sono stati nel corso del tempo gli studi che hanno posto l’accento sulla correlazione tra vitamina D e patologie cancerose, e sempre costante era il basso livello di vitamina D nelle donne affette da cancro al seno. Una notizia importante nel mese tradizionalmente dedicato alla lotta contro il cancro più diffuso tra le donne.

Ricercatori scoprono il legame tra cancro della cervice e nazionalità 23/10/2008 09:48
Una nuova scoperta del Karolinska Institutet in Svezia ha gettato nuova luce sul legame tra cancro della cervice e nazionalità. Lo studio, che comprendeva test di screening ginecologici condotti su tutte le donne dello stato nordico lungo un periodo di 40 anni, ha mostrato che la possibilità di sviluppare il cancro della cervice è maggiore per le donne immigrate che vivono in Svezia. I risultati dello studio sono stati recentemente pubblicati sull'International Journal of Cancer. La nazionalità, comunque, non è l'unico fattore di rischio. "Esistono altri fattori di rischio, come il fumo, le abitudini sessuali e il non sottoporsi a test di screening, il che rende interessante il confronto tra l'incidenza del cancro della cervice in diversi gruppi di donne immigrate in Svezia e native svedesi," ha spiegato il professor Pär Sparén, coordinatore dello studio. Sulla base dei risultati dello studio, condotto dal 1968 al 2004, sono state trovate significative differenze nelle donne provenienti dagli stati nordici e dall'America centrale. I ricercatori hanno scoperto che le differenze sono legate alla variazione nell'incidenza mondiale del virus dei papillomi umani (HPV), che è un fattore di rischio chiave del cancro della cervice. Le ricerche condotte in passato hanno mostrato che il collegamento con l'HPV funziona provocando cambiamenti nelle cellule della cervice, che possono causare lo sviluppo di una neoplasia intraepiteliale cervicale, e di conseguenza il cancro. Fino a questo momento sono stati identificati 250 tipi di HPV. Gli studi hanno scoperto che 15 di questi sono classificabili come tipi ad alto rischio; 3 come probabilmente ad alto rischio; e 12 come tipi a basso rischio. Il corpo di 750.000 campioni era formato da donne provenienti da vari paesi, registrate nel database nazionale per la salute delle donne del Karolinska Institutet. I ricercatori hanno trovato 1991 casi di cancro della cervice nel gruppo di immigranti. Questo dato rappresenta un balzo del 10% del rischio di sviluppare il cancro della cervice. Il risultato mostra inoltre che la proporzione dei casi della malattia era più bassa tra le donne che si sono stabilite in Svezia in confronto alle donne che sono rimaste nei loro rispettivi paesi. Nel confrontare i gruppi di immigranti, i ricercatori hanno inoltre scoperto che esiste un'ampia oscillazione. Per esempio, le donne dell'Africa orientale avevano cinque volte meno probabilità di sviluppare il cancro della cervice rispetto a donne nate in Svezia, ha affermato il team. Ma le donne dell'Asia meridionale avevano 50% di probabilità in meno di sviluppare la malattia. Le donne danesi e norvegesi avevano rispettivamente l'80% e il 70% di probabilità in più di contrarre la malattia rispetto alle donne Svedesi, mentre per le donne dell'America centrale, il rischio di sviluppare la malattia è il 150% più alto rispetto alle donne svedesi. Questo lavoro ha inoltre mostrato che il rischio di cancro della cervice aumentava con l'età di ingresso in Svezia. Il rischio si riduceva durante il periodo di residenza nella loro nuova patria, hanno detto i ricercatori. "I risultati sono utili per una più efficace prevenzione del cancro della cervice, attraverso, per esempio, programmi di screening mirati," ha commentato il professor Sparén. "Dobbiamo introdurre specifici test di screening per la prevenzione del cancro della cervice tra i gruppi ad alto rischio, in particolare le donne al di sopra dei 50, durante i loro primi 10 anni in Svezia." Il finanziamento per questo studio è stato fornito dal Consiglio svedese per la vita lavorativa e la ricerca sociale (FAS) e la Scuola nazionale di specializzazione della sanità presso il Karolinska Intitutet. Lo studio era un progetto in collaborazione con l'Università Mälardalen in Svezia e l'Università di medicina di Teheran in Iran. Fonte: Cordis

Tumore alla prostata, nuovi approcci terapeutici 23/10/2008 09:47
Questo importante risultato, frutto di una ricerca coordinata dall'Istituto Superiore di Sanità in collaborazione con l'équipe del professor Giovanni Muto (primario di Urologia dell'Ospedale San Giovanni Bosco di Torino) e con l'Istituto Oncologico del Mediterraneo di Catania, apre nuove speranze per il futuro anche se la strada verso una cura definitiva potrebbe essere ancora lunga. I dettagli della ricerca, finanziata con i fondi dell'accordo Italia-Usa e dall'Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro, sono stati pubblicati sulla rivista Nature Medicine (Ottobre 2008). Enrico Garaci, Presidente dell'ISS (Istituto Superiore di Sanità), spiega che comprendere i meccanismi che portano un tumore a diventa più aggressivo è molto importante in quanto contribuisce ad avvicinarsi verso una cura in grado di guarire gli stadi avanzati del cancro alla prostata. L'analisi del tessuto neoplastico di 40 pazienti ha dimostrato che l'aggressività del carcinoma prostatico è causata dalla perdita di un frammento di DNA del cromosoma 13 che contiene due piccoli geni, chiamati microRNA-15a e microRNA -16, che agiscono bloccando la progressione maligna del tumore. Secondo Garaci, grazie ai risultati ottenuti nel costo si questo studio, si potrebbe arrivare in tempi brevi a comprendere come curare i tumori più avanzati. Attualmente il tumore della prostata è trattato con la terapia ormonale e la chirurgia, ci sono però dei limiti, è efficace solo negli stadi iniziali. Per il momento non esiste alcuna cura valida per il tumore allo stadio avanzato, una neoplasia che provoca la morte di oltre il 20 per cento dei pazienti affetti da cancro alla prostata. Ruggero De Maria, coordinatore dello studio e Direttore del Dipartimento di Ematologia Oncologia e Medicina Molecolare dell'ISS, spiega che grazie a questa ricerca si è scoperto che se i microRNA-15a e microRNA -16 vengono reintrodotti nelle cellule tumorali che li hanno perduti, queste cellule smettono di crescere e vengono distrutte. La possibilità di curare i tumori aggressivi della prostata tramite la somministrazione di questi microRNA è stata confermata dalla terapia sperimentale effettuata in animali da laboratorio. Il cancro della prostata è uno dei tumori riscontrati con maggiore frequenza nei paesi occidentali. In Italia ogni anno vengono diagnosticati circa 44.000 nuovi casi che sono destinati ad aumentare, considerando il progressivo invecchiamento della popolazione. Sebbene negli ultimi quindici anni il dosaggio dell'antigene prostatico specifico (PSA) abbia aumentato considerevolmente le diagnosi precoci e le possibilità di guarigione, il cancro alla prostata rappresenta ancora oggi la seconda causa di morte da tumore nell'uomo dopo il carcinoma del polmone. I risultati ottenuti nell'ambito di questo studio sono quindi molto importanti, i ricercatori spiegano che le conoscenze acquisite confermano che il cancro alla prostata potrà essere sconfitto. Attualmente, però, sono stati condotti degli esperimenti solo su delle cavie da laboratorio, la strada verso una cura utilizzabile sull'uomo è ancora lunga e dovrà attraversare diversi stadi di sperimentazione. (fonte: agoranews.it)

Birra anticancro 23/10/2008 09:45
La birra, una delle più diffuse e antiche bevande alcoliche del mondo, è stata ingegnerizzata dalla Rice University per ottenere un liquido in grado di ridurre il cancro e le malattie cardiovascolari, almeno nel modello animale. La BioBeer, questo è il nome della bevanda innovativa, sarà in gara alla International Genetically Engineered Machine (iGEM) l’8 e 9 novembre a Cambridge. L’iGEM, per chi non lo sapesse, è la competizione più grande e importante al mondo sulla biologia sintetica, in cui diversi team si sfidano per creare cose utili. I ricercatori della Rice University hanno realizzato una birra geneticamente modificata per produrre il resveratrolo, un fenolo non flavonoide presente nella buccia dell’acino d’uva avente un’azione antiteratogena e di fludificazione del sangue che può limitare l’insorgenza di placche trombotiche, durante il processo di fermentazione. Insomma, una bevanda a bassa gradazione alcolica con i benefici del vino che potrebbe entrare in commercio già nei prossimi anni se i benefici dimostrati nei topi dovessero esserci anche per gli uomini. Resta solo da vedere se gli appassionati della bionda apprezzeranno la “modifica”. (fonte: bioblog.it)

Una mutazione nella leucemia associata alla sindrome di Down potrebbe portare a una nuova cura 23/10/2008 09:44
In uno studio finanziato dall'UE, una squadra internazionale di ricercatori ha scoperto una mutazione genetica in persone affette dalla sindrome di Down che soffrono anche di leucemia linfoblastica acuta (ALL), un tumore del sangue o del midollo osseo. Questa scoperta, pubblicata online nella rivista Lancet, potrebbe portare allo sviluppo di nuovi farmaci per curare questo grave tipo di leucemia. Le persone con la sindrome di Down, un disturbo causato da una copia in più del cromosoma 21, presentano un rischio maggiore (da 10 a 30 volte) di sviluppare la leucemia, in particolare la ALL. Questa associazione è conosciuta da quasi 70 anni, ma la sua causa e i meccanismi di fondo non sono mai stati ben compresi. Poiché le persone con la sindrome di Down hanno, tra le altre anomalie fisiche, una predisposizione maggiore rispetto al normale alle infezioni, progettare dei trattamenti efficaci e a bassa tossicità per questi pazienti è stata una grande sfida. La ALL nella sindrome di Down sembra essere simile alla ALL negli altri bambini. Ciononostante, i pazienti malati di ALL con la sindrome di Down in passato ricevevano delle cure meno aggressive, poiché mostravano una scarsa tolleranza ai regimi classici. Nel corso degli anni sono state avanzate diverse teorie per spiegare l'associazione tra sindrome di Down e ALL. Il prof. Shai Izraeli del Sheba Medical Centre in Israele e i suoi colleghi hanno testato l'ipotesi che la mutazione nella JAK2 possa essere comune nella ALL associata alla sindrome di Down. Questa particolare mutazione era un ottimo candidato da studiare, poiché le mutazioni della JAK2 sono già state implicate in altri cancri che attaccano i globuli bianchi. I ricercatori hanno analizzato campioni di midollo osseo provenienti da pazienti affetti da ALL associata alla sindrome di Down. Essi hanno scoperto che il 18% di questi pazienti presentavano mutazioni della JAK2 che non erano state ereditate dai genitori (chiamate mutazioni "somatiche"), e che ai bambini che presentavano la mutazione della JAK2 veniva diagnosticata la ALL prima (4,5 anni) rispetto ai bambini senza la mutazione (8,6 anni). La mutazione della JAK2 è composta da alterazioni in cinque alleli, ciascuna delle quali colpisce un singolo residuo aminoacidico codificato dal gene della JAK2, conosciuto come R683. Gli autori hanno concluso che,"le mutazioni R683 JAK2 acquisite per via somatica delimitano un sottogruppo ALL distinto che è associato soltanto alla sindrome di Down. Gli inibitori della JAK2 potrebbero essere utili per la cura di questa leucemia." Nel suo commento di accompagnamento sullo studio della JAK2, il dott. Charles Mulligan del St. Jude's Research Hospital nel Tennessee, Stati Uniti, ha spiegato che "la ALL è caratterizzata da anomalie cromosomiche, come acquisizioni o perdite di interi cromosomi [...] L'identificazione di queste anomalie è importante per la gestione clinica, e ha fornito dei chiarimenti fondamentali sulla emopoiesi normale e leucemica". Egli ha continuato dicendo che le scoperte del presente studio "suggeriscono che l'inibizione della JAK2 potrebbe essere un utile approccio terapeutico nella ALL con mutazione della JAK2 associata alla sindrome di Down". La scoperta di questa mutazione nella ALL associata alla sindrome di Down rientra in uno sforzo più grande di analizzare l'intero genoma della ALL. Il dott. Mulligan ha avvisato che i risultati "rappresentano un importante progresso nella caratterizzazione genetica della ALL associata alla sindrome di Down, ma ci si deve ricordare che la nostra comprensione delle aberrazioni genomiche necessarie a indurre la leucemia è lontana dall'essere completa." La possibilità di risequenziare interi genomi per la cura della leucemia e di altri tumori è il soggetto di intensi studi; si spera che con il tempo l'intero genoma della ALL venga scoperto e che questo porti allo sviluppo di nuovi interventi terapeutici per questa malattia. Lo studio è stato guidato da scienziati in Israele ed è stato condotto da una squadra di ricercatori provenienti da istituzioni in Israele, Italia, Germania, Austria, Repubblica Ceca, Irlanda, Francia e Svizzera. Esso è stato supportato in parte dalla Commissione europea mediante il progetto integrato del Sesto programma quadro (6°PQ) EUROHEAR ("Advances in hearing science: from functional genomics to therapies"). (fonte: molecularlab.it)

L'"orologio della morte" per contare i morti da tabacco 23/10/2008 09:42
L'Organzzazione mondiale della Sanita' (Oms) e rappresentanti della lotta contro il tabagismo hanno inaugurato ieri a Ginevra l' 'orologio della morte', che indica il numero delle persone morte per malattie legate al fumo. L' 'orologio della morte' - voluto per contare le vittime del fumo da quando, nell'ottobre 1999, furono lanciati i negoziati sulla Convenzione internazionale contro il tabagismo - segnava gia' 40 milioni nel giorno dell'inaugurazione. Secondo l'Oms, il tabacco dovrebbe causare quest'anno la morte di 5 milioni di persone nel mondo, piu' di quanto non faranno tubercolosi, Aids e malaria messe insieme. 'Questa epidemia colpisce i piu' poveri dei poveri', ha detto Douglas Bettcher, direttore dell'iniziativa dell'Oms 'Senza tabacco'.

Elettrochemioterapia: nuova arma contro le metastasi 16/10/2008 11:52
L’elettrochemioterapia rappresenta una metodica innovativa e uno strumento in più per la cura dell’aggressività del tumore. Essa, in grado di combattere la metastatizzazione locale e loco – regionale, è il frutto di studi congiunti di 4 dei più prestigiosi istituti di ricerca a livello internazionale (IGR, Institute Gustave Roussy, Villejuif France, Institute of Oncology ,Ljublyana Slovenia, Herley Hospital Copenhagen Denmark, UICC Cork Ireland) ed è una delle eccellenze del “made in Italy” in campo medico scientifico. Questo approccio terapeutico, sfruttando il fenomeno fisico dell’elettroporazione attraverso impulsi elettrici intensi e brevi, permette di aumentare la permeabilità delle membrane cellulari. Ciò consente a farmaci con elevata tossicità intrinseca, ma scarsa capacità di penetrare nelle cellule tumorali, come alcuni chemioterapici, di penetrare e di svolgere la loro azione nell’interno della cellula, altrimenti non permeabile da questi principi attivi. L’elettrochemioterapia e le sue applicazioni saranno presentate e discusse in un workshop al Centro Congressi “Raffaele Bastianelli” di Roma. La dott.ssa Stefania Bucher, Responsabile del reparto di Chirurgia Plastica e Ricostruttiva dell’Istituto Dermatologico San Gallicano IRCCS di Roma, afferma: “L’elettrochemioterapia è un trattamento loco-regionale e una terapia palliativa che risulta particolarmente efficace per patologie come metastasi da melanoma singole e in-transit, metastasi cutanee e sottocutanee da altri tumori, ed alcuni tumori cutanei primitivi.” Studi clinici compiuti finora e pubblicati sull'European Journal of Cancer, hanno rilevato una efficacia nell'80% delle lesioni trattate. “Abbiamo pazienti” - continua la Dr.ssa Bucher – “che dopo essersi sottoposti a cicli chemioterapici o radioterapici, presentano lesioni dolorose e invalidanti, spesso multiple. Grazie all’elettrochemioterapia abbiamo la possibilità di trattarle, attenuando dolore e sanguinamento e, in molti casi, di farle scomparire a livello cutaneo o sottocutaneo migliorando considerevolmente la qualità della vita del paziente.” L’elettrochemioterapia è praticata con Cliniporator, un’apparecchiatura completamente “made in Italy” prodotto da IGEA (Carpi) e in uso in 42 centri in tutto il mondo. I farmaci meglio indicati per l’elettrochemioterapia e quindi per l’uso combinato con gli impulsi elettrici sono attualmente la bleomicina ed il cisplatino. Gli scenari futuri, visti gli ottimi risultati ottenuti negli attuali ambiti di applicazione della metodologia, potrebbero prevedere, nei tumori della cute, un ampliamento del numero dei farmaci indicati per l’elettrochemioterapia e una maggiore complementarietà di questa con le tradizionali terapie. Elenchiamo di seguito i centri presso i quali è possibile sottoporsi all'elettrochemioterapia. Centri attivi per l’ECT ITALIA Istituto Europeo di Oncologia – Milano Dr. Testori (Unità Melanoma – Chirurgia) Az. Ospedaliera “Molinette – San Giovanni Battista di Torino” Prof. Bernengo – Dr. C. Mortera, dr. P. Quaglino (Dermatologia) Policlinico Umberto I – Roma Prof. S. Calvieri – Dr. P. Curatolo – Prof.ssa R. Clerico – dr.ssa M. Mancini (Dermatologia) Policlinico di Padova Prof. C. R. Rossi – Dr. L. Campana (Chirurgia) INT, Istituto Nazionale Tumori – Milano Dr. Santinami – Dr.ssa Ruggeri (Chirurgia Generale 5 – Melanoma e Sarcoma) Ospedale Maggiore – Trieste Prof. Trevisan – Dr. A. Gatti (Dermatologia) Ospedale dell’Angelo – Venezia Mestre Dr. Sedona (Dermatologia) Ospedale “Santa Corona” – Pietra Ligure Dr. Bormioli - Dr. Ferraro (Chirurgia Plastica) IST Istituto Nazionale Ricerca sul Cancro – Genova Prof. P. Santi (Chirurgia plastica) – Dr.ssa P. Queirolo (Oncologia medica) Osp. Morgagni Pierantoni – Forli Dr. G.M. Verdecchia - Dr. M. Framarini – dr.ssa F. Tauceri (Tecnologie avanzate in oncologia e chirurgia) Spedali Civili – Brescia Dr. Manca (Chirurgia Plastica) Ospedali Riuniti - Ancona Prof.ssa A. Offidani – dr. I. Cataldi (dermatologia) Policlinico di Modena Prof. Giannetti – Dr. Cimitan (Dermatologia) Policlinico S.Orsola Malpighi – Bologna Dr. Zannetti (Chirurgia Plastica) - Dr. Galuppi (Radioterapia) I.N.R.C.A. – Ancona Dr. Ricotti – Dr. Serresi (Dermatologia) Ospedale Santa Maria Annunziata – Bagno a Ripoli (Firenze) Dr. Borgognoni - dr. gerlini(Chirurgia Plastica) Ospedale SS. Annunziata – Chieti Scalo Prof. Tulli - dr.ssa b. Di Domizio - dr. G. Proietto - (Dermatologia) IFO San Gallicano – Roma Dr.ssa Bucher – dr. Bonadies (Chirurgia Plastica) Centro Aktis – Mugnano (Napoli) Dr. Scoppa (Radioterapia) INT G. Pascale – Napoli Prof. N. Mozzilo - Prof. P.A.Ascierto (Oncologia medica) Ospedale Cardarelli – Napoli Dr. E. Cubicciotti (Chirurgia Plastica) Ospedale Oncologico IRCCS – Bari Dr. M. Guida – dr. G. Porcelli (Oncologia medica) Fondazione “Tommaso Campanella”, Università di Catanzaro – Catanzaro Prof. Bottoni (Dermatologia) CROB Ospedale Oncologico Regionale – Rionero in Vulture ((PZ) Dr. Fabrizio – dr. Orlandino (Chirurgia Plastica) ESTERO Institut Gustave-Roussy – Villejuif, Paris (France) dr Jean Rémi Garbay – dr. Lluis Mir Institute of Oncology – Ljubljana (Slovenia) prof Zvonimir Rudolf - prof Gregor Sersa Cork Cancer Research Centre – Cork (Ireland) prof Gerald O’Sullivan – dr. Declan Soden University Hospital Herlev – Herlev, Copenhagen (Denmark) dr Julie Gehl – dr.ssa Louise Wichmann Hospital Provincial de la Misericordia – Toledo (Spain) dr Vincente Munoz Madero Clinica Universitaria, Univesidad de Navarra – Pamplona (Spain) dr E. Garcìa Tutor – dr. M. Algarra JCUH John Cook University Hospital – Middlesbrough (UK) Dr. Tobian Muir Szeged University – Szeged (Hungary) Prof. Kemény (Dermatologia Oncologica) – prof. Ola (oncologia medica) Hospital Clinic Barcelona; dr. Rull (dermatologia) Hospital MD ANDERSON - Madrid; dr.ssa Ortega – (chirurgia oncologica) Athens Regional Cancer Hospital “Aghios Savvas”- Athens (Greece); Lund University – Sweden Dr. Per Engstroem Örebro University - Örebro dr. Lennart Löfgren IPO – Lisbona dr. Farricha – Unità melanoma e sarcoma Kiel University– Kiel prof. Axel Hauschild; dr. C.K.Kaelher Bonn Medical Centre – Bonn prof. Uwe Reinhold. (fonte: italiasalute.it)

Il Resveratrolo può aiutare a trattare la steatosi epatica 16/10/2008 11:50
Scienziati alla ricerca di modi per trattare la steatosi epatica ovvero il grasso al fegato hanno scoperto che un ingrediente del vino rosso può contribuire a proteggere dall'accumulo di grassi nel fegato. Avete sicuramente sentito parlare del Resveratrolo, un antiossidante trovato nel vino rosso, uva, bacche e arachidi. Questa molecola è già stato collegata a benefici effetti per la salute, per il cancro e le malattie cardiache. Lo studio, condotto da M. Joanne Ajmo presso la University di South Florida Health Sciences Center di Tampa, ha esaminato gli effetti del resveratrolo nel fegato di topi affetti da steatosi epatica. I ricercatori hanno scoperto che topi alimentati con resveratrolo avevano meno grassi nel fegato rispetto ai topi che erano senza Resveratrolo. La ricerca è stata pubblicata sul The American Journal of Physiology-Gastrointestinal and Liver Physiology. (fonte: takecare.it)

Si chiama PAP la nuova molecola antidolorifica 16/10/2008 11:48
Una nuova tecnica nella terapia del dolore ricorre all'utilizzo di una proteina antidolorifica che si è rivelata 8 volte più potente della morfina, e con una durata d'azione di ben 14 volte superiore. La proteina risulta al lavoro di ricerca di un gruppo di scienziati della University of North Carolina Chapel Hill School of Medicine e la scoperta viene pubblicata in uno studio pubblicato sulla rivista Neuron. I ricercatori han chiamato la proteina "fosfatasi acida prostatica" (Pap) e han dimostrato come questa sia in grado di neutralizzare la sostanza chimica nel corpo che invia i messaggi di dolore al cervello, senza effetti collaterali. Mark Zylka, coordinatore dello studio, ha detto che "Questa proteina ha il potenziale per diventare un trattamento innovativo contro il dolore. Siamo rimasti davvero colpiti che una semplice iniezione possa avere un effetto così potente sul dolore. Non solo, sembra lavorare addirittura meglio della morfina" Per testare la sostanza sono stati usati come cavie dei topolini di una linea genetica particolare, affetti da dolori molto forti. La proteina è stata capace di sopprimere il dolore in misura maggiore della morfina e in modo assai più duraturo. Questo è possibile grazie al meccanismo d'azione della proteina, che agisce direttamente alla fonte del dolore. I neuroni rilasciano l'adenosina trifostato (ATP) ed è questa a causare la sensazione dolorosa. La pap interviene sull'ATP silenziando quindi il dolore. Gli scienziati si dicono soddisfatti della scoperta ma mirano a modificare la proteina perché possa esserne costituita una formulazione in compresse. (fonte: molecularlab.it)

Cavallo di troia contro il cancro 14/10/2008 14:03
Uno studio che verrà pubblicato dalla rivista internazionale Cancer Cell, coordinato da Luigi Naldini, direttore dell'Istituto San Raffaele-Telethon per la terapia genica e professore presso l'Università Vita-Salute San Raffaele, insieme a Michele De Palma, ricercatore dell'Unità di angiogenesi e targeting tumorale dell'Istituto Scientifico Universitario San Raffaele, indica come sia possibile utilizzare particolari cellule del sangue per portare farmaci verso i tumori e rilasciarli solo in loro prossimità, fungendo così da "cavalli di troia" per ingannare e distruggere le neoplasie. Il lavoro dei ricercatori si è concentrato specialmente sui fibromi e sulla possibilità di insegnare, grazie alla terapia genica, ad una popolazione di cellule del sangue che contribuisce alla crescita dei tumori, a produrre una potente proteina anticancro, l'interferone-alpha. Esposto all'azione dell'interferone, il tumore ha ridotto la sua crescita in cavie di laboratorio. . Le cellule sintetizzano interferone-alpha come difesa dalle infezioni virali e per bloccare la moltiplicazione delle cellule tumorali. Per questa ragione tale farmaco naturale è già utilizzato nella pratica clinica per il trattamento del cancro, in particolare del carcinoma del rene, del melanoma e di alcune forme di leucemia. Tuttavia fino ad oggi la terapia era limitata dalla difficoltà ad indirizzare il farmaco in dosi adeguate nella sede del tumore. Per questo motivo si utilizzavano alte dosi di interferone, ma ciò portava spesso nei pazienti ad effetti tossici tali da richiedere l'interruzione della terapia. La novità è ora che i ricercatori del San Raffaele sono riusciti a produrre l'interferone-alpha direttamente all'interno del tumore grazie alle "cellule TEM", cellule del sangue che sono richiamate dai tumori e che grazie alla terapia genica sono state rese capaci di produrre interferone una volta giunte al loro organo bersaglio. Queste cellule sono state in seguito trapiantate in cavie affette da tumore e nell'organismo, le staminali hanno attecchito e generato, tra le altre cellule del sangue, anche le cellule TEM che hanno raggiunto il tumore e lì rilasciato l'interferone che ha rallentato, e in alcuni casi bloccato, lo sviluppo del tumore, o limitato la diffusione delle metastasi. Utilizzando questo sistema il farmaco viene rilasciato in maniera continua e localizzata, senza gli effetti tossici frequentemente osservati con le modalità convenzionali di somministrazione, in quanto il metodo richiede una piccola quantità di biofarmaco, con una minore tossicità per l'organismo e una maggiore efficacia dovuta al suo rilascio direttamente nei tessuti tumorali. Luigi Naldini spiega che "Poiché il trapianto di cellule staminali del sangue è già adottato nel trattamento di alcuni pazienti oncologici, in futuro si potrebbe pensare di associare alla chemioterapia o altre terapie antitumorali convenzionali anche il trapianto di queste cellule modificate con la terapia genica. E' importante sottolineare comunque che, nonostante il nostro lavoro abbia fornito una incoraggiante prova di principio nelle cavie di laboratorio, per il passaggio alla terapia sull'uomo dovremo aspettare i risultati di ulteriori studi pre-clinici che ci impegneranno per alcuni anni". (fonte: molecularlab.it)

E se a fare bella la sigaretta ci pensasse la ricerca? 14/10/2008 14:01
Divi del cinema pagati per fumare sul grande schermo mentre intorno qualche bellezza, invece di imprecare per un principio di soffocamento da fumo passivo, sorride estasiata? Nonostante i nuovi dettagli emersi sulle strategie già note impiegate dai colossi del tabacco per creare un’immagine positiva dei fumatori, a preoccupare la comunità scientifica non è tanto la pubblicità palese degli eroi di celluloide, quanto l’influenza assai più occulta esercitata dagli stessi colossi sulla ricerca. Il rilevante problema etico si era già affacciato recentemente negli Stati Uniti, dove perfino uno studio sul tumore al polmone si è avvalso di un cospicuo finanziamento da parte di una compagnia produttrice di sigarette. E’ ora il turno della Germania, dove, secondo indiscrezioni dello Spiegel, la Philip Morris avrebbe fornito ingenti risorse economiche a supporto degli studi di circa 20 affermati ricercatori, tra i quali Eckart Fleck, cardiologo del Deutsches Herzzentrum di Berlino, centro di eccellenza di livello internazionale per il trattamento delle patologie cardiovascolari. Per la sua attività di ricerca, Fleck avrebbe ricevuto 937 mila euro dal massimo produttore mondiale di sigarette. Gli scienziati chiamati in causa si sono affrettati a smentire che la provenienza di una parte dei fondi a disposizione per i loro studi possa averne in qualche modo alterato i risultati, in direzione di un ridimensionamento dei ben noti pericoli per la salute rappresentati dal fumo, accusa che invece ha dato il via alla polemica negli Stati Uniti. Jerome Kassirer, ex caporedattore del prestigioso New England Journal of Medicine, autore di un libro sul conflitto di interessi nella medicina, ha infatti invitato i ricercatori americani, e non solo loro, a chiedersi per quale motivo chi produce sigarette sia interessato a fornire somme rilevanti alla ricerca scientifica. Ma sapeva già la risposta: si tratta per esempio di sostenere, come è effettivamente accaduto nello studio al centro della polemica, che il tumore al polmone non è poi così terribile, e che la maggior parte dei decessi che provoca può essere evitata con un miglioramento e un rafforzamento della prevenzione, senza che venga però sottolineata troppo la soluzione più ovvia: spegnere la sigaretta, anzi, magari non accenderla affatto. In Germania la pensa come Kassirer Gerhard Sybrecht, specialista in malattie respiratorie dell’Università del Saarland, secondo il quale è necessario un codice etico che regolamenti le fonti di finanziamento della ricerca, perché il passato dimostra che il denaro in arrivo da chi le sigarette le produce e le vende ha causato non poche manipolazioni e prodotto studi dai risultati assai discutibili. (fonte: panorama.it)

Un olio dalle arance contro il cancro alla prostata 14/10/2008 14:00
Dalla buccia delle arance è possibile estrarre un olio che ha dimostrato di possedere delle proprietà terapeutiche per il cancro alla prostata. Oltre agli altri benefici per la salute già noti di questi agrumi, arriva ora questa significativa notizia dallo studio italiano, pubblicato su “Cancer Research”, condotto dagli scienziati coordinati da Adriana Albini dell'Irccs MultiMedica di Milano e Francesca Tosetti dell'Ist di Genova. Una categoria di nuovi farmaci antinfiammatori e antitumorali derivati dai triterpenoidi naturali, molecole simili agli oli essenziali delle bucce d'arancia - annunciano i ricercatori italiani - potrebbe costituire una risorsa terapeutica o preventiva per la popolazione maschile a rischio di sviluppare il tumore prostatico, soprattutto quando esista una storia familiare di malattia". Questi dati sono stati presentati durante il Congresso nazionale della nazionale della Società italiana di cancerologia, svoltosi a Napoli, dai tre giovani ricercatori di MultiMedica Ilaria Sogno, Rosaria Cammarota e Luca Generoso, in collaborazione con Roberta Vené di Genova. "Abbiamo scoperto - spiega Albini, responsabile della Ricerca oncologica dell'Irccs MultiMedica - che i triterpenoidi sintetici uccidono preferenzialmente le cellule di tumore alla prostata insensibili alla terapia ablativa ormonale, riattivando alcune vie di morte cellulare programmata potenzialmente molto efficaci, ma 'sopite' nelle cellule tumorali". Una batteria di enzimi sentinella, le caspasi, sono infatti normalmente deputati all'eliminazione delle cellule irrimediabilmente danneggiate, prodotte continuamente in un organismo sano. Da un certo punto di vista, le cellule tumorali sono anch'esse cellule danneggiate, che però acquisiscono la capacità di convivere con anomalie consistenti, continuando a proliferare e a colonizzare altri organi. "La scoperta - prosegue Albini - è che i triterpenoidi funzionano indebolendo l'attività di una proteina di recente interesse come target farmacologico, la glicogeno sintasi cinasi-3 (GSK-3), che favorisce appunto la vitalità delle cellule tumorali limitando l'attività delle caspasi o proteggendo i mitocondri da cui parte il processo di smantellamento delle cellule malate. La disattivazione di GSK-3 da parte dei triterpenoidi ha ulteriori conseguenze metaboliche che infliggono il colpo finale alle cellule prostatiche maligne: le priva di energia, causandone la disintegrazione". "Sorprendentemente - continua Albini - tutto ciò avviene utilizzando dosi molto basse di farmaci, il che lascia ben sperare sulla possibilità di controllarne gli effetti collaterali". Lo studio, sostenuto dall'Airc (Associazione italiana per la ricerca sul cancro), è il completamento delle ricerche compiute sui terpenoidi come antiangiogenici condotte dall'équipe di Albini in collaborazione con gli Usa. Il nuovo farmaco è già in fase I di sperimentazione clinica sui pazienti con varie neoplasie. "Il triterpenoide sintetico, in associazione con un lontano parente della vitamina A - conclude Albini - era già efficace contro il tumore al seno ormono-resistente in studi preclinici e ora potrebbe diventare un'arma importante contro quello alla prostata". I ricercatori hanno testato la molecola della buccia d'arancia in provetta e in modelli preclinici, osservando che è in grado di agire efficacemente sulle cellule malate, combattendo il tumore. Buone notizie e una nuova speranza, dunque, per la salute dei malati di tumore alla prostata. (fonte: italiasalute.it)

Tumori: frutta e verdura li prevengono grazie alla pectina 14/10/2008 13:59
Che la frutta e la verdura fossero un toccasana nella prevenzione dei tumori era gia' noto grazie a diversi studi statistici. Ma il perche' e' stato scoperto soltanto ora da un gruppo di ricercatori dell'Institute of Food Research (Ifr). In pratica, un particolare frammento della pectina, un polisaccaride contenuto nella parete cellulare dei vegetali, sembrerebbe inibire una proteina responsabile dello sviluppo del cancro, la 'galectina-3'. I test condotti dai ricercatori dell'Ifr hanno prima confermato i risultati di molti studi di popolazione, come per esempio quelli effettuati da Epic, lo European Prospective Investigation of Cancer, che hanno identificato una stretta correlazione statistica fra l'assunzione di fibre e il minore rischio di cancro nel tratto gastrointestinale. E poi hanno cercato di trovarne la spiegazione nell'azione della pectina. Questa non e' l'unico esempio di carboidrato "bioattivo", che interagisce cioe' con le proteine delle cellule animali inibendo lo sviluppo dei tumori. Sono note per esempio le proprieta' benevole dei "beta glucani". " Per avere una combinazione completa di diversi effetti - ha spiegato Victor Morris, uno degli autori dello studio - e' consigliabile mangiare una varieta' piu' ampia possibile di frutta, verdura e alimenti contenenti fibre vegetali. Il prossimo passo - ha aggiunto - sara' identificare i meccanismi con cui l'organismo assimila la pectina per capire in modo piu' dettagliato come essa agisce sulle cellule tumorali". La scoperta e' importante soprattutto perche' apre nuove possibilita' alla ricerca nel campo dei carboidrati "bioattivi" e alla comprensione dei meccanismi che sono alla base degli effetti dell'alimentazione sull'insorgenza dei tumori. (fonte: cybermed.it)

Quali sono i tumori più frequenti? 14/10/2008 13:58
I tumori più frequenti, almeno nel nostro paese, sono quelli che colpiscono il colon retto, il polmone, il seno e la prostata. Nel complesso, i casi di cancro sono in costante aumento ma allo stesso tempo aumentano anche i casi di guarigione. A livello nazionale oltre un milione e mezzo di persone hanno sconfitto il cancro, se si osservano i dati a livello europeo si superano addirittura i 10 milioni. Questi e altri dati sono stati comunicati in occasione del congresso dell'Associazione Italiana di Oncologia Medica (Aiom) (Verona, Ottobre 2008). La medicina ha fatto enormi passi in avanti nella cura dei tumori. Rispetto al 1985, oggi, la probabilità di sconfiggere il cancro è cresciuta del 15 per cento. Attualmente, almeno nel nostro paese, la sopravvivenza a cinque anni è del 55 per cento, inoltre, è aumentata anche quella a 10 anni. Le ultime stime denotano una costante diminuzione delle morti per cancro, nel 2007 sono state 140 mila e quest'anno si dovrebbe scendere a 125 mila. Il merito di questi risultati non è però attribuibile unicamente alle nuove terapie anti cancro, un ruolo importante è giocato anche dalle campagne informative e la diffusione dei programmi di screening. Vediamo ora nel dettaglio i numeri relativi ai 4 tumori più frequenti nel nostro Paese. Tumore al colon retto Questa forma di neoplasia rientra fra i tumori dell'apparato digerente. Negli ultimi anni, il tumore del colon retto, sta diventando la neoplasia più frequente tra i maschi e la seconda nelle femmine. In Italia colpisce 77-78 persone ogni 100.000 abitanti, per un totale di circa 40mila nuovi casi l'anno. Il tasso di mortalità di questo tumore è attualmente stimato intorno al 55 per cento. Come si può prevenire il tumore al colon? Numerosi studi hanno concluso che la dieta è la miglior arma. Una dieta ricca di cereali, fibre, verdure e povera di grassi animali esercita un'azione protettiva per questa forma tumorale. Tumore al polmone Il tumore al polmone fa parte delle neoplasie dell'apparato respiratorio. Fra le cause principali del tumore al polmone c'è ancora il fumo di sigarette, responsabile nell'87 per cento dei casi. Si stima che un uomo che fuma, rispetto ad un non fumatore, aumenta di 23 volte la probabilità di ammalarsi di cancro al polmone, per le donne si stima invece un pericolo di 13 volte maggiore. Ultimamente si sta assistendo ad un fenomeno particolare, la neoplasia polmonare si manifesta sempre più frequentemente nella donna mentre sta decrementando nell'uomo. Nell'ultimo anno sono stati diagnosticati 37 mila nuovi casi di tumore al polmone, circa 30 mila uomini e 6 mila donne. Per il cancro al polmone la sopravvivenza a cinque anni è stimata fra il 10 e il 15 per cento, la percentuale sale però fino all'80 per cento se la diagnosi e l'asportazione del tumore sono precoci. Tumore al seno Il cancro al seno fa parte dei tumori dell'apparato genitale femminile. A partire dalla fine degli anni '80 questa neoplasia è in costante crescita e oggi è la forma di tumore più comune nelle donne italiane (colpisce circa sette donne su cento). Nel Sud e nelle Isole la malattia è meno diffusa rispetto al Nord per motivi non ancora chiari anche se si ipotizza che potrebbe dipendere dal numero di figli, dall'alimentazione e dall'ambiente. Ogni anno a oltre 36 mila donne italiane viene diagnosticato un tumore al seno ma, grazie alla diagnosi precoce, oggi le morti sono notevolmente diminuite. Se il tumore è diagnosticato quando ha dimensioni inferiori ad uno o due centimetri le probabilità di guarigione sono molto elevate, intorno al 95 per cento. Tumore alla prostata Il cancro alla prostata fa parte dei tumori dell'apparato genitale maschile. Negli ultimi anni si è registrata un'impennata delle diagnosi per questa neoplasia grazie alla nuova tecnica di diagnosi basata sulla ricerca dell'antigene prostatico specifico (Psa), introdotta in Italia all'inizio degli anni '90. Annualmente, nel nostro Paese, vengono diagnosticati oltre 23.500 nuovi casi di tumore alla prostata. Le morti causate da questa neoplasia, circa 7 mila ogni anno, rappresentano circa il 7 per cento dei decessi per tumore negli uomini. (fonte: universonline.it)

Sangue di squalo: speranza contro il cancro 14/10/2008 13:57
Scienziati australiani hanno scoperto che gli anticorpi nel sangue dello squalo potrebbero potenzialmente essere una potente arma nella lotta contro il cancro. Il sistema immunitario degli squali è simile a quello umano, ma i loro anticorpi - le molecole che effettivamente combattono la malattia - sono eccezionalmente resistenti. I ricercatori ritengono che questa qualità potrebbe essere sfruttata per contribuire a rallentare la diffusione di malattie come il cancro. Potenzialmente, si potrebbe arrivare a una nuova generazione di trattamenti farmacologici. Il team australiano ha riscontrato che gli anticorpi di squalo sono in grado di sopportare temperature elevate, nonché condizioni estremamente acide o alcaline. Il Prof Mick Foley della La Trobe University di Melbourne ha detto che le molecole dello squalo possono legarsi con le cellule tumorali e impedirne la loro diffusione. Gli squali sono stati scelti per il progetto perché hanno robusto sistema immunitario e raramente soccombono alle infezioni ed è auspicabile che possano essere utilizzati per il trattamento di altre condizioni, come la malaria e l'artrite reumatoide. (fonte: takecare.it)

Tumore al polmone, bocciato il beta-carotene in pastiglia 14/10/2008 13:56
Molti parevano pronti a giurarci: negli anni scorsi tante ricerche hanno provato a dimostrare che i carotenoidi proteggono dal tumore al polmone. Adesso la doccia fredda: la revisione degli studi condotti finora sull'argomento, pubblicata sull'American Journal of Clinical Nutrition, suona come un verdetto negativo e senza appello. Le proprietà anticancro dei supplementi a base di carotenoidi, scrivono Lisa Gallicchio e i suoi collaboratori dell'Università Johns Hopkins di Baltimora, sono pressoché nulle. REVISIONE – I ricercatori hanno rianalizzato i dati provenienti da 6 sperimentazioni randomizzate e 25 studi prospettici: mettendo assieme tutti i risultati emerge chiaramente che né il beta-carotene, né altri carotenoidi (come luteina, zeaxantina e beta-criptoxantina) riducono il rischio di ammalarsi di cancro al polmone. In qualche caso è emersa un'associazione inversa fra il livello di carotenoidi nel sangue e la probabilità di sviluppare il tumore: la diminuzione del rischio, però, era comunque lieve e poco significativa; per di più secondo gli autori potrebbe essere soltanto lo specchio di uno stile di vita più sano. Rilevare molti carotenoidi nel sangue significherebbe, in altri termini, esserseli procurati con una dieta ricca di frutta e verdura: questo sì può ridurre il rischio di ammalarsi, ma non i supplementi. «Vero: fermo restando che il primo passo per diminuire davvero il pericolo di sviluppare un cancro al polmone è smettere di fumare, il secondo è un'alimentazione sana ed equilibrata», conferma Andrea Ghiselli, ricercatore dell'Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione. ANTIOSSIDANTI – Ma perché tanti hanno creduto che i carotenoidi potessero davvero prevenire il tumore al polmone? «Una ventina di anni fa si cominciò a capire qualcosa sugli effetti degli antiossidanti», racconta Ghiselli. «Si notò che la dieta mediterranea, che ne apporta in quantità, riduceva la mortalità per eventi cardiovascolari e cancro, con una correlazione evidente fra i livelli plasmatici di antiossidanti e il rischio di ammalarsi. Si osservò poi che lo stress ossidativo può essere responsabile della comparsa di malattie cardiovascolari e tumori: da qui a pensare che i supplementi a base di antiossidanti fossero protettivi il passo è stato breve». I carotenoidi, inoltre, sono particolarmente attivi quando c'è poco ossigeno: ideali da usare nei fumatori, allora, che hanno i polmoni ricoperti di catrame e quindi una tensione di ossigeno molto bassa a livello polmonare. «Anni fa perciò sono partite sperimentazioni per provare l'efficacia di questi antiossidanti, ma i risultati sono stati scoraggianti», riferisce l'esperto. «Un trial fu addirittura interrotto perché chi prendeva carotenoidi registrò un rischio di tumore al polmone del 18 per cento maggiore rispetto a chi non li assumeva. Il messaggio, in fondo, è semplice: se carotenoidi e antiossidanti arrivano dalla dieta fanno senza dubbio bene, se si sceglie la via degli integratori l'effetto positivo non è per niente scontato», conclude Ghiselli. (fonte: corriere.it)

Camminare mezz'ora al giorno riduce il rischio del tumore del seno 14/10/2008 13:55
Camminare mezz'ora al giorno riduce il rischio del tumore del seno. «Finora era noto che fare tutti i giorni un'attività fisica anche minima, come una camminata di mezz'ora aiuta a ridurre il rischio di recidive, ma ci sono forti sospetti che possa essere utile anche nella prevenzione primaria», ha detto il segretario nazionale dell'Associazione Italiana di Oncologia Medica (Aiom), Marco Venturini, nel congresso dell'associazione in corso a Verona. «La principale forma di prevenzione del tumore del seno resta lo screening mammografico - ha detto Venturini - ma adesso si comincia a pensare anche ad altro». Sebbene quello del seno sia ancora oggi il tumore più diffuso nelle donne, negli ultimi anni sono stati ottenuti risultati importantissimi: «se oggi l'80% dei casi guarisce, è il momento di pensare ad altre forme di prevenzione oltre a quelle tradizionali e di dedicarsi ad aspetti che 15 anni fa potevano sembrare inutili». ATTIVITA' FISICA - L'attività fisica è tra questi e si calcola che possa offrire un vantaggio valutabile nell'1%-2%: trascurabile in passato, quando dal tumore del seno guariva solo una minoranza, ma importante adesso che guariscono otto donne su dieci. Perchè il movimento abbia questo effetto protettivo non è ancora chiaro e secondo Venturini l'ipotesi più probabile è che si in quadri in uno stile di vita sano, nel quale l'attività fisica si accompagna a una dieta a basso contenuto acidi grassi, senza burro e insaccati e basata su olio d'oliva, latte scremato e poco formaggio. (fonte: corriere.it)

PSAWatch il nuovo test per misurare il rischio di sviluppare un cancro alla prostata 11/10/2008 12:34
Per predire il rischio di cancro alla prostata esiste un test che si fa sul sangue che valuta il livello di un marcatore del cancro, chiamato "Antigene prostatico specifico" o Psa. Per avere questi risultati gli uomini devono aspettare giorni. Nel Regno Unito è stato lanciato un nuovo test che predice il rischio di sviluppare un cancro alla prostata in 10 minuti. Psa è una proteina che fuoriesce dalla prostata quando è danneggiata. Un livello elevato di Psa non significa necessariamente che il paziente ha il cancro, ma potrebbe suggerire la necessità di fare ulteriori esami. Si chiama "PSAWatch", e per farlo funzionare basta solo una goccia di sangue che viene analizzata da un dispositivo portatile. Costa 40 sterline ed è disponibile in tutto il Regno Unito ma presto arriverà anche in Italia. (fonte: takecareblog.it)

Il vino rosso riduce i rischi di cancro al polmone 11/10/2008 12:32
Stando a quanto è emerso da uno studio condotto da un gruppo di ricercatori del Department of Research and Evaluation di Pasadena, in California, e pubblicato sulla rivista Cancer Epidemiology, Biomarkers & Prevention, un consumo moderato di vino rosso puo' diminuire il rischio degli uomini di sviluppare il cancro al polmone. Chun Chao, coordinatore dello studio, ha spiegato che "Un componente antiossidante del vino rosso puo' essere protettivo contro il cancro al polmone, in particolare tra i fumatori" I ricercatori hanno analizzato i dati raccolti grazie alla collaborazione col California Men's Health Study, che collegavano i dati clinici del sistema sanitario della California con quelli auto-rilasciati da 84.170 uomini di eta' compresa tra i 45 e i 69 anni. I dati demografici e gli stili di vita del campione, raccolti tra il 2000 e il 2003, sono stati confrontati e rapportati individuando 210 casi di cancro al polmone. Lo studio è proseguito valutando l'effetto del consumo di birra, di vino rosso, di vino bianco e di liquore sul rischio di sviluppare il cancro ai polmoni ed i risultati indicherebbero che tra i partecipanti allo studio vi sia stato in media il 2 per cento di rischio in meno associato a chi ha consumato del vino rosso e in particolare il campione che ha dichirato di consumare vino nel quantitativo di uno o due bicchieri di al giorno ha mostrato un 60 per cento in meno di rischio di sviluppare il cancro ai polmoni. Chao spiega i dati sostenendo che "Il vino rosso e' noto per il fatto che contiene elevati livelli di antiossidanti. Vi e' un composto chiamato resveratrolo che ha dimostrato di apportare significativi benefici per la salute". Ma i ricercatori hanno anche sottolineato che le conclusioni del loro studio non dovrebbero essere interpretate come un invito a consumare più alcolici. (fonte: molecularlab.it)

La genomica contro il tumore al seno 11/10/2008 12:32
Il tumore al seno colpisce ogni anno circa 32 mila donne in Italia. Il tasso di mortalità negli ultimi 5 anni ha iniziato a decrescere. Secondo le statistiche nel 70% dei casi si ottiene la guarigione completa, mentre la cifra sale al 90% nel caso in cui si riesca ad avere una diagnosi precoce. Ogni anno il carcinoma mammario fa registrare nel mondo oltre un milione di nuovi casi con un'incidenza nei Paesi europei di una donna ogni 16. Oggi grazie alla genomica è possibile fare una mappatura dei geni del tumore e conoscere quindi la tendenza di questo a formare recidive. Grazie a queste informazioni il medico potrà scegliere una terapia più aggressiva e mirata per la sua paziente oppure un trattamento più leggero per quelle che non sono a rischio di recidiva, per salvaguardarne la qualità di vita. Così spiega il dott. Luca Gianni direttore dell'Oncologia medica all'Istituto Nazionale dei Tumori di Milano. I test genomici sono già disponibili in America ed in Europa ma se in America il loro uso è prassi comune, in italia ancora non sono diffusi poiché non vi sono linee guida di riferimento e a causa dell'ingente costo, non coperto dal SSN. In ogni caso questi test rappresentano un notevole passo avanti nella conoscenza della malattia ed un valido supporto nella scelta terapeutica della paziente. I test disponibili sono stati sviluppati in concerto dai professori Soon Paik e Rene Bernards che, insieme al prof. Richard Simon del National Cancer Institute di Bethesda, presenzieranno al seminario che si svolgerà all'Istituto dei tumori di via Venezian, l'ottavo organizzato dalla Fondazione Michelangelo, per discutere con i professori Lajos Pusztai e Antonio Wolff, sull'efficacia dei biomarcatori, oggi usati, nella caratterizzazione della malattia e dell'influenza che la genomica possa avere sulla scelta terapeutica Il dott. Gianni spiega che "È proprio questo aspetto che interessa a noi oncologi, capire se una donna con diagnosi di cancro alla mammella e sottoposta a chirurgia per la prima volta possa avere un esito favorevole della malattia. I biomarcatori e i profili di espressione genica dei tumori possono aiutarci a fare cioè scelte meditate, più modulate alle reali esigenze della paziente". (fonte: molecularlab.it)

Nuovo test per il cancro alla prostata 11/10/2008 12:30
Un nuovo test in grado di predire il rischio individuale di sviluppare il cancro alla prostata è stato lanciato nel Regno Unito. Il test, chiamato "PSAWatch", consiste in un esame del sangue grazie al quale è possibile indagare il livello di un marcatore del cancro chiamato "Antigene prostatico specifico" o Psa, in soli 10 minuti, grazie ad un dispositivo portatile. Proprio nel tempo ridotto risiede il carattere di novità di questa analisi, che si propone come alternativa ai test tradizionali per i quali la risposta richiede di norma diversi giorni e l'analisi richiede laboratori specializzati. Il Psa e' una proteina che fuoriesce dalla prostata quando e' danneggiata e sebbene un livello elevato di Psa non significa necessariamente che il paziente abbia il cancro, potrebbe suggerire la necessità di fare ulteriori esami. Il nuovo test, grazie alla sua velocità, dovrebbe rendere piu' facile diagnosticare in tempo la malattia. Per funzionare ha bisogno soltanto di campione di sangue che viene analizzata da un dispositivo portatile. Tim Larner, un consulente urologo della Brighton e Sussex University Hospitals NHS Trust, dice che "Questo test e' importante per i pazienti che vogliono monitorare attivamente i loro livelli di Psa e per i pazienti che necessitano di questo monitoraggio regolare per misurare la progressione della malattia e l'efficacia dei trattamenti". Il test costa 40 sterline (poco piu' di 57 euro) ed e' disponibile in tutto il Regno Unito. (fonte: molecularlab.it)

Tumore al polmone, nuova terapia poco invasiva 11/10/2008 12:29
Una nuova terapia poco invasiva che limita i danni ai tessuti sani, la crioablazione, permette di curare il tumore al polmone con il freddo. Per il momento (Ottobre 2008) questa tecnica, applicata per la prima volta in Italia, è stata sperimentata su 5 pazienti sardi con tumore al polmone. La sperimentazione della Crioablazione, o Crioterapia, condotta presso l'ospedaliero Oncologico Businco di Cagliari, è stata coordinata dal radiologo interventista Claudio Pusceddu. La Crioterapia è una tecnica altamente innovativa che consiste nell'uso di un dispositivo formato da una sonda e da aghi, in grado di congelare i tessuti portandoli a temperature fino a -41°C sotto zero e di scongelarli gradualmente fino a provocare uno shock termico che determina la morte delle cellule tumorali. Già sperimentata con successo per il cancro della prostata, del rene e dell'osso, è indicata soprattutto per i pazienti affetti da tumore del polmone non trattabile chirurgicamente, o con metastasi che non rispondono più a chemioterapia, e ha il vantaggio di essere ben tollerata. Nella maggior parte dei casi è eseguibile in anestesia locale e offre la possibilità di distruggere in una singola seduta, della durata di 1 ora circa, tumori di dimensioni notevoli (anche superiori a 10 cm). La tecnica è inoltre ripetibile nei casi di distruzione tumorale incompleta o di ricrescita e presenta un basso costo in termini di ospedalizzazione e di disagio sociale. I pazienti sino ad ora operati tramite Crioablazione presentano attualmente delle buone condizioni cliniche. L'utilizzo di questa tecnica apre pertanto un importante scenario per la lotta al tumore al polmone che rappresenta una delle più comuni cause di morte per cancro. Come funziona la Crioablazione La crioterapia (CT) si basa sul principio che il congelamento dei tessuti con temperature inferiori a - 20°C, seguito da lento scongelamento, causano uno shock termico con conseguente morte cellulare. La tecnica, altamente innovativa, viene eseguita in anestesia locale ed è già stata sperimentata da anni con successo nel trattamento dei tumori maligni del rene e della prostata. Tale procedura risulta indicata anche nei pazienti affetti da tumore primitivo del polmone non trattabile chirurgicamente o con metastasi del polmone che non rispondono più a chemioterapia. Tramite la sonda possono essere posizionati all'interno dei tessuti da trattare fino a venti "crioaghi" monitorati grazie a un tomografo computerizzato che permette un preciso controllo dell'intervento e impedisce che vengano danneggiati i tessuti sani. All'interno della "criosonda" viene fatto circolare del gas Argon che permette un rapido congelamento del tessuto (si arriva al di sotto dei 40°C, temperatura in cui ogni processo metabolico cellulare cessa). Si forma così una sorta di massa di ghiaccio, l'ice ball, che avvolge completamente la massa maligna. Successivamente, attraverso gli stessi aghi viene fatto passare del gas Elio che determina invece lo scongelamento del tessuto con danno immediato ed irreversibile alle cellule tumorali. Questa tecnologia è stata messa a punto da pochi anni in Israele. Rispetto alla Crioterapia che l'ha preceduta le differenze sono notevoli, in particolare: L'uso di crioaghi notevolmente più sottili con minor rischio durante l'infissione dell'ago nel tessuto L'utilizzo dell'argon come gas per formare il ghiaccio (prima si usava l'azoto liquido ma con difficoltà nel calibrare la necrosi con rischi elevati di danno iatrogeno durante il trattamento) L'assenza della fase di scongelamento (bisognava aspettare che il ghiaccio scongelasse spontaneamente con peggioramento delle condizioni cliniche in caso di reazioni indesiderate) Tra i principali vantaggi della crioblazione attualmente usata: Assenza di dolore periprocedurale Assenza della sindrome post ablativa Perfetto controllo dell'aera di necrosi Degenza breve (1-2 giorni), eseguibile in anestesia locale Può essere ripetuta in caso di metastasi o recidive La crioablazione non si sostituisce alla chirurgia nel trattamento delle neoplasie polmonari, ma la affianca in tutti quei casi in cui non si può procedere all'operazione, o il paziente non risponde alla chemioterapia o, ancora, in presenza di tumori recidivanti. (fonte: universonline.it)

Più informazione sulla brachiterapia prostatica 11/10/2008 12:27
Dopo più di 10 anni dalla sua comparsa, la tecnica terapeutica della brachiterapia prostatica per il cancro alla prostata è ancora troppo poco conosciuta in Italia. In Italia il carcinoma della prostata è la forma di cancro più diffusa nella popolazione maschile: la sua prevalenza è di 623 soggetti colpiti ogni 100.000 persone, con una crescita complessiva in 10 anni del 197 per cento. Si stima che nel 2010 in Italia i casi saliranno a 1.000 soggetti ogni 100.000 persone, rappresentando il 30% di tutti i tumori maschili. La brachiterapia prostatica a basso dosaggio (LDR, Low Dose Rate) è una forma di radioterapia mirata che consiste nell’impianto di minuscoli semi radioattivi, per un tempo predeterminato, all’interno della prostata. La radiazione emessa dai semi distrugge le cellule cancerose, minimizzando gli effetti sui tessuti circostanti. La brachiterapia, nel trattamento dei pazienti con cancro alla prostata localizzato e in fase iniziale, adeguatamente selezionati, ha dimostrato risultati oncologici sovrapponibili a lungo termine a quelli della radioterapia a fasci esterni e del trattamento chirurgico. La brachiterapia è un trattamento minimamente invasivo, è caratterizzata da un basso tasso di complicanze e garantisce un’ottima preservazione della qualità di vita in pazienti adeguatamente selezionati. In particolare, molti studi riportano un elevato tasso di preservazione della continenza urinaria e della funzione sessuale. L'Advisory Board Italiano per la Brachiterapia Prostatica ha sviluppato e presentato ieri il portale informativo www.prostatebrachytherapyinfo.it. Il sito ha lo scopo di fornire a medici, pazienti e loro familiari e a chi si occupa di comunicazione scientifica informazioni puntuali e aggiornate sulla brachiterapia prostatica. Nel sito sono disponibili risorse mirate alle esigenze dei diversi utilizzatori, tra le altre una sezione dedicata agli studi costantemente aggiornata, per accompagnare il paziente nel suo percorso verso la guarigione dalla malattia e aiutare il medico che lo ha in cura con informazioni puntuali e aggiornate sulle diverse terapie del cancro alla prostata. L'Advisory Board Italiano per la Brachiterapia Prostatica è formato da urologi e radioterapisti che operano in modo sinergico per promuovere lo sviluppo della brachiterapia a livello nazionale aumentando la consapevolezza dei pazienti e dei medici in merito all'efficacia e ai potenziali vantaggi di tale metodica. Ne fanno parte: Giuseppe Morgia, urologo, Direttore della Clinica Urologica e della Scuola di Specializzazione in Urologia dell'Università degli Studi di Messina, Luciano Nava, urologo, Aiuto e Professore a Contratto presso il Dipartimento e Cattedra di Urologia, Ospedale San Raffaele Turro, Università Vita-Salute di Milano, Roberto Orecchia, Chairman, oncologo radioterapista, Professore Ordinario di Radioterapia e Direttore della Scuola di Specializzazione in Radioterapia presso l’Università degli Studi di Milano, Direttore della Divisione di Radioterapia dell’IEO Istituto Europeo di Oncologia di Milano, Umberto Ricardi, oncologo radioterapista, Professore I Fascia Radioterapia Università di Torino, Direttore Radioterapia Azienda Ospedaliero-Universitaria San Giovanni Battista di Torino. Questo progetto è supportato da un educational grant Oncura. Vi è dunque ora un nuovo impegno informativo per tutelare la salute dei malati di cancro alla prostata. Tutti i malati e coloro che si interessano di salute e benessere, ovviamente, potranno continuare ad essere informati tempestivamente ed esaurientemente sul nostro portale di Italiasalute. Letteratura di riferimento: 1. Roberta De Angelis, Enrico Grande, Riccardo Inghelmann, Silvia Francisci, Andrea Micheli, Paolo Baili, Elisabetta Meneghini, Riccardo Capocaccia, Arduino Verdecchia, Cancer prevalence estimates in Italy from 1970 to 2010, Tumori, 93: 392-397, 2007. 2. Riccardo Inghelmann, Enrico Grande, Silvia Francisci, Arduino Verdecchia, Andrea Micheli, Paolo Baili, Gemma Gatta, Riccardo Capocaccia, Riccardo Valdagni, Roberta De Angelis, Regional estimates of prostate cancer burden in Italy, Tumori, 93: 380-386, 2007. 3. Frank S, Pisters L, Davis J, Lee A, Bassett R, Kuban D. An Assessment of Quality of Life Following Radical Prostatectomy, High Dose External Beam Radiation Therapy and Brachytherapy Iodine Implantation as Monotherapies for Localized Prostate Cancer. The Journal of Urology, Volume 177, Issue 6, Pages 2151—2156, 2007. 4. Sylvester JE, Grimm PD, Blasko JC et al. 15-Year biochemical relapse free survival in clinical Stage T1 — T3 prostate cancer following combined external beam radiotherapy and brachytherapy; Seattle experience. International Journal Radiation Oncology Biology Physics 2007; 67:57—64. (fonte: italiasalute.it)

Tumore alla gola, importante la prevenzione 11/10/2008 12:25
Il carcinoma del cavo orale colpisce in Italia circa 6.000 persone. Basterebbe una visita specialistica di pochi minuti per diagnosticarlo precocemente e per effettuare le cure con successo. A ribadirlo sarà l'Associazione nazionale dentisti italiani (Andi) in occasione della seconda edizione dell'Oral Cancer Day, la giornata tutta dedicata all'informazione sul tumore al cavo orale che avrà luogo venerdì 10 ottobre in 80 piazze italiane, con possibilità di effettuare controlli gratuiti finalizzati a intercettare la neoplasia. «Si parla troppo poco di tumori del cavo orale, forse perché li si ritiene relativamente poco frequenti – dice il presidente di Andi, Roberto Callioni. Per questo vogliamo sensibilizzare il pubblico e motivarlo verso una corretta igiene orale, per prevenire le più comuni malattie che possono interessare bocca e denti, con una particolare attenzione verso le patologie più gravi». Al contrario di quanto si crede, infatti, si tratta di una forma di cancro che rappresenta circa il 7% di tutti i tumori e quasi il 40% di quelli dell'area testa e collo, e interessa soprattutto gli uomini nell'età compresa tra i 50 e 70 anni.E, anche in questo caso, fumo e abuso di alcool tornano sotto accusa, a ribadire il ruolo fondamentale della prevenzione: l'assunzione di entrambi comporta un rischio di ammalarsi 20 volte superiore rispetto a quello di un non-fumatore non bevitore. L'iniziativa si occuperà, inoltre, della prevenzione dai papilloma virus, alcuni dei quali (l’Hpv-16 e 18) sembrano avere un ruolo diretto nelle aree di sviluppo del cancro delle vie aeree superiori. Testimonial d'eccezione, l'inviato di "Striscia la notizia", Max Laudadio, che si è spesso occupato di abusivismo nel settore odontoiatrico. (fonte: agoranews.it)

L'olio delle bucce d'arancia alleato della prostata 11/10/2008 12:24
Arance, frutto anticancro per eccellenza. In particolare, l’olio essenziale della buccia si è dimostrato un alleato per la cura e la prevenzione del tumore alla prostata. Una categoria di nuovi farmaci antinfiammatori e antitumorali derivati dai triterpenoidi naturali, molecole simili agli oli essenziali delle bucce d’arancia, potrebbe costituire una risorsa terapeutica e preventiva per la popolazione maschile a rischio tumore prostatico. Soprattutto quando esista una storia familiare di malattia. La scoperta, pubblicata sulla rivista internazionale «Cancer Research», è dell’equipe guidata da Adriana Albini dell’IRCCS MultiMedica di Milano e Francesca Tosetti dell’IST di Genova. I dati sono stati presentati nel corso del congresso nazionale della Società italiana di cancerologia di Napoli dai tre giovani ricercatori di Multimedica Ilaria Sogno, Rosaria Cammarota e Luca Generoso, in collaborazione con Roberta Venè di Genova. «Abbiamo scoperto - spiega Albini, responsabile ricerca oncologica IRCCS MultiMedica - che i triterpenoidi sintetici uccidono preferenzialmente le cellule di tumore alla prostata insensibili alla terapia ablativa ormonale riattivando alcune vie di morte cellulare programmata potenzialmente molto efficaci, ma sopite nelle cellule tumorali». (fonte: lastampa.it)

Come prevenire il cancro alla prostata? 05/10/2008 14:23
Nel 1992, il Movimento di opinione per la città "Il Ponte" non esisteva ancora, tuttavia grazie alle persone che oggi costituiscono l'associazione, sono state portate avanti importanti iniziative, quali la campagna di sensibilizzazione per la diagnosi precoce del tumore al seno. A quell'epoca, i tempi non erano maturi e i costi proibitivi per "Il Ponte" e per la stessa USL, quindi non era possibile avviare una vera e propria campagna di screening: tuttavia, grazie all'adesione totale dei medici di famiglia, venne avviata una campagna di sensibilizzazione con l'obiettivo di attuare una prevenzione secondaria del tumore al seno. I risultati furono altrettanto buoni e con costi decisamente inferiori. Oggi, "Il Ponte" torna con un'iniziativa simile che si rivolge però alla popolazione maschile. Perchè quando si parla di prevenzione si pensa immediatamente alle donne? Nonostante il successo dello screening per i tumori del colon, che colpisce sia gli uomini che le donne, non esistono iniziative decisive per la prevenzione dei tumori che colpiscono esclusivamente gli uomini, come il tumore alla prostata. E qui entra in scena la nostra associazione. Nel 2006, il Dr. Fiaccavento viene chiamato come ospite durante la trasmissione televisiva condotta dal Dr. Madeyski all’interno di "Cronache del Veneto Orientale". Il Dr. Fiaccavento parla del Tè Verde, esponendo gli ottimi risultati della bevanda nella prevenzione del tumore alla prostata. Il Dr. Madeyski, ispirato dall'idea, comincia a studiare il problema e a raccogliere gli studi delle università di varie nazioni attestanti il dato e gli altri effetti benefici del Tè a tutti i livelli. L'idea è di mettere in commercio un Tè Verde senza controindicazioni, e il progetto prende forma nel 2008, quando il Tè Verde del Benessere viene distribuito e venduto in tutto il Veneto. Il Tè Verde del Benessere è completamente naturale: non contiene dolcificanti o coloranti ed ha un alto contenuto di antiossidanti -catechine e polifenoli- che apportano numerosi effetti benefici nella prevenzione e nella riduzione dell'incidenza del cancro alla prostata. A questo punto, il Dr. Madeyski, ripensando al successo dell'iniziativa del 1992, propone il progetto "La prevenzione non è solo donna. Come prevenire il cancro alla prostata?" Il 18 ottobre, al centro culturale "Leonardo da Vinci" di San Donà di Piave, interverranno numerosi urologi del Veneto Orientale e medici di famiglia, che parleranno al pubblico del tumore alla prostata e, in particolare, della prevenzione primaria e secondaria e della diagnosi precoce. Per tutti i presenti, è prevista una confezione in omaggio del Tè Verde del Benessere. Saranno, inoltre, pubblicati 300.000 opuscoli di 4 pagine con consigli pratici per gli uomini, disponibili in tutti gli ambulatori medici del Veneto Orientale.

Formazione dei tumori, nuova ipotesi 04/10/2008 16:40
Secondo un recente studio il cancro sembrerebbe dipendere da più fattori, un'alterazione del DNA non è l'unica causa responsabile della patologia in quanto anche l'RNA potrebbe avere un ruolo nella formazione dei tumori. Questa è la conclusione di una ricerca, coordinata da Saverio Alberti, condotta presso l'Unità di Patologia Oncologica dell'Università di Chieti. I dettagli dello studio sono stati pubblicati sulla prestigiosa rivista scientifica internazionale Cancer Research (Ottobre 2008). La ricerca, sostenuta dalla Fondazione della Cassa di Risparmio di Chieti e dall'ABO Project di Venezia, ha dimostrato che RNA derivati da due geni normali possono fondersi in un'unica molecola dando origine ad un RNA ibrido anomalo che può generare un tumore maligno. L'RNA, o ARN (acido ribonucleico), è un intermediario tra il DNA e le proteine. Sebbene chimicamente l'RNA è molto simile al DNA, a differenza di quest'ultimo non è in grado di replicarsi da solo. I due geni al centro dello studio sono la CICLINA D1, un importante componente della regolazione del ciclo cellulare, e TROP2, un gene scoperto dal team del prof. Saverio Alberti, che è in grado di stimolare la crescita del cancro e che è espresso dalla maggior parte dei tumori nell'uomo. L'RNA ibrido è stato rilevato prevalentemente in particolari neoplasie quali: tumore dello stomaco, tumore del colon, tumore dell'ovaio, tumore dell'utero, tumore del rene e in un sottogruppo dei tumori del seno. Fino ad oggi era idea comune che tutti i tumori si originassero da un'alterazione del DNA, nello specifico da mutazioni di particolari geni di controllo (oncogeni). Grazie a questa scoperta si aprono però nuovi scenari interessanti. Attualmente la lotta al cancro si basa principalmente sulla prevenzione di mutazioni del DNA indotte dal fumo, da raggi solari o da sostanze radioattive. Prevenire la generazione di un RNA anomalo che origina da geni perfettamente normali richiederà studi approfonditi sui meccanismi che danno origine all'RNA ibrido e sulla loro regolazione. Visto che i vari tumori esprimono l'RNA ibrido a livelli diversi, i ricercatori italiani hanno sviluppato delle nuove metodiche per rilevare la presenza dell'RNA anomalo. Grazie a questo particolare test, che apre la via a nuovi studi diagnostici, si è in grado di misurare i livelli di espressione nel giro di alcune ore. Una futura evoluzione del test potrebbe aiutare a determinare se l'espressione di questo RNA ibrido è legata a specifiche caratteristiche biologiche di particolari sottogruppi di tumori, in particolare alla loro aggressività e sensibilità alle terapie antitumorali. Saverio Alberti spiega che questi risultati potrebbero anche aprire la strada a nuove cure. Per il momento, anche se si è lavorato su cellule in coltura, i ricercatori hanno ottenuto dei buoni risultati riuscendo ad eliminare l'RNA ibrido. Prima di iniziare la sperimentazione sull'uomo bisognerà però attendere, ci sono delle fasi obbligatorie da superare che hanno il compito di valutare la non tossicità dei farmaci e l'effettiva efficacia nei pazienti. (fonte: universionline.it)

Dieta mediterranea contro le malattie cronico-degenerative 04/10/2008 16:38
Un significativo miglioramento dello stato di salute, con una riduzione del 9% della mortalità totale, del 9% della mortalità per cause cardiovascolari, del 13% dell’incidenza di patologie come Parkinson e Alzheimer e del 6% dell’incidenza o mortalità per tumori. Ecco quanto si registra in chi segue stabilmente la dieta mediterranea. I dati emergono da uno studio pubblicato oggi sulla rivista British Medical Journal (BMJ); autori alcuni ricercatori dell’Università di Firenze-Azienda Ospedaliero-Universitaria di Careggi. Il gruppo ha per la prima volta preso in esame 12 studi internazionali presenti in letteratura, che analizzano le abitudini alimentari e lo stato di salute di più di 1,5 milioni di persone seguite per un periodo di tempo che va dai 3 ai 18 anni. Tutti gli studi esaminati utilizzavano un punteggio numerico, chiamato punteggio di aderenza, per calcolare come e quanto i soggetti hanno seguito la dieta mediterranea. «Con una meta-analisi abbiamo messo insieme dati ed elementi statistici ed epidemiologici - spiega Francesco Sofi - Diversi studi hanno dimostrato, negli ultimi anni, l’effetto benefico della dieta mediterranea nei confronti dell’incidenza e della mortalità per malattie croniche, portandola alla ribalta come il modello di dieta da seguire per migliorare la qualità e la durata della vita. Tuttavia, nessuno studio aveva finora revisionato sistematicamente tutti i dati disponibili sull’argomento». La dieta mediterranea prevede un consumo abbondante di certe categorie di alimenti come, olio di oliva, carboidrati, frutta, verdura e pesce, e minore di carne, insaccati, formaggi e derivati, con un moderato consumo di vino rosso durante i pasti. «Alla luce di questi risultati appare importante - sottolinea Sofi - utilizzare il punteggio di aderenza alla dieta mediterranea ideale: può essere uno strumento efficace nella prevenzione delle principali malattie cronico-degenerative. Inoltre, questi dati confermano e rilanciano le raccomandazioni e le linee guida delle più importanti società scientifiche» (fonte: bioblog.it)

Caratteristiche e cure del tumore osseo 04/10/2008 16:36
l tipo più comune di tumore dell'osso è l'osteosarcoma, che si sviluppa dal tessuto osseo; vi è poi il condrosarcoma, che prende origine dalla cartilagine. Infine esiste il sarcoma di Ewing, che origina dalla trasformazione maligna di zone di tessuto nervoso immaturo presenti nel midollo osseo, la zona spugnosa e ricca di cellule che sta all'interno delle ossa. L'osteosarcoma e il sarcoma di Ewing sono più frequenti nei bambini e negli adolescenti, mentre il condrosarcoma colpisce più spesso gli adulti. Bisogna poi considerare i tumori ossei metastatici, ovvero la presenza, all'interno delle ossa, di cellule tumorali provenienti da cancri che si sono formati in altri organi. È questa un'evenienza relativamente frequente, soprattutto in alcuni tipi di tumore come quello polmonare o quello della mammella. In tal caso, però, le caratteristiche della malattia e le cure da somministrare dipendono dal tessuto d'origine e non dalla struttura dell'osso stesso. I sintomi, invece, sono simili a quelli dei tumori di origine ossea. I più colpiti sono i giovani, con un'età media di 19 anni. Interessati sono tutti i segmenti ossei, specie le ossa lunghe (femore, ossa del braccio), colpite in oltre il 90 per cento dei casi, e le ossa del ginocchio, in circa il 50 per cento dei casi. Le cause che portano allo sviluppo di un tumore delle ossa restano sconosciute. Per l'osteosarcoma tuttavia, l'elevata frequenza in giovane età e lo sviluppo di gran parte dei casi durante il periodo di massima crescita ossea permettono di ipotizzare che un fattore predisponente possa proprio essere la crescita. Uno dei fattori di rischio certi è l'esposizione a radiazioni, dato che la radioterapia effettuata per altre forme tumorali è responsabile della comparsa di circa il 4 per cento degli osteosarcomi. Oltre alle radiazioni, sono implicate nella comparsa di osteosarcoma anche le mutazioni a carico di geni oncosoppressori, tra cui il gene p53 localizzato nel cromosoma 17. Infatti, alterazioni di questo gene sono state rilevate in circa il 30-50 per cento dei casi di osteosarcoma. Inoltre mutazioni del gene p53 sono state associate anche a una malattia particolare, la sindrome di Li-Fraumeni, caratterizzata da un'elevata frequenza di diversi tumori tra cui l'osteosarcoma. Un altro fattore genetico predisponente è la perdita del gene oncosoppressore del retinoblastoma (gene RB1), localizzato nel cromosoma 13. La perdita parziale o completa di questo gene porta alla comparsa in età infantile di retinoblastoma, un raro tumore della retina. E i pazienti con retinoblastoma ereditario hanno un rischio di sviluppare osteosarcoma nell'adolescenza circa 500 volte maggiore del normale. Molti studi hanno dimostrato che l'alterazione contemporanea di p53 e RB1 è un evento chiave per la comparsa di diversi tumori, tra cui il tumore dell'osso. Sintomi Il dolore o un gonfiore localizzato in un punto qualsiasi dello scheletro è il sintomo più comune del cancro osseo. Tuttavia i sintomi di esordio possono variare a seconda della localizzazione e della dimensione della neoplasia. Per esempio, i tumori che si formano all'interno o in vicinanza di un'articolazione possono causare tumefazione e dolore localizzato alla zona colpita. Il tumore osseo può anche ostacolare i normali movimenti e indebolire la struttura ossea a tal punto da causare fratture, dette patologiche per distinguerle da quelle dell'osso sano che accadono in presenza di traumi. Altri sintomi, più generali e meno specifici, sono l'affaticamento, la febbre, la perdita di peso e l'anemia. Prevenzione Purtroppo nessun tipo di prevenzione è attualmente disponibile, né alcun tipo di screening diagnostico ha dimostrato di essere efficace nel ridurre la mortalità del tumore osseo. Diagnosi Il primo esame da effettuare è una radiografia della zona interessata, seguita eventualmente dalla scintigrafia ossea o dalla PET (tomografia a emissione di positroni), dalla tomografia computerizzata (TAC) o dalla risonanza magnetica nucleare. Questi sono gli esami strumentali più importanti per la diagnosi, la valutazione dell'estensione della malattia e della risposta alla chemioterapia e per la pianificazione del trattamento chirurgico. Oltre agli esami strumentali va eseguita una biopsia ossea che consiste nel prelevare dall'area interessata un campione di tessuto, che sarà inviato in laboratorio per l'esame istologico al microscopio. La procedura si esegue in ospedale. Nella valutazione dell'estensione della malattia la scintigrafia scheletrica, la PET, la tomografia computerizzata e la risonanza magnetica consentono di scoprire metastasi in circa il 20 per cento dei nuovi casi. Va segnalato che diversi studi hanno dimostrato come otto pazienti su dieci con una diagnosi di tumore localizzato (che quindi non avrebbe già dato luogo a metastasi) sono in realtà portatori delle cosiddette micrometastasi, ovvero piccole quantità di cellule che i normali esami diagnostici (con la parziale esclusione della PET) fanno fatica a identificare. Allo scopo di dividere in diversi stadi il tumore dell'osso, a seconda della sua estensione, la maggior parte dei pazienti è classificata in funzione della presenza del tumore in una sola zona (localizzato) o in più zone (metastatico). Sapere se la malattia è localizzata o diffusa è importante per la scelta del trattamento più indicato. Il tumore osseo si definisce quindi come segue: localizzato se le cellule cancerose sono circoscritte al tessuto osseo in cui il tumore ha avuto origine o non si sono diffuse oltre il tessuto adiacente; metastatico se le cellule tumorali si sono diffuse dal tessuto osseo in cui hanno avuto origine invadendo altre parti del corpo, più spesso i polmoni, ma anche nuove zone dello scheletro; recidivante quando le cellule tumorali si ripresentano dopo il trattamento nella stessa sede del tumore primitivo oppure in un altro organo. Le cure disponibili Le probabilità di guarigione (prognosi) e il tipo di cura dipendono dalle dimensioni e dallo stadio del tumore, dalla durata dei sintomi, dalla possibilità di asportare completamente il tumore visibile o di distruggere le cellule tumorali con la chemioterapia, dai risultati delle analisi e delle altre procedure diagnostiche, nonché dall'età e dalle condizioni di salute del paziente. Esistono tre possibilità terapeutiche: la chirurgia, che consiste nell'asportazione del tumore; la chemioterapia, che consiste nella somministrazione di farmaci che distruggono le cellule tumorali; la radioterapia, che utilizza dosi elevate di raggi X per distruggere le cellule tumorali (poco o nulla efficace in questo tumore). La chirurgia è il trattamento fondamentale e consiste nel rimuovere il tumore e, ove possibile, un margine di tessuto sano circostante. In alcuni casi è tuttavia necessaria l'amputazione parziale o totale dell'arto per garantire che il tumore venga completamente eliminato. Attualmente gran parte dei tumori, specie se la diagnosi è tempestiva, può essere asportata senza amputazione e la parte di osso mancante reintegrata con innesti di tessuto osseo sano. La chemioterapia, invece, distrugge il cancro con farmaci antitumorali che possono essere somministrati per bocca oppure iniettati per via endovenosa o intramuscolare. Tale trattamento viene definito sistemico, non localizzato come la chirurgia o la radioterapia, perché il farmaco entra nella circolazione sanguigna, si diffonde nell'organismo e in questo modo può raggiungere e distruggere le cellule tumorali disseminate nell'organismo. Nel trattamento dei tumori ossei i chemioterapici possono anche essere somministrati nei vasi sanguigni che irrorano la regione in cui è localizzato il tumore: in questo caso si parla di chemioterapia regionale. La chirurgia, quindi, ha lo scopo di rimuovere il tumore localmente, mentre la chemioterapia serve a distruggere le eventuali cellule tumorali residue. Talvolta si procede con un primo ciclo di chemioterapia prima dell’intervento chirurgico (terapia neoadiuvante) con lo scopo di ridurre le dimensioni della massa da asportare, e si fa seguire un secondo ciclo (terapia adiuvante) per eliminare eventuali cellule maligne residue. La radioterapia, infine, consiste nell'applicazione di radiazioni ad alta frequenza per distruggere le cellule neoplastiche e ridurre le dimensioni del tumore. Purtroppo la sua utilità nel trattamento dei tumori ossei è molto limitata. Nel campo delle cure contro i tumori le novità terapeutiche si susseguono continuamente, dunque e auspicabile e possibile che la ricerca scientifica metta presto a disposizione di medici e pazienti nuovi strumenti di diagnosi e cura per contrastare e vincere i tumori ossei. (fonte: italiasalute.it)

Il talco nemico delle donne 30/09/2008 15:46
Attenzione al talco. Il suo uso quotidiano aumenta il rischio di tumori per le donne, in particolare di cancro dell’ovaio. Le probabilità di ammalarsi aumentano del 40 per cento. L’allerta arriva dai ricercatori dell’Harvard Medical School di Boston, con un lavoro pubblicato su «Cancer Epidemiology, Biomarkers and Prevention». Gli esperti temono che la polvere applicata sulle parti intime possa raggiungere le ovaie e innescare un processo infiammatorio che permette alle cellule tumorali di proliferare. E i risultati di questo nuovo studio sembrano evidenziare un rischio più elevato di quanto ipotizzato da precedenti ricerche. Aumenta il rischio di tumore all’ovaio Da qui l’appello al gentil sesso di non mettere più il borotalco sulle parti intime. L’equipe ha coinvolto oltre 3 mila donne, scoprendo che il rischio di cancro cresce del 36% con l’uso settimanale di talco, ma arriva a +41% se l’utilizzo è quotidiano. A maggiori probabilità di ammalarsi vanno incontro le donne con un particolare profilo genetico. La presenza del gene glutatione S-transferasi M1 e l’assenza del gene glutatione S-transferasi T1 triplicano il rischio di tumore. Una donna su 10 presenta questa «carta d’identità» genetica, avvertono i ricercatori. Sotto accusa il «fillosilicato di magnesio» Sotto accusa è il minerale di cui è fatto il talco, il fillosilicato di magnesio: la sua composizione chimica, sostengono gli specialisti, lo rende simile all’amianto, responsabile di una forma letale di cancro del polmone. (fonte: lastampa.it)

Agopuntura e cancro alla mammella 30/09/2008 15:44
Il 24 settembre scorso presso l'American Society for Therapeutic Radiology la ricercatrice Eleanor Walker ha presentato un lavoro clinico randomizzato che fa un confronto tra venlafaxina (Effexor) e agopuntura per la riduzione dei sintomi vasomotori in soggetti con carcinoma della mammella e trattati con terapia ormonale come il tamoxifene o Arimidex. In questo studio di 12 settimane, è stato dimostrato che l'agopuntura riduce le vampate di calore in maniera più efficace rispetto alla venlafaxina e senza gli effetti collaterali che presenta quest'ultimo come diminuzione della libido, insonnia, vertigini e nausea. Il gruppo di confronto sottoposto a agopuntura ha segnalato maggior aumento del benessere, più energia e anche dopo l'interruzione dell'agopuntura le vampate di calore sono durate meno a lungo rispetto al gruppo di pazienti che seguivano la terapia con venlafaxina. Lo studio ha coinvolto 47 donne con cancro della mammella e che avevano una media di 14 vampate di calore a settimana. (fonte: takecareblog)

Farmaci per l'artrite reumatoide e neoplasie ematologiche 30/09/2008 15:42
Uno studio canadese evidenzia un aumento del rischio di neoplasie maligne ematologiche associato all'uso dei farmaci per l'artrite reumatoide, soprattutto per la ciclofosfamide. In questo studio di tipo caso-controllo è stata analizzata, per il periodo 1980-2003, una coorte di 23810 pazienti affetti da artrite reumatoide. Ogni caso affetto da neoplasia maligna ematologica è stato confrontato con 10 controlli, paragonabili per età e sesso. Utilizzando idonei metodi statistici i dati sono stati aggiustati tenendo conto di variabili cliniche e dell'uso concomitante di farmaci. Una neoplasia ematologica si sviluppò in 619 pazienti: linfoma in 346, leucemia in 178 e mieloma multiplo in 95. Il rischio di neoplasia ematologica era non significativo per il methotrexate (rate ratio aggiustata 1,18; 0,99-1,40), mentre era statisticamente significativo per azatioprina (1,44; 1,01-2,03) e ciclofosfamide (2,21; 1,52-3,20). Per quanto riguarda i farmaci biologici non sono stati trovati abbastanza dati per poter trarre conclusioni, essendo il loro uso troppo recente. Gli autori concludono che il rischio di sviluppare una neoplasia ematologica maligna è elevato soprattutto dopo l'uso di ciclofosfamide, mentre il rischio per i nuovi farmaci deve essere attentamente considerato in relazione a farmaci usati insieme o precedentemente. Fonte: Bernatsky S et al. Hematologic Malignant Neoplasms After Drug Exposure in Rheumatoid Arthritis Arch Intern Med. 2008 feb 25;168:378-381. Commento di Renato Rossi L'artrite reumatoide è una malattia ad evoluzione cronica e altamente invalidante che richiede da una parte una terapia sintomatica con FANS e steroidi (che però potrebbero avere un ruolo anche nel rallentamento della progressione del danno articolare), dall'altra l'uso di farmaci di fondo per periodi molto lunghi. Questi farmaci, chiamati DMARD (Disease Modifying Anti Rheumatic Drug), sono in grado di modificare in senso positivo il decorso della malattia, ma possono essere gravati da effetti collaterali gravi. I DMARD vengono suddivisi in farmaci classici (per esempio:methotrexate, ciclofosfamide, azatioprima, etc.) e farmaci biologici (per esempio: adalimimab, etanercept, infliximab, etc.). Lo studio caso-controllo canadese recensito in questa pillola è stato effettuato su una coorte molto numerosa di pazienti affetti da artrite reumatoide e può vantare un follow-up di ben 23 anni. Pur con tutti i difetti noti per questo tipo di studi esso suggerisce che i farmaci tradizionali usati per la terapia di fondo dell'artrite reumatoide sono associati ad un aumento del rischio di neoplasie ematologiche, tuttavia il rischio non è uguale per tutti. Per esempio il methotrexate non sembra essere associato ad un rischio statisticamente significativo, mentre il farmaco più pericoloso per questo effetto collaterale risulterebbe la ciclofosfamide. D'altra parte vi sono numerosi studi di tipo osservazionale che hanno evidenziato un aumento del rischio di linfomi e di altre patologie neoplastiche ematologiche nell'artrite reumatoide. La ragione di questa associazione non è del tutto chiara, anche se sembra esservi una relazione con la severità della malattia, a cui può contribuire l'uso dei farmaci di fondo [1]. Inoltre è stato dimostrato che i malati di artrite reumatoide hanno una aumentata mortalità per tutte le cause e per patologie cardiovascolari rispetto a chi non soffre di questa patologia [2]. L'uso dei farmaci biologici è troppo recente, per cui lo studio canadese non ha potuto determinare se anche con questi vi fosse un rischio di neoplasie ematologiche. Tuttavia anche con gli anti TNF sembra vi sia una associazione con un aumento del rischio di linfoma [3,4], ma questo potrebbe dipendere dal fatto che i pazienti con forme più gravi e quindi più a rischio vengono trattati con questi farmaci [3]. Un rilievo del genere potrebbe essere fatto anche per la ciclofosfamide. Rimane quindi ancora il dubbio se vi sia una relazione causa-effetto tra linfomi ed altre malattie maligne ematologiche e farmaci di fondo [3] o se tale aumento sia soprattutto legato alla malattia di base ed alla sua severità. Referenze 1. Baeklund E et al. Rheumatoid arthritis and malignant lymphomas. Curr Opin Rheumatol 2004 May; 16:254-261 2. Goodson N et al. Cardiovascular admissions and mortality in an inception cohort of patients with rheumatoid arthritis with onset in the 1980s and 1990s. Ann Rheum Dis 2005;64:1595-1601. 3. Wolfe F et al. Lymphoma in rheumatoid arthritis: the effect of methotrexate and anti-tumor necrosis factor therapy in 18,572 patients. Arthritis Rheum 2004 Jun; 50:1740-1751 4. Geborek P et al. Tumour necrosis factor blockers do not increase overall tumour risk in patients with rheumatoid arthritis, but may be associated with an increased risk of lymphomas. Ann Rheum Dis 2005;64: 699-703. (fonte: pillole.org)

30% degli italiani mai dall'urologo 26/09/2008 11:11
Gli uomini italiani vengono bocciati in prevenzione dei tumori e delle malattie prostatiche. Ben il 33% di essi, infatti, non ha mai effettuato una visita urologica e il 50% non manifesta segni di preoccupazione al manifestarsi di episodi di incontinenza o se diviene necessario alzarsi di notte per andare in bagno. Questi sono i primi risultati dell'indagine condotta dalla Società italiana di urologia (Siu) in 100 piazze italiane, presentati a Roma durante il congresso 'Centenario della società scientifica' in programma nella capitale. “L'urologia fa strada”, il progetto itinerante partito nel mese di maggio 2008, ha fatto la sua ultima tappa nella capitale, dopo aver contattato 16 mila persone intervistate da 350 urologi in 100 città. I dati, elaborati da Fabio Parazzini dell'Istituto farmacologico Mario Negri di Milano, tracciano un quadro della conoscenza degli italiani in tema di urologia con diversi chiaroscuri. Se infatti il 70% degli uomini intervistati dichiara di essersi sottoposto a un dosaggio di Psa, un'analisi utile alla prevenzione del cancro alla prostata, la percentuale di coloro che conoscono realmente l'importanza di questo esame e la collegano al rischio tumore scende al 35%. E se è vero che più del 90% dichiara di sapere di sapere di cosa si occupa l'urologo, uno su due trascura le possibili spie di un problema. In fatto di informazione in urologia, però, i maschi sono leggermente in vantaggio sulle donne. Per quanto riguarda le conoscenze in dettaglio delle patologie della sfera urologica, infatti, gli uomini battono il gentil sesso con un 88,7% contro l'81%. E se solo il 33% degli uomini ha fatto una visita specialistica nella vita, le donne scendono al 25%. Anche se va considerato che spesso le pazienti risolvono i loro dubbi in materia rivolgendosi ad altri specialisti. Bassa, invece, la percentuale di intervistati (circa il 19%) che hanno effettuato almeno una volta un dosaggio di testosterone. "Eppure questo ormone, di cui pochi conoscono l'importanza - ricorda il presidente della Siu, Vincenzo Mirone - è fondamentale nel controllo della normale funzione di molti organi e apparati. Anche per questo stiamo puntando molto sulla ricerca in questo campo. Negli ultimi anni, infatti, il testosterone è stato scagionato dall'accusa di provocare il tumore alla prostata". Si è capito che integrazioni possono favorire il cancro solo quando è già insorto. "Mentre - continua Mirone - potrebbe essere utile in molti casi, perché questo ormone dà vigore muscolare ma controlla anche l'aggressività e, in qualche modo, la voglia di fare”. "Nei prossimi anni potrebbe trovare molti utili impieghi", dice l'esperto che annuncia il proseguimento dell'indagine per il prossimo anno, sempre con il sostegno di acqua Rocchetta che ha sostenuto l'indagine di quest'anno. Per quanto riguarda invece il congresso del centenario, sono previste 7 giornate di lavori scientifici, letture, corsi e approfondimenti, per un totale di circa 70 ore di attività per i 1.500 congressisti e quasi 9 mila metri quadri di superficie occupata. Gli specialisti si confronteranno su un ampio spettro di argomenti di urologia: le più recenti metodologie per la prevenzione, la diagnosi e trattamento dei tumori dell'apparato uro-genitale (prostata, vescica e rene), soluzioni chirurgiche e farmacologiche per le diverse patologie. Una parte importante del congresso sarà invece dedicata, e questa è solo una delle novità di quest'anno, all'andrologia. (fonte: italiasalute.it)

Dagli acceleratori laser nuove prospettive per la radioterapia 26/09/2008 11:09
Gli acceleratori di particelle di cui tanto si parla in questi giorni, in seguito al collaudo di Lhc al Cern di Ginevra, forse non sono ancora pronti per ricreare le condizioni post Big Bang, come il recente guasto sembra aver dimostrato. Trovano però inaspettata applicazione in campo medico, in particolare nella terapia dei tumori. Gli acceleratori per radioterapia potrebbero essere rivoluzionati dal laser. Un gruppo di ricercatori europei, coordinato da Antonio Giulietti dell’Istituto per i processi chimico fisici del Consiglio nazionale delle ricerche (Ipcf-Cnr), ha sperimentato con successo a Saclay (Francia) un acceleratore di elettroni basato su un laser “da tavolo” che potrebbe cambiare lo scenario della radioterapia, soprattutto quella che si effettua subito dopo l’intervento chirurgico di asportazione del tumore. “La radioterapia dei tumori consiste nell’irraggiamento della parte malata con radiazione o particelle di alta energia, che vengono prodotte da speciali acceleratori, oggi presenti in tutti i maggiori ospedali – sottolinea Giulietti a Panorama.it - Questi acceleratori sono basati su generatori a radiofrequenza di grande potenza, per cui la macchina nel suo insieme ha un notevole ingombro e richiede la radioprotezione di vasti ambienti. Abbiamo sperimentato che è possibile produrre elettroni con energie utili, in questo caso per combattere i tumori, in pochi millimetri di spazio. Ritengo che questa tecnica ridurrà notevolmente la pericolosità dei macchinari, soprattutto per quanto riguarda la radioprotezione, che potranno essere collocati in un ambiente anche distante dalla zona di utilizzo degli elettroni”. Le ricerche si sono focalizzate principalmente sulla radioterapia denominata “Intra operatory radiation therapy” (Iort), con la quale si inviano sui tessuti circostanti il tumore asportato, a ferita aperta, elettroni energetici mirati a eliminare le cellule tumorali residue. “Rispetto alla radioterapia convenzionale, per la Iort è sufficiente una dose più piccola di radiazione ed elettroni meno energetici – aggiunge Giulietti - Vengono impiegate macchine più piccole e flessibili, ma che rimangono di notevole impegno in una sala operatoria, sia per l’ingombro sia per la radioprotezione, ponendo quindi un limite alle energie degli elettroni che possono essere impiegati per la Iort. Il nostro lavoro è quindi quello di ridurre le dimensioni, producendo l’aumento della flessibilità e dell’energia degli elettroni disponibili”. I risultati dell’esperimento sono stati pubblicati sulla rivista Physical Review Letters. La sperimentazione con questo metodo sta proseguendo presso l’Ipcf a Pisa, con il coordinamento di Leonida Antonio Gizzi, ricercatore dell’Istituto Cnr, in stretta collaborazione con Danilo Giulietti dell’Istituto nazionale fisica nucleare di Pisa . “Rispetto ad altri studi come quelli pubblicati su Nature nel 2004 e gli sviluppi successivi, che puntano a competere con i grandi acceleratori, noi ci proponiamo di raggiungere i requisiti attesi in ambito ospedaliero – sostiene Gizzi a Panorama.it - Se tale metodo verrà consolidato e se i finanziamenti consentiranno di realizzare macchine acceleratici basate su di esso, cosa che mi auguro possa avvenire entro pochissimi anni, i vantaggi rispetto agli attuali acceleratori a radiofrequenza saranno notevoli”. (fonte: panorama.it)

Dieta e movimento per la prevenzione delle ricadute del cancro al seno 26/09/2008 11:07
Seguire una dieta corretta e fare una vita attiva possono aiutare a tenere alla larga gran parte dei tumori e forse anche ad evitare recidive in chi ne è già stato colpito. Almeno questo è quanto si augurano di scoprire gli esperti della Fondazione Irccs Istituto Nazionale dei tumori di Milano che hanno progettato lo studio Diana 5, ai blocchi di partenza proprio in questo periodo. Lo studio ha infatti l’obiettivo di valutare se una sana alimentazione e un’adeguata attività fisica possano ridurre il rischio di recidive nel carcinoma mammario. Lo studio verrà coordinato dall’Istituto milanese assieme all’Istituto europeo di oncologia, sempre di Milano, in collaborazione con altri centri di Napoli, Palermo, Perugia, Potenza, Torino, Avezzano. PRECEDENTI – Dai precedenti studi Diana è emerso che con una dieta basata sulla riduzione degli zuccheri semplici, dei grassi e dei prodotti di origine animale, e sull’aumento dei cereali non raffinati, dei legumi e delle verdure è possibile anche modificare l'ambiente interno e ridurre, nel sangue, la concentrazione degli ormoni sessuali, dell’insulina e di alcuni fattori di crescita che favoriscono lo sviluppo dei tumori della mammella e che ne ostacolano la guarigione. «Le donne che hanno livelli alti nel sangue di ormoni sessuali, di insulina e di un fattore di crescita denominato IGF-I (sigla che sta per Insulin-like Growth Factor, fattore di crescita insulinosimile, di tipo 1), si ammalano di più, e se si sono già ammalate hanno più frequentemente recidive della malattia, perché l’abbondanza di questi fattori consente ad eventuali cellule tumorali di moltiplicarsi – spiega Franco Berrino, Direttore del Dipartimento di medicina preventiva e predittiva dell’Istituto nazionale dei tumori, sede dei progetti Diana -. Poiché la composizione del nostro sangue, del nostro ambiente interno, può essere modificata dal nostro cibo e dal nostro stile di vita, è ragionevole pensare che possiamo fare molto per ridurre il rischio di ammalarci, e se ci siamo già ammalati per aiutare le terapie ad avere successo. Riteniamo utile quindi seguitare con le nostre raccomandazioni dietetiche e sullo stile di vita ma non sappiamo ancora quanto debba essere radicale il cambiamento, per questo motivo abbiamo dato il via allo studio Diana 5». CANDIDATE – Lo studio Diana 5 prevede due differenti interventi sullo stile di vita: nel primo i ricercatori forniranno indicazioni su dieta e attività fisica basate su raccomandazioni internazionali, nel secondo invece verrà proposta una più marcata modifica delle abitudini alimentari e dell’attività fisica attraverso incontri di gruppo, corsi e seminari. Il progetto prevede il coinvolgimento di 2 mila donne, operate per tumore al seno. In particolare possono aderire tutte le donne che rispondono alle seguenti caratteristiche: hanno un’età compresa tra 35 e 70 anni; hanno avuto un tumore della mammella negli ultimi cinque anni; non hanno avuto recidive; sono disponibili a sottoporsi a un prelievo di sangue, a misurazioni del peso, della circonferenza vita, della pressione arteriosa, e a compilare alcuni questionari periodicamente nonché disposte a modificare la propria alimentazione e lo stile di vita. Chi desidera aderire allo studio o vuole avere maggiori informazioni può farlo inviando una e-mail alla segreteria del progetto (diana@istitutotumori.mi.it) o telefonando ai numeri 02- 23902868 o 02-23903552. (fonte: corriere.it)

Un po’ di cioccolato fondente al giorno per abbattere il rischio d’infarto 26/09/2008 11:06
Non esultate troppo però: la quantità è davvero modesta, appena sei grammi. Questo dice uno studio dell’Università Cattolica di Campobasso e dell’Istituto Nazionale Tumori di Milano, che afferma il ruolo del cioccolato fondente nella prevenzione dell’infarto. La ragione sta nella capacità antinfiammatoria e protettiva del sistema cardiovascolare della cioccolata amara e stando ai risultati degli studi la diminuzione del rischio di soffrire di problemi al cuore si quantifica in un terzo per le donne e un quarto per gli uomini. (fonte: benessereblog.it)

Nano-vescicole per identificare e distruggere i tumori 26/09/2008 11:04
I ricercatori dell’Università di San Diego, Santa Barbara e MIT hanno sviluppato delle vescicole o micelle costituite da un sottilissimo strato di lipidi per veicolare farmaci direttamente nei siti strategici, evitando attacchi da parte del sistema immunitario. Le micelle sono state realizzate utilizzando i lipidi che normalmente compongono le membrane delle cellule, modificati per poter circolare liberamente nei vasi sanguigni. Inoltre, sulla superficie delle micelle è stata inserita una proteina chiamata F3 in grado di riconoscere e aderire alle cellule tumorali. Le vescicole sono state create materialmente nel laboratorio di Erkki Ruoslahti, biologo e professore presso il Burnham Institute for Medical Research alla UC Santa Barbara, con la possibilità di trasportare farmaci e liberarli solo all’interno delle cellule cancerogene fino al nucleo. Il diametro delle vescicole è di soli 50 nanometri, 1000 volte inferiore del diametro di un capello e sono equipaggiate di un farmaco antitumorale tossico molto concentrato, per eliminare con sicurezza le cellule a cui si legano, senza però avere un impatto negativo sull’organismo. Il bioingegnere Sangeeta Bhatia è cauto: «Molti farmaci promettenti in laboratorio posso fallire nel modello umano perché le concentrazioni che effettivamente raggiungono i tessuti sono diversi». Ruoslahti ha affermato: «Stiamo lavorando a un nuovo dispositivo diagnostico per visualizzare le masse tumorali nell’organismo utilizzando sempre le micelle con all’interno ossido di ferro superparamagnetico e quanti fluorescenti. La distribuzione di queste sostanze può essere osservata con la risonanza magnetica MRI o con uno scanner a fluorescenza». Lo scanner a fluorescenza, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, ha una risoluzione molto maggiore rispetto alla MRI e permette al chirurgo di localizzare in maniera molto accurata il tumore da rimuovere. La ricerca effettuata rappresenta una svolta nel settore delle biotecnologie mediche in quanto con un unico sistema, le vescicole, è possibile trasportare contemporaneamente farmaci e molte altre molecole all’interno della medesima cellula tumorale bersaglio.

Contraccetivi orali riducono rischio di cancro ovarico 23/09/2008 16:15
I Contraccettivi Orali sembrano conferire una protezione a lungo termine nei confronti del carcinoma ovarico. I contraccettivi orali (CO) sono attualmente assunti da più di 100 milioni di donne. Questi farmaci possono ridurre il rischio di carcinoma ovarico, ma la reale efficacia di un loro impiego in tale ambito dipende anche dal perdurare della protezione dopo la cessazione dell’uso. Per valutare questo effetto è stata condotta un’analisi di 45 studi epidemiologici, coinvolgendo 23257 donne in totale affette da carcinoma ovarico (casi) e 87303 donne senza questa neoplasia (controlli). Sono stati raccolti dati relativi all’uso di CO, quali durata dell’assunzione, età della paziente ed anno della prima assunzione, età ed anno dell’ultima assunzione. È stato stimato il rischio relativo di carcinoma ovarico in relazione all’uso di CO, stratificando il campione per tipo di studio, età dei soggetti, numero di gravidanze ed eventuale isterectomia. In totale, 7308 (31%) casi e 32717 (37%) controlli hanno usato in maniera continuativa CO, con una durata d’uso in media di 4,4 anni per i primi e di 5 anni per i controlli. Più duratura è stata l’assunzione di CO, maggiore è stata la riduzione del rischio di carcinoma ovarico (p<0,0001), riduzione che persisteva anche a più di 30 anni dall’interruzione del trattamento, anche se diminuiva con il passare del tempo. Infatti, in proporzione, la riduzione del rischio per 5 anni di assunzione di CO è stata del 29% (IC 95%: 23-34%) se il trattamento era stato interrotto da meno di 10 anni, del 19% (14-24%) e 15% (9-21%) dopo rispettivamente 10-19 anni o 20-29 anni dall’interruzione del trattamento. Lo studio ha coperto un arco di tempo molto ampio, fino al gennaio 2006. L’impiego dei CO negli anni ‘60, ’70 ed ‘80 è stato associato ad una riduzione simile del rischio, sebbene il dosaggio estrogenico negli anni ’60 era più del doppio di quello degli anni ’80. L’incidenza di carcinoma mucinoso (12% del totale) sembrava poco influenzata dall’uso di CO, mentre la riduzione del rischio non variava di molto per quanto concerne gli altri tipi istologici. Nei Paesi industrializzati, l’uso per 10 anni di CO sembra ridurre l’incidenza di carcinoma ovarico prima dei 75 anni dall’1,2 allo 0,8 per 100 utilizzatrici e la mortalità dallo 0,7 allo 0,5 per 100; ogni 5000 anni-donna d’uso, sono stati prevenuti 2 carcinomi ovarici ed un decesso per malattia prima dei 75 anni. Alla luce di questi risultati, i CO sembrano conferire una protezione a lungo termine nei confronti del carcinoma ovarico, avendo permesso di prevenire circa 200.000 casi di questa neoplasia e 100.000 decessi e facendo ipotizzare che il numero di carcinomi evitati nei prossimi decenni possa aumentare ad almeno 30.000 per anno.L’effetto dei CO sul cancro, comunque, è più complesso: infatti, sebbene sembrino ridurre il rischio di carcinoma ovarico ed endometriale, essi possono aumentare quello di carcinoma mammario e cervicale. (fonte: pillole.org)

La masturbazione protegge dal cancro alla prostata 23/09/2008 16:14
Intanto cominciamo a capire cos'è e dov'è situata la prostata. E' una ghiandola presente solo negli uomini che, in condizioni normali, ha le dimensioni di una noce. È situata dietro l'intestino e avvolge l'uretra. Tra i suoi compiti c'è quello di produrre e immagazzinare il liquido seminale rilasciato durante l'eiaculazione. Il tumore della prostata è provocato dalla crescita incontrollata di alcune cellule all'interno della ghiandola stessa. I principali fattori di rischio noti, a parte l'età, sono una dieta ricca di grassi saturi e la presenza in famiglia di altri casi: per quest'ultima categoria il rischio è doppio rispetto alla popolazione generale. Inoltre, anche i geni sembrano avere un ruolo nell'aumento del rischio. Si stima che il numero di persone malate di cancro alla prostata aumenti di 8000 ogni anno. Adesso ci sono informazioni e notizie che vengono da una recente ricerca inglese e i risultati sono di grande attualità: la masturbazione è in grado di proteggere dal cancro alla prostata. L'autore dello studio, Chris Hiley del Prostate Cancer Charity ha ipotizzato nel suo lavoro che sostanze ad azione cancerogena si formino all'interno della prostata di chi non eiacula regolarmente e il loro accumulo può portare allo sviluppo di tumori. Uomini che hanno una eiaculazione 5 o più volte a settimana hanno minore rischio di sviluppare un tumore alla prostata nella loro vita. (fonte: mindfully)

Cellulari e tumori: minori più a rischio 23/09/2008 16:12
Lo dice una ricerca svedese pubblicata in prima pagina nello scorso numero dell’Independent on Sunday. Secondo i ricercatori, l’uso del telefonino in modo continuativo porta un rischio di sviluppare tumori al cervello 5 volte maggiore in bambini e teen ager rispetto agli adulti. La motivazione di questa evidenza sta nell’anatomia poichè i minori hanno il cranio più sottile e il loro cervello è più esposto alle radiazioni. E’ l’ennesimo studio sull’argomento, che sembra passare quasi sotto silenzio, ormai. Quante altre ricerche serviranno per lo sviluppo di una coscienza collettiva su questo problema e per la diffusione di una serie di norme sull’uso dei telefonini da parte dei più piccoli? (fonte: Ansa)

La causa del cancro sta nelle staminali? 23/09/2008 16:11
Sarebbe nello sviluppo delle cellule staminali, o meglio in uno sviluppo di storto di alcune di esse, il mistero dell'insorgenza del cancro. Un principio apparentemente semplice che, se confermato e sviluppato, porterebbe ad una svolta nella cura del tumore. L'idea sta prendendo sempre piu' piede nella comunita' scientifica, e si basa su un'intuizione risalente ad alcuni anni fa ma solo di recente presa in maggior considerazione. Questa: il cancro si sviluppa dalle cellule staminali esattamente come il resto degli organi del corpo umano. Nello svilupparsi, infatti, la staminale da' forma a due diverse cellule, non eguali tra di loro. Una resta staminale, l'altra si moltiplica nel tipo di cellule necessarie a dar forma all'organo. Bene, il cancro sarebbe scritto in queste ultime fin dall'inizio. Le terapie al momento mirano all'eliminazione di tutte le cellule cancerose nel loro insieme. Ora potrebbero concentrarsi solo sulle cellule che danno origine al mal, eliminandolo letteralmente alla radice. La prima prova a favore di questa tesi fu trovata nel 1997 da uno studioso dell'Universita' di Toronoto, John Dick, che riusci' ad isolare quella che sembrava essere una staminale da una forma di cancro del sangue, la Aml (acute myeloid leukaemia). Lo stesso tipo di ricerca e' stato svolto negli anni successivi nel campo del cancro al seno, alla prostata, al colon, al polmone, alla testa, ma anche al melanoma, al sarcoma e al mieloma. William Matsui, della Johns Hopkins University, ha successivamente confermato che su un campione di 300 pazienti affetti da tumore al pancreas il periodo di sopravvivenza era nettamente piu' breve per quanti presentavano cellule staminali nel tumore. Ma ancora piu' interessanti sono le risultanze di una ricerca condotta in Texas presso il Baylor College of Medicine, dove si cura il cancro al seno. Qui e' stato appurato che la chemioterapia tende ad eliminare, agendo su tutte le cellule indiscriminatamente, tende a lasciare in vita le staminali da cui poi il male torna a presentarsi. Le cure messe a punto usando questo principio stanno dando il loro risultato, soprattutto nel campo del tumore al seno. Manca comunque la certezza, e la comunita' scientifica internazionale usa i toni cauti. Come sempre in questi casi, l'efficace della terapia potra' essere misurata solo nel medio-lungo periodo. Ma se l'intuizione dovesse rivelarsi corretta, l'aver capito la vera origine del cancro portera' prima o poi alla sua sconfitta definitiva. (fonte: Aduc)

Un nuovo test per il cancro al polmone 23/09/2008 16:09
Una ricerca presentata al Congresso annuale dell'American Thoracic Society in corso a Toronto afferma che un semplice test ematico potrebbe fornire uno strumento di screening accurato nei casi sospetti di cancro del polmone fin dai suoi primi stadi. E' questo il risultato del lavoro condotto da Anil Vachani dell'Università della Pennsylvania, il quale spiega che "lo screening tomografico del polmone evidenzia noduli in una percentuale che va dal 20 al 60 per cento dei soggetti. Questo tasso elevato di falsi positivi fa sì che i pazienti debbano sottostare a una sequela di esami come, tomografie seriali, PET e biopsie. Questo test, invece, può consentire di evitare tutte queste cose se venisse sviluppato come strumento diagnostico su vasta scala". Il test di nuova ideazione si basa sull'identificazione di marker tumorali espressi dai globuli bianchi circolanti nei soggetti esaminati, anzichè di quelli espressi e rilasciati dal tumore stesso. Vachani ha spiegato che i tipi di geni presenti nelle cellule della serie bianca possono dire se il cancro è presente o no. I controlli per quantificare accuratezza e validità del test sperimentale sono stati condotti su un campione di 44 pazienti affetti da tumore del polmone ai primi stadi, e 52 soggetti di controllo che corrispondevano ai primi per età, sesso, razza e dedizione o meno al fumo. Dopo un accurato esame dei profili di espressione genetica si è scoperto che l'esame dell'espressione di 15 geni forniva un'accuratezza dell'87 per cento. Vachani sostiene che "Questi risultati suggeriscono che i tumori del polmone interagiscono con i globuli bianchi circolanti, variandone il tipo di geni espressi. Ciò può potenzialmente essere sfruttato per sviluppare un test diagnostico non invasivo su pazienti sospettati du essere colpiti da un cancro del polmone. Un test di questo tipo sarebbe molto utile e avrebbe anche significative implicazioni economiche, riducendo interventi chirurgici, biopsie ed esami radiologici non necessari". (fonte: molecularlab.it)

Prostata: i valori corretti di PSA 18/09/2008 21:48
Uno degli esami più semplici per evidenziare un eventuale tumore alla prostata è l’analisi dei valori del PSA, che è un esame del sangue in grado di valutare livelli di una glicoproteina prodotta dalla prostata. In presenza di tumore i valori del PSA aumentano, perché le cellule ghiandolari malate producono molto più PSA di quelle normali. Si rilevano saltuariamente falsi negativi, ossia valori considerati nella media che tuttavia nascondono un tumore in crescita. Il PSA, di norma più elevato in pazienti anziani per un fisiologico aumento di volume della ghiandola con l’età, funge quindi dal marker per la diagnosi dell’adenocarcinoma prostatico e generalmente il valore considerato limite è pari a 4 ng/ml. Tuttavia è spesso difficile, se non impossibile, distinguere un tumore da un caso di ipertrofia prostatica benigna, che presenta spesso valori di PSA fra 4 e 10 ng/ml. Allo stesso tempo si rileva che il 25-30% dei pazienti presenta valori di PSA nella norma, ossia nell’intervallo compreso fra 2.5 e 4.0 ng/ml. Quindi si considera che: Valori di PSA inferiori a 4 presentano un rischio di tumore pari al 5% Valori di PSA compresi tra 4 e 9.9 sono associati ad un rischio pari al 25% Valori di PSA superiori a 10 si rivelano tumori nel 55% dei casi Con l’obiettivo di migliore l’accuratezza del test sono stati individuati ulteriori parametri che contribuiscono alla valutazione diagnostica; il PSAD (density), rapporto tra PSA e peso della prostata, è sospetto quando superiore a 0.15 ng/ml/gr Si studia poi la velocità di aumento dei valori di PSA (PSA velocity), che aumenta fino a superare il valore soglia pari a 0.75 ng/ml/anno. Si valuta infine il PSA free, che di norma indica patologia tumorale per valori inferiori al 10% ed una patologia benigna per valori superiori al 20%. In ogni caso nessuno di questi valori risulta determinante nella diagnosi. L’esame per il PSA non richiede di presentarsi a digiuno, mentre è necessario non avere rapporti sessuali nelle 24 ore che precedono l’esame. Se il paziente sta assumento finasteride (Proscar, Prostide, Finastid) il valore misurato dev’essere moltiplicato per 2 e poi valutato come visto in precedenza.

La proteina elF6 e la crescita tumorale 18/09/2008 21:47
Grazie al lavoro svolto dai ricercatori del San Raffaele di Milano,in collaborazione con l'Università del Piemonte orientale Avogadro e la Northwestern University di Chicago, esposto in un articolo pubblicato su Nature, si è potuta svelare una nuova ed inaspettata funzione della proteina elF6, gia nota per essere una delle proteine alla base dei meccanismi della vita. Secondo il nuovo studio, condotto in vitro e in vivo su topi transgenici, la proteina elF6 giocherebbe un ruolo chiave nello sviluppo dei tumori; la sua riduzione comporta infatti un arresto dello sviluppo tumorale e, sorprendentemente, anche una riduzione del grasso corporeo. Per crescere e quindi vivere, tutti gli organismi hanno bisogno di sintetizzare proteine. Questo processo avviene grazie a segnali esterni e mediatori specifici interni: uno di questi è, appunto, eIF6, presente in tutti gli esseri viventi, dai batteri all'uomo. In sostanza, se manca eIF6 gli organismi muoiono. E le cellule tumorali non fanno eccezione, infatti dimezzando la presenza nelle cellule della proteina elF6, si è ridotta dell'80-90% la trasformazione delle cellule sane in tumorali. Al contempo si è potuto osservare che gli animali con solo la metà di produzione di questa molecola sono risultati più magri e con un fegato più piccolo. Questi risultati potrebbero aprire, dunque, la strada a nuove terapie dei tumori e dell'obesità. Il professor Stefano Biffi, coordinatore dello studio, responsabile del laboratorio di Istologia molecolare e crescita cellulare all'Istituto Scientifico Universitario San Raffaele di Milano, racconta "Diversi anni fa avevamo scoperto questa proteina, importante per la costruzione delle macchine che sintetizzano le proteine, i ribosomi. Non conoscevamo però la sua importanza negli organismi superiori". Ora l'obiettivo della ricerca diventa verificare se il blocco della trasformazione tumorale si abbia non solo in provetta, ma anche negli organismi viventi, e quindi capire se questa funzione possa essere controllata con i farmaci, arrivando quindi a sviluppare una nuova terapia per combattere i tumori. (fonte: molecularlab.it)

La dieta mediterranea protegge da tumori, Parkinson e Alzheimer 18/09/2008 21:36
Le persone che seguono la dieta mediterranea sono maggiormente protette da malattie come i tumori, il Parkinson e l'Alzheimer, una protezione che consente di vivere più a lungo. Purtroppo negli ultimi anni i consumi di frutta e verdura, elementi caratteristici della dieta mediterranea, si sono ridotti notevolmente soprattutto tra le giovani generazioni. A ribadire i benefici della dieta mediterranea ci pensa Francesco Sofi, nutrizionista dell'Università di Firenze, che insieme al suo team ha analizzato diversi studi pubblicati negli anni sul British Medical Journal. Sofi spiega che la dieta mediterranea è in grado di ridurre del 13 per cento l'incidenza di malattie come Parkinson e Alzheimer, del 9 per cento le malattie legate a problemi cardiovascolari e del 6 per cento l'incidenza di tumori. Nel complesso, sommando i dati relativi a 12 ricerche internazionali condotte in un arco di tempo che andava dai 3 ai 18 anni, si sono esaminate le abitudini alimentari di più di 1,5 milioni di persone. Per quantificare il grado di adesione al regime alimentare di tipo mediterraneo, i ricercatori hanno utilizzato un valore numerico identificato come punteggio di aderenza. L'analisi dei dati ha confermato i benefici della dieta mediterranea, maggiore era il punteggio di aderenza al regime alimentare maggiori erano i benefici per la salute. La Coldiretti evidenzia che nel nostro paese sempre meno persone seguono la dieta mediterranea. In base ai dati Ismea Ac Nielsen relativi al primo semestre del 2008, in Italia c'è stato un ulteriore calo dei consumi di frutta (- 2,6 per cento), olio di oliva (-2,8 per cento), pane (-2,5 per cento), vino (-0,9 per cento) e verdura (-0,8 per cento). Grazie ad una sana alimentazione gli italiani hanno conquistato il record della longevità con una vita media di 78,6 anni per gli uomini e di 84,1 anni per le donne, nettamente superiore alla media europea. Purtroppo, in futuro si potrebbe assistere ad una inversione di marcia. Attualmente, circa un terzo dei ragazzi italiani sono obesi o in sovrappeso, una situazione legata soprattutto al fatto che sempre più giovani abbandonano la dieta mediterranea sostituendola con cibi grassi e ricchi di zucchero come le bibite gassate. Negli ultimi 45 anni, secondo uno studio condotto dalla FAO in 15 paesi, l'apporto calorico giornaliero è passato da 2960 kcal a 3340 kcal, un incremento di circa il 20 per cento. In paesi come Grecia, Spagna, Portogallo e Italia l'incremento è stato addirittura del 30 per cento. Molti giovani abbandonano la dieta mediterranea perché non consapevoli dei benefici che può avere sulla salute. E' per questo motivo che la Coldiretti ha deciso di realizzare il progetto "Educazione alla Campagna Amica", un modo per formare dei giovani consumatori consapevoli. Attualmente alcuni paesi, tra cui Spagna, Italia, Grecia e Marocco, stanno lavorando affinché la dieta mediterranea possa diventare patrimonio dell'Unesco. (fonte: universonline.it)

Nuovo laser da tavolo rivoluziona la terapia dei tumori 18/09/2008 21:36
La terapia dei tumori potrebbe essere rivoluzionata dalla recente messa a punto e sperimentazione all'Ospedale di Saclay in Francia di un nuovo acceleratore laser da tavolo. L'innovazione tecnica si deve ad un gruppo di ricercatori europei guidati da Antonio Giulietti dell'Istituto per i processi chimico fisici del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Ipcf-Cnr). Gli acceleratori di particelle trovano applicazione, su piccola scala, in campo medico dove lr ricerche recenti condotte con laser di ultima generazione potrebbero consentire di aprire la sala operatoria ad apparecchiature per la radioterapia dei tumori meno ingombranti e piu' efficienti. Giulietti spiega "La radioterapia dei tumori consiste nell'irraggiamento della parte malata con radiazioni o particelle di alta energia, che vengono prodotte da speciali macchine acceleratrici apposite, oggi presenti in tutti i maggiori ospedali" e continua "Questi acceleratori sono basati su generatori a radiofrequenza di grande potenza, per cui la macchina nel suo insieme ha un notevole ingombro e richiede la radioprotezione di vasti ambienti, in generale sotterranei". A questi inconveniente si è fatto fronte grazie, attualmente, alla diffusione di un tipo di radioterapia chiamata "Iort" (Intra-Operatory Radiation Therapy), con la quale si inviano sui tessuti circostanti il tumore asportato, a ferita aperta, elettroni mirati ad eliminare le cellule tumorali residue. Per condurre questa terapia sono sufficienti dosi di radiazioni minori e vengono perciò impiegate macchine più piccole, ma che costituiscono comunque un notevole ingombro in sala operatoria e richiedono una radioprotezione per il personale. I ricercatori Cnr, con i colleghi francesi del Centre pour l'energie atomique (Cea) di Saclay e tedeschi dell'Istituto di elementi transuranici di Karlsruhe sono ora riusciti, con un laser da tavolo ed un apparato relativamente semplice, a produrre elettroni in quantità sufficiente e con caratteristiche spaziali e di energia utili per la radioterapia Iort in pochi millimetri di spazio. I risultati dell'esperimento condotto a Saclay sono stati pubblicati sulla rivista Physical Review Letters ("Intense gamma-ray source in the Giant Dipole Resonance range driver by 10-TW laser pulses"). La sperimentazione con questo metodo sta proseguendo presso l'Ipcf a Pisa, con il coordinamento di Leonida Antonio Gizzi, ricercatore dell'Istituto Cnr. Secondo Gizzi "Se tale metodo verrà consolidato e se i finanziamenti consentiranno di realizzare macchine acceleratici basate su di esso, i vantaggi rispetto agli attuali acceleratori a radiofrequenza saranno notevoli". (Redazione MolecularLab.it)

I lamponi neri nella lotta contro il cancro 18/09/2008 21:35
Dopo il gelsomino, un’altra novità dalla natura? Pare di sì, secondo gli studi condotti da ricercatori dell’Ohio State University Comprehensive Cancer Center, che hanno scoperto, alla prova di laboratorio, che un derivato dal lampone nero è in grado di intervenire sulla rigenerazione dei geni alterati da elementi carcinogeni. Gli esami di laboratorio si sono concentrati sull’analisi della risposta del tumore all’esofago, ma le applicazioni possono essere a più ampio spettro e fanno ben sperare nella ricerca costante riguardo ai molti alimenti che nel tempo hanno dimostrato di possedere proprietà anticancerogene. Nel caso dei lamponi neri si punterà principalmente sulla capacità preventiva. Non solo: la ricerca ha permesso anche di individuare ben 53 geni che potrebbero avere un ruolo determinante nello sviluppo tumorale e sui quali dunque è adesso possibile agire. (fonte: benessereblog.it)

Tumore al seno: si può ridurre la recidiva del 25% 18/09/2008 21:33
Una volta sconfitto il tumore con l'intervento chirurgico, la paura piu' grande e' che possa tornare. Nel cancro del seno il rischio di recidiva resta molto alto: puo' arrivare al 70 per cento, se i linfonodi sono positivi, cioe' contengono cellule neoplastiche, ed anche le possibilita' di guarigione sono fortemente compromesse. Al Congresso Europeo di Oncologia (ESMO), in corso fino al 16 settembre a Stoccolma, ricercatori italiani guidati dal prof. Francesco Cognetti, direttore dell'Oncologia medica del Regina Elena di Roma, presentano nuovi dati che vanno ad incidere proprio su questo gruppo di donne, le piu' "vulnerabili". Lo studio, frutto di una ricerca "made in Italy" effettuata in collaborazione con la Federico II di Napoli ed altri 50 centri distribuiti nella Penisola, dimostra infatti che, aggiungendo alla normale chemioterapia quattro cicli di un altro farmaco, il docetaxel,e' possibile ridurre il rischio di recidiva e morte. "Abbiamo trattato 998 pazienti con tumore del seno ai primi stadi linfonodo-positivo con due diversi approcci terapeutici - spiega il prof. Cognetti. - Dopo 62 mesi, il 76 per cento delle donne trattate con docetaxel non aveva sviluppato nuovamente la neoplasia, rispetto al 69 per cento di quelle trattate con l'altro regime. I dati ottenuti con la nuova terapia rivelano quindi una riduzione di un quarto del rischio relativo di recidiva e di un terzo di morte. Si tratta di un risultato che va considerato come il migliore mai ottenuto al mondo nel tumore della mammella dopo intervento chirurgico", ed ha suscitato grande interesse fra i diecimila esperti presenti al congresso. Il carcinoma della mammella e' la neoplasia maligna piu' frequente nella donna: ne colpisce una su 10, oltre 31.000 nuovi casi ogni anno in Italia. I progressi nelle terapie sono notevoli: se identificato precocemente, la sopravvivenza supera il 90 per cento. Tuttavia resta la prima causa di mortalita' per cancro nelle donne e ogni 12 mesi fa registrare nel nostro Paese circa 11.000 decessi. Tuttavia, nonostante i progressi delle terapie antitumorali, non bisogna dimenticare che la vera arma vincente e' la prevenzione. Afferma il prof. Cognetti: "Se oggi per la maggior parte della popolazione la consapevolezza e' buona, gli esami regolari non sono ancora diventati un'abitudine e restano aperte molte questioni organizzative". L'illustre medico fa notare anche quanto siano ancora notevoli le differenze territoriali: "Se in alcune zone le cose funzionano in maniera ottimale, ad esempio in Emilia Romagna, Toscana o Lombardia, in altre purtroppo, soprattutto al Sud, l'applicazione dei programmi di screening e' ancora decisamente insufficiente". (fonte: italiasalute.it)

Farmaci anti-cancro tra innovazione e indisponibilità 18/09/2008 21:32
Sono rilevanti le differenze riscontrate tra i Paesi della UE nell'accesso ai nuovi medicinali oncologici, in particolare, per quanto riguarda i farmaci a bersaglio molecolare. Alla Francia va il primato dei consumi. Innovazione ed accessibilità: due concetti che anche e soprattutto in oncologia dovrebbero coniugarsi strettamente, ma che incontrano ostacoli economici ed organizzativi. Disparità importanti sono dovute anche alle diverse politiche sanitarie dei Paesi. Una nuova ricerca presentata al congresso dell'ESMO, in corso a Stoccolma, mostra quanto ampi siano i divari nell'accessibilità ai nuovi farmaci oncologici nelle varie nazioni europee. Paesi come Francia, Spagna, Austria e Svizzera tendono ad introdurre velocemente le nuove molecole nella pratica clinica, laddove altri - come la Gran Bretagna ed i Paesi entrati da poco nell'Unione - impiegano più tempo. Una ricerca del Karolinska Institute svedese ha studiato le prescrizioni dei nuovi farmaci a bersaglio molecolare in 27 Paesi negli ultimi dieci anni, riscontrando notevoli differenze nella velocità di lancio e nei volumi d'uso delle molecole più recenti. "Tra i maggiori Paesi occidentali, la Gran Bretagna tende ad avere un atteggiamento più conservativo, salvo eccezioni", sostiene Niels Wilking, direttore della ricerca svedese. "In generale, Austria, Svizzera e Francia fanno uscire le novità più velocemente ed in Francia in particolare si registra anche il maggior consumo della maggioranza dei nuovi farmaci. La Spagna adesso ha rallentato, ma è stata leader nei consumi nei primi anni Novanta". Un atteggiamento prudente, probabilmente, si deve in parte alla difficoltà di maneggiare i nuovi farmaci a bersaglio molecolare e, in alcuni casi, allo scarso numero di studi a supporto della loro approvazione. Il costo delle novità farmacologiche costituisce in ogni caso la barriera più alta alla loro adozione. Quanto questa disparità nell'uso impatti in termini clinici sulla salute dei pazienti oncologici europei è ancora difficile da stabilire. A detta di Wilking, occorrono nuove ricerche epidemiologiche per valutare in che termini ed in quale misura la diversa accessibilità ai nuovi farmaci oncologici influenzi l'outcome. Fonte 33rd ESMO Congress, Stockolm

Strumento "fotografa" il tumore a uno stadio precoce 18/09/2008 21:31
In occasione del Symposium on Fish Identification of Chromosomal Abnormalities for the Detection of Recurrence of Bladder Carcinoma, il CDI - Centro Diagnostico Italiano - promuove un focus internazionale sulle potenzialità e i vantaggi terapeutici delle nuove tecnologie legate alla diagnostica oncologica, quali la FISH (fluorescence in situ hybridization). In particolare, saranno messi in luce le potenzialità di Ikoniscope, l'analizzatore automatico di immagini, da tempo in dotazione al nuovo laboratorio di genetica del CDI, che permette di rilevare precocemente, attraverso la ricerca delle aberrazioni cromosomiche, il carcinoma della vescica, il quarto in ordine di frequenza nei paesi occidentali, evitando i possibili falsi negativi (non rari con gli esami citologici), e di sorvegliare l’insorgenza delle recidive. «Siamo i primi in Italia a utilizzare Ikoniscope - spiega il dottor Vittorio Grazioli, Direttore del laboratorio CDI e promotore del convegno – per leggere i risultati della metodica FISH applicata alle cellule uroteliali, cioè le cellule che tappezzano le vie urinarie. In pratica, partendo da un semplice campione di urina, siamo in grado di analizzare automaticamente fino a 30.000 nuclei cellulari, individuando e segnalando le anomalie cromosomiche che spesso precedono con largo anticipo l'insorgenza del tumore alla vescica, consentendo così di agire tempestivamente». Una futura applicazione di Ikoniscope nel campo della diagnostica oncologica sarà la lettura automatica della FISH eseguita sulla cellule del collo dell’utero. Lo scopo è quello di scoprire in anticipo la trasformazione irreversibile da cellula normale a cellula tumorale in seguito a infezione da papillomavirus. Questa eventualità si verifica nell’1% dei pap-test e considerando l’enorme numero di questi ultimi su base annua, si può facilmente intuire l’importanza di questo approccio per salvare migliaia di vite umane. Anche in questo caso, Ikoniscope è in grado di analizzare un numero elevatissimo di cellule, riducendo al minimo la possibilità di falsi negativi. Il test è richiedibile anche con il SSN a fronte del semplice pagamento del ticket. (fonte: sanihelp.it)

Prevenzione: una nuova speranza per il tumore al pancreas 18/09/2008 21:30
Un recente studio pubblicato su Plos Medicine, dà una nuova speranza ai malati di tumore al pancreas. I ricercatori del Fred Hutchinson Cancer Research Center di Seattle sono riusciti a identificare nei topi alcune proteine che si presentano in numero più elevato in uno stadio iniziale dell’insorgenza di tumore al pancreas. La scoperta, se i dati fossero confermati anche nell’uomo, consentirebbe una diagnosi precoce della malattia pancreatica per la quale, a oggi, le cure sono ancora limitate. Il tumore al pancreas, infatti, non dà sintomi particolari ed è per questo che la diagnosi viene spesso fatta quando la malattia è già estesa e difficilmente curabile. La sopravvivenza, stando ai dati del 2007 dell’Associazione italiana registri tumori (Airt), è assai limitata: 5,1% per gli uomini e 7,8% per le donne. Per lo studio sono stati utilizzati i topi perché rappresentano un modello ben definito per il tumore pancreatico. I ricercatori hanno individuato e poi selezionare cinque proteine che mostravano un aumento del loro valore normale. Hanno poi confrontato i risultati con quelli dello studio CARET (Carotene and Retinol Efficacy Trial) osservando che queste proteine erano in grado di discriminare i casi di carcinoma pancreatico rispetto al gruppo di controllo in campioni di sangue ottenuti da 7 a 13 mesi prima dello sviluppo dei primi sintomi e della diagnosi di tumore. Questa scoperta lascia dunque ben presupporre – sebbene servano ulteriori conferme – che si possano individuare dei marcatori utili per la diagnosi precoce anche nell’uomo. (fonte: panorama.it)

Test genetico per il cancro al seno a soli 15 euro 18/09/2008 21:29
Secondo quanto riportato dal quotidiano britannico Daily Mail, sarà presto disponibile un nuovo test genetico per la diagnosi del cancro al seno, ma la particolarità è il prezzo straordinariamente basso: solo 15 euro. Il test è attualmente il più economico esistente al Mondo e non solo, sarebbe anche il più veloce: in una sola settimana riesce a mostrare se i nostri geni sono suscettibili alla malattia. I test in commercio per il sequenziamento del genoma hanno costi che variano dai 1200 ai 1800 euro e possono richiedere fino a 18 settimane prima di arrivare a un responso. La nuova procedura, invece, permetterebbe agli scienziati di concentrare la loro attenzione solo su due tipi di geni, “brca1” (breast cancer 1, early onset) e “brca”, quindi un test selettivo in grado di ridurre tempi e costi. Ovviamente il test da solo non basta e occorre quindi eseguire periodicamente la mammografia e altri esami di accertamento. Il suo compito è solo quello di avvertire la presenza di una predisposizione genetica- ereditaria al tumore. Le varianti di questi due geni sono responsabili dell’80% dei tumori alla mammella. Analizzando, quindi, solo questi geni sarà possibile sapere più rapidamente la suscettibilità delle donne al cancro. Il nuovo test verrà presentato in occasione del meeting annuale della British Society for Human Genetics che si terrà presso la University of York. «Sappiamo che la nuova generazione di tecnologie per il sequenziamento - ha spiegato Graham Taylor del Cancer Research del Regno Unito - è incredibilmente potente nell’individuare le varianti genetiche. Ma fino a quando non sapremo di più sulla loro accuratezza, la diagnosi clinica definitiva avrà bisogno di essere confermata con i metodi tradizionali». (fonte: bioblog.it)

Lapatinib: efficace per i tumori della regione testa-collo 18/09/2008 21:01
La molecola orale Lapatinib, scoperta grazie alle ricerche Glaxo Smith Kline(GSK), ha dimostrato d'essere efficace non solo nella terapia del carcinoma mammario metastatico HER2 positivo, ma anche per le neoplasie della regione testa-collo. Lo dimostra uno studio di Fase II, presentato nel settembre 2008 a Stoccolma al 33° congresso della Società Europea di Oncologia: lapatinib, somministrato in monoterapia, ha infatti migliorato significativamente le risposte cliniche al successivo controllo rispetto a placebo. Sono stati osservati 107 pazienti mai trattati con tumore della testa collo a cellule squamose localmente avanzato, suddivisi in due bracci: uno veniva seguito con 1500 mg di lapatinib, l’altro con placebo. Il trattamento con lapatinib è durato da 2 a 6 settimane, dopodichè tutti i pazienti sono stati sottoposti alle cure standard: chemioterapia a base di platino e radioterapia. Successivamente i pazienti sono stati seguiti per altre 12 settimane dopo il completamento del ciclo. Le biopsie del tumore sono state effettuate al momento dell’arruolamento nello studio e dopo due settimane per le analisi dei biomarker. Già dopo 14 giorni i pazienti del braccio lapatinib hanno mostrato una modesta ma statisticamente significativa riduzione nella media della proliferazione delle cellule neoplastiche rispetto a quelli randomizzati con placebo (-8% contro il 2,7%). In molti pazienti, inoltre, è stata riscontrata la tendenza a indurre la morte delle cellule tumorali. In un sottogruppo di 40 pazienti valutati radiologicamente dopo una breve terapia con lapatinib (circa un mese) 4 pazienti (17% n.24) avevano avuto una completa o parziale risposta rispetto alla risposta nulla del braccio trattato con placebo (n.16). Ottantotto pazienti erano stati ritenuti idonei per una valutazione radiologica successivamente al completamento della chemioterapia e radioterapia: sono cioè stati controllati radiologicamente all’arruolamento e al termine del ciclo di cura (circa 8-12 settimane dopo il trattamento). I risultati hanno mostrato un aumento nel tasso di risposte (complete o parziali) nei pazienti che avevano ricevuto lapatinib rispetto al braccio con placebo (86 contro 63% rispettivamente). E’ stata inoltre osservata una differenza nel tasso di risposte complete tra i due gruppi al termine delle chemio e radioterapia; il 28% dei pazienti nel braccio lapatinib ha ottenuto una risposta completa rispetto al 7% dei pazienti nel braccio placebo; questo suggerisce che lapatinib è in grado di aumentare gli effetti della successiva chemio-radioterapia. Lapatinib è un inibitore di due fattori di crescita tumorale, fra cui il fattore di crescita epiteliale EGFR, che spesso caratterizza molte neoplasie – testa collo, ovaio, vescica e polmone – e determina un andamento aggressivo della malattia. “Questi risultati – commenta Paolo Paoletti, senior vice president e responsabile della ricerca e sviluppo in oncologia di GlaxoSmithKline - ci dicono che l’uso di un inibitore duale della tirosin kinasi come lapatinib può essere clinicamente importante non solo nel carcinoma mammario, ma probabilmente in altri tumori come per esempio il testa collo, dove l’EGFR è sovraespresso. Noi siamo impegnati a sviluppare lapatinib anche nelle neoplasie della testa e collo attraverso un nostro studio di fase III, cui guardiamo con entusiasmo e che mira a porre un nuovo standard di cura e all’aumento della sopravvivenza dei pazienti. Lo studio è il più grande mai condotto in pazienti con tumore localmente avanzato. Attualmente è ancora aperto e sta arruolando”. Si calcola che nel mondo i casi annui di neoplasie della testa collo a cellule squamose siano più di 640.000 con 350.000 decessi. Più di 140.000 le diagnosi in Europa, di cui 12.000 in Italia, un terzo delle quali ad alto rischio di recidiva. (fonte: italiasalute.it)

Una mutazione genetica puo predisporre per il tumore del polmone 18/09/2008 20:58
I ricercatori della Mayo Clinic a Rochester diretti da Ping Yang riferiscono, sull'ultimo numero degli Archives of Internal Medicine, di aver individuato una mutazione genetica che aumenterebbe mediamente dal 70 al 100 per cento il rischio di cancro del polmone. E' gia noto che gli individui portatori di due copie della mutazione genetica (alfa-1ATD) soffrono di deficienza di alfa-1 antitripsina e sviluppano spesso forme precoci di enfisema, mentre i portatori di una singola copia non soffrono di questa condizione e normalmente non sono a conoscenza di essere portatori, per quanto negli Stati Uniti essa sia diffusa, specie nella popolazione di origine europea. La ricerca in oggetto ha preso in esame un campione di 1443 pazienti colpiti da cancro del polmone, 797 soggetti senza malattia e 902 fratelli di pazienti colpiti da cancro. Il risultato dello studio è stato che i pazienti portatori di una singola copia della mutazione alfa-1ATD hanno il 70% di rischio in più di contrarre il cancro rispetto ai non portatori. Confrontando i pazienti con i fratelli liberi da malattia, i portatori di alfa-1ATD hanno un rischio doppio di sviluppare il cancro. Fra quanti non avevano mai fumato, la mutazione alfa-1ATD è apparsa essere associata a un rischio 2,2 volte superiore di sviluppare il cancro del polmone rispetto ai controlli. traendo spunto dalle conclusioni dello studio ricercatori ipotizzano che lo status di portatore della mutazione alfa-1ATD renderebbe conto del 10-12 per cento dei casi di cancro del polmone. (Redazione MolecularLab.it)

Scoperta italiana per la diagnosi del tumore alla tiroide 10/09/2008 16:55
Secondo i risultati ottenuti dai ricercatori del Gruppo di studio italiano per il tumore della tiroide (ITCSG), una proteina nota come galectina 3 potrebbe aiutare i medici a determinare se un nodulo tiroideo è maligno o benigno. La galectina 3 infatti è una sostanza presente solo nelle cellule tiroidee alterate biologicamente ed in quelle già chiaramente maligne. Questa scoperta italiana consentirà di fare diagnosi più precise e di evitare interventi chirurgici inutili sulla tiroide. Nonostante la presenza di noduli alla tiroide sia molto comune nella popolazione adulta, non esistono criteri precisi per distinguere i noduli a struttura follicolare benigni (iperplasia e adenoma) da quelli maligni (veri e propri carcinomi) e di conseguenza si tende a rimuovere chirurgicamente gran parte delle lesioni nodulari tiroidee più per problemi diagnostici che per reale necessità terapeutica,praticando interventi di asportazione della tiroide parziali o totali. Una volta rimossa la tiroide, il paziente è costretto ad assumere farmaci per rimpiazzare gli ormoni che la ghiandola normalmente produce. L’esame istologico effettuato sulle tiroidi asportate chirurgicamente mostra infatti che solo il 10-15 per cento circa dei noduli asportati è realmente maligno. Ecco perché è molto importante trovare dei metodi diagnostici pre-operatori che permettano di capire se la ghiandola debba necessariamente essere rimossa oppure no. (fonte: italiasalute.it) I continui progressi nella tecnica dell’ago aspirato (cioè il prelievo di cellule dal nodulo mediante un sottile ago inserito attraverso il collo) hanno permesso di rendere più accurate le diagnosi sulle lesioni nodulari tiroidee, ma i limiti sono ancora molti. Lo studio del dott. Armando Bartolazzi e della sua equipe, finanziato anche dall'Associazione Italiana Ricerca sul cancro (AIRC), ha dimostrato la presenza di galectina 3 nelle cellule tiroidee maligne ottenute per ago-aspirazione e l’assenza di questa molecola nelle cellule tiroidee normali o appartenenti a lesioni benigne. “Il test non può sostituire l’ago aspirato”, affermano gli autori dello studio “ma dovrebbe affiancarlo nei casi in cui la diagnosi è incerta in modo da poter evitare interventi chirurgici non realmente necessari”.

Più morti per cancro al polmone fra i non fumatori uomini 10/09/2008 16:53
Gli uomini che non hanno mai fumato muoiono più di frequente per cancro al polmone rispetto alle donne: è quanto sostiene uno studio condotto dall' American Cancer Society e pubblicato sulla rivista Public Library of Science journal PloS Medicine. I ricercatori hanno tratto simili conclusioni revisionando 13 studi condotti fra il 1960 e il 2004: gli uomini non fumatori hanno una probabilità di morire per calcro al polmone pari all'1,1% contro lo 0,8% stimato per le donne non fumatrici. I fumatori hanno una probabilità di morire per cancro al polmone del 22% contro una percentuale del 12% stimata per le fumatrici. L' American Cancer Society ha stimato che il cancro è la prima causa al mondo di morte per tumore per gli uomini e la seconda per le donne poichè causa, ogni anno, il decesso di circa 975000 uomini e di 376000 donne. Per quale motivo però, questo tumore provoca più morti fra gli uomini che fra le donne non è al momento noto. (www.sanihelp.it)

Tumori: spiegate recidive dopo successo della terapia 10/09/2008 16:52
Le cellule tumorali potrebbero diffondersi in tutto il corpo molto prima di quanto si pensasse. E questo potrebbe spiegare perché alcune pazienti affette da tumore al seno si ammalano di nuovo anche dopo aver risposto apparentemente con successo alla terapia anti-cancro. Queste sono le conclusioni a cui è pervenuto un gruppo di ricercatori del Memorial Sloan-Kettering Cancer Centre di New York in uno studio pubblicato su Science. I risultati raggiunti dai ricercatori americani hanno fatto ripensare completamente all’origine della metastasi aprendo nuove strade a terapie più efficaci. Fino a ora, gli esperti credevano che le metastasi al cancro si sviluppassero a seguito della diffusione della malattia arrivata in uno stadio avanzato. Adesso, invece, i ricercatori hanno scoperto, dopo una serie di test effettuati sui topi, che le metastasi possono derivare da cellule apparentemente normali che si diffondono a tutto il corpo e dove restano silenti fino a quando non si accendono. Queste cellule sono state in grado di raggiungere il sangue e i polmoni dei topi sopravvivendo fino a 16 settimane senza attivare i geni del cancro. Secondo i ricercatori, i risultati del loro studio dimostrerebbero che queste cellule normali hanno la capacità di nascondere la malattia e farla esplodere anche dopo molto tempo. (www.sanihelp.it)

Ancora una linea guida sullo screening del cancro prostatico 09/09/2008 10:21
Anche l'ACPM prende posizione circa lo screening del cancro prostatico con PSA e/o con esplorazione rettale. L'American College of Preventive Medicine (ACPM) ha pubblicato la sua posizione sullo screening del cancro prostatico mediante esplorazione digitale e/o dosaggio del PSA. Anche se lo screening può portare ad una diagnosi precoce e quindi ad una riduzione potenziale di mortalità e morbidità, i benefici reali restano ignoti fino a che non saranno conclusi gli studi attualmente in svolgimento. Per il momento la riduzione della mortalità mediante screening rimane non provata. Alcuni benefici dello screening potrebbero essere soprattutto di tipo psicologico (rassicurazione del paziente che è a basso rischio di sviluppo di cancro prostatico). Vi sono anche potenziali rischi insiti nello screening: aumento dell'ansia in caso di falso positivo e complicanze della biopsia prostatica; al contrario un falso negativo può portare ad una rassicuarzione con conseguente ritardo nella diagnosi. Anche nel caso di un vero positivo la diagnosi potrebbe essere dannosa perchè molti cancri prostatici evolvono lentamente, senza causare disabilità o decesso, mentre il trattamento provocherebbe effetti collaterali come dolore, incontinenza urinaria e impotenza. L' ACPM conclude che le evidenze non sono sufficienti per raccomandare lo screening del cancro prostatico con esplorazione rettale e/o con PSA: la scelta deve essere individualizzata previa informazione esauriente del paziente. Se quest'ultimo non è in grado di decidere da sè oppure preferisce rimettere la scelta al medico lo screening non dovrebbe essere efettuato prima che il paziente stesso non abbia ben compreso i rischi e i benefici della pratica e le incertezze attuali. Infine sono necessari ulteriori studi per stabilire l'efficacia dello screening e l'età di inizio nei pazienti ad alto rischio di cancro prostatico (afro-americani, anamnesi familiare positiva). (fonte: pillole.org)

Un biosensore innovativo per combattere il tumore 09/09/2008 10:19
Il progetto internazionale COCHISE (Cell-On-CHIp bioSEnsor)sostenuto dall’Unione Europea e coordinato dall’Università di Bologna, ha raggiunto un primo importantissimo risultato: sviluppare un prototipo di biosensore, cioè una struttura tecnologica in grado di rilevare interazioni tra due singole cellule per migliorare il trattamento dei tumori. COCHISE è un progetto internazionale finalizzato proprio allo sviluppo di una nuova classe di biosensori, che possano seguire il processo di interazione tra le cellule tumorali e quelle del sistema immunitario. Un approccio biologico alternativo che coinvolge il sistema immunitario e che è relativamente nuovo nella terapia dei tumori. I pazienti sono trattati con sostanze biologiche quali interferon, interleuchina-2 o altri fattori stimolanti la crescita di tipi cellulari diversi e comunque in grado di rinforzare le difese naturali dell’organismo. L’obiettivo è quello di stimolare il sistema immunitario dell’organismo ad attaccare le cellule tumorali. Queste sostanze, tuttavia, non sono sempre ben tollerate e possono causare effetti che portano all’interruzione del trattamento. Un approccio alternativo consiste nell’identificazione delle cellule immunitarie che sono in grado di combattere il tumore, nella loro amplificazione in vitro in presenza di specifici fattori di crescita per poi re-iniettarle nell’organismo. Uno dei principali problemi di questo approccio consiste nell’identificazione e nell’isolamento del piccolo numero di cellule che sono selettivamente in grado di combattere il tumore. Il progetto COCHISE Il progetto COCHISE coinvolge strutture di vari Paesi europei quali Italia, Germania, Francia, Olanda e Belgio. E’ coordinato dal Prof. Roberto Guerrieri professore di Elettronica presso la Facoltà di Ingegneria dell’Università di Bologna e si avvale del contributo della casa farmaceutica Angelini, che metterà a punto, nel proprio centro di ricerca, i modelli tumorali per la validazione biologica del biosensore. Lo scopo di una nuova classe di biosensori servirà a capire quali sono le cellule più efficaci nel trattamento dei tumori. Infatti, numerose promettenti tecnologie per l’immunoterapia dei tumori sono attualmente poco utilizzabili per la difficoltà di acquisire informazioni sulle interazioni che avvengono tra cellule biologicamente attive. Inoltre tali informazioni dovrebbero essere acquisite a costi ragionevoli, con rapidità e senza la necessità di una complessa struttura di laboratorio. Obiettivi di COCHISE Gli obiettivi strategici del progetto sono i seguenti: • Messa a punto di un biosensore per l’analisi dell’interazione cellulare che consenta il recupero delle cellule analizzate senza provocare alterazioni al loro patrimonio genetico; • Capacità di rilevare interazioni cellulari a livello di singole cellule, superando quindi le difficoltà dovute alla bassa intensità del segnale, difficilmente rilevabile se emesso da una singola cellula; • Valutazione dell’efficacia del biosensore utilizzando modelli preclinici predittivi di attività sull’uomo. La prima applicazione di questa strumentazione sarà nel campo dell’immunoterapia dei tumori e permetterà di isolare le rare cellule (non più di 1 su 10.000) che sono realmente efficaci nel combattere le cellule tumorali. Altri settori inoltre potranno beneficiare di questa ricerca. Ad esempio diversi farmaci hanno la capacità di aumentare o impedire la distruzione delle cellule: la tecnologia sviluppata grazie al progetto COCHISE potrebbe aprire nuove opportunità in questo campo facendo in modo che ogni paziente possa essere trattato con farmaci realmente efficaci per la sua specifica situazione. I risultati intermedi di COCHISE Il progetto è iniziato nel giugno del 2006 e durerà 3 anni. Il primo obiettivo raggiunto è stata la messa a punto di un prototipo del biosensore che è stato utilizzato per dimostrare la possibilità di controllare il flusso di due singole cellule e di intrappolarle in una microcella in cui è possibile studiarne l’interazione. I partner di COCHISE Il progetto COCHISE è attualmente sviluppato da un Consorzio di cui fanno parte strutture con competenze che vanno dalla progettazione e realizzazione di apparecchiature elettroniche alla bioingegneria ed alla immunologia dei tumori. I partecipanti sono: • Università di Bologna, coordina il progetto ed il suo ruolo consiste principalmente nella progettazione e realizzazione del biosensore grazie alla sua vasta esperienza in microelettronica e disegno dei circuiti; • Fraunhofer Institute for Reliability and Microintegration (IZM), centro di ricerca tedesco che dispone di eccellenti strutture per la micro e nanointegrazione utilizzando le più avanzate tecnologie di interconnessione ed assemblaggio; • Micronit, azienda olandese che sviluppa e realizza sistemi di microfluidica con elettrodi integrati che è coinvolta nella parte di realizzazione e messa a punto del biosensore; • Università di Ferrara, fornisce conoscenze fondamentali nell’applicazione dei microchip alle biotecnologie; • Istituto di Patologia Cellulare dell’Università Cattolica di Lovanio (Belgio), valuterà i biosensori nel settore dell’immunologia dei tumori dal momento che possiede grande esperienza nella diagnostica ed immunoterapia in oncologia; • Angelini, industria farmaceutica italiana con ampia esperienza nello sviluppo di farmaci innovativi; nel suo centro di ricerca a sud di Roma verranno messi a punto i modelli tumorali che consentiranno di effettuare la validazione biologica del biosensore; • Laboratorio di Biochips del Commissariat à l’Energie Atomique (CEA), centro di ricerca francese con vasta esperienza nello sviluppo di microsistemi e di soluzioni per la microfluidica applicate alla tecnologia dei biochip; • MindSeeds Labs, piccola azienda italiana che si occupa di strumentazione biomedica con expertise nella progettazione di sensori basati sull’impedenza; GLOSSARIO • Biosensore Strumentazione finalizzata a captare segnali provenienti da organismi biologici. • Microcella Pozzetto collocato all’interno del biosensore in cui la cellula viene analizzata. Nella microcella avviene la reazione di lisi cellulare che genera un segnale rilevato dai biosensori. • Lisi Disgregazione di una struttura biologica ad opera di agenti fisici o chimici.All’interno della microcella la cellula efficace lisa - ossia uccide - la cellula tumorale.

Tumore al polmone: l'80% dei malati chiede aiuto psicologico 09/09/2008 10:16
Annotate le vostre emozioni in un diario. Non pretendete di offrire sempre risposte. Non temete di chiedere al medico informazioni, fino a quando non è tutto chiaro. Il dolore può essere calmato, non sforzatevi di sopportarlo. Il dialogo è fondamentale: cercate un posto tranquillo per non essere disturbati. Sono questi alcuni dei consigli pratici che compongono il decalogo che oncologi e psiconcologi propongono ai pazienti di tumore al polmone (32 mila nuovi casi in Italia nel 2008) e ai loro familiari. La SIPO (Società Italiana di Psiconcologia) e la Fondazione Aiom aderiscono al progetto Inspire, per offrire un supporto a chi affronta questa neoplasia e migliorare la qualità di vita del malato e di chi lo assiste. Hanno quindi realizzato due guide per sensibilizzare le persone sulle conseguenze emozionali del cancro, fornire informazioni pratiche, consigli su come gestire le situazioni di crisi e suggerimenti per facilitare la relazione. Il progetto Inspire - un’iniziativa internazionale promossa da IPOS (International Psycho –Oncology Society) con il sostegno di Roche – ha inoltre condotto anche un’indagine europea sui bisogni dei malati: nel nostro Paese il 32% di questi ritiene di non ottenere un sufficiente supporto emotivo, l’80% gradirebbe riceverne di più, solo il 52% conosce l’esistenza di associazioni di pazienti e soltanto l’8% dispone di opuscoli dedicati. Per cercare di rispondere a questa esigenza dal 2003 è stato attivato il numero verde dell’oncologia (800.237.303), un servizio di counselling e orientamento, attivo i giorni feriali dalle 14 alle 17, che fino a oggi ha registrato oltre 45.000 telefonate (45/55 al giorno) di cui oltre 15.000 relative al tumore del polmone. Il tumore del polmone è una neoplasia che forse più di altre crea difficoltà emotive: la causa principale è infatti il fumo (87% dei casi) e questa consapevolezza può determinare nei malati senso di colpa e di impotenza per non aver saputo o potuto smettere. Ma non è mai troppo tardi: se un tabagista cessa di fumare, il rischio di sviluppare la malattia si riduce progressivamente e dopo 10-15 anni le possibilità che si ammali sono identiche a quelle di una persona che non ha mai fumato. Le guide, disponibili nei dipartimenti di oncologia di tutto il Paese, si potranno scaricare dal sito internet www.siponazionale.it e www.fondazioneaiom.it. (fonte: www.sanihelp.it)

Seno, un marcatore predice l’aggressività 06/09/2008 17:23
Ancora un piccolo passo avanti sulla strada verso le cure personalizzate e dirette a combattere una specifica forma tumorale. Ricercatori americani del Baylor College of Medicine (Houston, Texas) hanno infatti dimostrato, in uno studio pubblicato sull’ultimo numero del Journal of Clinical Oncology, l’efficacia del fattore di crescita insulino-simile tipo 1 (Insulin Growth Factor 1, in sigla IGF-1) nel predire l’aggressività di una neoplasia mammaria. Si tratta di una molecola che accelera la crescita delle cellule e, secondo gli esperti, esiste una forte associazione tra livelli di IGF-1 e il rischio di sviluppare il cancro al seno (ma, pare, anche alla prostata e al colon). «L’IGF-1 è uno dei principali regolatori della proliferazione e della sopravvivenza cellulari – in grado anche di governare i lavori di riparazione al Dna, danneggiato dalla malattia - spiega Adrian Lee, fra gli autori dello studio –. E si è dimostrato un indicatore utile a segnalare la presenza e la progressione di un tumore del seno». La sua presenza incide in particolare sullo sviluppo della malattia, rendendola più aggressiva. E’ quindi un segnale molto rilevante per aiutare i medici a scegliere la strategia terapeutica più indicata, come sottolinea Marco Greco, direttore dell’unità di senologia all’Istituto nazionale dei tumori di Milano: «L’IGF-1, ormai è certo, è un fattore di rischio per il carcinoma mammario. Nei pazienti oncologici in cui è presente indica che ci troviamo di fronte ad una neoplasia in rapida crescita. Saperlo ci permette di scegliere la cura più adatta per la tipologia di tumore che dobbiamo trattare». I ricercatori hanno stimolato in laboratorio svariate cellule di carcinoma mammario con il fattore di crescita insulino-simile per scoprire come ben 800 geni rispondessero a questa stimolazione. Quindi hanno confrontato la “firma genetica” lasciata dall’IGF-1 con la situazione clinica di alcuni pazienti, riuscendo a definire una determinata correlazione fra la presenza della molecola e la prognosi dei malati. Conclude Alberto Luini, responsabile della senologia all'Istituto europeo di oncologia di Milano: «Si tratta di uno studio importante, che conferma il ruolo, nell'andamento del tumore, di una catena di mediatori chimici normalmente presenti nell'organismo. I livelli di IGF dipendono da molti fattori, anche dal metabolismo, quindi conoscere l'influenza di IGF può avere importanti conseguenze per migliorare la prognosi dei pazienti». (fonte: www.corriere.it)

Elevati livelli di calcio e rischio tumore alla prostata 06/09/2008 17:20
Gli uomini con elevati livelli ematici di calcio sono più a rischio degli altri di contrarre qualche forma maligna di cancro alla prostata: è quanto sostiene uno studio pubblicato sulla rivista journal Cancer Epidemiology, Biomarkers & Prevention. Lo studio ha seguito 2814 uomini in buona salute e ne ha monitorato i livelli ematici di calcio. Si è visto che elevati livelli di calcio nel sangue aumentano di 2,68 volte il rischio di sviluppare una forma maligna di cancro alla prostata. In presenza di troppo calcio nel sangue, quindi, è bene usare un farmaco che ne diminuisca la quantità in circolo. Non è possibile correggere la calcemia diminuendo l’introito di calcio con la dieta perché in questo modo la calcemia non scende in maniera significativa. Di solito i pazienti in cura con farmaci capaci di abbassare la calcemia sono quelli con problemi renali, l’uso del calcio anche in tutti gli uomini con troppo calcio nel sangue potrebbe ridurre il rischio di sviluppare un tumore maligno alla prostata. (fonte: www.sanihelp.it)

Chemioterapia nel cancro mammario non metastatico con recettori ormonali negativi 06/09/2008 17:19
Nel cancro mammario a recettori ormonali negativi la polichemioterapia riduce le recidive, le morti specifiche e totali, mentre l'aggiunta di tamoxifene non porta ad ulteriori vantaggi. In questa revisione sistematica con metanalisi della letteratura sono stati valutati 46 RCT per circa 6000 pazienti affette da cancro mammario non metastatico con pochi recettori per gli estrogeni. In questi studi veniva confrontata la chemioterapia rispetto alla non terapia adiuvante. Sono stati considerati inoltre altri 50 RCT per circa 14000 donne in cui veniva paragonata la chemioterapia adiuvante associata al tamoxifene alla sola chemioterapia. La revisione ha dimostrato che la polichemioterapia riduce il rischio di recidiva, la mortalità specifica e la mortalità totale rispetto alla non terapia. L'aggiunta di tamoxifene non migliorava gli esiti rispetto alla sola chemioterapia. I benefici erano evidenti in tutte le classe di età. Per esempio per l'end-point mortalità totale nelle donne con meno di 50 anni si passava dal 33% al 25% e per quelle tra i 50 e i 69 anni dal 45% al 39%. Gli autori concludono che nel cancro mammario non metastatico con pochi recettori ormonali la polichemioterapia adiuvante riduce il rischio di recidiva e di morte a 10 anni. Regimi chemioterapici futuri potrebbero portare a risultati ancora migliori. (fonte: pillole.org)

MicroRNA e regolazione degli oncogeni, una speranza per leucemie e linfomi 06/09/2008 17:15
Una speranza per la formulazione di nuove strategie terapeutiche contro alcune specifiche forme di leucemie e di linfomi potrebbe venire dal risultato della ricerca condotta da Marcos Malumbres del Centro nazionale spagnolo di ricerca sul cancro (CNIO) di Madrid e colleghi e comparsa sull'ultimo numero di "Cancer Cell". Lo studio in questione dimostra come piccole molecole di microRNA possano modulare l’espressione di ben note proteine di traslocazione oncogenica tumore-specifiche e possano giocare quindi un ruolo significativo in alcuni tipi di neoplasie. I microRNA (miRNA) sono piccole molecole di RNA non codificante che modulano l’espressione di specifici geni bersaglio, come alcuni oncogeni o soppressori tumorali, quindi incrementi o decrementi nell'espressione degli miRNA possono giocare un ruolo chiave nell'insorgenza di numerose forme tumorali. Utilizzando dei topi i ricercatori sono stati in grado di identificare una regione cromosomica ricca di miRNA che viene frequentemente perduta nelle forme maligne delle cellule T. Questa particolare regione codifica circa il 12 per cento di tutto il miRNA genomico. Inoltre è stato identificato un particolare tipo di miRNA, denominato miR-203, che viene silenziato da meccanismi sia genetici sia epigenetici in molte forme tumorali maligne del sangue umane e murine, incluse le leucemie mielogene croniche e alcune forme di leucemie linfoblastiche acute. Il silenziamento del miR-203 esita in un difetto di regolazione dell'oncogene ABL-1 e della proteina di fusione oncogenica denominata BCR-ABL1 mentre il ristabilimento del miR-203 dà come risultato una successiva riduzione di ABL1 e BCR-ABL1 e, di conseguenza, una diminuzione nella proliferazione delle cellule tumorali. Grazie a questo studio sarà forse possibile utilizzare il miR-203 come soppressore tumorale in alcune forme tumorali emopoietiche maligne. (Redazione MolecularLab.it)

Come i tumori stanno cambiando il mondo 04/09/2008 11:16
I tumori stanno cambiando il mondo, impattando pesantemente sullo sviluppo economico di gran parte del pianeta, oltre che sulla salute e sulla vita di milioni di persone. La denuncia arriva dallo UICC World Cancer Congress appena conclusosi a Ginevra. La direttrice generale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, Margaret Chan, ha lanciato un grido d’allarme: "I tumori causano ogni anno circa 7,9 milioni di morti nel mondo. Di queste morti, circa il 72 per cento ora avviene nei Paesi in via di sviluppo. Si tratta di dati scioccanti, con implicazioni devastanti riguardo la sofferenza umana, l’efficienza dei sistemi sanitari, la povertà. È arrivato il momento di fare del controllo dei tumori una priorità essenziale dei modelli di sviluppo dei Paesi". Le patologie oncologiche dissanguano i sistemi sanitari e/o le tasche dei pazienti con spese catastrofiche: l’OMS ha calcolato che le spese necessarie per affrontare un tumore hanno fatto precipitare solo nell’ultimo anno al di sotto della soglia di povertà ben 100 milioni di persone. "I Paesi in via di sviluppo affrontano oggi problemi sanitari con i quali altre nazioni si sono confrontate decenni fa", avverte la Chan. "Là le esperienze sono state fatte. Le politiche si sono adeguate, la ricerca clinica ha fatto passi avanti, i tassi d’incidenza di alcuni tumori sono scesi sensibilmente, e la mortalità anche. Ora bisogna condividere le nostre conoscenze. Ma programmi di screening, test diagnostici e trattamenti sono costosi". Fonte The face of cancer is changing. World Health Organization news release 27/08/2008. (fonte: pensiero.it)

Dieta anti-androgeni contro il tumore al seno 04/09/2008 11:13
È al via in tutta Italia il progetto «Diana 5», coordinato dall’Istituto dei Tumori di Milano e dall’Istituto Europeo di Oncologia per verificare se lo stile di vita incentrato sulla «dieta mediterranea» sia in grado di prevenire il tumore al seno e in quale percentuale. «Diana - spiega l’epidemiologo dell’Int, Franco Berrino - è acronimo di “dieta” e “androgeni”, perché gli androgeni nel sangue (e, dopo la menopausa, gli estrogeni) sono indicatori del rischio di ammalarsi di tumore al seno. Con la dieta, però, siamo in grado di abbassare il livello di questi ormoni. Sappiamo da tempo che dieta ipercalorica e vita sedentaria provocano la cosiddetta “sindrome metabolica”, che fa aumentare il livello di insulina nel sangue, fatto che comporta appunto l’aumento degli ormoni sessuali e di altri fattori di crescita, indicatori del rischio di tumore». Il progetto «Diana 5»: una piccola rivoluzione alimentare In particolare, la dieta prevede di ridurre le calorie privilegiando cereali non raffinati, legumi e verdure; di evitare cibi ad alto indice glicemico e insulinemico come farine raffinate, patate, riso bianco; di consumare invece cereali integrali, ridurre le fonti di grassi saturi come carni rosse, burro, latticini e salumi e consumare olio extravergine di oliva, semi oleogenici; di ridurre le proteine di origine animale eccetto quelle del pesce. Obbligatoria dell'attività fisica quotidiana. Verranno "arruolate" 4 mila donne tra i 35 e i 70 anni Il progetto, che verrà gestito in collaborazione con i Centri di Napoli, Palermo, Perugia, Potenza, Torino, Avezzano (L’Aquila), prevede l’arruolamento di 4000 donne di età compresa fra 35 e 70 anni, che abbiano avuto un tumore alla mammella negli ultimi 5 anni e non abbiano avuto recidive. Dovranno essere disponibili a sottoporsi a un prelievo di sangue, a misurazioni di peso, circonferenza vita, pressione arteriosa e a compilare questionari periodici. Infine, essere disponibile a modificare alimentazione e stile di vita. Di queste verranno selezionate le 2000 più a rischio di recidiva e divise in due gruppi. Quelle del primo verranno sottoposte a un programma più moderato indicando loro alcuni precisi obiettivi nutrizionali. Quelle del secondo avranno un programma più intenso con controlli più ristretti. (fonte: LaStampa)

Laparoscopia efficace nel cancro al colon 04/09/2008 11:10
Si sapeva che la rimozione di un tumore al colon mediante chirurgia laparoscopica -tecnica molto poco invasiva- e' piu' efficace dell'intervento aperto in termini di sopravvivenza e tasso di recidivita'. Ma nessuno aveva seguito i pazienti oltre i cinque anni. L'equipe di Antonio Maria Lacy del Servizio di chirurgia gastrointestinale dell'Hospital Clinic di Barcellona ha colmato la lacuna e ne riferisce sulla rivista Annals of Surgery. L'indagine e' stata condotta su 219 pazienti con cancro al colon di fase III, operati tra novembre 1993 e luglio 1998, di cui 111 tramite laparoscopia, gli altri mediante intervento chirurgico convenzionale. Dopo 95 mesi il beneficio della laparoscopia e' apparso confermato. (fonte: ADUC)

L'efficienza di ApoE nella prevenzione dell'Alzheimer 04/09/2008 11:09
Un gruppo di ricercatori della Case Western Reserve University School of Medicine, a Cleveland, ha identificato il meccanismo, finora sconosciuto, con cui l'apolipoproteina E (ApoE) stimola la degradazione della proteina beta amiloide, ed ha illustrato i risultati della ricerca in un articolo pubblicato sull'ultimo numero di Neuron. L'accumulo a livello dei tessuti cerebrali di depositi di proteina beta amiloide, i cui livelli sono regolati dalla proteina ApoE, è una caratteristica della malattia di Alzheimer. La proteina ApoE è una proteina utilizzata dall'organismo per il trasporto del colesterolo ma, come spiega Gary E. Landreth, direttore della ricerca "Una forma di ApoE, ApoE4, ha mostrato di essere fortemente collegata a un aumento dei rischio di sviluppare la malattia di Alzheimer, ma la base di questo collegamento restava una delle questioni irrisolte della patogenesi di questa malattia" Questa ricerca chiarisce tale collegamento. La proteina ApoE è responsabile della degradazione della beta amiloide in misura varia a seconda dell'isoforma della proteina. Tra le varie isoforme la ApoE4 dimostra di non essere efficiente nel processo di degradazione della beta amiloide, facilitandone quindi la deposizione. Poichè la ApoE promuove la degradazione della beta amiloide risulta importante anche il numero di molecole lipidiche che si trova associato alla ApoE e di conseguenza l'attivazione dei recettori X epatici (LXR), volta ad aumentare le capacità di trasporto lipidico della ApoE, agevolerebbe in maniera significativa la degradazione della beta amiloide. Tale teoria è stata confermata da esperimenti condotti sul modello murino, grazie ai quali si è notato come il ricorso a LXR-agonisti abbia ridotto le placche cerebrali di proteina beta amiloide e consentito un miglioramento delle capacità mnemoniche dell'animale. (fonte: MolecularLab)

L’attività fisica per meglio sopravvivere al cancro al seno 02/09/2008 12:41
Continuare a svolgere una regolare attività fisica dopo diagnosi di tumore al seno aiuta a sconfiggere la malattia: è quanto sostiene uno studio condotto presso la Yale School of Medicine in Connecticut e pubblicato sulla rivista Journal of Clinical Oncology. Lo studio ha seguito 933 donne per cui è stata fatta diagnosi di tumore al seno fra il 1995 e il 1998 e queste pazienti sono state seguite fino al 2004. Si è visto che le donne che almeno nell’anno precedente la diagnosi di tumore erano solite camminare per 2 0 3 ore a settimana a passo svelto hanno il 31% di probabilità in meno di morire a causa di questa malattia rispetto alle donne dalla vita sedentaria. Le donne che dopo due anni dalla diagnosi hanno svolto attività ricreative hanno il 64% di probabilità in meno di morire rispetto alle donne che non hanno praticato alcuna attività e le donne che sono riuscite a camminare a passo svelto per almeno 2 o 3 ore per settimana hanno visto ridotto il loro rischio di morire del 67%. Le donne che dopo la diagnosi di tumore hanno smesso ogni attività fisica hanno un rischio 4 volte maggiore di morire per il tumore rispetto alle donne che sono sempre state sedentarie. Le donne che invece hanno intrapreso l’attività fisica dopo la diagnosi di tumore hanno un 45% in meno di probabilità di morire a causa del tumore. (fonte: www.sanihelp.it)

Allo studio nuovi biomarker per il tumore del pancreas 02/09/2008 12:40
Il risultato di un nuovo studio, condotto da Samir Hanash e colleghi del Fred Hutchinson Cancer Research Center di Seattle (USA) ed apparso sulla rivista ad accesso libero PLoS Medicine, potrebbe aprire la strada a una diagnosi precoce del tumore al pancreas, per il quale le strategie diagnostiche e terapeutiche sono ancora molto limitate. Lo studio ha permesso l'identificazione di alcune proteine che appaiono in numero più elevato in uno stadio iniziale dell’insorgenza di tumore pancreatico in un modello animale murino. I ricercatori han utilizzato il modello murino grazie alla sua elevata caratterizzazione per questo tipo di neoplasia ed hanno confrontato il livello di 5 proteine, aumentato rispetto ai valori fisiologici, con i dati relativi allo studio in cieco denominato CARET (Carotene and Retinol Efficacy Trial). Il livello di tali proteine è risultato discriminante nei casi di tumore pancreatico, e significativamente piu elevato rispetto al gruppo di controllo in campioni di sangue ottenuti da 7 a 13 mesi prima dello sviluppo dei sintomi e della diagnosi clinica di tumore del pancreas. Le ricerche sono ora volte ad identificare, grazie all'analisi proteomica dei modelli murini del cancro, alcuni candidati marcatori utilizzabili per la diagnosi precoce anche nell’essere umano. (fonte: www.molecularlab.it)

CA 125 per monitorare il cancro ovarico 01/09/2008 21:33
Il dosaggio delo CA 125 può servire ad identificare precocemente una progressione del cancro ovarico ma non può essere usato a scopo di screening in una popolazione non selezionata. Il Gynecologic Cancer Intergroup (GCIG) ha stabilito delle linee guida per valutare l' eventuale progressione del cancro ovarico in pazienti sottoposte a trattamento per questa patologia. La progressione viene definita sulla base dei valori dell'antigene CA 125. Per le pazienti nelle quali il CA 125 era a valori normali oppure si era normalizzato durante il trattamento, una progressione viene identificata per valori di CA 125 superiori di almeno 2 volte i valori normali (di solito 35 U/mL). Se invece i valori di CA 125 non si erano normalizzati durante il trattamento una progressione viene identificata per valori di CA 125 di almeno 2 volte il valore massimo del marker (confermato in due determinazioni). Alcuni autori hanno proposto un altro criterio per identificare precocemente la progressione: se il valore massimo raggiunto dal CA 125 era inferiore a 10 U/mL una progressione della malattia può essere definita per valori (confermati) superiori a 20 U/mL; se il valore massimo era superiore a 10 U/mL una progressione precoce viene identificata per valori di CA 125 di almeno 2 volte i valori massimi. Questi ultimi criteri sembrano identificare prima la progessione rispetto ai criteri stabiliti dal GCIG e, secondo gli autori, potrebbero anticipare la diagnosi di recidiva. (fonte: pillole.org)

Secondo i ricercatori, l'origano è molto di più di una semplice erba aromatica 01/09/2008 21:29
L'origano si è fatto strada nei cuori, e negli stomaci, di coloro che amano le erbe aromatiche piccanti e perenni. Ma adesso si presenta sotto una nuova luce: la sua capacità di curare le infiammazioni. Alcuni ricercatori provenienti da Germania e Svizzera hanno scoperto che l'origano contiene una sostanza che può dare sollievo alle infiammazioni, oltre che ad altri disturbi. I risultati di questo studio sono stati pubblicati nella rivista Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS). I ricercatori, dell'università di Bonn in Germania e dell'ETH Zürich in Svizzera, hanno somministrato beta-cariofillene (E-BCP), la sostanza attiva dell'origano, a dei topi. "Abbiamo usato il beta-cariofillene per trattare dei topi con le zampe gonfie a causa di un'infiammazione," ha spiegato il dott. Jürg Gertsch di ETH Zürich. "Nel 70% dei casi, il gonfiore è in seguito sparito." Un altro dato interessante è rappresentato dal fatto che l'E-BCP potrebbe avere le potenzialità per curare altri disturbi, come l'arteriosclerosi e l'osteoporosi. Il professor Andreas Zimmer dell'università di Bonn, membro del Life & Brain-Zentrum, ha detto: "I nostri risultati hanno dimostrato che il beta-cariofillene blocca l'infiammazione," ed ha aggiunto: "Gli esperimenti sui topi hanno mostrato che questa sostanza è efficace anche contro l'osteoporosi." L'E-BCP si trova in una miriade di erbe aromatiche e spezie, tra cui il pepe nero, il rosmarino e il basilico. Gli esperti stimano che le persone possono consumare fino a 200 milligrammi di sostanza attiva al giorno. I ricercatori hanno spiegato che il beta-cariofillene si aggancia a specifiche strutture di ricettori nella membrana delle cellule, chiamati dagli esperti "ricettori cannabinoidi CB2", e genera un cambiamento nel comportamento della cellula. Hanno detto che, per esempio, la produzione da parte della cellula di sostanze che potrebbero causare l'infiammazione è soppressa. I ricettori costituiscono i punti di aggancio di una serie di sostanze; sono i mezzi attraverso i quali una serie di meccanismi vengono innescati con un effetto "chiave-serratura". Da sole, le chiavi e le serrature sono inutili, ma insieme, aprono le porte. In sostanza, i ricettori sono le serrature biologiche. Un'altra proprietà essenziale dell'E-BCP è che non provoca intossicazione, a differenza di altre sostanze che agiscono sui ricettori CB2, hanno spiegato i ricercatori. Secondo loro, il CB2 ha un "fratello", il cosiddetto CB1, oggetto di ampie ricerche da parte degli scienziati che si occupano di farmaci. Quest'ultimo si trova nei neuroni del cervello e alcuni ingredienti di piante hanno la capacità di attaccarsi facilmente nel cervello, aumentando così l'effetto intossicante nelle persone. Il CB1 e il CB2, sebbene differenti, possiedono qualità simili, e le sostanze che stimolano il CB2 creano un effetto intossicante. Ed è qui che sta la differenza: mentre il beta-cariofillene si lega in particolare al CB2, non si lega al CB1. Il risultato finale è che una persona non può avere effetti da cibi particolari, ha detto il team di ricerca. Il sistema endocannabinoide, che regola la probabilità di rilascio dei neurotrasmettitori in una serie di tessuti neurali, è costituito da entrambi i recettori. I ricercatori stanno attualmente determinando la loro importanza in diversi disturbi. Un sistema che non funziona può generare vari problemi di salute, come dolore cronico e malattie cardiache, anche la memoria può essere colpita. "Gli endocannabinoidi sono formati dall'organismo stesso e mantengono il suo equilibrio," ha osservato il professor Zimmer. In presenza di un'infiammazione, gli endocannabinoidi assicurano che il sistema immunitario non abbia una reazione "eccessiva", compromettendo la sua reazione difensiva. "Il sistema endocannabinoide entra in gioco quando l'equilibrio dei processi metabolici è stato distrutto," ha aggiunto il professor Zimmer. Le scoperte degli scienziati hanno dimostrato che l'E-BCP ha il potenziale per costituire la base di nuovi farmaci. Il fatto che questa sostanza attiva si trovi comunemente in natura costituisce un notevole vantaggio per i ricercatori di farmacologia. (fonte: molecularlab.it)

Sigarette radioattive al polonio 210 29/08/2008 10:56
Ricordate il Polonio 210, quella sostanza radioattiva usata nel 2006 per uccidere a Londra Alexander Litvinenko, ex agente del Kgb? In questi ultimi giorni di vacanza si apprende che tale “veleno”, già noto per causare tumore del polmone negli animali, sarebbe presente anche nelle sigarette… Il quotidiano inglese "The Independent" rivela infatti che da oltre 40 anni alcune delle più grandi aziende produttrici di tabacco ne studino gli effetti, tenendo però nascosti i risultati di alcuni esami che ne attestano la presenza nelle sigarette. Per arrivare a queste conclusioni sono stati analizzati oltre 1.500 documenti - ottenuti in seguito ad un’azione legale - interni delle multinazionali del tabacco. Da qui è nato lo studio che verrà pubblicato nell’edizione di settembre dell’American Journal of Public Health. Tra gli effetti documentati del polonio 210 c’è il cancro ai polmoni e i ricercatori ipotizzano che questa sostanza potrebbe causare l’un per cento di tutti i tumori ai polmoni nella popolazione americana. Lo studio dimostra la presenza del polonio 210 sia sulle foglie del tabacco che all’interno della sua struttura chimica. Per anni gli scienziati alle dipendenze delle multinazionali hanno quindi tentato inutilmente di eliminarlo, studiando filtri e provando anche con la modificazione genetica. Purtroppo inutilmente. Da un documento di oltre 30 anni fa, esattamente del 1978, si apprende poi che le company del tabacco avrebbero semplicemente deciso di omettere l’informazione perché divulgarla avrebbe significato "svegliare un gigante che dorme". Hanno quindi deciso di far calare il silenzio su tali ricerche, un silenzio che è stato rotto solo ora dai ricercatori guidati da Monique Muggli, della Mayo Clinic nel Minnesota, e che certo avrà delle belle conseguenze... Un portavoce della British American Tobacco intanto replica che non è noto quale componente delle sigarette causi il cancro e sottolinea che il polonio 210 sia presente in ben più consistenti quantità in altri alimenti. Come le fragole. (fonte: www.agoramagazine.it)

Un fluido colora le cellule malate: chirurgia oncologica più sicura 27/08/2008 12:33
I MAGHI del bisturi, quando c'è da operare un tumore, sanno bene dove mettere le mani. Ma non possono stabilire in tempo reale se hanno rimosso tutto ciò che c'era da togliere. Questo limite, spesso decisivo per la guarigione definitiva del paziente, potrà ora essere superato grazie a un innovativo sistema di monitoraggio che evidenzia le cellule tumorali con tonalità fluorescenti. Gli ideatori del sistema sono i ricercatori del Beth Israel Deaconess Medical Center (BIDMC) and Harvard Medical School di Boston, nel Massachusetts, che hanno messo a punto il cosiddetto "Flare" (Fluorescence-Assisted Resection and Exploration). Il sistema è costituito da un liquido reagente, un dispositivo a raggi infrarossi, un monitor e un computer: "E' la prima volta che la scienza regala alla chirurgia un dispositivo del genere: sterile, di massima precisione e che funziona senza sfiorare il paziente", spiega il coordinatore del progetto e co-direttore del centro di Tecnologia e Diagnosi, John Frangioni. "Avere una visione completa del cancro ci dà una chance in più per curarlo". Allo sviluppo di "Flare" hanno collaborato il National Cancer Institute e il National Institutes of Health e per ultimarlo ci sono voluti dieci anni. Il risultato finale è stato presentato al meeting dell'American Chemical Society (ACS). La tecnica si serve di coloranti sensibili ai raggi infrarossi, in grado di evidenziare le strutture cellulari cancerogene una volta iniettati nel corpo del paziente. Il fluido, invisibile all'occhio umano, risponde alla luce dei raggi ed evidenzia il tumore con precisione: l'immagine fluorescente viene poi proiettata su un monitor e sovrapposta alla sagoma del paziente nel momento in cui il chirurgo esegue l'operazione. Il medico ha in questo modo la possibilità di intervenire sulla parte malata non solo asportando tutte le cellule tumorali ma evitando di recidere vasi sanguigni o altre parti del corpo. Un sistema che permetterà di evitare errori macroscopici in cui spesso incappa anche la miglior medicina. Frangioni e colleghi hanno già sperimentato "Flare" su topi e maialini e ogni volta il chirurgo ha avuto la possibilità di osservare in tempo reale l'estensione del tumore. Le prime applicazioni sull'uomo verranno fatte a partire da un gruppo di pazienti malate di cancro al seno. Questa tecnica promette infatti ottimi risultati sia in questo campo che rispetto al tumore alla prostata e al polmone. Il passo successivo al quale gli scienziati stanno lavorando è la creazione di fluidi capaci di regire con tonalità diverse, cambiando colore a seconda dei vari tipi di tumore, o in presenza di vasi sanguigni e sistema nervoso. Un'idea semplice in grado di garantire la massima precisione. Come ricorda Frangioni, "Il futuro della tecnologia ormai sta tutto nella chimica". (da www.repubblica.it)

Tumori: neuroblastoma, alla base c'è mutazione genetica 27/08/2008 12:32
Alla base della maggior parte dei casi ereditari di neuroblastoma ci sarebbe una mutazione genetica. Lo hanno scoperto i ricercatori dell'University of Pennsylvania School of Medicine di Filadelfia. Il termine neuroblastoma si riferisce a un gruppo di tumori maligni dei primi anni di vita, e riguarda le cellule nervose dei gangli simpatici: è la terza neoplasia per frequenza dopo le leucemie e i tumori cerebrali ed è responsabile del 15% di tutte le morti oncologiche in età pedriatica, con una probabilità di sopravvivenza inferiore al 40%. Lo studio, pubblicato on line sulla rivista Nature, offre la speranza di sviluppare nuovi test e nuove cure. (Agr)

Tumori: felicità e ottimismo allontanano quello al seno 23/08/2008 12:06
Felicità e ottimismo allontanano il cancro al seno. Lo rivela una ricerca dell'Università Ben Gurion, in Israele, pubblicata sulla rivista scientifica BMC Cancer: secondo i ricercatori vedere la vita in rosa ha un effetto protettivo. Al contrario eventi negativi e dolorosi, come un divorzio o la perdita di una persona cara, aumentano il rischio di sviluppare la malattia. Questo dipenderebbe dal modo in cui il sistema nervoso centrale, ormonale e immunitario interagiscono tra di loro e da come gli eventi esterni modulano questi tre sistemi. Un meccanismo ancora poco noto tanto che per gli scienziati è necessario condurre ulteriori studi per chiarire la relazione tra felicità e salute. (Agr)

Scienziati Usa Scoprono Odore del Tumore Pelle 21/08/2008 18:14
l tumore della pelle ha un "odore" specifico: a scoprirlo un gruppo di ricercatori del 'Monnel Chemical Senses Center' di Philadelphia, guidato da Michelle Gallagher. Il gruppo di studio ha analizzato la qualità dell'aria di undici pazienti affetti da carcinoma, il più comune tumore della pelle, comparandola con persone sane. "I tumori hanno odori differenti", ha sostenuto Gallagher presentando il lavoro alla conferenza annuale dei dell'American Chemical Society, "ma siamo i primi a identificare e quantificare quelli che compongono i tumori della pelle". I ricercatori stanno lavorando sul carcinoma e melanoma, le forme più aggressive per mettere a punto nuove forme di diagnosi precoce. (fonte: www.larepubblica.it)

Contraccettivi orali riducono rischio di cancro ovarico 21/08/2008 18:12
Secondo uno studio caso-controllo l'uso dei contraccettivi orali riduce il rischio di cancro ovarico, beneficio che persiste, anche se ridotto, dopo molti anni dalla sospensione del trattamento. In questo studio di tipo caso-controllo sono stati considerati i dati individuali di oltre 23.000 donne con cancro ovarico e di oltre 87.000 donne senza cancro ovarico derivanti da 45 studi epidemiologici di 21 paesi. L'uso dei contraccettivi orali risultò associato ad una riduzione del rischio di cancro ovarico tanto maggiore quanto più lungo era il periodo di assunzione. Tale riduzione persisteva fino a 30 anni dalla sospensione del contraccettivo, anche se si attenuava con il passare del tempo. Per esempio se si aveva cessato di assumere la pillola da meno di dieci anni la riduzione del rischio relativo per 5 anni di uso era del 29%, era del 19% se l'uso era cessato da 10-19 anni e del 15% se la donna aveva smesso il contraccettivo da 20-29 anni. Per gli anni 1960-70-80, in cui il dosaggio degli estrogeni nella pillola era più elevato, la riduzione del rischio era comunque simile. Gli autori concludono che l'uso per lunghi periodi dei contraccettivi orali protegge dallo sviluppo del cancro ovarico e stimano che siano stati evitati 200.000 casi di neoplasia ovarica e 100.000 decessi. Per ogni 5000 donne/anni d'uso si evitano due casi di cancro ovarico e un decesso correlato per le età inferiori ai 75 anni. Si può calcolare che nei prossimi decessi saranno evitati almeno 30.000 casi ogni anno. Fonte: Collaborative Group on Epidemiological Studies of Ovarian Cancer. Ovarian cancer and oral contraceptives: collaborative reanalysis of data from 45 epidemiological studies including 23257 women with ovarian cancer and 87303 controls. Lancet 2008 Jan 26; 371:303-314

Tutta la nostra salute online: è la banca europea del paziente 21/08/2008 10:11
La storia clinica di ogni persona racchiusa in una card elettronica. Una banca digitale europea che raccoglie tutti i dati relativi allo stato di salute di milioni di cittadini. Tutto nasce dall'accordo raggiunto da dodici Paesi europei, compresa l'Italia. Il protocollo operativo d'adesione al Consorzio sarà firmato il prossimo 22 settembre. In Italia, per il momento, solo dieci regioni hanno aderito al progetto europeo. Mancano all'appello tutte le regioni del Sud. Costo iniziale 22 milioni di euro, per metà a carico dell'Unione Europea. La Svezia sarà la coordinatrice del progetto, quindi avrà una quota di finanziamento più alta degli altri Paesi, mentre la Lombardia farà da capofila alle altre regioni. Prima verifica nel 2011. Il sistema dovrebbe funzionare a pieno regime entro il 2015. Al momento è la Spagna che dispone di un avanzato sistema di archivio medico digitalizzato tra i Paesi che hanno aderito al progetto europeo "Smart Open Services". Molti e non di poco conto gli ostacoli da superare: dalla differenza linguistica alle diversità dei sistemi informatici e alle diverse leggi sulla privacy. Ma come funzionerà, in pratica, il sistema? Ecco alcuni esempi. Un cittadino decide di andare in vacanza in Spagna, ma lì si ammala. Il medico spagnolo non sa nulla delle condizioni di salute del paziente. Ma niente paura con la "cartella clinica" digitalizzata che il turista si è portato dietro e dopo il suo consenso il medico potrà accedere al "Patient summary" dove sono sintetizzate le malattie che l'hanno colpito. Lo stesso discorso vale per le medicine. Se il turista segue una particolare terapia tutti i medicinali prescritti in Italia sono elencati sulla "cartella clinica" elettronica. Se, invece, il medico spagnolo decide, dopo aver preso visione di tutti i dati, può prescrivere al paziente un nuovo farmaco con l'obbligo di segnalarlo per via elettronica al sistema sanitario italiano. E l'Italia dovrà bruciare le tappe per essere pronta al momento dello start del nuovo sistema informatico. Il rischio è che molte regioni, quasi tutte del Sud, rimangano fuori dal sistema. Nel nostro Paese solo la Lombardia ha messo in piedi un sistema informatico a livello regionale. Con la Carta regionale dei servizi il cittadino lombardo ha accesso a tutti i servizi sanitari e sulla card sono registrati tutti i suoi dati, dalla tessera sanitaria al codice fiscale, dalle patologie alle cure che ha seguito o sta seguendo. In Toscana l'assessorato alla sanità sta lavorando permettere in funzione un sistema informatico regionale. "Per il momento abbiamo digitalizzato tutta la diagnostica per immagini, dalle lastre alle Tac, - afferma l'assessore alla Sanità Enrico Rossi - il tutto investendo 120 mila euro e risparmiandone 60 mila perché non vengono più acquistati i liquidi per lo sviluppo delle pellicole. Purtroppo la realtà sanitaria italiana è molto complessa: alcune regioni non ce la fanno a rientrare dal deficit e segnano il passo anche su progetti come quello europeo sulla banca sanitaria digitale". Nell'ambito del progetto europeo all'Italia è stata la responsabilità di realizzare i servizi di sicurezza del sistema informatico, di sviluppare i siti pilota e la verifica del funzionamento dei vari sistemi di collegamento con le strutture sanitarie pubbliche ed i medici. Messo a punto il sistema, la seconda fase servirà a coordinare e connettere i dati al "cervello" europeo. (fonte: www.larepubblica.it)

Tumore seno: screening riduce mortalità del 25% 18/08/2008 19:37
Aderire ai programmi di screening per la diagnosi precoce del tumore al seno, significa poter ridurre del 25% la mortalità per questo tumore. Un dato importante, dimostrato da uno studio italiano finanziato dalla Lega italiana per la lotta contro i tumori (Lilt) e dal ministero della Salute. Per valutare l'efficacia dei programmi di screening mammografico nel nostro Paese, i ricercatori hanno confrontato le storie di 1.750 donne decedute per tumore al seno, con quelle di 7mila donne non colpite da tumore e residenti negli stessi comuni. Una conferma dell'importanza della mammografia e dei programmi di screening per il tumore al seno a cui tutte le donne dovrebbero aderire. (Agr)

Cancro prostata: cambiano linee guida USA per screening 17/08/2008 12:16
Negli Stati Uniti agli uomini over 75 non verrà più raccomandato il test del PSA, l'antigene specifico della prostata, che in molti casi indica la presenza di un cancro alla prostata. Lo prevedono le nuove linee guida per lo screening di questo tumore redatte dal Preventive Services Task Force, il comitato di specialisti che decide le politiche sanitarie del governo Usa, dopo aver esaminato i dati di ampi studi condotti negli ultimi cinque anni. Secondo gli esperti non ci sono prove che negli over 75 il ricorso al test del PSA porti a una riduzione della mortalità per tumore alla prostata, anzi: un eccesso di analisi e trattamenti come le biopsie, comportano più rischi che benefici per i pazienti. Il rapporto è pubblicato sugli Archives of Internal Medicine. (Agr)

Vitamina C per bloccare i tumori 17/08/2008 12:14
L'acido ascorbico, meglio noto come Vitamina C, potrebbe bloccare la crescita di alcuni tumori molto aggressivi. Un nuovo studio sembrerebbe confermare alcune teorie di Linus Pauling, uno scienziato vincitore di due Nobel, di cui uno per la chimica, che per anni condusse numerose analisi nel campo della scienza della nutrizione e della vitamia C. La ricerca, che confermerebbe l'intuizione di Linus Pauling, è stata condotta da un gruppo di scienziati dei National Institutes of Health (NIH) coordinati da Mark Levine. I dettagli dello studio sono stati pubblicati su PNAS (Proceedings of the National Academy of Sciences - Agosto, 2008). Nella prima fase dello studio, i ricercatori hanno indotto in un gruppo di topi la formazione di tre forme di tumori molto aggressive: tumore del pancreas, tumore delle ovaie e tumore del cervello. Successivamente le cavie sono state suddivise in vari gruppi e alcune di esse sono state trattate con iniezioni di alte dosi di acido ascorbico (Vitamina C). Analizzando i dati relativi ai topi trattati, e confrontandoli con quelli del gruppo di controllo, i ricercatori hanno constatato che nei primi la crescita delle cellule cancerose era pari alla metà di quelli non sottoposti alla terapia. In base ai risultati ottenuti il trattamento consentirebbe di ridurre la crescita del tumore di una percentuale variabile tra il 41 e il 53 per cento. Per ottenere questi benefici la Vitamina C non va però ingerita, l'acido ascorbico deve essere iniettato. Durante alcuni esperimenti condotti in precedenza, i ricercatori avevano utilizzato la vitamina C sotto forma di pillole ottenendo però dei risultati deludenti. Il minor effetto è legato alla concentrazione della Vitamina C nel sangue, sembra infatti che solo tramite iniezione si possano ottenere dei livelli sufficienti utili a proteggere l'organismo dai tumori. Mark Levine è molto soddisfatto dei risultati ottenuti fino ad ora e spiega che si è molto vicini al prossimo passo della sperimentazione, una fase di test che esaminerà gli effetti della Vitamina C iniettata anche nell'uomo. Per numerosi anni l'idea di poter utilizzare la Vitamina C per cura alcune forme di tumori è stata messa da parte, lo studio di Linus Pauling e Ewan Cameron risale infatti a circa 30anni fa (Proceedings National Academy of Science, 73: 3685-89, 1976). I due ricercatori furono i primi ad evidenziare che la Vitamina C somministrata per via endovenosa poteva prolungare in maniera significativa la vita dei pazienti colpiti da un tumore in stadio avanzato. Probabilmente in tutti questi anni altri centri hanno condotto delle ricerche in questo campo, nessuno però deve aver raggiunto dei risultati soddisfacenti tali da meritarsi una pubblicazione nelle più note riviste scientifiche, almeno fino al 2004, quando, uno studio condotto sempre da ricercatori del NIH (National Institutes of Health), venne pubblicato negli Annals Internal Medicine (140:533-7, 2004). Lo studio pubblicato nel 2004 concluse che la Vitamina C, somministrata per via endovenosa, era tossica per le cellule cancerose ma non aveva effetto su quelle sane. Gli studi del NIH evidenziano inoltre che per ottenere una concentrazione di Vitamina C adeguata c'è bisogno della somministrazione per via endovenosa, altri studi però, condotti sempre presso i National Institutes of Health, mostrano che la Vitamina C somministrata per via orale può portare a concentrazioni nel sangue tre volte superiori a quanto ritenuto possibile in precedenza. In questi ultimi anni, a partire dal 2004, i ricercatori non hanno più riesaminato questo aspetto evidenziando che solo per via endovenosa si possono ottenere dei benefici, scartando definitivamente l'ipotesi della somministrazione per via orale. Oltre ad ulteriori studi per valutare l'effettiva efficacia della Vitamina C nel limitare la crescita dei tumori, sarebbe interessante approfondire anche l'aspetto della somministrazione e relativa concentrazione nel sangue. (fonte: www.universonline.it)

Le statine non causano il cancro 17/08/2008 12:12
In nove anni di follow-up su oltre 361000 pazienti non sono state rilevate forti evidenze a sostegno dell’eventuale ruolo delle statine, somministrate a lungo termine, nel causare o prevenire il cancro. Le statine sono largamente utilizzate come farmaci ipolipemizzanti nella prevenzione delle patologie cardiovascolari connesse all’aterosclerosi. Le evidenze relative ad una possibile correlazione tra l’uso di statine e il rischio di cancro sono ancora controverse: una recente metanalisi di 26 RCT non ha rilevato alcuna correlazione (positiva o negativa) tra impiego di statine ed incidenza di cancro (Dale KM et al. JAMA 2006; 295: 74–80). In questo studio è stata valutata l’incidenza di cancro per un follow-up di 9,4 anni (valore mediano 4,91 anni) in 361.859 soggetti che assumevano statine inclusi nel Kaiser Permanente Medical Care Program della California del Nord (KPMCP). Il follow-up si riteneva concluso alla diagnosi di carcinoma, ed in seguito all’abbandono dello studio per qualsiasi motivo incluso il decesso. L’uso di statine e lo sviluppo di tumore è stato accertato attraverso i registri delle farmacie inserite nel programma e dai registri dei tumori, dall’agosto 1994 al dicembre 2003. Sono stati considerati solo i casi di tumore invasivo, mentre i pazienti cui era stato diagnosticato un cancro prima del follow-up sono stati esclusi dall’analisi specifica per quel tipo di cancro. Il rischio relativo di tumore, stimato come Hazard Ratio (HR), è stato determinato utilizzando il modello di rischio proporzionale Cox, in cui l’età dei pazienti è stata usata come scala di tempo e l’uso di statine come variabile tempo-dipendente. Sono stati effettuati due distinti set di analisi negli uomini e nelle donne: - 1° set, riguardante l’intervallo di tempo intercorso fino alla diagnosi di tumore, suddiviso in “no lag”, cioè tutti i casi di cancro verificatisi subito dopo la prescrizione delle statine, e in “2-year lag”, cioè tutti i casi diagnosticati ad almeno 2 anni dalla prescrizione iniziale. - 2° set, riguardante la durata del trattamento, suddiviso in tre sottogruppi (utilizzo minore di 3 anni, dai 3 ai 5 anni e utilizzo per più di 5 anni), in base alla somma dei giorni di utilizzo, verificata attraverso la conta delle capsule dispensate. Entrambi i set di analisi sono stati confrontati con il gruppo di controllo non ricevente statine. Inoltre, poiché molto spesso le statine vengono prescritte anche ai fumatori ad alto rischio di patologie cardiovascolari connesse all’aterosclerosi, è stato apportato un aggiustamento dei risultati per i fumatori, valutando un range di rischio relativo attribuibile solamente all’abitudine al fumo da parte degli utilizzatori di statine. Un altro tipo di correzione è stato apportato per coloro che sono risultati utilizzatori di FANS, per i quali sono stati descritti effetti preventivi per alcuni tipi di tumori. Ancora, poiché esiste una correlazione tra estrogeni in post-menopausa e tumori femminili, è stata effettuata un’analisi dei tumori ormone-dipendenti nelle donne. Tra le statine incluse nello screening circa il 66% dei pazienti ha ricevuto la lovastatina, il 28% la simvastatina, circa il 5% l’atorvastatina, <1% la pravastatina e la rimanente percentuale altre statine. Tra i partecipanti, il 72% ha ricevuto la prescrizione di una sola statina, il 25% circa ha seguito un trattamento con 2 statine e il 3% ha ricevuto 3 o più statine. La prevalenza dell’utilizzo, misurata in base alle fasce di età coinvolte, cresceva con l’età sia negli uomini che nelle donne, con un picco massimo di utilizzatori tra i 70 e i 79 anni. I risultati presentati riguardano i sottogruppi “2-year lag” e con >5 anni di utilizzo. Dall’analisi dei risultati relativi ai soggetti di sesso maschile è emerso che le sedi a maggior rischio di sviluppo di tumore (aumento del rapporto di rischio) per gli utilizzatori di statine erano esofago (>5 anni di utilizzo), la vescica (sia nei “2-year lag” che > 5 anni di utilizzo), rene e uretere (“2-year lag”), pelle e tiroide. I distretti corporei con ridotto rapporto di rischio erano colon, fegato e dotti biliari epatici o intraepatici. Nel gruppo “2-year lag” dei soggetti di sesso femminile solo per il polmone è stato rilevato un aumento del rischio nelle utilizzatrici di statine, mentre come negli uomini, una significativa riduzione dell’HR è stata riscontrata per il fegato e i dotti biliari epatici o intraepatici. L’aumento del rischio di cancro al polmone nelle donne potrebbe essere parzialmente attribuibile all’abitudine al fumo. Inoltre, i rapporti di rischio sono rimasti pressoché inalterati anche in seguito all’aggiustamento dei risultati relativamente all’uso della terapia ormonale sostitutiva. Osservati nella loro totalità ad un follow-up di 9,4 anni i risultati aggiungono esigue evidenze in merito ad una relazione tra l’uso di statine e rischio di cancro; i valori di HR erano egualmente suddivisi tra aumento e riduzione del rischio. Sono state rilevate poche relazioni statisticamente significative tra uso di statine e aumento del rischio di cancro, che gli autori suppongono dovute anche al caso e al grande numero di analisi condotte. Inoltre, non è possibile quantificare la reale assunzione delle statine da parte dei pazienti, ma soltanto la loro dispensazione. Altri possibili limiti dello studio erano relativi all’impossibilità di distinguere tra statine lipofile e idrofile (queste ultime con un maggiore potenziale cancerogeno) o ad altri fattori confondenti come razza, educazione e indice di massa corporea, che non sono stati registrati durante lo studio. È quindi possibile concludere che non sono state rilevate forti evidenze a sostegno dell’eventuale ruolo delle statine, somministrate a lungo termine, nel causare o prevenire il cancro. Fonte: Pharmacoepidemioloy and drug safety 2008; 17: 27-36. Dottoressa Ilaria Campesi Contributo gentilmente concesso dal Centro di Informazione sul Farmaco della Società Italiana di Farmacologia - http://www.sifweb.org/farmaci/info_farmaci.php/ (fonte: www.pillole.org)

Radioterapia e soppressione androgenica nel cancro prostatico localizzato 17/08/2008 12:10
Nel cancro prostatico localizzato ad alto rischio l'aggiunta della sopressione androgenica alla radioterapia porta ad un aumento della sopravvivenza totale ma solo se non vi è comorbidità. In questo studio sono stati arruolati 206 pazienti con cancro prostatico localizzato ad alto rischio di progressione. I partecipanti sono stati randomizzati a radioterapia oppure a radioterapia associata a soppressione androgenica per 6 mesi. L'end-point primario era la mortalità totale. Dopo un follow-up medio di 7,6 anni (range da 0,5 a 11,0) si ebbero 44 decessi nel gruppo radioterapia e 33 decessi nel gruppo radioterapia associata a soppressione androgenica (HR 1,8; 1,1-2,9; p = 0.01). Tuttavia l'aumento di mortalità osservato nel gruppo radioterapia risultò limitato solo ai pazienti senza comorbidità o con comorbidità minima: se al cancro prostatico erano associate patologie di media o elevata gravità non si notarono differenze tra i due gruppi. Gli autori concludono che nel cancro prostatico localizzato ad alto rischio l'aggiunta di 6 mesi di soppressione androgenica alla radioterapia aumenta la sopravvivenza, ma il dato sembra valido solo per i pazienti con scarsa o nulla comorbidità; necessitano ulteriori studi per chiarire questo aspetto. Fonte: D'Amico AV et al. Androgen Suppression and Radiation vs Radiation Alone for Prostate Cancer. A Randomized Trial. JAMA 2008 Jan 23; 299: 289-295 Commento di Renato Rossi Il trattamento del cancro prostatico localizzato è ancora oggetto di discussione, come s'è fatto notare in una pillola recente a commento delle ultime linee guida [1]. Secondo i risultati dello studio qui recensito l'aggiunta della sopressione androgenica alla radioterapia per sei mesi comporta una riduzione della mortalità totale, ma l'analisi per sottogruppi evidenzia che i benefici sono limitati ai pazienti senza importanti patologie associate. Questo studio porta un contribuito alla controversa questione di quale sia la terapia di scelta nel cancro prostatico localizzato, ma lascia aperte numerose questioni. Intanto non è detto che i risultati siano validi anche per i tumori localizzati a basso rischio evolutivo; inoltre non sappiamo se nei casi a prognosi meno favorevole sia preferibile l'intervento chirurgico (eventualmente associato alla terapia androgeno-soppressiva) oppure la radioterapia con soppressione androgenica. Infine rimane il problema della selezione del paziente: se si deve stare ai risultati dello studio di D'Amico e collaboratori i pazienti ideali sono quelli con cancro prostatico localizzato a rischio evolutivo elevato ma senza importanti comorbidità. Vi è il timore che nella pratica reale possano essere sottoposti al trattamento combinato anche pazienti diversi, per i quali non sappiamo, al momento, se i benefici superino i rischi della terapia, anche se sei mesi di trattamento soppressivo appaiono un lasso di tempo abbastanza breve in cui gli effetti collaterali sono probabilmente più accettabili. Come ammettono gli stessi autori sono necessari ulteriori studi per chiarire questi aspetti per ora incerti. Comunque l'associazione radioterapia/soppressione androgenica sembra acquistare popolarità: in uno studio recente [2] sono stati reclutati 456 pazienti (età media 70 anni) con tumore prostatico localmente avanzato (dimensioni 5x5 cm o più, stadio da T2 a T4, con/senza interessamento dei linfonodi pelvici), trattati con radioterapia esterna oppure radioterapia associata a sopressione androgenica (geserelin 3,6 mg ogni 4 settimane e flutamide 250 mgx2/die per 2 mesi) oppure a sola radioterapia. Gli end-point includevano la sopravvivenza totale, la mortalità specifica, la comparsa di metastasi, la sopravvivenza libera da malattia e il fallimento biochimico. La sopravvivenza totale stimata a 10 anni era del 43% nel gruppo radioterapia + terapia soppressiva androgenica e del 34% nel gruppo radioterapia mentre la mediana di sopravvivenza era rispettivamente di 8,7 anni vs 7,3. Queste differenze non risultarono statisticamente significative ( p = 0,12). Tuttavia con la terapia combinata migliorava la mortalità specifica a 10 anni (23% vs 36%; P = 0,01), si riducevano le metastasi a distanza ((35% vs 47%, p = 0,006), la sopravvivenza libera da malattia (11% vs 3%; p < 0,0001) e il fallimento biochimico (65% vs 80%; p < 0,0001). Non si registrarono differenze per gli eventi cardiaci fatali. Anche se questo studio ha ottenuto risultati meno eclatanti di quello di D'Amico perchè non c'è stato un miglioramento della sopravvivenza totale e della sopravvivenza mediana i dati sono comunque meritevoli di considerazione: la riduzione della comparsa di metastasi a distanza e il miglioramento della sopravvivenza libera da malattia, con un follow-up più prolungato, avrebbero forse potuto (il condizionale è d'obbligo) tradursi in una riduzione della mortalità totale. In ogni caso una terapia androgeno-soppressiva di qualche mese sembra una opzione a rischi accettabili e a costi sostenibili. Referenze 1. http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=3694 2. Roach III M et al. Short-Term Neoadjuvant Androgen Deprivation Therapy and External-Beam Radiotherapy for Locally Advanced Prostate Cancer: Long-Term Results of RTOG 8610 Journal of Clinical Oncology; pubblicato online il 2 gennaio 2008; doi: 10.1200/JCO.2007.13.9881 (fonte: www.pillole.org)

Newman e il cancro: «Voglio morire a casa» 15/08/2008 12:36
NEW YORK — Paul Newman ha scelto di morire a casa. Dalle pagine del tabloid americano National Inquirer, la triste notizia rimbalza sui siti inglesi e, come un inarrestabile tam tam, fa subito il giro del mondo. Dopo aver completato l'ultimo ciclo di chemioterapia al Weill Cornell Medical Center di New York, lo scorso 31 luglio l'83enne star hollywoodiana malata di tumore ai polmoni si sarebbe fatta riaccompagnare nella sua villa di Westport, in Connecticut, dove vuole passare i suoi ultimi giorni di vita, con la moglie Joanne Woodward e le figlie. «Non vuole morire in ospedale», racconta all'Inquirer un anonimo «amico di famiglia», secondo cui l'attore, un accanito fumatore da giovane, avrebbe ormai «soltanto poche settimane di vita». «La famiglia è raccolta intorno a lui, devastata dal dolore», precisa. La notizia della malattia ha sconvolto milioni di fan dell'attore, protagonista di alcuni fra i più grandi successi della storia di Hollywood (La gatta sul tetto che scotta, Lo spaccone, Intrigo a Stoccolma, La stangata). Tutto inizia lo scorso 23 maggio, quando Newman annuncia di dover rinunciare al suo tanto atteso debutto come regista teatrale di «Uomini e Topi» di John Steinbeck presso il Westport Country Playhouse «per una indisposizione». L'annuncio shock, il mese successivo, spetta all'amico scrittore A.E. Hotchner: «Paul è in cura per un tumore da 18 mesi, allo Sloan-Kettering di New York City». «Sta bene, sta bene», insiste per settimane il suo portavoce, mentre filtrano voci di complicazioni in seguito ad un trapianto di midollo spinale per curare la leucemia. Ma le fotografie scattate negli ultimi giorni che lo ritraggono magro e pallido mentre esce dall'ospedale in sedia a rotelle non lasciano dubbi. «Paul ha trascorso le ultime settimane mettendo ordine tra le sue cose», spiega sempre all'Inquirer l'amico, «è tornato a riflettere sugli episodi più strazianti della sua vita, tra cui la tragica morte per overdose del figlio primogenito Scott, nel 1978». Secondo la stessa fonte, le sue cinque figlie avrebbero già iniziato a litigare per il testamento. Alcune delle sue scelte avrebbero inoltre creato tensione in famiglia. Come la decisione di regalare la sua Ferrari col numero di gara 82 ad un vecchio amico di famiglia. «La mossa ha fatto arrabbiare le figlie; è difficile per loro accettare quel che sta per succedere». Newman ha tre figlie con la Woodward — Nell, Melissa e Claire — e due da un precedente matrimonio con Jackie Witte — Susan e Stephanie — oltre a otto nipoti. Secondo la stampa finanziaria Usa l'attore avrebbe deciso di passare a Nell le redini di Newman's Own, l'impero alimentare specializzato in produzioni biologiche i cui ricavati vengono devoluti in beneficenza a scopi umanitari ed educativi. (fonte: www.corriere.it)

Scienza: scoperto gene responsabile cancro ereditario a colon - retto 15/08/2008 12:34
È stato scoperto da un gruppo di ricercatori della Northwestern University, negli Stati Uniti, il gene che sarebbe responsabile della forma ereditaria di cancro del colon-retto. Si tratta del gene che codifica per la proteina TGF-Beta, la cui mancanza è determinante nei pazienti affetti da cancro. Almeno un terzo dei casi diagnosticati di questa malattia, infatti, si trasmette di generazione di generazione ma prima di questo studio americano, annunciato oggi sulla rivista Science, non era stato individuato il gene "colpevole". La sua mutazione - affermano i ricercatori - comporta un rischio di ammalarsi pari a circa il 50%. (Agr)

La riabilitazione scientifica dell'Lsd: "Può curare cefalee e depressioni" 13/08/2008 11:21
La rivalutazione scientifica dell'Lsd è cominciata. L'acido lisergico, il più famoso tra tutti gli allucinogeni, ritorna nei laboratori di ricerca dopo oltre trent'anni e dopo la morte, lo scorso maggio, del suo scopritore, il chimico svizzero Albert Hofmann. E sarà proprio un centro svizzero a portare avanti la prima sperimentazione scientifica sulla psicoterapia psichedelica da quando, negli anni '70, l'Lsd e sostanze quali la psilocibina (quella estratta dai funghi allucinogeni) furono relegate al solo ruolo di droghe della controcultura e le ricerche sulle loro potenzialità terapeutiche osteggiate e abbandonate. I ricercatori svizzeri stanno conducendo test con Lsd e psilocibina per trattare depressione, cefalea a grappolo, disturbi ossessivi compulsivi e disturbi post-traumatici da stress. Sperimenteranno inoltre l'uso della psicoterapia psichedelica per il trattamento dei malatti terminali. L'avanguardia svizzera. Che sia proprio la Svizzera a riprendere uno studio sull'Lsd non dipende solo dal fatto che Hoffmann, morto lo scorso maggio a Basilea a 102 anni, ha fatto scuola nel suo Paese. La Svizzera, oltre ad essere rinomata per la ricerca chimica, ha una tradizione di sperimentazione libera da pregiudizi. In Svizzera si portano avanti con buoni risultati piani di accompagnamento dei malati terminali alla morte si usano da tempo le "sale del buco", luoghi per il consumo igienico di sostanze stupefacenti sotto la supervisione di uno staff appositamente formato: si offrono accesso a siringhe sterili e altro materiale sanitario, assicurando il rapido intervento del personale nei casi di emergenza. Il riferimento alle tossicodipendenze, tuttavia, non deve far pensare a un uso ricreativo delle sostanze allucinogene: il punto di partenza dei ricercatori è che la crociata contro queste droghe, portata avanti negli anni '70, impedì di fare chiarezza sul modo in cui, per dirla con il presidente dell'americana Associazione per gli studi psichedelici, queste sostanze possano essere di grande aiuto "non per il mistico che vuole sedere sulla cima della montagna a meditare, ma per tutti". I primi esperimenti. La ricerca svizzera è cominciata a giugno e i primi risultati, non ancora ufficiali, secondo i sostenitori della psicoterapia psichedelica, sono molto promettenti. La psilocibina si è già dimostrata efficace nel trattamento dei sintomi dei malati terminali di cancro e i ricercatori hanno usato con successo l'ecstasy per il trattamento dei disturbi post traumatici da stress. Ora però quello che si vuole fare è capire meglio in che modo Lsd e affini agiscono sul cervello. All'inizio della sperimentazione, negli anni '70, si era all'esordio nelle ricerche delle neuroscienze, una branca per la quale le sostanze allucinogene furono fondamentali. Si sa che Lsd, psilocibina e mescalina agiscono sul cervello perché le droghe si attaccano ai recettori chimici delle cellule nervose che fissano la serotonina. Questo neurotrasmettitore è responsabile di un gran numero di attività del cervello, ma il modo in cui la sinergia tra allucinogeni e serotonina avviene e perché porti a stati alterati di coscienza, percezione e umore non è ancora chiaro. Nell'esperimento svizzero saranno verificati e osservati tutti i comportamenti, gli stati di alterazione appunto, che accompagnano il "trip" da allucinogeno. Una droga rivoluzionaria. La morte di Hoffmann ha riacceso la discussione sulla valenza storica della scoperta dell'Lsd. Molti tra gli articoli che hanno ripercorso la vita del suo scopritore si sono soffermati sulla connessione tra Lsd e la cultura psichedelica, il suo carattere sovversivo e i suoi potenziali di leva per scardinare la visione conformista del mondo. Sono state di nuovo sottolineate anche le tante leggende sugli effetti dannosi degli allucinogeni, ritenuti responsabili di comportamenti distruttivi e della morte di centinaia di ragazzi. Alla ripresa della sperimentazione scientifica, i ricercatori contraddicono tutta la letteratura contraria a queste sostanze. Gran parte delle storie su gente che si è lanciata dalla finestra durante un trip o ha avuto comportamenti autodistruttivi o aggressivi, ribadiscono i ricercatori, è falsa e se il "trip" si è rivelato mortale sono sempre state accertate situazioni pregresse di malattie mentali gravi. La verità è che, per quanto tali sostanze non possano essere considerate sicure proprio perché alterano lo stato mentale, sono quasi del tutto atossiche, non portano alla dipendenza e solo in caso di malattie pregresse si sono registrati comportamenti psicotici. "Gli allucinogeni hanno un effetto potente sulla percezione e la coscienza e aiutano ad avere esperienze di grande valore personale e spirituale - sottolinea Roland Griffiths della Scuola generale di medicina di Baltimora, citato dal Guardian - ed è per questo che riteniamo possano aiutare i malati terminali ad affrontare la morte in modo diverso, liberandoli dall'angoscia esistenziale che spesso accompagna queste malattie". (fonte: larepubblica.it)

Stop all'orologio della vecchiaia: basta dare una "pulita" alle cellule 11/08/2008 16:57
E' LA CHIMERA che l'uomo insegue da sempre: beffare il corpo e piegarlo a una giovinezza artificiale. Gli scienziati dell'Albert Einstein College della Medicine Yeshiva University di New York City, come in un libro di Philip K. Dick, hanno sfiorato il traguardo cominciando dal fegato, l'organo più difficile da recuperare, per lo meno in vecchiaia. L'esperimento, durato 5 anni, ha visto protagonista un topolino di 25 mesi, che tradotti in vita umana corrispondono a circa a 80 anni. Dopo aver bloccato l'accumulo di proteine dannose nelle cellule e aver quindi "ripulito" queste ultime, il fegato del piccolo animale funzionava come quello di un roditore di 6 mesi. Un po' come se quello di un nonno funzionasse come quello del nipote. A capo della ricerca la biologa molecolare Ana Maria Cuervo che, sviluppando la tesi di uno studente, ha realizzato il primo studio mai svolto in materia sull'organo di un essere vivente. "Si tratta di una scoperta molto importante, soprattutto per lo studio delle malattie neurodegenerative", spiega la Cuervo. "Disturbi come il Parkinson e l'Alzheimer sono provocati proprio dal deterioramento cellulare progressivo. Siamo partiti da un'idea molto semplice: l'accumulo di proteine "di scarto" nelle cellule è la causa, e non la conseguenza, del loro invecchiamento. Ed è lì che siamo intervenuti". Tutto comincia dallo studio del meccanismo di sorveglianza cellulare basato sulle cellule Chaperon, che traghettano le proteine dannose per depositarle in sacche di enzimi. Una volta sistemate, interviene una molecola recettore che si occupa del loro smaltimento. Purtroppo il funzionamento di questi recettori peggiora con l'età, e quindi per ripristinare il buon funzionamento della cellula è necessario "ripulirla", bloccando l'accumularsi delle proteine. Siamo riusciti con successo con il fegato - continua la Cuervo - ma lo sdoganamento proteico è qualcosa che si ripete universalmente in tutti gli organi del corpo, in tutti i tessuti. I meccanismi di sorveglianza cellulare sono principalmente due: uno basato sui proteasomi e uno sui lisosomi. Io, da ormai 18 anni (il tempo vola!), studio quest'ultimo e mi sono concentrata principalmente per cercare di capire come i lisosomi identificano le proteine danneggiate e poi le rimuovono". Una scoperta che, si augura la biologa, potrebbe portare alla produzione di farmaci in grado di bloccare l'accumulo proteico. Senza dimenticare che lo studio interessa l'interno della cellula, non la sua parte esteriore, dunque per avere una pelle eternamente giovane ci sarà da aspettare ancora un po'. Gli anni che passano, del resto, sono una realtà inevitabile e la realtà, come scriveva Philip K. Dick, è quella cosa che, anche se smetti di crederci, non sparisce. (fonte: larepubblica.it)

Tumori: esame sangue per diagnosi 05/08/2008 01:43
Il futuro dell'oncologia potrebbe riservare la sorpresa di fare diagnosi di tumore in fase precoce attraverso un semplice esame del sangue.E' quanto sembra suggerire la scoperta che le cellule del cancro rilasciano nel circolo sanguigno molecole di 'microRNA' che regolano l'attivita' dei geni. Secondo i ricercatori del Fred Hutchinson Cancer Research Center di Seattle questi microRNA del cancro potrebbero divenire dei biomarcatori precoci della malattia. (ANSA)

Metadone nel trattamento della leucemia 05/08/2008 01:42
Il metadone, la molecola comunemente utilizzata per la disassuefazione dall'eroina, sembra possa trattare la leucemia soprattutto quella refrattaria ad altri trattamenti: è quanto sostiene uno studio condotto presso l'università di Ulm in Germania e pubblicato sulla rivista Journal Cancer Research. I ricercatori hanno scoperto che le cellule leucemiche espongono recettori di tipo oppioideo che si legano con elevata affinità al metadone. Il metadone ne provoca la selettiva distruzione senza intaccare minimamente le cellule sane del sangue. Gli studiosi sperano di poter usare il metadone nella chemioterapia della leucemia soprattutto quando le comuni terapie non producono i risultati sperati. I ricercatori ritengono, infine, che il metadone si possa utilizzare nella chemioterapia di tutte le forme tumorali con cellule che esprimono recettori per gli oppiodi. Per il momento si sta sperimentando l'uso del metadone da solo o in combinazione con altri farmaci su animali ammalati di cancro. Fonte: Reuters Health

Ricerca: dosi elevate vitamina C blocca crescita tumori in topi 05/08/2008 01:40
Dosi elevate di vitamina C hanno rallentato la crescita di tumori particolarmente aggressivi (pancreas, cervello e ovaie) in topi di laboratorio. È il risultato di una ricerca dell'Istituto nazionale per la salute americano pubblicata sulla rivista dell'Accademia americana delle Scienze. I ricercatori hanno rilevato che nei topi in cui la vitamina C era stata iniettata appunto in dosi elevate, la crescita delle cellule cancerose è risultata pari alla metà di quella rilevata in topi a cui la vitamina C non era stata somministrata. (Agr)

Rapporto cellulari-cancro, un'altra voce dal mondo accademico 28/07/2008 20:11
Il possibile rapporto esistente fra telefoni cellulari e cancro al cervello: la questione è tornata alla ribalta in seguito alle voci trapelate da alcuni centri di ricerca, in quanto non esisterebbe una versione unica riguardante le conclusioni degli studi effettuati dai diversi gruppi di lavoro sparsi un po' per tutto il mondo. Questa divergenza di vedute ha portato al ritardo nella pubblicazione dell'attesissimo rapporto che dovrebbe riunire la somma dei pareri degli esperti mondiali, evidentemente alle prese con problemi di difficile soluzione. Qualcuno però ha deciso di muoversi prima del tempo, suggerendo alcune linee guida sull'utilizzo del telefono cellulare, evidentemente allarmato dagli studi condotti. Stiamo parlando del Dr. Ronald B. Herberman, direttore del University of Pittsburgh Cancer Institute, come ci segnala CNET. Ad essere più esposti al rischio sarebbero i bambini, che sempre secondo il Dr. Herberman dovrebbero utilizzare il telefono cellulare esclusivamente per le emergenze, in quanto i campi magnetici prodotti dal terminale sono in grado di penetrare più in profondità attraverso la scatola cranica. Essendo poi le cellule dei bambini molto più attive nello sviluppo degli organi e dell'organismo in genere, sarebbe maggiore il rischio in caso di effetti negativi dovuti ai campi magnetici. Una mutazione di una cellula in maligna infatti avrebbe una diffusione molto più rapida e devastante rispetto a quanto lo sarebbe in un organismo adulto, dotato di un ricambio cellulare e di un ritmo di crescita sensibilmente inferiore. Ecco dunque farmi avanti il Dr. Herberman con una lista di 10 consigli per l'utilizzo consapevole del cellulare, che riportiamo integralmente in lingua inglese: Practical Advice to Limit Exposure to Electromagnetic Radiation Emitted from Cell Phones 1. Do not allow children to use a cell phone, except for emergencies. The developing organs of a fetus or child are the most likely to be sensitive to any possible effects of exposure to electromagnetic fields. 2. While communicating using your cell phone, try to keep the cell phone away from the body as much as possible. The amplitude of the electromagnetic field is one fourth the strength at a distance of two inches and fifty times lower at three feet. Whenever possible, use the speaker-phone mode or a wireless Bluetooth headset, which has less than 1/100th of the electromagnetic emission of a normal cell phone. Use of a hands-free ear piece attachment may also reduce exposures. Avoid using your cell phone in places, like a bus, where you can passively expose others to your phone's electromagnetic fields. 3. Avoid carrying your cell phone on your body at all times. Do not keep it near your body at night such as under the pillow or on a bedside table, particularly if pregnant. You can also put it on “flight” or “off-line” mode, which stops electromagnetic emissions. 4. If you must carry your cell phone on you, make sure that the keypad is positioned toward your body and the back is positioned toward the outside so that the transmitted electromagnetic fields move away from your rather than through you. 5. Only use your cell phone to establish contact or for conversations lasting a few minutes, as the biological effects are directly related to the duration of exposure. 6. For longer conversations, use a land line with a corded phone, not a cordless phone, which uses electromagnetic emitting technology similar to that of cell phones. 7. Switch sides regularly while communicating on your cell phone to spread out your exposure. Before putting your cell phone to the ear, wait until your correspondent has picked up. This limits the power of the electromagnetic field emitted near your ear and the duration of your exposure. 8. Avoid using your cell phone when the signal is weak or when moving at high speed, such as in a car or train, as this automatically increases power to a maximum as the phone repeatedly attempts to connect to a new relay antenna. 9. When possible, communicate via text messaging rather than making a call, limiting the duration of exposure and the proximity to the body. 10. Choose a device with the lowest SAR possible (SAR = Specific Absorption Rate, which is a measure of the strength of the magnetic field absorbed by the body). SAR ratings of contemporary phones by different manufacturers are available by searching for “sar ratings cell phones” on the internet. I consigli spaziano dal far utilizzare il cellulare ai bambini sono in caso di emergenza al tenere lontano il più possibile dal corpo il terminale, utilizzando magari auricolari. Si continua con il consigliare di non tenere il cellulare a continuo contatto con il corpo, per esempio nella tasca dei jeans, fino a quello di preferire la comunicazione via sms a quella vocale. Rimane da vedere adesso se i consigli del Dr. Herberman verranno ascoltati o smentiti da altri illustri colleghi, e soprattutto se troppo allarmismo porterà ad una assuefazione da parte dell'utenza, che ne ha ormai sentite di tutte a riguardo. (Fonte: www.hwupgrade.it)

Brava Italia! Siamo meno ammorbati dal fumo di sigaretta (di Umberto Veronesi) 25/07/2008 13:42
Il disegno di legge, che presentai nel 2000 quando ero ministro, fu approvato dal Consiglio dei ministri, ma alla Camera incontrò (altro che tabù) il fuoco di sbarramento di 110 emendamenti, e infine decadde per la fine anticipata della legislatura. La legge sul fumo è stata approvata due anni dopo, ma io sono orgoglioso d'esserne stato il padre, e arriva a coronamento di una mia lunga battaglia ingaggiata contro la sigaretta, che mi ha provocato non poche noie da parte delle multinazionali del tabacco. Credo che sul fumo siamo tutti concordi nel sostenere, forti anche di numerosi studi scientifici, come esso sia la causa primaria di molti tumori e di malattie croniche degenerative a carico dell'apparato respiratorio e cardiovascolare, ma nel concepire la legge sul fumo non ho mai pensato di condurre una personale crociata contro i fumatori, perchè non sono un proibizionista. E poi penso che un adulto sia responsabile della propria salute. Si trattava, però, di una questione di rispetto nei confronti dei non fumatori, che hanno il diritto di veder tutelata la propria salute. Ecco il divieto di fumare negli spazi comuni, si tratti di ristoranti e bar, o di luoghi di lavoro. Mi fa piacere vedere che, dopo Germania e Francia, anche la libertaria Olanda ha recepito il principio, con un risvolto curioso: dal primo luglio scorso c'è divieto di fumo, ma nei suoi famosi "coffee shop" si potrà ancora fumare marijuana, a patto, però, che non sia mischiata col tabacco... Ma torniamo alla nostra Italia, dove incominciano a delinearsi effetti benefici della legge sul fumo. Il trend non è eccezionale, ma è comunque incoraggiante. Secondo gli ultimi dati pervenuti, nel 2007 ci sono stati 600 mila fumatori in meno rispetto al 2004. In Italia, la percentuale di fumatori adulta è scesa del 22 per cento, inferiore a quella della Spagna (30 per cento) e a quella della Francia (27 per cento). Purtroppo, come ha comunicato l'Oms, l'Organizzazione mondiale della Sanità, non si sarà davvero in grado di proteggere le popolazioni dai rischi del fumo fintanto che il denaro raccolto dalle tasse sul tabacco supererà di 500 volte i finanziamenti per le campagne antitabacco. (Fonte: Oggi)

Italiani ex-fumatori (dati Istat) 25/07/2008 13:22
22,5% gli italiani che nel 2007 si dichiaravano ex-fumatori. Erano 19,8% nel 2000, 13,4% nel 1991 e 5,5% nel 1980.

Tumori, ogni giorno 822 nuove diagnosi 25/07/2008 13:07
Ogni giorno, in Italia, vengono diagnosticati mediamente 822 nuovi casi di tumore, poco più di 300 mila ogni anno. Continuando con questo ritmo, entro il 2010 gli italiani che conviveranno con una diagnosi di tumore saranno quasi 2 milioni. Nel 1990 le neoplasie diagnosticate erano circa 900 mila e dopo 10 anni, nel 2000, si era arrivati ad un milione 412 mila, l'incremento dei casi di cancro è quindi considerevole. Per fortuna, al tempo stesso, è aumentata anche la sopravvivenza a questa malattia. Il Prof. Francesco Cognetti, oncologo e Diretttore Scientifico dell'Istituto Nazionale Tumori Regina Elena IRCSS di Roma, in occasione della presentazione al Ministero delle Pari Opportunità di un libro (Cancro, non mi fai paura) sui malati di tumore, fa il punto della situazione sull'andamento del cancro in Italia. L'esperto spiega che attualmente ci sono circa un milione e 700 mila italiani costretti a convivere con il cancro o reduci da una battaglia vinta, il tumore è sempre più una malattia cronica e come tale dovrebbe essere considerato non solo in termini sanitari ma anche sociali. Attualmente, circa la metà dei nuovi malati guarisce e, rispetto al passato, cala anche la mortalità. Nel 2000 i decessi per tumore sono stati 127 mila e, secondo le stime, nel 2020 saranno 122 mila, il dato assume una maggiore valenza se si considera che il numero di neoplasie diagnosticate nel 2000 era nettamente più basso di quelle diagnosticate oggi e proporzionalmente nel 2020. Alla luce di questi dati, anche la FAVO, Federazione Italiana delle Associazioni di Volontariato Oncologico, si sta muovendo affinché ci possa essere una maggiore attenzione verso i malati cronici per evitare discriminazioni e aiutare il reinserimento nella società. Il libro "Cancro, non mi fai paura", scritto da Fabio Salvatore e edito da Aliberti, per la prima volta affronta la malattia raccontata e analizzata dagli stessi malati. Fabio Salvatore, un "sopravvissuto" alla malattia, nelle pagine del libro cerca di mostrare degli aspetti del cancro spesso non considerati dalla società, soprattutto quando non direttamente interessata. Cognetti, proseguendo nel suo discorso, riconosce che il sistema di prevenzione va migliorato, così come vanno superate le differenze territoriali nella cura della malattia. C'è poi un altro problema da affrontare, quello dell'inserimento sociale. Soprattutto in ambito lavorativo le persone colpite da un tumore sono spesso discriminate. Fabio Salvatore spiega che è fondamentale modificare l'atteggiamento nei confronti di questa malattia, umanizzarla spazzando via l'omertà che ci induce a non pronunciare la parola cancro. Nel suo libro, l'autore trasforma il tumore in uno scarafaggio. Il cancro/scarafaggio prende le viscere di Andrea (il protagonista del libro), lo inganna. Prova a farlo patire ma Andrea respira, non gli permette di raggiungere il suo vile scopo: spegnerli il fiato. Andrea sceglie la via del dialogo e della conoscenza. Non sfida il cancro: lo guarda fisso negli occhi e gli dice: "non mi fai paura". Una vita che incontra il cancro trovando, nel dolore, una sua risposta. Un romanzo avvincente che ha come protagonista un ragazzo che non si è fatto travolgere dal destino ma ha combattuto per tornare alla vita. Fonte: universonline.it

Il tabacco protagonista nella ricerca contro il cancro 25/07/2008 13:06
La pianta del tabacco, da sempre sotto accusa per essere la causa di milioni di casi di cancro, potrebbe offrire degli strumenti utili nella ricerca di una cura. Gli scienziati americani della National Academy of Sciences stanno analizzando la pianta per individuare la chiave del vaccino che potrebbe curare un certo tipo di linfoma. I ricercatori dell'Università di Standford, in California, intendono creare degli anticorpi chimici specifici per combattere il linfoma diffuso a cellule B, un tipo di linfoma non-Hodgkin. Gli anticorpi vengono somministrati ad un paziente a cui è stato appena diagnosticato il linfoma affinché il sistema immunitario riesca ad attaccare le cellule che trasportano la malattia. In caso di successo significa che il corpo è in grado di riconoscere le cellule del linfoma. Tuttavia per ogni paziente gli anticorpi sono differenti e si dovranno produrre rapidamente una volta eseguita la diagnosi. L'idea non è nuova. In passato furono già stati fatti dei tentativi per far crescere gli anticorpi all'interno di cellule animali. Il vaccino ricavato dalla pianta di tabacco, però, sarebbe meno costoso e, in teoria, più sicuro per il paziente, poiché le cellule animali potrebbero sempre ospitare dei virus sconosciuti. Finora, il vaccino sperimentale è stato testato su pochi pazienti per controllare la possibile presenza di effetti collaterali. "La tecnologia è grandiosa, ed è davvero ironico che si riesca ad avere una cura per il cancro dalla pianta del tabacco", ha commentato il dottor Ronald Levy che conduce la ricerca. La tecnica è relativamente semplice: una volta che le cellule tumorali di un paziente vengono isolate in laboratorio, il gene responsabile della produzione degli anticorpi viene estratto e iniettato nella pianta. Le piante del tabacco vengono quindi infettate con il virus, e il gene aggiunto inizia il processo di produzione di grandi quantità di anticorpi. Dopo pochi giorni vengono raccolte alcune foglie e viene estratto l'anticorpo. Per avere una quantità di vaccino sufficiente sono necessarie solo alcune piante. "La velocità del processo di produzione del vaccino potrebbero convincere i pazienti ad attendere il loro vaccino 'su misura' piuttosto che aspettare per altre cure", ha dichiarato il professor Charles Arntzen, dell'Arizona State University. "I primi test non ci permettono ancora di vedere se questo vaccino ha realmente ridotto i tumori - ha sottolineato un portavoce del Cancer Research UK - è comunque una buona base per degli studi futuri sul linfoma non-Hodgkin". Fonte: Quotidianonet Salute

MicroEnvimet: bloccare il cancro prima che si diffonde 25/07/2008 13:03
Una nuova rete finanziata dall"UE mira a combattere il cancro attraverso il suo ambiente. Il progetto MicroEnvimet ("Understanding and fighting metastasis by modulating the tumour microenvironment through interference with the protease network") si è posto l"obiettivo di aumentare le nostre conoscenze su come il cancro si diffonde attraverso l"organismo e di trovare nuovi modi per combattere questo processo attraverso l"alterazione del micro-ambiente del tumore. Il progetto è coordinato dalla professoressa Agnes Noel dell"università di Liegi (Belgio). Avrà una durata di quattro anni e riceverà un finanziamento di 2.999.689 EUR dal budget previsto per la Salute nell"ambito del Settimo programma quadro (7°PQ) dell"UE. Attualmente, le metastasi sono considerate la sfida più ardua per la cura del cancro. Esse riguardano la diffusione della malattia sia all"interno dello stesso organo che verso altri organi. La maggior parte dei tumori metastatizzano. Intanto, è riconosciuto che delle molecole chiamate proteasi fungono da regolatori chiave di una rete complessa di molecole che interagiscono e che modulano le proprietà delle cellule cancerose e del loro micro-ambiente. Per questo motivo, scopo del progetto MicroEnvimet sarà quello di gettare nuova luce sui meccanismi precoci coinvolti nel diffondersi del tumore attraverso le metastasi. La via d"accesso sarà lo studio dettagliato di quale è il contributo del micro-ambiente del tumore durante i diversi stadi della sua evoluzione. MicroEnvimet propone alcuni approcci innovativi per la creazione di una conoscenza complessiva dell"interazione tra le cellule cancerose e il loro micro-ambiente. Ha anche lo scopo di identificare i target molecolari che contribuiscono allo stadio iniziale della progressione del tumore. Spera altresì di identificare quali fattori nel micro-ambiente costituiscono un "terreno fertile" per la formazione delle metastasi. Tutto ciò sarà di aiuto allo scopo finale di modificare il micro-ambiente del tumore, interferendo sulle proteasi che regolano l"interazione tra le cellule tumorali e il loro micro-ambiente cellulare e molecolare. L"indagine sul microambiente tumorale di solito richiede un approccio multidisciplinare, come in questo caso. Nove università, laboratori e istituti stanno unendo le loro risorse come parte del progetto. Insieme, essi hanno esperienza nel campo della genomica, proteomica, bioinformatica, imaging in vivo, topi transgenici, modelli su topo delle metastasi, manipolazione genetica delle cellule tumorali trapiantabili, analisi computerizzata delle immagini, trasferimento di geni mediante virus, phage display e produzione di anticorpi neutralizzanti. Per sostenere i loro sforzi congiunti, i partner del MicroEnvimet godranno di un accesso condiviso alla nuova piattaforma microRNA, tecnologie innovative, banche del tessuto tumorale umano, modelli in vivo e in vitro che imitano le diverse fasi della disseminazione metastatica, come anche il know-how sull"interazione delle cellule ospiti del tumore, l"angiogenesi, la linfangiogenesi e la biologia delle cellule staminali cancerose. Fonte: Cordis

Proteine RAB5 e RAC come interruttori nella motilità cellulare delle metastasi 25/07/2008 13:02
Quando una neoplasia genera insediamenti di cellule tumorali in organi lontani dal tumore primario si realizza una metastasi, ed alla base delle metastasi vi è il fenomeno della migrazione cellulare. Il fenomeno della migrazione cellulare è importante in processi fisiologici, come nel sistema immunitario, dove le cellule devono poter "accorrere" velocemente a riparare il danno (un"infiammazione o una ferita), oppure nello sviluppo dell"embrione, o nella formazione dei globuli rossi. In processi patologici la capacità di migrare è una prerogativa delle metastasi tumorali. Le cellule tumorali riescono a penetrare e colonizzare tessuti caratterizzati da una elevata componente connettivale densa intrufolarsi negli interstizi tra le cellule ed adottando di volta in volta la migliore strategia per un facile movimento, trasformandosi in "palle elastiche" o allungando "tentacoli". Il passaggio da una modalità di movimento all"altra è regolato da un "interruttore molecolare", ovvero un complesso proteico formato dalle proteine RAB5 e RAC. E" proprio questa la recente scoperta fatta da un team di scienziati dell"IFOM (Fondazione Istituto FIRC di Oncologia Molecolare) guidati da Pier Paolo Di Fiore (Direttore Scientifico dell"IFOM e Professore Ordinario di Patologia Generale presso il Dipartimento di Medicina, Chirurgia e Odontoiatria dell"Università degli Studi di Milano) e Giorgio Scita (direttore del gruppo di ricerca IFOM "Dinamica della regolazione del segnale nella motilità cellulare" e Professore Associato di Patologia Generale presso il Dipartimento di Medicina, Chirurgia e Odontoiatria dell"Università degli Studi di Milano) Lo studio, finanziato dai fondi dell"AIRC (Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro) e della Fondazione Cariplo, compare oggi sulla prestigiosa rivista scientifica internazionale Cell. ricercatori sono riusciti a determinare la modalità di migrazione delle cellule tumorali grazie ad una metodologia sperimentale molto innovativa (pochissimi altri centri europei la impiegano) che accoppia l"imaging cellulare (una tecnica di visualizzazione cellulare ad alta risoluzione e in tempo reale) alla generazione di tessuti artificiali. I ricercatori si sono accorti che in particolari condizioni la morfologia cellulare cambiava drammaticamente mentre le cellule si muovevano. E che il cambiamento era determinato da due molecole sulle quali sono stati concentrati gli studi. La scoperta apre un nuovo capitolo nell"approccio terapeutico. Scita e Di Fiore spiegano che le terapie fin"ora adottate "si basavano sull"inibizione di alcune proteine, le metallo proteasi, in grado di creare spazi dove il tumore si può insediare". Le terapie basate su questo concetto sono però fallite poichè le metastasi migrano con modalità differenti di volta in volta e non sempre le metallo proteasi sono coinvolte nel movimento delle cellule tumorali. Quando le metallo proteasi non sono attive le cellule possono cambiare forma ed adattarsi a passare in spazi molto ristretti. Scita e Di Fiore spiegano "Ci interessava allora capire il funzionamento, a livello molecolare e cellulare, di questo sistema di adattamento. E RAB5 e RAC fanno proprio questo, agendo praticamente come "interruttori" della strategia di migrazione, favorendo il passaggio da stato ameboide allo stato mesenchimale. Possiamo quindi considerarli due nuovi e interessanti bersagli terapeutici. Lo confermano gli esperimenti che sono stati condotti in vitro e in vivo: inibendo, per mezzo della genetica molecolare, l"attività di RAB5 e di RAC si può cambiare la modalità di migrazione delle cellule metastatiche; il prossimo passo sarà identificare quelle sostanze in grado di bloccarne l"attività. "Ciò potrebbe in futuro consentire – concludono Di Fiore e Scita – di rallentare o addirittura bloccare la disseminazione metastatica di molti tumori solidi di origine epiteliale, come il melanoma, il tumore del colon e quello dell"utero". Redazione MolecularLab.it

Prevenzione del tumore al seno più veloce con Dicomnow 25/07/2008 13:01
La Celm di Carnate ha presentato all"annuale "Symposium Mammograficum" di Lille in Francia, alla presenza di oltre 1000 radiologi, un nuovo dispositivo di digitalizzazione delle mammografie analogiche per la prevenzione del tumore al seno chiamato Dicomnow. La novità del Dicomnow risiede nel fatto che lLa digitalizzazione dell"immagine avviene istantaneamente a una velocita" vicino al secondo e rispetto ad classico scanner non presenta i problemi correlati, dal movimento di fasci di luce al trascinamento documentale al flashing. Emilio Sitta spiega "Questa importante innovazione permettera" da un lato di dare un importante contributo alla prevenzione del tumore al seno e dall"altro di apportare una importante rivalutazione delle macchine analogiche; ce ne sono quasi 50 mila a livello internazionale, che potranno continuare ad avere un ruolo significativo, riducendo investimenti molto onerosi richiesti per il passaggio a dispositivi digitali". Il tumore al seno viene considerata ancor oggi la seconda causa di morte in Europa, per questo la UE dal 2006 sta conducendo una ampia politica di prevenzione, nel quadro della quale si pone lo sviluppo del digitalizzatore di mammografie analogiche Dicomnow. con il nuovo sistema di digitalizzazione delle mammografie la prevenzione del tumore al seno sarà facilitata e saranno agevolati i servizi on line come il telereporting e la second opinion. Dicomnow sarà commercializzato dalla Dimex Europa srl. Fonte MolecularLab.it

Traslocazioni cromosomiche alla base delle neoplasie 25/07/2008 12:59
Il genetista Carlo V. Bruschi, responsabile del Laboratorio di Genetica Molecolare del Lievito del Centro Internazionale di Ingegneria Genetica e Biotecnologia di Trieste (Icgeb) e coordinatore della Societa' scientifica italiana del lievito (Zymi), ha presentato al congresso internazionale dell'European Molecular Biology Organization (Embo), tenutosi in Spagna, i risultati della ricerca prodotta col suo gruppo di lavoro volta a comprendere il ruolo delle alterazioni cromosomiche nello sviluppo di neolasie. Il modello utilizzato da Bruschi è rappresentato dalle cellule del lievito di birra (Saccharmoyces cerevisiae) il cui Dna, completamente sequenziato nel 1996, ha mostrato molte analogie con le cellule di mammifero. Per questo motivo, e per la loro facilità di manipolazione con l'ingegneria genetica, le cellule di lievito si sono mostrate un ottimo modello. Bruschi è stato in grado di indurre artificialmente la traslocazione cromosomica, grazie alla tecnica Bit (Bridge-Induced Translocation) ideata da Bruschi stesso e Valentina Tosato nel 2005, dimostrando il ruolo determinante di questo fenomeno nella formazione di neoplasie. Bruschi ha affermato che "Benche' fosse da tempo evidente una correlazione fra la presenza di traslocazioni cromosomiche e l'insorgenza di cellule cancerose finora non era chiaro se una traslocazione fosse l'origine del tumore o se, invece, ne fosse una conseguenza. Questo perche' osserviamo i pazienti quando il cancro si e' gia' formato e nelle cellule esiste gia' una particolare traslocazione. In pratica, queste osservazioni avvengono quando e' ormai troppo tardi per stabilire una relazione di causa-effetto". Il sistema Bit possiede ampie potenzialità; applicato a cellule animali potrebbe facilitare lo sviluppo di nuovi farmaci. Bruschi si occuperà nei prossimi esperimenti di simulare nelle cellule del lievito le anomalie cromosomiche e probabilmente cancerogene che sono state osservate nelle leucemie umane. Redazione MolecularLab.it

Trabectedina: molecola antitumorale di origine marina contro i sarcomi 25/07/2008 12:58
Grazie alle ricerche di un gruppo di studiosi italiani dell"Istituto Mario Negri di Milano, condotte insieme a colleghi spagnoli, nuove speranze contro i tumori, specialmente contro il sarcoma delle parti molli, vengono da composti di origine marina. Uno di questi, la Trabectedina, è allo studio da quasi 15 anni, da quando nel 1994 ad un congresso organizzato da una società biotecnologica specializzata in estrazione di sostanze di origine marina che si tiene a Madrid, il ricercatore milanese Maurizio D"Incalci, capo del dipartimento di oncologia dell"Istituto milanese Negri, conosce il chimico statunitense Kenneth Rinehart e l"oncologo Josè Jimeno, entrambi interessati allo sviluppo di molecole estratte dal mare. Coi primi test condotti da Eugenio Erba si evidenziarono proprietà interessanti di questa molecola che agisce in modo differente rispetto ai tradizionali chemioterapici antitumorali; inoltre l"attività è presente anche contro cellule resistenti ad altri farmaci convenzionali. I primi test in vivo furono condotti da Raffaella Giavazzi e confermarono l"efficacia del farmaco su tumori come i sarcomi non responsivi alle terapie convenzionali. I test continuarono grazie a Riccardo Riccardi, oncologo pediatra dell"università Cattolica di Roma, che eseguì studi preclinici su tessuti di sarcomi pediatrici mostrando la possibilità di combinazione della trabectedina con altre sostanze note Gli studi clinici presero il via all"Istituto di Ville Juif di Parigi, all"istituto oncologico della Svizzera ed all"Istituto europeo di oncologia e ad oggi, mentre vengono alla luce nuovi interessanti meccanismi d"azione della molecola, farmacologi molecolari e immunologi lavorano poi per ridurre la tossicità del farmaco. Inoltre studi clinici successivi condotti all"Istituto Tumori di Milano han permesso di scoprire che alcuni sarcomi sono particolarmente suscettibili all"azione del farmaco. Ora dopo test, ricerche di laboratorio, studi sugli animali e poi sull"uomo, la molecola è diventata un farmaco approvato dall"agenzia europea dei medicinali (Emea) ed è già disponibile in Inghilterra, Germania e Spagna, mentre in Italia il via libera dovrebbe arrivare alla fine dell"estate. "Per noi è un momento di grande soddisfazione - afferma Maurizio D"Incalci, capo del dipartimento di oncologia dell"Istituto milanese Negri - in quanto una gran parte delle informazioni disponibili sul meccanismo d"azione e sull"attività farmacologica preclinica e clinica di questo composto sono il frutto di ricerche effettuate nel nostro dipartimento di oncologia, in collaborazione con altri colleghi di istituzioni italiane europee e americane». Redazione MolecularLab.it

Nanoparticelle lipidiche come veicolo di farmaci antitumorali 25/07/2008 12:57
Secondo un articolo comparso sulla rivista Proceedings of the National Academy of Science (Pnas) i ricercatori dell"università di San Diego avrebbero sperimentato con successo sui topi una nuova arma intelligente in grado di colpire selettivamente tumori metastasi. Questa nuova arma antitumorale è composta da nanoparticelle lipidiche, cioè sferette di lipidi dal diametro di 100 milionesimi di millimetri, ideate e messe a punto da un gruppo di lavoro formato da medici ed ingegneri. Alle nanoparticelle viene adesso un farmaco antitumorale, la doxorubicina. Poichè le nanoparticelle riconoscono in maniera selettiva una proteina presente sulla superficie delle cellule tumorali, il farmaco viene veicolato e rilasciato esclusivamente nella zona di interesse. I primi risultati degli esperimenti sulle cavie sono promettenti, mostrando che il farmaco somministrato in questo modo è efficace in quantità 15 volte inferiore a quella della doxorubicina da sola, evitando gli effetti tossici collaterali. Redazione Molecularlab.it

Secondo uno studio i dati sul cancro in Europa sono incoraggianti 25/07/2008 12:55
La prevenzione e la gestione del cancro in Europa si muovono nella giusta direzione e anche i dati ottenuti dai rilevamenti sono migliorati grazie ad un migliore accesso alla diagnostica e ai trattamenti specialistici. Queste sono le conclusioni a cui giunge la prima analisi europea di vasta portata sull'incidenza, la mortalità e la sopravvivenza al cancro. La ricerca è stata in parte finanziata dall'UE e pubblicata su un numero speciale del European Journal of Cancer, la rivista ufficiale dell'Organizzazione europea del cancro (ECCO - European Cancer Organisation). Sfortunatamente, la relazione non riporta soltanto buone notizie. I tipi di cancro legati all'obesità (del colon-retto o della mammella in età post-menopausa) non hanno dimostrato un simile andamento decrescente della loro incidenza. Inoltre, l'incidenza del cancro legato al fumo e la sua mortalità sono cresciute sia negli uomini che nelle donne nell'Europa centrale, e per le donne quasi ovunque in Europa. L'importanza di una ricerca di così vasta portata non può essere sottovalutata. Affinché possano essere gestiti in modo adeguato i bisogni riguardanti la salute, sono della massima importanza le analisi di ampia portata, come quella qui presentata. "Per il bene della prevenzione e dell'organizzazione delle cure, è fondamentale la corretta interpretazione dell'andamento dei dati sul cancro: sono stati effettivamente fatti dei progressi o si tratta soltanto di artefatti?" ha commentato il professor Coebergh del Centro medico dell'università Erasmus di Rotterdam (Paesi Bassi). "Gli aumenti nell'incidenza del cancro potrebbero, ad esempio, essere reali (a causa degli aumentati rischi dovuti ai precedenti agenti cancerogeni), o potrebbero essere dovuti all'avanzamento del completamento della registrazione, ai cambiamenti nei criteri diagnostici, o l'effetto dei metodi di diagnosi precoce, come lo screening della popolazione," ha aggiunto. "Inoltre, il miglioramento nella sopravvivenza potrebbe essere dovuto alle cure migliorate, ma anche grazie alla diagnosi precoce nei pazienti in cui il cancro sarebbe altrimenti stato scoperto tardivamente o che magari non avrebbero mai presentato la malattia nella sua forma clinica." Tra le altre cose, la relazione conclude che il cancro legato all'obesità rappresenterà la prossima grande sfida per il sistema sanitario europeo e di conseguenza, l'obesità dovrebbe essere l'obiettivo nella prevenzione del cancro dell'esofago, della mammella, del corpo uterino, della cervice, della prostata e del rene. Il professor Coeberg e il suo team hanno raccolto dati sull'incidenza, la mortalità e la sopravvivenza a cinque anni, dalla metà degli anni novanta fino al 2005, basandosi sulle registrazioni sul cancro effettuate in 21 Paesi europei, e li hanno usati per l'analisi dell'andamento. L'UE ha sostenuto la ricerca attraverso il finanziamento del progetto Eurocadet, che è finanziato nell'ambito dell'area tematica "Ricerca per il supporto delle politiche" del Sesto programma quadro (6°PQ). La loro relazione è soltanto una delle dieci pubblicate sul numero speciale del European Journal of Cancer. Il numero speciale viene pubblicato quando la Commissione europea inizia a lavorare ad un nuovo Piano d'azione UE per il cancro (EU Cancer Action Plan). "Il numero speciale dell'EJC (European Journal of Cancer) sul cancro arriva in un momento molto opportuno, visto che la Commissione europea si prepara a lanciare un Piano d'azione UE per il cancro," dice il professor Alexander Eggermont, presidente dell'ECCO. "Esso evidenzia diverse aree che la Commissione dovrà prendere in considerazione, come anche importanti questione che gli Stati membri doranno affrontare individualmente. La relazione sugli andamenti recenti del cancro in Europa mostrano come l'epidemiologia utile ci sta iutando a identificare aree sulle quali i governi e la salute pubblica doranno concentrarsi." Fonte: Cordis

Il cioccolato riduce il rischio di cancro all'intestino 25/07/2008 12:54
Mangiare cioccolata puo' servire a combattere il cancro all'intestino. Secondo quanto ha scoperto un team di studiosi americani, infatti, alcune molecole contenute nel cacao chiamate procianidine avrebbero proprieta' antiossidanti e servirebbero a proteggere le cellule dalle degenerazioni tumorali. Secondo quanto riporta oggi il tabloid britannico Daily Express, gli scienziati della Georgetown university di Washington DC hanno condotto una serie di test con una versione sintetica delle procianidine chiamata GECGC - esaminandone gli effetti su cellule affette da 16 tipi di tumore diverse. Dai risultati e' emerso che il GECGC ha un effetto positivo su quattro tumori, in particolare in due varieta' di cancro all'intestino, dove la sostanza e' riuscita a rallentare del 50% la crescita tumorale. Le quantita' di GECGC somministrate erano simili alla quantita' di procianidine che una persona assumerebbe mangiando la cioccolata. 'Tutti abbiamo sentito dire che il cioccolato fa bene. Ora questo studio sembra indicare il perche'', ha detto Min Kim, lo scienziato che ha condotto lo studio i cui risultati sono stati pubblicati dalla rivista scientifica Cell Cycle. Redazione Molecularlab.it

Studio sull'erceptina che aggredisce le cellule staminali del cancro al seno 25/07/2008 12:52
L'erceptina, utilizzata nel trattamentro del cancro positivo al recettore HER2, attacca e distrugge le cellule staminali del cancro, indicano i risultati di uno studio del Centro oncologico dell'Universita' del Michigan. I risultati dello studio, pubblicato nell'edizione online della rivista Oncogene, "suggeriscono che la ragione per cui i medicinali indirizzati al recettore HER2, quali erceptina e lapatanib, sono tanto efficaci nel cancro della mammella, e' che attaccano la popolazione delle cellule staminali nel cancro", spiega Max S. Wicha, oncologo, direttore del Centro oncologico dell'Universita' del Michigan e autore della ricerca. Egli ritiene inoltre che "le conclusioni avvalorano piu' che mai l'ipotesi delle cellule staminali del cancro". Quest'ipotesi sostiene che i tumori si formano in un piccolo numero di cellule, chiamate cellule staminali del cancro -rappresentano meno del 5% delle cellule in un tumore-, e che sarebbero responsabili della formazione e della crescita del tumore. I ricercatori hanno osservato il farmaco erceptina utilizzato nel cancro al seno positivo all'HER2 e hanno rilevato che essa riduce di circa l'80% il numero delle cellule staminali del cancro, riportandolo agli stessi livelli registrati nelle linee di cellule negative al recettore HER2. Cosi', hanno notato che quando l'HER2 non e' in eccesso (sovraespresso) nelle coltivazioni di cellule, la popolazione delle cellule staminali del cancro non cresce. E che l'erceptina non ha nessun effetto sulle cellule negative all'HER2, cio' che e' coerente con il suo impiego clinico. Viceversa, lo studio ha dimostrato che le cellule del cancro della mammella con l'HER2 in eccesso hanno quattro o cinque volte piu' cellule staminali oncologiche rispetto alle cellule del cancro negativo all'HER2. Per di piu', le cellule positive all'HER2 fanno si' che le cellule staminali del cancro invadano il tessuto circostante, cio' che suggerisce che l'HER2 stimola l'integrazione e la diffusione del cancro. Cosi' hanno osservato che gli HER2, che appaiono in eccesso nel 20% dei tumori al seno, fanno si' che le cellule staminali del cancro si moltiplichino e si propaghino, e cio' spiega perche' l'HER2 e' legato al tipo piu' aggressivo di cancro al seno e alla metastasi. Fonte: ADUC.

Bill Gates e Bloomberg | Il patto dei miliardari anti-fumo 25/07/2008 12:49
WASHINGTON - DUE cavalieri bianchi armati di milioni si lanciano contro il cavaliere nero di catrame che avvelena il mondo, la sigaretta. Martellati dai medici e trafitti dalle statistiche, cacciati dagli uffici, dagli stadi (presidenti dei club esclusi), da ristoranti, parchi e persino dai bracci della morte dove ormai è vietato fumare per non danneggiare la salute dei morituri, i fumatori dovranno misurarsi anche con i soldi di due implacabili benefattori. Bill Gates, il pensionato più ricco del mondo, e Michael Bloomberg, il sindaco di New York. Cinquecento milioni di dollari - 125 offerti in due tranche dall' ex presidente di Microsoft oggi libero di escogitare modi per spendere i propri 50 miliardi, e 250 da Bloomberg, ex democratico, ex fumatore, ex bon vivant, ex repubblicano e oggi indipendente, ravveduto, risanato, con 20 miliardi di dollari nel salvadanaio e qualche vaga ambizione presidenziale - saranno distribuiti dalle loro fondazioni ai governi e ai Paesi d' Asia, Africa e America Latina, in quelle nazioni in via di sviluppo, neo-potenze o miserande, nelle quali le sorelle multinazionali della cicca stanno esportando il loro veleno, ampiamente compensando le perdite di fumatori nell' America del Nord e in Europa Occidentale. Se la cifra sembra importante, pur se dilazionata in rate quinquennali, e l' intento di «bloccare l' epidemia del tabacco nel mondo», come ha detto Bloomberg con il fervore messianico del peccatore pentito, ambizioso, la realtà è che quei 500 milioni di dollari - circa 300 milioni di euro - sono una cicca gettata nell' oceano di fumo che negli ultimi decenni, a dispetto delle campagne e dei moniti, ha continuato a crescere. Per ogni fumatore che riesce ad abbandonare il vizio negli Stati Uniti o in Italia, tre nuovi consumatori, e soprattutto consumatrici, si accendono una sigaretta in Cina, in India, persino in quell' Iran apparentemente proibizionista nel nome dei precetti igienici del Corano che è divenuto uno dei principali importatori di "americane". Al punto di avere fatto pronunciare al candidato repubblicano alla Casa Bianca John McCain una di quelle lugubri boutade per le quali sta diventando famoso: «Bene, incoraggiamoli, così ammazzeremo più iraniani». L' impresa dei due miliardari irresistibili di «esportare l' aria pulita», contro quella che il New York Times definì nel 1925 «il simbolo della nostra età delle macchine», la sigaretta, si profila dunque ancora più difficile del claudicante progetto bushista di esportare la democrazia dall' Himalaya al Libano. I governi che dovrebbero ottenere parte di quel mezzo miliardo per lanciare campagne anti-fumo e spegnere le sigarette, sono spesso i grandi beneficiari delle imposte sul tabacco, come, paradossalmente, lo sono anche quegli stati americani, come la California, il New Jersey, il Maryland che finanziano con aumenti delle tasse sui pacchetti di sigarette spese sanitarie, sperando che i tabagisti non rinuncino alla loro dipendenza, per non dover aumentare poi tasse sui reddito o tasse sulla case, l' Ici americano che finanzia tutti i bilanci di città e contee. Nella Cina che ha golosamente scoperto tutti i nostri peggiori difetti, dallo smog al fast food, il consumo di sigarette è arrivato, secondo l' ultima ricerca dell' Organizzazione Mondiale della Sanità, a cinquemila sigarette all' anno per abitante - 15 al giorno - e una sigaretta su tre accese nel mondo, è accesa in Cina dove ancora nel 1952, quando in Europa e America tutti sembravano fumare, il consumo era di una al giorno. L' India, l' altra neo superpotenza emergente, consuma meno, ma per ogni sigaretta si fumano sette "bidi", sigarettine colorate e arrotolate in mini aziende domestiche quasi sempre dalle donne, che, dietro l' esotismo "hindu" del nome, fanno altrettanti danni delle geometriche sorelle impacchettate in America, se non peggiori. Il Giappone, che pure ha lanciato campagne non convintissime, resta il terzo fumatore al mondo per persona. Li seguono la Russia e l' Indonesia, la più popolosa nazione musulmana del pianeta. Anche negli Stati Uniti, dove ormai il fumo di tabacco è rimasto l' unico vizio socialmente inaccettabile e gli impiegati tabaccodipendenti affrontano le intemperie e le calure per tirare qualche boccata sul marciapiedi (purché a una distanza minima di 10 metri dal palazzo) un americano su quattro ancora "lights up", accende. I 500 milioni stanziati dai due salvatori dell' umanità, che progettano come il fondatore di Microsoft altre crociate benefiche per estirpare la malaria, l' Aids, la dissenteria e altri piccoli problemi di salute globali, dovranno dunque misurasi contro i 17 miliardi di sigarette fumate ogni giorno nel mondo, e il miliardo di essere umani, ormai in maggioranza femmine in Occidente, che non riescono a vincere il loro vizio. Con quei soldi, che sono briciole per nazioni come la Russia, la Cina o l' India, ma che potrebbero far gola almeno ai governi delle più povere nazioni africane dove la nuvola tossica del fumo si sta allargando ai bambini, si vorrebbe dissuadere la pubblicità di prodotti del tabacco, finanziarie campagne di educazione sanitaria, diffondere le cifre e le ricerche epidemiologiche sui danni del fumo. Basterà confrontare questo mezzo miliardo di dollari con i 368,5 miliardi di dollari inflitti dai tribunali americani a Philip Morris e sorelle soltanto per i danni arrecati ai fumatori americani, o il miliardo di dollari che la Florida, uno stato dove ancora si fuma parecchi grazie alla forte presenza di sud e centro americani, incassa ogni anno dalle imposte sulle sigarette, per capire quanto impari sia la lotta lanciata da questi due generosi bonificatori dell' aria. Ma se Bill Gates riuscì a convincere il 90% degli utenti di computer nel mondo che i suoi sistemi operativi erano buoni e affidabili, potrebbe anche riuscire a persuadere un miliardo di fumatori cinesi a buttare la cicca. LaRepubblica.it

Un virus per identificare le cellule tumorali metastatiche 25/07/2008 08:14
Grazie ad una recente ricerca condotta da un team di ricercatori guidato dal dottor Lily Wu e pubblicata su Nature Medicine sarà in futuro più facile per i medici monitorare la diffusione delle metastasi tumorali. Un gruppo di scienziati dell'Universita' della California ha utilizzato il virus del raffreddore per infettare le cellule tumorali di un cancro alla prostata di topo scoprendo che le cellule stesse vengono "illuminate" dall'infezione, divenendo visibili allo scanner anche quando si diffondono nel resto del corpo. I ricercatori han sfruttato la caratteristica degli Adenovirus, i virus del raffreddore, di circolare nel corpo e localizzarsi nei linfonodi, organi che fan parte del sistema immunitario e il cui scopo è proprio bloccare il diffondersi di virus e batteri. Poichè la prima tappa delle metastasi del carcinoma alla prostata è proprio nei linfonodi, le cellule tumorali vengono facilmente in contatto coi virus utilizzati. Questi sono stati geneticamente modificati per produrre, una volta infettata la cellula tumorale, una proteina che può essere visualizzata da una scansione PET, rendendo così visualizzabile anche una metastasi di ridotte dimensioni. "Ora sappiamo che possiamo identificare queste metastasi del cancro alla prostata in una fase precedente rispetto a prima - conferma Lily Wu - e sappiamo di poter consegnare i geni a quelle cellule tumorali che producono proteine che possono essere visualizzate". L'importanza della scoperta risulta evidente se si considera che fino ad oggi in alcuni tumori, tra cui proprio quello alla prostata, è stato molto difficile per i medici scannerizzare l'eventuale processo di metastasi con la conseguenza che i pazienti attualmente non ricevono trattamenti aggressivi abbastanza rapidamente. La tecnica potrebbe aiutare ora i medici a pianificare terapie, e vedere velocemente se queste sono efficaci o meno. La prossima fase è la sperimentazione umana: le premesse sono incoraggianti, ma, avvertono gli scienziati, ci vorrà ancora molto lavoro per tradurre questa scoperta in una concreta novità nel trattamento ai tumori. Redazione MolecularLab.it

Da ricerca italiana la speranza per dignosi precoce e terapia contro osteopetrosi 22/07/2008 13:11
Va sotto il nome di Osteopetrosi una patologia genetica mortale che nel mondo colpisce un bimbo ogni centomila e che causa alterazioni dello scheletro le cui ossa si fan di "pietra". L"osteopetrosi è idealmente il contrario dell"osteoporosi: le ossa, invece di rompersi facilmente, sono talmente dure da diventare inservibili. Questa rarissima malattia potrebbe avere ora una cura grazie ad una scoperta italiana conseguente ad uno studio condotto dall"Istituto di tecnologie biomediche (Itb) del Cnr, presso l"Humanitas di Rozzano (Milano) e pubblicato sull"American Journal of Human Genetics. Il gruppo di ricerca dell"Itb, guidato da Paolo Vezzoni e da Anna Villa, ha ora identificato il gene responsabile della forma di osteopetrosi causata da carenza di osteoclasti, cellule che fisiologicamente demoliscono ed ammorbidiscono le ossa nel loro continuo processo di rinnovamento. Questa importante scoperta, fatta grazie ai finanziamenti di Telethon e della Fondazione Cariplo, consentirà la diagnosi precoce dei bambini affetti dall"osteopetrosi da carenza da osteoclasti e l"identificazione dei portatori delle mutazioni. Inoltre, spiegano gli scienziati, la scoperta "permetterà di effettuare la diagnosi prenatale, che potrebbe aprire la strada all"esecuzione del trapianto di midollo in utero". Il trapianto di midollo è l"unica cura attualmente disponibile ma non sempre è efficace poichè non in grado di contrastare i danni instauratisi dopo la nascita. Una precoce diagnosi permetterebbe invece di intervenire con il trapianto immediatamente dopo il parto evitando che il bambino appena nato possa cominciare a soffrire per le prime gravi conseguenze della malattia. Redazione MolecularLab.it